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Equo compenso e nuovo Codice : prima sentenza TAR – Compenso non ribassabile – Eterointegrazione Legge 49/2023 applicabile – Nessun contrasto con le Direttive comunitarie (art. 8 , art. 108 d.lgs. 36/2023)

TAR Venezia, 03.04.2024 n. 632

Più nel dettaglio, ed in estrema sintesi, il ricorrente ha evidenziato come a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 49/2023 in materia di “equo compenso”, le tariffe stabilite dal D.M. 17 giugno 2016 non possano più costituire un mero criterio o base di riferimento per le Stazioni Appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento, in quanto dovrebbero essere considerate un parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e di architettura, con la conseguente impossibilità per gli operatori economici di sottoporre a ribasso la componente “compensi” nell’ambito delle procedure di gara da svolgere con il criterio di aggiudicazione dell’offerta qualitativamente migliore in base al rapporto qualità/prezzo. Ciò in quanto la legge sul c.d. “equo compenso” ha stabilito che al professionista intellettuale, all’esito della gara o dell’affidamento, deve essere riconosciuto un corrispettivo proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, presumendo tale equità qualora il corrispettivo venga determinato ai sensi dei decreti ministeriali adottati in base all’art. 9 del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1. Al tempo stesso, la legge n. 49/2023 ha previsto la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, in quanto inferiore agli importi fissati dai parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini, consentendo soltanto al professionista di far valere tale nullità dinnanzi al giudice ordinario.
In questa logica (che sarebbe supportata anche dalla delibera ANAC n. 343 del 20.7.2023, resa in sede di precontenzioso), la Stazione Appaltante, pur apparentemente applicando tali principi, non li avrebbe utilizzati correttamente, posto che tutti gli operatori economici, incluso l’aggiudicatario, hanno formulato offerte economiche al ribasso, rispetto all’importo a base di gara, che hanno comportato una riduzione del compenso per l’attività di progettazione rispetto a quello “equo” determinato ai sensi del D.M. 17 giugno 2016; al contrario, il ricorrente ha affermato di avere presentato un’offerta economica con un ribasso limitato e tale da salvaguardare l’equo compenso, essendo comunque superiore all’importo determinato per tale voce dalla stessa Amministrazione nella disciplina di gara.
[…]

La Stazione appaltante, inoltre, ha evidenziato il possibile contrasto tra la legge n. 49/2023, come interpretata dal Raggruppamento ricorrente, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE, nonché con quanto previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dagli artt. 3, 41, 81, 117 Cost. e ha sollecitato il Collegio a formulare il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia o a sollevare la questione di legittimità costituzionale innanzi alla Corte Costituzionale, qualora intenda accogliere la ricostruzione normativa formulata dal ricorrente.
[…]

2. Nel merito.
Il Collegio ritiene di doversi, in primo luogo, soffermare sull’esame della legge n. 49/2023, per quanto in questa sede di interesse.
Come è noto, con l’approvazione della legge 21 aprile 2023, n. 49, pubblicata sulla G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (ed entrata in vigore in data 20 maggio 2023), il legislatore ha riscritto le regole in materia di compenso equo per le prestazioni professionali con l’intento di incrementare le tutele per quest’ultime, garantendo la percezione, da parte dei professionisti, di un corrispettivo equo per la prestazione intellettuale eseguita anche nell’ambito di quei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli”.
Più nel dettaglio, la novella normativa, che trova applicazione in favore di tutti i professionisti, a prescindere dalla loro iscrizione ad un ordine o collegio, ha previsto (art. 1) che per compenso equo deve intendersi la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti rispettivamente:
a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247;
b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;
c) per i professionisti di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy.
Il successivo articolo 2, inoltre, ha specificato che la legge in esame trova applicazione ai rapporti professionali fondati sulla prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., regolamentati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali prestate a favore di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie, imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro e, infine, per le prestazioni rese in favore della Pubblica Amministrazione.
Il legislatore ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, come determinato dall’art. 2, introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che prevede un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza per far valere la nullità della pattuizione, chiedendo la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alla specifica attività svolta dal professionista.
Lo scopo della normativa in esame, come visto, è quello di tutelare i professionisti nell’ambito dei rapporti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli” ed emerge ulteriormente dalla previsione per la quale gli stessi ordini e i collegi professionali sono chiamati ad adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso.

Compenso non ribassabile.

2.1. Ebbene, è opinione di questo Collegio che non vi sia alcuna antinomia in concreto tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in oggetto).
La tesi dell’antinomia è stata prospettata, con maggior precisione, dall’Amministrazione resistente, la quale ha osservato che l’art. 95, d.lgs. 50/2016 (così come oggi l’art. 108, c. 1 d.lgs. 36/2023) ha previsto tre diversi criteri di aggiudicazione: 1) affidamento “sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”; 2) affidamento sulla base “dell’elemento prezzo”; 3) affidamento sulla base “del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita”, con competizione limitata ai profili qualitativi.
Secondo la Stazione appaltante, quindi, poiché il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è fondato “sul miglior rapporto qualità/prezzo”, a seguito dell’entrata in vigore della legge su c.d. “equo compenso”, le gare per servizi di architettura o di ingegneria dovrebbero essere strutturate e aggiudicate sulla base di un “prezzo fisso” non ribassabile, individuato dalla stessa P.a. come corrispettivo posto a base di gara, con competizione limitata alla sola componente tecnica dell’offerta e con una evidente compromissione della libera contrattazione, del confronto competitivo tra operatori economici e dei principi comunitari in materia di libertà di circolazione, di stabilimento e di prestazione di servizi.
Nel medesimo solco interpretativo, come segnalato dalla Stazione appaltante e dal Raggruppamento aggiudicatario, si è parzialmente collocata anche l’Anac che, oltre a sollecitare un intervento chiarificato del legislatore, ha evidenziato dei dubbi circa l’applicabilità della legge sull’equo compenso alla materia dei contratti pubblici.
Il Collegio ritiene la tesi in esame non condivisibile.
Si deve ricordare, in via generale, che un’antinomia può configurarsi “in concreto” allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. Ciò accade ogniqualvolta quest’ultima sia contemporaneamente sussumibile in due ipotesi normative diverse, l’applicazione delle quali, comporti, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico, conseguenze giuridiche incompatibili tra loro.
In tale ipotesi, l’interprete è chiamato ad effettuare una interpretazione letterale, teleologica e adeguatrice delle norme in apparente contrasto, al fine di determinarne il significato che è loro proprio, coordinandole anche in un più ampio sistema di norme, rappresentato dall’ordinamento giuridico.
Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici.
Come già esposto, infatti, il legislatore, al dichiarato intento di tutelare i professionisti intellettuali nei rapporti contrattuali con “contraenti forti” ha espressamente previsto l’applicazione della legge anche nei confronti della Pubblica Amministrazione e ha riconosciuto la legittimazione del professionista all’impugnazione del contratto, dell’esito della gara, dell’affidamento qualora sia stato determinato un corrispettivo qualificabile come iniquo ai sensi della stessa legge.
Non a caso, l’art. 8, d.lgs. n. 36/2023, oggi prevede che le Pubbliche Amministrazioni, salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente, devono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.
Sul piano letterale e teleologico, pertanto, gli elementi sopra evidenziati depongono in maniera chiara per l’applicabilità delle previsioni della legge n. 49/2023 anche alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 50 del 2016; diversamente opinando, l’intervento normativo in questione risulterebbe privo di reale efficacia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale qualora il legislatore avesse inteso escludere i rapporti contrattuali tra i professionisti e la Pubblica Amministrazione che, nel mercato del lavoro attuale, rappresentano una percentuale preponderante del totale dei rapporti contrattuali conclusi per la prestazione di tale tipologia (si ricorda, a titolo esemplificativo, che con riferimento al 2021 l’Anac, in un periodo ancora condizionato dall’emergenza pandemica, ha stimato in circa 70 miliardi di euro il valore totale degli appalti di servizi aggiudicati dalle Pubbliche Amministrazioni).
Il Collegio ritiene, poi, che sia comunque applicabile, anche successivamente all’entrata in vigore della legge n. 49/2023, il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo.
Infatti, mediante l’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del codice dei contratti pubblici (nel caso in esame, del d.lgs. n. 50/2016, ma il ragionamento è analogo anche con riguardo al d.lgs. n. 36/2023) si può affermare che il compenso del professionista sia soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori”.
L’Amministrazione è chiamata a quantificare tali voci in applicazione del D.M. 17 giugno 2016 per individuare l’importo complessivo da porre a base di gara; al tempo stesso, la voce “compenso”, individuata con tale modalità come una delle voci che costituiscono il prezzo, è da qualificare anche come compenso equo ai sensi della legge n. 49/2023, che sotto tale aspetto stabilisce che è equo il compenso dell’ingegnere o architetto determinato con l’applicazione dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1.
A tale conclusione si perviene in ragione del fatto che le due tipologie di decreti ministeriali (ossia il D.M. 17 giugno 2016 e il DM 140/2012 adottato ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1) sono costruiti con l’applicazione degli stessi parametri e la valorizzazione delle medesime voci; lo stesso art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, inoltre, disciplina unitariamente sia la determinazione dei compensi liquidabili giudizialmente al professionista, sia la determinazione degli importi da porre a base di gara da parte delle Amministrazioni (art. 9.2.“ Ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante, da adottare nel termine di centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Entro lo stesso termine, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse professionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. Il decreto deve salvaguardare l’equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali. Ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura e all’ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applicano i parametri individuati con il decreto di cui al primo periodo, da emanarsi, per gli aspetti relativi alle disposizioni di cui al presente periodo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; con il medesimo decreto sono altresì definite le classificazioni delle prestazioni professionali relative ai predetti servizi. I parametri individuati non possono condurre alla determinazione di un importo a base di gara superiore a quello derivante dall’applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell’entrata in vigore del presente decreto.”).
Ne deriva che il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso” il cui ribasso si risolverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa.
Nondimeno, trattandosi di una delle plurime componenti del complessivo “prezzo” quantificato dall’Amministrazione, l’operatività del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, è fatta salva in ragione della libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori.
Siffatta conclusione, oltre ad assicurare la coerente e coordinata applicazione dei due testi normativi, consente di escludere che la legge n. 49/2023 produca di per sé effetti anti concorrenziali o in contrasto con la disciplina dell’Unione Europea (profilo che sarà esaminato più ampiamente nel prosieguo dell’esposizione). Si osserva, infatti, che escludere la proposizione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo rappresentata dai “compensi” non è un ostacolo alla concorrenza o alla libertà di circolazione e di stabilimento degli operatori economici, ma al contrario rappresenta una tutela per questi ultimi, a prescindere dalla loro nazionalità, in quanto permetterà loro di conseguire un corrispettivo equo e proporzionato anche da un contraente forte quale è la Pubblica Amministrazione e anche in misura superiore a quella che sarebbero stati disposti ad accettare per conseguire l’appalto; inoltre, l’operatore economico che, in virtù della sua organizzazione d’impresa, dovesse ritenere di poter ribassare componenti accessori del prezzo (ad esempio le spese generali) potrà avvantaggiarsi di tale capacità nell’ambito del confronto competitivo con gli altri partecipanti alla gara, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di sottoporre a controllo di anomalia quelle offerte non serie o che, per la consistenza del ribasso offerto su componenti accessorie del prezzo, potranno apparire in buona sostanza abusive, ossia volte ad ottenere un vantaggio indebito traslando su voci accessorie il ribasso economico che, in mancanza della legge n. 49/2023, sarebbe stato offerto sui compensi.

Eterointegrazione Legge 49/2023 applicabile.

3. Da quanto finora esposto, deriva che la legge n. 49/2023 deve essere applicata anche alla procedura di gara oggetto del presente giudizio.
Al riguardo, deve essere evidenziato come la Stazione appaltante abbia espressamente richiamato la legge n. 49/2023 nell’ambito del controllo sull’anomalia dell’offerta del Raggruppamento aggiudicatario: tale richiamo non può essere derubricato ad un mero “aver tenuto conto”, come affermato dalla Stazione appaltante, posto che l’Amministrazione non è chiamata a tenere conto discrezionalmente di una legge in vigore, ma a darvi rigorosa applicazione.
Ma ciò che è dirimente osservare è che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Stazione appaltante e dal Raggruppamento aggiudicatario, la disciplina di gara deve ritenersi essere stata eterointegrata dalla legge n. 49/2023.
Tale istituto, come è noto, “ha come necessario presupposto la sussistenza di una lacuna nella legge di gara e, solo nel caso in cui la stazione appaltante ometta di inserire nella disciplina di gara elementi previsti come obbligatori dall’ordinamento giuridico, soccorre il meccanismo di integrazione automatica in base alla normativa in materia, analogamente a quanto avviene nel diritto civile ai sensi degli artt. 1374 e 1339 c.c., colmandosi in via suppletiva le eventuali lacune del provvedimento adottato dalla Pubblica amministrazione; l’invocato meccanismo sostitutivo/integrativo riesce quindi ad operare solo in presenza di norme imperative e cogenti” (si v. ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 24/10/2017, n.4903).
Nel caso in esame, il bando di gara non ha previsto, espressamente, l’applicazione della legge sul c.d. “equo compenso” e non ha precluso la formulazione di offerte economiche al ribasso sulla componente “compenso” del prezzo stabilito; tale lacuna, con riferimento ad un profilo sottratto alla libera disponibilità della Stazione appaltante, deve ritenersi integrata dalle norme imperative previste dalla legge n. 49/2023 che, come visto, ha stabilito la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata.
Il fatto che il combinato disposto degli artt. 1, 2 e 3, l. n. 49 del 2023 integrino un’ipotesi di norma imperativa, non può, ad avviso del Collegio essere messo in dubbio.
Premesso che la già ricordata previsione testuale della nullità rappresenta, quantomeno, un indizio “forte”, al riguardo, occorre ricordare come, secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ‹‹il focus dell’indagine sulla imperatività della norma violata si appunta ora sulla natura dell’interesse leso che si individua nei preminenti interessi generali della collettività›› (Cass. civ., Sez. Un., 15 marzo 2022 n. 8472).
Nel caso di specie, l’imperatività della normativa in esame è associata non solo, come detto, alla previsione testuale della nullità, ma anche al fatto che lo scopo del provvedimento è quello di assicurare al professionista un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, sia in sostanziale attuazione dell’art. 36 Cost., sia per rafforzare la tutela dei professionisti nel rapporto contrattuale con specifiche imprese, che per natura, dimensioni o fatturato, sono ritenute contraenti forti, ovvero, per quanto in questa sede di interesse, con la P.a..
A tale riguardo, con particolare riguardo alle procedure di evidenza pubblica, è chiaro come non possono non venire in preminente rilievo anche i principi di imparzialità e buon andamento della P.a.: sarebbe irragionevolmente discriminatorio se i limiti imposti dalla normativa in esame non fossero rispettati, in modo particolarmente cogente, proprio dalla P.a. nell’ambito delle gare, laddove vengono in gioco anche interessi generali ulteriori correlati alla tutela della concorrenza e della par condicio dei concorrenti in gara.
In questo senso, con specifico riguardo alla rilevanza della disciplina sull’equo compenso nell’ambito delle procedure di gara, in combinato disposto con le previsioni contenute nel d.lgs. n. 50 del 2016, il Collegio ritiene che la natura relativa o di “protezione” della nullità in questione, così come emergente dall’art. 3, comma 4, l. n. 49 del 2023 (laddove prevede che ‹‹la nullità delle singole clausole non comporta la nullità del contratto, che rimane valido ed efficace per il resto. La nullità opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d’ufficio››) non possa comportare l’irrilevanza della violazione dei compensi minimi in sede di gara.
Infatti, la norma in questione è di portata generale, ed è chiaramente pensata, in particolare, in funzione della già avvenuta stipula del contratto con il professionista, nell’ambito, quindi, del rapporto contrattuale con lo stesso instaurato.
D’altronde, pur non contenendo la normativa in esame una previsione puntuale in ordine alle conseguenze derivanti dalla violazione in esame nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, è evidente che, in considerazione delle finalità di carattere generale sopra evidenziate, e, in particolare, al fine di garantire il puntuale rispetto del principio di imparzialità e buon andamento dell’attività della P.a., nonché dei principi anche eurounitari alla base delle procedure ad evidenza pubblica medesime, non può ammettersi un’aggiudicazione in palese violazione di una norma imperativa, ancorché nell’ambito del rapporto contrattuale “ a valle” la nullità del contratto possa essere dedotta solo dal professionista.
Diversamente, infatti, si rischierebbe, proprio nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, una pericolosa eterogenesi dei fini: il professionista concorrente potrebbe essere “tentato” di abusare della nullità di protezione in questione, volutamente presentando un’offerta “inferiore” ai minimi, per così ottenere l’aggiudicazione e, una volta stipulato il contratto far valere la nullità parziale al fine di attivare il “meccanismo” di cui al comma 6 dell’art. 3, ai sensi del quale ‹il tribunale procede alla rideterminazione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali di cui al comma 1 relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell’opera effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista di acquisire dall’ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. In tale procedimento il giudice puo’ avvalersi della consulenza tecnica, ove sia indispensabile ai fini del giudizio›.
È evidente d’altronde, che ciò porterebbe ad un aggiramento del principio di tendenziale immutabilità dell’offerta anche in sede di esecuzione del contratto pubblico.
In questo senso, allora, la nullità relativa o di protezione si può ritenere giustificata proprio in relazione ai casi in cui il professionista è sostanzialmente “tenuto” a “subire” la previsione contraria all’equo compenso, e ciò anche eventualmente quando ad imporre la riduzione al di sotto dei minimi sia la P.a..
Diversamente, nell’ambito di gare, come quella in esame, dove la violazione della normativa sull’equo compenso non è imposta dalla P.a., ma dipende da una volontaria scelta dell’operatore economico al fine di ottenere l’aggiudicazione superando gli altri concorrenti, la natura “relativa” della nullità non può rivestire alcun rilievo, l’imperatività della normativa medesima imponendo, al contrario, un effetto escludente delle offerte con la stessa in contrasto.
Né possono deporre in senso contrario i principi di certezza del diritto o di legittimo affidamento, come valorizzato in un caso analogo dalla delibera Anac n. 101/2024. Su tale aspetto, il Collegio si limita ad osservare, trattandosi di delibera che è stata oggetto di ampia discussione orale tra le parti, che sono proprio i principi da ultimo indicati a determinare la necessaria integrazione della disciplina di gara nel caso concreto, posto che la legge n. 49/2023 ha stabilito delle norme di carattere imperativo in merito a profili che sono estranei alla libera determinazione delle Amministrazioni aggiudicatrici. Ne deriva che soltanto tramite il meccanismo di integrazione finora descritto può essere tutelato l’affidamento degli operatori economici sul legittimo esercizio dell’azione amministrativa nel caso concreto.

Nessun contrasto con le Direttive Comunitarie.

4. Le conclusioni a cui si è pervenuti rendono necessario scrutinare le questioni pregiudiziali poste dalla Stazione appaltante in ordine al possibile contrasto tra la legge n. 49/2023, come interpretata da questo Collegio, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE, nonché con quanto previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dagli artt. 3, 41, 81, 117 Cost.
4.1. Più nel dettaglio, la Stazione appaltante ha osservato come l’esclusione della formulazione di ribassi sui compensi si tradurrebbe nell’imposizione da parte del legislatore di tariffe obbligatorie prive di flessibilità, idonee ad ostacolare la libertà di stabilimento, di prestazione di servizi e la libera concorrenza nel mercato europeo. Allo stesso modo, si avrebbe, a giudizio della Stazione appaltante, un evidente contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di proporzionalità e un incremento della spesa pubblica senza che la stessa legge n. 49/2023 abbia previsto le risorse con cui farvi fronte. Ciò in quanto per i contratti a cui tale legge risulterà applicabile, l’Amministrazione committente potrebbe essere condannata dal Tribunale ordinario al pagamento dei compensi per l’attività professionale svolta dall’operatore economico che abbia deciso di impugnare, entro il termine prescrizionale di dieci anni successivi alla conclusione del rapporto negoziale, il contratto, l’esito della gara o l’affidamento per far valere l’iniquità del compenso conseguito.
4.2. Il Collegio ritiene che entrambe le questioni pregiudiziali siano manifestamente infondate.
Quanto all’ipotizzata restrizione della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi, si deve ricordare come dalla giurisprudenza costante della CGUE emerga che la restrizione sia configurabile a fronte di misure che vietino, ostacolino o scoraggino l’esercizio di tali libertà (v., ex multis, sentenze 15 gennaio 2002, causa C-439/99, Commissione/Italia; 5 ottobre 2004, causa C-442/02, CaixaBank France). Ciò si può configurare a fronte di misure che, per quanto indistintamente applicabili, pregiudichino l’accesso al mercato per gli operatori economici di altri Stati membri.
Più nel dettaglio, affrontando la tematica delle disposizioni italiane che hanno imposto agli avvocati l’obbligo di rispettare tariffe massime, la Corte di Giustizia ha affermato che “una normativa di uno Stato membro non costituisce una restrizione ai sensi del Trattato CE per il solo fatto che altri Stati membri applichino regole meno severe o economicamente più vantaggiose ai prestatori di servizi simili stabiliti sul loro territorio (v. sentenza 28 aprile 2009, Commissione/ Italia, cit., punto 63 e giurisprudenza ivi citata).
L’esistenza di una restrizione ai sensi del Trattato non può dunque essere desunta dalla mera circostanza che gli avvocati stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana devono, per il calcolo dei loro onorari per prestazioni fornite in Italia, abituarsi alle norme applicabili in tale Stato membro.
Per contro, una restrizione del genere esiste, segnatamente, se detti avvocati sono privati della possibilità di penetrare nel mercato dello Stato membro ospitante in condizioni di concorrenza normali ed efficaci” (si v. sentenza C-565/08, Commissione/Italia).
Ebbene, nel caso in esame, il Collegio ritiene che la normativa nazionale non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea.
In primo luogo, si osserva che l’impostazione seguita dalla legge n. 49/2023 deriva dal dichiarato intento del legislatore italiano di preservare il professionista intellettuale nell’ambito dei rapporti con “contraenti forti”, inclusa la Pubblica Amministrazione.
Infatti, in ragione delle peculiarità del mercato e dei servizi in esame, tali rapporti contrattuali potrebbero concretizzarsi nell’offerta di prestazioni al ribasso, e, attraverso una selezione avversa, persino nell’eliminazione degli operatori che offrono prestazioni di qualità. Nel perseguimento di tale interesse di portata generale (già ritenuto dalla Corte di Giustizia UE idoneo a giustificare la previsione di “tariffe” minime, si v. sentenza C-377/17 Commissione c. Repubblica federale di Germania e Ungheria) la previsione dell’inderogabilità al ribasso della voce “compensi”, oltre a trovare applicazione omogenea nei confronti di ogni operatore economico, non appare in grado di ostacolare la partecipazione alle gare pubbliche.
Infatti, tale previsione si risolve nel riconoscimento, in favore dell’aggiudicatario, di un compenso equo, proporzionato alla prestazione intellettuale eseguita, e ipoteticamente anche in misura superiore a quello che avrebbe accettato qualora fosse stato ammissibile un ribasso sul proprio compenso.
Si tratta, pertanto, di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande o piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, come visto, sulle spese generali) e, ancor di più, sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. Ciò è idoneo a produrre, a giudizio del Collegio, anche effetti pro-concorrenziali in favore del piccolo operatore economico, che sarà incentivato a partecipare alle pubbliche gare nella consapevolezza che non si troverà più a competere sulla voce “compensi” con gli operatori di grandi dimensioni, che per loro stessa natura possono essere maggiormente in grado di formulare ribassi su tale voce, mantenendo comunque un margine di utile rilevante.
Pertanto, il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea. In particolare, si ricorda che, sin dalle direttive del 2014, il legislatore dell’UE ha voluto superare il criterio del minor prezzo quale strumento predominante di aggiudicazione delle pubbliche gare, favorendo il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che consente alla Stazione appaltante di strutturare l’aggiudicazione valorizzando la qualità dell’offerta tecnica, ma anche considerazioni ambientali, aspetti sociali o innovativi, pur tenendo conto del prezzo e dei costi.
Non si può pervenire ad un esito interpretativo difforme neanche alla luce della recente pronuncia della Corte di Giustizia (Causa C-438/22, sentenza del 25.1.2024) con cui è stato affermato che “L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE , in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, dev’essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui un giudice nazionale constati che un regolamento che fissa gli importi minimi degli onorari degli avvocati, reso obbligatorio da una normativa nazionale, è contrario a detto articolo 101, paragrafo 1, esso è tenuto a rifiutare di applicare tale normativa nazionale nei confronti della parte condannata a pagare le spese corrispondenti agli onorari d’avvocato, anche qualora tale parte non abbia sottoscritto alcun contratto di servizi d’avvocato e di onorari d’avvocato”. In tale fattispecie, infatti, gli importi minimi degli onorari degli avvocati, pur essendo stati recepiti dal legislatore nazionale, erano stati determinati dalla stessa associazione di categoria nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale, con una finalità, quindi, del tutto diversa dall’obiettivo perseguito dal legislatore italiano attraverso la novella in esame che, imponendo di preservare l’equo compenso di tutti i professionisti intellettuali nei rapporti con la P.a., nell’ambito delle procedure di gare, ove, evita l’offerta di prestazioni al ribasso e la possibile eliminazione, dalle pubbliche gare, degli operatori che offrono prestazioni maggiormente qualitative.
Tale interesse generale, peraltro, è stato perseguito mediante un intervento normativo proporzionato e ragionevole, in cui comunque si è lasciata la possibilità all’operatore economico di differenziarsi anche sotto il profilo economico a condizione di salvaguardare l’equo compenso.
In questa prospettiva, non si ravvisa alcun contrasto con l’art. 3 Cost. per come enunciato dalla Stazione appaltante. Né, tantomeno, appare fondata la questione di illegittimità costituzionale proposta in quanto dall’applicazione della legge n. 49/2023 deriverebbero maggiori oneri per la finanza pubblica, senza una adeguata previsione normativa.
Al riguardo, fermo restando che non sono stati forniti elementi precisi a sostegno della contestazione in esame, va, per contro, osservato un maggior onere per le finanze pubbliche potrebbe derivare non tanto dall’applicazione in sede di gara dalle previsioni della l. n. 49 del 2023 sul c.d. equo compenso, quanto dalla stipulazione di contratti nulli da parte delle Stazioni appaltanti, che abbiano operato in contrasto con la norma imperativa: d’altronde, non può ragionevolmente affermarsi che sia quest’ultima norma a dover stanziare le risorse economiche per far fronte alle possibili e indeterminate (sotto il profilo dell’an e del quantum) violazioni del suo contenuto.
Ne deriva, pertanto, che deve essere affermata la piena compatibilità tra la legge n. 49/2023, da applicare come finora esposto alla fattispecie sottoposta a questo Collegio, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE e gli artt. 3, 41, 81, 117 Cost.

Affidamento diretto a vincitore di concorso di idee

Quesito: se previsto nel disciplinare di gara, è possibile affidare direttamente il PFTE al vincitore del concorso di idee, anche se tale affidamento è superiore alla soglie per l’affidamento diretto? Secondo l’articolo 46, comma 4 del Codice Contratti, “…Le idee premiate… possono essere poste a base di un concorso di progettazione o di un appalto di servizi di progettazione…”. Non viene citata la modalità di affidamento dell’appalto di servizi. L’art. 76, comma 5, dà la possibilità di utilizzare la procedura negoziata senza pubblicazione di un bando nel caso “…l’appalto faccia seguito a un concorso di progettazione e debba, in base alle norme applicabili, essere aggiudicato al vincitore o a uno dei vincitori del concorso. In quest’ultimo caso, tutti i vincitori devono essere invitati a partecipare ai negoziati.”. Bisogna quindi utilizzare le modalità descritte nell’articolo 50, comma 1, lettera e) e quindi invitare un minimo di 5 operatori economici incluso al vincitore o è possibile derogare e non invitare nessun altro al di fuori del vincitore del concorso? Inoltre, quando nel suddetto articolo 76 si parla di vincitori, al plurale, si intendono eventuale primo premio ex equo o tutti i premiati previsti dal disciplinare (per esempio, secondo e terzo posto)?

Risposta aggiornata: l’art. 46 del d.lgs. 36/2023, rubricato “Concorsi di progettazione”, al comma 4 stabilisce che “le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai concorsi di idee finalizzati all’acquisizione di una proposta ideativa da remunerare con il riconoscimento di un congruo premio”. Il comma 3 del citato art. 46 (secondo e terzo capoverso), applicabile quindi al concorso di idee, prevede che “il bando del concorso può prevedere che il progetto esecutivo sia affidato con procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando o, nei settori speciali, senza indizione di gara al vincitore o ai vincitori del concorso di progettazione, se in possesso dei requisiti previsti dal bando. In tali casi, nel computo della soglia di rilevanza europea, è calcolato il valore complessivo dei premi e pagamenti, compreso il valore stimato al netto dell’IVA dell’appalto pubblico di servizi che potrebbe essere successivamente aggiudicato con la procedura di cui al comma 2”. Come si legge nella Relazione Illustrativa al Codice, pertanto, con tale disposizione si “chiarisce che è ammesso l’affidamento al vincitore del concorso dei successivi livelli di progettazione, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando o, nei settori speciali, senza indizione di gara, purché tale facoltà sia stata prevista, con effetto di autovincolo amministrativo, nel bando del concorso; vengono, altresì, specificate le modalità di calcolo della soglia di rilevanza comunitaria” (p. 69 della Relazione Illustrativa al Codice). Tanto premesso, la risposta al primo quesito è negativa in quanto il codice prevede esclusivamente il ricorso a procedure negoziate, anche con un solo vincitore. In ordine al secondo quesito, si ribadisce il contenuto della disposizione di cui all’art. 76, comma 5 che, proprio in relazione alle procedure negoziate, fa espressamente riferimento al vincitore o ai vincitori. Sul terzo quesito, si ribadisce che ai sensi della precitata normativa, devono essere invitati a partecipare ai negoziati solo i vincitori, ivi compresi i vincitori exequo. (Parere MIT n. 2387/2024)

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    Progettazione esterna di servizi e forniture : è possibile ?

    Quesito: Il comma 12 dell’art. 41 del D.lgs 36/2023 stabilisce che “la progettazione di servizi e forniture è articolata in un unico livello ed è predisposta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante propri dipendenti in servizio”. Qualora la stazione appaltante si trovi in una situazione di grave carenza di personale, tale per cui la progettazione tramite propri di pendenti non sia possibile senza recare pregiudizio all’ordinario assolvimento delle funzioni di istituto o nel caso in cui la medesima stazione appaltante non disponga di figure in possesso di adeguata professionalità in relazione al servizio o fornitura da progettare, è possibile ricorrere a professionalità esterne, seguendo le procedure previste dal nuovo codice?

    Risposta aggiornata: L’art. 41 del D.Lgs. 36/2023 stabilisce che “la progettazione di servizi e forniture è articolata in un unico livello ed è predisposta dalle stazioni appaltanti e dagli enti concedenti mediante propri dipendenti in servizio”, senza aggiungere null’altro che possa supportare per fornire risposta alla situazione prospettata nel quesito. Si ritiene applicabile per analogia la disposizione, dettata per servizi attinenti all’ingegneria e all’architettura, prevista all’art. 4, comma 3, dell’Allegato I.2, laddove si riporta che il RUP può svolgere, per uno o più interventi e nei limiti delle proprie competenze professionali, anche le funzioni di progettista o di direttore dei lavori …”. In considerazione di quanto sopra, potendo il RUP svolgere attività di progettazione, potrebbe essere affiancato in tale attività da un supporto al RUP esterno, individuato ai sensi di quanto previsto dall’ art. 15 del dlgs 36/2023 e dall’art. 2 dell’Allegato I.2 al Codice. (Parere MIT n. 2299/2024)

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      Dipendente pubblico: per le attività di RUP, Progettista, DL, Collaudatore serve iscrizione ad Albo professionale ?

      Quesito: Si chiede di sapere se il tecnico, pubblico dipendente, al fine di svolgere, per conto dell’Amministrazione, le attività rientranti nel proprio mansionario (RUP, Progettista, DL, collaudatore) debba necessariamente essere iscritto all’albo professionale e se le spese di iscrizione, nonché i costi dei corsi obbligatori di aggiornamento debbano restare a suo carico o debbano essere rimborsate dall’Amministrazione. Si ritiene che per lo svolgimento delle attività di RUP sia sufficiente l’abilitazione professionale e non l’ulteriore requisito dell’iscrizione all’albo (art. 4 All. I.2 al D.Lgs. 36/23). Il comma 3 del medesimo articolo prevede, altresì, che “il RUP può svolgere […] anche le funzioni di progettista e direttore dei lavori”, pertanto anche per la progettazione e la direzione lavori si ritiene sufficiente la mera abilitazione. Anche per l’attività di collaudo è richiesta, dalla nuova normativa, la mera abilitazione all’esercizio della professione di ingegnere o architetto (art. 14 All. II.14 al D.Lgs 36/23). Solo per il collaudo statico è richiesta l’iscrizione all’albo da almeno 10 anni. Tuttavia l’ipotesi che l’Amministrazione richieda ai propri tecnici di svolgere il collaudo statico è remotissima (stante la limitata competenza di questa Amministrazione nei lavori pubblici, risulta più conveniente acquisire il servizio esternamente mediante procedure ad evidenza pubblica). Alla luce di quanto esposto si ritiene che il tecnico, pubblico dipendente, non sia tenuto ad iscriversi al proprio ordine professionale per svolgere alcuna delle attività che rientrano nel suo mansionario e conseguentemente l’Amministrazione non è tenuta, in alcun modo, a rimborsare al dipendente i relativi costi. Questo appare, allo stato, l’esito dell’analisi normativa risultante dal D.Lgs 36/23, tuttavia considerato che la riforma è recentissima, si chiede al Supporto Giuridico di esprimere il proprio parere sull’argomento.

      Risposta aggiornata: Si conferma l’interpretazione data, purchè ricorrano le condizioni di cui all’art. 4 comma 2 dell’allegato I.2 del Dlgs 36/23. Per quanto attiene le funzioni di cui al comma 3 dell’art. 4 del medesimo allegato è sufficiente la mea abilitazione purchè, le funzioni di RUP, progettista e direttore dei lavori non coincidano nel caso di lavori complessi o di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, storico-artistico e conservativo, oltre che tecnologico, nonché nel caso di progetti integrali ovvero di interventi di importo pari o superiore alla soglia di cui all’articolo 14 del codice. (Parere MIT n. 2260/2023)

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        Assicurazione dipendenti Stazione Appaltante ai sensi del D.Lgs. 36/2023

        Quesito: L’art. 45 comma 7 lett. c) del D.Lgsl. 36/2023 stabilisce che “…una parte delle risorse di cui al comma 5 (20%) è in ogni caso utilizzata per la copertura degli oneri di assicurazione obbligatoria del personale ” Nel contesto generale del nuovo codice, si chiede: 1) quali siano le figure interne per le quali vige tale assicurazione obbligatoria (Progettista, come espressamente previsto nel codice precedente? RUP? Altre figure?) 2) se tali assicurazioni obbligatorie siano a carico totale dell’Ente (se non sussiste capienza in quell’accantonamento?) 3) in caso siano riferite solo al progettista (anche verificatore interno progetti?), se l’Amministrazione possa , ai sensi del principio di fiducia di cui all’art. 2 comma 4 del nuovo codice, individuare una platea + ampia di dipendenti interni coinvolti nel procedimento d’appalto (in primis RUP).

        Risposta aggiornata: Le figure per le quali vige l’obbligo di assicurazione sono quelle indicate al comma 2 dell’art. 45 per le sole attività elencate puntualmente nell’allegato I.10, se presenti all’interno della stazione appaltante. In relazione al secondo quesito, si precisa che l’assicurazione è a carico esclusivamente delle somme previste nel quadro economico dell’intervento. (Parere MIT n. 2163/2023)

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          Servizi di progettazione – Requisiti di partecipazione – Non ammissibile utilizzo del medesimo requisito sia da parte della Società di ingegneria sia da parte del Professionista suo dipendente

          Consiglio di Stato, sez. V, 04.04.2023 n. 3461

          9.1. Nel sistema delineato dagli articoli 24, commi 2 e 5 (in base ai quali è stato adottato il decreto ministeriale 2 dicembre 2016, n. 263 sui requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria), 46 (che individua gli operatori economici che possono partecipare alle procedure per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria), 83 (in tema di requisiti speciali per la selezione degli offerenti) e 86 (sui mezzi di prova mediante i quali gli operatori economici possono dimostrare il possesso dei requisiti di partecipazione), i requisiti speciali per la selezione sono incentrati essenzialmente (oltre che sui requisiti prescritti dal D.M. n. 263/2016 cit.) sulla capacità economica e finanziaria e sulla capacità tecnica e professionale (al pari di quanto previsto per la generalità dei servizi), che l’operatore economico può dimostrare attraverso una documentazione la quale presuppone che il professionista (nelle diverse articolazioni giuridiche consentite dall’art. 46 cit.) abbia stipulato un contratto per l’affidamento e lo svolgimento dei servizi. 9.2. Ciò appare del tutto evidente con riferimento al requisito di capacità economica e finanziaria (cfr. Allegato VII, parte I, del codice dei contratti pubblici, in particolare laddove prevede che detto requisito “di regola” può essere dimostrato mediante «una dichiarazione concernente il fatturato globale» ed eventualmente una dichiarazione del «fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto»), dal momento che non sembra ipotizzabile provare questi elementi se l’operatore economico non sia stato parte del contratto e quindi centro di imputazione di tutti gli effetti derivanti dall’incarico. Alla medesima conclusione si deve giungere per i requisiti di capacità tecnica (si pensi alla attestazione circa i «principali servizi negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici e privati»: cfr. Allegato VII, parte II, del codice dei contratti pubblici).
          Nel caso di specie, il disciplinare della gara di cui trattasi richiedeva la dichiarazione dei «servizi di ingegneria e di architettura di cui all’art.3 lett. vvvv) del Codice, espletati negli ultimi dieci anni antecedenti la data di pubblicazione del bando e relativi ai lavori di ognuna delle categorie […]» [punto 7.3, lettera h)], nonché la dichiarazione dei «[d]ue servizi “di punta” di ingegneria e architettura di cui all’art.3 lett. vvvv) del Codice, espletati negli ultimi dieci anni antecedenti la data di pubblicazione del bando […]» [punto 7.3, lettera i)], con riferimento a importi minimi di lavori indicati ai medesimi punti del disciplinare di gara. Dichiarazioni che, pertanto, presuppongono lo svolgimento in proprio degli incarichi e non l’esecuzione degli stessi nella qualità di dipendente (come nel caso di specie) di una società di ingegneria (parte del contratto di appalto nell’ambito del quale i predetti servizi sono stati eseguiti).
          Alla luce di tali considerazioni, dunque, non è ammissibile l’utilizzo del medesimo requisito sia da parte della società di ingegneria sia da parte del professionista dipendente di questa.
          9.3. Anche il parere di cui alla deliberazione Anac n. 290 del 1 aprile 2020 (invocato dall’amministrazione appaltante), reso in materia di dimostrazione dei requisiti di capacità tecniche e professionali, muove dal presupposto che non sia consentita una duplicazione dei requisiti. Proprio «al fine di garantire il rispetto del principio della non duplicazione dei requisiti» ritiene «opportuna l’adozione di un atto sottoscritto da tutti i professionisti dello studio associato con il quale si procede, in caso di scioglimento dell’associazione professionale, all’attribuzione del fatturato ai singoli componenti dello studio e, nel caso in cui l’associazione continui ad operare, all’attribuzione allo studio associato e ai professionisti uscenti». Si desume agevolmente che lo stesso requisito non può essere fatto valere sia dall’associazione che dal professionista.

          Nuovo Codice dei Contratti Pubblici D.Lgs. n. 36/2023 in Gazzetta Ufficiale : le novità principali

          Pubblicato il nuovo Codice dei Contratti Pubblici di cui al Decreto Legislativo n.  36 del 31 marzo 2023 e relativi Allegati.

          Il testo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 77 del 31.03.2023.

          Il nuovo Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’art. 1 della Legge “delega” 21.06.2022 n. 78, presenta un numero di articoli analogo a quello previgente, ma ne riduce i commi, le parole (quasi un terzo) ed i caratteri utilizzati e, con gli allegati, diminuisce in modo rilevante il numero di norme e linee guida di attuazione.

          Gli Allegati al nuovo Codice sostituiranno ogni altra fonte attuativa della previgente disciplina, ossia: gli allegati al D.Lgs. n. 50/2016, le diciassette Linee Guida ANAC e circa quindici Regolamenti (tra cui il D.P.R. n. 207/2010).

          L’indice degli articoli segue le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione.

          Numerose, oltre che rilevanti, le “novità” introdotte dall’articolato, ma vi sono anche diverse “conferme”; tra le principali si segnalano:

          ENTRATA IN VIGORE, APPLICAZIONE DIFFERITA E REGIME TRANSITORIO

          Il nuovo Codice dei contratti pubblici “entra in vigore” il 1 APRILE 2023.

          Le norme, tuttavia, avranno “efficacia” dal 1 LUGLIO 2023.
          Per avvisi o bandi pubblicati prima di tale data si continuano ad applicare le disposizioni previgenti.

          Stabilito un periodo transitorio, fino al 31 DICEMBRE 2023, con la vigenza di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 50/2016, del Decreto semplificazioni n. 76/2020 e, specie per i contratti PNRR e PNC, del Decreto semplificazioni e governance n. 77/2021.

           

          PRINCIPI

          Prima parte generale dedicata alla codificazione dei principi che riguardano l’intera materia dei contratti pubblici. Il ricorso ai principi assolve una funzione di completezza dell’ordinamento giuridico e di garanzia della tutela di interessi che altrimenti non troverebbero adeguata sistemazione nelle singole disposizioni. Ad esempio, il principio del risultato (Art. 1) è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto, sia insieme con il principio della fiducia (Art. 2) nell’azione amministrativa, come criterio interpretativo delle singole disposizioni, come evidenziato nella Relazione illustrativa del Consiglio di Stato.

           

          DIGITALIZZAZIONE

          Definito un “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale” (Art. 22) i cui pilastri sono la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (Art. 23), il FVOEFascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (Art. 24) gestiti dall’ANAC e le piattaforme telematiche di approvvigionamento. Di notevole rilevanza anche la digitalizzazione integrale in materia di accesso agli atti (Art. 36), in linea con lo svolgimento in modalità telematica delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.

           

          RUP

          L’acronimo RUP indica adesso il Responsabile Unico del Progetto (Art. 15) per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione. È previsto che possa essere nominato tra i dipendenti assunti anche a tempo determinato della stazione appaltante o dell’ente concedente e che sia in possesso dei requisiti stabiliti da un apposito allegato al Codice e di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti affidatigli, nonchè nel rispetto dell’inquadramento contrattuale e delle relative mansioni.
          Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un Responsabile di Procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e per la fase di affidamento: le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando l’unicità e le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.

           

          PROGETTAZIONE

          Semplificazione apportata con la riduzione a due livelli di progettazione: progetto di fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo (Art. 41); prevista anche la riduzione dei termini per la progettazione, l’istituzione da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici di un comitato speciale appositamente dedicato all’esame di tali progetti ed un meccanismo di superamento del dissenso qualificato nella conferenza di servizi mediante l’approvazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

          BIM obbligatorio dal 1 gennaio 2025: le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro (Art. 43).

           

          APPALTO INTEGRATO

          Nuovamente estesa la possibilità di affidare congiuntamente la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico economica, fatta eccezione per gli appalti di opere di manutenzione ordinaria (Art. 44).

           

          CONTRATTI SOTTO SOGLIA

          Recepite le modalità di affidamento dei contratti sotto soglia (Art. 50) introdotte dal D.L. n. 76/2020 per accelerare e semplificare le procedure:

          LAVORI

            • affidamento diretto per importo inferiore a 150.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante;
            • procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro;
            • procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di rilevanza comunitaria, salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie (eliminato nel testo definitivo il riferimento all’adeguata motivazione, sebbene il Consiglio di Stato nella Relazione illustrativa evidenzia che la scelta delle più complesse procedure ordinarie richiede una ponderazione del bilanciamento degli interesse pubblici in gioco);

          SERVIZI E FORNITURE (compresi servizi di ingegneria e architettura ed attività di progettazione)

            • affidamento diretto per importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante;
            • procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di rilevanza comunitaria.

          Apposita disposizione è dedicata al principio di rotazione in continuità con le Linee Guida ANAC (Art. 49).

           

          GARANZIE

          Nelle procedure di affidamento per i contratti sotto soglia la stazione appaltante non richiede le garanzie provvisorie salvo che, nelle procedure negoziate senza bando, in considerazione della tipologia e specificità della singola procedura, ricorrano particolari esigenze che ne giustifichino la richiesta (Art. 53).

           

          SUBAPPALTO

          Trovano conferma le recenti modifiche al previgente Codice in ordine all’eliminazione dei limiti percentuali ed introdotto il subappalto “a cascata” (Art. 119) adeguando ulteriormente l’istituto alla normativa ed alla giurisprudenza europea con la previsione di criteri di valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, da esercitarsi caso per caso.

           

          REVISIONE PREZZI

          Confermato l’obbligo di inserimento delle clausole di revisione prezzi negli atti di gara (già previsto dall’art. 29 D.L. n. 4/2022), da attivare al verificarsi di una variazione del costo superiore al 5 per cento, con il riconoscimento in favore dell’appaltatore dell’80 per cento del maggior costo sopportato (Art. 60).

           

          GRAVI ILLECITI PROFESSIONALI

          La nuova disciplina punta ad eliminare gli elementi di incertezza prevedendo che l’esclusione di un operatore economico venga disposta e comunicata dalla stazione appaltante soltanto allorquando ricorrono tutte le condizioni previste dalla norma (Art. 98). Perché operi la causa di esclusione (non automatica), l’illecito professionale grave deve essere tale da rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore economico e deve essere dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. Sono quindi indicati dal Codice, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.

           

          QUALIFICAZIONE PER LAVORI E PER SERVIZI E FORNITURE

          Innovando rispetto al passato il nuovo Codice prevede un sistema di qualificazione degli operatori economici anche per gli appalti di servizi e forniture, oltre che per i lavori (Art. 100). Novità anche per le SOA essendo previsto che l’attestazione di qualificazione è rilasciata da organismi di diritto privato autorizzati dall’ANAC.

           

          QUALIFICAZIONE DELLE STAZIONI APPALTANTI

          ANAC gestirà anche il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, anche solo per l’acquisizione di lavori oppure di servizi e forniture, con iscrizione di diritto nell’elenco di alcune tipologie di amministrazioni ed enti.

           

          SETTORI SPECIALI

          Valorizzati i “poteri di autorganizzazione” dei soggetti operanti nei settori speciali, con l’obiettivo di assicurare un carattere di piena autonomia alla relativa disciplina alla luce delle direttive comunitarie (Art. 141 e ss.) e maggiore flessibilità in coerenza con la natura essenziale dei servizi pubblici gestiti dagli enti aggiudicatori (acqua, energia, trasporti, ecc.). Le norme introdotte sono “autoconclusive”, quindi prive di ulteriori rinvii ad altre parti del Codice. Si prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di determinare le dimensioni dell’oggetto dell’appalto e dei lotti in cui eventualmente suddividerlo, senza obbligo di motivazione aggravata.

           

          PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO – PPP

          Semplificato il quadro normativo per rendere più agevole la partecipazione degli investitori istituzionali. Previste ulteriori garanzie a favore dei finanziatori dei contratti e confermato il diritto di prelazione per il promotore.

           

          GENERAL CONTRACTOR

          Reintrodotto l’istituto del General contractor: l’operatore economico è tenuto a perseguire un risultato amministrativo mediante le prestazioni professionali e specialistiche previste, in cambio di un corrispettivo determinato in relazione al risultato ottenuto e alla attività normalmente necessaria per ottenerlo.

           

          ESECUZIONE

          Confermata la facoltà per l’appaltatore di richiedere, prima della conclusione del contratto, la sostituzione della cauzione o della garanzia fideiussoria con ritenute di garanzia sugli stati di avanzamento.

           

          GOVERNANCE

          Modifiche al funzionamento della Cabina di Regia e riordino delle competenze dell’ANAC, in attuazione del criterio contenuto nella legge delega 78/2022, con un rafforzamento delle funzioni di vigilanza e sanzionatorie.

           

          CONTENZIOSO

          In tema di giustizia amministrativa, si prevede l’aggiornamento degli articoli 120, 121 e 124 del Codice del processo amministrativo con estensione della cognizione del Giudice alle azioni risarcitorie e all’azione di rivalsa proposte dalle Stazioni appaltanti. Il CIG andrà indicato in tutti gli atti di parte e in tutti i provvedimenti del Giudice.

           

          Articolo in aggiornamento

           

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            Appalto PNRR : deroga quota pari opportunità e generazionali

            Quesito: Stiamo procedendo con procedura negoziata per la scelta del progettista di un appalto lavori finanziato da fondi PNRR. E’ corretto escludere la quota del 30 % giovani motivandola per “necessità di esperienza o di particolari abilitazioni professionali”? Abbiamo lasciato la quota del 30 % personale femminile in caso di nuove assunzioni.

            Risposta: Il comma 7 dell’art. 47 del D.L. 77/2021 e ss.mm.ii. prevede
            che “le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti dei requisiti di partecipazione di cui al comma 4, o stabilire una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione, qualora l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche” . Si tratta di una facoltà rimessa alla Stazione appaltante, la quale può, in ogni caso, decidere di non avvalersi delle suddette deroghe, anche qualora ricorressero in linea astratta alcuni presupposti per la loro applicazione, e comunque l’applicazione delle indicate deroghe richiede un onere motivazione particolarmente stringente, che la SA è tenuta ad esternare, con atto espresso del responsabile della SA, prima o contestualmente all’avvio della procedura ad evidenza pubblica. Tanto premesso, si rileva che le “Linee Guida per favorire le pari opportunità di genere e generazionali, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti pubblici finanziati con le risorse del PNRR e del Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari (PNC)” adottate con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 7 dicembre 2021 ai sensi del comma 8 dell’indicato art. 47, specificano che l’attivazione delle deroghe è subordinata all’esistenza degli specifici presupposti stabili dal comma 7 ed che le stazioni appaltanti devono fornire adeguata e specifica dimostrazione delle ragioni per cui l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati dalla stazione appaltante rendano impossibile tale applicazione. (Parere MIMS n. 1522/2022)

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              Appalto integrato – Progettista indicato – Perdita dei requisiti di ordine generale – Sostituzione – Limiti (art. 59 , art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

              Consiglio di Stato, sez. V, 11.11.2022 n. 9923

              5.2.1. Va premesso che l’oggetto dell’affidamento è nel caso di specie costituito da un appalto integrato ai sensi dell’art. 216, comma 4-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 (che, vigendo il divieto di appalto integrato, lo consentiva in via transitoria per i progetti già approvati alla data di entrata in vigore del codice), disposizione espressamente richiamata dal disciplinare di gara.
              […]
              Il comma 59, comma 1 bis, nel testo attualmente vigente, contiene un secondo periodo che specifica che “i requisiti minimi per lo svolgimento della progettazione oggetto del contratto sono previsti nei documenti di gara nel rispetto del presente codice e del regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies; detti requisiti sono posseduti dalle imprese attestate per prestazioni di sola costruzione attraverso un progettista ‘raggruppato’ o ‘indicato’ in sede di offerta, in grado di dimostrarli, scelto tra i soggetti di cui all’articolo 46, comma; le imprese attestate per prestazioni di progettazione e costruzione documentano i requisiti per lo svolgimento della progettazione esecutiva [n.d.r. con le stesse modalità] laddove i predetti requisiti non siano dimostrati dal proprio staff di progettazione”.
              Quest’ultima disposizione, aggiunta dall’art. 1 del d.l. n. 32 del 2019, convertito dalla legge n. 55 del 2019, non si applica alla presente procedura (indetta con bando precedente), ma essa è sostanzialmente riproduttiva dell’art. 92, comma 6, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (regolamento di esecuzione del codice di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, che prevedeva l’appalto integrato all’art. 53, comma 3).
              L’art. 92, comma 6, del regolamento si applica al presente affidamento ai sensi dell’art. art. 216, comma 14, d.lgs. n. 50 del 2016.
              Inoltre il disciplinare di gara presuppone la possibilità per le imprese concorrenti di indicare i progettisti.
              […]
              5.2.2. Dato il quadro normativo generale e speciale di cui sopra, non è in contestazione che il progettista “indicato” – come accaduto per il RTP incaricato della progettazione da parte del RTI Research – vada qualificato come professionista esterno all’operatore economico concorrente, da questi incaricato di redigere il progetto; tuttavia privo, a sua volta, della qualità di concorrente (come, da ultimo, chiarito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 9 luglio 2020, n. 13, che ha affermato il principio di diritto che “il progettista indicato, nell’accezione e nella terminologia dell’articolo 53 […], del decreto legislativo n. 163 del 2006, va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo. Pertanto non rientra nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico”).
              Malgrado ciò, la giurisprudenza amministrativa è da tempo orientata nel senso che, come ritenuto dal tribunale, anche il progettista “indicato” debba essere in possesso dei requisiti generali di moralità e di affidabilità e di quelli speciali richiesti dalla legge di gara, pena l’esclusione del concorrente che lo abbia designato (così da ultimo, Cons. Stato, V, 27 luglio 2021, n. 5563, riguardante l’esclusione del RTI Savarese dalla presente procedura, che richiama, tra gli altri precedenti, Cons. Stato, V, 21 agosto 2020, n. 5164; 15 marzo 2016, n. 1031; 26 maggio 2015, n. 2638).
              D’altronde, essendo l’indicazione del progettista esterno funzionale alla qualificazione dell’operatore economico concorrente – il quale è costretto a farvi ricorso perché qualificato soltanto per la costruzione o, se qualificato per progettazione e costruzione, perché non è comunque in possesso dei requisiti minimi per lo svolgimento della progettazione oggetto del contratto previsti nei documenti di gara – non vi è ragione di limitare tale complessivo regime di qualificazione ai requisiti speciali, dovendo essere soddisfatto dal progettista indicato anche per i requisiti di ordine generale.
              Siffatta conclusione trova riscontro sia nei rinvii normativi interni al regolamento di cui al d.P.R. n. 207 del 2010 (dato che l’art. 92, comma 6, rimanda, tra l’altro, per i requisiti dei progettisti, all’art. 263, che all’ultimo comma prescrive come necessario il possesso dei requisiti generali, all’epoca previsti dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006) sia nella constatazione che “la peculiarità e il ruolo che comunque assume il progettista (anche indicato) nell’economia dell’affidamento … ne rende necessaria l’integrazione dei requisiti generali” (così Cons. Stato, V, n. 5563/21 citata).
              5.2.3. Tuttavia, fermo restando che è legittima un’esclusione fondata sul difetto dei requisiti generali in capo al progettista indicato e quindi anche una disposizione della lex specialis che ciò espressamente prevede, residua l’ulteriore questione della possibilità, per l’operatore economico concorrente, di sostituire il progettista “indicato” che abbia perso in corso di gara il possesso dei requisiti previsti dall’art. 80.
              Si tratta di questione che, affrontata dalla sentenza del CGAR 31 marzo 2021, n. 276, riportata dall’appellante, è stata da questa risolta distinguendo tra progettista associato e progettista indicato, ed ammettendo, non per il primo, ma per il secondo, la sostituzione. La possibilità della sostituzione è stata fondata sull’argomentazione che “la qualificazione del progettista indicato come di un soggetto diverso dai concorrenti alla procedura determina che in caso di raggruppamento di progettisti – quantomeno nelle ipotesi in cui il soggetto da estromettere non sia stato determinante per la costituzione del raggruppamento, avendo contribuito in modo essenziale a “portare” i requisiti di qualificazione necessari alla partecipazione – il concorrente non possa essere per ciò solo escluso a seguito dell’accertata carenza di un requisito di carattere generale del progettista indicato, essendo consentita la sua estromissione, nel caso di specie dal RTP dei progettisti, e la sua sostituzione”.
              In effetti, una volta che l’Adunanza plenaria n. 2/2022 ha riconosciuto la modificabilità soggettiva dei raggruppamenti temporanei per la perdita dei requisiti generali anche in fase di gara in capo al mandatario o ad uno dei mandanti, in tale ipotesi deve ritenersi la possibilità della sostituzione interna al raggruppamento temporaneo di professionisti o della sostituzione interna al raggruppamento temporaneo “eterogeneo” dei progettisti con gli operatori economici esecutori dei lavori (purché altro componente del raggruppamento sia in possesso dei necessari requisiti di qualificazione).
              Se quindi è consentita la modificazione soggettiva del concorrente, quando il progettista sia in tale veste inserito in un raggruppamento temporaneo partecipante alla gara, appare contrario ai principi di ragionevolezza e proporzionalità riservare un trattamento deteriore alla fattispecie in cui l’operatore economico concorrente abbia scelto di avvalersi del progettista indicato privo della qualificazione di concorrente.
              Pertanto, quanto meno quando sia stato indicato per la progettazione un raggruppamento temporaneo di soggetti abilitati a fornire servizi di architettura e ingegneria ex art. 46 del Codice dei contratti pubblici, deve ritenersi possibile l’estromissione e l’eventuale sostituzione di quello dei componenti del raggruppamento, che abbia perso i requisiti generali di partecipazione in corso di gara.
              5.2.4. Confermata per tale via la soluzione della questione espressa già nel precedente di cui al CGARS n. 276/2021, meno convincente è l’affermazione incidentale contenuta nella stessa sentenza secondo cui la sostituzione del progettista indicato non potrebbe (mai) comportare “una ipotesi di modificazione dell’offerta”, poiché non si tratta di un offerente, ma di un “collaboratore (o, più propriamente, un ausiliario) del concorrente”.
              Invero, se il ricorso al progettista esterno si giustifica, in linea di principio, a fini qualificatori, è però innegabile che lo stesso è coinvolto sia nella redazione dell’offerta che nell’esecuzione del contratto (cfr. Cons. Stato, V, n. 5563/21 cit.).
              Sebbene tale coinvolgimento non sia, in assoluto, impeditivo della sostituzione, esso impone di verificare, caso per caso, se, ammettendo la sostituzione del componente del raggruppamento di professionisti incaricato della progettazione, non si finisca per consentire una modificazione sostanziale dell’offerta.
              Questa modificazione è reputata inammissibile non soltanto in ambito interno, ma anche dalla Corte di Giustizia che, in riferimento alle pur consentite modifiche soggettive dell’art. 63 dir. 2014/24/UE, mette in guardia dal rischio di tale eventualità (cfr. Corte di Giustizia, 3 giugno 2021, causa C-210/20, in cui si evidenzia che “quando si vede obbligata, in forza del suo diritto nazionale, ad imporre a un offerente la sostituzione di un soggetto sulle cui capacità esso intende fare affidamento, l’amministrazione aggiudicatrice deve assicurarsi, conformemente ai principi di trasparenza e di parità di trattamento enunciati all’articolo18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, che la sostituzione del soggetto interessato non conduca a una modifica sostanziale dell’offerta di tale offerente”).

              Progettazione : compenso per le prestazioni aggiuntive richieste a Progettista e Direttore Lavori

              Comunicato del Presidente ANAC 8 novembre 2022 

              Progettisti e direttori dei lavori hanno diritto a un compenso aggiuntivo per l’aggiornamento dei computi metrici di progetto e della contabilità dei lavori richiesti dalle stazioni appaltanti per adempiere alle disposizioni del Decreto Aiuti n. 50/ 2022, adottato a fronte dell’eccezionale aumento dei prezzi delle materie prime.

              La decisione dell’Autorità arriva al seguito di una segnalazione dell’Oice (Associazione di categoria delle organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica) volta a fornire ulteriori indicazioni sulla determinazione dei corrispettivi dei servizi tecnici di architettura e ingegneria. L’Associazione in particolare ha segnalato la prassi di richiedere in corso di esecuzione del contratto prestazioni aggiuntive e/o integrative rispetto a quelle considerate ai fini della determinazione del compenso a base di gara, come ad esempio indagini, rilievi altri studi ritenuti imprescindibili per dare corretta esecuzione al contratto, senza prevedere alcun aumento del corrispettivo. Tutto questo sul presupposto che il corrispettivo, in quanto determinato a corpo, non è passibile di adeguamento sulla base delle prestazioni effettivamente eseguite. Un comportamento che si registrerebbe anche quando le prestazioni aggiuntive derivino da un evento imprevisto e imprevedibile al momento dell’assunzione dell’incarico, come nel caso delle attività di aggiornamento dei computi metrici estimativi di progetto e della contabilità dei lavori, richieste dalle stazioni appaltanti ai progettisti e ai direttori dei lavori in seguito all’approvazione del decreto aiuti.

              ANAC rileva che l’immodificabilità del prezzo nei contratti a corpo non è un principio assoluto e inderogabile, e non esclude che le prestazioni introdotte in variazione di quella originaria debbano essere, comunque, valutate e pagate a parte. ANAC precisa che non solo è necessario che la documentazione di gara riporti l’elenco dettagliato delle prestazioni oggetto dell’incarico e i relativi corrispettivi ma che qualsiasi prestazione non espressamente considerata deve ritenersi al di fuori del vincolo contrattuale e potrà essere richiesta in corso di esecuzione del contratto. Pertanto anche le richieste di aggiornamento del computo metrico estimativo di progetto o della contabilità dei lavori fatte successivamente alla loro redazione e consegna entro i termini contrattuali pattuiti devono considerarsi attività aggiuntive che devono essere remunerate in modo corrispondente alle ulteriori attività effettivamente svolte.

              Appalto integrato – Progetto da presentare in gara – Non sostituisce nè anticipa il progetto a carico dell’ aggiudicatario (art. 59 d.lgs. n. 50/2016)

              Consiglio di Stato, sez. III, 26.05.2022 n. 4226

              5.5. Osserva il Collegio come l’odierna appellante non potesse non essere consapevole che la gara a cui partecipava era di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione (cd. appalto integrato), ai sensi dell’articolo 59, comma 1-bis, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (oltre che della disciplina speciale di cui al d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120), con la conseguente applicabilità delle previsioni in tema di requisiti contenute nella predetta disposizione, oltre che – in difetto del regolamento attuativo di cui all’articolo 216, comma 27-octies, del medesimo d.lgs. n. 50/2016 – delle corrispondenti disposizioni del previgente d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, puntualmente richiamate dal Tribunale.
              […]
              14.2. Quanto, poi, alla lesione della concorrenza qui denunciata, anche prescindendo dal rilievo, pure in questo caso, della irrimediabile tardività della censura per la natura immediatamente lesiva, in quanto escludente, della previsione di gara qui contestata, si deve rilevare che si tratta di censura del tutto infondata, anche nel merito, perché, come si è detto, il progetto esecutivo da presentare in sede di gara a cura dell’offerente, sulla base del progetto definitivo redatto dall’Amministrazione e posto a base di gara, costituiva l’elaborato finalizzato alla valutazione, in sede di gara, dell’offerta tecnica presentata dai concorrenti, ma non esauriva né sostituiva o anticipava affatto, e indebitamente, l’attività di progettazione posta a carico del futuro aggiudicatario, dovendo essere sviluppato a seguito dell’aggiudicazione e della stipula del contratto un completo progetto esecutivo, da sottoporre alla preventiva approvazione degli organi della stazione appaltante.
              14.3. E tanto, si deve qui aggiungere, in coerenza con la natura stessa dell’appalto integrato che, come noto, ha un oggetto negoziale unico, consistente tanto nella progettazione quanto nella esecuzione dei lavori (v., sul punto, C.G.A.R.S., sez. giurisd., 31 marzo 2021, n. 276).

              Servizi ingegneria e architettura : fusione livelli di progettazione e calcolo importo a base di gara

              L’intervento di Anac
              La fusione dei livelli di progettazione nei lavori pubblici, consentita dal codice appalti e caldeggiata anche nella Delega al governo in discussione alla Camera, non comporta la cancellazione del compenso da riconoscere al progettista per una prestazione riconducibile ai livelli omessi. Quando la stazione appaltante omette i livelli di progettazione, infatti, non li sopprime ma li unifica nel livello successivo e quindi ha comunque l’onere di determinare e pubblicare l’elenco dettagliato delle prestazioni richieste ai fini del calcolo dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria.

              Il codice appalti e la delega al governo
              Il codice dei contratti pubblici prevede che la progettazione in materia di lavori pubblici si articoli in tre livelli: progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo. La norma consente, tuttavia, l’omissione di uno o entrambi i primi due livelli di progettazione purché il livello successivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso, salvaguardando la qualità della progettazione.

              “La questione – rileva Anac – appare di grande attualità ed interesse” perché il disegno di legge delega al governo in materia di contratti pubblici, approvato al Senato e attualmente all’esame della Camera, prevede tra i principi e criteri direttivi la “significativa semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche, anche attraverso la ridefinizione e l’eventuale riduzione dei livelli di progettazione”. Dunque “nelle more del completamento del quadro normativo di riferimento, l’Autorità ritiene opportuno intervenire in materia, al fine di scongiurare errori od omissioni nella determinazione dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria”.

              I chiarimenti di Anac
              L’Autorità ricorda che “i tre livelli di progettazione previsti dalla norma sono da considerare come tappe di un unico processo”. Secondo Anac è “opportuno chiarire che, quando la stazione appaltante omette livelli di progettazione, non li sopprime ma li unifica al livello successivo che deve contenere tutti gli elementi previsti per il livello omesso per salvaguardare la qualità della progettazione”.

              La stazione appaltante, quindi, deve determinare e pubblicare l’elenco dettagliato delle prestazioni richieste relative ai singoli livelli di progettazione da cui potranno essere escluse, in caso di omissione di livelli progettuali solo le prestazioni già eseguite, approvate e rese conoscibili a tutti i concorrenti.

              “Per calcolare il compenso da riconoscere al progettista, la stazione appaltante deve tenere conto di tutte le prestazioni richieste per l’espletamento dell’incarico oggetto dell’affidamento, anche se propriamente riconducibili ai livelli di progettazione omessi” altrimenti incorrerebbe “nella violazione del principio dell’equo compenso”.

              “La fusione dei livelli progettuali – insiste Anac – non comporta il riassorbimento della remunerazione della prestazione riconducibile ai livelli omessi in quella della corrispondente prestazione svolta a livello esecutivo. Ciò, in quanto le voci di parcella computate al livello esecutivo tengono conto delle prestazioni già svolte nelle precedenti fasi progettuali e, pertanto, non sono idonee, da sole, a remunerare tutte le prestazioni occorrenti per una compiuta definizione progettuale”.

              Riferimenti normativi:

              art. 23 d.lgs. n. 50/2016

              Obbligo di possesso dei requisiti di ordine generale – Riguarda tutti gli operatori economici che partecipino a qualunque titolo a procedure di evidenza pubblica – Appalto integrato – Progettista indicato (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

              Consiglio di Stato, sez. II, 09.05.2022 n. 3585

              In ogni caso, in proposito si può rilevare l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale: la facoltà di indicazione del progettista “non può incidere sulla necessità che sia garantita – quanto meno tendenzialmente – l’affidabilità e l’onorabilità nei riguardi di chi venga comunque in rapporto diretto con la pubblica amministrazione, indipendentemente dal soggetto (il concorrente) destinatario del pagamento del corrispettivo e su cui ricada l’eventuale responsabilità da inadempimento” (Cons. Stato sez. V 20 ottobre 2010, n. 7581); anche i progettisti indicati, pur non assumendo il ruolo di concorrenti, comunque partecipano alla gara poiché apportano ai concorrenti stessi requisiti altrimenti non posseduti e perciò di essi può essere chiesta la dimostrazione del possesso dei requisiti anche generali, avendo riguardo al principio costituzionale di buon andamento e al principio comunitario di precauzione, per evitare che attraverso l’indicazione di progettisti, un soggetto sia nelle condizioni di partecipare ad una gara cui altrimenti non sarebbe ammesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2010, n. 758). Né per questo il progettista indicato assume la qualifica di concorrente, né quella di operatore economico, come chiarito da questo Consiglio con riferimento al divieto dell’avvalimento (Cons. Stato, A.P., 9 luglio 2020, n. 13). Dunque, l’obbligo di dichiarazione dei requisiti di cui all’art. 38, d.lgs. n. 163/2006 [oggi art. 80 d.lgs. n. 50/2016], sussiste anche in relazione al progettista indicato dal soggetto partecipante alla gara quale soggetto incaricato dell’attività di progettazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2016, n. 15; id., 18 gennaio 2012, n. 178).
              […]
              Quindi, la necessità del possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’articolo 38 d.lgs. n. 163/2006 riguarda tutti gli operatori economici che partecipino a qualunque titolo a procedure di evidenza pubblica, anche a prescindere da qualsiasi prescrizione della lex specialis, compresi i progettisti indicati ai sensi dell’articolo 53, co. 3, d.lgs. n.163/2006. Ciò sulla base di tale disposizione e di quelle ivi richiamate (artt. 91 e 94 d.lgs. n. 163/2006 e art. 263 d.p.r. n. 207/2010) che richiedono, nell’appalto integrato, che i progettisti indicati, come quelli associati, siano “qualificati” e, perciò, possiedano anche i requisiti generali.
              Tale interpretazione è stata considerata in linea con quella che era stata fornita dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, con la determina n. 1 del 15 gennaio 2014 “Linee guida per l’applicazione dell’articolo 48 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, il cui punto 3 (Applicazione dell’art. 48 agli appalti di progettazione ed esecuzione) evidenzia che “il progettista indicato dall’impresa, benché non assuma la qualità di concorrente, né quella di titolare del rapporto contrattuale con l’amministrazione (una volta intervenuta l’aggiudicazione), in quanto è un semplice collaboratore esterno dell’impresa partecipante alla gara, rilascia in ogni caso una dichiarazione in merito al possesso dei requisiti di partecipazione, sia generali che speciali. Infatti, per il caso di impresa che si avvalga (art. 53, comma 3, del codice)…di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta.., questa stessa norma va interpretata nel senso che la stazione appaltante è tenuta a richiedere nel bando, per siffatta eventualità, la dichiarazione sostitutiva di detti progettisti sia in merito ai requisiti generali che a quelli tecnico – organizzativi ed economico – finanziari relativi alla progettazione, in quanto l’espressione ‘progettisti qualificati’ può interpretarsi solo in tal senso” (cfr. Cons. Stato, sez V, 26 maggio 2015, n. 2638).

              Omissione progetto definitivo – Compenso del Progettista – Calcolo

              Massima ANAC n. 240 del 26.01.2022

              Istanza di parere singola per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del d.lgs. 50/2016 – Gara a procedura aperta per l’affidamento del servizio di progettazione esecutiva, e di coordinamento dellasicurezza in fase di progettazione (con opzione affidamento incarico di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione ai sensi dell’art. 157, comma 1 del Codice).

              Riferimenti normativi: Art. 23, comma 4, D.Lgs. n. 50/2016; D.M. 17 giugno 2016

              Parole chiave: Livelli di progettazione – Omissione progetto definitivo – Compenso progettista – Livelli di progettazione – Omissione progetto definitivo – Compenso progettista – Calcolo della base d’asta – Equo compenso – Prestazioni riconducibili al livello di progettazione omesso

              In caso di omissione del livello di progettazione definitivo, ai fini del calcolo del compenso del progettista, e dunque della base d’asta, la stazione appaltante deve tenere conto di tutte le prestazioni indispensabili per l’espletamento dell’incarico oggetto dell’affidamento, anche se riconducibili al livello di progettazione omesso.

              PNRR : istruzioni tecniche per la selezione dei progetti

              Circolare MEF del 14 ottobre 2021, n. 21
              Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Trasmissione delle Istruzioni Tecniche per la selezione dei progetti PNRR

              Al fine di supportare le Amministrazioni centrali titolari di interventi previsti nel PNRR nelle attività di presidio e vigilanza nell’esecuzione dei progetti / interventi di competenza che compongono le misure del Piano e di fornire indicazioni comuni a livello nazionale, sono state predisposte le “Istruzioni tecniche per la selezione dei progetti PNRR”. Il documento detta regole e principi a cui le richiamate Amministrazioni sono invitate ad attenersi, finalizzati a:

              • individuare requisiti di ammissibilità ed eventuali cause di esclusione, attribuibili al Soggetto attuatore e/o alla proposta progettuale, il cui mancato soddisfacimento può comportare una criticità con impatto sul processo di attuazione dell’iniziativa, nonché in fase di controllo e rendicontazione della stessa;
              • fornire elementi utili sui processi di attuazione che potranno essere ripresi nelle apposite sezioni delle procedure di selezione dei progetti (ossia negli atti amministrativi di varia natura, tra cui decreti ministeriali e bandi).

              Documenti:
              Circolare del 14 ottobre 2021, n. 21 “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Trasmissione delle Istruzioni Tecniche per la selezione dei progetti PNRR”
              Allegato alla Circolare del 14 ottobre 2021, n. 21

              Riferimenti normativi
              Decreto legge del 31 maggio 2021, n. 77