Infine, il Collegio non può esimersi dal richiamare, in tale contesto, il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l’interprete nella lettura e nell’applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara, ovverosia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia.
Il primo, previsto dall’art. 1 del predetto D.lgs. n. 36 del 2023, costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.
Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del D.lgs. n. 36 del 2023, porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.
L’art. 1 del nuovo Codice degli appalti pubblici, in particolare, tratta il principio del risultato, rivolto essenzialmente agli enti committenti (stazioni appaltanti e enti concedenti) e riguarda l’iter complessivo del contratto, cioè sia la fase di affidamento che quella di esecuzione. Nello specifico il principio del risultato è inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, affinché l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
La massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo costituiscono, dunque, le due declinazioni principali del principio in parola, cui sono funzionali gli altri elementi indicati nei successivi commi: la concorrenza tra gli operatori economici, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, e la trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nell’applicazione delle disposizioni del Codice.
A ben vedere, sin qui il principio in parola non sembra aver introdotto novità particolarmente dirompenti: l’esigenza che la gara e la successiva esecuzione del contratto avvengano nel più breve tempo possibile, che la concorrenza abbia come finalità la scelta del miglior contraente e che vada premiata la migliore offerta sia sotto il profilo economico che qualitativo, sono regole e principi già tradizionalmente acquisiti.
Decisamente più innovativo è il comma 4.
Quest’ultimo, da un lato prevede, prevede che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.”, traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare; dall’altro valorizza il raggiungimento del risultato come elemento di valutazione del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, sia ai fini della valutazione delle loro responsabilità – di cui al successivo principio della fiducia – sia ai fini dell’attribuzione degli incentivi previsti dalla contrattazione collettiva. La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica.
Orbene, il chiarimento reso dalla stazione appaltante si è posto pienamente in linea con le innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa in quanto, nel delucidare la “regola del caso concreto”, come richiesto dal richiamato principio, ha optato per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i prodotti, in tal modo assicurandosi il conseguimento del “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche invocata dalla ricorrente.
Conclusivamente, la stazione appaltante, seguendo la regola del “risultato” nei termini sopra declinati, ha optato per un’interpretazione delle disposizioni di gara teleologicamente orientata ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale complessivamente intesa, vale a dire assicurarsi il prodotto farmaceutico, munito delle capacità terapeutiche ritenute imprescindibili, al miglior costo di mercato, obliterando così la portata impeditiva di tale primario scopo (costituente, secondo una terminologia privatistica, la “causa in concreto” perseguita dallo stipulando contratto) delle prescrizioni meramente formali inerenti al dosaggio ed al confezionamento del farmaco, così riconoscendo, al tempo stesso, l’estraneità di queste ultime rispetto al conseguimento del risultato perseguito.
3. Passando agli aspetti sostanziali della vicenda, è opportuno dare sinteticamente conto della nuova disciplina dell’equo compenso (per quanto oggi di interesse).
3.1. Come è noto, la legge n. 49/2023, pubblicata nella G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (entrata in vigore il 20 maggio 2023), ha riscritto le regole in materia di corrispettivo per le prestazioni professionali, garantendo la percezione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, ossia – per quanto qui rileva – conforme ai compensi previsti “per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27” (art. 1, co. 1, lett. b).
Ai sensi dell’art. 2, co. 1, tale disciplina “si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”. Le medesime disposizioni “si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175” (art. 2, co. 3).
Il legislatore ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata (art. 3), introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza, per chiedere la rideterminazione del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dal decreto ministeriale relativo alla specifica attività svolta.
3.2. Orbene, a differenza di quanto affermato – con articolate argomentazioni – dalla parte ricorrente, si deve ritenere che non vi sia contrasto tra le disposizioni appena illustrate e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE) (come viceversa sostenuto dalla società istante, cfr. pagg. 13 e ss. e 25, memoria depositata in data 29 marzo 2024), né “ontologica incompatibilità” tra la stessa legge e la disciplina di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 (cfr. pagg. 8 e ss. e pag. 24, memoria depositata in data 29 marzo 2024).
3.3. Con riferimento all’asserita incompatibilità della disciplina dell’equo compenso con il diritto eurounitario, in giurisprudenza si è già condivisibilmente affermato come la prima “non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea […]. Si tratta […] di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, […] sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. […] il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea” (Tar Veneto, sez. III, 3 aprile 2024, n. 632).
Neppure potrebbe giungersi a conclusioni diverse in forza del richiamo fatto dalla ricorrente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare, alla sentenza 4 luglio 2019, nella causa C-377/17 – pronuncia che non afferma, invero, la sussistenza di preclusioni assolute, riconoscendo, viceversa, in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale ex art. 15, par. 3, della direttiva 2006/123/CE – o alla recente sentenza 25 gennaio 2024, nella causa C-438/22 (pag. 14 memoria di parte ricorrente depositata il 29 marzo 2024), che ha affermato l’obbligo di rifiutare l’applicazione di una normativa che fissi importi minimi degli onorari degli avvocati.
Va, infatti, considerato che nel caso oggetto di quest’ultima pronuncia gli importi erano stati determinati dal Consiglio superiore dell’Ordine forense della Bulgaria“in assenza di qualsiasi controllo da parte delle autorità pubbliche e di disposizioni idonee a garantire che esso si comporti quale emanazione della pubblica autorità”: la Corte ha cioè ritenuto come tale organismo agisse alla stregua di “un’associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101 TFUE” (§ 44, sent. cit.), nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale (realizzando un’ipotesi di “determinazione orizzontale di tariffe minime imposte, vietata dall’art. 101, paragrafo 1, TFUE”), in un contesto, quindi, del tutto diverso da quello oggetto del presente giudizio, in cui rilevano norme di carattere generale (la l. n. 49/2023 e gli inerenti decreti ministeriali) adottate da autorità pubbliche e, per questo, non sussumibili nell’ambito (soggettivo e oggettivo) di applicazione dell’art. 101 TFUE (rivolto a vietare “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”).
3.4. Va altresì escluso l’ipotizzato (dalla ricorrente) “disallineamento” tra la legge n. 49/2023 e il d.lgs. n. 36/2023, alla luce dell’indirizzo secondo cui “un’antinomia può configurarsi ‘in concreto’ allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. […] Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici” (Tar Veneto, n. 632/2024, cit.).3030
3.4.1. In particolare, non merita accoglimento la tesi di parte ricorrente laddove esclude che “la disciplina dettata dalla L. 49/2023 sia idonea a perseguire il proprio obiettivo anche in materia di appalti pubblici”, in quanto nessuna esigenza di protezione vi sarebbe “quando la prestazione avviene istituzionalmente tramite il libero confronto tra gli operatori” alla “presenza di offerte libere e adeguatamente ponderate da parte degli offerenti” e con la garanzia di “adeguati meccanismi atti proprio ad evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse e quindi non sostenibili (anomalia dell’offerta)” (pag. 15, memoria 29 marzo 2024).
Invero, la legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione.
Risulta dunque indimostrato che la legge sull’equo compenso venga a collidere con le disposizioni del codice dei contratti pubblici che assicurano il confronto competitivo tra gli operatori; del resto, analoghe perplessità non nutre il ricorrente in relazione ad altre disposizioni parimenti poste a presidio dell’esatto adempimento, come, appunto, quelle in materia di anomalia (la cui finalità è di “evitare che offerte troppo basse espongano l’amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguente concreta probabilità di far sorgere contestazioni e ricorsi”, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2022, n. 8330).
3.4.2. La prospettata incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e il codice dei contratti pubblici è in ogni caso smentita dal dato testuale.
Da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, dall’altro lato, l’art. 8 del d.lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).
3.4.3. Né può condividersi l’ulteriore argomento basato sull’asserita diversità del tenore letterale dei commi 1 e 3 dell’art. 2 della l. n. 49 del 2023.
In particolare, la società ricorrente valorizza la circostanza che, se, da un lato, il comma 1 del predetto art. 2 ha cura di specificare che l’equo compenso si applica ai rapporti aventi a oggetto la prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., regolamentati da convenzioni aventi a oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali prestate a favore di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie, imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, dall’altro lato, il comma 3 si limita a prevedere “lapidariamente” l’applicabilità della legge alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della Pubblica Amministrazione”.
In sintesi, secondo parte ricorrente, nel “declinare la disciplina dell’equo compenso anche in relazione ai servizi intellettuali forniti alla p.a., significativamente, la norma [farebbe] riferimento ai soli professionisti senza estendere il campo di applicazione anche ai servizi forniti dai medesimi in forma associata o societaria” (pag. 25, memoria 29 marzo 2024). Nei rapporti con la P.A., la legge sull’equo compenso sarebbe cioè applicabile esclusivamente alle prestazioni rese da singoli liberi professionisti, che trovino “fondamento in un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale” (“in cui il singolo professionista assicura lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo”, pag. 17, memoria 29 marzo 2024), con l’esclusione, invece, delle prestazioni rese da società e imprese, laddove vi è “una articolata organizzazione di mezzi e risorse e […] assunzione del relativo rischio imprenditoriale” (pag. 17, memoria 29 marzo 2024, e pag. 30, ricorso). Ciò in quanto soltanto il professionista singolo si troverebbe nella condizione del “contraente debole” da tutelare, mentre nei confronti di chi esercita la professione in forma associata o societaria, vi sarebbe un “certo grado di minore dominanza della posizione degli Enti pubblici” (cfr. pag. 25, memoria 29 marzo 2024).
La prospettazione non è condivisibile.
In primo luogo, la scelta di applicare la disciplina sull’equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della P.A. dal singolo professionista, che non necessiti (o comunque non si avvalga) di un’organizzazione di mezzi e risorse, sarebbe difficilmente giustificabile dal punto di vista logico, considerata l’ontologica corrispondenza tra le prestazioni rese dal singolo e quelle rese nell’ambito di una società/impresa (tanto più che per “servizi di natura intellettuale” oggetto di appalto, come i servizi di ingegneria e architettura, si intendono “quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse”; Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2022, n. 1234).
Inoltre, considerato che, da un lato, l’ordinamento lascia libero il professionista di scegliere di svolgere la propria attività come singolo o in forma associata e che, dall’altro, lo stesso art. 66 del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che “[s]ono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nel rispetto del principio di non discriminazione fra i diversi soggetti sulla base della forma giuridica assunta: a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura: i professionisti singoli, associati, le società tra professionisti di cui alla lettera b), le società di ingegneria di cui alla lettera c), i consorzi, i GEIE, i raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti (…)”, imporre il rispetto della norma sull’equo compenso soltanto per le prestazioni rese dal professionista che operi (e partecipi a una procedura a evidenza pubblica) uti singuli avrebbe l’effetto di concretizzare una inammissibile disparità di trattamento tra quest’ultimo e i professionisti che, viceversa, operino (e concorrano) nell’ambito di società, associazioni o imprese, i quali ultimi potrebbero in ipotesi trarre vantaggio dalla mancata applicazione della normativa in materia di equo compenso e quindi praticare ribassi sui compensi (con la presentazione di offerte verosimilmente più “appetibili”).
3.4.4. Né può ravvisarsi un’incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e l’art. 108, co. 2, del codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone l’applicazione del “criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” ai “contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro”. E invero, la legge n. 49/2023 non preclude l’applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori” (peraltro, anche la delibera ANAC n. 101 del 28 febbraio 2024 non esclude la legittimità delle tre ipotesi contemplate nel bando-tipo n. 2/2023: a) procedura di gara a prezzo fisso in virtù dell’applicazione della l. n. 49/2023 a tutte le voci del corrispettivo posto a base di gara; b) procedura di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’OEPV, con ribasso limitato alle sole spese generali; c) inapplicabilità della disciplina sull’equo compenso, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara).
3.4.5. Infine, non si può ritenere che l’art. 41, comma 15, e l’all. I.13 al d.lgs. n. 36/2023 individuino nelle tariffe professionali i criteri per la determinazione del (solo) importo da porre a base di gara, non precludendo affatto l’applicabilità di un ribasso alla base d’asta così composta (cfr. pag. 23, memoria parte ricorrente 29 marzo 2024).
Delle disposizioni da ultimo menzionate va, infatti, offerta un’interpretazione coerente con il richiamato art. 8 dello stesso d.lgs. n. 36/2023, ai sensi del quale, come detto, le pubbliche amministrazioni debbono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.
Convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 2 marzo 2024 n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR 4). Entrata in vigore del provvedimento: 1 maggio 2024 Testo coordinato pubblicato in Gazzetta Ufficiale Di seguito le nuove disposizioni in materia di contratti pubblici.
Art. 12
Ulteriori misure di semplificazione in materia di affidamento ((dei contratti pubblici relativi a interventi previsti dal PNRR o non
piu' finanziati con risorse del medesimo)) e in materia di procedimenti amministrativi
1. Al fine di assicurare l'attuazione degli interventi,
caratterizzati da un maggiore livello di avanzamento, non piu'
finanziati in tutto o in parte a valere sulle risorse del PNRR, in
applicazione della decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre
2023, alle relative procedure di affidamento ed ai contratti i cui
bandi o avvisi risultino gia' pubblicati alla data di entrata in
vigore del presente decreto, nonche', laddove non sia prevista la
pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure ed ai contratti in
cui, alla suddetta data, siano gia' stati inviati gli inviti a
presentare le offerte, continuano ad applicarsi le disposizioni di
cui al decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, al decreto-legge
24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge
21 aprile 2023, n. 41, nonche' le specifiche disposizioni legislative
finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli
obiettivi stabiliti dal PNRR, senza nuovi o maggiori oneri per la
finanza pubblica e nel rispetto, per quanto riguarda le norme in
materia di personale, dei relativi limiti temporali. Le disposizioni
di cui al primo periodo si applicano alle procedure di affidamento di
lavori ovvero di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione
dei lavori e ai relativi contratti ((nonche' alle procedure di
affidamento di servizi e forniture)).
2. In relazione agli interventi di cui all'Allegato IV al
decreto-legge n. 77 del 2021, non piu' finanziati in tutto o in parte
a valere sulle risorse del PNRR in applicazione della decisione del
Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, le disposizioni di cui al
medesimo decreto-legge n. 77 del 2021 e al decreto-legge n. 13 del
2023, nonche' le specifiche disposizioni legislative finalizzate a
semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti
dal PNRR, continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso, senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto, per
quanto riguarda le norme in materia di personale, dei relativi limiti
temporali. A tal fine, per procedimenti in corso si intendono le
procedure per le quali e' stato formalizzato l'incarico di
progettazione alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Nel limite delle risorse stanziate a legislazione vigente e
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche
in relazione agli interventi non piu' finanziati in tutto o in parte
a valere sulle risorse del PNRR in applicazione della decisione del
Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, continuano ad applicarsi le
disposizioni relative al rafforzamento e al supporto della capacita'
amministrativa, al reclutamento di personale e al conferimento di
incarichi, nonche' alle semplificazioni dei procedimenti
amministrativi e contabili, contenute nel decreto-legge 31 maggio
2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio
2021, n. 108, nel decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, nel decreto-legge 6
novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29
dicembre 2021, n. 233, nel decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41,
nonche' le ulteriori specifiche disposizioni legislative finalizzate
ad agevolare il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal PNRR, nel
rispetto, per quanto riguarda le norme in materia di personale, dei
relativi limiti temporali.
4. Per gli adempimenti di monitoraggio, rendicontazione e controllo
degli interventi di cui ai commi 1, 2 e 3, le amministrazioni
titolari ed i soggetti attuatori utilizzano le funzionalita' del
sistema informatico di cui all'articolo 1, comma 1043, della legge 30
dicembre 2020, n. 178. Per gli interventi interamente definanziati
dal PNRR, le amministrazioni titolari definiscono, laddove possibile,
procedure semplificate di rendicontazione e controllo, fermo restando
l'utilizzo del sistema informatico di cui al primo periodo.
5. Per gli interventi non piu' finanziati a valere sulle risorse
del PNRR in applicazione della decisione del Consiglio Ecofin dell'8
dicembre 2023 e del PNC, restano confermate le assegnazioni ((per
l'incremento dei prezzi)) dei materiali a valere sul «Fondo per
l'avvio di opere indifferibili» di cui all'articolo 26, comma 7,
primo periodo, del decreto-legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, purche' detti
interventi siano integralmente finanziati a valere su risorse a
carico delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma
2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sulla base delle
indicazioni fornite da parte delle amministrazioni titolari dei
medesimi interventi con le modalita' e nei termini stabiliti dal
Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato, e siano aggiornati i cronoprogrammi
prevedendo l'ultimazione dell'intervento in coerenza con
l'articolazione temporale degli stanziamenti di bilancio. Alla
ricognizione degli interventi di cui al presente comma ed
all'aggiornamento dei cronoprogrammi si provvede con le procedure
previste dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 26,
comma 7-bis, del citato decreto-legge n. 50 del 2022 e dell'articolo
1, comma 377, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
6. All'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 16 luglio 2020, n.
76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n.
120, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'alinea, le parole: «Fino al 30 giugno 2024» sono
sostituite dalle seguenti: «Fino al 31 dicembre 2024»;
b) alla lettera b), le parole: «entro trenta giorni» sono
sostituite dalle seguenti: «entro quindici giorni»;
((b-bis) dopo la lettera b) e' aggiunta la seguente:
«b-bis) in caso di dissenso o non completo assenso, le
amministrazioni coinvolte indicano le prescrizioni e le misure
mitigatrici che rendano possibile l'assenso, quantificando altresi' i
relativi costi. Tali prescrizioni sono determinate conformemente ai
principi di proporzionalita', efficacia e sostenibilita' finanziaria
dell'intervento risultante dal progetto originariamente presentato.
Le disposizioni di cui alla presente lettera si applicano, senza
deroghe, a tutte le amministrazioni comunque partecipanti alla
conferenza di servizi, comprese quelle competenti in materia
urbanistica, paesaggistica, archeologica e di tutela del patrimonio
culturale».))
7. Le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 76
del 2020, come modificate dal comma 6, si applicano, se piu'
favorevoli, anche alle conferenze di servizi decisorie ((da espletare
secondo)) le modalita' di cui all'articolo 14-bis della legge 7
agosto 1990, n. 241, previste dal decreto-legge 31 maggio 2021, n.
77, convertito, con modificazioni, dalla ((legge 29 luglio 2021, n.
108)), dal decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, nonche' dalle
specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e
agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti ((dal PNRR e))
dal PNC.
8. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 17 della legge 12
marzo 1999, n. 68, e dall'articolo 46 del decreto legislativo 11
aprile 2006, n. 198, con riguardo agli investimenti ovvero agli
interventi avviati a far data dal 1° febbraio 2020 ed ammessi a
finanziamento, in tutto o in parte, a valere sulle risorse del PNRR,
le disposizioni di cui agli articoli 47 e 50, comma 4, del
decreto-legge n. 77 del 2021 si applicano, con riferimento alle
procedure afferenti ai settori speciali di cui al capo I del titolo
VI della parte II del ((codice dei contratti pubblici, di cui al))
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ovvero al libro III del
codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo
2023, n. 36, esclusivamente a quelle avviate successivamente alla
data di comunicazione della concessione del finanziamento. Qualora
gli investimenti o gli interventi di cui al primo periodo abbiano
gia' beneficiato di contributi o di finanziamenti diversi dal PNRR,
fermo restando quanto previsto dall'articolo 17 della legge 12 marzo
1999, n. 68, e dall'articolo 46 del ((codice delle pari opportunita'
tra uomo e donna, di cui al)) decreto legislativo 11 aprile 2006, n.
198, le disposizioni di cui al primo periodo si applicano alle sole
procedure avviate successivamente alla data di comunicazione della
concessione del finanziamento a valere, in tutto o in parte, sulle
risorse del PNRR.
9. Al fine di consentire la tempestiva realizzazione degli
interventi indicati nel PNRR, entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 4, lettera l), del
decreto-legge n. 77 ((del 2021 adottano)) i provvedimenti necessari
all'attuazione degli interventi previsti dal PNRR, come modificato a
seguito della decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023.
Qualora, al fine di recepire le modifiche contenute nella decisione
del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, si renda necessario
procedere all'aggiornamento di provvedimenti gia' adottati,
relativamente agli importi stanziati, ai cronoprogrammi e alla
tipologia di interventi, le amministrazioni di cui al primo periodo
procedono all'aggiornamento mediante propri provvedimenti, adottati
in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le modalita' di
adozione dei provvedimenti da aggiornare, ((ferme restando))
l'acquisizione dei pareri o delle intese di cui agli articoli 2, 3 e
9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e la loro
sottoposizione agli organi di controllo, ove previsti. I
provvedimenti adottati ai sensi del secondo periodo sono comunicati,
senza ritardo, alla Struttura di missione PNRR di cui all'articolo 2
del decreto-legge n. 13 del 2023 e alla Ragioneria generale dello
Stato - Ispettorato Generale per il PNRR di cui all'articolo 6, comma
2, del decreto-legge n. 77 del 2021.
10. All'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 19 settembre 2023,
n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023,
n. 162, le parole: «31 dicembre 2023» sono sostituite dalle seguenti:
«31 dicembre 2024».
11. All'articolo 1, comma 65, della legge 27 dicembre 2017, n. 205,
al primo periodo, dopo le parole: «dalla legge 3 agosto 2017, n. 123»
sono aggiunte, in fine, le seguenti: «, nella formulazione vigente
alla data di entrata in vigore della legge 29 giugno 2022, n. 79».
12. Al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222, sono apportate
le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 4 e' inserito il seguente:
«Art. 4-bis (Semplificazione di regimi amministrativi in
materia di impresa artigiana). - 1. L'avvio, la variazione, la
sospensione, il subingresso e la cessazione delle attivita' di
impresa artigiana di cui ((alle tabelle B.I e B.II allegate al
presente decreto)) non sono soggette a titoli abilitativi,
segnalazione o comunicazione. Restano fermi i regimi amministrativi
previsti dalla normativa di settore per l'esercizio delle attivita',
nonche' gli adempimenti previsti dalla legge 8 agosto 1985, n. 443, e
quelli previsti dalla normativa dell'Unione europea.
2. Ai fini e agli effetti del presente decreto, per impresa
artigiana si intende l'impresa di cui all'articolo 3 della legge n.
443 del 1985.
3. ((Le pubbliche amministrazioni)), nell'ambito delle rispettive
competenze, possono ricondurre le attivita' non espressamente
elencate nelle tabelle B.I e B.II, anche in ragione delle loro
specificita' territoriali, a quelle corrispondenti, ((con
provvedimenti pubblicati nei propri siti internet istituzionali))»;
b) all'articolo 6:
1) al comma 2, dopo le parole: «si adeguano alle disposizioni»
sono inserite le seguenti: «di cui agli articoli da 1 a 4»;
2) dopo il comma 2, e' aggiunto, in fine, il seguente:
«2-bis. Le regioni e gli enti locali si adeguano alle
disposizioni di cui all'articolo 4-bis del presente decreto entro il
31 dicembre 2024, nel rispetto delle proprie competenze in materia.».
c) nell'allegato, sono aggiunte, in fine, le tabelle B.I e B.II
di cui all'allegato 2 ((annesso al presente decreto.))
13. Le disposizioni di cui al comma 12 e quelle dei provvedimenti
emanati in attuazione dello stesso si applicano nelle regioni a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano nel
rispetto dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione
anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3.
14. All'articolo 25, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Se
l'istanza di cui al secondo periodo e' presentata almeno centoventi
giorni prima della scadenza del termine di efficacia definito nel
provvedimento di VIA, il medesimo provvedimento continua a essere
efficace sino all'adozione, da parte dell'autorita' competente, delle
determinazioni relative alla concessione della proroga. Entro
quindici giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al secondo
periodo, l'autorita' competente verifica la completezza della
documentazione. Qualora la documentazione risulti incompleta,
l'autorita' competente richiede al soggetto istante la documentazione
integrativa, assegnando per la presentazione un termine perentorio
non superiore a trenta giorni. Qualora entro il termine assegnato
l'istante non depositi la documentazione integrativa ovvero,
all'esito di una nuova verifica, da effettuarsi da parte
dell'autorita' competente nel termine di quindici giorni dalla
presentazione delle integrazioni richieste, la documentazione risulti
ancora incompleta, l'istanza si intende ritirata ((e l'autorita'
competente procede all'archiviazione.))».
((14-bis. All'articolo 1-sexies del decreto-legge 29 agosto 2003,
n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003,
n. 290, dopo il comma 4-bis.1 e' inserito il seguente:
«4-bis.2. L'autorizzazione di cui al comma 1 ha l'efficacia
temporale, comunque non inferiore a cinque anni, definita nel
provvedimento autorizzatorio stesso tenendo conto dei tempi previsti
per la realizzazione del progetto. Decorso il termine di efficacia
temporale indicato nel provvedimento autorizzatorio senza che il
progetto sia stato realizzato, il procedimento di autorizzazione deve
essere reiterato, fatta salva la concessione, su istanza del
proponente, di specifica proroga da parte dell'autorita' competente.
Tranne il caso di mutamento del contesto di riferimento, il
provvedimento con cui e' disposta la proroga ai sensi del secondo
periodo non reca prescrizioni diverse e ulteriori rispetto a quelle
gia' previste nel provvedimento autorizzatorio originario. Se
l'istanza di cui al secondo periodo e' presentata almeno novanta
giorni prima della scadenza del termine di efficacia temporale
definito nel provvedimento di autorizzazione, il medesimo
provvedimento, anche comprensivo della dichiarazione di pubblica
utilita' e dell'eventuale apposizione del vincolo preordinato
all'esproprio dei beni in essa compresi, continua a essere efficace
sino all'adozione, da parte dell'autorita' competente, delle
determinazioni relative alla concessione della proroga».
14-ter. All'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152, il secondo periodo e' sostituito dai seguenti: «Per
tali attivita', l'autorita' competente puo' avvalersi dell'ISPRA, nel
limite di spesa di 3 milioni di euro annui, cui si provvede con i
proventi delle tariffe di cui all'articolo 33, comma 1. Con il
decreto di cui all'articolo 8, comma 5, sono determinate le risorse
da riassegnare annualmente all'ISPRA per le attivita' di monitoraggio
svolte ai sensi del precedente periodo. L'autorita' competente puo'
altresi' avvalersi degli altri enti del Sistema nazionale a rete per
la protezione dell'ambiente, di cui alla legge 28 giugno 2016, n.
132, dell'Istituto superiore di sanita', per i profili concernenti la
sanita' pubblica, ovvero di altri soggetti pubblici, i quali
informano tempestivamente la stessa autorita' competente degli esiti
della verifica».))
15. ((Fuori dei casi)) previsti dagli articoli 12 e 13 del
decreto-legge n. 77 del 2021 e qualora sia strettamente necessario al
fine di assicurare il rispetto da parte delle citta' metropolitane,
delle province e dei comuni degli obblighi e impegni finalizzati
all'attuazione del PNRR ((e del PNC)) e assunti in qualita' di
soggetti attuatori, con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, adottato su proposta del Ministro per gli affari europei,
il Sud, le politiche di coesione e il PNRR ovvero del Ministro
competente in relazione all'intervento da realizzare, possono essere
((attribuiti)) ai sindaci, ai presidenti delle province e ai sindaci
metropolitani i poteri previsti dall'articolo 7-ter del decreto-legge
8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
giugno 2020, n. 41. In caso di adozione del decreto di cui al primo
periodo, si applicano, ai fini della realizzazione dell'intervento,
le disposizioni di cui al citato articolo 7-ter del decreto-legge n.
22 del 2020, nonche' quelle di cui all'articolo 24, commi 3 e 4, del
decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni,
dalla legge 21 aprile 2023, n. 41.
16. Al fine di assicurare un ordinato trasferimento alla Struttura
di missione ZES di cui all'articolo 10, comma 2, del decreto-legge 19
settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13
novembre 2023, n. 162, delle funzioni di titolarita' dei Commissari
straordinari di cui all'articolo 4, comma 6-bis, del decreto-legge 20
giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2017, n. 123, nonche' per consentire la verifica da parte
della Struttura di missione dei procedimenti amministrativi,
instaurati ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge n. 91 del
2017 ovvero degli articoli 14 e 15 del decreto-legge n. 124 del 2023
e non definiti dai citati Commissari, i termini di conclusione dei
predetti procedimenti amministrativi sono sospesi fino al 31 marzo
2024.
((16-bis. Al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi
previsti relativamente alla Missione 2, Componente 2, Investimento
4.3 «Sviluppo infrastrutture di ricarica elettrica», del PNRR, come
modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023,
per i soli progetti ammessi al finanziamento con le risorse del
medesimo Piano, nei casi in cui non sussistano vincoli ambientali,
paesaggistici, culturali o imposti dalla normativa dell'Unione
europea, l'istanza per l'occupazione del suolo pubblico e per la
realizzazione dell'infrastruttura di ricarica e delle relative opere
di connessione alla rete di distribuzione sul suolo pubblico si
intende accolta qualora, entro trenta giorni dalla data di
presentazione dell'istanza medesima, non sia stato comunicato un
provvedimento di diniego da parte dell'ente proprietario della
strada. Resta salva la facolta' dell'ente proprietario della strada
di imporre prescrizioni successivamente alla scadenza del termine
previsto dal primo periodo nonche' di assumere determinazioni in via
di autotutela nei casi di cui all'articolo 21-octies della legge 7
agosto 1990, n. 241. Per i procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore della presente disposizione, il soggetto richiedente ha
facolta' di comunicare all'amministrazione procedente, entro dieci
giorni dalla medesima data di entrata in vigore, la volonta' di
avvalersi della disciplina stabilita dal presente comma.
16-ter. All'articolo 9 del decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 febbraio 2024, n. 11,
dopo il comma 9-quater e' inserito il seguente:
«9-quater. 1. Fino al 31 dicembre 2026, il gestore della rete
elettrica di trasmissione nazionale realizza le opere necessarie per
la connessione di cabine primarie, per le quali e' stata concessa
l'autorizzazione ai gestori della rete elettrica di distribuzione e
che sono state ammesse a finanziamento, in tutto o in parte, a valere
sulle risorse di cui alla Missione 2, Componente 2, Investimento 2.1
"Rafforzamento Smart Grid", del PNRR, mediante denuncia di inizio
attivita' ai sensi dell'articolo 1-sexies, commi 4-sexies e seguenti,
del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, a condizione che
tali opere di connessione abbiano una tensione nominale non superiore
a 220 kW e una lunghezza non superiore a un chilometro oppure,
qualora non siano interessate aree sottoposte a vincoli di natura
ambientale, paesaggistica o archeologica, una lunghezza non superiore
a tre chilometri».
16-quater. In via transitoria, fino al 31 dicembre 2025, l'Agenzia
per l'Italia digitale e' autorizzata a rilasciare la certificazione
delle piattaforme di approvvigionamento digitale di cui all'articolo
26 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo
31 marzo 2023, n. 36, sulla base delle dichiarazioni presentate dai
soggetti gestori delle piattaforme ai sensi del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, attestanti la conformita' delle medesime
piattaforme ai requisiti di cui all'articolo 22, comma 2, del citato
codice di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023.))
((Art. 12 - bis
Modalita' semplificate per la verifica preventiva dell'interesse archeologico per le infrastrutture di rete rientranti nei progetti finanziati dal PNRR
1. L'articolo 28, comma 4, del codice dei beni culturali e del
paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e
l'articolo 41, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui aldecreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, non si applicano:
a) agli interventi qualificabili come interventi di lieve entita'
sulla base dei criteri di cui al comma 3, lettera a), del presente
articolo, se finalizzati alla realizzazione di infrastrutture di rete
rientranti nei progetti finanziati dal PNRR, fatto salvo quanto
previsto al comma 6;
b) agli interventi realizzati in aree gia' occupate da strade,
opere o altri impianti di rete, a condizione che non comportino uno
scavo che ecceda la quota di profondita' gia' impegnata dagli
impianti o dalle opere presenti, nel rispetto delle disposizioni del
codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285, nonche' agli interventi urgenti necessari al ripristino
dell'erogazione del servizio pubblico.
2. In deroga al citato articolo 41, comma 4, del codice di cui al
decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, per gli interventi sulle
infrastrutture di rete qualificabili come interventi di media entita'
sulla base dei criteri di cui al comma 3, lettera b), del presente
articolo si applicano le seguenti modalita' semplificate:
a) il soggetto richiedente trasmette in via telematica al
soprintendente territorialmente competente esclusivamente una copia
del progetto dell'intervento o di uno stralcio di esso;
b) il soprintendente territorialmente competente, nel termine
perentorio di trenta giorni dal ricevimento della documentazione di
cui alla lettera a) del presente comma, puo', con congrua
motivazione, richiedere la sottoposizione dell'intervento alla
verifica preventiva dell'interesse archeologico di cui al citato
articolo 41, comma 4, del codice di cui al decreto legislativo 31
marzo 2023, n. 36.
3. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei commi 1,
lettera a), e 2:
a) per «interventi di lieve entita'» si intendono quelli che
comportano uno scavo inferiore a 500 metri di lunghezza con una
larghezza non superiore a 50 centimetri e una profondita' non
superiore a 1,20 metri ovvero la posa di manufatti prefabbricati
connessi alla rete che comportano uno scavo avente una profondita'
massima di 60 centimetri;
b) per «interventi di media entita'» si intendono quelli che
comportano uno scavo compreso tra 500 e 1.000 metri di lunghezza con
una larghezza non superiore a 50 centimetri e una profondita' non
superiore a 1,20 metri ovvero l'infissione di sostegni nel numero
massimo di cinque unita' e che comportano uno scavo massimo di 1,5
metri.
4. Fuori dei casi di cui ai commi 1 e 2, per le infrastrutture di
rete, in alternativa alle procedure di cui al citato articolo 41,
comma 4, del codice di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n.
36, e' sempre prevista la facolta' di richiedere al soprintendente
territorialmente competente la sorveglianza archeologica in corso
d'opera.
5. Resta fermo che, per gli interventi che non comportino nuove
edificazioni o scavi a quote diverse da quelle gia' utilizzate da
manufatti esistenti, non e' richiesta la trasmissione di alcuna
documentazione ai fini della verifica di assoggettabilita' alla
procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico.
6. La sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1, 2, 3 e 5 e'
attestata da un tecnico abilitato, anche interno al soggetto
richiedente, nel progetto o nello stralcio dello stesso, che e'
trasmesso per via telematica alla soprintendenza territorialmente
competente prima dell'avvio dei lavori.
7. Resta ferma la disciplina relativa alle scoperte fortuite e agli
interventi conseguenti in ordine alla tutela del patrimonio
archeologico di cui, rispettivamente, agli articoli 90 e 28, comma 2,
del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.))
Art. 29
Disposizioni in materia di prevenzione
e contrasto del lavoro irregolare
1. All'articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n.
296, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «fermi restando gli altri obblighi di legge ed il
rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonche'» sono
sostituite dalle seguenti: «all'assenza di violazioni nelle predette
materie, ivi comprese le violazioni in materia di tutela delle
condizioni di lavoro nonche' di salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il
rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonche'»;
b) dopo il comma 1175 e' inserito il seguente:
«1175-bis. Resta fermo il diritto ai benefici di cui al comma
1175 in caso di successiva regolarizzazione degli obblighi
contributivi ed assicurativi, secondo quanto previsto dalla normativa
vigente, nonche' delle violazioni accertate di cui al medesimo comma
1175, entro i termini indicati dagli organi di vigilanza sulla base
delle specifiche disposizioni di legge. In relazione alle violazioni
amministrative che non possono essere oggetto di regolarizzazione, il
recupero dei benefici erogati non puo' essere superiore al doppio
dell'importo sanzionatorio oggetto di verbalizzazione.».
2. All'articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, sono apportate le seguenti modificazioni:
((a) dopo il comma 1 e' inserito il seguente:
1-bis. Al personale impiegato nell'appalto di opere o servizi e nel
subappalto spetta un trattamento economico e normativo
complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto
collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la
zona strettamente connessi con l'attivita' oggetto dell'appalto e del
subappalto»));
b) al comma 2, dopo il secondo periodo, e' aggiunto, in fine, il
seguente: «Il presente comma si applica anche nelle ipotesi
dell'utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di
lavoro nei casi di cui all'articolo 18, comma 2, nonche' ai casi di
appalto e di distacco di cui all'articolo 18, comma 5-bis.».
3. All'articolo 1, comma 445, della legge 30 dicembre 2018, n. 145,
alla lettera d), ((il numero 1) e')) sostituito dal seguente:
«1) del 30 per cento per quanto riguarda gli importi dovuti per
la violazione di cui all'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio
2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile
2002, n. 73 e del 20 per cento per quanto riguarda gli importi dovuti
per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 18 del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, all'articolo 12 del
decreto legislativo 17 luglio 2016, n. 136, e all'articolo 18-bis,
commi 3 e 4, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66;».
4. ((All'articolo 18 del)) decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276((,)) sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) il primo periodo e' sostituito dal seguente: «L'esercizio
non autorizzato delle attivita' di cui all'articolo 4, comma 1,
lettere a) e b), e' punito con la pena dell'arresto fino a un mese o
dell'ammenda di euro 60 per ogni lavoratore occupato e per ogni
giornata di lavoro.»;
2) il quarto periodo e' sostituito dal seguente: «Se non vi e'
scopo di lucro, la pena e' dell'arresto fino a due mesi o
dell'ammenda da euro 600 a euro 3.000.»;
3) il sesto periodo e' sostituito dal seguente: «L'esercizio
non autorizzato delle attivita' di cui all'articolo 4, comma 1,
lettere d) ed e), e' punito con la pena dell'arresto fino a tre mesi
o dell'ammenda da euro 900 ad euro 4.500»;
4) il settimo periodo e' sostituito dal seguente: «Se non vi e'
scopo di lucro, la pena e' dell'arresto fino a quarantacinque giorni
o dell'ammenda da euro 300 a euro 1.500.»;
b) al comma 2, il primo periodo e' sostituito dal seguente: «Nei
confronti dell'utilizzatore che ricorra alla somministrazione di
prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi da quelli di cui
all'articolo 4, comma 1, lettera a), ovvero da parte di soggetti
diversi da quelli di cui all'articolo 4, comma 1, lettera b), o
comunque al di fuori dei limiti ivi previsti, si applica la pena
dell'arresto fino a un mese o dell'ammenda di euro 60 per ogni
lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.»;
c) al comma 5-bis, il primo periodo e' sostituito dal seguente:
«Nei casi di appalto privo dei requisiti di cui all'articolo 29,
comma 1, e di distacco privo dei requisiti di cui all'articolo 30,
comma 1, l'utilizzatore e il somministratore sono puniti con la pena
dell'arresto fino a un mese o dell'ammenda di euro 60 per ogni
lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.»;
d) ((dopo il comma 5-bis sono)) inseriti i seguenti:
((«5-ter.)) Quando la somministrazione di lavoro e' posta in
essere con la specifica finalita' di eludere norme inderogabili di
legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il
somministratore e l'utilizzatore sono puniti con la pena dell'arresto
fino a tre mesi o dell'ammenda di euro 100 per ciascun lavoratore
coinvolto e per ciascun giorno di ((somministrazione)).
((5-quater.)) Gli importi delle sanzioni previste dal presente
articolo sono aumentati del venti per cento ove, nei tre anni
precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni
penali per i medesimi ((illeciti)).
((5-quinquies. L'importo delle pene pecuniarie proporzionali
previste dal presente articolo, anche senza la determinazione dei
limiti minimi o massimi, non puo', in ogni caso, essere inferiore a
euro 5.000 ne' superiore a euro 50.000.))((5-sexies.)) Il venti per cento dell'importo delle somme
versate in sede amministrativa, ai sensi dell'articolo 15 del decreto
legislativo 23 aprile 2004, n. 124 e dell'articolo 21, comma 2, primo
periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, per
l'estinzione degli illeciti di cui al presente articolo, sono
destinate alle finalita' di cui all'articolo 1, comma 445, lettera
e), secondo periodo, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, secondo le
modalita' ivi previste, fermi restando i limiti di cui alla lettera
g) del medesimo ((comma 445».))
5. L'articolo 38-bis del decreto legislativo 15 giugno 2015, ((n.
81, e')) abrogato.
6. All'articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n. 197, il comma
354 e' sostituito dal seguente:
«354. In caso di superamento del limite di durata previsto dal
comma 344, il rapporto di lavoro di cui ai commi da 343 al presente
comma, oggetto della comunicazione di cui al comma 346, si trasforma
in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In caso di utilizzo di
soggetti diversi da quelli di cui al comma 344, si applica la
sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 500
euro a 2.500 euro per ciascun lavoratore al quale si riferisce la
violazione, salvo che la violazione del comma 344 da parte
dell'impresa agricola non derivi dalle informazioni incomplete o non
veritiere contenute nell'autocertificazione resa dal lavoratore ai
sensi del comma 345. Non si applica la procedura di diffida di cui
all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.».
7. All'esito di accertamenti ispettivi in materia di lavoro e di
legislazione sociale, ivi compresa la tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro, in caso non emergano violazioni o
irregolarita', l'Ispettorato nazionale del lavoro rilascia un
attestato e iscrive, previo assenso, il datore di lavoro in un
apposito elenco informatico consultabile pubblicamente, tramite il
((sito internet istituzionale)) del medesimo Ispettorato, e
denominato «Lista di conformita' INL». L'iscrizione nell'elenco
informatico di cui al primo periodo e' effettuata nel rispetto delle
disposizioni di cui al regolamento (UE) 2016/679 ((del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016,)) e produce
esclusivamente gli effetti di cui al comma 8.
8. I datori di lavoro, cui e' stato rilasciato l'attestato di cui
al comma 7, non sono sottoposti, per un periodo di dodici mesi dalla
data di iscrizione ((nella Lista di conformita' INL)), ad ulteriori
verifiche da parte dell'Ispettorato nazionale del lavoro nelle
materie oggetto degli accertamenti, fatte salve le verifiche in
materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, le eventuali
richieste di intervento, nonche' le attivita' di indagine disposte
dalla Procura della Repubblica.
9. In caso di violazioni o irregolarita' accertate attraverso
elementi di prova successivamente acquisti dagli organi di vigilanza,
l'Ispettorato nazionale del lavoro provvede alla cancellazione del
datore di lavoro dalla Lista di conformita' INL.
10. Nell'ambito degli appalti pubblici e privati di realizzazione
dei lavori edili, prima di procedere al saldo finale dei lavori, il
responsabile del progetto, negli appalti pubblici, e il committente,
negli appalti privati, verificano la congruita' dell'incidenza della
manodopera sull'opera complessiva, nei casi e secondo le modalita' di
cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
previsto dall'articolo 8, comma 10-bis, del decreto-legge 16 luglio
2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre
2020, n. 120.
11. Negli appalti pubblici di valore complessivo pari o superiore a
150.000 euro, fermi restando i profili di responsabilita'
amministrativo-contabile, l'avvenuto versamento del saldo finale da
parte del responsabile del progetto in assenza di esito positivo
della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da parte
dell'impresa affidataria dei lavori, e' considerato dalla stazione
appaltante ai fini della valutazione della performance dello stesso.
L'esito dell'accertamento della violazione di cui al primo periodo e'
comunicato all'Autorita' Nazionale Anticorruzione (ANAC), anche ai
fini dell'esercizio dei poteri ad essa attribuiti ai sensi
dell'articolo 222, comma 3, lettera b), del codice dei contratti
pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36.
12. Negli appalti privati di valore complessivo pari o superiore a
500.000 euro, il versamento del saldo finale, in assenza di esito
positivo della verifica o di previa regolarizzazione della posizione
da parte dell'impresa affidataria dei lavori, comporta la sanzione
amministrativa da euro 1.000 ad euro 5.000 a carico del committente.
13. All'accertamento della violazione di cui ai commi 11 e 12,
nonche', nel caso di appalti privati, all'irrogazione delle relative
sanzioni provvedono gli organi di vigilanza in materia di lavoro e di
legislazione sociale, ferme restando le rispettive competenze
previste a legislazione vigente, anche sulla base di segnalazioni di
enti pubblici e privati.
14. All'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 13, si
provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali
disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.
15. Al fine di promuovere il miglioramento, anche in via
progressiva, del livello qualitativo e quantitativo delle prestazioni
di lavoro, di cura e di assistenza in favore delle persone anziane
non autosufficienti ((e di favorire)) la regolarizzazione del lavoro
di cura prestato al domicilio della persona non autosufficiente, a
decorrere dalla data che sara' comunicata dall'INPS a conclusione
delle procedure di ammissione a finanziamento sul Programma Nazionale
Giovani, Donne e Lavoro 2021-2027 previste dal comma 18 e fino al 31
dicembre 2025, in caso di assunzioni o trasformazioni a tempo
indeterminato di contratti di lavoro domestico con mansioni di
assistente a soggetti anziani, con una eta' anagrafica di almeno
ottanta anni, gia' titolari dell'indennita' di accompagnamento, di
cui all'articolo 1, primo comma, della legge 11 febbraio 1980, n. 18,
e' riconosciuto per un periodo massimo di ventiquattro mesi un
esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi
previdenziali ed assicurativi a carico del datore di lavoro
domestico, nel limite massimo di importo di 3.000 euro su base annua,
riparametrato e applicato su base trimestrale, ferma restando
l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
16. Il datore di lavoro destinatario della prestazione di cui al
comma 15 deve possedere un valore dell'indicatore della situazione
economica equivalente (ISEE) per le prestazioni agevolate di natura
sociosanitaria, ai sensi dell'articolo 6 del ((regolamento di cui
al)) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre
2013, n. 159, in corso di validita', non superiore a euro 6.000.
17. Il beneficio non spetta nel caso in cui tra il medesimo
lavoratore e il medesimo datore di lavoro o persona del suo nucleo
familiare sia cessato un rapporto di lavoro domestico con mansioni di
assistente a soggetti anziani da meno di sei mesi, nonche' in caso di
assunzione di parenti o affini, salvo che il rapporto abbia ad
oggetto lo svolgimento delle mansioni di cui ((all'articolo 1, terzo
comma, numeri da 1) a 5))), del decreto del Presidente della
Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403.
18. L'esonero contributivo di cui ai commi da 15 a 17 e'
riconosciuto nel limite massimo di spesa di 10 milioni di euro per
l'anno 2024, 39,9 milioni di euro per l'anno 2025, 58,8 milioni di
euro per l'anno 2026, 27,9 milioni di euro per l'anno 2027 e di 0,6
milioni di euro per l'anno 2028 , a valere sul programma nazionale
Giovani, donne e lavoro 2021-2027, subordinatamente alla modifica del
Programma ed all'ammissione della misura al finanziamento, nel
rispetto delle procedure, dei vincoli territoriali e dei criteri di
ammissibilita' allo stesso applicabili. L'INPS provvede al
monitoraggio delle minori entrate contributive derivanti dai commi da
15 a 17 e qualora, anche in via prospettica, emerga il raggiungimento
del limite di spesa indicato al primo periodo il medesimo Istituto
non prende in considerazione ulteriori domande per l'accesso ai
benefici contributivi di cui ai predetti commi.
19. Al fine di rafforzare l'attivita' di contrasto al lavoro
sommerso e di vigilanza in materia di salute e sicurezza sui luoghi
((di lavoro,)) al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, sono
apportate le seguenti modificazioni:
((a) l'articolo 27 e' sostituito dal seguente:
«Art. 27 (Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori
autonomi tramite crediti). - 1. A decorrere dal 1° ottobre 2024, sono
tenuti al possesso della patente di cui al presente articolo le
imprese e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o
mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera a), ad esclusione di
coloro che effettuano mere forniture o prestazioni di natura
intellettuale. Per le imprese e i lavoratori autonomi stabiliti in
uno Stato membro dell'Unione europea diverso dall'Italia o in uno
Stato non appartenente all'Unione europea e' sufficiente il possesso
di un documento equivalente rilasciato dalla competente autorita' del
Paese d'origine e, nel caso di Stato non appartenente all'Unione
europea, riconosciuto secondo la legge italiana. La patente e'
rilasciata, in formato digitale, dall'Ispettorato nazionale del
lavoro subordinatamente al possesso dei seguenti requisiti:
a) iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e
agricoltura;
b) adempimento, da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti, dei
preposti, dei lavoratori autonomi e dei prestatori di lavoro, degli
obblighi formativi previsti dal presente decreto;
c) possesso del documento unico di regolarita' contributiva in
corso di validita';
d) possesso del documento di valutazione dei rischi, nei casi
previsti dalla normativa vigente;
e) possesso della certificazione di regolarita' fiscale, di cui
all'articolo 17-bis, commi 5 e 6, del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241, nei casi previsti dalla normativa vigente;
f) avvenuta designazione del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. Il possesso dei requisiti di cui al comma 1 e' autocertificato
secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445. Nelle more del rilascio della patente e'
comunque consentito lo svolgimento delle attivita' di cui al comma 1,
salva diversa comunicazione notificata dall'Ispettorato nazionale del
lavoro.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
sentito l'Ispettorato nazionale del lavoro, sono individuati le
modalita' di presentazione della domanda per il conseguimento della
patente di cui al comma 1 e i contenuti informativi della patente
medesima nonche' i presupposti e il procedimento per l'adozione del
provvedimento di sospensione di cui al comma 8.
4. La patente e' revocata in caso di dichiarazione non veritiera
sulla sussistenza di uno o piu' requisiti di cui al comma 1,
accertata in sede di controllo successivo al rilascio. Decorsi dodici
mesi dalla revoca, l'impresa o il lavoratore autonomo puo' richiedere
il rilascio di una nuova patente ai sensi del comma 1.
5. La patente e' dotata di un punteggio iniziale di trenta crediti
e consente ai soggetti di cui al comma 1 di operare nei cantieri
temporanei o mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera a), con
una dotazione pari o superiore a quindici crediti. Con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito l'Ispettorato
nazionale del lavoro, sono individuati i criteri di attribuzione di
crediti ulteriori rispetto al punteggio iniziale nonche' le modalita'
di recupero dei crediti decurtati.
6. Il punteggio della patente subisce le decurtazioni correlate
alle risultanze dei provvedimenti definitivi emanati nei confronti
dei datori di lavoro, dirigenti e preposti delle imprese o dei
lavoratori autonomi, nei casi e nelle misure indicati nell'allegato
I-bis annesso al presente decreto. Se nell'ambito del medesimo
accertamento ispettivo sono contestate piu' violazioni tra quelle
indicate nel citato allegato I-bis, i crediti sono decurtati in
misura non eccedente il doppio di quella prevista per la violazione
piu' grave.
7. Sono provvedimenti definitivi ai sensi del comma 6 le sentenze
passate in giudicato e le ordinanze-ingiunzione di cui all'articolo
18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, divenute definitive.
8. Se nei cantieri di cui al comma 1 si verificano infortuni da cui
deriva la morte del lavoratore o un'inabilita' permanente, assoluta o
parziale, l'Ispettorato nazionale del lavoro puo' sospendere, in via
cautelare, la patente di cui al presente articolo fino a dodici mesi.
Avverso il provvedimento di sospensione e' ammesso ricorso ai sensi e
per gli effetti dell'articolo 14, comma 14.
9. I provvedimenti definitivi di cui al comma 6 sono comunicati,
entro trenta giorni, anche con modalita' informatiche,
dall'amministrazione che li ha emanati all'Ispettorato nazionale del
lavoro ai fini della decurtazione dei crediti.
10. La patente con punteggio inferiore a quindici crediti non
consente alle imprese e ai lavoratori autonomi di operare nei
cantieri temporanei o mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera
a). In tal caso e' consentito il completamento delle attivita'
oggetto di appalto o subappalto in corso di esecuzione, quando i
lavori eseguiti sono superiori al 30 per cento del valore del
contratto, salva l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 14.
11. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, in mancanza della
patente o del documento equivalente previsti al comma 1, alle imprese
e ai lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili
di cui al citato articolo 89, comma 1, lettera a), si applicano una
sanzione amministrativa pari al 10 per cento del valore dei lavori e,
comunque, non inferiore a euro 6.000, non soggetta alla procedura di
diffida di cui all'articolo 301-bis del presente decreto, nonche'
l'esclusione dalla partecipazione ai lavori pubblici di cui al codice
dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023,
n. 36, per un periodo di sei mesi. Le stesse sanzioni si applicano
alle imprese e ai lavoratori autonomi che operano nei cantieri
temporanei o mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera a), con
una patente con punteggio inferiore a quindici crediti. Gli introiti
derivanti dalle sanzioni di cui ai periodi precedenti sono destinati
al bilancio dell'Ispettorato nazionale del lavoro e concorrono al
finanziamento delle risorse necessarie all'implementazione dei
sistemi informatici necessari al rilascio e all'aggiornamento della
patente.
12. Le informazioni relative alla patente sono annotate in
un'apposita sezione del Portale nazionale del sommerso, di cui
all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n.
124, unitamente a ogni utile informazione contenuta nel Sistema
informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, di cui
all'articolo 8 del presente decreto.
13. L'Ispettorato nazionale del lavoro avvia il monitoraggio sulla
funzionalita' del sistema della patente a crediti entro dodici mesi
dalla data di cui al comma 1 e trasmette al Ministero del lavoro e
delle politiche sociali i dati raccolti per l'eventuale aggiornamento
dei decreti ministeriali previsti dai commi 3 e 5 del presente
articolo.
14. L'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 13
puo' essere estesa ad altri ambiti di attivita' individuati con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative.
15. Non sono tenute al possesso della patente di cui al presente
articolo le imprese in possesso dell'attestazione di qualificazione
SOA, in classifica pari o superiore alla III, di cui all'articolo
100, comma 4, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto
legislativo n. 36 del 2023»));
b) all'articolo 90, comma 9:
1) dopo la lettera b) e' inserita la seguente:
«b-bis) verifica il possesso della patente ((o del documento
equivalente)) di cui all'articolo 27 nei confronti delle imprese
esecutrici o dei lavoratori autonomi, anche nei casi di subappalto,
ovvero, per le imprese che non sono tenute al possesso della patente
ai sensi ((del comma 15)) del medesimo articolo 27,
((dell'attestazione di qualificazione)) SOA;»;
2) alla lettera c), le parole: «alle lettere a) e b)» sono
sostituite dalle seguenti: «alle lettere a), b) e b-bis);»;
c) all'articolo 157, comma 1, la lettera c) e' sostituita dalla
seguente:
«c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 711,92 a
2.562,91 euro per la violazione degli articoli 90, commi 7, 9,
lettere b-bis) e c), e 101, comma 1, primo periodo.».
((c-bis) dopo l'allegato I e' inserito l'allegato I-bis, di cui
all'allegato 2-bis annesso al presente decreto.))
20. Gli oneri derivanti dal comma 19, pari ad euro 3.250.000 per il
2024 ed euro 2.500.000 ((a decorrere)) dal 2025, sono a carico del
bilancio dell'Ispettorato nazionale del lavoro. ((A decorrere))
dall'anno 2025 per il medesimo Ispettorato sono conseguentemente
elevati nella misura di 2.500.000 euro i limiti di spesa di cui
all'articolo 1, comma 591, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. Alla
compensazione dei relativi effetti finanziari, in termini di
fabbisogno e di indebitamento netto, pari a euro 2,5 milioni di euro
annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente
riduzione del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non
previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di
contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del
decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.
Art. 36
Disposizioni per la realizzazione degli interventi volti a fronteggiare il rischio di alluvione e il rischio idrogeologico e per la realizzazione degli interventi nei territori colpiti dagli eventi sismici ((del 2009, del 2016, del 2022 e del 2023))
1. L'articolo 29, comma 1, del decreto-legge 24 febbraio 2023, n.
13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41,
e l'articolo 225, comma 8, del codice dei contratti pubblici, di cui
al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, si interpretano nel
senso che alle procedure di affidamento, relative agli interventi di
cui all'articolo 22, comma 1, del decreto-legge 6 novembre 2021, n.
152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n.
233, indette successivamente al 1° luglio 2023, si applicano le
disposizioni derogatorie di cui agli articoli 4 e 14 dell'ordinanza
del capo del Dipartimento della protezione civile n. 558 del 15
novembre 2018, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 270 del 20
novembre 2018, fatto salvo il rispetto del principio DNSH («Do No
Significant Harm») ai sensi dell'articolo 17 del regolamento (UE)
2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020.((1-bis. All'articolo 1, comma 701, della legge 30 dicembre 2020,
n. 178, le parole: «al 31 dicembre 2024» sono sostituite dalle
seguenti: «al 31 ottobre 2025».))
2. All'articolo 15-ter del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229,
dopo il comma 2-bis e' aggiunto, in fine, il seguente:
«2-ter. Al fine di assicurare una piu' celere attuazione degli
interventi di cui al comma 1 compresi negli allegati II e II-bis alla
parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il
soggetto attuatore, d'intesa con il Presidente della regione
territorialmente competente, puo' chiedere al Ministero dell'ambiente
e della sicurezza energetica di individuare la regione quale
autorita' competente allo svolgimento della procedura di valutazione
d'impatto ambientale (VIA) o della verifica di assoggettabilita' a
VIA. Entro e non oltre i successivi quindici giorni, il Ministero
dell'ambiente e della sicurezza energetica comunica al soggetto
attuatore e alla regione la determinazione in merito all'autorita'
competente. La verifica del progetto di cui all'articolo 42 del
codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo
2023, n. 36, comprende anche la verifica dell'ottemperanza delle
condizioni ambientali stabilite nel provvedimento di verifica di
assoggettabilita' a VIA o nel provvedimento di VIA di cui
all'articolo 28, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006. A
tale fine, il soggetto preposto alla verifica del progetto di cui
all'articolo 42 del codice di cui al decreto legislativo n. 36 del
2023 e' individuato come soggetto che effettua la verifica di
ottemperanza di cui all'articolo 28, comma 3, del decreto legislativo
n. 152 del 2006.».
((2-bis. All'articolo 35 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229,
dopo il comma 8 e' aggiunto il seguente:
«8-bis. Ai fini del presente articolo e per la tutela della salute,
della sicurezza e dei diritti dei lavoratori del settore edile, il
Commissario straordinario adotta specifiche misure per il controllo e
la sicurezza nei cantieri, comprese forme di monitoraggio dei flussi
della manodopera, anche tramite tecnologie innovative a carico delle
imprese di cui al comma 3. Tali misure possono prevedere la
comunicazione e lo scambio di informazioni con autorita', enti
pubblici, parti sociali e datori di lavoro. Il Commissario
straordinario adotta, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, le misure di cui al presente comma con provvedimenti di cui
all'articolo 2, comma 2, mediante i quali sono definiti anche i tipi
di informazioni trattate e i soggetti obbligati alla raccolta o alla
comunicazione. Gli esiti del monitoraggio dei flussi di manodopera
sono messi a disposizione della Struttura di cui all'articolo 30 e
delle prefetture - uffici territoriali del Governo territorialmente
competenti, anche ai fini dell'esercizio del potere di accesso
previsto dall'articolo 93 del codice delle leggi antimafia e delle
misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre
2011, n. 159, nonche' dell'Ispettorato nazionale del lavoro, secondo
modalita' stabilite mediante accordi con il Commissario
straordinario».))((2-ter. Il Commissario straordinario di cui all'articolo 2, comma
2, del decreto-legge 11 gennaio 2023, n. 3, convertito, con
modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n. 21, sulla base delle
procedure e dei criteri di quantificazione dei danni di cui al
decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, provvede alla ricognizione dei
fabbisogni per la ricostruzione, la riparazione o il ripristino delle
strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate
per effetto degli eventi sismici che hanno colpito il territorio
della regione Marche il 9 novembre 2022 e il territorio della regione
Umbria il 9 marzo 2023, per i quali e' stato dichiarato lo stato di
emergenza di rilievo nazionale, rispettivamente, con le deliberazioni
del Consiglio dei ministri 11 aprile 2023, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 106 dell'8 maggio 2023, e 6 aprile 2023, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 18 aprile 2023, i cui effetti sono
stati estesi dalla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 maggio
2023, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 2023.
La ricognizione di cui al precedente periodo e' sottoposta al Governo
mediante una relazione trasmessa al Ministro per la protezione civile
e le politiche del mare entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto.
All'attuazione del presente comma si provvede nell'ambito delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica.))((2-quater. All'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 30 aprile
2022, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno
2022, n. 79, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Della
facolta' di cui al primo periodo possono avvalersi anche le
amministrazioni impegnate per gli interventi di ricostruzione,
pubblica e privata, conseguenti ai sismi del 2009 e del 2016. Gli
incarichi attribuiti ai sensi del terzo periodo, al fine di
assicurare la continuita' dell'azione amministrativa e facilitare la
realizzazione degli investimenti finanziati con le risorse del Piano
nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC) nelle aree
colpite dai sismi del 2009 e del 2016, possono essere conferiti a
soggetti collocati in quiescenza, anche se provenienti dalla stessa
amministrazione conferente, che abbiano maturato significative
esperienze e professionalita' tecnico-amministrative nel campo della
programmazione, della gestione, del monitoraggio e del controllo dei
fondi pubblici nonche' dello svolgimento delle attivita' di
responsabile unico del procedimento, anche prescindendo dalla
formazione di livello universitario, fermo restando quanto previsto
dall'articolo 1, comma 489, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e
dagli articoli 14, comma 3, e 14.1, comma 3, del decreto-legge 28
gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
marzo 2019, n. 26».))
Art. 40
Disposizioni in materia di riduzione dei tempi di pagamento da parte
delle pubbliche amministrazioni
1. All'articolo 6, comma 2, dell'Allegato II.14 al Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, le parole: «quarantacinque giorni» sono sostituite dalle seguenti: «trenta giorni».
7.6. D’altra parte, quanto all’aspetto di cui al precedente punto b), si è osservato in giurisprudenza che la norma del 2016, a differenza di quelle anteriori, non richiede più, con espressione se non generica, quantomeno astratta, una valutazione in termini di pubblico interesse della proposta di partenariato, ma qualifica in modo più specifico l’attività di cui è investita l’Amministrazione, richiedendosi un accertamento non tanto o non solo limitato alla rilevanza pubblicistica dell’iniziativa, che certamente pure deve sussistere, ma, penetrando sin da subito il dettaglio tecnico ed economico in cui è declinato il progetto, al fine di rilevarne la sua piena appetibilità per il mercato settoriale e, in definitiva, la sua realizzabilità, non solo in astratto, ma in concreto (cfr. Tar Lazio, sez. I-quater, 11 maggio 2017, n. 5702). Tale opzione, come osserva la stessa sentenza citata, è coerente con la ricostruzione normativa dell’iter di programmazione delle opere pubbliche, laddove ai fini dell’inserimento degli interventi negli atti di programmazione occorre che le amministrazioni ne abbiano valutato proprio la “fattibilità”, attraverso il progetto di fattibilità tecnica ed economica (PFTE) ovvero il documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP) (articolo 21, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016). Inoltre, il riferimento a una valutazione di “fattibilità” autorizza le amministrazioni, proprio come nel caso di specie, a sollecitare le proposte progettuali degli operatori privati interessati ad assumere il ruolo di promotore in una procedura di project financing riservandosi una valutazione anche sulle caratteristiche tecniche delle proposte pervenute, oltre che sulla loro convenienza economica. E tale pratica è destinata a diventare ancora più frequente dopo che, con il d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, il comma 15 dell’articolo 183 è stato modificato in modo da consentire la presentazione “spontanea” di proposte di project financing anche per gli interventi già compresi nel programma delle opere pubbliche, oltre che per quelli che non vi sono compresi come era nella formulazione originaria della norma (la modifica è stata confermata anche nell’attuale articolo 193, comma 11, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).
7.7. Con riguardo al punto a) di cui sopra, pare condivisibile anche l’assunto dell’appellante secondo cui l’avviso pubblicato dall’Amministrazione per l’acquisizione di manifestazioni di interesse, per il modo stesso in cui era predisposto (procedura di valutazione comparativa con tanto di indicazione di criteri e sub criteri per i vari aspetti tecnici delle proposte che sarebbero pervenuti, e di un distinto punteggio per gli aspetti economici e per il piano economico e finanziario – PEF), era tale da indurre gli operatori economici a puntare anche sul pregio tecnico della proposta da elaborare, oltre che sulla convenienza economica, configurandosi come autovincolo ai fini della successiva valutazione delle proposte: in questo senso, anche se non applicabile ratione temporis alla vicenda per cui è causa, può assumere un rilevante valore interpretativo l’attuale articolo 2, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2023, il quale, nel declinare il principio della fiducia (uno dei principi fondamentali della materia dei contratti pubblici), e con previsione estesa all’intero ambito “delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti”, valorizza il rispetto, fra gli altri, degli “auto-vincoli amministrativi” quale circostanza in presenza della quale non sussiste la colpa grave dell’agente pubblico, con formulazione anch’essa ampia che certamente si presta a ricomprendere anche la fase pre-procedimentale del project financing, ove “procedimentalizzata” come è avvenuta nel caso in esame.
Il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui “La comminatoria di penali in sede esecutiva ha infatti la funzione di sanzionare il mancato assolvimento dell’obbligo negoziale: laddove la verifica della praticabilità del contenuto dell’offerta ha la diversa (ed anzi opposta: in chiave di prevenzione di possibili inadempimenti) funzione di tutelare l’interesse della stazione appaltante a scegliere un contraente affidabile e a selezionare, con l’attribuzione del relativo punteggio, un’offerta seria. Portando ad estreme conseguenze l’argomento dell’appellante si avrebbe che l’offerente – in base ad una valutazione di convenienza economica – potrebbe deliberatamente offrire una prestazione impossibile, pur di aggiudicarsi la commessa, salvo monetizzare in termini di penali i propri inadempimenti: il che, a tacer d’altro, altererebbe un corretto esplicarsi della dinamica concorrenziale sottesa al procedimento di evidenza pubblica e frustrerebbe l’interesse dell’Amministrazione a selezionare il miglior contraente e la migliore offerta cui il medesimo procedimento è pure funzionale. Altro è infatti l’imprevisto ed episodico mancato rispetto degli impegni negoziali ed altro è una proposta contrattuale fondata su impegni a priori non mantenibili, o comunque con la riserva di verificarne l’effettiva praticabilità a valle” (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 4225 del 26 maggio 2022 – par. 5.1.).
È dunque, rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante l’individuazione degli elementi oggetto di valutazione dei concorrenti.
I requisiti speciali sono, infatti, previsti dalla singola stazione appaltante nella lex specialis per garantire che, in considerazione dell’oggetto e del valore del contratto, siano ammessi al procedimento comparativo esclusivamente soggetti ‘affidabili’ poiché professionalmente, finanziariamente e tecnicamente qualificati per lo svolgimento della specifica prestazione (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 27.3.2019, n. 6). In linea generale, sul tema della scelta dei requisiti di partecipazione un consolidato orientamento giurisprudenziale ha chiarito che: “I requisiti di partecipazione ad una gara sono fissati dall’autorità amministrativa con ampia discrezionalità, sindacabile solo per manifesta arbitrarietà ed irragionevolezza. Detto potere discrezionale, lungi dall’essere espressione di mero arbitrio dell’amministrazione aggiudicatrice, costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 Cost. e si sostanzia quindi nel potere-dovere di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare. La scelta di fissare specifici requisiti di ammissione e/o di partecipazione ad una gara pubblica (rispetto, ad esempio, a quelli minimi stabiliti dalla legge e/o a quelli presuntivamente risultanti dalla certificazione di iscrizione in un elenco ufficiale di prestatore di servizi) ai fini della dimostrazione del possesso dell’adeguata capacità economico-finanziaria è ampiamente discrezionale, impinge nel merito dell’azione amministrativa e si sottrae, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che essa non sia ictu oculi manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria (in termini, Cons. Stato, V, 1° giugno 2001, n. 2973; V, 31 dicembre 2003, n. 9305; VI, 10 ottobre 2002, n. 5442)” [in questi esatti termini: Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2023, n. 431; Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2018, n. 116].
In relazione medesima tematica (cfr. Cons. Stato, sez. III, 17 novembre 2020, n. 7138, in cui si richiama la sentenza n. 1076 del 12 febbraio 2020 della stessa Terza sezione) è stato ulteriormente affermato che: “nella dialettica fra tutela della concorrenza e perseguimento dell’interesse pubblico primario l’amministrazione gode di un’ampia discrezionalità nella selezione dell’oggetto (e delle caratteristiche tecniche) dell’appalto, in funzione degli standards organizzativi e di efficienza delle relative prestazioni (in tesi anche molto elevati, purché non irragionevoli), dovendo l’offerta adattarsi alla domanda e non viceversa”. Ed ancora che: “A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara. (….) La rilevanza della tutela della salute, sottesa alla previsione di livelli di competenza tecnica e standard qualitativi così elevati … consentono …. l’introduzione di un requisito proporzionato alla prestazione che si intende acquisire, nonché al perseguimento dell’interesse pubblico ad essa sotteso. A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito. In ragione di ciò, il sindacato del giudice amministrativo deve limitarsi alla verifica del rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto di gara (ex plurimis: Cons. Stato, sez. III, 07/07/2017, n. 3352; Cons. Stato, V, 26 luglio 2017, n. 3105; Cons. Stato, Sez. V, 4 gennaio 2017, n. 9; Cons. Stato, V, 8 settembre 2008, n. 3083; VI, 23 luglio 2008, n. 3655)”. Pertanto: “il punto di equilibrio del sistema non è dato, sulla base dell’argomentazione sopra richiamata, dal numero di concorrenti operanti sul mercato in grado di offrire il prodotto richiesto (uno, ovvero tre), ma dall’esistenza o meno di una ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico che giustifica la domanda di un prodotto offerto solo da poche imprese (in tesi, anche da una soltanto: come nel caso esaminato dalla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99)”. In altri termini: “l’interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (….) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice”. Nella medesima direzione è stato ulteriormente chiarito che: “Il sindacato ammissibile si incentra dunque sulla proporzionalità e ragionevolezza della scelta della stazione appaltante”.
Tali considerazioni sono ulteriormente riscontrate dalla giurisprudenza che ha esaminato la corretta interpretazione del concetto di “servizio analogo”. Secondo un consolidato indirizzo interpretativo, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il concetto di ‘servizi analoghi’ va inteso ‘non come identità ma come mera similitudine’, tra le prestazioni richieste (Cons. Stato, n. 293 del 2020; id. n. 1608 del 2017; id. n. 3717 del 2015). In questa prospettiva, le prestazioni in precedenza svolte dall’operatore non devono coincidere esattamente con il servizio oggetto di gara, essendo sufficiente l’esistenza di un’analogia o inerenza tra le attività considerate (Cons. Stato 4.1.2017, n. 9), analogamente a quanto già osservato con riguardo al criterio dell’idoneità professionale.
Laddove la lex specialis richieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di ‘servizi analoghi’ la stazione appaltante “non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell’appalto né ad assimilare impropriamente il concetto di ‘servizi analoghi’ con quello di ‘servizi identici’, dovendosi pervenire al contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche, dal momento che la locuzione ‘servizi analoghi’ non si identifica con ‘servizi identici”(Cons. Stato, n. 5040 del 2018).
La giurisprudenza ha in più occasioni precisato la ratio sottesa al concetto di ‘servizi analoghi’ chiarendo che “tale nozione – la cui ratio si rinviene comunemente nel perseguimento di un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato e il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche – consente la spendibilità dei servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto, cosicché possa ritenersi che grazie ad esso il concorrente abbia maturato la capacità di svolgere quest’ultimo “(Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736)”.
Sotto un concorrente profilo, va inoltre evidenziato che, secondo un consolidato indirizzo interpretativo, l’interpretazione della lex specialis di gara deve essere condotta secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in modo da escludere soluzioni interpretative eccessivamente restrittive e con un effetto sostanzialmente anticoncorrenziale. Ne consegue che il concetto di ‘servizio analogo’ va inteso, anche sotto quest’ultimo profilo, non come identità, ma come mera similitudine tra prestazioni richieste, tenendo conto che l’interesse pubblico sottostante non è certamente la creazione di una riserva a favore degli imprenditori già presenti sul mercato ma, al contrario, l’apertura del mercato attraverso l’ammissione alle gare di tutti i concorrenti per i quali si possa raggiungere un giudizio complessivo di ‘affidabilità’.
All’opposto, la nozione di ‘servizi identici’ individua una ‘categoria chiusa di prestazioni aventi medesima consistenza di tipo e funzione, sì da collidere con il precetto conformante le procedure di gara inteso a garantire la massima partecipazione delle imprese operanti nel medesimo segmento di mercato (così Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2023, n. 564).
6. Ravvisando, tra i riferiti orientamenti interpretativi un possibile contrasto giurisprudenziale, la Sezione ha ritenuto di dover rimettere a questa Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:
i) se, fermo restando il principio della insussistenza di un potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni dell’Agenzia delle entrate attestanti l’assenza di irregolarità fiscali a carico dei partecipanti a una gara pubblica, le quali si impongono alla stessa amministrazione, il principio della necessaria continuità del possesso in capo ai concorrenti dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure selettive comporti sempre il dovere di ciascun concorrente di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsiasi irregolarità che dovesse sopravvenire in corso di gara;
ii) se, correlativamente, sussista a carico della stazione appaltante, ferma restando la richiamata regola della sufficienza delle certificazioni rilasciate dalle Autorità competenti, il dovere di estendere la verifica circa l’assenza di irregolarità in capo all’aggiudicatario della procedura in relazione all’intera durata di essa, se del caso attraverso l’acquisizione di certificazioni estese all’intero periodo dalla presentazione dell’offerta fino all’aggiudicazione;
iii) se, in ogni caso e a prescindere dalla sufficienza o meno delle verifiche condotte dalla stazione appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione possa dimostrare, e con quali mezzi, che in un qualsiasi momento della procedura di gara l’aggiudicataria ha perso il requisito dell’assenza di irregolarità con il conseguente obbligo dell’amministrazione di escluderlo dalla procedura stessa.
[…]
1. Occorre partire dall’esame delle questioni sottoposte con l’ordinanza di rimessione.
2. Il Collegio non ravvisa, innanzitutto, l’ipotizzato contrasto giurisprudenziale posto a fondamento del primo quesito.
E invero, va ribadito l’orientamento per il quale i certificati rilasciati dalle autorità competenti, in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente, hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti: tale orientamento riguarda, unicamente, il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e degli accertamenti richiesti al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni all’uopo rese dal concorrente in sede di gara, come si desume dall’art. 86, comma 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 80, applicabile alla fattispecie ratione temporis (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; 4 maggio 2012, n. 8; Sez. III, 18 dicembre 2020 n. 8148; Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).
L’ulteriore orientamento, anch’esso da ribadire, che secondo la Sezione remittente si contrapporrebbe al primo, fa, invece, riferimento al regime sostanziale dei requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis, affermando la necessità che gli stessi siano posseduti dal concorrente a partire dal momento della presentazione dell’offerta e sino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale (ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; 12 febbraio 2018, n. 856; Sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2113).
Il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi.
L’art. 85, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 dispone che il concorrente, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, autodichiari, attraverso il documento di gara unico europeo (DGUE), l’assenza di cause di esclusione di cui al precedente art. 80.
Pur se l’art. 85 non prevede espressamente il dovere di comunicare alla stazione appaltante le eventuali cause di esclusione dalla gara verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta, il relativo onere dichiarativo deve ricollegarsi, alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione (siano) improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.
Tale disposizione, infatti, ha posto un principio generale sull’attività amministrativa e si estende indubbiamente anche allo specifico settore dei contratti pubblici (Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2024, n. 1591; Sez. V, 16 agosto 2021, n. 5882).
Poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali), discende, de plano, il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo (Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; 25 febbraio 2014, n. 10; Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2231; Sez. III, 10 novembre 2021, n. 7482).
La regola si desume anche dall’art. 80, comma 6, del D. Lgs. n. 50 del 2016, il quale stabilisce che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.
A tal fine, con specifico riguardo al requisito concernente l’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi), ai sensi dell’art. 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto.
In tal senso è, dunque, la risposta ai primi due quesiti posti con l’ordinanza di rimessione.
3. Con riferimento all’ultimo quesito prospettato, va, infine, puntualizzato che, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara.
Per quanto riguarda la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, ovvero dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), per la consolidata giurisprudenza compete al giudice amministrativo accertare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale), nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023).
4. Alla luce degli enunciati principi di diritto, è ora possibile passare ad affrontare, partitamente, le questioni oggetto del contendere.
5. Col primo motivo dell’appello principale, la -OMISSIS- lamenta, in sostanza, che la -OMISSIS- doveva essere esclusa dalla gara perché priva, al momento della presentazione dell’offerta, della regolarità fiscale, in conseguenza di un debito, grave e definitivamente accertato, col Segretariato Generale della Giustizia amministrativa, derivante dal mancato pagamento di una sanzione pari a 18.000 euro, irrogata in conseguenza del ritardato pagamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.
Da qui l’errore del Tribunale nell’aver ritenuto insussistente la prospettata carenza del requisito in parola e la violazione del conseguente onere dichiarativo gravante sull’aggiudicataria.
La doglianza va esaminata congiuntamente al primo motivo dell’appello incidentale.
Con esso si deduce che il giudice di prime cure, invece, che respingere il motivo concernente l’asserita mancanza della regolarità fiscale, avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile, in quanto né alla data della presentazione dell’offerta, né a quella dell’aggiudicazione, sarebbero emerse, a carico della -OMISSIS-, violazioni fiscali gravi, definitivamente accertate, idonee a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, come risulterebbe dalle certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate e dell’ANAC (AVCPASS), facenti fede fini a querela di falso.
Del resto, al momento della presentazione dell’offerta, non sarebbe emersa, dall’esame del ‘cassetto fiscale’ della -OMISSIS-, l’esistenza di alcun debito.
Solo successivamente, nel ‘cassetto’ sarebbero state inserite alcune cartelle di pagamento, una delle quali, tra l’altro, concernente il debito di 18.000 euro di cui sopra, estinto, in corso di gara, prima della notifica della relativa cartella esattoriale.
L’appellante principale, dal canto suo, non avrebbe prodotto a sostegno della propria censura alcuna documentazione, avendo desunto la dedotta carenza della regolarità fiscale, unicamente da una dichiarazione resa dalla -OMISSIS-, per mero scrupolo, in altra gara.
In ogni caso, il debito di che trattasi non avrebbe natura tributaria, costituendo una mera “spesa del processo”, versata direttamente all’ufficio giudiziario.
6. I due contrapposti motivi, più sopra sinteticamente riassunti, ruotando, sostanzialmente, attorno a una medesima questione, si prestano a una trattazione congiunta.
Il motivo dell’appello principale è fondato, mentre non lo è quello dell’impugnazione incidentale.
Occorre preliminarmente rilevare che, come già evidenziato dalla Sezione remittente, il contributo unificato va ascritto alla categoria delle entrate tributarie, delle quali condivide tutte le caratteristiche essenziali, “quali la doverosità della prestazione e il collegamento della stessa ad una pubblica spesa, cioè quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante” (cfr. Corte Cost., 7 febbraio 2005, n. 73; Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785; Cass. Civ., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 9840).
Identica natura fiscale va riconosciuta alle sanzioni pecuniarie conseguenti al mancato o al ritardato pagamento del contributo unificato, trattandosi di obbligazioni accessorie che hanno fondamento in un rapporto di tipo tributario (si veda l’art. 2, comma 1, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, infatti, attribuisce la giurisdizione sulle sanzioni in parola al Giudice Tributario).
Il mancato pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato nei tempi previsti integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50 del 2016, laddove la violazione sia grave e definitivamente accertata.
Ciò posto, nel caso di specie la -OMISSIS- risultava priva del requisito della regolarità fiscale.
Come correttamente dedotto dall’appellante principale, al momento della presentazione dell’offerta, l’aggiudicataria risultava, infatti, in debito, col Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, della somma di 18.000 euro, quale sanzione per il mancato tempestivo versamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.
La violazione della detta obbligazione tributaria era grave e definitivamente accertata: ‘grave’, in quanto superiore alla soglia di 5.000 euro, fissata dall’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, espressamente richiamato dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, nonché ‘definitivamente accertata’, poiché, l’invito di pagamento, valevole quale atto di accertamento della debenza, sia in relazione al contributo unificato dovuto, sia, ai sensi dell’art. 17, comma 1, della L. 18 dicembre 1997, n. 472, con riguardo alle sanzioni pecuniarie da corrispondere per il caso di mancato o ritardato versamento dello stesso, era stato, correttamente, notificato alla -OMISSIS- all’indirizzo del difensore presso il quale aveva eletto domicilio (si vedano le dichiarazioni in tal senso rese dalla detta società), così come, espressamente, previsto dall’art. 248, comma 2, del D.P.R. n. 115 del 2002.
Tale disposizione, peraltro, è stata ritenuta conforme alla Costituzione dalla Corte Costituzionale, che, con la sentenza 29 marzo 2019, n. 67, ha affermato che “la notifica al domicilio eletto non viola il «fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti» (sentenza n. 346 del 1998).[…].
D’altronde l’onere di diligenza e cooperazione che si richiede in capo al destinatario si concretizza nell’onere di acquisire informazioni dal domiciliatario in ordine al processo e alle incombenze ad esso connesse (compreso dunque l’obbligo di pagare il contributo)”.
L’invito di pagamento non è stato impugnato, con conseguente cristallizzazione della obbligazione concernente tanto il contributo unificato, quanto la sanzione pecuniaria (Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; idem 14 aprile 2020, n. 2397; Cass. Civ., Sez. Trib., 7 luglio 2022, n. 21538).
La circostanza, addotta dall’appellante incidentale, che il proprio difensore non le avesse comunicato l’avvenuta notifica dell’invito di pagamento, è, poi, ininfluente ai fini di causa, risultando incontroversa la sussistenza del debito.
D’altra parte, l’art. 14, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, stabilisce che la parte “che deposita il ricorso introduttivo … è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato”, per cui la -OMISSIS- rispondeva a suo tempo del debito, pur se – per quanto è stato dedotto – si era impegnata al pagamento l’altra società congiuntamente alla quale aveva proposto l’appello r.g. 202005062 (la -OMISSIS-).
A parte ogni considerazione sulla prova di tale circostanza va rilevato che l’obbligazione tributaria in questione gravava a suo tempo su entrambe le parti appellanti, ai sensi dell’art. 14 sopra citato.
Diversamente da quanto sostiene la -OMISSIS-, nessuna rilevanza ha, poi, ai fini di causa, la disposizione contenuta nell’art. 13, comma 6-bis.1, del D.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui: “L’onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza”.
La disposizione, infatti, si limita a individuare la parte su cui debba gravare l’onere economico del contributo unificato, una volta passata in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, ma non incide sull’identificazione del soggetto passivo del tributo. Nel descritto contesto, non rileva il fatto che al momento della presentazione dell’offerta nel cassetto fiscale della -OMISSIS- non risultassero pendenze tributarie o che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC tramite l’AVCPASS. Infatti, il contributo unificato non rientra tra le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate, per cui i debiti a esso relativi non vengono iscritti nel ‘cassetto fiscale’. Solo a seguito dell’emissione del ruolo e della sua consegna all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per la procedura esattoriale, l’esistenza del debito è comparsa, attraverso l’indicazione della relativa cartella, nel ‘cassetto fiscale’, ma senza alcuna influenza sulla regolarità fiscale della -OMISSIS-, ormai già insussistente. Analoghe considerazioni vanno svolte quanto al certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, il quale attesta la situazione fiscale del contribuente unicamente con riguardo alle imposte gestite dal detto ufficio, mentre non rileva per i tributi gestiti da altre amministrazioni, come per l’appunto il contributo unificato. Altrettanto irrilevante, ai fini di causa, deve ritenersi il documento acquisito tramite il sistema AVCPASS. Tale documento non reca alcuna indicazione in ordine a eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato e delle relative sanzioni, come si ricava dalla delibera 20 dicembre 2012, n. 111, e succ. mod. e integr., con cui l’ANAC, in attuazione di quanto previsto dall’art. 6-bis del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ha istituito tale sistema. Difatti, l’art. 5 della delibera n. 111 del 2012, che elenca gli enti certificanti tenuti a mettere a disposizione la documentazione e i dati in proprio possesso, relativi ai requisiti di carattere generale per la partecipazione alle gare, non individua, tra di essi, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, per cui, l’esistenza dei eventuali debiti fiscali nei confronti di quest’ultimo non emerge dal documento rilasciato dall’ANAC.
In ogni caso, come più sopra rilevato, nell’ambito del giudizio contro il provvedimento di aggiudicazione di una gara, il giudice ha sempre il potere di accertare la idoneità e la completezza delle certificazioni rilasciate dalle competenti amministrazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione.
ANAC interviene nuovamente con un invito alla Cabina di Regia, anche al Ministro dell’Economia e al Ministro delle Infrastrutture affinché si proceda con urgenza a fare chiarezza su equo compenso e requisiti speciali per la partecipazione alle gare per servizi di ingegneria ed architettura.
“La questione è rilevante e necessita di tempestiva soluzione”. “E’ estremamente urgente un intervento interpretativo o normativo delle Istituzioni che possa consentire la corretta e uniforme applicazione della normativa di riferimento”. “In mancanza di diverse indicazioni interpretative – viene scritto nella nota – Anac procederà aderendo alle opzioni regolatorie ritenute più adeguate”.
Requisiti speciali per la partecipazione alle gare
Per quanto riguarda i requisiti speciali per la partecipazione alle gare, l’Autorità “conferma l’esistenza di un vuoto normativo superabile soltanto con un intervento del legislatore. Nel frattempo, l’Autorità ritiene opportuno invitare le stazioni appaltanti ad adottare comportamenti volti a favorire la massima partecipazione e a scongiurare l’adozione di comportamenti discriminatori”. Sempre nell’ottica del favor partecipationis, l’Autorità ritiene opportuno “far riferimento, nell’individuazione dei requisiti di partecipazione, alle indicazioni fornite nelle Linee guida n. 1 e al dettato del codice, secondo cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese.”
Disciplina sull’equo compenso
L’Autorità ritiene che “i due ambiti normativi (codice dei contratti pubblici e legge n. 49/2023) vadano adeguatamente coordinati tra loro, accedendo ad una soluzione interpretativa che eviti l’insorgere di contrasti. Nel definire il rapporto esistente tra i due sistemi, occorre infatti considerare che la Legge n. 49/2023, sebbene successiva al Codice, non ha derogato espressamente allo stesso, ai sensi del relativo art. 227, e pertanto la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina. D’altra parte, lo stesso art. 3, co. 3 della Legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei”.
“Occorre inoltre evidenziare che anche il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023 – scrive Anac nella nota -, pur dovendo naturalmente orientarsi nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati, oltre che con modalità adeguate al meccanismo della gara pubblica. È prevista l’applicazione di specifici meccanismi volti a scongiurare la presentazione di offerte eccessivamente basse e, quindi, non sostenibili (la disciplina sull’anomalia dell’offerta, la possibilità di prevedere un’appropriata ponderazione tra punteggio qualitativo ed economico, la possibilità di utilizzare formule per il punteggio economico che disincentivino eccessivi ribassi)”.
“Così interpretato, il quadro normativo di riferimento appare coerente sia a livello nazionale che a livello europeo. Sotto quest’ultimo profilo occorre considerare che l’articolo 3, comma 3, della Legge n. 49/2023 fa salve dalla sanzione della nullità le clausole che prevedono l’applicazione di compensi inferiori ai minimi tabellari in quanto riproduttive di disposizioni di legge (tra cui rientrano le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici) o attuative di principi europei (tra cui il principio di concorrenza)”.
“Appare opportuno evidenziare, altresì, che la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza. Come chiarito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 4/7/2019, Causa C-377/2017, infatti, in materia di compensi professionali, l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi, posizione confermata dalla successiva sentenza del 25/1/2024, Causa C-438/2022 secondo cui le tariffe minime relative al compenso professionale degli avvocati devono essere disapplicate in quanto contrastanti con il principio di concorrenza”.
“È inoltre opportuno evidenziare che la legge n. 49/2023 è applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 del Codice civile (contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui è necessario ripristinare l’equilibrio sinallagmatico. I contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura, invece, sono normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex articolo 1655 del Codice civile, con cui una parte assume l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio”.
“Nel merito si ritiene utile considerare che la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, rappresenta un elemento essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche e che l’eventuale limitazione alle sole spese generali o all’elemento qualitativo rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori, più giovani, meno strutturati e di minore esperienza.
Sotto il profilo della spesa pubblica, l’Autorità ritiene ulteriormente necessario mettere in evidenza che, ai sensi dell’articolo 13 della Legge n. 49/2023, dall’attuazione della stessa legge “non devono derivare, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, circostanza che, invece, si realizzerebbe in caso di gare a prezzo fisso. L’opzione individuata consente di mantenere il quadro economico finanziario della programmazione che è già stata fatta per gli investimenti del Pnrr, quadro economico -finanziario che invece rischierebbe di essere compromesso, con evidenti ricadute sui tempi di attuazione ed aumento del contenzioso, in caso di valutazioni diverse. Considerazioni analoghe possono essere effettuate anche per gli investimenti non legati al Pnrr”.
“Infine – aggiunge ancora Anac -, va considerato che l’applicazione dell’articolo 3, comma 5, della richiamata legge n. 49/2023, che ammette il ricorso al giudice civile per contestare l’affidamento ad un prezzo inferiore rispetto a quello definito in ossequio all’allegato I.13 del d. lgs 36/2023, oltre a determinare una sovrapposizione con i poteri e le competenze delle stazioni appaltanti in termini di verifica della congruità delle offerte, produrrebbe una situazione di assoluta instabilità e incertezza sull’affidamento e sulle relative condizioni, con evidenti ripercussioni sulla spesa pubblica. In particolare, l’esito positivo del giudizio ordinario comporterebbe la necessaria modifica del quadro economico finanziario dell’intervento, con conseguenti ricadute, anche sulla capacità di spesa futura, che appaiono tanto più evidenti per gli interventi finanziati con i fondi del Pnrr”.
14.4. Peraltro l’interpretazione letterale è confortata anche dall’interpretazione in chiave teleologica, riferita alla ratio dell’indicata previsione della lex specialis di gara, in quanto, come correttamente evidenziato dal primo giudice, dovendo i contrattia attuativi essere eseguiti in parallelo nel medesimo lasso temporale, e trovando gli stessi la loro fonte in un unico accordo quadro, il concorrente doveva essere in grado di dimostrare di avere i prescritti requisiti di capacità economica finanziaria e tecnica organizzativa per far fronte al complesso delle prestazioni da essi complessivamente discendenti.
14.5. Né la predetta opzione ermeneutica, del tutto coerente con il dato letterale della lex specialis di gara e con l’interpretazione teologica, stride con il principio di proporzionalità dei requisiti di capacità rispetto all’oggetto dell’appalto, quale codificato nell’art. 83 comma 2 d.lgs. 50 del 2016, invocato da parte appellante, dovendo nella fattispecie de qua l’oggetto dell’appalto essere correlato alla procedura unitaria e non ai singoli contratti attuativi.
14.5.1. Né avuto riguardo all’oggetto della procedura, quale innanzi ricostruita in termini unitari, può soccorrere in chiave meramente interpretativa il richiamo operato da parte appellante al principio di proporzionalità contenuto nel nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 e segnatamente nell’art. 10 comma 3 “Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione” secondo cui “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”. Ed invero detto disposto, come evidenziato nella relazione al Codice, introduce certamente un favor per l’accesso al mercato ma compatibilmente con l’oggetto del contratto e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica.
L’art. 1 comma 510 della l. 208 del 2015 prescrive che “Le amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate da Consip SpA, ovvero dalle centrali di committenza regionali, possono procedere ad acquisti autonomi esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall’organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali”.
Detta norma non è applicabile alla fattispecie de qua, non solo per la circostanza che si applica alle sole amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le Convenzioni Consip – fra le quali non rientra, come si preciserà nella disamina del secondo, terzo e quarto motivo di appello, la Fondazione – ma perché postula quale prius la sovrapponibilità fra l’oggetto della gara Consip e l’oggetto della gara che si intende bandire, non potendo farsi rientrare nella verifica dello specifico soddisfacimento dell’Amministrazione la disamina di detta sovrapponibilità allorquando la stessa, come nell’ipotesi di specie, sia palese. Da ciò pertanto la possibilità per il giudice di apprezzare la sovrapponibilità dell’oggetto delle due gare in quanto vertente su un presupposto necessario per l’applicabilità del cennato disposto normativo. Un conto infatti è la questione dell’inidoneità della convenzione Consip al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali, altro conto è la questione della mancanza di sovrapponibilità che costituisce un prius rispetto alla verifica di convenienza e di satisfattività della Convenzione Consip rispetto agli interessi dell’Amministrazione. L’inidoneità infatti deve emergere da un confronto operato tra lo specifico fabbisogno dell’ente e il bene o il servizio oggetto di convenzione, pertanto deve riguardare le caratteristiche del bene o servizio senza che la valutazione possa estendersi a elementi ulteriori che incidono sul fabbisogno (Corte dei Conti Emilia-Romagna, Sez. contr., Delibera, 13/03/2018, n. 56).
Quanto, poi, alla pretesa integrazione dei requisiti, in sede contenziosa, non dichiarati in gara, mediante soccorso istruttorio, è sufficiente rinviare al divieto di integrazione postuma dei requisiti, sancito dalla giurisprudenza amministrativa.
Ed invero, “deve tenersi per ferma la non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta (tecnica od economica): ciò che si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti” (Cons. Stato, V, 21 agosto 2023, n. 7870). “In sede di gara pubblica non può ammettersi il soccorso istruttorio per la comprova dei requisiti, attesa non solo l’inesistenza della carenza di un elemento formale della domanda, ma anche la natura perentoria del relativo termine, con conseguenze immediatamente escludenti, laddove, al contrario, il soccorso istruttorio equivarrebbe ad una sostanziale rimessione in termini” (Cons. Stato, V, 6 dicembre 2021, n. 8148). La “dichiarazione è stata resa dal concorrente del tutto consapevolmente, e della stessa lo stesso deve rispondere, in omaggio al principio generale di autoresponsabilità. Né, in seguito all’accertamento da parte della stazione appaltante del mancato possesso del requisito speciale di capacità tecnico professionale per come dichiarato dal concorrente nell’offerta, era esigibile l’esperimento del soccorso istruttorio, atteso che: “non è … consentito il soccorso istruttorio attivato non tanto per integrare e chiarire la documentazione prodotta a comprova della dichiarazione, ma per rettificare il contenuto della dichiarazione medesima nella sua integralità” (Cons. Stato, V, 22 febbraio 2021, n. 1540). Ed invero, nell’ambito del settore dell’evidenza pubblica, i principi del favor partecipationis e del risultato non possono mai confliggere con il principio della par condicio fra i concorrenti” (Cons. Stato, V, 12 febbraio 2024, n. 1372).
Nella fattispecie in questione il controinteressato, pur avendone avuta la possibilità, non ha prodotto alcunché oltre all’attestazione dell’ASL -OMISSIS-, dunque neanche la documentazione prodotta soltanto in giudizio. Le conseguenze della sua azione devono gravare solo sullo stesso, alla luce del principio di autoresponsabilità.
Ne consegue la non condivisibilità delle statuizioni della sentenza appellata, anche in considerazione dell’impossibilità di applicare il soccorso istruttorio processuale nel caso di specie, e, correlativamente, la fondatezza pure del secondo profilo di censura dedotto in appello, atteso che la dichiarazione resa in gara non è veritiera, con conseguente obbligo di esclusione del RTI controinteressato anche per la violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis) e f-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il soccorso istruttorio, tuttavia, non può essere utilizzato per porre rimedio ad errori contenuti nell’offerta poiché sarebbe, altrimenti, alterato il principio di par condicio tra i concorrenti (ex multis, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 09 marzo 2020, n. 1671; Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2019, n. 5751).
Tale impostazione ermeneutica rimane confermata anche nella disciplina del soccorso istruttorio delineata dal Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, che, a differenza del previgente Codice, vi dedica una autonoma e più articolata disposizione (art. 101) amplificandone l’ambito, la portata e le funzioni, superando, altresì, talune incertezze diffusamente maturate nella prassi operativa.
Osserva la giurisprudenza amministrativa che, anche per il soccorso istruttorio per come disciplinato dal Decreto Legislativo 31 marzo 2023, «deve tenersi per ferma la non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta (tecnica od economica): ciò che si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti. Restano, per contro, ampiamente sanabili le carenze (per omissione e/o per irregolarità) della documentazione c.d. amministrativa. In altri termini, si possono emendare le carenze o le irregolarità che attengano alla (allegazione) dei requisiti di ordine generale (in quanto soggettivamente all’operatore economico in quanto tale), non quelle inerenti ai requisiti di ordine speciale (in quanto atte a strutturare i termini dell’offerta, con riguardo alla capacità economica, tecnica e professionale richiesta per l’esecuzione delle prestazioni messe a gara)» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870). Laddove la commissione giudicatrice avesse consentito, attivando il soccorso istruttorio, al R.T.I. di ridurre la quota lavori dichiarata da -OMISSIS- s.r.l. dal 57,05 % al 57,04 %, avrebbe dovuto evidentemente assentire il recupero percentuale di 0,01 % da parte di altro operatore aggregato nel R.T.I. al fine di coprire l’importo complessivo del 100% della quota lavori, altrimenti risultante pari a 99,99 %. Si sarebbe così addivenuti, tramite il soccorso istruttorio, ad una inammissibile modifica sostanziale dell’offerta, tale dovendosi ritenere la diversa ripartizione delle quote tra le componenti il raggruppamento, non avendo rilevanza alcuna – per il principio del quale è applicazione – la circostanza che la modifica sarebbe stata nella percentuale minima dello 0,01% (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 09 marzo 2020, n. 1671; Consiglio di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1074).
10.6. Vi sono, quindi, sufficienti margini – in accordo ai canoni ermeneutici proconcorrenziali invalsi in materia (cfr., ex multis, Cons. Stato – Sez. III n. 9255/2023) – per leggere l’offerta in modo coerente con il suo dato letterale e tale da conciliare le due affermazioni solo apparentemente contraddittorie riguardanti, rispettivamente, la già avvenuta localizzazione del centro cottura e l’assunzione dell’impegno a garantirne “la piena disponibilità” in fase esecutiva, potendo tale impegno essere attuato (per tutti le dotazioni mancanti) in un momento successivo a quello della presentazione dell’offerta.
10.7. Risultano d’altra soddisfatte tutte le esigenze espresse dalla giurisprudenza circa la necessità: – che i mezzi e le dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto, soprattutto quando valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio per l’offerta tecnica, siano individuati già al momento della16 presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 722 del 2022; n. 2090 del 2020; n. 5806 del 2019): nel caso di specie, infatti, l’individuazione ha consentito di attribuire il punteggio premiale relativo alla localizzazione del centro cottura; – che al contempo vengano evitati inutili aggravi di spesa a carico degli operatori economici concorrenti per procurarsi già al momento dell’offerta la disponibilità di beni e mezzi, senza avere la certezza dell’aggiudicazione e con effetti discriminatori ed anti-concorrenziali perché di favore per gli operatori già presenti sul mercato ed in possesso delle dotazioni strumentali, nonché con violazione del principio di proporzionalità (cfr. Corte di Giustizia U.E., sez. I, 8 luglio 2021, n. 428); – che al contempo alla stazione appaltante vengano garantite la serietà e l’effettività dell’impegno assunto dal concorrente di dotarsi dei mezzi necessari all’espletamento del servizio.
10.8. Resta da aggiungere che la giurisprudenza ha già vagliato positivamente l’ammissibilità della mera dichiarazione di impegno a disporre in caso di aggiudicazione di un centro di preparazione pasti posto ad una certa distanza, in termini del tutto coerenti con quelli sin qui illustrati (Cons. Stato, Sez. V, n. 5308 del 2019).
14.2. Con il secondo motivo dell’appello incidentale il RTI -OMISSIS- contesta questa conclusione, ribadendo il carattere innovativo della disposizione disciplinare che ha scomposto i 20 punti previsti dal bando per l’elemento “prezzo”, facendone convergere una parte sull’inedito parametro “tempo”: questa rimodulazione contrasterebbe con i principi di gerarchia differenziata che caratterizzano i rapporti tra le diverse parti della legge di gara e che escludono in radice che le disposizioni del capitolato e del disciplinare possano modificare il bando.
14.3. D’altra parte – aggiunge ancora l’appellante incidentale – il tempo non è una espressione del prezzo, come a torto ha rilevato il TAR, bensì profilo qualitativo della offerta (si cfr. art. 95.6 del Codice); né può dirsi che ad un minor tempo di esecuzione dei lavori corrisponda un costo minore, poiché la contrazione dei tempi esige un impiego di risorse maggiormente concentrato e intenso e, dunque, un incremento di costi (ragione per cui il maggior prezzo indicato dal Consorzio -OMISSIS- – superiore di oltre 36 milioni di euro rispetto a quello proposto dal RTI -OMISSIS- – dipenderebbe proprio dal maggiore sforzo di accelerazione dei tempi esecutivi).
14.4. Il motivo non può essere accolto. 14.5. La giurisprudenza prevalente ritiene che la riduzione dei tempi di progettazione e di esecuzione dei lavori, unitamente al prezzo, costituiscano elementi di valutazione di carattere economico, che, in quanto tali, non devono essere conosciuti al momento della valutazione discrezionale degli elementi dell’offerta tecnica (Cons. Stato, V, n. 5463 del 2021 e n. 1556 del 2017; III, n. 167 del 2020). 14.6. Il ragionamento che il RTI -OMISSIS- svolge circa le implicazioni che legano tra di loro la modulazione dei tempi di esecuzione e i costi dell’appalto, non fanno che confermare l’esistenza di una correlazione tra le due voci (sia pure inversamente proporzionale, nella prospettazione del RTI), il che avvalora la loro attrazione ad un’unica area di rilevanza “economica”.
14.7. Ciò non toglie che i tempi di esecuzione possano essere apprezzati anche nella prospettiva di una valutazione “tecnico-qualitativa” del progetto, ma si tratta di stime (quella economica e quella tecnico-qualitativa) evidentemente distinte e non necessariamente interferenti.
14.8. Per questi motivi, il Collegio reputa legittima la determinazione della stazione appaltante di estrapolare i punteggi dell’offerta tempo da quelli previsti dall’offerta economica, essendo questa rimodulazione intervenuta su una quota di punteggio riconducibile ad una matrice omogenea.
Tale disposizione contrattuale deve essere interpretata nel senso della sussistenza di un generale divieto di proroga del contratto (c.d. opzione di proroga), fatta salva l’eccezionale ipotesi in cui la proroga sia limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente (c.d. proroga tecnica).
Dal punto di vista sistematico, la distinzione tra opzione di proroga e proroga tecnica, già prevista dall’art. 106, comma 11, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è stata ulteriormente precisata dal nuovo codice dei contratti pubblici, che ha distinto le due fattispecie collocandole, rispettivamente, nel comma 10 (opzione di proroga) e nel comma 11 (proroga tecnica) dell’art. 120, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, stabilendo che il contraente originario, in entrambi i casi, è tenuto ad eseguire le prestazioni contrattuali “ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto”, mentre solo nel caso di opzione di proroga troveranno applicazione le “condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante”, sempre che ciò sia previsto nei documenti di gara.
Pertanto, dall’analisi del citato art. 8 del contratto di appalto, emerge la chiara sussistenza di un obbligo contrattuale di garantire il servizio oggetto di affidamento fino al subentro della nuova ditta aggiudicatrice (c.d. proroga tecnica).
Tale previsione contrattuale, peraltro, è sufficiente a rendere irrilevanti le contestazioni avanzate dalla parte resistente secondo cui, ai fini della proroga, sarebbe stato necessario un atto negoziale bilaterale, rivestito di forma scritta ed adottato dallo stesso organo che aveva la competenza a stipulare l’originario contratto.
Pertanto, deve ritenersi che l’ordinanza sindacale in esame, nella parte in cui ordina alla società appellante di eseguire temporaneamente il servizio in questione per sei mesi (fino all’11 novembre 2018) “agli stessi patti e condizioni di cui al Contratto Rep. n. 3 del 29.01.2009” con applicazione di una “clausola di risoluzione immediata in caso di avvio del servizio a seguito della gara ponte e/o del servizio unitario dell’ARO 5/LE”, sia da qualificare come un atto avente natura ricognitiva di un obbligo già discendente dal contratto, essendosi limitata a dare applicazione ad una proroga tecnica già prevista contrattualmente.
5. – Un’altra distinzione che assume rilievo nel caso di specie ai fini dell’applicabilità della clausola di revisione dei prezzi è quella tra proroga e rinnovo contrattuale.
In particolare, è stato precisato che “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635). Inoltre, deve ritenersi consolidato l’orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali: “In materia di appalti pubblici, presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 – secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo – è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale» (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091).
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