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Principio del risultato e principio della fiducia nell’ interpretazione ed applicazione delle regole di gara : è rilevante la finalità del contratto

TAR Napoli, 06.05.2024 n. 2959

Infine, il Collegio non può esimersi dal richiamare, in tale contesto, il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l’interprete nella lettura e nell’applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara, ovverosia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia.
Il primo, previsto dall’art. 1 del predetto D.lgs. n. 36 del 2023, costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.
Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del D.lgs. n. 36 del 2023, porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.
L’art. 1 del nuovo Codice degli appalti pubblici, in particolare, tratta il principio del risultato, rivolto essenzialmente agli enti committenti (stazioni appaltanti e enti concedenti) e riguarda l’iter complessivo del contratto, cioè sia la fase di affidamento che quella di esecuzione. Nello specifico il principio del risultato è inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, affinché l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
La massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo costituiscono, dunque, le due declinazioni principali del principio in parola, cui sono funzionali gli altri elementi indicati nei successivi commi: la concorrenza tra gli operatori economici, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, e la trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nell’applicazione delle disposizioni del Codice.
A ben vedere, sin qui il principio in parola non sembra aver introdotto novità particolarmente dirompenti: l’esigenza che la gara e la successiva esecuzione del contratto avvengano nel più breve tempo possibile, che la concorrenza abbia come finalità la scelta del miglior contraente e che vada premiata la migliore offerta sia sotto il profilo economico che qualitativo, sono regole e principi già tradizionalmente acquisiti.
Decisamente più innovativo è il comma 4.
Quest’ultimo, da un lato prevede, prevede che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.”, traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare; dall’altro valorizza il raggiungimento del risultato come elemento di valutazione del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, sia ai fini della valutazione delle loro responsabilità – di cui al successivo principio della fiducia – sia ai fini dell’attribuzione degli incentivi previsti dalla contrattazione collettiva. La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica.
Orbene, il chiarimento reso dalla stazione appaltante si è posto pienamente in linea con le innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa in quanto, nel delucidare la “regola del caso concreto”, come richiesto dal richiamato principio, ha optato per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i prodotti, in tal modo assicurandosi il conseguimento del “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche invocata dalla ricorrente.
Conclusivamente, la stazione appaltante, seguendo la regola del “risultato” nei termini sopra declinati, ha optato per un’interpretazione delle disposizioni di gara teleologicamente orientata ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale complessivamente intesa, vale a dire assicurarsi il prodotto farmaceutico, munito delle capacità terapeutiche ritenute imprescindibili, al miglior costo di mercato, obliterando così la portata impeditiva di tale primario scopo (costituente, secondo una terminologia privatistica, la “causa in concreto” perseguita dallo stipulando contratto) delle prescrizioni meramente formali inerenti al dosaggio ed al confezionamento del farmaco, così riconoscendo, al tempo stesso, l’estraneità di queste ultime rispetto al conseguimento del risultato perseguito.

Equo compenso e D.Lgs. 36/2023 : esclusione dalla gara per ribasso sui compensi da parametri ministeriali

TAR Roma, 30.04.2023 n. 8580

3. Passando agli aspetti sostanziali della vicenda, è opportuno dare sinteticamente conto della nuova disciplina dell’equo compenso (per quanto oggi di interesse).

3.1. Come è noto, la legge n. 49/2023, pubblicata nella G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (entrata in vigore il 20 maggio 2023), ha riscritto le regole in materia di corrispettivo per le prestazioni professionali, garantendo la percezione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, ossia – per quanto qui rileva – conforme ai compensi previsti “per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27” (art. 1, co. 1, lett. b).
Ai sensi dell’art. 2, co. 1, tale disciplina “si applica ai rapporti professionali aventi ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale di cui all’articolo 2230 del codice civile regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”. Le medesime disposizioni “si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175” (art. 2, co. 3).
Il legislatore ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata (art. 3), introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza, per chiedere la rideterminazione del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dal decreto ministeriale relativo alla specifica attività svolta.

3.2. Orbene, a differenza di quanto affermato – con articolate argomentazioni – dalla parte ricorrente, si deve ritenere che non vi sia contrasto tra le disposizioni appena illustrate e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE) (come viceversa sostenuto dalla società istante, cfr. pagg. 13 e ss. e 25, memoria depositata in data 29 marzo 2024), né “ontologica incompatibilità” tra la stessa legge e la disciplina di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 (cfr. pagg. 8 e ss. e pag. 24, memoria depositata in data 29 marzo 2024).

3.3. Con riferimento all’asserita incompatibilità della disciplina dell’equo compenso con il diritto eurounitario, in giurisprudenza si è già condivisibilmente affermato come la prima “non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea […]. Si tratta […] di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, […] sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. […] il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea” (Tar Veneto, sez. III, 3 aprile 2024, n. 632).
Neppure potrebbe giungersi a conclusioni diverse in forza del richiamo fatto dalla ricorrente alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e, in particolare, alla sentenza 4 luglio 2019, nella causa C-377/17 – pronuncia che non afferma, invero, la sussistenza di preclusioni assolute, riconoscendo, viceversa, in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale ex art. 15, par. 3, della direttiva 2006/123/CE – o alla recente sentenza 25 gennaio 2024, nella causa C-438/22 (pag. 14 memoria di parte ricorrente depositata il 29 marzo 2024), che ha affermato l’obbligo di rifiutare l’applicazione di una normativa che fissi importi minimi degli onorari degli avvocati.
Va, infatti, considerato che nel caso oggetto di quest’ultima pronuncia gli importi erano stati determinati dal Consiglio superiore dell’Ordine forense della Bulgaria“in assenza di qualsiasi controllo da parte delle autorità pubbliche e di disposizioni idonee a garantire che esso si comporti quale emanazione della pubblica autorità”: la Corte ha cioè ritenuto come tale organismo agisse alla stregua di “un’associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101 TFUE” (§ 44, sent. cit.), nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale (realizzando un’ipotesi di “determinazione orizzontale di tariffe minime imposte, vietata dall’art. 101, paragrafo 1, TFUE”), in un contesto, quindi, del tutto diverso da quello oggetto del presente giudizio, in cui rilevano norme di carattere generale (la l. n. 49/2023 e gli inerenti decreti ministeriali) adottate da autorità pubbliche e, per questo, non sussumibili nell’ambito (soggettivo e oggettivo) di applicazione dell’art. 101 TFUE (rivolto a vietare “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”).

3.4. Va altresì escluso l’ipotizzato (dalla ricorrente) “disallineamento” tra la legge n. 49/2023 e il d.lgs. n. 36/2023, alla luce dell’indirizzo secondo cui “un’antinomia può configurarsi ‘in concreto’ allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. […] Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici” (Tar Veneto, n. 632/2024, cit.).3030

3.4.1. In particolare, non merita accoglimento la tesi di parte ricorrente laddove esclude che “la disciplina dettata dalla L. 49/2023 sia idonea a perseguire il proprio obiettivo anche in materia di appalti pubblici”, in quanto nessuna esigenza di protezione vi sarebbe “quando la prestazione avviene istituzionalmente tramite il libero confronto tra gli operatori” alla “presenza di offerte libere e adeguatamente ponderate da parte degli offerenti” e con la garanzia di “adeguati meccanismi atti proprio ad evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse e quindi non sostenibili (anomalia dell’offerta)” (pag. 15, memoria 29 marzo 2024).
Invero, la legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione.
Risulta dunque indimostrato che la legge sull’equo compenso venga a collidere con le disposizioni del codice dei contratti pubblici che assicurano il confronto competitivo tra gli operatori; del resto, analoghe perplessità non nutre il ricorrente in relazione ad altre disposizioni parimenti poste a presidio dell’esatto adempimento, come, appunto, quelle in materia di anomalia (la cui finalità è di “evitare che offerte troppo basse espongano l’amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguente concreta probabilità di far sorgere contestazioni e ricorsi”, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2022, n. 8330).

3.4.2. La prospettata incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e il codice dei contratti pubblici è in ogni caso smentita dal dato testuale.
Da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, dall’altro lato, l’art. 8 del d.lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).

3.4.3. Né può condividersi l’ulteriore argomento basato sull’asserita diversità del tenore letterale dei commi 1 e 3 dell’art. 2 della l. n. 49 del 2023.
In particolare, la società ricorrente valorizza la circostanza che, se, da un lato, il comma 1 del predetto art. 2 ha cura di specificare che l’equo compenso si applica ai rapporti aventi a oggetto la prestazione d’opera intellettuale ex art. 2230 c.c., regolamentati da convenzioni aventi a oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali prestate a favore di imprese bancarie e assicurative, delle loro società controllate e delle loro mandatarie, imprese che, nell’anno precedente al conferimento dell’incarico, hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro, dall’altro lato, il comma 3 si limita a prevedere “lapidariamente” l’applicabilità della legge alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della Pubblica Amministrazione”.
In sintesi, secondo parte ricorrente, nel “declinare la disciplina dell’equo compenso anche in relazione ai servizi intellettuali forniti alla p.a., significativamente, la norma [farebbe] riferimento ai soli professionisti senza estendere il campo di applicazione anche ai servizi forniti dai medesimi in forma associata o societaria” (pag. 25, memoria 29 marzo 2024). Nei rapporti con la P.A., la legge sull’equo compenso sarebbe cioè applicabile esclusivamente alle prestazioni rese da singoli liberi professionisti, che trovino “fondamento in un contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale” (“in cui il singolo professionista assicura lo svolgimento della relativa attività principalmente con il proprio lavoro autonomo”, pag. 17, memoria 29 marzo 2024), con l’esclusione, invece, delle prestazioni rese da società e imprese, laddove vi è “una articolata organizzazione di mezzi e risorse e […] assunzione del relativo rischio imprenditoriale” (pag. 17, memoria 29 marzo 2024, e pag. 30, ricorso). Ciò in quanto soltanto il professionista singolo si troverebbe nella condizione del “contraente debole” da tutelare, mentre nei confronti di chi esercita la professione in forma associata o societaria, vi sarebbe un “certo grado di minore dominanza della posizione degli Enti pubblici” (cfr. pag. 25, memoria 29 marzo 2024).
La prospettazione non è condivisibile.
In primo luogo, la scelta di applicare la disciplina sull’equo compenso esclusivamente alle prestazioni di natura intellettuale rese in favore della P.A. dal singolo professionista, che non necessiti (o comunque non si avvalga) di un’organizzazione di mezzi e risorse, sarebbe difficilmente giustificabile dal punto di vista logico, considerata l’ontologica corrispondenza tra le prestazioni rese dal singolo e quelle rese nell’ambito di una società/impresa (tanto più che per “servizi di natura intellettuale” oggetto di appalto, come i servizi di ingegneria e architettura, si intendono “quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse”; Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2022, n. 1234).
Inoltre, considerato che, da un lato, l’ordinamento lascia libero il professionista di scegliere di svolgere la propria attività come singolo o in forma associata e che, dall’altro, lo stesso art. 66 del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che “[s]ono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nel rispetto del principio di non discriminazione fra i diversi soggetti sulla base della forma giuridica assunta: a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura: i professionisti singoli, associati, le società tra professionisti di cui alla lettera b), le società di ingegneria di cui alla lettera c), i consorzi, i GEIE, i raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti (…)”, imporre il rispetto della norma sull’equo compenso soltanto per le prestazioni rese dal professionista che operi (e partecipi a una procedura a evidenza pubblica) uti singuli avrebbe l’effetto di concretizzare una inammissibile disparità di trattamento tra quest’ultimo e i professionisti che, viceversa, operino (e concorrano) nell’ambito di società, associazioni o imprese, i quali ultimi potrebbero in ipotesi trarre vantaggio dalla mancata applicazione della normativa in materia di equo compenso e quindi praticare ribassi sui compensi (con la presentazione di offerte verosimilmente più “appetibili”).

3.4.4. Né può ravvisarsi un’incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e l’art. 108, co. 2, del codice dei contratti pubblici, nella parte in cui impone l’applicazione del “criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” ai “contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro”.
E invero, la legge n. 49/2023 non preclude l’applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori” (peraltro, anche la delibera ANAC n. 101 del 28 febbraio 2024 non esclude la legittimità delle tre ipotesi contemplate nel bando-tipo n. 2/2023: a) procedura di gara a prezzo fisso in virtù dell’applicazione della l. n. 49/2023 a tutte le voci del corrispettivo posto a base di gara; b) procedura di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’OEPV, con ribasso limitato alle sole spese generali; c) inapplicabilità della disciplina sull’equo compenso, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara).

3.4.5. Infine, non si può ritenere che l’art. 41, comma 15, e l’all. I.13 al d.lgs. n. 36/2023 individuino nelle tariffe professionali i criteri per la determinazione del (solo) importo da porre a base di gara, non precludendo affatto l’applicabilità di un ribasso alla base d’asta così composta (cfr. pag. 23, memoria parte ricorrente 29 marzo 2024).
Delle disposizioni da ultimo menzionate va, infatti, offerta un’interpretazione coerente con il richiamato art. 8 dello stesso d.lgs. n. 36/2023, ai sensi del quale, come detto, le pubbliche amministrazioni debbono garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.

Decreto PNRR 4 : d.l. 19/2024 coordinato con legge di conversione 56/2024 e disposizioni rilevanti in materia di contratti pubblici

Convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 2 marzo 2024 n. 19, recante ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR 4).
Entrata in vigore del provvedimento: 1 maggio 2024
Testo coordinato pubblicato in Gazzetta Ufficiale
Di seguito le nuove disposizioni in materia di contratti pubblici.

 

                              Art. 12
Ulteriori misure di semplificazione in materia di  affidamento  ((dei contratti pubblici relativi a interventi previsti dal  PNRR  o  non
piu'  finanziati  con  risorse  del  medesimo))  e  in  materia  di procedimenti amministrativi 
 
  1.  Al  fine   di   assicurare   l'attuazione   degli   interventi,
caratterizzati da  un  maggiore  livello  di  avanzamento,  non  piu'
finanziati in tutto o in parte a valere sulle risorse  del  PNRR,  in
applicazione della decisione del  Consiglio  ECOFIN  dell'8  dicembre
2023, alle relative procedure di affidamento ed ai  contratti  i  cui
bandi o avvisi risultino gia' pubblicati  alla  data  di  entrata  in
vigore del presente decreto, nonche', laddove  non  sia  prevista  la
pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure ed  ai  contratti  in
cui, alla suddetta data,  siano  gia'  stati  inviati  gli  inviti  a
presentare le offerte, continuano ad applicarsi  le  disposizioni  di
cui  al  decreto-legge  31  maggio  2021,  n.  77,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108,  al  decreto-legge
24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni,  dalla  legge
21 aprile 2023, n. 41, nonche' le specifiche disposizioni legislative
finalizzate  a  semplificare  e  agevolare  la  realizzazione   degli
obiettivi stabiliti dal PNRR, senza nuovi o  maggiori  oneri  per  la
finanza pubblica e nel rispetto, per  quanto  riguarda  le  norme  in
materia di personale, dei relativi limiti temporali. Le  disposizioni
di cui al primo periodo si applicano alle procedure di affidamento di
lavori ovvero di affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione
dei lavori e  ai  relativi  contratti  ((nonche'  alle  procedure  di
affidamento di servizi e forniture)). 
  2.  In  relazione  agli  interventi  di  cui  all'Allegato  IV   al
decreto-legge n. 77 del 2021, non piu' finanziati in tutto o in parte
a valere sulle risorse del PNRR in applicazione della  decisione  del
Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023,  le  disposizioni  di  cui  al
medesimo decreto-legge n. 77 del 2021 e al decreto-legge  n.  13  del
2023, nonche' le specifiche disposizioni  legislative  finalizzate  a
semplificare e agevolare la realizzazione degli  obiettivi  stabiliti
dal PNRR, continuano ad applicarsi ai procedimenti  in  corso,  senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e  nel  rispetto,  per
quanto riguarda le norme in materia di personale, dei relativi limiti
temporali. A tal fine, per procedimenti  in  corso  si  intendono  le
procedure  per  le  quali  e'  stato   formalizzato   l'incarico   di
progettazione alla data di entrata in vigore del presente decreto. 
  3. Nel limite delle risorse  stanziate  a  legislazione  vigente  e
senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza  pubblica,  anche
in relazione agli interventi non piu' finanziati in tutto o in  parte
a valere sulle risorse del PNRR in applicazione della  decisione  del
Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, continuano  ad  applicarsi  le
disposizioni relative al rafforzamento e al supporto della  capacita'
amministrativa, al reclutamento di personale  e  al  conferimento  di
incarichi,   nonche'   alle    semplificazioni    dei    procedimenti
amministrativi e contabili, contenute  nel  decreto-legge  31  maggio
2021, n. 77, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  29  luglio
2021, n. 108, nel decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, nel decreto-legge 6
novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge  29
dicembre 2021, n. 233, nel decreto-legge 24  febbraio  2023,  n.  13,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21  aprile  2023,  n.  41,
nonche' le ulteriori specifiche disposizioni legislative  finalizzate
ad agevolare il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal PNRR, nel
rispetto, per quanto riguarda le norme in materia di  personale,  dei
relativi limiti temporali. 
  4. Per gli adempimenti di monitoraggio, rendicontazione e controllo
degli interventi di cui  ai  commi  1,  2  e  3,  le  amministrazioni
titolari ed i soggetti  attuatori  utilizzano  le  funzionalita'  del
sistema informatico di cui all'articolo 1, comma 1043, della legge 30
dicembre 2020, n. 178. Per gli  interventi  interamente  definanziati
dal PNRR, le amministrazioni titolari definiscono, laddove possibile,
procedure semplificate di rendicontazione e controllo, fermo restando
l'utilizzo del sistema informatico di cui al primo periodo. 
  5. Per gli interventi non piu' finanziati a  valere  sulle  risorse
del PNRR in applicazione della decisione del Consiglio Ecofin  dell'8
dicembre 2023 e del PNC, restano  confermate  le  assegnazioni  ((per
l'incremento dei prezzi)) dei  materiali  a  valere  sul  «Fondo  per
l'avvio di opere indifferibili» di  cui  all'articolo  26,  comma  7,
primo periodo, del decreto-legge 17 maggio 2022, n.  50,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91,  purche'  detti
interventi siano integralmente  finanziati  a  valere  su  risorse  a
carico delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo  1,  comma
2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,  sulla  base  delle
indicazioni fornite  da  parte  delle  amministrazioni  titolari  dei
medesimi interventi con le modalita'  e  nei  termini  stabiliti  dal
Ministero  dell'economia  e  delle  finanze  -   Dipartimento   della
Ragioneria generale dello Stato, e siano aggiornati i  cronoprogrammi
prevedendo   l'ultimazione   dell'intervento    in    coerenza    con
l'articolazione  temporale  degli  stanziamenti  di  bilancio.   Alla
ricognizione  degli  interventi  di  cui   al   presente   comma   ed
all'aggiornamento dei cronoprogrammi si  provvede  con  le  procedure
previste dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 26,
comma 7-bis, del citato decreto-legge n. 50 del 2022 e  dell'articolo
1, comma 377, della legge 29 dicembre 2022, n. 197. 
  6. All'articolo 13, comma 1, del decreto-legge 16 luglio  2020,  n.
76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020,  n.
120, sono apportate le seguenti modificazioni: 
    a)  all'alinea,  le  parole:  «Fino  al  30  giugno  2024»   sono
sostituite dalle seguenti: «Fino al 31 dicembre 2024»; 
    b) alla  lettera  b),  le  parole:  «entro  trenta  giorni»  sono
sostituite dalle seguenti: «entro quindici giorni»; 
  ((b-bis) dopo la lettera b) e' aggiunta la seguente: 
      «b-bis)  in  caso  di  dissenso  o  non  completo  assenso,  le
amministrazioni  coinvolte  indicano  le  prescrizioni  e  le  misure
mitigatrici che rendano possibile l'assenso, quantificando altresi' i
relativi costi. Tali prescrizioni sono determinate  conformemente  ai
principi di proporzionalita', efficacia e sostenibilita'  finanziaria
dell'intervento risultante dal progetto  originariamente  presentato.
Le disposizioni di cui alla  presente  lettera  si  applicano,  senza
deroghe,  a  tutte  le  amministrazioni  comunque  partecipanti  alla
conferenza  di  servizi,  comprese  quelle  competenti   in   materia
urbanistica, paesaggistica, archeologica e di tutela  del  patrimonio
culturale».)) 
  7. Le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto-legge  n.  76
del 2020,  come  modificate  dal  comma  6,  si  applicano,  se  piu'
favorevoli, anche alle conferenze di servizi decisorie ((da espletare
secondo)) le modalita' di  cui  all'articolo  14-bis  della  legge  7
agosto 1990, n. 241, previste dal decreto-legge 31  maggio  2021,  n.
77, convertito, con modificazioni, dalla ((legge 29 luglio  2021,  n.
108)), dal decreto-legge 24 febbraio 2023,  n.  13,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 21  aprile  2023,  n.  41,  nonche'  dalle
specifiche disposizioni  legislative  finalizzate  a  semplificare  e
agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti ((dal  PNRR  e))
dal PNC. 
  8. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 17 della  legge  12
marzo 1999, n. 68, e dall'articolo  46  del  decreto  legislativo  11
aprile 2006, n. 198,  con  riguardo  agli  investimenti  ovvero  agli
interventi avviati a far data dal  1°  febbraio  2020  ed  ammessi  a
finanziamento, in tutto o in parte, a valere sulle risorse del  PNRR,
le  disposizioni  di  cui  agli  articoli  47  e  50,  comma  4,  del
decreto-legge n. 77 del  2021  si  applicano,  con  riferimento  alle
procedure afferenti ai settori speciali di cui al capo I  del  titolo
VI della parte II del ((codice dei contratti pubblici,  di  cui  al))
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ovvero  al  libro  III  del
codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo
2023, n. 36, esclusivamente a  quelle  avviate  successivamente  alla
data di comunicazione della concessione  del  finanziamento.  Qualora
gli investimenti o gli interventi di cui  al  primo  periodo  abbiano
gia' beneficiato di contributi o di finanziamenti diversi  dal  PNRR,
fermo restando quanto previsto dall'articolo 17 della legge 12  marzo
1999, n. 68, e dall'articolo 46 del ((codice delle pari  opportunita'
tra uomo e donna, di cui al)) decreto legislativo 11 aprile 2006,  n.
198, le disposizioni di cui al primo periodo si applicano  alle  sole
procedure avviate successivamente alla data  di  comunicazione  della
concessione del finanziamento a valere, in tutto o  in  parte,  sulle
risorse del PNRR. 
  9.  Al  fine  di  consentire  la  tempestiva  realizzazione   degli
interventi indicati nel PNRR,  entro  trenta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le
amministrazioni di cui all'articolo  1,  comma  4,  lettera  l),  del
decreto-legge n. 77 ((del 2021 adottano)) i  provvedimenti  necessari
all'attuazione degli interventi previsti dal PNRR, come modificato  a
seguito della decisione del Consiglio ECOFIN  dell'8  dicembre  2023.
Qualora, al fine di recepire le modifiche contenute  nella  decisione
del Consiglio  ECOFIN  dell'8  dicembre  2023,  si  renda  necessario
procedere   all'aggiornamento   di   provvedimenti   gia'   adottati,
relativamente  agli  importi  stanziati,  ai  cronoprogrammi  e  alla
tipologia di interventi, le amministrazioni di cui al  primo  periodo
procedono all'aggiornamento mediante propri  provvedimenti,  adottati
in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le modalita' di
adozione  dei  provvedimenti  da   aggiornare,   ((ferme   restando))
l'acquisizione dei pareri o delle intese di cui agli articoli 2, 3  e
9  del  decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281  e  la  loro
sottoposizione  agli   organi   di   controllo,   ove   previsti.   I
provvedimenti adottati ai sensi del secondo periodo sono  comunicati,
senza ritardo, alla Struttura di missione PNRR di cui all'articolo  2
del decreto-legge n. 13 del 2023 e  alla  Ragioneria  generale  dello
Stato - Ispettorato Generale per il PNRR di cui all'articolo 6, comma
2, del decreto-legge n. 77 del 2021. 
  10. All'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 19 settembre  2023,
n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre  2023,
n. 162, le parole: «31 dicembre 2023» sono sostituite dalle seguenti:
«31 dicembre 2024». 
  11. All'articolo 1, comma 65, della legge 27 dicembre 2017, n. 205,
al primo periodo, dopo le parole: «dalla legge 3 agosto 2017, n. 123»
sono aggiunte, in fine, le seguenti: «,  nella  formulazione  vigente
alla data di entrata in vigore della legge 29 giugno 2022, n. 79». 
  12. Al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222, sono apportate
le seguenti modificazioni: 
    a) dopo l'articolo 4 e' inserito il seguente: 
      «Art.  4-bis  (Semplificazione  di  regimi  amministrativi   in
materia di impresa  artigiana).  -  1.  L'avvio,  la  variazione,  la
sospensione, il  subingresso  e  la  cessazione  delle  attivita'  di
impresa artigiana di cui  ((alle  tabelle  B.I  e  B.II  allegate  al
presente  decreto))  non  sono   soggette   a   titoli   abilitativi,
segnalazione o comunicazione. Restano fermi i  regimi  amministrativi
previsti dalla normativa di settore per l'esercizio delle  attivita',
nonche' gli adempimenti previsti dalla legge 8 agosto 1985, n. 443, e
quelli previsti dalla normativa dell'Unione europea. 
  2. Ai fini  e  agli  effetti  del  presente  decreto,  per  impresa
artigiana si intende l'impresa di cui all'articolo 3 della  legge  n.
443 del 1985. 
  3. ((Le pubbliche amministrazioni)), nell'ambito  delle  rispettive
competenze,  possono  ricondurre  le  attivita'   non   espressamente
elencate nelle tabelle B.I  e  B.II,  anche  in  ragione  delle  loro
specificita'   territoriali,   a   quelle    corrispondenti,    ((con
provvedimenti pubblicati nei propri siti internet istituzionali))»; 
    b) all'articolo 6: 
      1) al comma 2, dopo le parole: «si adeguano alle  disposizioni»
sono inserite le seguenti: «di cui agli articoli da 1 a 4»; 
      2) dopo il comma 2, e' aggiunto, in fine, il seguente: 
        «2-bis. Le  regioni  e  gli  enti  locali  si  adeguano  alle
disposizioni di cui all'articolo 4-bis del presente decreto entro  il
31 dicembre 2024, nel rispetto delle proprie competenze in materia.». 
      c) nell'allegato, sono aggiunte, in fine, le tabelle B.I e B.II
di cui all'allegato 2 ((annesso al presente decreto.)) 
  13. Le disposizioni di cui al comma 12 e quelle  dei  provvedimenti
emanati in attuazione dello  stesso  si  applicano  nelle  regioni  a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano nel
rispetto dei rispettivi statuti e delle relative norme di  attuazione
anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre  2001,  n.
3. 
  14. All'articolo 25, comma 5,  del  decreto  legislativo  3  aprile
2006, n. 152,  sono  aggiunti,  in  fine,  i  seguenti  periodi:  «Se
l'istanza di cui al secondo periodo e' presentata  almeno  centoventi
giorni prima della scadenza del termine  di  efficacia  definito  nel
provvedimento di VIA, il medesimo  provvedimento  continua  a  essere
efficace sino all'adozione, da parte dell'autorita' competente, delle
determinazioni  relative  alla  concessione  della   proroga.   Entro
quindici giorni dalla presentazione dell'istanza di  cui  al  secondo
periodo,  l'autorita'  competente  verifica  la   completezza   della
documentazione.  Qualora  la   documentazione   risulti   incompleta,
l'autorita' competente richiede al soggetto istante la documentazione
integrativa, assegnando per la presentazione  un  termine  perentorio
non superiore a trenta giorni. Qualora  entro  il  termine  assegnato
l'istante  non  depositi  la   documentazione   integrativa   ovvero,
all'esito  di  una  nuova   verifica,   da   effettuarsi   da   parte
dell'autorita'  competente  nel  termine  di  quindici  giorni  dalla
presentazione delle integrazioni richieste, la documentazione risulti
ancora incompleta, l'istanza  si  intende  ritirata  ((e  l'autorita'
competente procede all'archiviazione.))». 
  ((14-bis. All'articolo 1-sexies del decreto-legge 29  agosto  2003,
n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27  ottobre  2003,
n. 290, dopo il comma 4-bis.1 e' inserito il seguente: 
  «4-bis.2.  L'autorizzazione  di  cui  al  comma  1  ha  l'efficacia
temporale,  comunque  non  inferiore  a  cinque  anni,  definita  nel
provvedimento autorizzatorio stesso tenendo conto dei tempi  previsti
per la realizzazione del progetto. Decorso il  termine  di  efficacia
temporale indicato nel  provvedimento  autorizzatorio  senza  che  il
progetto sia stato realizzato, il procedimento di autorizzazione deve
essere  reiterato,  fatta  salva  la  concessione,  su  istanza   del
proponente, di specifica proroga da parte dell'autorita'  competente.
Tranne  il  caso  di  mutamento  del  contesto  di  riferimento,   il
provvedimento con cui e' disposta la proroga  ai  sensi  del  secondo
periodo non reca prescrizioni diverse e ulteriori rispetto  a  quelle
gia'  previste  nel  provvedimento  autorizzatorio   originario.   Se
l'istanza di cui al secondo  periodo  e'  presentata  almeno  novanta
giorni prima  della  scadenza  del  termine  di  efficacia  temporale
definito   nel   provvedimento   di   autorizzazione,   il   medesimo
provvedimento, anche  comprensivo  della  dichiarazione  di  pubblica
utilita'  e  dell'eventuale  apposizione  del   vincolo   preordinato
all'esproprio dei beni in essa compresi, continua a  essere  efficace
sino  all'adozione,  da  parte   dell'autorita'   competente,   delle
determinazioni relative alla concessione della proroga». 
  14-ter. All'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo 3  aprile
2006, n. 152, il secondo periodo e'  sostituito  dai  seguenti:  «Per
tali attivita', l'autorita' competente puo' avvalersi dell'ISPRA, nel
limite di spesa di 3 milioni di euro annui, cui  si  provvede  con  i
proventi delle tariffe di  cui  all'articolo  33,  comma  1.  Con  il
decreto di cui all'articolo 8, comma 5, sono determinate  le  risorse
da riassegnare annualmente all'ISPRA per le attivita' di monitoraggio
svolte ai sensi del precedente periodo. L'autorita'  competente  puo'
altresi' avvalersi degli altri enti del Sistema nazionale a rete  per
la protezione dell'ambiente, di cui alla legge  28  giugno  2016,  n.
132, dell'Istituto superiore di sanita', per i profili concernenti la
sanita'  pubblica,  ovvero  di  altri  soggetti  pubblici,  i   quali
informano tempestivamente la stessa autorita' competente degli  esiti
della verifica».)) 
  15. ((Fuori  dei  casi))  previsti  dagli  articoli  12  e  13  del
decreto-legge n. 77 del 2021 e qualora sia strettamente necessario al
fine di assicurare il rispetto da parte delle  citta'  metropolitane,
delle province e dei comuni  degli  obblighi  e  impegni  finalizzati
all'attuazione del PNRR ((e  del  PNC))  e  assunti  in  qualita'  di
soggetti attuatori, con decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, adottato su proposta del Ministro per gli  affari  europei,
il Sud, le politiche di  coesione  e  il  PNRR  ovvero  del  Ministro
competente in relazione all'intervento da realizzare, possono  essere
((attribuiti)) ai sindaci, ai presidenti delle province e ai  sindaci
metropolitani i poteri previsti dall'articolo 7-ter del decreto-legge
8 aprile 2020, n. 22, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  6
giugno 2020, n. 41. In caso di adozione del decreto di cui  al  primo
periodo, si applicano, ai fini della  realizzazione  dell'intervento,
le disposizioni di cui al citato articolo 7-ter del decreto-legge  n.
22 del 2020, nonche' quelle di cui all'articolo 24, commi 3 e 4,  del
decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito, con modificazioni,
dalla legge 21 aprile 2023, n. 41. 
  16. Al fine di assicurare un ordinato trasferimento alla  Struttura
di missione ZES di cui all'articolo 10, comma 2, del decreto-legge 19
settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13
novembre 2023, n. 162, delle funzioni di titolarita'  dei  Commissari
straordinari di cui all'articolo 4, comma 6-bis, del decreto-legge 20
giugno 2017, n. 91, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  3
agosto 2017, n. 123, nonche' per  consentire  la  verifica  da  parte
della  Struttura  di  missione   dei   procedimenti   amministrativi,
instaurati ai sensi dell'articolo 5-bis del decreto-legge n.  91  del
2017 ovvero degli articoli 14 e 15 del decreto-legge n. 124 del  2023
e non definiti dai citati Commissari, i termini  di  conclusione  dei
predetti procedimenti amministrativi sono sospesi fino  al  31  marzo
2024. 
  ((16-bis. Al fine di consentire il raggiungimento  degli  obiettivi
previsti relativamente alla Missione 2,  Componente  2,  Investimento
4.3 «Sviluppo infrastrutture di ricarica elettrica», del  PNRR,  come
modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8  dicembre  2023,
per i soli progetti ammessi  al  finanziamento  con  le  risorse  del
medesimo Piano, nei casi in cui non  sussistano  vincoli  ambientali,
paesaggistici,  culturali  o  imposti  dalla  normativa   dell'Unione
europea, l'istanza per l'occupazione del  suolo  pubblico  e  per  la
realizzazione dell'infrastruttura di ricarica e delle relative  opere
di connessione alla rete  di  distribuzione  sul  suolo  pubblico  si
intende  accolta  qualora,  entro  trenta  giorni   dalla   data   di
presentazione dell'istanza medesima,  non  sia  stato  comunicato  un
provvedimento  di  diniego  da  parte  dell'ente  proprietario  della
strada. Resta salva la facolta' dell'ente proprietario  della  strada
di imporre prescrizioni successivamente  alla  scadenza  del  termine
previsto dal primo periodo nonche' di assumere determinazioni in  via
di autotutela nei casi di cui all'articolo 21-octies  della  legge  7
agosto 1990, n. 241. Per i procedimenti in corso alla data di entrata
in vigore della presente disposizione,  il  soggetto  richiedente  ha
facolta' di comunicare all'amministrazione  procedente,  entro  dieci
giorni dalla medesima data di  entrata  in  vigore,  la  volonta'  di
avvalersi della disciplina stabilita dal presente comma. 
  16-ter. All'articolo 9 del decreto-legge 9 dicembre 2023,  n.  181,
convertito, con modificazioni, dalla legge 2 febbraio  2024,  n.  11,
dopo il comma 9-quater e' inserito il seguente: 
  «9-quater. 1. Fino al 31  dicembre  2026,  il  gestore  della  rete
elettrica di trasmissione nazionale realizza le opere necessarie  per
la connessione di cabine primarie, per le  quali  e'  stata  concessa
l'autorizzazione ai gestori della rete elettrica di  distribuzione  e
che sono state ammesse a finanziamento, in tutto o in parte, a valere
sulle risorse di cui alla Missione 2, Componente 2, Investimento  2.1
"Rafforzamento Smart Grid", del PNRR,  mediante  denuncia  di  inizio
attivita' ai sensi dell'articolo 1-sexies, commi 4-sexies e seguenti,
del  decreto-legge  29  agosto  2003,   n.   239,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290, a condizione  che
tali opere di connessione abbiano una tensione nominale non superiore
a 220 kW e una  lunghezza  non  superiore  a  un  chilometro  oppure,
qualora non siano interessate aree sottoposte  a  vincoli  di  natura
ambientale, paesaggistica o archeologica, una lunghezza non superiore
a tre chilometri». 
  16-quater. In via transitoria, fino al 31 dicembre 2025,  l'Agenzia
per l'Italia digitale e' autorizzata a rilasciare  la  certificazione
delle piattaforme di approvvigionamento digitale di cui  all'articolo
26 del codice dei contratti pubblici, di cui al  decreto  legislativo
31 marzo 2023, n. 36, sulla base delle dichiarazioni  presentate  dai
soggetti gestori delle piattaforme ai sensi  del  testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica  28
dicembre 2000, n.  445,  attestanti  la  conformita'  delle  medesime
piattaforme ai requisiti di cui all'articolo 22, comma 2, del  citato
codice di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023.)) 
                           ((Art. 12 - bis 
Modalita' semplificate  per  la  verifica  preventiva  dell'interesse archeologico per le infrastrutture di rete rientranti nei  progetti finanziati dal PNRR 
 
  1. L'articolo 28, comma 4, del codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42,  e
l'articolo 41, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui  aldecreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, non si applicano: 
  a) agli interventi qualificabili come interventi di  lieve  entita'
sulla base dei criteri di cui al comma 3, lettera  a),  del  presente
articolo, se finalizzati alla realizzazione di infrastrutture di rete
rientranti nei progetti  finanziati  dal  PNRR,  fatto  salvo  quanto
previsto al comma 6; 
  b) agli interventi realizzati in  aree  gia'  occupate  da  strade,
opere o altri impianti di rete, a condizione che non  comportino  uno
scavo che  ecceda  la  quota  di  profondita'  gia'  impegnata  dagli
impianti o dalle opere presenti, nel rispetto delle disposizioni  del
codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285,  nonche'  agli  interventi  urgenti  necessari   al   ripristino
dell'erogazione del servizio pubblico. 
  2. In deroga al citato articolo 41, comma 4, del codice di  cui  al
decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, per  gli  interventi  sulle
infrastrutture di rete qualificabili come interventi di media entita'
sulla base dei criteri di cui al comma 3, lettera  b),  del  presente
articolo si applicano le seguenti modalita' semplificate: 
  a)  il  soggetto  richiedente  trasmette  in  via   telematica   al
soprintendente territorialmente competente esclusivamente  una  copia
del progetto dell'intervento o di uno stralcio di esso; 
  b)  il  soprintendente  territorialmente  competente,  nel  termine
perentorio di trenta giorni dal ricevimento della  documentazione  di
cui  alla  lettera  a)  del  presente  comma,   puo',   con   congrua
motivazione,  richiedere  la  sottoposizione   dell'intervento   alla
verifica preventiva dell'interesse  archeologico  di  cui  al  citato
articolo 41, comma 4, del codice di cui  al  decreto  legislativo  31
marzo 2023, n. 36. 
  3. Ai  fini  dell'applicazione  delle  disposizioni  dei  commi  1,
lettera a), e 2: 
  a) per «interventi  di  lieve  entita'»  si  intendono  quelli  che
comportano uno scavo inferiore a  500  metri  di  lunghezza  con  una
larghezza non  superiore  a  50  centimetri  e  una  profondita'  non
superiore a 1,20 metri ovvero  la  posa  di  manufatti  prefabbricati
connessi alla rete che comportano uno scavo  avente  una  profondita'
massima di 60 centimetri; 
  b) per «interventi  di  media  entita'»  si  intendono  quelli  che
comportano uno scavo compreso tra 500 e 1.000 metri di lunghezza  con
una larghezza non superiore a 50 centimetri  e  una  profondita'  non
superiore a 1,20 metri ovvero l'infissione  di  sostegni  nel  numero
massimo di cinque unita' e che comportano uno scavo  massimo  di  1,5
metri. 
  4. Fuori dei casi di cui ai commi 1 e 2, per le  infrastrutture  di
rete, in alternativa alle procedure di cui  al  citato  articolo  41,
comma 4, del codice di cui al decreto legislativo 31 marzo  2023,  n.
36, e' sempre prevista la facolta' di  richiedere  al  soprintendente
territorialmente competente la  sorveglianza  archeologica  in  corso
d'opera. 
  5. Resta fermo che, per gli interventi  che  non  comportino  nuove
edificazioni o scavi a quote diverse da  quelle  gia'  utilizzate  da
manufatti esistenti, non  e'  richiesta  la  trasmissione  di  alcuna
documentazione ai  fini  della  verifica  di  assoggettabilita'  alla
procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico. 
  6. La sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1,  2,  3  e  5  e'
attestata  da  un  tecnico  abilitato,  anche  interno  al   soggetto
richiedente, nel progetto o  nello  stralcio  dello  stesso,  che  e'
trasmesso per via  telematica  alla  soprintendenza  territorialmente
competente prima dell'avvio dei lavori. 
  7. Resta ferma la disciplina relativa alle scoperte fortuite e agli
interventi  conseguenti  in  ordine  alla   tutela   del   patrimonio
archeologico di cui, rispettivamente, agli articoli 90 e 28, comma 2,
del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.)) 
                              Art. 29 
               Disposizioni in materia di prevenzione 
                  e contrasto del lavoro irregolare 
 
  1. All'articolo 1, comma 1175, della legge  27  dicembre  2006,  n.
296, sono apportate le seguenti modificazioni: 
    a) le parole: «fermi restando gli altri obblighi di legge  ed  il
rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonche'» sono
sostituite dalle seguenti: «all'assenza di violazioni nelle  predette
materie, ivi comprese  le  violazioni  in  materia  di  tutela  delle
condizioni di lavoro nonche' di salute  e  sicurezza  nei  luoghi  di
lavoro individuate con decreto  del  Ministero  del  lavoro  e  delle
politiche sociali, fermi restando gli altri obblighi di legge  ed  il
rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonche'»; 
    b) dopo il comma 1175 e' inserito il seguente: 
      «1175-bis. Resta fermo il diritto ai benefici di cui  al  comma
1175  in  caso  di   successiva   regolarizzazione   degli   obblighi
contributivi ed assicurativi, secondo quanto previsto dalla normativa
vigente, nonche' delle violazioni accertate di cui al medesimo  comma
1175, entro i termini indicati dagli organi di vigilanza  sulla  base
delle specifiche disposizioni di legge. In relazione alle  violazioni
amministrative che non possono essere oggetto di regolarizzazione, il
recupero dei benefici erogati non puo'  essere  superiore  al  doppio
dell'importo sanzionatorio oggetto di verbalizzazione.». 
  2. All'articolo 29 del decreto legislativo 10  settembre  2003,  n.
276, sono apportate le seguenti modificazioni: 
  ((a) dopo il comma 1 e' inserito il seguente: 
  1-bis. Al personale impiegato nell'appalto di opere o servizi e nel
subappalto   spetta   un   trattamento    economico    e    normativo
complessivamente  non  inferiore  a  quello  previsto  dal  contratto
collettivo nazionale  e  territoriale  stipulato  dalle  associazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e  per  la
zona strettamente connessi con l'attivita' oggetto dell'appalto e del
subappalto»)); 
    b) al comma 2, dopo il secondo periodo, e' aggiunto, in fine,  il
seguente:  «Il  presente  comma  si  applica  anche   nelle   ipotesi
dell'utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori  di
lavoro nei casi di cui all'articolo 18, comma 2, nonche' ai  casi  di
appalto e di distacco di cui all'articolo 18, comma 5-bis.». 
  3. All'articolo 1, comma 445, della legge 30 dicembre 2018, n. 145,
alla lettera d), ((il numero 1) e')) sostituito dal seguente: 
    «1) del 30 per cento per quanto riguarda gli importi  dovuti  per
la violazione di cui all'articolo 3  del  decreto-legge  22  febbraio
2002, n. 12, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  23  aprile
2002, n. 73 e del 20 per cento per quanto riguarda gli importi dovuti
per la violazione delle  disposizioni  di  cui  all'articolo  18  del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,  all'articolo  12  del
decreto legislativo 17 luglio 2016, n. 136,  e  all'articolo  18-bis,
commi 3 e 4, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66;». 
  4. ((All'articolo 18 del)) decreto legislativo 10  settembre  2003,
n. 276((,)) sono apportate le seguenti modificazioni: 
    a) al comma 1: 
      1) il primo periodo e' sostituito  dal  seguente:  «L'esercizio
non autorizzato delle attivita'  di  cui  all'articolo  4,  comma  1,
lettere a) e b), e' punito con la pena dell'arresto fino a un mese  o
dell'ammenda di euro 60 per  ogni  lavoratore  occupato  e  per  ogni
giornata di lavoro.»; 
      2) il quarto periodo e' sostituito dal seguente: «Se non vi  e'
scopo  di  lucro,  la  pena  e'  dell'arresto  fino  a  due  mesi   o
dell'ammenda da euro 600 a euro 3.000.»; 
      3) il sesto periodo e' sostituito  dal  seguente:  «L'esercizio
non autorizzato delle attivita'  di  cui  all'articolo  4,  comma  1,
lettere d) ed e), e' punito con la pena dell'arresto fino a tre  mesi
o dell'ammenda da euro 900 ad euro 4.500»; 
      4) il settimo periodo e' sostituito dal seguente: «Se non vi e'
scopo di lucro, la pena e' dell'arresto fino a quarantacinque  giorni
o dell'ammenda da euro 300 a euro 1.500.»; 
    b) al comma 2, il primo periodo e' sostituito dal seguente:  «Nei
confronti dell'utilizzatore  che  ricorra  alla  somministrazione  di
prestatori di lavoro da parte di soggetti diversi da  quelli  di  cui
all'articolo 4, comma 1, lettera a),  ovvero  da  parte  di  soggetti
diversi da quelli di cui all'articolo  4,  comma  1,  lettera  b),  o
comunque al di fuori dei limiti ivi  previsti,  si  applica  la  pena
dell'arresto fino a un mese  o  dell'ammenda  di  euro  60  per  ogni
lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.»; 
    c) al comma 5-bis, il primo periodo e' sostituito  dal  seguente:
«Nei casi di appalto privo dei  requisiti  di  cui  all'articolo  29,
comma 1, e di distacco privo dei requisiti di  cui  all'articolo  30,
comma 1, l'utilizzatore e il somministratore sono puniti con la  pena
dell'arresto fino a un mese  o  dell'ammenda  di  euro  60  per  ogni
lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione.»; 
    d) ((dopo il comma 5-bis sono)) inseriti i seguenti: 
      ((«5-ter.)) Quando la somministrazione di lavoro  e'  posta  in
essere con la specifica finalita' di eludere  norme  inderogabili  di
legge  o  di  contratto  collettivo  applicate  al   lavoratore,   il
somministratore e l'utilizzatore sono puniti con la pena dell'arresto
fino a tre mesi o dell'ammenda di euro  100  per  ciascun  lavoratore
coinvolto e per ciascun giorno di ((somministrazione)). 
      ((5-quater.)) Gli importi delle sanzioni previste dal  presente
articolo sono aumentati  del  venti  per  cento  ove,  nei  tre  anni
precedenti, il datore di lavoro sia stato  destinatario  di  sanzioni
penali per i medesimi ((illeciti)). 
  ((5-quinquies.  L'importo  delle  pene   pecuniarie   proporzionali
previste dal presente articolo, anche  senza  la  determinazione  dei
limiti minimi o massimi, non puo', in ogni caso, essere  inferiore  a
euro 5.000 ne' superiore a euro 50.000.)) 
      ((5-sexies.)) Il  venti  per  cento  dell'importo  delle  somme
versate in sede amministrativa, ai sensi dell'articolo 15 del decreto
legislativo 23 aprile 2004, n. 124 e dell'articolo 21, comma 2, primo
periodo, del decreto  legislativo  19  dicembre  1994,  n.  758,  per
l'estinzione  degli  illeciti  di  cui  al  presente  articolo,  sono
destinate alle finalita' di cui all'articolo 1,  comma  445,  lettera
e), secondo periodo, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, secondo le
modalita' ivi previste, fermi restando i limiti di cui  alla  lettera
g) del medesimo ((comma 445».)) 
  5. L'articolo 38-bis del decreto legislativo 15 giugno  2015,  ((n.
81, e')) abrogato. 
  6. All'articolo 1 della legge 29 dicembre 2022, n.  197,  il  comma
354 e' sostituito dal seguente: 
    «354. In caso di superamento del limite di  durata  previsto  dal
comma 344, il rapporto di lavoro di cui ai commi da 343  al  presente
comma, oggetto della comunicazione di cui al comma 346, si  trasforma
in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In caso di  utilizzo  di
soggetti diversi da quelli  di  cui  al  comma  344,  si  applica  la
sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da  500
euro a 2.500 euro per ciascun lavoratore al  quale  si  riferisce  la
violazione,  salvo  che  la  violazione  del  comma  344   da   parte
dell'impresa agricola non derivi dalle informazioni incomplete o  non
veritiere contenute nell'autocertificazione resa  dal  lavoratore  ai
sensi del comma 345. Non si applica la procedura di  diffida  di  cui
all'articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124.». 
  7. All'esito di accertamenti ispettivi in materia di  lavoro  e  di
legislazione sociale, ivi compresa la tutela  della  salute  e  della
sicurezza nei luoghi di lavoro, in caso  non  emergano  violazioni  o
irregolarita',  l'Ispettorato  nazionale  del  lavoro   rilascia   un
attestato e iscrive, previo  assenso,  il  datore  di  lavoro  in  un
apposito elenco informatico consultabile  pubblicamente,  tramite  il
((sito  internet  istituzionale))   del   medesimo   Ispettorato,   e
denominato  «Lista  di  conformita'  INL».  L'iscrizione  nell'elenco
informatico di cui al primo periodo e' effettuata nel rispetto  delle
disposizioni di cui al regolamento  (UE)  2016/679  ((del  Parlamento
europeo  e  del  Consiglio,  del  27   aprile   2016,))   e   produce
esclusivamente gli effetti di cui al comma 8. 
  8. I datori di lavoro, cui e' stato rilasciato l'attestato  di  cui
al comma 7, non sono sottoposti, per un periodo di dodici mesi  dalla
data di iscrizione ((nella Lista di conformita' INL)),  ad  ulteriori
verifiche  da  parte  dell'Ispettorato  nazionale  del  lavoro  nelle
materie oggetto degli  accertamenti,  fatte  salve  le  verifiche  in
materia di salute e sicurezza nei  luoghi  di  lavoro,  le  eventuali
richieste di intervento, nonche' le attivita'  di  indagine  disposte
dalla Procura della Repubblica. 
  9. In caso  di  violazioni  o  irregolarita'  accertate  attraverso
elementi di prova successivamente acquisti dagli organi di vigilanza,
l'Ispettorato nazionale del lavoro provvede  alla  cancellazione  del
datore di lavoro dalla Lista di conformita' INL. 
  10. Nell'ambito degli appalti pubblici e privati  di  realizzazione
dei lavori edili, prima di procedere al saldo finale dei  lavori,  il
responsabile del progetto, negli appalti pubblici, e il  committente,
negli appalti privati, verificano la congruita' dell'incidenza  della
manodopera sull'opera complessiva, nei casi e secondo le modalita' di
cui al decreto del Ministro del  lavoro  e  delle  politiche  sociali
previsto dall'articolo 8, comma 10-bis, del decreto-legge  16  luglio
2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11  settembre
2020, n. 120. 
  11. Negli appalti pubblici di valore complessivo pari o superiore a
150.000  euro,  fermi   restando   i   profili   di   responsabilita'
amministrativo-contabile, l'avvenuto versamento del saldo  finale  da
parte del responsabile del progetto  in  assenza  di  esito  positivo
della verifica o di previa regolarizzazione della posizione da  parte
dell'impresa affidataria dei lavori, e'  considerato  dalla  stazione
appaltante ai fini della valutazione della performance dello  stesso.
L'esito dell'accertamento della violazione di cui al primo periodo e'
comunicato all'Autorita' Nazionale Anticorruzione  (ANAC),  anche  ai
fini  dell'esercizio  dei  poteri  ad  essa   attribuiti   ai   sensi
dell'articolo 222, comma 3, lettera  b),  del  codice  dei  contratti
pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36. 
  12. Negli appalti privati di valore complessivo pari o superiore  a
500.000 euro, il versamento del saldo finale,  in  assenza  di  esito
positivo della verifica o di previa regolarizzazione della  posizione
da parte dell'impresa affidataria dei lavori,  comporta  la  sanzione
amministrativa da euro 1.000 ad euro 5.000 a carico del committente. 
  13. All'accertamento della violazione di cui  ai  commi  11  e  12,
nonche', nel caso di appalti privati, all'irrogazione delle  relative
sanzioni provvedono gli organi di vigilanza in materia di lavoro e di
legislazione  sociale,  ferme  restando  le   rispettive   competenze
previste a legislazione vigente, anche sulla base di segnalazioni  di
enti pubblici e privati. 
  14. All'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 13, si
provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie  e  strumentali
disponibili  a  legislazione  vigente  e,  comunque,  senza  nuovi  o
maggiori oneri per la finanza pubblica. 
  15.  Al  fine  di  promuovere  il  miglioramento,  anche   in   via
progressiva, del livello qualitativo e quantitativo delle prestazioni
di lavoro, di cura e di assistenza in favore  delle  persone  anziane
non autosufficienti ((e di favorire)) la regolarizzazione del  lavoro
di cura prestato al domicilio della persona  non  autosufficiente,  a
decorrere dalla data che sara'  comunicata  dall'INPS  a  conclusione
delle procedure di ammissione a finanziamento sul Programma Nazionale
Giovani, Donne e Lavoro 2021-2027 previste dal comma 18 e fino al  31
dicembre 2025,  in  caso  di  assunzioni  o  trasformazioni  a  tempo
indeterminato di  contratti  di  lavoro  domestico  con  mansioni  di
assistente a soggetti anziani, con  una  eta'  anagrafica  di  almeno
ottanta anni, gia' titolari dell'indennita'  di  accompagnamento,  di
cui all'articolo 1, primo comma, della legge 11 febbraio 1980, n. 18,
e' riconosciuto per  un  periodo  massimo  di  ventiquattro  mesi  un
esonero dal versamento del 100 per cento dei  complessivi  contributi
previdenziali  ed  assicurativi  a  carico  del  datore   di   lavoro
domestico, nel limite massimo di importo di 3.000 euro su base annua,
riparametrato  e  applicato  su  base  trimestrale,  ferma   restando
l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche. 
  16. Il datore di lavoro destinatario della prestazione  di  cui  al
comma 15 deve possedere un valore  dell'indicatore  della  situazione
economica equivalente (ISEE) per le prestazioni agevolate  di  natura
sociosanitaria, ai sensi dell'articolo 6  del  ((regolamento  di  cui
al)) decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  5  dicembre
2013, n. 159, in corso di validita', non superiore a euro 6.000. 
  17. Il beneficio non  spetta  nel  caso  in  cui  tra  il  medesimo
lavoratore e il medesimo datore di lavoro o persona  del  suo  nucleo
familiare sia cessato un rapporto di lavoro domestico con mansioni di
assistente a soggetti anziani da meno di sei mesi, nonche' in caso di
assunzione di parenti o  affini,  salvo  che  il  rapporto  abbia  ad
oggetto lo svolgimento delle mansioni di cui ((all'articolo 1,  terzo
comma, numeri  da  1)  a  5))),  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1403. 
  18.  L'esonero  contributivo  di  cui  ai  commi  da  15  a  17  e'
riconosciuto nel limite massimo di spesa di 10 milioni  di  euro  per
l'anno 2024, 39,9 milioni di euro per l'anno 2025,  58,8  milioni  di
euro per l'anno 2026, 27,9 milioni di euro per l'anno 2027 e  di  0,6
milioni di euro per l'anno 2028 , a valere  sul  programma  nazionale
Giovani, donne e lavoro 2021-2027, subordinatamente alla modifica del
Programma  ed  all'ammissione  della  misura  al  finanziamento,  nel
rispetto delle procedure, dei vincoli territoriali e dei  criteri  di
ammissibilita'  allo   stesso   applicabili.   L'INPS   provvede   al
monitoraggio delle minori entrate contributive derivanti dai commi da
15 a 17 e qualora, anche in via prospettica, emerga il raggiungimento
del limite di spesa indicato al primo periodo  il  medesimo  Istituto
non prende in  considerazione  ulteriori  domande  per  l'accesso  ai
benefici contributivi di cui ai predetti commi. 
  19. Al fine  di  rafforzare  l'attivita'  di  contrasto  al  lavoro
sommerso e di vigilanza in materia di salute e sicurezza  sui  luoghi
((di lavoro,)) al decreto legislativo 9  aprile  2008,  n.  81,  sono
apportate le seguenti modificazioni: 
  ((a) l'articolo 27 e' sostituito dal seguente: 
  «Art. 27 (Sistema di qualificazione delle imprese e dei  lavoratori
autonomi tramite crediti). - 1. A decorrere dal 1° ottobre 2024, sono
tenuti al possesso della patente  di  cui  al  presente  articolo  le
imprese e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o
mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera a), ad esclusione  di
coloro  che  effettuano  mere  forniture  o  prestazioni  di   natura
intellettuale. Per le imprese e i lavoratori  autonomi  stabiliti  in
uno Stato membro dell'Unione europea diverso  dall'Italia  o  in  uno
Stato non appartenente all'Unione europea e' sufficiente il  possesso
di un documento equivalente rilasciato dalla competente autorita' del
Paese d'origine e, nel caso  di  Stato  non  appartenente  all'Unione
europea, riconosciuto  secondo  la  legge  italiana.  La  patente  e'
rilasciata,  in  formato  digitale,  dall'Ispettorato  nazionale  del
lavoro subordinatamente al possesso dei seguenti requisiti: 
  a) iscrizione alla camera di commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura; 
  b) adempimento, da parte dei datori di lavoro, dei  dirigenti,  dei
preposti, dei lavoratori autonomi e dei prestatori di  lavoro,  degli
obblighi formativi previsti dal presente decreto; 
  c) possesso del documento  unico  di  regolarita'  contributiva  in
corso di validita'; 
  d) possesso del documento  di  valutazione  dei  rischi,  nei  casi
previsti dalla normativa vigente; 
  e) possesso della certificazione di  regolarita'  fiscale,  di  cui
all'articolo 17-bis, commi 5 e 6, del decreto  legislativo  9  luglio
1997, n. 241, nei casi previsti dalla normativa vigente; 
  f)  avvenuta  designazione  del  responsabile   del   servizio   di
prevenzione e protezione, nei casi previsti dalla normativa vigente. 
  2. Il possesso dei requisiti di cui al comma 1  e'  autocertificato
secondo  le  disposizioni  del   testo   unico   delle   disposizioni
legislative   e   regolamentari   in   materia   di    documentazione
amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica  28
dicembre 2000, n. 445. Nelle  more  del  rilascio  della  patente  e'
comunque consentito lo svolgimento delle attivita' di cui al comma 1,
salva diversa comunicazione notificata dall'Ispettorato nazionale del
lavoro. 
  3. Con decreto del Ministro del lavoro e delle  politiche  sociali,
sentito l'Ispettorato  nazionale  del  lavoro,  sono  individuati  le
modalita' di presentazione della domanda per il  conseguimento  della
patente di cui al comma 1 e i  contenuti  informativi  della  patente
medesima nonche' i presupposti e il procedimento per  l'adozione  del
provvedimento di sospensione di cui al comma 8. 
  4. La patente e' revocata in caso di  dichiarazione  non  veritiera
sulla sussistenza di  uno  o  piu'  requisiti  di  cui  al  comma  1,
accertata in sede di controllo successivo al rilascio. Decorsi dodici
mesi dalla revoca, l'impresa o il lavoratore autonomo puo' richiedere
il rilascio di una nuova patente ai sensi del comma 1. 
  5. La patente e' dotata di un punteggio iniziale di trenta  crediti
e consente ai soggetti di cui al comma  1  di  operare  nei  cantieri
temporanei o mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera a),  con
una dotazione pari o superiore a quindici crediti.  Con  decreto  del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito  l'Ispettorato
nazionale del lavoro, sono individuati i criteri di  attribuzione  di
crediti ulteriori rispetto al punteggio iniziale nonche' le modalita'
di recupero dei crediti decurtati. 
  6. Il punteggio della patente  subisce  le  decurtazioni  correlate
alle risultanze dei provvedimenti definitivi  emanati  nei  confronti
dei datori di lavoro,  dirigenti  e  preposti  delle  imprese  o  dei
lavoratori autonomi, nei casi e nelle misure  indicati  nell'allegato
I-bis annesso  al  presente  decreto.  Se  nell'ambito  del  medesimo
accertamento ispettivo sono contestate  piu'  violazioni  tra  quelle
indicate nel citato allegato  I-bis,  i  crediti  sono  decurtati  in
misura non eccedente il doppio di quella prevista per  la  violazione
piu' grave. 
  7. Sono provvedimenti definitivi ai sensi del comma 6  le  sentenze
passate in giudicato e le ordinanze-ingiunzione di  cui  all'articolo
18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, divenute definitive. 
  8. Se nei cantieri di cui al comma 1 si verificano infortuni da cui
deriva la morte del lavoratore o un'inabilita' permanente, assoluta o
parziale, l'Ispettorato nazionale del lavoro puo' sospendere, in  via
cautelare, la patente di cui al presente articolo fino a dodici mesi.
Avverso il provvedimento di sospensione e' ammesso ricorso ai sensi e
per gli effetti dell'articolo 14, comma 14. 
  9. I provvedimenti definitivi di cui al comma  6  sono  comunicati,
entro   trenta   giorni,   anche    con    modalita'    informatiche,
dall'amministrazione che li ha emanati all'Ispettorato nazionale  del
lavoro ai fini della decurtazione dei crediti. 
  10. La patente con  punteggio  inferiore  a  quindici  crediti  non
consente alle  imprese  e  ai  lavoratori  autonomi  di  operare  nei
cantieri temporanei o mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera
a). In tal  caso  e'  consentito  il  completamento  delle  attivita'
oggetto di appalto o subappalto in  corso  di  esecuzione,  quando  i
lavori eseguiti sono  superiori  al  30  per  cento  del  valore  del
contratto, salva l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 14. 
  11. Fatto salvo quanto previsto dal  comma  2,  in  mancanza  della
patente o del documento equivalente previsti al comma 1, alle imprese
e ai lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili
di cui al citato articolo 89, comma 1, lettera a), si  applicano  una
sanzione amministrativa pari al 10 per cento del valore dei lavori e,
comunque, non inferiore a euro 6.000, non soggetta alla procedura  di
diffida di cui all'articolo 301-bis  del  presente  decreto,  nonche'
l'esclusione dalla partecipazione ai lavori pubblici di cui al codice
dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo  2023,
n. 36, per un periodo di sei mesi. Le stesse  sanzioni  si  applicano
alle imprese e  ai  lavoratori  autonomi  che  operano  nei  cantieri
temporanei o mobili di cui all'articolo 89, comma 1, lettera a),  con
una patente con punteggio inferiore a quindici crediti. Gli  introiti
derivanti dalle sanzioni di cui ai periodi precedenti sono  destinati
al bilancio dell'Ispettorato nazionale del  lavoro  e  concorrono  al
finanziamento  delle  risorse  necessarie   all'implementazione   dei
sistemi informatici necessari al rilascio e  all'aggiornamento  della
patente. 
  12.  Le  informazioni  relative  alla  patente  sono  annotate   in
un'apposita sezione  del  Portale  nazionale  del  sommerso,  di  cui
all'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 23 aprile 2004,  n.
124, unitamente a  ogni  utile  informazione  contenuta  nel  Sistema
informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro, di cui
all'articolo 8 del presente decreto. 
  13. L'Ispettorato nazionale del lavoro avvia il monitoraggio  sulla
funzionalita' del sistema della patente a crediti entro  dodici  mesi
dalla data di cui al comma 1 e trasmette al Ministero  del  lavoro  e
delle politiche sociali i dati raccolti per l'eventuale aggiornamento
dei decreti ministeriali previsti  dai  commi  3  e  5  del  presente
articolo. 
  14. L'applicazione delle disposizioni di cui ai commi  da  1  a  13
puo' essere estesa ad  altri  ambiti  di  attivita'  individuati  con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le
organizzazioni sindacali  dei  datori  di  lavoro  e  dei  lavoratori
comparativamente piu' rappresentative. 
  15. Non sono tenute al possesso della patente di  cui  al  presente
articolo le imprese in possesso dell'attestazione  di  qualificazione
SOA, in classifica pari o superiore alla  III,  di  cui  all'articolo
100, comma 4, del codice dei contratti pubblici  di  cui  al  decreto
legislativo n. 36 del 2023»)); 
    b) all'articolo 90, comma 9: 
      1) dopo la lettera b) e' inserita la seguente: 
        «b-bis) verifica il possesso della patente ((o del  documento
equivalente)) di cui all'articolo  27  nei  confronti  delle  imprese
esecutrici o dei lavoratori autonomi, anche nei casi  di  subappalto,
ovvero, per le imprese che non sono tenute al possesso della  patente
ai   sensi   ((del   comma   15))   del   medesimo    articolo    27,
((dell'attestazione di qualificazione)) SOA;»; 
      2) alla lettera c), le parole: «alle  lettere  a)  e  b)»  sono
sostituite dalle seguenti: «alle lettere a), b) e b-bis);»; 
    c) all'articolo 157, comma 1, la lettera c) e'  sostituita  dalla
seguente: 
      «c) con la  sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  711,92  a
2.562,91 euro per la  violazione  degli  articoli  90,  commi  7,  9,
lettere b-bis) e c), e 101, comma 1, primo periodo.». 
  ((c-bis) dopo l'allegato I e' inserito  l'allegato  I-bis,  di  cui
all'allegato 2-bis annesso al presente decreto.)) 
  20. Gli oneri derivanti dal comma 19, pari ad euro 3.250.000 per il
2024 ed euro 2.500.000 ((a decorrere)) dal 2025, sono  a  carico  del
bilancio  dell'Ispettorato  nazionale  del  lavoro.  ((A  decorrere))
dall'anno 2025 per  il  medesimo  Ispettorato  sono  conseguentemente
elevati nella misura di 2.500.000 euro  i  limiti  di  spesa  di  cui
all'articolo 1, comma 591, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. Alla
compensazione  dei  relativi  effetti  finanziari,  in   termini   di
fabbisogno e di indebitamento netto, pari a euro 2,5 milioni di  euro
annui a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente
riduzione del fondo per la compensazione degli effetti finanziari non
previsti a legislazione vigente  conseguenti  all'attualizzazione  di
contributi  pluriennali,  di  cui  all'articolo  6,  comma   2,   del
decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189. 
                             Art. 36 
Disposizioni  per  la  realizzazione   degli   interventi   volti   a fronteggiare il rischio di alluvione e il rischio  idrogeologico  e per la realizzazione degli interventi nei territori  colpiti  dagli eventi sismici ((del 2009, del 2016, del 2022 e del 2023)) 
 
 1. L'articolo 29, comma 1, del decreto-legge 24 febbraio  2023,  n.
13, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 aprile 2023, n. 41,
e l'articolo 225, comma 8, del codice dei contratti pubblici, di  cui
al decreto legislativo 31 marzo 2023,  n.  36,  si  interpretano  nel
senso che alle procedure di affidamento, relative agli interventi  di
cui all'articolo 22, comma 1, del decreto-legge 6 novembre  2021,  n.
152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021,  n.
233, indette successivamente al  1°  luglio  2023,  si  applicano  le
disposizioni derogatorie di cui agli articoli 4 e  14  dell'ordinanza
del capo del Dipartimento della  protezione  civile  n.  558  del  15
novembre 2018, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  n.  270  del  20
novembre 2018, fatto salvo il rispetto del  principio  DNSH  («Do  No
Significant Harm») ai sensi dell'articolo  17  del  regolamento  (UE)
2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2020.((1-bis. All'articolo 1, comma 701, della legge 30  dicembre  2020,
n. 178, le parole:  «al  31  dicembre  2024»  sono  sostituite  dalle
seguenti: «al 31 ottobre 2025».)) 
  2. All'articolo 15-ter del decreto-legge 17 ottobre 2016,  n.  189,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n.  229,
dopo il comma 2-bis e' aggiunto, in fine, il seguente: 
    «2-ter. Al fine di assicurare una piu'  celere  attuazione  degli
interventi di cui al comma 1 compresi negli allegati II e II-bis alla
parte seconda del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  il
soggetto  attuatore,  d'intesa  con  il  Presidente   della   regione
territorialmente competente, puo' chiedere al Ministero dell'ambiente
e  della  sicurezza  energetica  di  individuare  la  regione   quale
autorita' competente allo svolgimento della procedura di  valutazione
d'impatto ambientale (VIA) o della verifica  di  assoggettabilita'  a
VIA. Entro e non oltre i successivi  quindici  giorni,  il  Ministero
dell'ambiente e  della  sicurezza  energetica  comunica  al  soggetto
attuatore e alla regione la determinazione  in  merito  all'autorita'
competente. La verifica del  progetto  di  cui  all'articolo  42  del
codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo
2023, n. 36, comprende  anche  la  verifica  dell'ottemperanza  delle
condizioni ambientali stabilite  nel  provvedimento  di  verifica  di
assoggettabilita'  a  VIA  o  nel  provvedimento  di   VIA   di   cui
all'articolo 28, comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006.  A
tale fine, il soggetto preposto alla verifica  del  progetto  di  cui
all'articolo 42 del codice di cui al decreto legislativo  n.  36  del
2023 e'  individuato  come  soggetto  che  effettua  la  verifica  di
ottemperanza di cui all'articolo 28, comma 3, del decreto legislativo
n. 152 del 2006.». 
  ((2-bis. All'articolo 35 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n.  229,
dopo il comma 8 e' aggiunto il seguente: 
  «8-bis. Ai fini del presente articolo e per la tutela della salute,
della sicurezza e dei diritti dei lavoratori del  settore  edile,  il
Commissario straordinario adotta specifiche misure per il controllo e
la sicurezza nei cantieri, comprese forme di monitoraggio dei  flussi
della manodopera, anche tramite tecnologie innovative a carico  delle
imprese  di  cui  al  comma  3.  Tali  misure  possono  prevedere  la
comunicazione e  lo  scambio  di  informazioni  con  autorita',  enti
pubblici,  parti  sociali  e  datori  di   lavoro.   Il   Commissario
straordinario adotta, senza nuovi o maggiori  oneri  per  la  finanza
pubblica, le misure di cui al presente comma con provvedimenti di cui
all'articolo 2, comma 2, mediante i quali sono definiti anche i  tipi
di informazioni trattate e i soggetti obbligati alla raccolta o  alla
comunicazione. Gli esiti del monitoraggio dei  flussi  di  manodopera
sono messi a disposizione della Struttura di cui  all'articolo  30  e
delle prefetture - uffici territoriali del  Governo  territorialmente
competenti, anche  ai  fini  dell'esercizio  del  potere  di  accesso
previsto dall'articolo 93 del codice delle leggi  antimafia  e  delle
misure di prevenzione, di cui  al  decreto  legislativo  6  settembre
2011, n. 159, nonche' dell'Ispettorato nazionale del lavoro,  secondo
modalita'   stabilite   mediante   accordi   con    il    Commissario
straordinario».)) 
  ((2-ter. Il Commissario straordinario di cui all'articolo 2,  comma
2,  del  decreto-legge  11  gennaio  2023,  n.  3,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge 10 marzo 2023, n.  21,  sulla  base  delle
procedure e dei criteri  di  quantificazione  dei  danni  di  cui  al
decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni,
dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, provvede alla ricognizione  dei
fabbisogni per la ricostruzione, la riparazione o il ripristino delle
strutture e delle infrastrutture, pubbliche  e  private,  danneggiate
per effetto degli eventi sismici  che  hanno  colpito  il  territorio
della regione Marche il 9 novembre 2022 e il territorio della regione
Umbria il 9 marzo 2023, per i quali e' stato dichiarato lo  stato  di
emergenza di rilievo nazionale, rispettivamente, con le deliberazioni
del Consiglio dei ministri 11 aprile 2023, pubblicata nella  Gazzetta
Ufficiale n. 106 dell'8 maggio 2023,  e  6  aprile  2023,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 18 aprile 2023, i cui effetti sono
stati estesi dalla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 maggio
2023, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno  2023.
La ricognizione di cui al precedente periodo e' sottoposta al Governo
mediante una relazione trasmessa al Ministro per la protezione civile
e le politiche del mare entro sei  mesi  dalla  data  di  entrata  in
vigore   della   legge   di   conversione   del   presente   decreto.
All'attuazione del  presente  comma  si  provvede  nell'ambito  delle
risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili  a  legislazione
vigente,  senza  nuovi  o  maggiori  oneri  a  carico  della  finanza
pubblica.)) 
  ((2-quater. All'articolo 10, comma 1, del decreto-legge  30  aprile
2022, n. 36, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  29  giugno
2022, n. 79, sono aggiunti,  in  fine,  i  seguenti  periodi:  «Della
facolta'  di  cui  al  primo  periodo  possono  avvalersi  anche   le
amministrazioni  impegnate  per  gli  interventi  di   ricostruzione,
pubblica e privata, conseguenti ai sismi del 2009  e  del  2016.  Gli
incarichi  attribuiti  ai  sensi  del  terzo  periodo,  al  fine   di
assicurare la continuita' dell'azione amministrativa e facilitare  la
realizzazione degli investimenti finanziati con le risorse del  Piano
nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC)  nelle  aree
colpite dai sismi del 2009 e del 2016,  possono  essere  conferiti  a
soggetti collocati in quiescenza, anche se provenienti  dalla  stessa
amministrazione  conferente,  che  abbiano   maturato   significative
esperienze e professionalita' tecnico-amministrative nel campo  della
programmazione, della gestione, del monitoraggio e del controllo  dei
fondi  pubblici  nonche'  dello  svolgimento   delle   attivita'   di
responsabile  unico  del  procedimento,  anche   prescindendo   dalla
formazione di livello universitario, fermo restando  quanto  previsto
dall'articolo 1, comma 489, della legge 27 dicembre 2013, n.  147,  e
dagli articoli 14, comma 3, e 14.1, comma  3,  del  decreto-legge  28
gennaio 2019, n. 4, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  28
marzo 2019, n. 26».)) 
                               Art. 40 
Disposizioni in materia di riduzione dei tempi di pagamento da  parte
                   delle pubbliche amministrazioni 
 
1. All'articolo 6, comma  2,  dell'Allegato  II.14  al  Codice  dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 31  marzo  2023,  n. 36,  le  parole:  «quarantacinque  giorni»  sono   sostituite   dalle seguenti: «trenta giorni».

Principio della fiducia applicato al PPP : la presentazione “spontanea” della proposta di project financing nel nuovo Codice contratti pubblici (art. 193 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. III, 24.04.2024 n. 3747

7.6. D’altra parte, quanto all’aspetto di cui al precedente punto b), si è osservato in giurisprudenza che la norma del 2016, a differenza di quelle anteriori, non richiede più, con espressione se non generica, quantomeno astratta, una valutazione in termini di pubblico interesse della proposta di partenariato, ma qualifica in modo più specifico l’attività di cui è investita l’Amministrazione, richiedendosi un accertamento non tanto o non solo limitato alla rilevanza pubblicistica dell’iniziativa, che certamente pure deve sussistere, ma, penetrando sin da subito il dettaglio tecnico ed economico in cui è declinato il progetto, al fine di rilevarne la sua piena appetibilità per il mercato settoriale e, in definitiva, la sua realizzabilità, non solo in astratto, ma in concreto (cfr. Tar Lazio, sez. I-quater, 11 maggio 2017, n. 5702). Tale opzione, come osserva la stessa sentenza citata, è coerente con la ricostruzione normativa dell’iter di programmazione delle opere pubbliche, laddove ai fini dell’inserimento degli interventi negli atti di programmazione occorre che le amministrazioni ne abbiano valutato proprio la “fattibilità”, attraverso il progetto di fattibilità tecnica ed economica (PFTE) ovvero il documento di fattibilità delle alternative progettuali (DOCFAP) (articolo 21, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016). Inoltre, il riferimento a una valutazione di “fattibilità” autorizza le amministrazioni, proprio come nel caso di specie, a sollecitare le proposte progettuali degli operatori privati interessati ad assumere il ruolo di promotore in una procedura di project financing riservandosi una valutazione anche sulle caratteristiche tecniche delle proposte pervenute, oltre che sulla loro convenienza economica. E tale pratica è destinata a diventare ancora più frequente dopo che, con il d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, il comma 15 dell’articolo 183 è stato modificato in modo da consentire la presentazione “spontanea” di proposte di project financing anche per gli interventi già compresi nel programma delle opere pubbliche, oltre che per quelli che non vi sono compresi come era nella formulazione originaria della norma (la modifica è stata confermata anche nell’attuale articolo 193, comma 11, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36).

7.7. Con riguardo al punto a) di cui sopra, pare condivisibile anche l’assunto dell’appellante secondo cui l’avviso pubblicato dall’Amministrazione per l’acquisizione di manifestazioni di interesse, per il modo stesso in cui era predisposto (procedura di valutazione comparativa con tanto di indicazione di criteri e sub criteri per i vari aspetti tecnici delle proposte che sarebbero pervenuti, e di un distinto punteggio per gli aspetti economici e per il piano economico e finanziario – PEF), era tale da indurre gli operatori economici a puntare anche sul pregio tecnico della proposta da elaborare, oltre che sulla convenienza economica, configurandosi come autovincolo ai fini della successiva valutazione delle proposte: in questo senso, anche se non applicabile ratione temporis alla vicenda per cui è causa, può assumere un rilevante valore interpretativo l’attuale articolo 2, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2023, il quale, nel declinare il principio della fiducia (uno dei principi fondamentali della materia dei contratti pubblici), e con previsione estesa all’intero ambito “delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti”, valorizza il rispetto, fra gli altri, degli “auto-vincoli amministrativi” quale circostanza in presenza della quale non sussiste la colpa grave dell’agente pubblico, con formulazione anch’essa ampia che certamente si presta a ricomprendere anche la fase pre-procedimentale del project financing, ove “procedimentalizzata” come è avvenuta nel caso in esame.

Penali in sede di esecuzione e limite di realizzabilità dell’ offerta

Consiglio di Stato, sez. IV, 24.04.2024 n. 3739

Il Collegio condivide l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui “La comminatoria di penali in sede esecutiva ha infatti la funzione di sanzionare il mancato assolvimento dell’obbligo negoziale: laddove la verifica della praticabilità del contenuto dell’offerta ha la diversa (ed anzi opposta: in chiave di prevenzione di possibili inadempimenti) funzione di tutelare l’interesse della stazione appaltante a scegliere un contraente affidabile e a selezionare, con l’attribuzione del relativo punteggio, un’offerta seria. Portando ad estreme conseguenze l’argomento dell’appellante si avrebbe che l’offerente – in base ad una valutazione di convenienza economica – potrebbe deliberatamente offrire una prestazione impossibile, pur di aggiudicarsi la commessa, salvo monetizzare in termini di penali i propri inadempimenti: il che, a tacer d’altro, altererebbe un corretto esplicarsi della dinamica concorrenziale sottesa al procedimento di evidenza pubblica e frustrerebbe l’interesse dell’Amministrazione a selezionare il miglior contraente e la migliore offerta cui il medesimo procedimento è pure funzionale. Altro è infatti l’imprevisto ed episodico mancato rispetto degli impegni negoziali ed altro è una proposta contrattuale fondata su impegni a priori non mantenibili, o comunque con la riserva di verificarne l’effettiva praticabilità a valle” (cfr. Cons. Stato, sez. III, sentenza n. 4225 del 26 maggio 2022 – par. 5.1.).

Requisiti speciali e servizi analoghi : orientamenti consolidati

Consiglio di Stato, sez. IV, 24.04.2024 n. 3738

È dunque, rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante l’individuazione degli elementi oggetto di valutazione dei concorrenti.
I requisiti speciali sono, infatti, previsti dalla singola stazione appaltante nella lex specialis per garantire che, in considerazione dell’oggetto e del valore del contratto, siano ammessi al procedimento comparativo esclusivamente soggetti ‘affidabili’ poiché professionalmente, finanziariamente e tecnicamente qualificati per lo svolgimento della specifica prestazione (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 27.3.2019, n. 6).
In linea generale, sul tema della scelta dei requisiti di partecipazione un consolidato orientamento giurisprudenziale ha chiarito che:
“I requisiti di partecipazione ad una gara sono fissati dall’autorità amministrativa con ampia discrezionalità, sindacabile solo per manifesta arbitrarietà ed irragionevolezza.
Detto potere discrezionale, lungi dall’essere espressione di mero arbitrio dell’amministrazione aggiudicatrice, costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 Cost. e si sostanzia quindi nel potere-dovere di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione degli specifici requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare.
La scelta di fissare specifici requisiti di ammissione e/o di partecipazione ad una gara pubblica (rispetto, ad esempio, a quelli minimi stabiliti dalla legge e/o a quelli presuntivamente risultanti dalla certificazione di iscrizione in un elenco ufficiale di prestatore di servizi) ai fini della dimostrazione del possesso dell’adeguata capacità economico-finanziaria è ampiamente discrezionale, impinge nel merito dell’azione amministrativa e si sottrae, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che essa non sia ictu oculi manifestamente irragionevole, irrazionale, arbitraria, sproporzionata, illogica e contraddittoria (in termini, Cons. Stato, V, 1° giugno 2001, n. 2973; V, 31 dicembre 2003, n. 9305; VI, 10 ottobre 2002, n. 5442)” [in questi esatti termini: Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2023, n. 431; Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2018, n. 116].
In relazione medesima tematica (cfr. Cons. Stato, sez. III, 17 novembre 2020, n. 7138, in cui si richiama la sentenza n. 1076 del 12 febbraio 2020 della stessa Terza sezione) è stato ulteriormente affermato che: “nella dialettica fra tutela della concorrenza e perseguimento dell’interesse pubblico primario l’amministrazione gode di un’ampia discrezionalità nella selezione dell’oggetto (e delle caratteristiche tecniche) dell’appalto, in funzione degli standards organizzativi e di efficienza delle relative prestazioni (in tesi anche molto elevati, purché non irragionevoli), dovendo l’offerta adattarsi alla domanda e non viceversa”. Ed ancora che: “A partire alla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99, è acquisito il principio per cui la tutela della concorrenza nel settore dei contratti pubblici implica anche la capacità dell’impresa di stare sul mercato offrendo prodotti competitivi per soddisfare una domanda pubblica qualificata, in relazione ai sottostanti interessi della collettività (secondo la logica del contratto pubblico come strumento a plurimo impiego). La positivizzazione di tale principio è scolpita nella direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara. (….) La rilevanza della tutela della salute, sottesa alla previsione di livelli di competenza tecnica e standard qualitativi così elevati … consentono …. l’introduzione di un requisito proporzionato alla prestazione che si intende acquisire, nonché al perseguimento dell’interesse pubblico ad essa sotteso. A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito. In ragione di ciò, il sindacato del giudice amministrativo deve limitarsi alla verifica del rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non estraneità rispetto all’oggetto di gara (ex plurimis: Cons. Stato, sez. III, 07/07/2017, n. 3352; Cons. Stato, V, 26 luglio 2017, n. 3105; Cons. Stato, Sez. V, 4 gennaio 2017, n. 9; Cons. Stato, V, 8 settembre 2008, n. 3083; VI, 23 luglio 2008, n. 3655)”. Pertanto: “il punto di equilibrio del sistema non è dato, sulla base dell’argomentazione sopra richiamata, dal numero di concorrenti operanti sul mercato in grado di offrire il prodotto richiesto (uno, ovvero tre), ma dall’esistenza o meno di una ragionevole e proporzionata esigenza del committente pubblico che giustifica la domanda di un prodotto offerto solo da poche imprese (in tesi, anche da una soltanto: come nel caso esaminato dalla sentenza della Corte di Giustizia, 17 settembre 2002, in causa C-513/99)”. In altri termini: “l’interesse pubblico alla tutela della concorrenza portato dalla normativa sui contratti pubblici è funzionale comunque alla tutela dell’interesse dell’amministrazione all’acquisizione di beni o servizi destinati a soddisfare le specifiche esigenze della collettività di cui essa è attributaria, come definite nella lex specialis di gara. (….) La natura del procedimento di evidenza pubblica come sede nella quale vengono create artificialmente le condizioni di concorrenza non deve infatti far perdere di vista la funzione del procedimento medesimo, che è quella, pur in un contesto concorrenziale, di acquisire beni e servizi maggiormente idonei a soddisfare l’interesse pubblico specifico portato dall’amministrazione aggiudicatrice”. Nella medesima direzione è stato ulteriormente chiarito che: “Il sindacato ammissibile si incentra dunque sulla proporzionalità e ragionevolezza della scelta della stazione appaltante”.

Tali considerazioni sono ulteriormente riscontrate dalla giurisprudenza che ha esaminato la corretta interpretazione del concetto di “servizio analogo”.
Secondo un consolidato indirizzo interpretativo, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il concetto di ‘servizi analoghi’ va inteso ‘non come identità ma come mera similitudine’, tra le prestazioni richieste (Cons. Stato, n. 293 del 2020; id. n. 1608 del 2017; id. n. 3717 del 2015).
In questa prospettiva, le prestazioni in precedenza svolte dall’operatore non devono coincidere esattamente con il servizio oggetto di gara, essendo sufficiente l’esistenza di un’analogia o inerenza tra le attività considerate (Cons. Stato 4.1.2017, n. 9), analogamente a quanto già osservato con riguardo al criterio dell’idoneità professionale.
Laddove la lex specialis richieda ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di ‘servizi analoghi’ la stazione appaltante “non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell’appalto né ad assimilare impropriamente il concetto di ‘servizi analoghi’ con quello di ‘servizi identici’, dovendosi pervenire al contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche, dal momento che la locuzione ‘servizi analoghi’ non si identifica con ‘servizi identici”(Cons. Stato, n. 5040 del 2018).
La giurisprudenza ha in più occasioni precisato la ratio sottesa al concetto di ‘servizi analoghi’ chiarendo che “tale nozione – la cui ratio si rinviene comunemente nel perseguimento di un opportuno contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato e il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche – consente la spendibilità dei servizi rientranti nel medesimo settore imprenditoriale o professionale cui afferisce l’appalto, cosicché possa ritenersi che grazie ad esso il concorrente abbia maturato la capacità di svolgere quest’ultimo “(Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2019, n. 1736)”.
Sotto un concorrente profilo, va inoltre evidenziato che, secondo un consolidato indirizzo interpretativo, l’interpretazione della lex specialis di gara deve essere condotta secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in modo da escludere soluzioni interpretative eccessivamente restrittive e con un effetto sostanzialmente anticoncorrenziale. Ne consegue che il concetto di ‘servizio analogo’ va inteso, anche sotto quest’ultimo profilo, non come identità, ma come mera similitudine tra prestazioni richieste, tenendo conto che l’interesse pubblico sottostante non è certamente la creazione di una riserva a favore degli imprenditori già presenti sul mercato ma, al contrario, l’apertura del mercato attraverso l’ammissione alle gare di tutti i concorrenti per i quali si possa raggiungere un giudizio complessivo di ‘affidabilità’.
All’opposto, la nozione di ‘servizi identici’ individua una ‘categoria chiusa di prestazioni aventi medesima consistenza di tipo e funzione, sì da collidere con il precetto conformante le procedure di gara inteso a garantire la massima partecipazione delle imprese operanti nel medesimo segmento di mercato (così Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2023, n. 564).

Regolarità fiscale : non basta accertamento del cassetto fiscale e del certificato dell’ Agenzia Entrate. Sentenza Adunanza Plenaria Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 24.04.2024 n. 7

6. Ravvisando, tra i riferiti orientamenti interpretativi un possibile contrasto giurisprudenziale, la Sezione ha ritenuto di dover rimettere a questa Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:
i) se, fermo restando il principio della insussistenza di un potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni dell’Agenzia delle entrate attestanti l’assenza di irregolarità fiscali a carico dei partecipanti a una gara pubblica, le quali si impongono alla stessa amministrazione, il principio della necessaria continuità del possesso in capo ai concorrenti dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure selettive comporti sempre il dovere di ciascun concorrente di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsiasi irregolarità che dovesse sopravvenire in corso di gara;
ii) se, correlativamente, sussista a carico della stazione appaltante, ferma restando la richiamata regola della sufficienza delle certificazioni rilasciate dalle Autorità competenti, il dovere di estendere la verifica circa l’assenza di irregolarità in capo all’aggiudicatario della procedura in relazione all’intera durata di essa, se del caso attraverso l’acquisizione di certificazioni estese all’intero periodo dalla presentazione dell’offerta fino all’aggiudicazione;
iii) se, in ogni caso e a prescindere dalla sufficienza o meno delle verifiche condotte dalla stazione appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione possa dimostrare, e con quali mezzi, che in un qualsiasi momento della procedura di gara l’aggiudicataria ha perso il requisito dell’assenza di irregolarità con il conseguente obbligo dell’amministrazione di escluderlo dalla procedura stessa.

[…]

1. Occorre partire dall’esame delle questioni sottoposte con l’ordinanza di rimessione.
2. Il Collegio non ravvisa, innanzitutto, l’ipotizzato contrasto giurisprudenziale posto a fondamento del primo quesito.
E invero, va ribadito l’orientamento per il quale i certificati rilasciati dalle autorità competenti, in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente, hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti: tale orientamento riguarda, unicamente, il profilo della prova circa la sussistenza del requisito e degli accertamenti richiesti al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni all’uopo rese dal concorrente in sede di gara, come si desume dall’art. 86, comma 2, del D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 80, applicabile alla fattispecie ratione temporis (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; 4 maggio 2012, n. 8; Sez. III, 18 dicembre 2020 n. 8148; Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).
L’ulteriore orientamento, anch’esso da ribadire, che secondo la Sezione remittente si contrapporrebbe al primo, fa, invece, riferimento al regime sostanziale dei requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis, affermando la necessità che gli stessi siano posseduti dal concorrente a partire dal momento della presentazione dell’offerta e sino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale (ex plurimis, Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; 12 febbraio 2018, n. 856; Sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2113).
Il concorrente che partecipa a una procedura a evidenza pubblica deve possedere, continuativamente, i necessari requisiti di ammissione e ha l’onere di dichiarare, sin dalla presentazione dell’offerta, l’eventuale carenza di uno qualunque dei requisiti e di informare, tempestivamente, la stazione appaltante di qualsivoglia sopravvenienza tale da privarlo degli stessi.
L’art. 85, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 dispone che il concorrente, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, autodichiari, attraverso il documento di gara unico europeo (DGUE), l’assenza di cause di esclusione di cui al precedente art. 80.
Pur se l’art. 85 non prevede espressamente il dovere di comunicare alla stazione appaltante le eventuali cause di esclusione dalla gara verificatesi in un momento successivo alla presentazione dell’offerta, il relativo onere dichiarativo deve ricollegarsi, alla necessità, sancita dall’art. 1, comma 2-bis, della L. 7 agosto 1990, n. 241, che: “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione (siano) improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.
Tale disposizione, infatti, ha posto un principio generale sull’attività amministrativa e si estende indubbiamente anche allo specifico settore dei contratti pubblici (Cons. Stato, Sez. III, 19 febbraio 2024, n. 1591; Sez. V, 16 agosto 2021, n. 5882).
Poiché i requisiti di partecipazione devono sussistere per tutta la durata della gara e sino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali), discende, de plano, il dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all’intero periodo (Cons. Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; 25 febbraio 2014, n. 10; Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2231; Sez. III, 10 novembre 2021, n. 7482).
La regola si desume anche dall’art. 80, comma 6, del D. Lgs. n. 50 del 2016, il quale stabilisce che: “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.
A tal fine, con specifico riguardo al requisito concernente l’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi), ai sensi dell’art. 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto.
In tal senso è, dunque, la risposta ai primi due quesiti posti con l’ordinanza di rimessione.

3. Con riferimento all’ultimo quesito prospettato, va, infine, puntualizzato che, indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara.
Per quanto riguarda la certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, ovvero dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), per la consolidata giurisprudenza compete al giudice amministrativo accertare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale), nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023).

4. Alla luce degli enunciati principi di diritto, è ora possibile passare ad affrontare, partitamente, le questioni oggetto del contendere.

5. Col primo motivo dell’appello principale, la -OMISSIS- lamenta, in sostanza, che la -OMISSIS- doveva essere esclusa dalla gara perché priva, al momento della presentazione dell’offerta, della regolarità fiscale, in conseguenza di un debito, grave e definitivamente accertato, col Segretariato Generale della Giustizia amministrativa, derivante dal mancato pagamento di una sanzione pari a 18.000 euro, irrogata in conseguenza del ritardato pagamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.
Da qui l’errore del Tribunale nell’aver ritenuto insussistente la prospettata carenza del requisito in parola e la violazione del conseguente onere dichiarativo gravante sull’aggiudicataria.
La doglianza va esaminata congiuntamente al primo motivo dell’appello incidentale.
Con esso si deduce che il giudice di prime cure, invece, che respingere il motivo concernente l’asserita mancanza della regolarità fiscale, avrebbe dovuto dichiararlo inammissibile, in quanto né alla data della presentazione dell’offerta, né a quella dell’aggiudicazione, sarebbero emerse, a carico della -OMISSIS-, violazioni fiscali gravi, definitivamente accertate, idonee a integrare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, come risulterebbe dalle certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle Entrate e dell’ANAC (AVCPASS), facenti fede fini a querela di falso.
Del resto, al momento della presentazione dell’offerta, non sarebbe emersa, dall’esame del ‘cassetto fiscale’ della -OMISSIS-, l’esistenza di alcun debito.
Solo successivamente, nel ‘cassetto’ sarebbero state inserite alcune cartelle di pagamento, una delle quali, tra l’altro, concernente il debito di 18.000 euro di cui sopra, estinto, in corso di gara, prima della notifica della relativa cartella esattoriale.
L’appellante principale, dal canto suo, non avrebbe prodotto a sostegno della propria censura alcuna documentazione, avendo desunto la dedotta carenza della regolarità fiscale, unicamente da una dichiarazione resa dalla -OMISSIS-, per mero scrupolo, in altra gara.
In ogni caso, il debito di che trattasi non avrebbe natura tributaria, costituendo una mera “spesa del processo”, versata direttamente all’ufficio giudiziario.

6. I due contrapposti motivi, più sopra sinteticamente riassunti, ruotando, sostanzialmente, attorno a una medesima questione, si prestano a una trattazione congiunta.
Il motivo dell’appello principale è fondato, mentre non lo è quello dell’impugnazione incidentale.
Occorre preliminarmente rilevare che, come già evidenziato dalla Sezione remittente, il contributo unificato va ascritto alla categoria delle entrate tributarie, delle quali condivide tutte le caratteristiche essenziali, “quali la doverosità della prestazione e il collegamento della stessa ad una pubblica spesa, cioè quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante” (cfr. Corte Cost., 7 febbraio 2005, n. 73; Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785; Cass. Civ., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 9840).
Identica natura fiscale va riconosciuta alle sanzioni pecuniarie conseguenti al mancato o al ritardato pagamento del contributo unificato, trattandosi di obbligazioni accessorie che hanno fondamento in un rapporto di tipo tributario (si veda l’art. 2, comma 1, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, infatti, attribuisce la giurisdizione sulle sanzioni in parola al Giudice Tributario).
Il mancato pagamento delle sanzioni irrogate a seguito del mancato versamento del contributo unificato nei tempi previsti integra la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50 del 2016, laddove la violazione sia grave e definitivamente accertata.
Ciò posto, nel caso di specie la -OMISSIS- risultava priva del requisito della regolarità fiscale.
Come correttamente dedotto dall’appellante principale, al momento della presentazione dell’offerta, l’aggiudicataria risultava, infatti, in debito, col Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, della somma di 18.000 euro, quale sanzione per il mancato tempestivo versamento del contributo unificato dovuto per l’iscrizione a ruolo del ricorso in appello r.g. 202005062.
La violazione della detta obbligazione tributaria era grave e definitivamente accertata: ‘grave’, in quanto superiore alla soglia di 5.000 euro, fissata dall’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, espressamente richiamato dall’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016, nonché ‘definitivamente accertata’, poiché, l’invito di pagamento, valevole quale atto di accertamento della debenza, sia in relazione al contributo unificato dovuto, sia, ai sensi dell’art. 17, comma 1, della L. 18 dicembre 1997, n. 472, con riguardo alle sanzioni pecuniarie da corrispondere per il caso di mancato o ritardato versamento dello stesso, era stato, correttamente, notificato alla -OMISSIS- all’indirizzo del difensore presso il quale aveva eletto domicilio (si vedano le dichiarazioni in tal senso rese dalla detta società), così come, espressamente, previsto dall’art. 248, comma 2, del D.P.R. n. 115 del 2002.
Tale disposizione, peraltro, è stata ritenuta conforme alla Costituzione dalla Corte Costituzionale, che, con la sentenza 29 marzo 2019, n. 67, ha affermato che “la notifica al domicilio eletto non viola il «fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l’ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell’atto e l’oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti» (sentenza n. 346 del 1998).[…].
D’altronde l’onere di diligenza e cooperazione che si richiede in capo al destinatario si concretizza nell’onere di acquisire informazioni dal domiciliatario in ordine al processo e alle incombenze ad esso connesse (compreso dunque l’obbligo di pagare il contributo)”.
L’invito di pagamento non è stato impugnato, con conseguente cristallizzazione della obbligazione concernente tanto il contributo unificato, quanto la sanzione pecuniaria (Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; idem 14 aprile 2020, n. 2397; Cass. Civ., Sez. Trib., 7 luglio 2022, n. 21538).
La circostanza, addotta dall’appellante incidentale, che il proprio difensore non le avesse comunicato l’avvenuta notifica dell’invito di pagamento, è, poi, ininfluente ai fini di causa, risultando incontroversa la sussistenza del debito.
D’altra parte, l’art. 14, comma 1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, stabilisce che la parte “che deposita il ricorso introduttivo … è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato”, per cui la -OMISSIS- rispondeva a suo tempo del debito, pur se – per quanto è stato dedotto – si era impegnata al pagamento l’altra società congiuntamente alla quale aveva proposto l’appello r.g. 202005062 (la -OMISSIS-).
A parte ogni considerazione sulla prova di tale circostanza va rilevato che l’obbligazione tributaria in questione gravava a suo tempo su entrambe le parti appellanti, ai sensi dell’art. 14 sopra citato.
Diversamente da quanto sostiene la -OMISSIS-, nessuna rilevanza ha, poi, ai fini di causa, la disposizione contenuta nell’art. 13, comma 6-bis.1, del D.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui: “L’onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza”.
La disposizione, infatti, si limita a individuare la parte su cui debba gravare l’onere economico del contributo unificato, una volta passata in giudicato la sentenza che definisce il giudizio, ma non incide sull’identificazione del soggetto passivo del tributo.
Nel descritto contesto, non rileva il fatto che al momento della presentazione dell’offerta nel cassetto fiscale della -OMISSIS- non risultassero pendenze tributarie o che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC tramite l’AVCPASS.
Infatti, il contributo unificato non rientra tra le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate, per cui i debiti a esso relativi non vengono iscritti nel ‘cassetto fiscale’.
Solo a seguito dell’emissione del ruolo e della sua consegna all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per la procedura esattoriale, l’esistenza del debito è comparsa, attraverso l’indicazione della relativa cartella, nel ‘cassetto fiscale’, ma senza alcuna influenza sulla regolarità fiscale della -OMISSIS-, ormai già insussistente.
Analoghe considerazioni vanno svolte quanto al certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate, il quale attesta la situazione fiscale del contribuente unicamente con riguardo alle imposte gestite dal detto ufficio, mentre non rileva per i tributi gestiti da altre amministrazioni, come per l’appunto il contributo unificato.
Altrettanto irrilevante, ai fini di causa, deve ritenersi il documento acquisito tramite il sistema AVCPASS.
Tale documento non reca alcuna indicazione in ordine a eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato e delle relative sanzioni, come si ricava dalla delibera 20 dicembre 2012, n. 111, e succ. mod. e integr., con cui l’ANAC, in attuazione di quanto previsto dall’art. 6-bis del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ha istituito tale sistema.
Difatti, l’art. 5 della delibera n. 111 del 2012, che elenca gli enti certificanti tenuti a mettere a disposizione la documentazione e i dati in proprio possesso, relativi ai requisiti di carattere generale per la partecipazione alle gare, non individua, tra di essi, il Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, per cui, l’esistenza dei eventuali debiti fiscali nei confronti di quest’ultimo non emerge dal documento rilasciato dall’ANAC.
In ogni caso, come più sopra rilevato, nell’ambito del giudizio contro il provvedimento di aggiudicazione di una gara, il giudice ha sempre il potere di accertare la idoneità e la completezza delle certificazioni rilasciate dalle competenti amministrazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione.

Equo compenso e requisiti speciali SIA : nota ANAC a Ministero Infrastrutture, Ministero Economia e Cabina di Regia

ANAC interviene nuovamente con un invito alla Cabina di Regia, anche al Ministro dell’Economia e al Ministro delle Infrastrutture affinché si proceda con urgenza a fare chiarezza su equo compenso e requisiti speciali per la partecipazione alle gare per servizi di ingegneria ed architettura.

“La questione è rilevante e necessita di tempestiva soluzione”. “E’ estremamente urgente un intervento interpretativo o normativo delle Istituzioni che possa consentire la corretta e uniforme applicazione della normativa di riferimento”. “In mancanza di diverse indicazioni interpretative – viene scritto nella nota – Anac procederà aderendo alle opzioni regolatorie ritenute più adeguate”.

Requisiti speciali per la partecipazione alle gare
Per quanto riguarda i requisiti speciali per la partecipazione alle gare, l’Autorità “conferma l’esistenza di un vuoto normativo superabile soltanto con un intervento del legislatore. Nel frattempo, l’Autorità ritiene opportuno invitare le stazioni appaltanti ad adottare comportamenti volti a favorire la massima partecipazione e a scongiurare l’adozione di comportamenti discriminatori”. Sempre nell’ottica del favor partecipationis, l’Autorità ritiene opportuno “far riferimento, nell’individuazione dei requisiti di partecipazione, alle indicazioni fornite nelle Linee guida n. 1 e al dettato del codice, secondo cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese.”

Disciplina sull’equo compenso
L’Autorità ritiene che “i due ambiti normativi (codice dei contratti pubblici e legge n. 49/2023) vadano adeguatamente coordinati tra loro, accedendo ad una soluzione interpretativa che eviti l’insorgere di contrasti. Nel definire il rapporto esistente tra i due sistemi, occorre infatti considerare che la Legge n. 49/2023, sebbene successiva al Codice, non ha derogato espressamente allo stesso, ai sensi del relativo art. 227, e pertanto la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina. D’altra parte, lo stesso art. 3, co. 3 della Legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei”.

“Occorre inoltre evidenziare che anche il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023 – scrive Anac nella nota -, pur dovendo naturalmente orientarsi nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati, oltre che con modalità adeguate al meccanismo della gara pubblica. È prevista l’applicazione di specifici meccanismi volti a scongiurare la presentazione di offerte eccessivamente basse e, quindi, non sostenibili (la disciplina sull’anomalia dell’offerta, la possibilità di prevedere un’appropriata ponderazione tra punteggio qualitativo ed economico, la possibilità di utilizzare formule per il punteggio economico che disincentivino eccessivi ribassi)”.

“Così interpretato, il quadro normativo di riferimento appare coerente sia a livello nazionale che a livello europeo. Sotto quest’ultimo profilo occorre considerare che l’articolo 3, comma 3, della Legge n. 49/2023 fa salve dalla sanzione della nullità le clausole che prevedono l’applicazione di compensi inferiori ai minimi tabellari in quanto riproduttive di disposizioni di legge (tra cui rientrano le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici) o attuative di principi europei (tra cui il principio di concorrenza)”.

“Appare opportuno evidenziare, altresì, che la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza. Come chiarito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 4/7/2019, Causa C-377/2017, infatti, in materia di compensi professionali, l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi, posizione confermata dalla successiva sentenza del 25/1/2024, Causa C-438/2022 secondo cui le tariffe minime relative al compenso professionale degli avvocati devono essere disapplicate in quanto contrastanti con il principio di concorrenza”.

“È inoltre opportuno evidenziare che la legge n. 49/2023 è applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 del Codice civile (contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui è necessario ripristinare l’equilibrio sinallagmatico. I contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura, invece, sono normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex articolo 1655 del Codice civile, con cui una parte assume l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio”.

“Nel merito si ritiene utile considerare che la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, rappresenta un elemento essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche e che l’eventuale limitazione alle sole spese generali o all’elemento qualitativo rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori, più giovani, meno strutturati e di minore esperienza.
Sotto il profilo della spesa pubblica, l’Autorità ritiene ulteriormente necessario mettere in evidenza che, ai sensi dell’articolo 13 della Legge n. 49/2023, dall’attuazione della stessa legge “non devono derivare, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, circostanza che, invece, si realizzerebbe in caso di gare a prezzo fisso. L’opzione individuata consente di mantenere il quadro economico finanziario della programmazione che è già stata fatta per gli investimenti del Pnrr, quadro economico -finanziario che invece rischierebbe di essere compromesso, con evidenti ricadute sui tempi di attuazione ed aumento del contenzioso, in caso di valutazioni diverse. Considerazioni analoghe possono essere effettuate anche per gli investimenti non legati al Pnrr”.

“Infine – aggiunge ancora Anac -, va considerato che l’applicazione dell’articolo 3, comma 5, della richiamata legge n. 49/2023, che ammette il ricorso al giudice civile per contestare l’affidamento ad un prezzo inferiore rispetto a quello definito in ossequio all’allegato I.13 del d. lgs 36/2023, oltre a determinare una sovrapposizione con i poteri e le competenze delle stazioni appaltanti in termini di verifica della congruità delle offerte, produrrebbe una situazione di assoluta instabilità e incertezza sull’affidamento e sulle relative condizioni, con evidenti ripercussioni sulla spesa pubblica. In particolare, l’esito positivo del giudizio ordinario comporterebbe la necessaria modifica del quadro economico finanziario dell’intervento, con conseguenti ricadute, anche sulla capacità di spesa futura, che appaiono tanto più evidenti per gli interventi finanziati con i fondi del Pnrr”.

Principi di massima partecipazione ed accesso al mercato : interpretazione compatibile con oggetto dell’ appalto ed esigenza di economie di scala per la riduzione della spesa pubblica (art. 10 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. V, 22.04.2024 n. 3663

14.4. Peraltro l’interpretazione letterale è confortata anche dall’interpretazione in chiave teleologica, riferita alla ratio dell’indicata previsione della lex specialis di gara, in quanto, come correttamente evidenziato dal primo giudice, dovendo i contrattia attuativi essere eseguiti in parallelo nel medesimo lasso temporale, e trovando gli stessi la loro fonte in un unico accordo quadro, il concorrente doveva essere in grado di dimostrare di avere i prescritti requisiti di capacità economica finanziaria e tecnica organizzativa per far fronte al complesso delle prestazioni da essi complessivamente discendenti.
14.5. Né la predetta opzione ermeneutica, del tutto coerente con il dato letterale della lex specialis di gara e con l’interpretazione teologica, stride con il principio di proporzionalità dei requisiti di capacità rispetto all’oggetto dell’appalto, quale codificato nell’art. 83 comma 2 d.lgs. 50 del 2016, invocato da parte appellante, dovendo nella fattispecie de qua l’oggetto dell’appalto essere correlato alla procedura unitaria e non ai singoli contratti attuativi.
14.5.1. Né avuto riguardo all’oggetto della procedura, quale innanzi ricostruita in termini unitari, può soccorrere in chiave meramente interpretativa il richiamo operato da parte appellante al principio di proporzionalità contenuto nel nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 e segnatamente nell’art. 10 comma 3 “Principi di tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione” secondo cui “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese”.
Ed invero detto disposto, come evidenziato nella relazione al Codice, introduce certamente un favor per l’accesso al mercato ma compatibilmente con l’oggetto del contratto e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica.

Convenzione CONSIP ed obbligo di approvvigionamento – Presupposto – Sovrapponibilità dell’ oggetto di gara mediante confronto tra lo specifico fabbisogno della Stazione Appaltante e il bene o il servizio in convenzione

Consiglio di Stato, sez. V, 22.04.2024 n. 3659

L’art. 1 comma 510 della l. 208 del 2015 prescrive che “Le amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate da Consip SpA, ovvero dalle centrali di committenza regionali, possono procedere ad acquisti autonomi esclusivamente a seguito di apposita autorizzazione specificamente motivata resa dall’organo di vertice amministrativo e trasmessa al competente ufficio della Corte dei conti, qualora il bene o il servizio oggetto di convenzione non sia idoneo al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali”.
Detta norma non è applicabile alla fattispecie de qua, non solo per la circostanza che si applica alle sole amministrazioni pubbliche obbligate ad approvvigionarsi attraverso le Convenzioni Consip – fra le quali non rientra, come si preciserà nella disamina del secondo, terzo e quarto motivo di appello, la Fondazione – ma perché postula quale prius la sovrapponibilità fra l’oggetto della gara Consip e l’oggetto della gara che si intende bandire, non potendo farsi rientrare nella verifica dello specifico soddisfacimento dell’Amministrazione la disamina di detta sovrapponibilità allorquando la stessa, come nell’ipotesi di specie, sia palese.
Da ciò pertanto la possibilità per il giudice di apprezzare la sovrapponibilità dell’oggetto delle due gare in quanto vertente su un presupposto necessario per l’applicabilità del cennato disposto normativo.
Un conto infatti è la questione dell’inidoneità della convenzione Consip al soddisfacimento dello specifico fabbisogno dell’amministrazione per mancanza di caratteristiche essenziali, altro conto è la questione della mancanza di sovrapponibilità che costituisce un prius rispetto alla verifica di convenienza e di satisfattività della Convenzione Consip rispetto agli interessi dell’Amministrazione.
L’inidoneità infatti deve emergere da un confronto operato tra lo specifico fabbisogno dell’ente e il bene o il servizio oggetto di convenzione, pertanto deve riguardare le caratteristiche del bene o servizio senza che la valutazione possa estendersi a elementi ulteriori che incidono sul fabbisogno (Corte dei Conti Emilia-Romagna, Sez. contr., Delibera, 13/03/2018, n. 56).

Integrazione dei requisiti mediante soccorso istruttorio processuale : inammissibilità

Consiglio di Stato, sez. V, 18.04.2024 n. 3522

Quanto, poi, alla pretesa integrazione dei requisiti, in sede contenziosa, non dichiarati in gara, mediante soccorso istruttorio, è sufficiente rinviare al divieto di integrazione postuma dei requisiti, sancito dalla giurisprudenza amministrativa.
Ed invero, “deve tenersi per ferma la non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta (tecnica od economica): ciò che si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti” (Cons. Stato, V, 21 agosto 2023, n. 7870).
“In sede di gara pubblica non può ammettersi il soccorso istruttorio per la comprova dei requisiti, attesa non solo l’inesistenza della carenza di un elemento formale della domanda, ma anche la natura perentoria del relativo termine, con conseguenze immediatamente escludenti, laddove, al contrario, il soccorso istruttorio equivarrebbe ad una sostanziale rimessione in termini” (Cons. Stato, V, 6 dicembre 2021, n. 8148).
La “dichiarazione è stata resa dal concorrente del tutto consapevolmente, e della stessa lo stesso deve rispondere, in omaggio al principio generale di autoresponsabilità.
Né, in seguito all’accertamento da parte della stazione appaltante del mancato possesso del requisito speciale di capacità tecnico professionale per come dichiarato dal concorrente nell’offerta, era esigibile l’esperimento del soccorso istruttorio, atteso che: “non è … consentito il soccorso istruttorio attivato non tanto per integrare e chiarire la documentazione prodotta a comprova della dichiarazione, ma per rettificare il contenuto della dichiarazione medesima nella sua integralità” (Cons. Stato, V, 22 febbraio 2021, n. 1540).
Ed invero, nell’ambito del settore dell’evidenza pubblica, i principi del favor partecipationis e del risultato non possono mai confliggere con il principio della par condicio fra i concorrenti” (Cons. Stato, V, 12 febbraio 2024, n. 1372).
Nella fattispecie in questione il controinteressato, pur avendone avuta la possibilità, non ha prodotto alcunché oltre all’attestazione dell’ASL -OMISSIS-, dunque neanche la documentazione prodotta soltanto in giudizio. Le conseguenze della sua azione devono gravare solo sullo stesso, alla luce del principio di autoresponsabilità.
Ne consegue la non condivisibilità delle statuizioni della sentenza appellata, anche in considerazione dell’impossibilità di applicare il soccorso istruttorio processuale nel caso di specie, e, correlativamente, la fondatezza pure del secondo profilo di censura dedotto in appello, atteso che la dichiarazione resa in gara non è veritiera, con conseguente obbligo di esclusione del RTI controinteressato anche per la violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis) e f-bis), del d.lgs. n. 50 del 2016.

Soccorso istruttorio nuovo Codice Appalti : non può essere utilizzato per porre rimedio ad errori contenuti nell’ offerta (art. 101 d.lgs. 36/2023)

TAR Parma, 17.04.2024 n. 88

Il soccorso istruttorio, tuttavia, non può essere utilizzato per porre rimedio ad errori contenuti nell’offerta poiché sarebbe, altrimenti, alterato il principio di par condicio tra i concorrenti (ex multis, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 09 marzo 2020, n. 1671; Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2019, n. 5751).
Tale impostazione ermeneutica rimane confermata anche nella disciplina del soccorso istruttorio delineata dal Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36, che, a differenza del previgente Codice, vi dedica una autonoma e più articolata disposizione (art. 101) amplificandone l’ambito, la portata e le funzioni, superando, altresì, talune incertezze diffusamente maturate nella prassi operativa.
Osserva la giurisprudenza amministrativa che, anche per il soccorso istruttorio per come disciplinato dal Decreto Legislativo 31 marzo 2023, «deve tenersi per ferma la non soccorribilità (sia in funzione integrativa, sia in funzione sanante) degli elementi integranti, anche documentalmente, il contenuto dell’offerta (tecnica od economica): ciò che si porrebbe in contrasto con il superiore principio di parità dei concorrenti. Restano, per contro, ampiamente sanabili le carenze (per omissione e/o per irregolarità) della documentazione c.d. amministrativa. In altri termini, si possono emendare le carenze o le irregolarità che attengano alla (allegazione) dei requisiti di ordine generale (in quanto soggettivamente all’operatore economico in quanto tale), non quelle inerenti ai requisiti di ordine speciale (in quanto atte a strutturare i termini dell’offerta, con riguardo alla capacità economica, tecnica e professionale richiesta per l’esecuzione delle prestazioni messe a gara)» (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 agosto 2023, n. 7870).
Laddove la commissione giudicatrice avesse consentito, attivando il soccorso istruttorio, al R.T.I. di ridurre la quota lavori dichiarata da -OMISSIS- s.r.l. dal 57,05 % al 57,04 %, avrebbe dovuto evidentemente assentire il recupero percentuale di 0,01 % da parte di altro operatore aggregato nel R.T.I. al fine di coprire l’importo complessivo del 100% della quota lavori, altrimenti risultante pari a 99,99 %.
Si sarebbe così addivenuti, tramite il soccorso istruttorio, ad una inammissibile modifica sostanziale dell’offerta, tale dovendosi ritenere la diversa ripartizione delle quote tra le componenti il raggruppamento, non avendo rilevanza alcuna – per il principio del quale è applicazione – la circostanza che la modifica sarebbe stata nella percentuale minima dello 0,01% (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 09 marzo 2020, n. 1671; Consiglio di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1074).

Disponibilità di mezzi e beni per esecuzione del contratto : sufficiente la dichiarazione di impegno del concorrente in sede di gara

Consiglio di Stato, sez. III, 16.04.2024 n. 3466

10.6. Vi sono, quindi, sufficienti margini – in accordo ai canoni ermeneutici proconcorrenziali invalsi in materia (cfr., ex multis, Cons. Stato – Sez. III n. 9255/2023) – per leggere l’offerta in modo coerente con il suo dato letterale e tale da conciliare le due affermazioni solo apparentemente contraddittorie riguardanti, rispettivamente, la già avvenuta localizzazione del centro cottura e l’assunzione dell’impegno a garantirne “la piena disponibilità” in fase esecutiva, potendo tale impegno essere attuato (per tutti le dotazioni mancanti) in un momento successivo a quello della presentazione dell’offerta.
10.7. Risultano d’altra soddisfatte tutte le esigenze espresse dalla giurisprudenza circa la necessità:
– che i mezzi e le dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto, soprattutto quando valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio per l’offerta tecnica, siano individuati già al momento della16 presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 722 del 2022; n. 2090 del 2020; n. 5806 del 2019): nel caso di specie, infatti, l’individuazione ha consentito di attribuire il punteggio premiale relativo alla localizzazione del centro cottura;
– che al contempo vengano evitati inutili aggravi di spesa a carico degli operatori economici concorrenti per procurarsi già al momento dell’offerta la disponibilità di beni e mezzi, senza avere la certezza dell’aggiudicazione e con effetti discriminatori ed anti-concorrenziali perché di favore per gli operatori già presenti sul mercato ed in possesso delle dotazioni strumentali, nonché con violazione del principio di proporzionalità (cfr. Corte di Giustizia U.E., sez. I, 8 luglio 2021, n. 428);
– che al contempo alla stazione appaltante vengano garantite la serietà e l’effettività dell’impegno assunto dal concorrente di dotarsi dei mezzi necessari all’espletamento del servizio.
10.8. Resta da aggiungere che la giurisprudenza ha già vagliato positivamente l’ammissibilità della mera dichiarazione di impegno a disporre in caso di aggiudicazione di un centro di preparazione pasti posto ad una certa distanza, in termini del tutto coerenti con quelli sin qui illustrati (Cons. Stato, Sez. V, n. 5308 del 2019).

Riduzione tempo di progettazione e di esecuzione dei lavori : inserimento nell’ offerta economica

Consiglio di Stato, sez. III, 16.04.2024 n. 3464

14.2. Con il secondo motivo dell’appello incidentale il RTI -OMISSIS- contesta questa conclusione, ribadendo il carattere innovativo della disposizione disciplinare che ha scomposto i 20 punti previsti dal bando per l’elemento “prezzo”, facendone convergere una parte sull’inedito parametro “tempo”: questa rimodulazione contrasterebbe con i principi di gerarchia differenziata che caratterizzano i rapporti tra le diverse parti della legge di gara e che escludono in radice che le disposizioni del capitolato e del disciplinare possano modificare il bando.
14.3. D’altra parte – aggiunge ancora l’appellante incidentale – il tempo non è una espressione del prezzo, come a torto ha rilevato il TAR, bensì profilo qualitativo della offerta (si cfr. art. 95.6 del Codice); né può dirsi che ad un minor tempo di esecuzione dei lavori corrisponda un costo minore, poiché la contrazione dei tempi esige un impiego di risorse maggiormente concentrato e intenso e, dunque, un incremento di costi (ragione per cui il maggior prezzo indicato dal Consorzio -OMISSIS- – superiore di oltre 36 milioni di euro rispetto a quello proposto dal RTI -OMISSIS- – dipenderebbe proprio dal maggiore sforzo di accelerazione dei tempi esecutivi).
14.4. Il motivo non può essere accolto.
14.5. La giurisprudenza prevalente ritiene che la riduzione dei tempi di progettazione e di esecuzione dei lavori, unitamente al prezzo, costituiscano elementi di valutazione di carattere economico, che, in quanto tali, non devono essere conosciuti al momento della valutazione discrezionale degli elementi dell’offerta tecnica (Cons. Stato, V, n. 5463 del 2021 e n. 1556 del 2017; III, n. 167 del 2020).
14.6. Il ragionamento che il RTI -OMISSIS- svolge circa le implicazioni che legano tra di loro la modulazione dei tempi di esecuzione e i costi dell’appalto, non fanno che confermare l’esistenza di una correlazione tra le due voci (sia pure inversamente proporzionale, nella prospettazione del RTI), il che avvalora la loro attrazione ad un’unica area di rilevanza “economica”.
14.7. Ciò non toglie che i tempi di esecuzione possano essere apprezzati anche nella prospettiva di una valutazione “tecnico-qualitativa” del progetto, ma si tratta di stime (quella economica e quella tecnico-qualitativa) evidentemente distinte e non necessariamente interferenti.
14.8. Per questi motivi, il Collegio reputa legittima la determinazione della stazione appaltante di estrapolare i punteggi dell’offerta tempo da quelli previsti dall’offerta economica, essendo questa rimodulazione intervenuta su una quota di punteggio riconducibile ad una matrice omogenea.

Opzione di proroga , proroga tecnica e rinnovo contrattuale : distinzione ai fini dell’ applicabilità della clausola di revisione prezzi (art. 120 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. IV, 15.04.2024 n. 3403

Tale disposizione contrattuale deve essere interpretata nel senso della sussistenza di un generale divieto di proroga del contratto (c.d. opzione di proroga), fatta salva l’eccezionale ipotesi in cui la proroga sia limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente (c.d. proroga tecnica).
Dal punto di vista sistematico, la distinzione tra opzione di proroga e proroga tecnica, già prevista dall’art. 106, comma 11, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è stata ulteriormente precisata dal nuovo codice dei contratti pubblici, che ha distinto le due fattispecie collocandole, rispettivamente, nel comma 10 (opzione di proroga) e nel comma 11 (proroga tecnica) dell’art. 120, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, stabilendo che il contraente originario, in entrambi i casi, è tenuto ad eseguire le prestazioni contrattuali “ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto”, mentre solo nel caso di opzione di proroga troveranno applicazione le “condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante”, sempre che ciò sia previsto nei documenti di gara.
Pertanto, dall’analisi del citato art. 8 del contratto di appalto, emerge la chiara sussistenza di un obbligo contrattuale di garantire il servizio oggetto di affidamento fino al subentro della nuova ditta aggiudicatrice (c.d. proroga tecnica).
Tale previsione contrattuale, peraltro, è sufficiente a rendere irrilevanti le contestazioni avanzate dalla parte resistente secondo cui, ai fini della proroga, sarebbe stato necessario un atto negoziale bilaterale, rivestito di forma scritta ed adottato dallo stesso organo che aveva la competenza a stipulare l’originario contratto.
Pertanto, deve ritenersi che l’ordinanza sindacale in esame, nella parte in cui ordina alla società appellante di eseguire temporaneamente il servizio in questione per sei mesi (fino all’11 novembre 2018) “agli stessi patti e condizioni di cui al Contratto Rep. n. 3 del 29.01.2009” con applicazione di una “clausola di risoluzione immediata in caso di avvio del servizio a seguito della gara ponte e/o del servizio unitario dell’ARO 5/LE”, sia da qualificare come un atto avente natura ricognitiva di un obbligo già discendente dal contratto, essendosi limitata a dare applicazione ad una proroga tecnica già prevista contrattualmente.
5. – Un’altra distinzione che assume rilievo nel caso di specie ai fini dell’applicabilità della clausola di revisione dei prezzi è quella tra proroga e rinnovo contrattuale.
In particolare, è stato precisato che “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635).
Inoltre, deve ritenersi consolidato l’orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali: “In materia di appalti pubblici, presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 – secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo – è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale» (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091).