In diritto, giova sottolineare che l’art. 16 comma 5 All. II.12 D.lgs. n. 36/2023, nel prescrivere che “…Almeno novanta giorni prima della scadenza del termine, l’operatore economico che intende conseguire il rinnovo dell’attestazione deve stipulare un nuovo contratto con la medesima SOA o con un’altra autorizzata all’esercizio dell’attività di attestazione”, ripropone pedissequamente il precetto già imposto dall’art. 76, comma 5, d.P.R. n. 207/2010.
Il Collegio, pertanto, reputa che non sussistano ragioni per discostarsi dall’orientamento giurisdizionale formatosi sulla previgente disposizione per cui:
– nell’ambito di una procedura di gara ad evidenza pubblica, “l’operatore che partecipa alla gara d’appalto deve garantire, con costanza, il possesso della qualificazione richiesta e la possibilità concreta della sua dimostrazione e verifica, onde assicurare alla stazione appaltante la propria affidabilità, nonché la perdurante idoneità tecnica ed economica” (v. Cons. Stato, sez. V, 18 novembre 2020 n. 7178; Id, 21 agosto 2020 n. 5163; Ad. Plen. 20 luglio 2015 n. 8);
– è ammessa l’ultravigenza della pregressa attestazione in pendenza dell’espletamento della procedura di verifica, laddove questa sia stata ritualmente e tempestivamente attivata; al fine della verifica della continuità del possesso del requisito di cui all’attestato di qualificazione, “è sufficiente che l’impresa abbia stipulato con la SOA il relativo contratto, o abbia presentato una istanza di rinnovo idonea a radicare l’obbligo dell’organismo di eseguire le connesse verifiche, nel termine normativamente previsto, cioè nei 90 giorni precedenti la scadenza del termine di validità dell’attestazione, ai sensi dell’art. 76, comma 5, del d.P.R. n. 207 del 2010 (ex multis, Cons. Stato, Ad. plen. n. 16 del 2014; n. 27 del 2012; Cons. Stato, sez. V, 8 marzo 2017, n. 1091). Diversamente, il decorso dei predetti 90 giorni non preclude di per sé il rilascio dell’attestazione: essa deve però considerarsi nuova e autonoma rispetto all’attestazione scaduta, e comunque decorrente, quanto a efficacia, dalla data del suo effettivo rilascio, senza, cioè, retroagire al momento di scadenza della precedente, ovvero senza saldarsi con quest’ultima (Cons. Stato, V, 6 luglio 2018, n. 4148)” (v. Cons. Stato, sez. V, n. 7178/2020 cit.).
La ratio della regola dell’ultravigenza della SOA risiede nel non far ricadere sull’impresa concorrente le conseguenze della durata del processo di verifica da parte dell’organismo di attestazione. Tuttavia, “occorre comunque che l’impresa abbia posto in essere nel termine di 90 giorni precedenti alla scadenza del termine di efficacia della SOA, tutte le attività necessarie per radicare l’obbligo dell’organismo di eseguire le verifiche” (v. TAR Napoli, sez. I, 12 agosto 2019 n. 4340).
Il comma 2 dell’art. 104 precisa che, “qualora il contratto di avvalimento sia concluso per acquisire un requisito necessario alla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto di lavori di importo pari o superiore a euro 150.000 o di un appalto di servizi e forniture, esso ha per oggetto le dotazioni tecniche e le risorse che avrebbero consentito all’operatore economico di ottenere l’attestazione di qualificazione richiesta”.
L’art. 26 dell’Allegato II.12 (”Contratto di avvalimento in gara e qualificazione mediante avvalimento”), non diversamente dall’art. 88 d.P.R. n. 207/2010, prevede che “Per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 104 del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente: a) l’oggetto, le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”; b) durata; c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento”.
Si tratta pertanto di accertare, alla stregua del nuovo impianto normativo, se l’avvalimento della SOA, speso in concreto dalla ricorrente ai fini della partecipazione alla gara, sia conforme all’attuale assetto normativo dell’avvalimento, essendo indispensabile che l’impresa ausiliaria metta a disposizione dell’impresa ausiliata concorrente la propria organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che complessivamente considerate le hanno consentito di acquisire la certificazione stessa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2017 n. 3710; Id, 18 marzo 2019 n. 1730).
22. Nel caso in esame, la Stazione appaltante ha ritenuto che il contratto che la ricorrente ha prodotto al fine di superare la carenza del requisito del possesso della qualifica in OG1, classifica II, fosse a tal fine inidoneo, ragionando, ad avviso del Collegio, in termini eccessivamente restrittivi e con riferimento ad una norma regolatrice dell’istituto (art. 89 D.lgs. n. 50/2016) espunta ormai dall’ordinamento giuridico. In primo luogo, appare non di poco momento sottolineare che l’art. 104 D.lgs. n. 36/2023, a differenza della citata disposizione normativa, non prevede più che la specificazione delle risorse e delle dotazioni tecniche sia stabilito a pena di nullità del contratto di avvalimento. In secondo luogo, già sotto la vigenza dell’art. 89 D.lgs. n. 50/2016, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 22 del 2020, con riferimento all’avvalimento di una attestazione SOA aveva ribadito che “la certificazione di qualità costituisce un requisito speciale di natura tecnico-organizzativa, come tale suscettibile di avvalimento, in quanto il contenuto dell’attestazione concerne il sistema gestionale dell’azienda e l’efficacia del suo processo operativo”.
Tuttavia, per evitare che l’avvalimento dell’attestazione SOA, generalmente ammissibile per il favor partecipationis che permea l’istituto dell’avvalimento ed oggi ancor più da valorizzarsi alla stregua dei principi del libero accesso al mercato e della massima partecipazione alle gare (art. 3 e art. 10 D.lgs. n. 36/2023 – divenga in concreto un mezzo per eludere il rigoroso sistema di qualificazione nel settore dei lavori pubblici, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte ribadito che “l’avvalimento dell’attestazione SOA è consentito ad una duplice condizione: a) che oggetto della messa a disposizione sia l’intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione SOA; b) che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, del complesso dei requisiti oggetto di avvalimento, senza impiegare formule generiche o di mero stile.” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2022 n. 2784; Id, 4 novembre 2021 n. 7370).
Si è ancora chiarito che “quando oggetto dell’avvalimento sia un’attestazione SOA di cui la concorrente sia priva, occorre, ai fini dell’idoneità del contratto, che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire l’attestazione da mettere a disposizione (Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2017, n. 2316, Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2226), sicché è onere del concorrente dimostrare che l’impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto e, nel caso di specie, l’attestazione SOA, quale mero requisito astratto e valore cartolare, ma assume la specifica obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità.” L’avvalimento serve, infatti “ad integrare una organizzazione aziendale realmente esistente ed operante nel segmento di mercato proprio dell’appalto posto a gara, ma, di certo, non consente di creare un concorrente virtuale costituito solo da una segreteria di coordinamento delle attività altrui, né di partecipare alla competizione ad un operatore con vocazione statutaria ed aziendale completamente estranea rispetto alla tipologia di appalto da aggiudicare” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 giugno 2020, n. 3702).
In altre parole, nel caso di avvalimento che abbia ad oggetto l’attestazione SOA, oggetto di prestito è l’intero apparato organizzativo (in termini di mezzi e risorse) del soggetto avvalso o parte di questo, nella misura necessaria all’esecuzione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2021, n. 8074 in cui si è ulteriormente chiarito che “tale risultato (la disponibilità dell’intero complesso produttivo, n.d.s.) si potrebbe ottenere con un contratto di affitto di azienda o di ramo di azienda, ma la peculiarità di questa modalità di collaborazione tra imprese, che fa transitare l’avvalimento nella atipicità o, come altri dice, nella transtipicità, sta nel fatto che non si verifica il trasferimento definitivo dell’azienda, ma solo, appunto, una sua temporanea e parziale messa a disposizione per la singola gara e per il tempo necessario all’esecuzione del contratto d’appalto”).
Quest’ultimo profilo – la correlazione tra apparato organizzativo oggetto del prestito e capacità di esecuzione del contratto d’appalto in affidamento – “ha carattere decisivo poiché il concorrente privo del requisito di attestazione SOA dichiara alla stazione appaltante di essere sprovvisto della capacità tecnico – professionale di eseguire il contratto (o parte di esso o alcune specifiche lavorazioni), e che si impegna, tramite avvalimento, a recuperare la capacità mancante, ma perché ciò avvenga realmente è necessaria l’effettiva integrazione dei complessi aziendali dell’avvalente e dell’ausiliaria; diversamente, il contratto di avvalimento si risolve in una “scatola vuota” ossia in un trasferimento documentale cui non corrisponde alcun reale intervento dell’ausiliario nell’esecuzione dell’appalto, e, in definitiva, ove non si disponga diversamente, nell’affidamento dell’opera ad un concorrente che si è dichiarato incapace di eseguirla nella sua interezza” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2022 n. 169).
23. L’impegno dell’ausiliario deve, quindi, essere munito dei necessari requisiti della determinatezza, o quanto meno della determinabilità, ai sensi dell’art. 1346 cod. civ., onde prevenire contestazioni nella fase di esecuzione del contratto tra l’appaltatore e l’ausiliario che possano frustrarne il buon esito. Nel caso di specie, l’oggetto del contratto di avvalimento risulta determinabile “per relationem” sulla base del complesso delle risorse aziendali che valsero all’ausiliaria l’ottenimento della certificazione di qualità.
Reputa, infatti, il Collegio che, avendo l’ausiliaria specificato nel contratto di avvalimento di mettere a disposizione dell’ausiliata “tutti i mezzi e le attrezzature, i macchinari, i beni finiti, i materiali, il personale che hanno consentito il conseguimento della qualificazione e che verranno messe a disposizione del concorrente per tutta la durata dell’appalto” e cioè l’azienda intesa come complesso produttivo unitariamente considerato e già “testato” ai fini del conseguimento della SOA in OG1 cl. III, la ricorrente abbia dimostrato che la messa a disposizione del requisito mancante non si risolve nel prestito di un valore puramente cartolare (ossia l’astratta attestazione SOA), ma nell’impegno “totalizzante” dell’impresa ausiliaria a prestare le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti.
D’altronde, l’esistenza del complesso aziendale da prestare da parte dell’ausiliaria, assurto a presupposto di validità dell’instaurando rapporto collaborativo per essere stato sufficiente a conseguire la qualificazione in OG1 cl. III, non è mai stata smentita dalla stazione appaltante.
Tanto più che nella documentazione allegata all’offerta-come sottolineato dalla ricorrente e non contestato in giudizio dalla Città Metropolitana- è dato di rinvenire la cartella denominata “avvalimento” contenente la dichiarazione attestante il possesso dei requisiti di carattere tecnico organizzativo dell’impresa ausiliaria (elenco mezzi) che le hanno pacificamente permesso di ottenere l’attestato SOA in corso di validità al 2023 (v. docc. n. 13 e n. 14 di parte ricorrente).
24. Deve, inoltre, convenirsi con la difesa della ricorrente quando richiama, in modo del tutto pertinente al caso concreto, l’art. 104 comma 9 D.lgs. n. 36/2023 (v. anche art. 8 lett. i) All. n. 1.2) che così dispone “In relazione a ciascun affidamento la stazione appaltante in corso d’esecuzione effettua le verifiche sostanziali circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell’avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria, nonché l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto. A tal fine il RUP accerta in corso d’opera che le prestazioni oggetto di contratto siano svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell’impresa ausiliaria che il titolare del contratto utilizza in adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento…” Come si può notare, la norma affida al RUP importanti compiti di vigilanza e di controllo in fase di esecuzione del contratto circa l’effettivo impiego da parte dell’appaltatore delle risorse tecniche e strumentali messe a disposizione dall’ausiliaria con il contratto di avvalimento.
Ciò può avvenire anche tramite l’acquisizione “sul campo” di un aggiornato inventario dei beni aziendali che garantisca l’avvenuta prestazione effettiva di attività ed i mezzi da un’impresa all’altra e, conseguentemente, il “risultato” della buona esecuzione del contratto di appalto, dovendo altrimenti il RUP procedere alla sua risoluzione.
È corretto affermare, pertanto, che a mezzo dell’avvalimento Geodrill ha acquisito il titolo di qualificazione (l’attestazione SOA in una classifica addirittura superiore a quella richiesta dal bando), della quale s’era dichiarata sprovvista nella domanda di partecipazione e con essa l’effettiva capacità di esecuzione del contratto di appalto oggetto di affidamento.
Rispetto a questo nucleo argomentativo, con un primo gruppo di censure la ricorrente ha dedotto di essere un operatore economico qualificato “anche” nella categoria scorporabile OG1 cl. II a prescindere dal “prestito” del requisito SOA ottenuto con l’avvalimento, criticando l’illegittimità del provvedimento di esclusione nella parte in cui ha omesso di tenerne conto.
Ciò perché -OMISSIS- sarebbe comunque qualificata per la categoria prevalente OS21 cl. III per € 1.033.000 ovvero per un importo nettamente superiore al valore dell’appalto (€ 561.411,57) e perché la categoria scorporabile OG1 non sarebbe più annoverabile tra le categorie a qualificazione obbligatoria di cui il concorrente deve necessariamente essere in possesso, stante l’intervenuta abrogazione tacita dell’art. 12 D.L. n. 47/2014. Le categorie a qualificazione obbligatoria, infatti, sono quelle che, se superano il 10% dell’importo complessivo dei lavori o 150.000 euro e fanno parte delle scorporabili, non possono essere eseguite dall’impresa affidataria se sprovvista di tale categoria, ma devono essere subappaltate ad imprese qualificate.
Il motivo è infondato.
La tesi esposta dalla ricorrente muove dal nuovo assetto normativo delineato dall’art. 100 co. 4 del D.lgs. n. 36/2023 in tema di qualificazione degli operatori economici.
Tale disposizione rinvia all’art. 30 dell’Allegato II.12 secondo cui “il concorrente singolo può partecipare alla gara qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori ovvero sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi. I requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente”.
Dovendo interpretare la disposizione in un’ottica funzionale alla coerenza e alla sistematicità del dato normativo, se ne ricava che -OMISSIS- può certamente essere annoverata tra i concorrenti in possesso dei requisiti tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente (OS 21 cl. II) per l’importo totale dei lavori (€ 1.033.000 contro € 561.411,57) essendo qualificata per una categoria superiore (OS 21 cl. III), mentre non possiede i requisiti relativi alla categoria scorporabile né per il singolo importo € 265.697,10 né per l’intero valore dell’appalto.
Ne potrebbe però discendere, secondo lo sviluppo argomentativo attoreo, che non essendo più rinvenibile nel nuovo Codice dei contratti la distinzione tra categoria di lavorazioni a qualificazione “obbligatoria” e “non obbligatoria” imposta dall’art. 12 D.L. n. 47/2014 -da intendersi, anzi, come tacitamente abrogata ai sensi dell’art. 15 disp. att. c.c.- l’impresa che è qualificata in OS21 per l’importo totale dei lavori lo sarebbe automaticamente anche per la categoria scorporabile (OG1).
Questa tesi prova troppo e va disattesa per almeno due ragioni.
Sotto il profilo testuale, rileva in primo luogo la disposizione del bando/disciplinare di gara (punto 6.2. lett. a), non impugnata in parte qua, che definisce espressamente come “a qualificazione obbligatoria” le lavorazioni da eseguirsi in OG1 (“attestazione SOA rilasciata da società regolarmente autorizzate, in corso di validità ed adeguata, ai sensi dell’allegato II.12 del D.lgs 36/2023, per categorie e classifiche, ai valori dell’appalto. Le lavorazioni relative alla cat. scorporabile OG1, a qualificazione obbligatoria, possono essere eseguite dall’appaltatore solo se in possesso della relativa qualificazione, scorporate ai fini di RTI di tipo verticale o subappaltate per intero ad impresa qualificata”).
A prescindere dalla clausola vincolante prevista dalla lex specialis, soccorre, per autorevolezza della fonte, anche la relazione al nuovo codice dei contratti nella quale, invero solo sotto la rubrica dell’art. 119 co.17 (“subappalto”), si riporta che “La questione dell’ammissibilità del subappalto per l’esecuzione dei lavori riguardanti le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria – attualmente desumibile dalla perdurante vigenza dell’art. 12, comma 14, del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80 – attiene alla qualificazione degli operatori economici, di cui in particolare, all’art. 100”. Con la nuova disciplina del sistema di qualificazione degli operatori economici introdotta dal D.lgs. n. 36/2023 e nell’attuale vigenza dell’art. 12 D.L. n. 47/2014, si può dunque affermare che tutte le categorie di opere scorporabili, sia generali che specializzate, dovranno, dal 1 luglio 2023, considerarsi a qualificazione obbligatoria, ovvero l’aggiudicatario, per eseguirle, dovrà essere in possesso della relativa qualificazione, oppure dovrà necessariamente ricorrere al subappalto. Tale interpretazione, oltre a configurare un esito rassicurante del quadro normativo in tema di qualificazione degli operatori economici, ha il pregio di armonizzarsi con l’art. 2 comma 2 del citato allegato II.12, laddove prescrive che “La qualificazione in una categoria abilita l’operatore economico a partecipare alle gare e a eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto”, il che fa dedurre che per “eseguire i lavori” è necessario essere in possesso di adeguata qualificazione.
La controinteressata ha dimostrato di essere in possesso dell’attestazione SOA in questione sin dal 28 ottobre 2022, quindi in data antecedente alla delibera di indizione della gara in esame.
Vero è che l’attestazione non risultava sul portale ANAC, ma il mancato inserimento non comporta l’inefficacia dell’attestazione.
In particolare, per l’art. 86, comma 1, d.lgs. 50/2016 i “soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000 euro, provano il possesso dei requisiti di qualificazione di cui all’articolo 83, mediante attestazione da parte degli appositi organismi di diritto privato autorizzati dall’ANAC”.
In sostanza, il possesso dell’attestazione SOA non acquista efficacia all’atto dell’inserimento sul portale ANAC ma all’atto del rilascio della relativa certificazione da parte dell’organismo accreditato che svolge “una funzione pubblicistica di certificazione, che sfocia nel rilascio di un’attestazione con valore di atto pubblico, sicché la loro attività configura un “esercizio privato di pubblica funzione” e le attestazioni di qualificazione, risultato dell’attività di certificazione delle SOA, sono peculiari atti pubblici, destinati ad avere una specifica efficacia probatoria” (TAR Lazio, sez. I, 11 novembre 2019, n. 12934).
23. A conclusioni diverse, invece, deve giungersi con riferimento alla sanzione pecuniaria comminata dall’ANAC alla ricorrente, ai sensi dell’art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50/2016, la cui irrogazione appare legittima nonostante la dichiarazione non veritiera sia risultata «ininfluente ai fini dell’attestazione di qualificazione».
Se è noto, infatti, che la summenzionata disposizione conferisce ad ANAC il potere di sanzionare gli operatori economici che «forniscono agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione», è ragionevole ritenere che il potere sanzionatorio previsto dalla stessa prescinda da ogni valutazione in ordine alla rilevanza del falso nel procedimento di qualificazione (richiesta invece dall’art. 84, comma 4-bis, d.lgs. n. 50/2016 per la sanzione interdittiva).
Ciò non solo in ragione dell’appena richiamato diverso tenore letterale tra le due fattispecie sanzionatorie ma, più in generale, alla luce della complessiva finalità del sistema di sanzioni pecuniarie previsto dall’art. 213, comma 13, d.lgs. n 50/2016, che – tenuto conto delle fattispecie sanzionate – appare orientato a promuovere una condotta corretta da parte degli operatori economici, a tutela del buon andamento delle operazioni connesse alla stipula dei contratti pubblici (bene giuridico che è sempre inficiato dalla produzione di documenti falsi, anche solo in termini di aggravio e rallentamento del procedimento, a prescindere dalla loro irrilevanza). In quest’ottica, è ragionevole ritenere che l’ANAC possa irrogare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50/2016 a tutti gli operatori che forniscono agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri in ordine al possesso dei requisiti di qualificazione (ovvero nell’ambito del procedimento finalizzato alla loro verifica), e ciò anche quando i documenti falsi si siano rivelati del tutto ininfluenti ai fini della qualificazione (ovvero anche quando l’operatore economico avrebbe potuto non produrre tali documenti all’organismo di attestazione).
Il nuovo Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’art. 1 della Legge “delega” 21.06.2022 n. 78, presenta un numero di articoli analogo a quello previgente, ma ne riduce i commi, le parole (quasi un terzo) ed i caratteri utilizzati e, con gli allegati, diminuisce in modo rilevante il numero di norme e linee guida di attuazione.
Gli Allegati al nuovo Codice sostituiranno ogni altra fonte attuativa della previgente disciplina, ossia: gli allegati al D.Lgs. n. 50/2016, le diciassette Linee Guida ANAC e circa quindici Regolamenti (tra cui il D.P.R. n. 207/2010).
L’indice degli articoli segue le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione.
Numerose, oltre che rilevanti, le “novità” introdotte dall’articolato, ma vi sono anche diverse “conferme”; tra le principali si segnalano:
ENTRATA IN VIGORE, APPLICAZIONE DIFFERITA E REGIME TRANSITORIO
Il nuovo Codice dei contratti pubblici “entra in vigore” il 1 APRILE 2023.
Le norme, tuttavia, avranno “efficacia” dal 1 LUGLIO 2023. Per avvisi o bandi pubblicati prima di tale data si continuano ad applicare le disposizioni previgenti.
Stabilito un periodo transitorio, fino al 31 DICEMBRE 2023, con la vigenza di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 50/2016, del Decreto semplificazioni n. 76/2020 e, specie per i contratti PNRR e PNC, del Decreto semplificazioni e governance n. 77/2021.
PRINCIPI
Prima parte generale dedicata alla codificazione dei principi che riguardano l’intera materia dei contratti pubblici. Il ricorso ai principi assolve una funzione di completezza dell’ordinamento giuridico e di garanzia della tutela di interessi che altrimenti non troverebbero adeguata sistemazione nelle singole disposizioni. Ad esempio, il principio del risultato (Art. 1) è destinato ad operare sia come criterio prioritario di bilanciamento con altri principi nell’individuazione della regola del caso concreto, sia insieme con il principio della fiducia (Art. 2) nell’azione amministrativa, come criterio interpretativo delle singole disposizioni, come evidenziato nella Relazione illustrativa del Consiglio di Stato.
DIGITALIZZAZIONE
Definito un “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale” (Art. 22) i cui pilastri sono la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (Art. 23), il FVOE – Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (Art. 24) gestiti dall’ANAC e le piattaforme telematiche di approvvigionamento. Di notevole rilevanza anche la digitalizzazione integrale in materia di accesso agli atti (Art. 36), in linea con lo svolgimento in modalità telematica delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.
RUP
L’acronimo RUP indica adesso il Responsabile Unico del Progetto (Art. 15) per le fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione. È previsto che possa essere nominato tra i dipendenti assunti anche a tempo determinato della stazione appaltante o dell’ente concedente e che sia in possesso dei requisiti stabiliti da un apposito allegato al Codice e di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti affidatigli, nonchè nel rispetto dell’inquadramento contrattuale e delle relative mansioni.
Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono individuare modelli organizzativi, i quali prevedano la nomina di un Responsabile di Procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione e per la fase di affidamento: le relative responsabilità sono ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando l’unicità e le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.
PROGETTAZIONE
Semplificazione apportata con la riduzione a due livelli di progettazione: progetto di fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo (Art. 41); prevista anche la riduzione dei termini per la progettazione, l’istituzione da parte del Consiglio superiore dei lavori pubblici di un comitato speciale appositamente dedicato all’esame di tali progetti ed un meccanismo di superamento del dissenso qualificato nella conferenza di servizi mediante l’approvazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
BIM obbligatorio dal 1 gennaio 2025: le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro (Art. 43).
APPALTO INTEGRATO
Nuovamente estesa la possibilità di affidare congiuntamente la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un progetto di fattibilità tecnico economica, fatta eccezione per gli appalti di opere di manutenzione ordinaria (Art. 44).
CONTRATTI SOTTO SOGLIA
Recepite le modalità di affidamento dei contratti sotto soglia (Art. 50) introdotte dal D.L. n. 76/2020 per accelerare e semplificare le procedure:
LAVORI
affidamento diretto per importo inferiore a 150.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante;
procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1 milione di euro;
procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno dieci operatori economici, ove esistenti, individuati in base a indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per importo pari o superiore a 1 milione di euro e fino alle soglie di rilevanza comunitaria, salva la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie (eliminato nel testo definitivo il riferimento all’adeguata motivazione, sebbene il Consiglio di Stato nella Relazione illustrativa evidenzia che la scelta delle più complesse procedure ordinarie richiede una ponderazione del bilanciamento degli interesse pubblici in gioco);
SERVIZI E FORNITURE (compresi servizi di ingegneria e architettura ed attività di progettazione)
affidamento diretto per importo inferiore a 140.000 euro, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienze pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali, anche individuati tra gli iscritti in elenchi o albi istituiti dalla stazione appaltante;
procedura negoziata senza bando, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, individuati in base ad indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, per importo pari o superiore a 140.000 euro e fino alle soglie di rilevanza comunitaria.
Apposita disposizione è dedicata al principio di rotazione in continuità con le Linee Guida ANAC (Art. 49).
GARANZIE
Nelle procedure di affidamento per i contratti sotto soglia la stazione appaltante non richiede le garanzie provvisorie salvo che, nelle procedure negoziate senza bando, in considerazione della tipologia e specificità della singola procedura, ricorrano particolari esigenze che ne giustifichino la richiesta (Art. 53).
SUBAPPALTO
Trovano conferma le recenti modifiche al previgente Codice in ordine all’eliminazione dei limiti percentuali ed introdotto il subappalto “a cascata” (Art. 119) adeguando ulteriormente l’istituto alla normativa ed alla giurisprudenza europea con la previsione di criteri di valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante, da esercitarsi caso per caso.
REVISIONE PREZZI
Confermato l’obbligo di inserimento delle clausole di revisione prezzi negli atti di gara (già previsto dall’art. 29 D.L. n. 4/2022), da attivare al verificarsi di una variazione del costo superiore al 5 per cento, con il riconoscimento in favore dell’appaltatore dell’80 per cento del maggior costo sopportato (Art. 60).
GRAVI ILLECITI PROFESSIONALI
La nuova disciplina punta ad eliminare gli elementi di incertezza prevedendo che l’esclusione di un operatore economico venga disposta e comunicata dalla stazione appaltante soltanto allorquando ricorrono tutte le condizioni previste dalla norma (Art. 98). Perché operi la causa di esclusione (non automatica), l’illecito professionale grave deve essere tale da rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore economico e deve essere dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. Sono quindi indicati dal Codice, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.
QUALIFICAZIONE PER LAVORI E PER SERVIZI E FORNITURE
Innovando rispetto al passato il nuovo Codice prevede un sistema di qualificazione degli operatori economici anche per gli appalti di servizi e forniture, oltre che per i lavori (Art. 100). Novità anche per le SOA essendo previsto che l’attestazione di qualificazione è rilasciata da organismi di diritto privato autorizzati dall’ANAC.
QUALIFICAZIONE DELLE STAZIONI APPALTANTI
ANAC gestirà anche il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, anche solo per l’acquisizione di lavori oppure di servizi e forniture, con iscrizione di diritto nell’elenco di alcune tipologie di amministrazioni ed enti.
SETTORI SPECIALI
Valorizzati i “poteri di autorganizzazione” dei soggetti operanti nei settori speciali, con l’obiettivo di assicurare un carattere di piena autonomia alla relativa disciplina alla luce delle direttive comunitarie (Art. 141 e ss.) e maggiore flessibilità in coerenza con la natura essenziale dei servizi pubblici gestiti dagli enti aggiudicatori (acqua, energia, trasporti, ecc.). Le norme introdotte sono “autoconclusive”, quindi prive di ulteriori rinvii ad altre parti del Codice. Si prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di determinare le dimensioni dell’oggetto dell’appalto e dei lotti in cui eventualmente suddividerlo, senza obbligo di motivazione aggravata.
PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO – PPP
Semplificato il quadro normativo per rendere più agevole la partecipazione degli investitori istituzionali. Previste ulteriori garanzie a favore dei finanziatori dei contratti e confermato il diritto di prelazione per il promotore.
GENERAL CONTRACTOR
Reintrodotto l’istituto del General contractor: l’operatore economico è tenuto a perseguire un risultato amministrativo mediante le prestazioni professionali e specialistiche previste, in cambio di un corrispettivo determinato in relazione al risultato ottenuto e alla attività normalmente necessaria per ottenerlo.
ESECUZIONE
Confermata la facoltà per l’appaltatore di richiedere, prima della conclusione del contratto, la sostituzione della cauzione o della garanzia fideiussoria con ritenute di garanzia sugli stati di avanzamento.
GOVERNANCE
Modifiche al funzionamento della Cabina di Regia e riordino delle competenze dell’ANAC, in attuazione del criterio contenuto nella legge delega 78/2022, con un rafforzamento delle funzioni di vigilanza e sanzionatorie.
CONTENZIOSO
In tema di giustizia amministrativa, si prevede l’aggiornamento degli articoli 120, 121 e 124 del Codice del processo amministrativo con estensione della cognizione del Giudice alle azioni risarcitorie e all’azione di rivalsa proposte dalle Stazioni appaltanti. Il CIG andrà indicato in tutti gli atti di parte e in tutti i provvedimenti del Giudice.
In risposta al quesito formulato dalla Sezione V del Consiglio di Stato, l’Adunanza Plenaria ha espresso il seguente principio di diritto: «la disposizione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, laddove prevede, per il raggruppamento c.d. orizzontale, che l’incremento premiale del quinto si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara, si applica anche, per il raggruppamento c.d. misto, alle imprese del singolo sub-raggruppamento orizzontale per l’importo dei lavori della categoria prevalente o della categoria scorporata a base di gara».
6. L’Adunanza plenaria ritiene che al quesito posto dalla Sezione rimettente con riferimento all’interpretazione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, debba rispondersi che, in caso di raggruppamento c.d. misto, tale importo a base di gara debba riferirsi ai singoli importi della categoria prevalente e delle altre categorie scorporabili della gara.
6. L’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 prevede che «la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la disposizione non si applica alla mandataria ai fini del conseguimento del requisito minimo di cui all’articolo 92, comma 2».
6.2. Si tratta dell’istituto del c.d. incremento del quinto, istituto introdotto nel settore dei lavori pubblici dall’art. 5 della l. n. 57 del 1962, istitutiva dell’Albo Nazionale degli appaltatori, per quanto concerne l’impresa singola, e dall’art. 21 della l. n. 584 del 1977 sugli appalti pubblici, per quanto concerne le imprese riunite, con la c.d. condizione del quinto rapportato all’importo dei lavori a base d’asta (v., sul punto, la decisione n. 10 del 27 novembre 1990 di questa stessa Adunanza plenaria e la giurisprudenza successiva e, in particolare, dopo la modifica dell’art. 23 del d. lgs. n. 406 del 1991, la sentenza di Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2000, n. 801).
6.3. L’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 tuttora vigente, nel cristallizzare un lungo percorso normativo e giurisprudenziale, ha inteso codificare nella stessa disposizione le due distinte regole, relative, la prima, all’impresa singola e, la seconda, al raggruppamento di imprese.
6.4. La funzione della prima regola – secondo cui la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto – è quella di evitare che l’apertura al mercato degli appalti comunitari alle piccole e medie imprese possa attuarsi con pregiudizio delle condizioni basilari di affidabilità tecnica e finanziaria di ciascuna struttura aziendale e si traduce nell’apposizione di un limite alle capacità e dimensioni della singola impresa.
6.5. La funzione della seconda regola – secondo cui, in caso di imprese raggruppate o consorziate, il beneficio dell’aumento del quinto si applica a condizione che l’impresa si qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara – è, invece, quella di garantire l’amministrazione che la pur necessaria suddivisione dei compiti, congeniale allo strumento del raggruppamento di imprese, non comprometta l complessiva «efficienza ed adeguatezza della più vasta aggregazione imprenditoriale aggiudicataria dell’appalto, la quale deve offrire, nel sistema di qualifica affidato all’iscrizione all’albo costruttori, una classifica totale almeno pari a quella dell’importo dei lavori affidati» (Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2000, n. 801, cit.).
7. Orbene, quanto alla seconda regola di cui al § 6.5., l’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, come è reso evidente anche dal riferimento finale della disposizione all’art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 per il requisito minimo della mandataria, prende in considerazione la prima e preminente ipotesi del c.d. raggruppamento orizzontale, costituito da imprese riunite per realizzare un appalto unitario, caratterizzato da un’unica lavorazione (e, quindi, da un’unica categoria richiesta: cfr. art. 48, comma 1, seconda parte, del d. lgs. n. 50 del 2016), essendo esse portatrici delle medesime competenze per l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto.
8. In questa ipotesi, che costituisce storicamente la prima forma aggregativa conosciuta dall’esperienza dei lavori pubblici, l’importo dei lavori a base d’asta evidentemente coincide con quella della singola lavorazione, come ben rammenta l’ordinanza di rimessione, anche se la prassi imprenditoriale e la legislazione dei contratti pubblici hanno visto poi emergere, e regolare, nuove forme aggregative e partecipative alle gare, con suddivisione di singole categorie di lavorazioni, prevalente e scorporabili, tra imprese specificamente qualificate.
9. Si è infatti ben presto delineata la figura del c.d. raggruppamento verticale, in cui uno degli operatori economici interessati è chiamato ad eseguire i lavori della “categoria prevalente”, mentre gli altri sono preposti all’esecuzione delle (distinte) “categorie scorporabili” (art. 48, comma 1, prima parte del d. lgs. n. 50 del 2016).
10. Al riguardo l’art. 92, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010 stabilisce che i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono posseduti dalla mandataria nella categoria prevalente e nelle categorie scorporate ciascuna mandante possiede i requisiti previsti per l’importo dei lavori della categoria che intende assumere e nella misura indicata per l’impresa singola.
10.1. Nell’ipotesi di raggruppamento verticale c.d. puro, ciascuna mandante, come prevede l’art. 92, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010, è chiamata ad eseguire i lavori della categoria scorporata e deve avere la classifica «nella misura indicata per l’impresa singola» e potrà giovarsi dell’incremento premiale del quinto, in base alla prima regola di cui si è detto (v., supra, § 6.4), nella misura indicata dalla prima parte dell’art. 61, comma 2, e cioè «nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto».
11. L’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 non si è riferito espressamente, invece, ai raggruppamenti cc.dd. “misti”, prevista in ordine di tempo, come ricorda la sezione rimettente, solo dall’art. 7, comma 1, lett. f), della l. n. 166 del 2002, che consiste in una forma di associazione verticale al cui interno sono presenti – in ragione della eterogeneità dei lavori oggetto dell’affidamento, in cui vengono in rilievo una pluralità di diverse categorie di lavorazioni oltre alla prevalente – sub-raggruppamenti orizzontali (art. 48, comma 6, ad finem del d. lgs. n. 50 del 2016).
11.1. Questa ipotesi, ad una prima lettura, sembra essere estranea alla diretta applicazione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 non solo perché la disposizione fa riferimento ad imprese che eseguono lo stesso tipo di lavorazione e, dunque, ad un raggruppamento tipicamente e interamente orizzontale (c.d. totalitario), ma perché lo stesso meccanismo del beneficio del c.d. incremento del quinto, evidentemente, presuppone, nel fare riferimento ad una impresa raggruppata e consorziata che «sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara» (c.d. condizione del quinto), che i lavori a base di gara siano gli stessi per tutte le imprese che possono, o vorrebbero, giovarsi del beneficio, non essendo possibile giovarsi di questo incremento premiale, evidentemente, per le imprese che non appartengano alla medesima categoria di lavori, proprio per il modo con il quale è congegnato, dallo stesso art. 61, commi 3 e 4, e dall’Allegato A al d.P.R. n. 207 del 2010, il meccanismo delle qualifiche e delle classifiche per le opere generali e specializzate.
11.2. Ne discende che entrambi gli orientamenti interpretativi richiamati dall’ordinanza di rimessione – e, cioè, quello “restrittivo” esemplificativamente rappresentato da Cons. St., sez. III, 13 aprile 2021, n. 3040 e, dall’altro lato, quello “ampliativo” o correttivo sempre esemplificativamente rappresentato da C.G.A.R.S., sez. giurisd., 11 aprile 2022, n. 450 – non possono essere condivisi nella misura in cui, seppure con esiti interpretativi del tutto divergenti, muovono entrambi dal presupposto – non previsto da alcuna disposizione di legge – secondo cui, al cospetto di un raggruppamento misto, bisognerebbe aver riguardo alla base d’asta comprensiva di tutti i lavori, anche appartenenti a categorie eterogenee, al fine di determinare se l’impresa appartenente al sub-raggruppamento orizzontale possa ritenersi qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei “lavori a base d’asta” e porre al denominatore il complesso di tutti i lavori posti a base d’asta.
11.3. Che questi lavori non possano essere intesi, nella loro totalità, come comprensivi di lavorazioni del tutto eterogenee, per i raggruppamenti misti, è infatti reso evidente non solo dal fatto che l’art. 61, comma 2, ha inteso disciplinare la sola o, comunque, prevalente ipotesi del c.d. raggruppamento orizzontale (con esclusione di ogni forma di raggruppamento verticale c.d. puro, con suddivisione di singoli lavori per singole imprese in base alle diverse categorie, ipotesi, questa, regolata – come detto – dall’art. 92, comma 3), ma anche dal fatto che il beneficio del c.d. aumento del quinto, evidentemente, si riferisce sempre e comunque ad imprese che siano in grado di svolgere un quinto dei lavori a base d’asta per cui siano già abilitate e, dunque, per quella sola tipologia di lavori rientranti nella categoria di lavori per la quale abbiano già l’attestazione SOA.
11.4. Questo punto, come ricorda anche l’ordinanza di rimessione, è stato chiarito dall’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC – nella delibera n. 45 del 22 gennaio 2020, su istanza singola di parere precontenzioso ai sensi dell’art. 211, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, laddove l’Autorità ha precisato che la condizione posta dall’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 per accedere al beneficio dell’incremento del quinto dei lavori a base di gara è da intendersi «nel senso che la categoria nella quale è necessario avere una classifica parti almeno a un quinto dei lavori è la stessa categoria per la quale si invoca l’estensione della portata abilitante dell’attestazione SOA».
11.5. Si tratta, dunque, di capire se e in che termini la disciplina dettata dall’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 possa trovare applicazione anche al raggruppamento misto per via del rilievo che, nei singoli sub-raggruppamenti, a livello “orizzontale” si viene a creare, con riferimento alla specifica categoria di lavorazione, prevalente o scorporata, la medesima situazione di fatto, e di diritto, che in via generale contraddistingue il raggruppamento orizzontale.
12. L’art. 48, comma 6, ad finem del d. lgs. n. 50 del 2016 prevede, infatti, che i lavori riconducibili alla categoria prevalente o alle categorie scorporate «possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale».
12.1. Sul piano testuale, all’applicazione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 267 del 2010 anche al sub-raggruppamento orizzontale, in ipotesi di c.d. raggruppamento misto, non osta invero il tenore letterale dello stesso art. 61, comma 2, quando fa riferimento all’«importo dei lavori a base di gara» perché la disposizione – dettata per l’ordinaria ipotesi di raggruppamento orizzontale c.d. totalitario, ove base d’asta e complesso di lavori omogenei alla stessa categoria coincidono – nella sua generica formulazione lascia invero un sufficiente margine interpretativo per ritenere, come suggerisce l’ordinanza di rimessione secondo un criterio di logicità e ragionevolezza, che questo importo vada commisurato alla tipologia di lavori che lo specifico sub-raggruppamento orizzontale deve realizzare.
12.2. Se è vero che la disposizione si riferisce all’ipotesi di raggruppamento orizzontale e non a quello di raggruppamento verticale (e, dunque, anche al raggruppamento c.d. misto, quale species del genus raggruppamento verticale), occorre tuttavia considerare che, nell’ambito del raggruppamento misto, per la categoria prevalente o scorporata, i cui lavori sono stati assunti da plurime imprese, si viene a creare, con riferimento al singolo sub-raggruppamento orizzontale, una ripartizione di compiti e competenze, non dissimile da quella del raggruppamento orizzontale c.d. totalitario, e questa situazione è del tutto assimilabile a quella del raggruppamento orizzontale, laddove la lex specialis consenta il ricorso al raggruppamento verticale con sub-raggruppamenti per singole lavorazioni scorporabili specificamente indicate.
12.3. Sul piano teleologico e sistematico, poi, è evidente che negare l’interpretazione – quantomeno estensiva, se non, addirittura, il ricorso all’applicazione analogica – dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 anche al sub-raggruppamento, con ovvio riferimento e con specifica limitazione – per le ragioni dette – alla singola categoria di lavorazione prevalente o scorporata, significherebbe frapporre un ostacolo ingiustificato all’esistenza stessa del c.d. raggruppamento misto, pur ammesso dal legislatore (art. 48, comma 6, del codice dei contratti pubblici), e quindi disincentivare o addirittura impedire le aggregazioni imprenditoriali che possono concorrere alle gare anche nella forma del c.d. raggruppamento misto, benché espressamente riconosciute dalla legge e dalla stessa stazione appaltante nella lex specialis.
12.4. Ciò verrebbe a creare una ingiustificata disparità di trattamento del sub-raggruppamento orizzontale rispetto alla disciplina stessa del raggruppamento orizzontale totalitario, nel quale – in via generale – il beneficio dell’incremento del quinto è ammesso proprio per consentire, entro certi limiti (la c.d. condizione del quinto), una più vasta partecipazione alle gare.
12.5. Non giova invero opporre che, a differenza del raggruppamento orizzontale c.c. totalitario, nel sub-raggruppamento orizzontale viene a crearsi una sub-associazione di imprese che svolgono una specifica categoria di lavori, spesso di gran lunga inferiori alla base d’asta, con conseguente frammentazione delle competenze e minor garanzia di affidabilità, rispetto a quanto richiesto dalla stazione appaltante.
12.6. Né è fondato il timore che, così ragionando, si incentiverebbe un eccessivo frazionamento dei requisiti partecipativi in un pulviscolo, per così dire, di imprese, ciascuna classificata addirittura fino al quinto aggiuntivo rispetto alla classifica della specifica categoria.
12.7. La possibilità e, anzi, la concreta fattibilità di questo frazionamento – anche a prescindere dalla invocata possibilità di giovarsi dell’incremento del quinto – è insita non solo nella stessa astratta ammissibilità del raggruppamento misto, riconosciuto dall’art. 48, comma 6, del d. lgs. n. 50 del 2016, ma nella sua concreta previsione da parte da parte della lex specialis, con la conseguente ripartizione, evidentemente già “soppesata” a monte e prevista dalla stazione appaltante, delle lavorazioni in senso verticale e, nell’ambito di queste, di una loro esecuzione in forma orizzontale.
12.8. L’ancoraggio del beneficio ad una classifica pari ad almeno un quinto degli specifici lavori – e non già, irragionevolmente, alla totalità indistinta ed eterogenea dei lavori posti a base d’asta – garantisce del resto una più specifica e mirata garanzia di professionalità dei singoli partecipanti al raggruppamento misto rispetto ad una classifica in ipotesi commisurata al complesso di tutti i lavori posti a base d’asta.
12.9. Tale ipotetica classifica, al di là, come detto, della sua stessa impossibilità logico-giuridica per essere la classifica sempre inerente e interna ad una specifica qualifica, comunque vanificherebbe ogni possibilità, per le imprese chiamate ad eseguire lavorazioni secondarie o tutto sommato marginali nell’economia dell’appalto, di giovarsi dell’incremento del quinto per la propria classifica in rapporto alla specifica e sola lavorazione, che sarebbero chiamate a svolgere.
13. Prima ancor che palesemente anticoncorrenziale, una simile interpretazione appare irragionevole e, per altro verso, contrastante con il dettato normativo e l’intero sistema delle qualifiche e classifiche costruito dall’attuale legislazione, lo si ribadisce, su singole categorie di lavorazioni, e con ciò, per paradosso, ancor meno tutelante per le stazioni appaltanti, interessate non tanto a contrarre con imprese che abbiano, sul piano quantitativo, un certo fatturato, rapportato all’intera base d’asta, bensì ad avere quali contraenti associati imprese qualificate, sul piano qualitativo (e, dunque, in base alla classifica per categoria), all’esecuzione della specifica lavorazione nel raggruppamento misto.
13.1. Una interpretazione restrittiva di questo beneficio viene dunque ad introdurre, per il raggruppamento misto, una limitazione ed uno sbarramento comunque sproporzionati rispetto alla finalità – quella, cioè, di tutelare la pubblica amministrazione da una eccessiva frammentazione di imprese e requisiti – che tale rigorosa impostazione professa di volere raggiungere, con l’asserito “blocco” della premialità (v., in questo senso, la già richiamata pronuncia di Cons. St., sez. III, 13 aprile 2021, n. 3040).
14. D’altro canto sul piano sistematico, come pure rammenta l’ordinanza di rimessione, rileva anche la prassi applicativa dell’art. 92, comma 2, dello d.P.R. n. 207 del 2010 in tema di requisiti minimi per la composizione dei raggruppamenti orizzontali.
14.1. Benché la disposizione – che, come si è detto, viene espressamente richiamata dall’art. 61, comma 2 – faccia riferimento, nello scolpire la misura minima dei requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi che l’impresa mandataria deve assumere nell’ambito di un raggruppamento di tipo orizzontale, ai “requisiti richiesti nel bando di gara” (esattamente come per l’art. 61 del d.P.R. n. 207 del 2010), essa è coerentemente interpretata, per consolidato intendimento, nel senso che «la verifica della situazione ‘maggioritaria’, in caso di raggruppamento misto, [debba] avvenire avendo riferimento alle singole categorie scorporabili (della specifica gara), e non all’intero raggruppamento» (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2020, n. 7751; Cons. St., sez. VI, 15 ottobre 2018, n. 5919 e, nel vigore del d. lgs. n. 163 del 2006 ora abrogato, già C.G.A.R.S., Sez. I, 11 aprile 2008, n. 306).
14.2. Come nel caso esaminato dalla pronuncia della sezione V, appena citata, l’interpretazione qui preferita è quella maggiormente rispondente ai principi europei, che prevedono ampia partecipazione alle procedure di gara dei raggruppamenti temporanei ed al principio europeo di massima libertà di autoorganizzazione delle imprese (cfr. l’art. 19, par. 2, della direttiva 2014/24/UE e il considerando n. 15, su cui, di recente, Cons. St., sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785).
14.3. Nella medesima prospettiva sistematica, come rilevato dalla sezione rimettente, l’art. 48, comma 5, del d. lgs. n. 50 del 2016 è chiaro nel limitare la responsabilità per le imprese mandanti alle sole prestazioni effettivamente assunte, sicché, in sostanza, il parametro per la perimetrazione degli obblighi delle mandanti, sia nei confronti della stazione appaltante che nei confronti dei terzi, è costituito dalla singola tipologia di prestazione assunta, ricada nella “categoria prevalente” o in una diversa “categoria scorporata”.
14.4. Sulle esposte premesse, si giustifica allora, nella prospettiva, auspicata dall’ordinanza di rimessione, di una lettura orientata alla necessaria coerenza sistematica del regime di qualificazione dei concorrenti plurisoggettivi, una interpretazione orientata (od adeguatrice) dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, nel senso che, nei raggruppamenti di tipo misto, i componenti di ciascuno dei sub-raggruppamenti di tipo orizzontale siano abilitati a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori «nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto», purché siano qualificati per una classifica pari ad almeno un quinto «dell’importo della categoria di lavori cui lo stesso componente partecipa».
14.5. In tal senso si è, come già accennato, da tempo espressa anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione, la quale ha ritenuto (nel previgente, ma identico contesto normativo) che «la disposizione di cui all’art. 3, comma 2, del d.P.R. 34/2000 che permette alle imprese raggruppate o consorziate di considerare la propria classifica incrementata di un quinto, qualora qualificate per almeno un quinto dell’importo a base di gara»dovesse, in quanto applicata «anche alle ATI verticali o miste», essere interpretata nel senso (ritenuto addirittura “evidente”) che «la suddetta condizione va[da] riferita ai singoli importi della categoria prevalente e delle altre categorie scorporabili» (cfr. la deliberazione n. 377 del 5 novembre 2001, nonché, più di recente, la già richiamata deliberazione n. 45 del 22 gennaio 2020).
15. Questo Consiglio di Stato ha condiviso tale interpretazione di ordine sistematico, allorché ha statuito, ad esempio, che – in difetto di una disposizione speciale derogatoria e in assenza di qualsivoglia distinzione operata dall’art. 48, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016 tra raggruppamenti orizzontali relativi alla categoria prevalente e raggruppamenti orizzontali relativi alle categorie scorporabili – nei raggruppamenti misti ogni sub-raggruppamento debba essere esaminato autonomamente, con la conseguenza che la verifica del possesso della qualificazione della mandataria nella misura minima del 40% (stabilita dall’art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 per i raggruppamenti orizzontali negli appalti di lavori), con riferimento alla singola categoria scorporabile della cui realizzazione la stessa è partecipe unitamente a una o più mandanti, deve essere effettuata in capo all’impresa capogruppo del sub-raggruppamento (Cons. St., sez. VI, 15 ottobre 2018, n. 5919).
16. E del resto, a tutela dell’interesse pubblico sotteso all’apertura della gara a r.t.i. di tipo verticale o misto, la partecipazione alle gare pubbliche mediante raggruppamento temporaneo di tipo verticale – peraltro nella ulteriore e più articolata forma del c.d. raggruppamento c.d. misto – non può ritenersi libera e rimessa all’esclusiva volontà dei concorrenti, poiché, per la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, in tanto il raggruppamento di tipo verticale è ammesso alla gara in quanto ciò sia previsto dalla lex specialis, attraverso la distinzione fra prestazioni prevalenti o principali e prestazioni scorporabili o secondarie, ai sensi dell’art. 48, comma 1 e 2, del d. lgs. n. 50 del 2016 (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2020, n. 7751, Cons. St., sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785, entrambe già citate, nonché Cons. St., sez. V, 5 aprile 2019, n. 2243).
17. Conclusivamente, alla luce di quanto sin qui si è chiarito, si deve rispondere al quesito formulato dalla V sezione affermando il seguente principio di diritto:
«la disposizione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, laddove prevede, per il raggruppamento c.d. orizzontale, che l’incremento premiale del quinto si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara, si applica anche, per il raggruppamento c.d. misto, alle imprese del singolo sub-raggruppamento orizzontale per l’importo dei lavori della categoria prevalente o della categoria scorporata a base di gara».
Quesito: Anche ai fini dell’ottenimento delle attestazioni SOA, le somme corrisposte agli esecutori di lavori pubblici a titolo di compensazione (ex art. 1-septies, D.L. 73/2021) ovvero adeguamento (ex art. 26, D.L. 50) per l’eccezionale aumento del costo dei materiali da costruzione concorrono a formare l’importo complessivo dei lavori da indicare nel certificato di esecuzione dei lavori? Oppure l’importo complessivo da indicare nel certificato medesimo deve essere individuato al netto delle somme corrisposte a titolo di compensazione/adeguamento? Più in particolare, e facendo riferimento al file pdf in allegato (modello allegato B al DPR 207/2010 richiamato dal punto 11 delle INDICAZIONI OPERATIVE PER L’EMISSIONE DI UN CEL adottate da ANAC in data 24/6/2021 allegate) , si chiede se sia consentito inserire le predette somme nel “Quadro 4.3 Altri importi autorizzati ad esclusione delle risultanze definitive del contenzioso riconosciute a titolo risarcitorio” stante che il cit. modello alla nota 4. richiede l’indicazione degli “importi concessi per adeguamento prezzi, accordi bonari o altri importi accordati all’appaltatore mediante procedure analoghe” e dunque se per procedure analoghe debbano intendersi anche quelle derivanti da norme imperative di legge quali relativi alle compensazioni ex art. 1-septies D.L. 73/2021 o agli adeguamenti ex art. 26, D.L. 50/2022.
Risposta: Gli interventi legislativi citati hanno carattere di deroga e specialità. L’importo da conteggiare ai fini del CEL è quello originario dell’appalto. Se così non fosse, si dovrebbe anche andare a controllare l’attestazione SOA dell’appaltatore per accertarne la giusta classifica in base ai nuovi importi, potendo arrivare anche a risoluzione contrattuale in caso di mancanza di capienza. Così non può essere, proprio visto il carattere peculiare delle citate normative. L’adeguamento e/o revisione dei prezzi in corso d’opera non incide sugli aspetti legati alla attestazione SOA. Il quadro 4.3 appare giusta sede per l’indicazione delle somme di adeguamento e/o revisione prezzi. (Parere MIMS n. 1497/2022)
12.2. Infatti deve ritenersi che i commi 17-19-ter dell’art. 48 del D.Lgs. n. 50/2016), così come interpretati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato di recente in quatto pronunce (del 27.3.2019, n. 6, del 27.5.2021, nn. 9 e 10 e, da ultimo, del 25.1.2022, n. 2), non ammettano la possibilità di apportare modifiche soggettive alla compagine di un RTI in caso di sopravvenuta perdita dei requisiti speciali di partecipazione (nella specie dell’attestazione SOA), essendo la sostituzione interna limitata all’ipotesi in cui una delle componenti del raggruppamento perda i requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 80 del Codice, anche in corso di gara, e dovendo ritenersi che le esigenze organizzative per l’operatività di un RTI in riduzione non possano venire in rilievo laddove si debba per contro fronteggiare alla perdita in capo ad una delle imprese del costituendo RTI dei requisiti speciali di partecipazione.
12.3. Ne discende che alcun rilievo è in grado di assumere la natura “sovrabbondante” del raggruppamento ai fini di una sua ipotetica “riduzione”, dovendosi negare la possibilità di operare una tale rimodulazione per sanare la perdita di un requisito speciale di partecipazione, in quanto, qualora l’impresa che si sia impegnata all’esecuzione di una determinata quota delle prestazioni oggetto di appalto, rimanga medio tempore sfornita di qualificazione, è inconferente il possesso sovrabbondante del requisito di capacità tecnica da parte del raggruppamento nel suo complesso.
Il principio, già espresso dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 6/2019, è sotteso anche alla sentenza A.P. n. 2/2022, per cui deve ritenersi che la mancanza di attestazione SOA non rientri nei casi previsti dai commi 17, 18, 19 e 19 ter che, vanno interpretati in senso tassativo e restrittivo.
12.4. L’Adunanza Plenaria con la citata sentenza 27 maggio 2021, n. 10, investita della questione della sostituibilità in corso di gara dell’impresa mandataria fallita o comunque assoggettata ad altra procedura concorsuale con un’altra impresa, esterna all’originario raggruppamento di imprese (c.d. sostituzione per addizione), con obicter dictum ha affermato che “nella sola fase di esecuzione, peraltro, il legislatore, dopo la riforma apportata dall’art. 32, comma 1, lett. h, del d.lgs. n. 56 del 2017, ha previsto che anche il venir meno di uno dei requisiti di partecipazione, di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, in capo ad uno dei componenti – non essendo tale ipotesi applicabile alla fase di gara … – possa giustificare la modifica soggettiva, ma sempre e solo interna al raggruppamento perché, diversamente, la fase dell’esecuzione presterebbe il fianco ex post all’aggiramento delle regole della trasparenza e della concorrenza, che presiedono alla fase della scelta del contraente, con l’inserzione postuma di soggetti esterni che nemmeno hanno preso parte alla gara e si troverebbero ad essere contraenti della pubblica amministrazione”.
12.5. Con l’ordinanza n. 6959/2021 è stata peraltro rimessa all’Adunanza Plenaria la seguente questione:
“se sia possibile interpretare l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 nel senso che la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese in caso di perdita dei requisiti di partecipazione ex art. 80 da parte del mandatario o di una delle mandanti è consentita non solo in fase di esecuzione, ma anche in fase di gara”.
In caso di risposta positiva alla prima domanda, la citata ordinanza richiede, altresì, “di precisare la modalità procedimentale con la quale detta modifica possa avvenire, se, cioè, la stazione appaltante sia tenuta, anche in questo caso, ed anche qualora abbia già negato la autorizzazione al recesso che sia stata richiesta dal raggruppamento per restare in gara avendo ritenuto intervenuta la perdita di un requisito professionale, ad interpellare il raggruppamento, assegnando congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere la propria partecipazione alla gara”.
12.5.1. L’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 2 del 2022, nel rispondere a tali quesiti, ha invero affermato che “la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici) da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter del medesimo Codice”.
L’Adunanza Plenaria continua statuendo che, “laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, è tenuta ad assegnare un congruo termine per la predetta riorganizzazione”.
La suddetta pronuncia ha, inoltre, affermato: “La deroga all’immodificabilità soggettiva dell’appaltatore costituito in raggruppamento, tale da evitare in fase esecutiva la riapertura dell’appalto alla concorrenza e, dunque, l’indizione di una nuova gara, è solo quella dovuta, in detta fase, a modifiche strutturali interne allo stesso raggruppamento, senza l’addizione di nuovi soggetti che non abbiano partecipato alla gara (o, addirittura, che vi abbiano partecipato e ne siano stati esclusi), ciò che contraddirebbe la stessa ratio della deroga, dovuta a vicende imprevedibili che si manifestino in sede esecutiva e colpiscano i componenti del raggruppamento, tuttavia senza incidere sulla capacità complessiva dello stesso raggruppamento di riorganizzarsi internamente… È chiaro che la modifica sostituiva c.d. per addizione costituisce ex se una deroga non consentita al principio della concorrenza perché ammette ad eseguire la prestazione un soggetto che non ha preso parte alla gara secondo regole di correttezza e trasparenza, in violazione di quanto prevede attualmente l’art. 106, comma 1, lett. d), n. 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, più in generale, per la sostituzione dell’iniziale aggiudicatario”.
L’Adunanza plenaria ha chiarito pertanto che la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19 ter del medesimo Codice, nonostante evidenti discrasie e contraddizioni normative superate in via interpretativa.
In particolare, la pronuncia è intervenuta in relazione a significative e persistenti carenze nell’esecuzione di precedenti contratti d’appalto che hanno causato la “risoluzione per inadempimento contrattuale” da parte di una mandante di una RTI, rilevante come causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter del codice dei contratti pubblici.
Inoltre con la citata pronuncia l’Adunanza Plenaria ha evidenziato che le norme di eccezione di cui ai commi 17 e 18 disciplinano fattispecie molto diverse da quella di cui al comma 19.
Infatti, mentre le ipotesi disciplinate dal comma 17 (con riferimento al mandatario) e dal comma 18 (con riferimento ad uno dei mandanti) attengono a vicende soggettive, puntualmente indicate, del mandatario o di un mandante, conseguenti ad eventi sopravvenuti rispetto al momento di presentazione dell’offerta, l’ipotesi di cui al comma 19 attiene ad una modificazione della composizione del raggruppamento derivante da una autonoma manifestazione di volontà di recedere dal raggruppamento stesso, da parte di una o più delle imprese raggruppate, senza che si sia verificato nessuno dei casi stabiliti dai commi 17 e 18, ma solo come espressione di un diverso e contrario volere rispetto a quello di partecipare, in precedenza manifestato.
Ed il recesso è ammesso, non tanto in base ad una più generale valutazione dei motivi che lo determinano, ma in quanto le imprese rimanenti “abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire” e sempre che la modifica soggettiva derivante dal recesso non sia “finalizzata ad eludere un requisito di partecipazione alla gara”.
Pertanto, l’Adunanza Plenaria rileva come da un lato, il comma 9 dell’art. 48 introduca un principio generale di immodificabilità della composizione del raggruppamento, e dall’altro lato, i commi 17, 18 e 19, quali norme di eccezione alla norma generale, prevedano una pluralità di esclusioni a tale principio.
13. Nel presente giudizio, tuttavia, non viene in rilievo la perdita del requisito di partecipazione previsto dall’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, né un recesso sic et simpliciter da parte di un componente il RTI ma un asserito subentro di un soggetto terzo, che non aveva partecipato alla procedura di gara, ad altro soggetto (-OMISSIS-), che ha perso un requisito di qualificazione, previsto dall’art. 84.
Pertanto, ferma restando l’impossibilità del subentro, che darebbe luogo ad una modifica del RTI in senso additivo, vi è peraltro da chiedersi se i principi enucleati dalla recente pronuncia dell’Adunanza plenaria 2 del 2022 possano essere estesi anche al caso di specie, ovvero di perdita sopravvenuta di un requisito di partecipazione di ordine speciale.
Per risolvere tale problematica peraltro è utile richiamare altre pronunce dell’Adunanza plenaria che sono intervenute sul tema dell’immodificabilità soggettiva dell’operatore economico nelle gare pubbliche.
13.1. In particolare con la cennata sentenza n. 10 del 27 maggio 2021, l’Adunanza plenaria ha, ulteriormente, precisato che: a) l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione meramente interna del mandatario o del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese con un altro soggetto del raggruppamento stesso in possesso dei requisiti, nella fase di gara, e solo nelle ipotesi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, concordato preventivo o di liquidazione o, qualora si tratti di imprenditore individuale, di morte, interdizione, inabilitazione o anche liquidazione giudiziale o, più in generale, per esigenze riorganizzative dello stesso raggruppamento temporaneo di imprese, a meno che – per questa ultima ipotesi e in coerenza con quanto prevede, parallelamente, il comma 19 per il recesso di una o più imprese raggruppate – queste esigenze non siano finalizzate ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara; b) l’evento che conduce alla sostituzione meramente interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara o la prosecuzione del rapporto contrattuale.
In questa prospettiva l’Adunanza plenaria, negando l’ammissibilità della “sostituzione per addizione” nel raggruppamento temporaneo di imprese, ha precisato che le uniche modifiche consentite dal legislatore sono quelle interne al RTI , con una diversa distribuzione di ruoli e compiti tra mandanti e mandataria, secondo la disciplina degli indicati commi 17 e 18, in ragione di eventi imprevedibili, tassativamente individuati dal legislatore, che abbiano colpito uno degli originari componenti, eventi che costituiscono all’evidenza eccezioni, di stretta interpretazione, al principio di immutabilità soggettiva. Peraltro, l’Adunanza plenaria ha chiarito che “La deroga al principio di immutabilità soggettiva dell’offerente, dunque, deve trovare un espresso e chiaro fondamento nel diritto dell’Unione, non potendo essa giustificarsi a livello sistematico, come sembra supporre il Collegio rimettente, nel richiamo al diverso istituto dell’avvalimento e all’eventuale sostituzione dell’impresa ausiliaria, trattandosi di istituti intesi a favorire il principio della massima partecipazione alla gara, a condizioni paritarie e trasparenti tra tutti i concorrenti, non già a derogare alla parità di trattamento tra questi, ben dovendo, anzi, la stazione appaltante imporre all’operatore economico di sostituire i soggetti ausiliari che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione, come questa Adunanza plenaria ha da ultimo ricordato nella sentenza n. 5 del 18 marzo 2021”.
Pertanto principio cardine è quello dell’immutabilità soggettiva dell’offerente, al quale può derogarsi solo nelle ipotesi tassativamente individuate dal legislatore, fondandosi la contrattazione con la P.A. sul principio della personalità, in quanto i contratti sono stipulati all’esito di una procedura ad evidenza pubblica volta, da un lato, alla scelta dell’offerta migliore e, dall’altro, a tutelare, in via mediata, l’interesse pubblico alla qualificazione tecnica, organizzativa, economica e morale delle imprese partecipanti alle procedure di gara.
13.2 La stessa Adunanza plenaria, con la sentenza n. 8 del 4 maggio 2012, ha inoltre chiarito che il principio di immodificabilità soggettiva persegue lo scopo di consentire alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, di conseguenza, «precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari» ovvero che «tale verifica venga vanificata», sicché le uniche modifiche soggettive elusive del dettato normativo sono quelle che portano all’aggiunta delle imprese partecipanti, non già alla loro riduzione (c.d. modifica per sottrazione) o al recesso di una partecipante, laddove, però, la modifica della compagine in senso riduttivo avvenga per esigenze proprie del raggruppamento o del consorzio, non già per evitare la sanzione dell’esclusione dalla procedura di gara per difetto dei requisiti in capo ad un componente (“Né si verifica una violazione della par condicio dei concorrenti, perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti. Tale soluzione va seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva [Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 842]).
13.3. Risulta inoltre utile accennare anche al percorso motivazionale seguito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5 del 2021, richiamata nella successiva Plenaria n. 10 del 2021, con cui si è evidenziato che la consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione.
L’Adunanza plenaria al riguardo ha distinto il consorzio stabile da quello ordinario, precisando che quest’ultimo, “pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. trib., 9 marzo 2020, n. 6569; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1636). Nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), ma nemmeno in tale ipotesi il consorzio, nella sua disciplina civilistica, è dotato di una propria realtà aziendale. Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, il quale ha statuito l’illegittimità della partecipazione di un consorzio ordinario che, pur riunendo due società, aveva dichiarato di gareggiare per conto di una sola di esse). 7.2. Non è così per i consorzi stabili. Questi, a mente dell’art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”. E’ in particolare il riferimento aggiuntivo e qualificante alla “comune struttura di impresa” che induce ad approdare verso lidi ermeneutici diversi ed opposti rispetto a quanto visto per i consorzi ordinari. I partecipanti in questo caso danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (da ultimo, Cons. St., sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165)”.
Risulta claris verbis dal tenore della motivazione del citato arresto dell’Adunanza Plenaria come proprio la diversità di struttura tra consorzio stabile e consorzio ordinario, abbia indotto l’Adunanza plenaria ad estendere esclusivamente al consorzio stabile l’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, che consente all’operatore economico di sostituire l’ausiliaria che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per la quale sussistono obbligatori motivi di esclusione.
Nella fattispecie de qua viene per contro in rilievo un RTI, in alcun modo sovrapponibile ad un consorzio stabile, in assenza di una comune struttura di impresa, ma semmai analogo, sia pure con le debite differenze, ad un consorzio ordinario come peraltro evincibile dall’art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 che disciplina in maniera unitaria i “Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici”.
Pertanto in alcun modo sarebbe possibile applicare al RTI l’art. 89, comma 3 citato, stante la sostanziale disomogeneità che sussiste tra raggruppamento temporaneo di imprese, da un lato, e consorzio stabile, dall’altro, al fine di consentire una sostituzione dell’impresa partecipante al RTI che abbia perso la qualificazione SOA in corso di gara.
Neppure sarebbe ammissibile una sostituzione meramente interna con altri partecipanti al RTI come evincibile dagli altri cennati pronunciamenti dell’Adunanza Plenaria, a fronte della perdita di un requisito speciale di partecipazione, quale l’attestazione SOA od una riorganizzazione interna del RTI dettata non già da esigenze organizzative, ma volta ad evitare l’esclusione del RTI per la perdita, in capo ad uno dei componenti, dei necessari requisiti di qualificazione.
14. La ricostruzione del quadro normativo, come interpretato dall’Adunanza plenaria nelle citate pronunce, deve pertanto condurre all’accoglimento dell’appello nel senso che il ricorso di primo grado doveva essere accolto con esclusione definitiva del RTI controinteressato, in quanto deve ritenersi che non sia consentito al raggruppamento temporaneo di imprese modificare la propria organizzazione, se non nelle limitate e tassative ipotesi previste dai commi 17, 18, 19 e 19 ter dell’art. 48 del codice, e che le esigenze organizzative del RTI che possono giustificare l’operatività del RTI in riduzione, ai sensi del comma 19 – a fronte del recesso di uno dei componenti il RTI – non possano rinvenirsi laddove venga in rilievo la perdita in capo ad uno dei componenti dei requisiti speciali di partecipazione, che non potrebbero neppure giustificare una sostituzione interna ai sensi dei precedenti commi.
Ed invero deve ritenersi applicabile all’ipotesi di specie il principio già affermato da questa Sezione, sia pure in riferimento all’assenza ab origine dei requisiti speciali di partecipazione (Cons. Stato Sez. V, Sent., 03-05-2021, n. 3464) secondo cui “i requisiti soggettivi dei partecipanti ad una gara pubblica non possono essere modificati ricorrendo al soccorso istruttorio, in quanto, secondo la costane giurisprudenza, la mancanza dei requisiti di partecipazione non può essere sanata mediante una modifica delle quote di partecipazione al sub-raggruppamento, trattandosi di vizi inficianti l’offerta nel suo complesso, ciascuno dei quali sufficiente a rendere invalida l’offerta (in termini Cons. Stato, III, 22 febbraio 2019, n. 1237; VI, 15 ottobre 2018, n. 5919). Infatti la modifica della compagine soggettiva, anche in senso riduttivo, può avvenire per esigenze organizzative proprie del raggruppamento, e non per eludere la lex specialis, ed evitare la sanzione dell’esclusione dalla procedura per difetto dei requisiti in capo alla mandante del raggruppamento (in termini Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8)”; ciò in considerazione della circostanza che i requisiti di partecipazione debbono essere posseduti in costanza di gara, per cui anche la perdita sopravvenuta è in grado di determinare l’esclusione del concorrente, ferma rimanendo l’applicabilità delle previsioni in deroga di cui ai commi 17, 18 e 19 ter dell’art. 48 del codice, da interpretarsi in senso restrittivo.
11. Preliminarmente appare utile, ai fini della presente decisione, richiamare il quadro normativo di interesse riferito alla categoria OS32, per come risulta anche dagli atti processuali.
Il d.P.R. 207/2010, all’art. 109, comma 2, rinviava all’allegato A) del medesimo regolamento per l’individuazione delle categorie c.d. super specialistiche a qualificazione obbligatoria, tra cui era ricompresa la OS32. La detta disposizione regolamentare è stata tuttavia annullata in sede straordinaria, con d.P.R. in data 30 ottobre 2013, reso conforme su parere dell’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato del 26 giugno 2013, n. 3014. Per colmare il vuoto normativo così venutosi a determinare è stato emanato il decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015; convertito dalla legge 23 maggio 2014, n. 80), il cui art. 12, comma 2, lett. b), ha reintrodotto le categorie di lavori a qualificazione obbligatoria. Sennonché tra queste non figura più la categoria OS32.
12. E’ quindi intervenuto il d.lgs. n. 50/2016 che – all’art. 89, comma 11– ha demandato al Ministero delle Infrastrutture la individuazione dell’elenco delle opere cosiddette SIOS, (strutture, impianti ed opere speciali) nonché dei requisiti di specializzazione richiesti ai fini dell’ottenimento dell’attestazione di qualificazione nelle predette categorie.
Infine, è stato adottato il d.m. n. 248/2016, relativo al “Regolamento recante individuazione delle opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica e dei requisiti di specializzazione richiesti per la loro esecuzione, ai sensi dell’art. 89, c. 11, del decreto legislativo 18.4.2016, n. 50”, che ha confermato l’elenco delle categorie SIOS di cui all’art. 12, comma 1, del D.L. n. 47/2014, integrandolo con le categorie OS -B (barriere paramassi, fermaneve e simili) ed OS 32 (strutture in legno).
13. In considerazione del richiamato quadro normativo, secondo le argomentazioni della ricorrente, le lavorazioni riconducibili alle categorie super – specialistiche contemplate dall’art. 12 del d.l. n. 47/2014 così come integrato dal d.m. 248/2016 (ivi comprese le lavorazioni delle categorie OS32 e OS12-B) sono da considerarsi “a qualificazione obbligatoria”, fatta salva la possibilità per l’impresa di ricorrere all’avvalimento se il valore della SIOS non è superiore al 10% dell’importo complessivo dei lavori oggetto di gara, ovvero, al subappalto.
14. Preliminarmente il Collegio chiarisce che non intende discostarsi da quanto già affermato con l’ordinanza cautelare innanzi citata a mente della quale il ricorso proposto non pare assistito “ …. dal requisito del fumus boni iuris, considerato che, come ritenuto da C.S. n. 8096/2020, la categoria OS32, benché inclusa dal D.M. n. 248/2016 tra le lavorazioni c.d. “superspecialistiche”, non rientra tra quelle “a qualificazione obbligatoria”, non avendo l’art. 12, c. 2, lett. b), del D.L. 28.3.2014, n. 47, che ha reintrodotto le categorie di lavori a qualificazione obbligatoria, richiamato la categoria OS32, potendo conseguentemente l’operatore economico privo di tale qualificazione eseguire comunque i lavori, se qualificato nella categoria prevalente per l’intero importo dell’appalto, come ha avuto luogo nel caso di specie”.
15. Per tale ragione anche l’operatore economico che sia privo della qualificazione per la categoria OS32 – se qualificato per la categoria prevalente per l’intero importo dell’appalto – può eseguire in proprio le lavorazioni.
In estrema sintesi, rileva l’appellante come l’art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 preveda sì, in via generale, al comma 9 il divieto di modificazione della composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti “rispetto a quella risultante dall’impegno in sede di offerta”, salvo però quanto disposto ai successivi commi 17 e 18, contemplanti delle eccezioni al predetto principio generale. Inoltre, sempre l’art. 48 dispone al comma 19-ter (introdotto dall’art. 32, comma primo, lettera h) del d.lgs. n. 56 del 2017) che “le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19” (a mente del quale “è ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o forniture o servizi ancora da eseguire. In ogni caso la modifica di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”) trovano “applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verificano in fase di gara”. In ragione della novella normativa, dunque, la deroga all’immodificabilità del raggruppamento temporaneo rispetto all’originaria composizione risultante dall’impegno presentato in sede di offerta sarebbe consentita sia in fase di gara che in fase esecutiva, ove conseguente ad un evento che abbia privato le imprese – mandataria o mandante – della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione, a condizione beninteso che il raggruppamento conservi la qualificazione adeguata ai lavori da eseguire.
Il motivo è fondato, alla luce del recente arresto dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio, 25 gennaio 2022, n. 2.
Secondo tale orientamento – dal quale non vi è ragione evidente per discostarsi, nel caso di specie – la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici) da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter del medesimo Codice.
Ne consegue che, laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è comunque tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, deve assegnargli un congruo termine per la predetta riorganizzazione.
In particolare, evidenza l’Adunanza plenaria, “il riconoscimento della possibilità di modificare (in diminuzione) il raggruppamento temporaneo di imprese, anche nel caso di perdita sopravvenuta dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 del Codice dei contratti, determina che, laddove si verifichi un caso riconducibile a tale fattispecie, la stazione appaltante, in applicazione dei principi generali di cui all’art. 1 della l. n. 241/1990 e all’art. 4 d. lgs. n. 50/2016, debba interpellare il raggruppamento (se questo non abbia già manifestato la propria volontà) in ordine alla volontà di procedere alla riorganizzazione del proprio assetto interno, al fine di rendere possibile la propria partecipazione alla gara”.
Del resto, la possibilità della modificazione (in “riduzione”) del RTI, ricorrendo i presupposti di cui ai commi 17, 18 e 19-ter dell’art. 48 d.lgs. n. 50 del 2016, era già stata riconosciuta sempre dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio, con le sentenze 4 maggio 2012, n. 8 e 27 maggio 2021, n. 10 (cfr. punti 29.1 e 29.2).
Occorre al fine della delibazione dell’unico motivo dedotto prendere le mosse dall’art. 89 del d.lgs. 50/2016, secondo cui “il concorrente allega, altresì, alla domanda di partecipazione in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto. A tal fine, il contratto di avvalimento contiene, a pena di nullità, la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria”.
Con tale norma il Codice dei contratti pubblici ha introdotto una forma di nullità di protezione dei requisiti di ‘forma-contenuto’ del contratto di avvalimento, che invece mancava nella disciplina precedente, la quale si limitava a presidiare il principio di determinabilità del contenuto del contratto di avvalimento, affermando che esso debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico” (v. art. 88 del d.P.R. 207 del 2010).
Tale norma viene quindi a definire in modo specifico l’oggetto del contratto di avvalimento che consiste nei requisiti forniti e nelle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria. La giurisprudenza (cfr. da ultimo Cons., Stato, sez. V, 13 aprile 2022, n. 2784) ha chiarito che: a) l’indagine in ordine agli elementi essenziali di detto avvalimento deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e in particolare secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20.07.2021, n. 5464; III, 4.01.2021, n. 68). b) il contratto non deve quindi necessariamente spingersi sino alla rigida quantificazione dei mezzi d’opera o all’esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione; tuttavia, l’assetto negoziale deve consentire quantomeno “l’individuazione delle esatte funzioni che l’impresa ausiliaria andrà a svolgere, direttamente o in ausilio all’impresa ausiliata, e i parametri cui rapportare le risorse messe a disposizione” (in termini: Cons. Stato, Sez. IV, 26.07.2017, n. 3682); esso deve cioè prevedere, da un lato, la messa a disposizione di personale qualificato, specificando se (ciò avvenga) per la diretta esecuzione del servizio o per la formazione del personale dipendente dell’impresa ausiliata, dall’altro i criteri per la quantificazione delle risorse e/o dei mezzi forniti (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 30.06.2021, n. 4935); c) ammissibile è l’avvalimento che abbia ad oggetto l’attestazione S.O.A., purché la messa a disposizione del requisito mancante non si risolva nel prestito di un valore puramente cartolare e astratto (ossia l’astratta attestazione), essendo invece necessario che dal contratto risulti chiaramente l’impegno dell’impresa ausiliaria a prestare le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21.12.2021, n. 8486); ma perché ciò avvenga realmente è necessaria l’effettiva integrazione dei complessi aziendali dell’avvalente e dell’ausiliaria, diversamente il contratto di avvalimento si risolverebbe in una scatola vuota ossia in un trasferimento documentale cui non corrisponde alcun reale intervento dell’ausiliaria nell’esecuzione dell’appalto e, in definitiva, ove non si disponga diversamente, nell’affidamento dell’opera a un concorrente che si è dichiarato incapace di eseguirla nella sua interezza e che solo “formalmente” si è avvalso dell’attestazione richiesta; d) va esclusa la validità del contratto di avvalimento che applichi formule contrattuali generiche, ovvero meramente riproduttive del dato normativo o contenenti parafrasi della clausola della lex specialis descrittiva del requisito oggetto dell’avvalimento stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 14.06.2019 n. 4024).
Il contratto di avvalimento stipulato rientrava senz’altro nella tipologia dell’avvalimento c.d. operativo poiché l’ausiliaria si impegnava a prestare requisiti di capacità tecnico – professionale (giurisprudenza costante, cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6932; V, 21 febbraio 2020, n. 1330).
E’ noto che, secondo orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, a seconda che si tratti di avvalimento c.d. garanzia ovvero di avvalimento c.d. tecnico o operativo, diverso è il contenuto necessario del contratto concluso tra l’operatore economico concorrente e l’ausiliaria; in particolare, solo in caso di avvalimento c.d. tecnico operativo sussiste sempre l’esigenza della concreta messa a disposizione di mezzi e risorse specifiche, e specificamente indicate nel contratto, indispensabili per l’esecuzione dell’appalto che l’ausiliaria ponga a disposizione del concorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 2021, n. 6619; V, 21 luglio 2021, n. 5485; V, 12 febbraio 2020, n. 1120 e le sentenze ivi richiamate; le ragioni alla base del predetto orientamento giurisprudenziale sono in Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giuris., 19 luglio 2021, n.722); solo così sarà rispettata la regola posta dall’art. 89, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 50 del 2016 nella parte in cui commina la nullità all’omessa specificazione dei requisiti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.
E’ altrettanto noto il principio (ex multis, cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 luglio 2021, n. 5464; III, 4 gennaio 2021, n. 68, ma fissato dall’Adunanza plenaria nella sentenza del 14 novembre 2016, n. 23) secondo cui l’indagine in ordine agli elementi essenziali dell’avvalimento c.d. operativo deve essere svolta sulla base delle generali regole sull’ermeneutica contrattuale e in particolare secondo i canoni enunciati dal codice civile di interpretazione complessiva e secondo buona fede delle clausole contrattuali (artt. 1363 e 1367 cod. civ.).
Il contratto di avvalimento non deve quindi necessariamente spingersi, ad esempio, sino alla rigida quantificazione dei mezzi d’opera, all’esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione ovvero alla indicazione numerica dello stesso personale. Tuttavia, l’assetto negoziale deve consentire quantomeno “l’individuazione delle esatte funzioni che l’impresa ausiliaria andrà a svolgere, direttamente o in ausilio all’impresa ausiliata, e i parametri cui rapportare le risorse messe a disposizione” (Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3682); deve cioè prevedere, da un lato, la messa a disposizione di personale qualificato, specificando se per la diretta esecuzione del servizio o per la formazione del personale dipendente dell’impresa ausiliata, dall’altro i criteri per la quantificazione delle risorse e/o dei mezzi forniti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 30 giugno 2021, n. 4935).
[…]
Relativamente all’avvalimento che abbia ad oggetto attestazione SOA, la giurisprudenza ha precisato che è ammissibile l’avvalimento anche quanto alla SOA, purché la messa a disposizione del requisito mancante non si risolva nel prestito di un valore puramente cartolare e astratto, essendo invece necessario che dal contratto risulti chiaramente l’impegno dell’impresa ausiliaria a prestare le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti (così in termini Consiglio di Stato, Sez. V, 21 dicembre 2021, n. 8486; 12 marzo 2018, n. 1543). In definitiva, nel caso di avvalimento che abbia ad oggetto l’attestazione SOA oggetto di prestito è l’intero apparato organizzativo (in termini di mezzi e risorse) del soggetto avvalso o parte di questo, nella misura necessaria all’esecuzione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2021, n. 8074 in cui si è ulteriormente specificato che “tale risultato (la disponibilità dell’intero complesso produttivo, n.d.s.) si potrebbe ottenere con un contratto di affitto di azienda o di ramo di azienda, ma la peculiarità di questa modalità di collaborazione tra imprese, che fa transitare l’avvalimento nella atipicità o, come altri dice, nella transtipicità, sta nel fatto che non si verifica il trasferimento definitivo dell’azienda, ma solo, appunto, una sua temporanea e parziale messa a disposizione per la singola gara e per il tempo necessario all’esecuzione del contratto d’appalto”).
Quest’ultimo profilo – la correlazione tra apparato organizzativo oggetto del prestito e capacità di esecuzione del contratto d’appalto in affidamento – ha carattere decisivo poiché il concorrente privo del requisito di attestazione SOA dichiara alla stazione appaltante di essere sprovvisto della capacità tecnico – professionale di eseguire il contratto (o parte di esso o alcune specifiche lavorazioni), e che si impegna, tramite avvalimento, a recuperare la capacità mancante, ma perchè ciò avvenga realmente è necessaria l’effettiva integrazione dei complessi aziendali dell’avvalente e dell’ausiliaria; diversamente, il contratto di avvalimento si risolve in una “scatola vuota” ossia in un trasferimento documentale cui non corrisponde alcun reale intervento dell’ausiliario nell’esecuzione dell’appalto, e, in definitiva, ove non si disponga diversamente, nell’affidamento dell’opera ad un concorrente che si è dichiarato incapace di eseguirla nella sua interezza.
La giurisprudenza ha chiarito che è sufficiente, per garantire la continuità delle attestazioni, che nel termine di 90 giorni prima della scadenza della precedente qualificazione sia stato, se non stipulato il contratto con la SOA, almeno presentata istanza di rinnovo idonea a radicare l’obbligo dell’organismo di eseguire le connesse verifiche.
L’art. 76, comma 5, del DPR 5 ottobre 2010, n. 207 (ancora vigente in forza della previsione di cui all’art. 216, comma 14, d.lgs. n. 50 del 2016) stabilisce quanto segue: “L’efficacia dell’attestazione è pari a cinque anni con verifica triennale del mantenimento dei requisiti di ordine generale, nonché dei requisiti di capacità strutturale di cui all’articolo 77, comma 5. Almeno novanta giorni prima della scadenza del termine, l’impresa che intende conseguire il rinnovo dell’attestazione deve stipulare un nuovo contratto con la medesima SOA o con un’altra autorizzata all’esercizio dell’attività di attestazione”.
Il disposto letterale della norma è nel senso che almeno novanta giorni prima della scadenza del termine di validità dell’attestazione di qualificazione l’impresa interessata deve “stipulare un nuovo contratto” volto al rinnovo dell’attestazione medesima.
Tuttavia l’interpretazione emersa in giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, n. 7178/2020 e TAR Firenze n. 1232/2021), ferma restando la presenza del termine decadenziale di novanta giorni, mira a valorizzare, al pari della stipula del contratto, anche un più generale essersi attivato dell’operatore interessato nel suddetto termine, avviando contatti con la SOA aventi esplicito significato di richiedere e portare avanti il procedimento di rinnovo dell’attestazione in scadenza, non essendo rinvenibile un apprezzabile interesse per differenziare le due ipotesi, a condizione che l’attivarsi dell’operatore economico presso la società di attestazione sia esplicito ed inequivoco.
Come emerge dalle norme sopra richiamate le imprese che partecipano alle gare per l’affidamento di lavori pubblici devono essere munite di idonea attestazione SOA, la quale implica che la stessa impresa sia munita di apposita certificazione del sistema di qualità aziendale, “conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000” e “riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle categorie e classifiche”.
In sostanza la disciplina recata dalla su indicate norme prevede che gli esecutori di opere pubbliche provino i requisiti di qualificazione mediante attestazione SOA per categorie e classifiche idonei ai lavori da assumere: dal canto loro, gli organismi di attestazione, nel momento in cui rilasciano la relativa certificazione, attestano l’idoneità di un operatore economico ad eseguire lavori fino alla concorrenza della classifica assegnata, nonché il possesso delle certificazioni di qualità da parte degli operatori economici muniti di SOA. Ne segue che l’avvalimento dell’attestazione SOA in una determinata categoria e classifica presuppone anche l’avvalimento delle procedure operative di qualità secondo la normativa europea di riferimento, connesse alla categoria di lavorazione e relativa classifica messa a disposizione dall’ausiliario, la cui coerenza con gli aspetti gestionali dell’impresa riferiti alle categorie e classifica, per cui viene riconosciuta la SOA, è attestata proprio dall’organismo certificatore accreditato ai sensi delle norme europee. Ed infatti, la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 7 maggio 2019, n. 2932) ha chiarito che, di regola, è l’attestazione SOA a dare conto anche dell’esistenza della certificazione di qualità; e, in linea generale, ha affermato che “quando oggetto dell’avvalimento è la certificazione di qualità, occorre, ai fini dell’idoneità del contratto, che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse” (cfr., Cons. Stato, V, 17 maggio 2018, n. 2953; 27 luglio 2017, n. 3710; 23 febbraio 2017, n. 852).
Non si configura, dunque, nel caso di specie, alcuna violazione della norma primaria e degli atti di gara in quanto, se è vero che ai fini della qualificazione per i lavori pubblici è necessaria e sufficiente la SOA, che implica anche la sottostante certificazione di qualità, è altrettanto vero che l’avvalimento della SOA in una determinata categoria di lavorazione, e per una certa classifica, si traduce anche nel contestuale avvalimento della certificazione di qualità connessa alla medesima categoria.
Sono dunque corrette e non meritano le critiche appuntate le statuizioni della sentenza di primo grado laddove ha affermato che è possibile ricorrere all’istituto dell’avvalimento anche in relazione alla certificazione di qualità, purché l’ausiliaria metta a disposizione della ausiliata “tutti i fattori della produzione e tutte le risorse, che, complessivamente considerate, le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione” (Cons. Stato, Sez. V n. 2953 del 17.05.2018), occorrendo dunque che “per la validità dell’avvalimento (…) siano indicati i mezzi, il personale, il know-how, la prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti in relazione all’oggetto dell’appalto e ai requisiti per esso richiesti dalla stazione appaltante (si cfr., Cons. Stato, III, 3 maggio 2017, n. 2022; V, 4 novembre 2016, n. 4630; Cons. Stato, V, 16 maggio 2017, n. 2316; 12 maggio 2017, n. 2226; 23 febbraio 2017, n. 852; 6 giugno 2016, n. 2384; 27 gennaio 2016 n. 264)”. Su queste premesse correttamente assunte la sentenza ha in modo condivisibile concluso nel senso della sufficiente determinazione o, comunque, determinabilità dell’oggetto dei contratti di avvalimento in relazione al “requisito di qualità”, alla luce della puntuale disamina del loro contenuto, recante l’espresso riferimento alla messa a disposizione di tutti i mezzi necessari per l’esecuzione dell’appalto e per la qualificazione dell’ausiliata (tra cui: Know-How tecnologico e commerciale a mezzo del proprio responsabile della condotta dei lavori; un Responsabile Tecnico con la necessaria qualifica; il numero necessarie di Squadre tipo; il numero e tipo di operai, in base all’effettiva necessità in fase esecutiva, così come di seguito meglio specificati: n. 1 operaio Specializzato C.C.N.L 3° Liv.; n. 1 operaio qualificato C.C.N.L. 2° Liv.; n. 1 operaio Comune C.C.N.L. 1° Liv.); i mezzi necessari all’esecuzione dell’opera, analiticamente e specificamente indicati nel contratto e nell’allegato; cifra d’affari, ottenuta con lavori svolti, mediante l’attività diretta ed indiretta non inferiore a tre volte l’importo a base di gara previsto).
A fronte di quell’elenco sufficientemente dettagliato, la sentenza ha dunque bene ritenuto che fosse rimasto sfornito di prova l’assunto circa la carenza di una concreta, sostanziale ed effettiva messa a disposizione delle “risorse e condizioni che hanno consentito il conseguimento della certificazione del requisito di qualità” ed in ordine alla mancata assunzione in concreto del relativo obbligo da parte dell’ausiliaria con riguardo al prestito del requisito.
La giurisprudenza ha infatti chiarito, affermando principi che ben si attagliano alla presente fattispecie, che “Il contratto di avvalimento non deve quindi necessariamente spingersi, ad esempio, sino alla rigida quantificazione dei mezzi d’opera, all’esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione ovvero alla indicazione numerica dello stesso personale. Tuttavia, l’assetto negoziale deve consentire quantomeno “l’individuazione delle esatte funzioni che l’impresa ausiliaria andrà a svolgere, direttamente o in ausilio all’impresa ausiliata, e i parametri cui rapportare le risorse messe a disposizione” (Consiglio di Stato, sez. IV, 11 maggio 2020 n. 2953; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3682). In effetti, come pure ben rilevato dall’appellata sentenza a seguire le suggestive argomentazioni di parte ricorrente si finirebbe per richiedere agli operatori economici, nella stipula dei contratti di avvalimento, l’osservanza di eccessivi formalismi non indispensabili per la verifica della sussistenza dei requisiti sostanziali, con il rischio di una eccessiva e indebita restrizione della possibilità di accesso a tale istituto e conseguente compromissione della sua finalità e del principio di matrice eurounitaria del favor partecipationis che ne è alla base.
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