Affidamento di servizi sociali : definizione giuridica del requisito di gratuità

Consiglio di Stato, sez. V, 07.09.2021 n. 6232

10.1. – Per quanto concerne il profilo relativo al difetto di gratuità del servizio oggetto dell’affidamento, occorre muovere dalle puntuali considerazioni svolte nel parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 26 luglio 2018, sui rapporti tra le direttive U.E. del 2014 in materia di appalti pubblici, il Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e il d.lgs. n. 117 del 2017 nella parte in cui disciplina l’affidamento di servizi sociali a soggetti o enti del c.d. terzo settore. Premesso che, di regola, «l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario» (pag. 13 del parere), si è sottolineato come in determinate ipotesi «la procedura di affidamento di servizi sociali disciplinata dal diritto interno non è soggetta alla regolazione di origine euro-unitaria. Ciò accade allorché […] la procedura disciplinata dal diritto interno […] miri sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito», il che si giustifica essenzialmente per il fatto che il diritto europeo degli appalti si interessa dei soli affidamenti onerosi.
10.2. – La questione si trasferisce, quindi, sul piano della definizione giuridica del concetto di gratuità, ossia di uno degli elementi costitutivi della possibilità di utilizzare le procedure di affidamento disciplinate dal codice de terzo settore e di sottrarsi, quindi, all’applicazione delle norme unionali in materia di appalti pubblici e al codice dei contratti che di quelle costituiscono recepimento.
In tale prospettiva, il concetto di gratuità si identifica nel conseguimento di un aumento patrimoniale da parte della collettività, cui corrisponde una sola la mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, ossia il prestatore del servizio. Sotto questo profilo, si precisa, «la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore» (pag. 14 del parere cit.). Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese («le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente»: pag. 21 del parere).
10.3. – Applicando gli enunciati principi al caso di specie, occorre rilevare come le previsioni contenute nell’avviso pubblico di indizione della procedura si discostano dal concetto di gratuità sopra delineato. In particolare, l’art. 5 dell’avviso, dopo aver precisato l’accesso gratuito alla struttura «per ciascuna persona con disabilità più un accompagnatore e minori di età inferiore a 6 anni», contempla l’accesso a pagamento «per ciascun accompagnatore ulteriore nella misura di euro cinque per l’intera giornata e con il limite di quattro persone per punto ombra», nonché «la gestione del punto ristoro», per i quali è espressamente stabilito che gli introiti derivanti dalla loro gestione concorrano alla remunerazione anche dei servizi di gestione della spiaggia (servizi, questi ultimi, che «non comporteranno alcun onere per l’ente, compensandosi con gli introiti della gestione del punto ristoro e degli ingressi a pagamento […]»: art. 5, ultimo alinea, dell’avviso pubblicato il 21 giugno 2019).
In tal modo, tuttavia, viene meno l’assunto su cui si fonda il requisito della gratuità del servizio e che giustifica l’impiego delle procedure di affidamento con selezione limitata ai soggetti del terzo settore.

Raccomandazione n. 2 : Linee guida sul procedimento abbreviato Dibattito Pubblico

Pubblicata sul sito del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili la “Raccomandazione n. 2 – Linee guida sul procedimento abbreviato per le opere di cui all’allegato n. 4, per le quali è obbligatorio il Dibattito Pubblico”.

Requisiti di partecipazione – Iscrizione Camera di Commercio – Impresa inattiva – Non comporta esclusione (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Milano, 06.09.2021 n. 1966

2.1. Con il primo motivo la ricorrente contesta la mancata esclusione dalla gara della controinteressata. Quest’ultima, a dire della ricorrente, sarebbe priva dei requisiti di partecipazione in quanto, pur essendo iscritta nel Registro della Camera di Commercio, risultava inattiva sia al momento della presentazione dell’offerta che al momento dell’aggiudicazione.
2.1.1. La tesi non persuade.
Come già rilevato nella fase cautelare, il disciplinare di gara, al punto 6.2 richiede, tra i requisiti di idoneità professionale di cui all’art. 83, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016, la mera “Iscrizione nel registro della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato, per attività inerenti l’oggetto dell’appalto”, senza attribuire alcun rilievo alla circostanza che la posizione dell’impresa iscritta sia o meno attiva. La società -OMISSIS-, pertanto, ad avviso del Collegio deve ritenersi in possesso del requisito in questione, in quanto iscritta nel Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio di Como-Lecco in data 27.10.2020.
Ciò trova conforto, peraltro, nella stessa giurisprudenza richiamata dalla ricorrente, secondo la quale l’utilità sostanziale dell’iscrizione camerale è quella di filtrare l’ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell’affidamento pubblico (C.d.S., Sez. V, n. 6341/2019, che richiama anche C.d.S., Sez. III, n. 5170/2017 e C.d.S., Sez. V, n. 5257/2019), poiché l’individuazione ontologica della tipologia d’azienda, al di là dell’oggetto sociale indicato nell’atto costitutivo o nello statuto societario, può avvenire solo attraverso l’attività, principale o prevalente, che sia in concreto espletata (laddove si tratti di impresa operativa da tempo) e/o comunque documentata (in caso di impresa appena costituita, come nella fattispecie) dall’iscrizione alla Camera di Commercio. Del resto, la soluzione restrittiva sostenuta dalla ricorrente si porrebbe in contrasto con il principio del favor partecipationis e precluderebbe irragionevolmente la partecipazione alla gara delle società, come la controinteressata, di più recente costituzione.

Rettifica di eventuali errori dell’ offerta

Per giurisprudenza consolidata la rettifica di eventuali errori dell’offerta è considerata ammissibile a condizione che si tratti di correzione di “errore materiale”, necessariamente riconoscibile, e che non si sostanzi in operazioni manipolative e di adattamento dell’offerta, risultando altrimenti violati la “par condicio”, l’affidamento nelle regole di gara e le esigenze di trasparenza e certezza, con conseguente necessità di prevenire possibili controversie sull’effettiva volontà dell’offerente (Cons. Stato, Sez. III, 20 marzo 2020, n. 1998; Cons. Stato, Sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5297 ).
In questo senso si è espressa anche la Corte di Giustizia: “non è in contrasto con il principio della par condicio tra i concorrenti la richiesta di correzione o completamento dell’offerta su singoli punti, qualora l’offerta necessiti in modo evidente di un chiarimento o qualora si tratti di correggere errori materiali manifesti, fatto salvo il rispetto di alcuni requisiti” (Corte Giust. UE, Sez. VIII, 10 maggio 2017, in causa C-131/16 Archus).
1.2. E’ stato quindi chiarito che perché si abbia errore materiale emendabile e non illegittima modifica-integrazione dell’offerta occorre:
a) che si tratti di un errore materiale necessariamente riconoscibile, e quindi deve risultare palese che il concorrente sia incorso in una svista (T.A.R. Toscana, Sez. III, 24 luglio 2020, n. 971);
b) che l’effettiva volontà negoziale dell’operatore economico possa ritenersi ragionevolmente certa (Cons. Stato, Sez. III, 20 marzo 2020, n. 1998). Le offerte infatti sono atti negoziali e devono essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto (ex multis: Cons. Stato, Sez. III, 28 ottobre 2020, n. 6610; Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113; Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2015, n. 2082; Cons Stato, Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 5196; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 4 gennaio 2021, n. 17);
c) che l’errore materiale sia tale da poter essere rettificato d’ufficio senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta medesima o a dichiarazioni integrative o rettificative dell’offerente (Cons. Stato, Sez. III, 28 maggio 2014, n. 1487; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 4 luglio 2018, n. 1650). Ai sensi dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, il soccorso istruttorio non può essere esperito per integrare il contenuto negoziale dell’offerta (l’offerta tecnica e l’offerta economica), sicché non deve essere necessario un intervento integrativo da parte dell’operatore economico interessato. In definitiva deve essere la stessa Stazione appaltante a procedere alla correzione, non l’impresa concorrente;
d) che non siano necessari interventi manipolativi e di adattamento dell’offerta, risultando altrimenti violati la “par condicio”, l’affidamento nelle regole di gara e le esigenze di trasparenza e certezza (Cons. Stato, Sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 889). (da ultimo TAR Venezia, 06.09.2021 n. 1058).

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    Società incorporata : nozione ed effetti della fusione sull’offerta

    Consiglio di Stato, sez. III, 06.09.2021 n. 6222

    4.2.- Il primo giudice si è soffermato sulla sorte della società incorporata o fusa, accedendo alla tesi della natura evolutiva-modificativa della operazione di fusione che lascerebbe sopravvivere la società (la giurisprudenza in tal senso è copiosa sia con riguardo a fattispecie anteriori che successive alla entrata in vigore della riforma introdotta dal D.lgs 17 gennaio 2003, n. 6, che ha innovato l’art. 2504 bis c.c.; cfr. Cass. 16 settembre 2016, n. 18188; Cass. 10 dicembre 2019, n. 32208; ord. Sez. Un. 8 febbraio 2006, n. 2637).
    4.3. – Di recente, la questione ha formato oggetto di ripensamento e approfondimento da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che con sentenza n. 21970 del 30 luglio 2021 giungono a conclusioni opposte.
    Valorizzando l’interpretazione sistematica secondo il diritto comunitario, del quale l’interprete deve tenere conto trattandosi di un’area armonizzata del diritto societario sul piano europeo, le Sezioni Unite rammentano come “la direttiva 78/855/CEE del Consiglio del 9 ottobre 1978, relativa alle fusioni tra società per azioni, all’art. 3 definisce la fusione come “l’operazione con la quale una o più società, tramite uno scioglimento senza liquidazione, trasferiscono ad un’altra l’intero patrimonio attivo e passivo mediante l’attribuzione agli azionisti della o delle società incorporate di azioni della incorporante…”.
    E l’art. 19 dispone: “La fusione produce ipso iure e simultaneamente i seguenti effetti: a) il trasferimento universale, tanto tra la società incorporata e la società incorporante quanto nei confronti dei terzi, dell’intero patrimonio attivo e passivo della società incorporata alla società incorporante; b) gli azionisti della società incorporata divengono azionisti della società incorporante; c) la società incorporata si estingue”.
    Compare, dunque, a partire dalla citata direttiva del 1978 sia l’effetto traslativo successorio, sia l’effetto estintivo per la società incorporata.
    La direttiva 78/855/CEE è stata abrogata, a far data dal 1 luglio 2011, dalla direttiva 2011/35/Ue del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011, relativa alle fusioni delle società per azioni.
    L’art. 23 di tale direttiva, con riferimento alla fusione mediante costituzione di una nuova società, afferma che “le espressioni “società partecipanti alla fusione” o “società incorporata” indicano le società che si estinguono”.
    L’art. 14 della direttiva 2005/56/CE, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali, dispone per la fusione per incorporazione che “la società incorporata si estingue” e che nella fusione mediante costituzione di nuova società “le società che partecipano alla fusione si estinguono”.
    Ulteriore indizio si trae dalla stessa nozione di “fusione”, contenuta nell’art. 2: la quale è definita volta a volta (indipendentemente dalla forma per incorporazione o per costituzione di una società nuova) come l’operazione mediante la quale le società trasferiscono “all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad altra società”: la prima, in sostanza, automaticamente si scioglie, pur senza seguire il procedimento di liquidazione, proseguendo altrove i propri rapporti e titolarità, e poi scompare.
    La direttiva 56/2005/CE è stata attuata dal D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 108, il cui art. 16, sul punto, si limita a stabilire che “La fusione transfrontaliera produce gli effetti di cui all’art. 2504-bis c.c., comma 1”, con rinvio dunque a norma già parte del diritto interno.
    La direttiva 2017/1132/UE, pubblicata il 30 giugno 2017 ed entrata in vigore il successivo 20 luglio 2017, come da ultimo novellata dalla direttiva 2019/2121/UE del 27 novembre 2019, ha offerto una codificazione del diritto Europeo societario, mediante l’unificazione in un unico testo delle precedenti direttive in materia societaria.
    Per quanto qui interessa, sia gli artt. 105 e 109, sia l’art. 131, rispettivamente sugli “Effetti della fusione ” e sugli “Effetti della fusione transfrontaliera”, continuano dunque a prevedere che “la società incorporata si estingue” e “le società che partecipano alla fusione si estinguono”, per le prime precisandosi “ipso iure e simultaneamente”.
    In conclusione, secondo le Sezioni Unite, “che la fusione sia inquadrabile tra le vicende modificative dell’atto costitutivo delle società partecipanti è senz’altro corretto, ma questo non e’, tuttavia, l’unico effetto della fusione: il fatto che la (diversa) società, incorporante o risultante dalla fusione, assuma i diritti e gli obblighi delle società interessate sta in sé ad indicare che gli effetti sono certamente più pregnanti di quelli riconducibili ad una semplice modificazione dell’atto costitutivo.
    Tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, vengono ormai imputati ad un diverso soggetto giuridico, la società incorporante, e la società incorporata viene cancellata dal registro delle imprese.
    Onde, se tutti i rapporti passano ad altro soggetto, con cancellazione dal registro delle imprese, quello primigenio non li conserva, ma si estingue.
    Se, quanto ai rapporti giuridici, provvede l’art. 2504 bis c.c., chiarendo che essi proseguono tutti in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione, quale successore per legge esplicitamente identificato, si ha, nel contempo, che le persone fisiche (soci, esponenti aziendali, dipendenti) perdono il loro ruolo originario (derivando la loro sorte dal progetto di fusione) e le persone giuridiche – diverse dalla incorporante o risultante dalla fusione – si estinguono.
    Cessano, infatti, per la società incorporata, la sede sociale, la denominazione, gli organi amministrativi e di controllo, il capitale nominale, le azioni o quote che lo rappresentano, e così via; in una parola, la primigenia organizzazione si dissolve e nessuna situazione soggettiva residua.
    Ora, se nessuna posizione giuridica soggettiva residua in capo alla società incorporata, non ha significato affermare la permanenza di un soggetto, privo di rapporti o situazioni soggettive di sorta nella propria sfera giuridica…”.
    4.4. – Il Collegio condivide le considerazioni svolte e le conclusioni cui è pervenuta la citata sentenza delle Sezioni Unite n. 21970/2021 e ritiene, pertanto, che alla data di presentazione dell’offerta -OMISSIS- era cessata.
    Legittimamente l’Azienda sanitaria, dunque, ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione per l’inesistenza del soggetto economico selezionato.
    4.5.- Non conduce a diversa soluzione la considerazione della successione della società incorporante nei diritti e obblighi delle società incorporata e la prosecuzione nei rapporti anteriori alla fusione ex art. 2504 bis c.c..
    Infatti, per un verso, al momento della presentazione dell’offerta la società -OMISSIS- era già cessata e l’offerta formulata senza alcun riferimento alla fusione avvenuta non può considerarsi validamente formulata per conto o in qualità di soggetto facente parte del nuovo centro di imputazione degli interessi.
    Per altro verso, non vale richiamare la giurisprudenza e le norme che hanno ridimensionato il rigido principio di immodificabilità soggettiva dell’offerente, consentendo nelle ipotesi di trasformazione, fusione o scissione della società, che il cessionario, l’affittuario, ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, siano ammessi alla gara, all’aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante, a tutela della libera iniziativa economica e della par condicio tra i concorrenti (art. 51 del D. Lgs. n. 163/2006, art. 48 e 106 D.lgs. n. 50/2016; Consiglio di Stato A.P. n. 9 e n. 10 del 2021; Consiglio di Stato sez. V, 07/08/2017, n.3914; Consiglio di Stato sez. IV, 20/05/2014, n.2556; sez. V, 11/02/2005, n.392).
    Le vicende modificative che possano in qualche modo interessare soggetti partecipanti ad una gara e che si verifichino nel corso del procedimento non si traducono in automatiche cause di esclusione, a ciò ostando il principio – di derivazione comunitaria – di massima libertà di organizzazione delle imprese; tuttavia, le stazioni appaltanti possono ammettere o mantenere all’interno dei procedimenti di selezione dei propri contraenti solo chi, a seguito delle richiamate vicende modificative, si trovi, comunque, in possesso delle necessarie condizioni soggettive generali e speciali di partecipazione.
    Naturalmente, si impone al soggetto nuovo partecipante di rappresentare le modifiche intervenute alla Stazione appaltante, in modo da attivare la necessaria verifica del complesso dei requisiti di partecipazione.
    4.6. – Anche la Corte di Giustizia UE, con sentenza del 24 maggio 2016, MT Højgaard e Züblin (C-396/14, EU:C:2016:347) ha ritenuto che nel contesto della direttiva 2004/17, con riferimento ad una procedura negoziata, in caso di scioglimento di un raggruppamento prequalificato, di cui facevano parte due operatori economici, uno di essi può subentrare a tale raggruppamento e proseguire la suddetta procedura, senza che sia violato il principio di uguaglianza, a condizione che sia dimostrato che tale operatore economico soddisfa da solo i requisiti definiti inizialmente dall’amministrazione aggiudicatrice.
    E di recente la sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. V, 11/07/2019, n.697, nell’ambito di una procedura ristretta, ha ritenuto che in forza del requisito dell’identità giuridica e sostanziale tra gli operatori economici prequalificati e quelli che presentano le offerte, il diritto dell’Unione consente che un candidato prequalificato, che si impegni a incorporare un altro candidato prequalificato in virtù di un accordo di fusione concluso tra la fase di prequalifica e quella di presentazione delle offerte e attuato dopo tale fase, possa presentare validamente un’offerta.
    Il caso esaminato dalla Corte riguarda però una situazione del tutto diversa “in cui uno degli offerenti ha aumentato le sue capacità mediante l’acquisizione di uno degli altri offerenti prequalificati” anche se gli effetti concreti e definitivi dell’operazione di fusione di cui trattasi si sono prodotti solo dopo la presentazione delle offerte.
    4.7. – Nel caso in esame, viceversa, come osservato, non si fa questione del subentro nella procedura selettiva o nel contratto del nuovo soggetto incorporante, in possesso dei requisiti tecnico professionali richiesti.
    Viene in rilievo, piuttosto, la diversa problematica dell’offerta presentata da soggetto preselezionato ai sensi dell’art. 63 D.Lgs. n. 50/2016 (e che avendo offerto le condizioni più vantaggiose è risultato aggiudicatario) non più esistente (mentre il nuovo soggetto incorporante, subentrato nei diritti e obblighi della società incorporata ex art. 2504 bis c.c. non è stato preselezionato e non sembra possedere i requisiti richiesti).
    Con la conseguenza che l’offerta deve considerarsi inesistente o nulla.

    Subappalto necessario – Finalità – Rileva per la partecipazione alla gara e non in fase di esecuzione (art. 105 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Milano, 03.09.2021 n. 1965

    8.3. Non convince la tesi della ricorrente secondo cui il subappalto necessario investirebbe le modalità di esecuzione della prestazione e rileverebbe solo in quella fase. Scopo della dichiarazione di subappalto non sarebbe dunque quello di “garantire” alcunché: l’impegno a subappaltare parte delle opere si tradurrebbe in un onere da osservare in fase esecutiva, il cui rispetto dovrà essere accertato proprio in tale fase.
    8.4. Il Collegio osserva che se la dichiarazione di subappalto non fosse idonea a garantire il possesso del requisito di qualificazione richiesto, la ricorrente, non possedendolo, non avrebbe potuto partecipare alla gara (ovvero avrebbe – in questo caso sì – dovuto impugnare tempestivamente la previsione del bando, in quanto escludente).
    8.5. Ma a prescindere da tale rilievo, lo strumento del subappalto necessario o qualificante persegue l’obiettivo dell’apertura del mercato dei contratti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, a vantaggio non soltanto degli operatori economici ma anche delle stesse amministrazioni aggiudicatrici.
    8.6. Nel caso di specie è richiesta la realizzazione degli impianti per la trasformazione di alta/media tensione e per la distribuzione di energia elettrica in corrente alternata e continua e degli impianti di pubblica illuminazione. Tali opere rientrano nella previsione di cui all’art. 12 comma 2 lett. b) del D.L. 47/2014, per le quali quindi è richiesta la specifica qualificazione.
    Va altresì aggiunto che ai sensi dell’art. 61 comma 2 del DPR n. 107/2010 (applicabile in virtù dell’art. 216 comma 14 del decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016 – il quale richiama la Parte II, Titolo III, del D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, artt. da 60 a 96, imponendone l’applicazione sino all’intervento della nuova disciplina in materia di qualificazione prevista dall’art. 83 comma 2 del medesimo decreto legislativo n. 50/2016) “La qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara”.
    Alla luce della normativa di riferimento, dunque, la qualificazione abilita l’impresa a partecipare alla gara (oltre che ad eseguire i lavori). Laddove il mancato possesso della qualificazione possa essere sostituito dal ricorso al subappalto, è evidente che l’istituto rileva in sede di partecipazione alla gara in quanto “sostitutivo” del requisito di qualificazione obbligatoria mancante.

     

    [rif. art. 105 d.lgs. n. 50/2016]

    Avvalimento SOA – Presuppone avvalimento delle procedure operative di qualità – Contratto – Eccessivi formalismi – Non esigibilità (art. 89 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 03.09.2021 n. 6212

    Come emerge dalle norme sopra richiamate le imprese che partecipano alle gare per l’affidamento di lavori pubblici devono essere munite di idonea attestazione SOA, la quale implica che la stessa impresa sia munita di apposita certificazione del sistema di qualità aziendale, “conforme alle norme europee della serie UNI EN ISO 9000” e “riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle categorie e classifiche”.
    In sostanza la disciplina recata dalla su indicate norme prevede che gli esecutori di opere pubbliche provino i requisiti di qualificazione mediante attestazione SOA per categorie e classifiche idonei ai lavori da assumere: dal canto loro, gli organismi di attestazione, nel momento in cui rilasciano la relativa certificazione, attestano l’idoneità di un operatore economico ad eseguire lavori fino alla concorrenza della classifica assegnata, nonché il possesso delle certificazioni di qualità da parte degli operatori economici muniti di SOA.
    Ne segue che l’avvalimento dell’attestazione SOA in una determinata categoria e classifica presuppone anche l’avvalimento delle procedure operative di qualità secondo la normativa europea di riferimento, connesse alla categoria di lavorazione e relativa classifica messa a disposizione dall’ausiliario, la cui coerenza con gli aspetti gestionali dell’impresa riferiti alle categorie e classifica, per cui viene riconosciuta la SOA, è attestata proprio dall’organismo certificatore accreditato ai sensi delle norme europee. Ed infatti, la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 7 maggio 2019, n. 2932) ha chiarito che, di regola, è l’attestazione SOA a dare conto anche dell’esistenza della certificazione di qualità; e, in linea generale, ha affermato che “quando oggetto dell’avvalimento è la certificazione di qualità, occorre, ai fini dell’idoneità del contratto, che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse” (cfr., Cons. Stato, V, 17 maggio 2018, n. 2953; 27 luglio 2017, n. 3710; 23 febbraio 2017, n. 852).
    Non si configura, dunque, nel caso di specie, alcuna violazione della norma primaria e degli atti di gara in quanto, se è vero che ai fini della qualificazione per i lavori pubblici è necessaria e sufficiente la SOA, che implica anche la sottostante certificazione di qualità, è altrettanto vero che l’avvalimento della SOA in una determinata categoria di lavorazione, e per una certa classifica, si traduce anche nel contestuale avvalimento della certificazione di qualità connessa alla medesima categoria.
    Sono dunque corrette e non meritano le critiche appuntate le statuizioni della sentenza di primo grado laddove ha affermato che è possibile ricorrere all’istituto dell’avvalimento anche in relazione alla certificazione di qualità, purché l’ausiliaria metta a disposizione della ausiliata “tutti i fattori della produzione e tutte le risorse, che, complessivamente considerate, le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione” (Cons. Stato, Sez. V n. 2953 del 17.05.2018), occorrendo dunque che “per la validità dell’avvalimento (…) siano indicati i mezzi, il personale, il know-how, la prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti in relazione all’oggetto dell’appalto e ai requisiti per esso richiesti dalla stazione appaltante (si cfr., Cons. Stato, III, 3 maggio 2017, n. 2022; V, 4 novembre 2016, n. 4630; Cons. Stato, V, 16 maggio 2017, n. 2316; 12 maggio 2017, n. 2226; 23 febbraio 2017, n. 852; 6 giugno 2016, n. 2384; 27 gennaio 2016 n. 264)”. Su queste premesse correttamente assunte la sentenza ha in modo condivisibile concluso nel senso della sufficiente determinazione o, comunque, determinabilità dell’oggetto dei contratti di avvalimento in relazione al “requisito di qualità”, alla luce della puntuale disamina del loro contenuto, recante l’espresso riferimento alla messa a disposizione di tutti i mezzi necessari per l’esecuzione dell’appalto e per la qualificazione dell’ausiliata (tra cui: Know-How tecnologico e commerciale a mezzo del proprio responsabile della condotta dei lavori; un Responsabile Tecnico con la necessaria qualifica; il numero necessarie di Squadre tipo; il numero e tipo di operai, in base all’effettiva necessità in fase esecutiva, così come di seguito meglio specificati: n. 1 operaio Specializzato C.C.N.L 3° Liv.; n. 1 operaio qualificato C.C.N.L. 2° Liv.; n. 1 operaio Comune C.C.N.L. 1° Liv.); i mezzi necessari all’esecuzione dell’opera, analiticamente e specificamente indicati nel contratto e nell’allegato; cifra d’affari, ottenuta con lavori svolti, mediante l’attività diretta ed indiretta non inferiore a tre volte l’importo a base di gara previsto).
    A fronte di quell’elenco sufficientemente dettagliato, la sentenza ha dunque bene ritenuto che fosse rimasto sfornito di prova l’assunto circa la carenza di una concreta, sostanziale ed effettiva messa a disposizione delle “risorse e condizioni che hanno consentito il conseguimento della certificazione del requisito di qualità” ed in ordine alla mancata assunzione in concreto del relativo obbligo da parte dell’ausiliaria con riguardo al prestito del requisito.
    La giurisprudenza ha infatti chiarito, affermando principi che ben si attagliano alla presente fattispecie, che “Il contratto di avvalimento non deve quindi necessariamente spingersi, ad esempio, sino alla rigida quantificazione dei mezzi d’opera, all’esatta indicazione delle qualifiche del personale messo a disposizione ovvero alla indicazione numerica dello stesso personale. Tuttavia, l’assetto negoziale deve consentire quantomeno “l’individuazione delle esatte funzioni che l’impresa ausiliaria andrà a svolgere, direttamente o in ausilio all’impresa ausiliata, e i parametri cui rapportare le risorse messe a disposizione” (Consiglio di Stato, sez. IV, 11 maggio 2020 n. 2953; Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2017, n. 3682).
    In effetti, come pure ben rilevato dall’appellata sentenza a seguire le suggestive argomentazioni di parte ricorrente si finirebbe per richiedere agli operatori economici, nella stipula dei contratti di avvalimento, l’osservanza di eccessivi formalismi non indispensabili per la verifica della sussistenza dei requisiti sostanziali, con il rischio di una eccessiva e indebita restrizione della possibilità di accesso a tale istituto e conseguente compromissione della sua finalità e del principio di matrice eurounitaria del favor partecipationis che ne è alla base.

    Gara telematica – Soccorso istruttorio – Comunicazione – Modalità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 31.08.2021 n. 6132

    Al riguardo, rileva anzitutto il Collegio che è ravvisabile, soprattutto nella giurisprudenza di primo grado, una diversità di opinioni; da una parte è ravvisabile l’orientamento secondo cui, specie nelle gare gestite mediante sistema informatico, non sussiste l’obbligo di trasmettere via pec le richieste rivolte ai concorrenti ai fini del soccorso istruttorio, nella considerazione che i partecipanti alla gara sono operatori professionali, per i quali la trasmissione della richiesta mediante l’inserimento in un’apposita area dedicata, deve ritenersi modalità adeguata ed idonea a consentire la piena e tempestiva conoscenza da parte del concorrente (T.A.R. Lazio, II, 9 agosto 2019, n. 10499), od anche nella considerazione che la richiesta di integrazione documentale di cui all’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 non è espressamente ricompresa tra gli atti cui è direttamente applicabile l’art. 76, comma 6, dello stesso corpus legislativo, in quanto atto con natura endoprocedimentale (T.A.R. Lazio, II, 19 luglio 2018, n. 8223). Un altro orientamento giurisprudenziale afferma invece che la richiesta di soccorso istruttorio debba avvenire mediante pec, imponendo degli incombenti il cui mancato rispetto comporta come sanzione l’esclusione dalla gara (T.A.R. Toscana, III, 26 aprile 2017, n. 609), o comunque perché l’inserimento della richiesta di chiarimenti sulla piattaforma informatica dedicata alla gara non è oggettivamente sufficiente ad integrare adempimento degli oneri di comunicazione individuale a cui la stazione appaltante è tenuta trattandosi di informativa decisiva per evitare alla concorrente l’esclusione dalla gara (T.A.R. Lazio, III, 30 gennaio 2019, n. 1192).
    Questa Sezione, in un caso fattualmente particolare in quanto caratterizzato dalla richiesta di soccorso successiva ad una seduta pubblica, ha affrontato il problema interpretativo, ritenendo l’insussistenza di un obbligo normativo di comunicazione del soccorso istruttorio mediante pec, nell’assunto che i partecipanti alla gara pubblica sono operatori professionali per i quali il sistema d gestione della gara in un’apposita area dedicata risultava adeguato (Cons. Stato, V, 9 novembre 2020, n. 6852).
    Il Collegio ritiene, all’esito di ulteriore approfondimento, che la soluzione preferibile, in assenza di una previsione (nella specie, come detto, mancante), della lex specialis che riconduca espressamente la richiesta introduttiva del soccorso istruttorio tra le comunicazioni effettuabili mediante la piattaforma informatica, sia quella per cui detta richiesta debba essere effettuata via pec, perché tale è il sistema di invio di comunicazioni con valore legale (ex art. 1, lett. v-bis, del d.lgs. n. 82 del 2005 la posta elettronica certificata è il “sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili a terzi”) e l’unico idoneo a garantire la conoscenza delle comunicazioni a valenza individuale, con carattere necessariamente recettizio (che cioè, ai sensi dell’art. 1335 Cod. civ., si presumono conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario), cui sono connessi non già “effetti ordinatori”, ma effetti potenzialmente espulsivi (si desume dall’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 che “in caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara”).
    […]
    Vale la pena comunque di sottolineare come l’art. 76 non stabilisca la comunicazione via pec solamente per gli atti lesivi (tale non è l’aggiudicazione comunicata all’aggiudicatario : comma 5, lett. a), quanto piuttosto, a bene intendere il fondamento di razionalità della norma, con riguardo a provvedimenti importanti in relazione agli effetti (favorevoli o sfavorevoli) che producono. La disposizione si pone cioè nella prospettiva dell’idoneità del provvedimento (da comunicare via pec) ad esplicare effetti costitutivi od estintivi (in senso lato) nella dinamica del procedimento di gara ed in tale direzione appare difficilmente contestabile che, ove non diversamente disposto in modo esplicito ed accompagnato da cautele dalla lex specialis, lo strumento di comunicazione proporzionato e coerente con gli immanenti principi della collaborazione e della buona fede (art. 1, comma 2-bis, della legge n. 241 del 1990), per la richiesta di soccorso istruttorio sia proprio la pec.

    Approfondimento su: PIATTAFORMA PROCEDURE DI GARA TELEMATICHE – NEGOZIAZIONE – ALBO FORNITORI

    ANAC sull’ abuso di proroga tecnica dei contratti pubblici

    Delibera ANAC n. 576 del 28.07.2021

    La proroga dei contratti pubblici cd. tecnica, ovvero quella diretta a consentire la mera prosecuzione del rapporto contrattuale in corso, nelle more dell’espletamento di una nuova procedura di gara, ha carattere eccezionale e di temporaneità, essendo uno strumento volto esclusivamente ad assicurare una data prestazione in favore della pubblica amministrazione, nel passaggio da un regime contrattuale ad un altro. L’utilizzo reiterato della proroga tecnica, che si traduce in una fattispecie di affidamento senza gara, comporta la violazione dei principi comunitari di libera concorrenza e parità di trattamento, enunciati dall’art. 2 comma 1 del d.lgs. 163/2006, oggi art. 30 comma 1 del d.lgs. 50/2016.

    Sanzioni ANAC per omesse o false dichiarazioni: interpretazione restrittiva (art. 213 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Roma, 30.08.2021 n. 9421

    Fermo restando che omissioni dichiarative quali quelle contestate sono suscettibili di rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, con riferimento al potere di annotazione dell’Anac, l’art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce che “Nel rispetto dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, l’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, entro il limite minimo di euro 250,00 e il limite massimo di euro 25.000,00. Nei confronti dei soggetti che a fronte della richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell’Autorità forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri e nei confronti degli operatori economici che forniscono alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione, fatta salva l’eventuale sanzione penale, l’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500,00 e il limite massimo di euro 50.000,00. Con propri atti l’Autorità disciplina i procedimenti sanzionatori di sua competenza”.
    In tale ambito, quindi, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni devono ritenersi rilevanti esclusivamente le condotte espressamente previste dalla norma, ovvero l’omissione di informazioni richieste e le false dichiarazioni.
    In tal senso è stato evidenziato dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, con orientamento espresso anche dall’ordinanza cautelare resa dal giudice di appello nel presente giudizio, che di tale disposizione deve essere prescelta un’interpretazione restrittiva, in quanto la segnalazione comporta l’apertura di un procedimento finalizzato all’applicazione della misura interdittiva dalla partecipazione alle pubbliche gare, con effetti general-preventivi pregiudizievoli anche più di quelli prodotti da una sanzione vera e propria (Cons. Stato, sez. V, 20.1.2021, n. 630; Cons. Stato, V, 23 luglio 2018, n. 4427).
    Nella fattispecie, la ricorrente ha senz’altro omesso di fornire alla stazione appaltante delle informazioni che avrebbero influenzato le decisioni della stazione appaltante in merito all’aggiudicazione della gara, ma non ha letteralmente rifiutato informazioni al riguardo richieste, né positivamente reso dichiarazioni false, con la conseguenza che, aderendo all’interpretazione restrittiva della disposizione, non avrebbe potuto essere applicata la fattispecie sanzionatoria di cui all’art. 213 comma 13 del d.lgs. 50/2016.

    2021

     

    2021

    📅  10 dicembre: IL DIRETTORE DELL’ESECUZIONE (DEC) NEI CONTRATTI DI SERVIZI E FORNITURE: INQUADRAMENTO, COMPITI E RESPONSABILITA’

    📅  9 dicembre: I CONTRATTI SOTTO SOGLIA DOPO IL D.L. “SEMPLIFICAZIONI E GOVERNANCE PNRR”

    📅  30 novembre: IL RUP NEGLI APPALTI DI SERVIZI E FORNITURE

    📅 26 ottobre: SIMOG E AVCPASS: PRATICA DELLE PROCEDURE DI GARA – TRASPARENZA, VIOLAZIONI E SANZIONI

    📅 13 ottobre: AFFIDAMENTI E CONTRATTI SOTTOSOGLIA PRESSO ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI

    📅  7 ottobre: IMPATTI DEL DECRETO SEMPLIFICAZIONI 2021 NEI CONTRATTI E APPALTI PUBBLICI

    📅 30 settembre: IL DIRETTORE DELL’ESECUZIONE (DEC) NEI CONTRATTI DI SERVIZI E FORNITURE: INQUADRAMENTO, COMPITI E RESPONSABILITÀ

    📅 28 settembre: I CONTRATTI SOTTOSOGLIA DOPO IL DECRETO SEMPLIFICAZIONI 2021 E PNRR

    📅 14 settembre: IL RUP NEGLI APPALTI DI SERVIZI E FORNITURE

    📅 15 luglio: SIMOG E AVCPASS: PRATICA DELLE PROCEDURE DI GARA – TRASPARENZA, VIOLAZIONI E SANZIONI

    📅 8 giugno: IL DIRETTORE DELL’ESECUZIONE (DEC) NEI CONTRATTI DI SERVIZI E FORNITURE: INQUADRAMENTO, COMPITI E RESPONSABILITÀ

    📅 26 maggio: CONTATTI PUBBLICI ALLA LUCE DELLE ULTIME SENTENZE  – EVENTO GRATUITO
    📅  13 maggio: IL RUP NEGLI APPALTI DI SERVIZI E FORNITURE
    📅  5 maggio: SIMOG E AVCPASS: PRATICA DELLE PROCEDURE DI GARA – TRASPARENZA, VIOLAZIONI E SANZIONI
    📅  21 aprile: PPP: LINEE GUIDA DI ANAC PER LA REDAZIONE DEL CONTRATTO

    📅 16 aprile: VADEMECUM “LEX COVID” IN MATERIA DI APPALTI PUBBLICI: ANALISI DEL. G.P. BOLZANO 159/2021 

    📅 24 marzo: I CONTRATTI SOTTOSOGLIA DOPO IL DECRETO SEMPLIFICAZIONI

    📅 10 marzo: IL DIRETTORE DELL’ESECUZIONE (DEC) NEI CONTRATTI DI SERVIZI E FORNITURE: INQUADRAMENTO, COMPITI E RESPONSABILITÀ

    📅 23 febbraio: CONTRATTI SOTTOSOGLIA NEGLI ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI

    📅 15 febbraio: PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO: LINEE GUIDA DI ANAC PER LA REDAZIONE DEL CONTRATTO

    📅 2 febbraio: IL RUP NEGLI APPALTI DI SERVIZI E FORNITURE

     

    in aggiornamento

    Specifiche tecniche – Principio di equivalenza – Commissione di gara – Valutazione di equivalenza implicita – Condizioni (art. 68 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 25.08.2021 n. 6035

    4.4.1. Allora la questione fondamentale posta dall’appello attiene ai criteri valutativi dell’equivalenza sostanziale delle specifiche tecniche delle forniture ai sensi dell’art. 68, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016.
    Infatti, le “caratteristiche previste per lavori, servizi e forniture” sono definite dalla stazione appaltante mediante l’individuazione di “specifiche tecniche” inserite nei documenti di gara (art. 68, comma 1), nel rispetto del canone pro-concorrenziale che garantisca in ogni caso il “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione” senza comportare “direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza” (art. 68, comma 4) o generare artificiose o discriminatorie limitazioni nell’accesso al mercato “allo scopo di favorire o svantaggiare indebitamente taluni operatori economici” (art. 30, comma 2 d. lgs. cit.).
    A tal fine, l’art. 68, comma 5, prefigura le alternative modalità di formulazione, nel corpo della lex specialis, delle caratteristiche tecniche delle prestazioni, prevedendo che la stazione appaltante – “fatte salve le regole tecniche nazionali obbligatorie” – possa procedere: a) alla indicazione (in termini “sufficientemente precisi”, tali cioè da consentire una idonea determinazione dell’oggetto dell’appalto) di “prestazioni o di requisiti funzionali” (lett. a); b) al richiamo per relationem di standard normativi di riferimento preordinati alla codificazione di “specifiche tecniche” ( nell’ordine di preferenza indicato nella lett. b); c) alla diversa combinazione dell’una e dell’altro (lett. c e d).
    In ogni caso, ad evitare esiti illegittimamente discriminatori, resta fermo:
    a) che – quando la stazione appaltante si sia avvalsa della facoltà di “definire” direttamente le specifiche tecniche in termini “di prestazioni o di requisiti funzionali” – l’operatore economico è sempre ammesso a provare, con ogni mezzo, la concreta rispondenza della propria offerta alle prescrizioni capitolari in virtù della allegata conformità a standard di riferimento (normative di recepimento di norme europee, omologazioni tecniche europee, specifiche tecniche comuni, norme internazionali, sistemi tecnici di riferimento adottati da un organismo europeo di normalizzazione) se contemplino le prestazioni o i requisiti funzionali prescritti (art. 68, comma 8);
    b) che – quando la stazione appaltante abbia optato per il richiamo a specifiche tecniche codificate – l’operatore economico è sempre ammesso a provare, con qualsiasi mezzo appropriato, l’<> delle soluzioni proposte ai “requisiti definiti dalle specifiche tecniche” (art. 68, comma 7).
    Quest’ultima disposizione va applicata al caso di specie, dovendosi ribadire che “il principio di equivalenza permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica, in quanto la possibilità di ammettere alla comparazione prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti a quelle richieste, ai fini della selezione della migliore offerta, risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento e di libertà d’iniziativa economica e, dall’altro, al principio euro-unitario di concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle pubbliche gare, mediante un legittimo esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell’amministrazione alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità” (cfr., da ultimo, Cons. Stato, III, 20 ottobre 2020, n. 6345).
    Dato ciò, il principio di equivalenza trova applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara o da parte dei concorrenti, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica; l’art. 68, comma 7, del d.lgs. 50/2016 non onera i concorrenti di un’apposita formale dichiarazione circa l’equivalenza funzionale del prodotto offerto, potendo la relativa prova essere fornita con qualsiasi mezzo appropriato; la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, III, 29 marzo 2018, n. 2013, tra le altre).
    4.4.2. Alla stregua della richiamata disposizione e della sua interpretazione giurisprudenziale, va condiviso l’assunto fondamentale dell’appellante secondo cui il prodotto offerto è migliorativo delle prestazioni richieste dalla stazione appaltante e pertanto non avrebbe potuto essere escluso.
    Occorre premettere che la qualificazione di prodotto migliore non è da intendersi riferita alla circostanza esso possa garantire prestazioni o requisiti funzionali ulteriori rispetto a quelli definiti dalle specifiche tecniche, ma piuttosto che esso è idoneo ad ottemperare ai requisiti richiesti dalla stazione appaltante in maniera migliore, perciò, a maggior ragione, equivalente a come farebbe il prodotto-tipo.
    In sintesi, non si tratta di un prodotto migliore, perché diverso, come sembra aver ritenuto il T.a.r., ma piuttosto di un prodotto migliore, perché in grado di rispondere meglio alle esigenze che la stazione appaltante ha inteso garantire mediante l’imposizione dei requisiti definiti dalle specifiche tecniche.
    In tale prospettiva, rileva sia che il contatore proposto da Sensus è, in assoluto, più preciso nella misurazione di quello richiesto da Acqua Novara, sia che avuto riguardo al tenore della lex specialis e tenuto conto delle caratteristiche delle tubazioni e del calibro, è idoneo (anche) alle misurazioni richieste dalla stazione appaltante, vale a dire in grado di misurare con accuratezza e precisione anche nel caso in cui la portata dell’acqua sia superiore a quella di 16 mc/h e, specificamente, raggiunga quella di 25 mc/h.
    4.4.3. Siffatta conclusione è già supportata dal dato tecnico che, in linea di principio, un contatore con un parametro Q3 maggiore non soddisfa il criterio di minima di un contatore con un parametro Q3 minore, essendo per definizione il primo meno preciso del secondo, in quanto non in grado di misurare (con precisione) le basse portate, mentre è vero il contrario, come presupposto e dimostrato dalla perizia di parte.
    Le considerazioni tecniche ivi esposte dimostrano l’equivalenza del prodotto offerto ai sensi dell’art. 68, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, all’opposto di quanto ritenuto dal T.a.r., avendo il primo giudice interpretato la disposizione in termini eccessivamente restrittivi e frainteso l’assunto da cui ha preso le mosse il ragionamento del perito di parte.

    Requisiti – Possesso da parte del Raggruppamento nel suo complesso – Irrilevanza – Qualificazione delle singole imprese del RTI in misura corrispondente alla quota dei lavori assunti – Necessità (art. 48 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 24.08.2021 n. 6025

    2.1.2. Neppure può assumere rilievo ai fini della riforma della sentenza in parte qua l’assunto per cui nella sua globalità il Rti sarebbe comunque in possesso dei requisiti speciali prescritti dalla lex specialis.
    L’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha infatti chiarito al riguardo che “In applicazione dell’art. 92, co. 2, DPR 5 ottobre 2010 n. 207, la mancanza del requisito di qualificazione in misura corrispondente alla quota dei lavori, cui si è impegnata una delle imprese costituenti il raggruppamento temporaneo in sede di presentazione dell’offerta, è causa di esclusione dell’intero raggruppamento, anche se lo scostamento sia minimo ed anche nel caso in cui il raggruppamento nel suo insieme (ovvero un’altra delle imprese del medesimo) sia in possesso del requisito di qualificazione sufficiente all’esecuzione dell’intera quota di lavori” (Cons. Stato, Ad. plen., 27 marzo 2019, n. 6).
    Il principio è ben applicabile al caso di specie, atteso che la regola della necessaria (e adeguata) qualificazione ai fini dello svolgimento dei lavori pubblici riguarda in generale anche le concessioni (art. 95, comma 1, d.P.R. n. 207 del 2010), e risulta peraltro implicitamente qui confermata nella dalla previsione dell’art. 4 del disciplinare di gara (…).
    Né rileva in senso inverso la previsione dell’art. 95, comma 4, d.P.R. n. 207 del 2010 («Qualora il candidato alla concessione sia costituito da un raggruppamento temporaneo di soggetti o da un consorzio, i requisiti previsti al comma 1 devono essere posseduti complessivamente […]»), il quale “si limita a indicare il criterio applicabile al raggruppamento temporaneo per stabilire il possesso dei (soli) requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali, non investendo il possesso dei requisiti di qualificazione nei lavori pubblici, per i quali quindi si applica la specifica disciplina prevista (attualmente contenuta, per i raggruppamenti temporanei di imprese, agli articoli 48 e 84 del Codice dei contratti pubblici). Pertanto, nessuna deroga, alla disciplina da ultimo richiamata, è apportata dall’art. 95, comma 4” (Cons. Stato, V, 19 aprile 2021, n. 3134).
    Alla luce di ciò, non vale a superare le ragioni di (legittimo) annullamento dell’aggiudicazione il solo fatto che il Rti nel suo complesso vanterebbe le qualificazioni richieste, atteso che comunque uno dei suoi membri (i.e., -Omissis-) ne risulta privo rispetto alla percentuale di lavori dichiarata, e ciò dà luogo di per sé a un vizio di qualificazione determinante la necessaria esclusione del concorrente (cfr. in proposito anche Cons. Stato, V, 13 agosto 2020, n. 5030, in cui si pone in risalto che “ai fini dell’integrazione dei requisiti nell’ambito dei Rti […] non è l’astratto possesso del requisito ad assumere rilievo in sé, bensì la concreta spendita di questo da parte del concorrente, non passibile di modifiche successivamente alla presentazione delle domande (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 27 marzo 2019, n. 6, cit; cfr. anche V, 23 aprile 2020, n. 2591; 31 luglio 2019, n. 5427).

    Computo metrico estimativo – Finalità – Richiesta a pena di esclusione – Legittimità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 20.08.2021 n. 5959

    1.2.3. Sulla base delle previsioni testuali del disciplinare non v’è dubbio che il computo metrico estimativo rientri fra i documenti costituenti l’offerta economica e temporale a tenore del suindicato art. 19.3.2.
    In tale contesto, il ruolo così assegnato al documento non può ritenersi inficiato dal solo fatto che si tratti in specie di un appalto a corpo, il cui corrispettivo è predeterminato, e che d’altra parte il documento d’offerta non sia abbinato ad alcuno specifico criterio valutativo per l’attribuzione dei punteggi.
    A ben vedere, s’è in presenza infatti d’un obiettivo strumento di apprezzamento – sotto il profilo economico, muovendo da quello tecnico – delle migliorie proposte dal concorrente, rispetto alle quali il documento vale a porre un collegamento fra i profili tecnici ed economici che la stazione appaltante può ben avere interesse ad apprezzare, anche in assenza di un puntuale criterio valutativo di riferimento (cfr., al riguardo, Cons. Stato, V, 27 aprile 2021, n. 3405, in cui si afferma che la disposizione della lex specialis che richiede l’inserimento a pena di esclusione dell’offerta economica del computo metrico estimativo “esprime il necessario collegamento sul piano economico tra le ‘migliorie offerte’ (inserite nei diversi elaborati da allegare all’offerta tecnica […] e il costo imputabile alle proposte migliorative”; Id., 6 maggio 2019, n. 2909, che qualifica il computo metrico estimativo quale “indispensabile supporto tecnico del progetto e strumento di valutazione della convenienza economica dell’offerta, oltre che della sua attendibilità, [e che] costituisce requisito essenziale del progetto”, pur concludendo che la mancata indicazione delle migliorie proposte nel suddetto computo metrico non dà luogo a indeterminatezza dell’offerta).
    In tale contesto, la ratio sottesa alla previsione è varia e multiforme: da un lato l’acquisire conoscenza immediata del valore degli interventi – in specie migliorativi, rimessi cioè alla proposta del concorrente – con tutto ciò che ne consegue in ordine alla consapevolezza sul valore delle prestazioni, all’assunzione d’informazioni utili a fini esecutivi, all’acquisizione anticipata di elementi di valutazione della congruità dell’offerta; dall’altro il poter apprezzare preventivamente la serietà di quest’ultima.
    Né il fatto che manchi un apposito criterio valutativo incentrato sul detto computo metrico estimativo ha di per sé rilievo in senso opposto, atteso che comunque l’elemento assume una rilevante portata “trasversale” nei termini suindicati, anche in considerazione della sua bivalente connotazione tecnico-economica.
    D’altra parte, occorre considerare che si tratta invero d’un documento espressamente previsto dalla normativa per l’attività di progettazione (cfr., ad es., gli artt. 24, comma 2, lett. m), 32, comma 1, 33, comma 1, lett. g), 42, comma 6, d.P.R. n. 207 del 2010, tuttora applicabili ai sensi dell’art. 216, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016; cfr. anche il terzo periodo di tale ultima disposizione, che richiama espressamente il computo metrico estimativo a fini progettuali) e che è qui richiesto in relazione alle migliorie proposte (per le quali manca, evidentemente, un documento progettuale di dettaglio a base di gara) sicché la stessa sua richiesta e inclusione fra la documentazione d’offerta rientra nelle facoltà della stazione appaltante confluendo in specie in una previsione non irragionevole né sproporzionata, che si pone in sintonia col ruolo e il significato attribuito dalla legge al computo metrico estimativo (cfr., tra l’altro, anche l’art. 32, comma 14-bis, d.lgs. n. 50 del 2016, in cui si prevede che «I capitolati e il computo estimativo metrico, richiamati nel bando o nell’invito, fanno parte integrante del contratto»).
    Alla luce di ciò, il computo metrico estimativo può dunque ben considerarsi un elemento che, pur in presenza d’un appalto a corpo, può rientrare ragionevolmente fra i documenti d’offerta e farne parte, con le finalità e il significato sopra indicati.
    Non vale richiamare in senso contrario la giurisprudenza che qualifica il computo metrico estimativo alla stregua di elemento inessenziale per l’offerta nell’ambito degli appalti a corpo, per i quali il corrispettivo è predeterminato e invariabile: a ben vedere si tratta di pronunce che esaminano la questione sotto altre prospettive, segnatamente per escludere che le difformità fra detto computo metrico e l’offerta, ovvero rispetto ai documenti della lex specialis, abbiano rilevanza in sé, tanto meno in termini espulsivi (cfr. Cons. Stato, V, 23 marzo 2018, n. 1851, che peraltro afferma il rilievo del computo metrico rispetto alle varianti; Id., V, 2 gennaio 2019, n. 13; 19 febbraio 2019, n. 1143; 3 settembre 2018, n. 5161; IV, 26 febbraio 2015, n. 963; VI, 4 agosto 2009, n. 4903; in tal senso anche Cass., I, 7 giugno 2012, n. 9246, richiamata dall’appellante), o in cui si chiarisce che è la stessa offerta economica – non già il computo metrico – a individuare l’entità del corrispettivo offerto (Cons. Stato, V, 26 ottobre 2018, n. 6119; cfr. anche Id., V, 3 aprile 2018, n. 2057, in cui peraltro la decisione è assunta sulla base di altro principale argomento, incentrato sull’insussistenza nella specie, nel computo metrico estimativo, della lacuna contenutistica denunciata dall’appellante; VI, 4 gennaio 2016, n. 15, in cui pure la principale questione esaminata è diversa, riguardando la predisposizione del computo metrico sulla base dei prezzi del precedente prezzario regionale; cfr. anche Id., V, 8 ottobre 2019, n. 6793, anch’essa incentrata su un altro profilo, e cioè quello della non indeterminatezza dell’offerta nonostante l’elemento migliorativo non fosse nella specie valorizzato nell’ambito del computo metrico estimativo e non estimativo; per la distinzione dei piani, rispettivamente, della produzione del documento di computo estimativo in sé e dell’indicazione del valore economico dell’offerta migliorativa, cfr. Cons. Stato, VI, 21 maggio 2013, n. 2726).
    Ciò non toglie dunque che – al di là dei principi affermati da tali precedenti – la radicale assenza del computo metrico estimativo richiesto dalla lex specialis fra i documenti d’offerta possa condurre all’esclusione del concorrente se comminata dalla stessa lex specialis.
    1.2.4. Allo stesso modo, non può essere ritenuta nulla per violazione del principio di tassatività delle cause d’esclusione di cui all’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 una clausola – come, nel caso in esame, quella prevista dall’art. 19.3.2 del disciplinare di gara – che richieda in un appalto a corpo l’allegazione del computo metrico estimativo sotto pena di esclusione: una volta chiarito infatti che detto computo metrico rientra nella specie (legittimamente) fra i documenti d’offerta, è altrettanto legittimo sanzionare con l’esclusione la sua mancata allegazione, considerato del resto che – come già posto in risalto – si tratta d’un documento espressamente previsto dalla normativa in relazione alla progettazione (cfr. retro, sub § 1.2.3), e l’esclusione sancita a carico del concorrente inadempiente all’obbligo di sua presentazione previsto dalla lex specialis si risolve semplicemente nel sanzionare in termini espulsivi la violazione d’un comportamento doveroso, in sé conforme alla legge, discendente dalla configurazione dell’offerta (anch’essa legittima e non irragionevole) operata dalla lex specialis, esclusione la cui previsione è da ritenere perciò essa stessa non sproporzionata né irragionevole, e dunque valida (Cons. Stato, n. 1143 del 2018 e n. 1851 del 2018, citt., richiamate dall’appellante, affermano la nullità della diversa clausola che sanzioni con l’esclusione l’eventuale difformità fra l’offerta economica e il contenuto del computo metrico; Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2875, invece, da un lato pone in risalto che l’indicazione a pena d’esclusione del costo delle proposte migliorative non è prescritta dalla legge, donde l’impossibile eterointegrazione per tale via della lex specialis, dall’altro afferma in via incidentale la nullità di un’eventuale clausola d’esclusione correlata alla mancata indicazione dei costi delle varianti, pur risolvendo la doglianza nella specie sulla base dell’interpretazione in sé della lex specialis, ritenuta non contenere una siffatta clausola escludente).
    Per le medesime ragioni, non è possibile ammettere il soccorso istruttorio in caso di omessa presentazione di tale computo metrico, proprio perché trattasi di un elemento integrante l’offerta, e come tale non soccorribile ai sensi dell’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, pena la (inammissibile) integrazione postuma dei documenti d’offerta.

    Consorzio stabile – Fallimento della Consorziata esecutrice – Non comporta esclusione automatica (art. 48 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Bari, 19.08.2021 n. 1314

    La procedura concorsuale che, come fatto successivo alla partecipazione alla gara, colpisca la consorziata designata da un consorzio stabile costituisce un’eventualità che, proprio in quanto sopravvenuta rispetto alla partecipazione, non incide sulla partecipazione del consorzio medesimo, avendo sostanzialmente il rilievo di una vicenda interna tra consorzio (unico concorrente e interlocutore della Stazione appaltante) e consorziata (componente del consorzio) (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 21.2.2020, n. 1328; Cons. Stato, sez. V, 2.9.2019 n. 6024; Cons. Stato, sez. V, 23.11.2018, n. 6632, T.A.R. Campania, Salerno, 1035/2019).
    A supporto di detta interpretazione vi è anche da menzionare la recente sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 7 maggio 2020, che avvalora la tesi – su un piano concettuale più ampio, ma omogeneo a quello di cui al caso in esame – secondo cui il legislatore avrebbe inteso distinguere l’ipotesi in cui la procedura concorsuale coinvolga l’impresa mandataria da quella in cui la medesima colpisca l’impresa mandante, prevedendo in quest’ultimo caso la possibilità che un soggetto esterno al raggruppamento subentri alla mandante da escludere, in tal modo evidenziandone la sostanziale fungibilità.
    In conseguenza di quanto sopra, il fallimento di -Omissis- non risulta oggettivamente incidere sulla partecipazione alla gara del Consorzio -Omissis-, determinando al più il fatto sopravvenuto che legittima la sostituzione della consorziata ai sensi dell’art. 48, comma 7 bis, del decreto legislativo n. 50/2016.