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SOA – Falsa dichiarazione Operatore Economico – Anche se ininfluente per la qualificazione – Sanzione ANAC – Legittimità (art. 213 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 27.04.2023 n. 7236

23. A conclusioni diverse, invece, deve giungersi con riferimento alla sanzione pecuniaria comminata dall’ANAC alla ricorrente, ai sensi dell’art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50/2016, la cui irrogazione appare legittima nonostante la dichiarazione non veritiera sia risultata «ininfluente ai fini dell’attestazione di qualificazione».
Se è noto, infatti, che la summenzionata disposizione conferisce ad ANAC il potere di sanzionare gli operatori economici che «forniscono agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione», è ragionevole ritenere che il potere sanzionatorio previsto dalla stessa prescinda da ogni valutazione in ordine alla rilevanza del falso nel procedimento di qualificazione (richiesta invece dall’art. 84, comma 4-bis, d.lgs. n. 50/2016 per la sanzione interdittiva).
Ciò non solo in ragione dell’appena richiamato diverso tenore letterale tra le due fattispecie sanzionatorie ma, più in generale, alla luce della complessiva finalità del sistema di sanzioni pecuniarie previsto dall’art. 213, comma 13, d.lgs. n 50/2016, che – tenuto conto delle fattispecie sanzionate – appare orientato a promuovere una condotta corretta da parte degli operatori economici, a tutela del buon andamento delle operazioni connesse alla stipula dei contratti pubblici (bene giuridico che è sempre inficiato dalla produzione di documenti falsi, anche solo in termini di aggravio e rallentamento del procedimento, a prescindere dalla loro irrilevanza).
In quest’ottica, è ragionevole ritenere che l’ANAC possa irrogare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50/2016 a tutti gli operatori che forniscono agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri in ordine al possesso dei requisiti di qualificazione (ovvero nell’ambito del procedimento finalizzato alla loro verifica), e ciò anche quando i documenti falsi si siano rivelati del tutto ininfluenti ai fini della qualificazione (ovvero anche quando l’operatore economico avrebbe potuto non produrre tali documenti all’organismo di attestazione).

ANAC – Sanzione – Obbligo di motivazione correlata con le risultanze dell’ istruttoria (art. 213 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 20.03.2023 n. 2790

Va premesso che il potere esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 ha natura sanzionatoria e afflittiva (come di recente ritenuto con riferimento al potere esercitato dalla stessa Autorità ai sensi dell’analogo art. 38, comma 2, ter del d.lgs. n. 163 del 2006 dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2022, n. 491).
L’irrogazione di una sanzione pecuniaria, dell’interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti in subappalto, nonché dell’iscrizione nel casellario informatico, hanno certamente natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass. SS.UU. 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale della sanzione ai sensi, e per gli effetti, dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed, in particolare, di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteri” affermati dalla Corte EDU,8 giugno 1974, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza Grande Stevens e altri c. Italia, 4 marzo 2014).
Come più volte precisato dalla giurisprudenza amministrativa, in tema di procedimento sanzionatorio, l’intento del Legislatore è quello di assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative. Ai fini del legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge all’ente titolare sono, dunque, immanenti allo specifico settore ordinamentale (in ragione del carattere afflittivo della sanzione e a garanzia dell’incolpato) i principi di proporzionalità e ragionevolezza, che devono essere esplicitati nella motivazione del provvedimento sanzionatorio.
Questa Sezione ha recentemente affermato che “occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo l’esclusione dalle procedure di gara e degli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere, lo si ripete, natura sanzionatoria (in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480)” (v. la già citata Cons. Stato, sez. V, n. 491 del 2022).
Da siffatti rilievi si possono desumere le seguenti conclusioni: a) l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale; b) l’esercizio di tale potere discrezionale impone un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione in termini di dolo o colpa grave.
L’art. 18.1 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC statuisce, infatti, che: “Il dirigente, acquisiti tutti gli elementi di fatto e valutata la sussistenza o meno dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave e, per i casi di falso, tenuto conto della gravità dei fatti oggetto di falso…”. […]
Questa Sezione condivide le conclusioni a cui è giunto il giudice di prima istanza, il quale ha fondato il decisum sul mancato assolvimento dell’onere motivazionale della delibera impugnata, con riferimento alla omessa illustrazione delle ragioni per cui l’ANAC ha ritenuto sussistere la colpa grave nella condotta della società -OMISSIS- s.r.l., e della omessa pronuncia sulle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare la scusabilità dell’errore commesso.
Non può predicarsi, come diversamente sostiene l’Autorità appellante, che la motivazione sulla colpa grave possa desumersi implicitamente dalla descrizione della condotta posta in essere dalla società incolpata. E neppure si può tenere conto delle considerazioni espresse dall’Autorità sulla gravità della condotta posta in essere dall’operatore economico, atteso che si consentirebbe, nel corso del giudizio, una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto impugnato (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3385).
Invero, il giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione avrebbe imposto la valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave in relazione alla ‘gravità’ dei fatti oggetto di falso, tenuto conto dei rilievi difensivi esposti dalla società -OMISSIS- s.r.l.
L’ANAC, stante la natura sanzionatoria del procedimento, e tenuto conto del fatto che nel comminare una sanzione si effettua una valutazione discrezionale, era tenuta a motivare adeguatamente “i profili di gravità dei fatti oggetto di falso ai fini di una declaratoria di gravità della colpa”.
Tale motivazione avrebbe dovuto essere necessariamente correlata con le risultanze dell’istruttoria, stante il legame tra il provvedimento finale e gli esiti procedimentali.
Il Legislatore ha, infatti, posto una corrispondenza biunivoca tra l’istruttoria e la motivazione: le risultanze della prima, che consiste in un momento dinamico della decisione amministrativa, non possono che confluire formalmente nella staticità del provvedimento finale. Tale ‘valutazione’ non può che significare accurata verifica della rilevanza delle osservazioni difensive dell’operatore sottoposto a procedimento sanzionatorio rispetto ai rilievi della contestazione, con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l’Autorità a non accogliere le prospettazioni della società incolpata, quindi anche al solo fine di confutarle, in questo modo assicurando la valenza degli scritti difensivi e del contraddittorio procedimentale, e non esimendosi dal confronto, posto che, in caso contrario, il diritto di difesa della società sanzionata sarebbe totalmente privo di significato e, comunque, privo di qualsiasi vaglio critico.
L’esame delle osservazioni difensive della -OMISSIS- s.r.l. finalizzate a rappresentare l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla illiceità del fatto, avrebbe assunto rilievo decisivo, ai fini di un giudizio sulla colpa grave, in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato, ciò anche al fine di accertare se il trasgressore avesse fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto stabilito dalla lex specialis.
7.3. Va, inoltre, evidenziato che il profilo motivazionale della delibera impugnata avrebbe dovuto essere maggiormente approfondito, posto che l’ANAC ha ritenuto di applicare più sanzioni (interdittiva e pecuniaria) alla autrice delle false dichiarazioni, così discostandosi dalla determinazione dell’applicazione di un’unica misura sanzionatoria, sicché sarebbe stato necessario spiegare per quale motivi i parametri che si erano giudicati meritavano un intervento così incisivo.
Non può non rilevarsi che l’applicazione della sanzione pecuniaria, contestualmente alla interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, nonché l’annotazione nel casellario informatico, avrebbero implicato un approfondimento motivazionale sulla valutazione della gravità della condotta, in relazione, come si è detto, al profilo della colpa grave, che necessitava di essere adeguatamente esplicitato, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo di tale discrezionalità che, in assenza di idonea argomentazione, ha perso la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità.
Una corretta motivazione del provvedimento sanzionatorio avrebbe, altresì, consentito di agevolare il sindacato giurisdizionale, permettendo la verifica della legittimità della valutazione dell’operato dell’amministrazione.

Sanzioni ANAC per omesse o false dichiarazioni: interpretazione restrittiva (art. 213 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 30.08.2021 n. 9421

Fermo restando che omissioni dichiarative quali quelle contestate sono suscettibili di rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, con riferimento al potere di annotazione dell’Anac, l’art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce che “Nel rispetto dei principi di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, l’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dalla stessa e nei confronti degli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, entro il limite minimo di euro 250,00 e il limite massimo di euro 25.000,00. Nei confronti dei soggetti che a fronte della richiesta di informazioni o di esibizione di documenti da parte dell’Autorità forniscono informazioni o esibiscono documenti non veritieri e nei confronti degli operatori economici che forniscono alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione, dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione, fatta salva l’eventuale sanzione penale, l’Autorità ha il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie entro il limite minimo di euro 500,00 e il limite massimo di euro 50.000,00. Con propri atti l’Autorità disciplina i procedimenti sanzionatori di sua competenza”.
In tale ambito, quindi, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni devono ritenersi rilevanti esclusivamente le condotte espressamente previste dalla norma, ovvero l’omissione di informazioni richieste e le false dichiarazioni.
In tal senso è stato evidenziato dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, con orientamento espresso anche dall’ordinanza cautelare resa dal giudice di appello nel presente giudizio, che di tale disposizione deve essere prescelta un’interpretazione restrittiva, in quanto la segnalazione comporta l’apertura di un procedimento finalizzato all’applicazione della misura interdittiva dalla partecipazione alle pubbliche gare, con effetti general-preventivi pregiudizievoli anche più di quelli prodotti da una sanzione vera e propria (Cons. Stato, sez. V, 20.1.2021, n. 630; Cons. Stato, V, 23 luglio 2018, n. 4427).
Nella fattispecie, la ricorrente ha senz’altro omesso di fornire alla stazione appaltante delle informazioni che avrebbero influenzato le decisioni della stazione appaltante in merito all’aggiudicazione della gara, ma non ha letteralmente rifiutato informazioni al riguardo richieste, né positivamente reso dichiarazioni false, con la conseguenza che, aderendo all’interpretazione restrittiva della disposizione, non avrebbe potuto essere applicata la fattispecie sanzionatoria di cui all’art. 213 comma 13 del d.lgs. 50/2016.

ANAC – Procedimento sanzionatorio – Conclusione – Termine perentorio di 180 giorni

TAR Roma, 30.03.2021 n. 3835

Con il primo motivo di censura la ricorrente ha lamentato la tardività del provvedimento impugnato rispetto ai termini per la conclusione del procedimento sanzionatorio da parte dell’Anac.
Al riguardo la giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato, recepita nelle successive pronunce di questo Tribunale, ha affermato la natura perentoria del termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento in questione, rilevando che la norma primaria di riferimento è data dall’art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, per cui “Il regolamento dell’Autorità disciplina l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell’apertura dell’istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti”; nel rispetto di tali principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, sebbene non vi sia un’espressa previsione in tal senso, il termine di 180 giorni fissato dal regolamento dell’Autorità deve considerarsi perentorio, avuto riguardo a tale normativa, che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio (Cons. Stato, sez. V, n. 5695, 3 ottobre 2018).
La giurisprudenza ha evidenziato, altresì, che “la natura afflittiva delle sanzioni applicate all’esito dei procedimenti in esame assegna natura perentoria (…) al termine di inizio del procedimento al fine di evitare che l’impresa possa essere esposta a tempo indefinito all’applicazione della sanzione stessa” (Cons. Stato, VI, 11 giugno 2019, n. 3919).
Il che trova ragione nei profili di specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e in particolare nella natura afflittivo-sanzionatoria del provvedimento che ne deriva, e dunque nel principio – rilevante sia nella fase di avvio, sia per la conclusione del procedimento sanzionatorio – secondo cui “l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” (Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695).
Si deve quindi concludere che, sebbene non vi sia un’espressa previsione di perentorietà, l’impianto normativo di riferimento porta a ritenere che il provvedimento sanzionatorio impugnato sia stato adottato in violazione di quanto prescritto in base alla normativa primaria (art. 8, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006), che afferma espressamente l’obbligo di osservare il principio di tempestività sia nella fase di avvio, che in quella di conclusione del procedimento sanzionatorio.
[…]
Tale assunto non è accoglibile, avendo la giurisprudenza in materia chiarito che nel termine di 180 giorni deve essere computato anche il periodo necessario alla comunicazione del provvedimento all’interessato, tenuto conto che il procedimento è regolato da disposizioni che disciplinano dettagliatamente numerose ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini procedimentali e che non sarebbe pienamente assicurata una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, qualora si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento (Cons. Stato, n. 5695/2018).
Non può infatti sostenersi che il termine finale del procedimento si determina in base al momento di adozione, e non di comunicazione o notificazione, dello stesso, costituente soltanto requisito di efficacia, ai sensi dell’art. 21-bis, inserito dall’art. 14 della legge n. 15 del 2005, sia in quanto la legge n. 241 del 1990 non è applicabile al procedimento sanzionatorio, regolato dalla disciplina generale della legge n. 689 del 1981, nonché, nel caso di specie, dalla disciplina di settore risultante dall’art. 8 del d.lgs. n. 163 del 2006 e dal Regolamento adottato dall’Autorità, sia poiché quest’ultimo regola già dettagliatamente numerose ipotesi di sospensione e di interruzione dei termini procedimentali, sicché non appare coerente con tali istituti prefigurare il termine finale come termine soltanto ordinatorio, mentre invece il suo rispetto si pone in stretta connessione con una adeguata ed effettiva tutela del diritto di difesa del destinatario del provvedimento, che non sarebbe pienamente assicurata se si consentisse all’Amministrazione di ritardare indebitamente la comunicazione all’interessato dell’esito del procedimento.

[rif. art. 213 d.lgs. n. 50/2016]

Sanzione interdittiva ANAC – Efficacia scaduta – Obbligo dichiarazione in sede di gara – Non sussiste (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 06.07.2020 n. 4314

9. Pacifica l’assenza di previsioni nel bando di gara, con riguardo alla prima categoria di norme deve darsi atto che tali sanzioni impediscono la partecipazione alle procedure di affidamento, ai sensi della sopra citata lett. f-ter), “fino a quando opera l’iscrizione nel casellario informatico”. La proposizione normativa è intesa dalla giurisprudenza di questa Sezione in senso condizionale “ovvero “a condizione che perduri l’iscrizione”; con il significato che se il periodo di iscrizione è concluso, il fatto che in precedenza l’operatore sia stato iscritto non è causa di esclusione dalla procedura” (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142; § 2.2.3).
10. Se dunque nel caso di specie la sanzione interdittiva aveva cessato di essere efficace non è possibile ipotizzarne l’ultrattività attraverso un supposto obbligo dichiarativo, avente carattere strumentale rispetto alle valutazioni di competenza della stazione appaltante ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici, con surrettizia protrazione dell’effetto impeditivo connesso alla durata dell’iscrizione nel casellario informatico dell’ANAC stabilito dalla sopra citata lett. f-ter) della medesima disposizione. Nemmeno le linee-guida dell’Autorità di vigilanza in materia, ai sensi dell’art. 80, comma 13, d.lgs. n. 50 del 2016, ovvero le sopra citate linee-guida n. 6 del 2016, fanno riferimento al caso di sanzioni interdittive scadute come fatto valutabile dalle stazioni appaltanti ai fini del giudizio di affidabilità professionale degli operatori economici spettante all’amministrazione.
11. La sentenza ha dunque ravvisato un’omissione dichiarativa ai sensi della disposizione da ultimo richiamata benché mancasse l’«elemento normativo della fattispecie», dato dal carattere doveroso dell’informazione omessa, tale definito da questa Sezione nell’ordinanza di deferimento all’Adunanza plenaria delle questioni sulle due norme in esame nel presente giudizio (ordinanza del 9 aprile 2020, n. 2332; § 17). Nell’ordinanza ora richiamata si è tra l’altro sottolineato «il problema di conferire determinatezza e concretezza» a tale elemento normativo, «per individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione».
12. Nondimeno deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora lett. c-bis)], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee-guida (al riguardo si rinvia al parere reso dalla commissione speciale di questo Consiglio di Stato appositamente costituita sull’ultimo aggiornamento alle più volte richiamate linee-guida (parere del 13 novembre 2018, n. 2616; § 7.1; cfr. inoltre: Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850, 12 marzo 2020, n. 1774, 12 aprile 2019, n. 2407, 12 febbraio 2020, n. 1071; VI, 4 giugno 2019, n. 3755).
13. Sennonché, quand’anche non si possa esigere che i fatti potenzialmente incidenti siano predeterminati nella normativa di gara – soluzione che realizzerebbe da un lato in massimo grado i principi trasparenza e proporzionalità valevoli per le procedure di affidamento di contratti pubblici ex art. 30 del codice di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, ma dall’altro irrigidirebbe eccessivamente le valutazioni spettanti all’amministrazione – in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni dalla gara “a sorpresa” a carico dello stesso.
14. In ogni caso nell’omissione dichiarativa accertata in sede giurisdizionale non può essere insito alcun automatismo escludente, con sostituzione del potere di valutazione sull’integrità ed affidabilità invece spettante all’amministrazione. Vanno sul punto ancora una volta richiamate le condivisibili considerazioni contenute nell’ordinanza di deferimento all’Adunanza plenaria del 9 aprile 2020, n. 2332, secondo cui l’omissione dichiarativa dovrebbe essere «insuscettibil(e) (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara», ma postula sempre un «apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente» (§ 23 della pronuncia ora citata). Nello stesso senso può inoltre essere richiamata la già menzionata sentenza di questa Sezione del 3 settembre 2018, n. 5142, secondo cui «l’omessa dichiarazione di informazioni rilevanti – accertata all’esito dell’odierno giudizio – costituisce “grave errore professionale” che conduce all’espulsione del concorrente solo se la stazione appaltante – e non altri – lo reputi idoneo a compromettere l’affidabilità e l’integrità dell’operatore» (§ 8.1).
15. Tutto ciò precisato, a conclusione di quanto finora considerato va affermato, in linea con quanto in precedenza esposto, che nessun obbligo dichiarativo rispetto a sanzioni interdittive ANAC la cui efficacia è cessata al momento della partecipazione alla gara è previsto: innanzitutto dalla legge, che anzi circoscrive la sua portata escludente «fino a quando opera l’iscrizione nel casellario informatico» (lett. f-ter), e dalle linee-guida ANAC in materia; inoltre dal bando e dagli altri documenti della gara oggetto del presente giudizio. A ciò va aggiunto che anche una volta proposto il ricorso la stazione appaltante non ha valutato – come pure avrebbe potuto – quale fatto incidente in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’ausiliario del raggruppamento temporaneo aggiudicatario, -Omissis-, la sanzione interdittiva inflittagli dall’ANAC, ma scaduta al momento della partecipazione alla gara.

1) ANAC – Annotazione di notizie utili sul Casellario – Finalità – Obbligo di motivazione; 2) Procedimento sanzionatorio – Termine massimo – Violazione – Illegittimità (art. 213 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 23.03.2020 n. 3593

1) La ricorrente in sostanza fa valere che: (i) l’ “annotazione come notizia utile”: è stata disposta ai sensi dell’art. 213, comma 10 del D. L.vo 50/2016, norma che però non sarebbe applicabile ai fatti per cui è causa; (ii) è stata adottata in violazione del contraddittorio e senza tener conto dell’apporto difensivo, (iii) non contiene una adeguata motivazione circa la conferenza e l’utilità della notizia.

Il primo profilo è infondato, in quanto l’istituto della “annotazione di notizie utili” era già previsto in costanza del D. L.vo 163/2006, precisamente all’art. 8, commi 2 e 4, del d.P.R. n. 207/2010. Quindi, a livello di diritto sostanziale, il potere dell’ANAC di disporre simili annotazioni esisteva già da prima che entrasse in vigore il D. L.vo 50/2016, ed anzi, nel vigore del d.P.R. n. 207/2010, tale potere risultava anche più ampio di quello definito, ora, dall’art. 213, comma 10, del D. L.vo 50/2016.

In tal senso si é ancora recentemente pronunciato il Consiglio di Stato (sentenza Sez. V, n. 1318 del 21 febbraio 2020), affermando che “L’elaborazione giurisprudenziale maturata nella vigenza di detta disciplina è stata nel senso di ritenere esistente una clausola di iscrizione innominata, vale a dire la possibilità di annotare ogni notizia riguardante le imprese ritenuta utile ai fini della tenuta del Casellario, sebbene non rientrante tra quelle espressamente codificate (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2011, n. 3053; VI 14 giugno 2006, n. 3500); l’Autorità, pertanto, aveva (ed ha tuttora) il potere di annotare tutte le notizie segnalate dalle stazioni appaltanti, con il solo limite dell’inesistenza in punto di fatto dei presupposti o dell’inconferenza della notizia comunicata dalla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2009, n. 4906).”

E’ invece fondata la censura laddove, richiamando un ampio stralcio della pronuncia di questa Sezione n. 3098 del 1° marzo 2019, la ricorrente invoca il difetto di motivazione in ordine alla conferenza della annotazione per la tenuta del casellario e per la stessa stessa utilità dell’annotazione.

Ancorché la formulazione dell’art. 8, commi 2 e 4, del d.P.R. n. 207/2010, applicabile ratione temporis, fosse più generica rispetto all’attuale art. 213, comma 10 del D. L.vo 50/2016, è comunque evidente che già in allora l’annotazione, seppure non interdittiva, si giustificava solo a fronte dell’utilità per la tenuta del casellario, di cui l’Autorità doveva dare conto nel provvedimento. La giurisprudenza, infatti, anche con riferimento all’annotazione prevista dall’art. 8, commi 2 e 4 del d.P.R. n. 207/2010, si é espressa nel senso che l’ANAC, nell’esercitare il ricordato potere di “iscrizione atipica”, era/é tenuta “procedere ad un’attenta valutazione dell’utilità in concreto dell’annotazione ai fini dell’apprezzamento dell’affidabilità dell’operatore che le stazioni appaltanti avrebbero potuto compiere in relazione a successive procedure di gara” ed a “valutare l’utilità della notizia alla luce delle circostanze di fatto esposte dall’operatore economico nella sua memoria”, conseguendo l’illegittimità della annotazione quando nel provvedimento di iscrizione si rilevi che non siano state tenute in conto le ragioni per le quali tali circostanze risultavano irrilevanti nella valutazione di utilità dell’iscrizione; in particolare il Consiglio di Stato ha affermato, sempre con riferimento all’art. 8 del d.P.R. n. 207/2010, che è illegittima l’iscrizione quando “l’Autorità si sia limitata ad affermare che le richieste formulate dall’operatore economico non potevano essere accolte per il carattere meramente informativo dell’ iscrizione, che non comportava l’automatica esclusione dalla procedura, dovendo, pur sempre, la stazione appaltante, nell’esercizio della sua discrezionalità svolgere le valutazioni di competenza sui pregressi comportamenti del concorrente. (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1318 del 21 febbraio 2020, cit.)” (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1318 del 21 febbraio 2020, cit.) (…)

2) E’ fondato anche il primo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denuncia la violazione, da parte di ANAC, del termine massimo fissato per la definizione dei procedimenti sanzionatori.

Va chiarito, preliminarmente, che l’ANAC nella specie ha irrogato una sanzione pecuniaria (e non interdittiva) sul dichiarato presupposto della assenza di profili di dolo o colpa grave: la sanzione in esame non può, dunque, essere espressione del potere sancito dall’art. 38, comma 1 ter, del D. L.vo 163/2006 (come erroneamente indicato dall’ANAC nel dispositivo dell’atto impugnato), rinvenendo, piuttosto, dall’art. 6, comma 11, del D. L.vo 163/2006, a mente del quale “Con provvedimento dell’Autorità, i soggetti ai quali è richiesto di fornire gli elementi di cui al comma 9 sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 25.822 se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 51.545 se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri. Le stesse sanzioni si applicano agli operatori economici che non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell’ente aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, nonché agli operatori economici che forniscono dati o documenti non veritieri, circa il possesso dei requisiti di qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti aggiudicatori o agli organismi di attestazione”, norma che risulta correttamente richiamata nelle premesse dell’atto impugnato.

Da tale precisazione discende che, nell’ambito del Regolamento Unico approvato dall’ANAC (ex AVCP) il 26 febbraio 2014, le norme di riferimento per valutare la fattispecie in esame non sono quelle contenute nella Parte III (ovvero gli artt. 28 e segg.), ma sono invece gli artt. 5 e segg., riguardanti i procedimenti sanzionatori “nei confronti dei soggetti che abbiano rifiutato od omesso, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dall’Autorità ovvero che abbiano fornito informazioni o esibito documenti non veritieri (articolo 6, commi 9 e 11, del Codice)”.

L’art. 6 del Regolamento, al comma 1, lettera b), fissa il termine non superiore a 180 giorni per la conclusione del procedimento, decorrente dalla ricezione della comunicazione di avvio, fermi restando i casi di sospensione disciplinati nel presente Regolamento; al comma 5 la norma prevede, inoltre, che “Il termine di conclusione del procedimento è sospeso in tutti i casi in cui il Regolamento prevede l’assegnazione di un termine alle parti o a terzi per le produzioni istruttorie sino alla scadenza del termine stesso e per il periodo necessario allo svolgimento dell’audizione ai sensi del successivo articolo 7.”.

Le previsioni sopra ricordate hanno un contenuto del tutto identico a quelle di cui al successivo articolo 29, in riferimento al quale si è formato l’orientamento di giurisprudenza invocato dalla ricorrente, ormai consolidato (cfr. Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695; 30 luglio 2018, n. 4657; VI, 30 aprile 2019, n. 2815; 8 aprile 2019, n. 2289), al quale anche la Sezione si è adeguata (TAR Lazio, Roma, Sez. I, n. 10986 del 16 settembre 2019; n. 1380 del 3 febbraio 2020, ), secondo cui il termine di 180 giorni, fissato per la conclusione del procedimento, deve considerarsi perentorio, trovando ragione “ nei profili di specialità del procedimento sanzionatorio rispetto al paradigma generale del procedimento amministrativo, e in particolare nella natura afflittivo-sanzionatoria del provvedimento che ne deriva, e dunque nel principio secondo cui “l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti” nonché nell’art. 8, comma 4, d. lgs. n. 163 del 2006 – “norma che si pone a fondamento del Regolamento sanzionatorio – secondo cui « il regolamento dell’Autorità disciplina l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell’apertura dell’istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti » (cfr. ancora, inter multis, Cons. Stato, n. 2874/2019, n. 5695/2018, n. 4657/2018, cit.).” (Cons. Stato n. 8480/2019). Con l’ulteriore precisazione che la sospensione del procedimento, prevista nei casi previsti dal Regolamento, per lo svolgimento di attività istruttoria o difensiva, “è in sé legittima, rispondendo alla ragionevole esigenza di evitare che le attività difensive e lo stesso svolgimento dell’audizione possano ridondare in danno della completezza e dell’adeguatezza dell’istruttoria, costringendo l’Autorità a una sua chiusura anticipata in funzione del termine massimo di durata del procedimento.” (Cons. Stato n. 8480/2019).

Il Collegio ritiene pertanto di poter applicare i ricordati principi di giurisprudenza anche al caso in esame, venendo in considerazione un procedimento finalizzato alla irrogazione di una sanzione pecuniaria e apprezzandosi, perciò, una identità di ratio.

Nuovi Regolamenti ANAC: Gestione Casellario Informatico – Esercizio potere sanzionatorio

L’Autorità nazionale anticorruzione ha approvato il nuovo Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio di cui al d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e il nuovo Regolamento per la gestione del Casellario Informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi dell’art.213, c. 10, del medesimo Codice.

Il nuovo Regolamento per la gestione del Casellario Informatico, approvato con delibera n. 861 del 02.10.2019 definisce, in linea con le previsioni del d.lgs. n. 50/2016, le procedure di inserimento delle annotazioni, nel rispetto dei principi del contraddittorio, e circoscrive più puntualmente le fattispecie oggetto di annotazione. Entrata in vigore: 09.11.2019.

Il nuovo Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio semplifica il procedimento e lo adegua alle previsioni normative del d.l.vo 50/2016; regola altresì i procedimenti sanzionatori in materia di qualificazione delle imprese nelle more della ultrattività delle previsioni del d.p.r. 207/2010. Entrata in vigore: 23.11.2019.

I comunicati relativi all’adozione dei due atti, approvati dal Consiglio dell’Autorità con le delibere n. 861 del 2.10.2019 e n.920 del 16.10.2019, sono stati pubblicati nella G.U.R.I. n. 262 del 8 novembre 2019.
 

Regolamento sull’esercizio dei poteri ANAC: consultazione on line

Regolamento sull’esercizio dei poteri di cui all’art. 211 commi 1-bis e 1-ter del d.lgs. 50/2016

Il decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici, d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 ha abrogato l’articolo 211, c. 2, del Codice contenente il c.d. potere di raccomandazione vincolante.
In sede di conversione del d.l. n. 24 aprile 2017, n. 50 è stato inserito un testo sostitutivo dell’abrogato art. 211, co. 2, del Codice dei contratti pubblici, che attribuisce all’Autorità Nazionale Anticorruzione un potere impugnatorio assimilabile a quelli già riconosciuti ad altre amministrazioni.

In particolare, la nuova disposizione prevede che:
“1-bis L’ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l’impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”
1-ter. L’ANAC, se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice, emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante; se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall’ANAC, comunque non superiore a sessanta giorni dalla trasmissione, l’ANAC può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo. Si applica l’articolo 120 del codice del processo amministrativo di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2luglio 2010, n. 104.
1-quater. L”ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter.”

In applicazione di quanto stabilito dall’art. 211, co. 1 quater, l’Autorità ha ritenuto necessario disciplinare il nuovo potere ad essa attribuito con il regolamento che viene posto in consultazione.
Si evidenzia, in particolare, che gli articoli 3 e 4 del Regolamento disciplinano in maniera distinta le fattispecie di cui ai commi 1 bis e 1 ter dell’articolo 211.
In riferimento al comma 1 bis (articoli 3 e 5 del Regolamento) l’Autorità è legittimata ad agire direttamente in giudizio, senza previa interlocuzione con la Stazione appaltante, per l’impugnazione di bandi, atti generali e provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Con riferimento a questa fattispecie, nello specifico, il regolamento, anche tenuto conto della elaborazione dei dati contenuti nella Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, ha provveduto a definire cosa debba intendersi per “rilevante impatto”.
Con riguardo al comma 1 ter (articoli 4 e 12 del Regolamento), l’Autorità può agire in giudizio, previa emissione di un parere motivato contenente la diffida alla Stazione appaltante a sanare le illegittimità riscontrate in autotutela, in presenza di gravi violazioni del Codice dei Contratti. L’elaborazione dei casi in cui è possibile riscontrare le gravi violazioni è avvenuta tenendo conto di quanto espressamente previsto dal secondo comma dell’articolo 120 del C.P.A., di quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 108 del Codice dei Contratti, della tutela di alcune competenze dell’Autorità ed, infine, dell’esperienza riportata dagli Uffici di Vigilanza dell’Autorità.
Gli altri articoli del Regolamento dettano disposizioni comuni ai due poteri in materia di: atti impugnabili, acquisizione della notizia e trattazione delle segnalazioni, accesso agli atti e pubblicità e, infine, ai rapporti con altri procedimenti dell’Autorità.
Con la presente consultazione l’Autorità intende acquisire da parte di tutti i soggetti interessati ogni osservazione ed elemento utile per la elaborazione del documento definitivo. Eventuali contributi potranno essere inviati entro il 24 gennaio 2018 mediante compilazione del modulo disponibile su questa pagina.

Documento in consultazione

Modulo osservazioni

Consultazione on line del 4 gennaio 2018 – invio contributi entro il 24 gennaio 2018

fonte: sito ANAC

Modifica del Regolamento sul potere sanzionatorio dell’ANAC

Modifica del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità con integrazione dell’art. 6 del citato Regolamento (versione .pdf)

 

Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione

nell’adunanza del 13 settembre 2017  ;

Visto il “Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art. 8, comma 4, del d.lgs. 12 aprile 2006, n.163”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 82 dell’8.4.2014; 

Visto l’articolo 19, comma 2, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, secondo cui i compiti e le funzioni svolti dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture sono trasferiti all’Autorità nazionale anticorruzione;

Visto l’articolo 213, c.13, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, come modificato dal decreto legislativo n.56/2017,

Rilevato che, con decisione del 19 luglio 2017, è stato deliberato di adeguare le previsioni di detto Regolamento sanzionatorio alle previsioni dell’art.16 della L. n.689 del 1981;

Considerata la necessità di integrare l’art. 6 di detto Regolamento, nelle more dell’approvazione del nuovo Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità,

Delibera

  • di applicare il procedimento di oblazione a tutti i casi in cui la violazione accertata, non preveda l’applicazione della misura interdittiva dalla partecipazione alle gare, ovvero ai soli casi in cui non vi sia accertamento dell’elemento soggettivo della gravità della violazione e dunque:
        a) nei confronti dei soggetti che rifiutano od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti dall’Autorità; ovvero che hanno fornito informazioni o esibito documenti non veritieri ovvero in ritardo, senza giustificato motivo;
        b) nei confronti delle S.A. che omettono o ritardano l’inserimento dei C.E.L. nella banca dati dell’Osservatorio;
        c) nei confronti dei soggetti che non ottemperano alla richiesta della S.O.A. volta all’accertamento dei titoli autorizzativi a corredo dei C.E.L. rilasciati da committenti non tenuti all’applicazione del codice;
        d) nei confronti dei Rup delle S.A. che omettono o ritardano la comunicazione e trasmissione all’Autorità, ai sensi dell’art. 106, co. 14, e 213, co. 13, del d.l.vo 50/2016, delle varianti in corso d’opera, per i contratti di appalto per lavori, servizi o forniture;
        e) nei confronti dei Rup delle S.A. che omettono o ritardano la comunicazione all’Autorità ai sensi dell’art. 213, co. 13, del codice, della nuova scheda tipo, come previsto nella delibera sul contenuto del Casellario, della relazione dettagliata sul comportamento dell’o.e.;
        f) nei confronti delle S.A. che omettono o ritardano ai sensi dell’art. 106, co. 8, del d.l.vo 50/2016, in caso di mancata/ritardata comunicazione all’Autorità delle modificazioni al contratto di appalto per lavori, servizi o forniture;
      g) nei confronti dei Rup delle S.A., ai sensi dell’art. 107, co. 4, del d.l.vo 50/2016, per l’omessa o ritardata comunicazione all’Autorità, circa le sospensioni di lavori che superino il quarto del tempo contrattuale complessivo;
  • di quantificare la sanzione pecuniaria applicabile in misura ridotta in:
      –  Euro 500 nel caso in cui la violazione contempli il rifiuto o l’omissione (art. 213,c.13, 1° periodo);

 

    –  Euro 1000 nel caso in cui la violazione contempli la produzione di dichiarazioni e/o documentazione non veritiere (art. 213,c.13, 2° periodo);
  • di apportare al Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità la modifica dell’art. 6 che viene così riformulato con l’aggiunta del punto di cui alla lett. h), come di seguito:

Articolo 6
Fase istruttoria

………….omissis

        h)

la facoltà per il soggetto responsabile della violazione, nei casi in cui non ricorra in astratto l’ipotesi per l’applicazione di misure interdittive dalla partecipazione alle gare, di aderire al pagamento in misura ridotta previsto dall’art.16 della Legge 689/81 L’intervenuto pagamento, entro 60 giorni dalla contestazione degli addebiti, estingue il procedimento.