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Cumulo alla rinfusa : ammissibile per Consorziata esecutrice priva dei requisiti se posseduti dal Consorzio (art. 225 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. V, 22.12.2023 n. 1106

6. Tutto ciò premesso il collegio osserva che la questione del c.d. “cumulo alla rinfusa” (che rappresenta l’esclusivo thema decidendum della presente controversia) è stato infine risolto nel senso di ammettere comunque siffatto meccanismo anche in simili ipotesi (consorzio in possesso dei requisiti ma non anche la consorziata indicata come esecutrice). E tanto sulla base di una serie di sentenze (anche di questa stessa sezione) tra cui si segnala, da ultimo, la n. 9036 del 17 ottobre 2023, decisione questa che qui di seguito si riporta per comodità espositiva e per quanto di specifico interesse:
“Giova considerare come la giurisprudenza più recente abbia evidenziato la soluzione di continuità tra la previsione dell’art. 36, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006 e quella dell’art. 47, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, superando l’orientamento che restringeva la praticabilità del cumulo ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo (Cons. Stato, V, 22 agosto 2022, n. 7360). Ciò è coerente con le caratteristiche proprie del consorzio stabile, disciplinato dall’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, in cui prevale l’elemento c.d. teleologico, costituito dalla sua astratta idoneità come autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, e cioè senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni previste nel contratto, ferma restando la facoltà per il consorzio di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate (Cons. Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 5; III, 26 aprile 2021, n. 3358; V, 28 marzo 2023, n. 3148).
Peraltro il problema interpretativo dell’ambito del cumulo alla rinfusa è stato risolto dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 225, comma 13, del d.lgs. n. 36 del 2023, alla cui stregua «l’art. 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara». Può dunque ritenersi che, anche nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, il cumulo alla rinfusa operi in modo generalizzato, e cioè per tutti i requisiti idoneativi, con riguardo ai consorzi stabili. D’altronde, l’ammissibilità del cumulo alla rinfusa per la prova dei requisiti di qualificazione si giustifica proprio in ragione della comune struttura di impresa che caratterizza il consorzio stabile”.
7. Si vedano sullo stesso tema, e nella stessa direzione, anche Cons. Stato, sez. III, 9 ottobre 2023, n. 8767 nonché Cons. Stato, sez. V, 29 settembre 2023, n. 8592, alle cui ampie considerazioni integralmente si rinvia anche per rispetto del dovere di sinteticità degli atti ex art. 3, comma 2, c.p.a.
8. Tanto doverosamente premesso, è incontestato che nel caso di specie il consorzio -OMISSIS- sia qualificato per tutte le categorie e classifiche richieste dal bando, inclusa la categoria SOA OS12 (reti paramassi). Di qui l’ammissibilità del suddetto meccanismo del “cumulo alla rinfusa” e dunque il rigetto dell’unico motivo di appello.

Cumulo alla rinfusa nei Consorzi: problema interpretativo risolto dall’ art. 225 d.lgs. n. 36/2023

Consiglio di Stato, sez. V, 17.10.2023 n. 9036

Giova considerare come la giurisprudenza più recente abbia evidenziato la soluzione di continuità tra la previsione dell’art. 36, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006 e quella dell’art. 47, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, superando l’orientamento che restringeva la praticabilità del cumulo ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo (Cons. Stato, V, 22 agosto 2022, n. 7360). Ciò è coerente con le caratteristiche proprie del consorzio stabile, disciplinato dall’art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, in cui prevale l’elemento c.d. teleologico, costituito dalla sua astratta idoneità come autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, e cioè senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni previste nel contratto, ferma restando la facoltà per il consorzio di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate (Cons. Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 5; III, 26 aprile 2021, n. 3358; V, 28 marzo 2023, n. 3148).
Peraltro il problema interpretativo dell’ambito del cumulo alla rinfusa è stato risolto dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 225, comma 13, del d.lgs. n. 36 del 2023, alla cui stregua «l’art. 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara». Può dunque ritenersi che, anche nel vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, il cumulo alla rinfusa operi in modo generalizzato, e cioè per tutti i requisiti idoneativi, con riguardo ai consorzi stabili. D’altronde, l’ammissibilità del cumulo alla rinfusa per la prova dei requisiti di qualificazione si giustifica proprio in ragione della comune struttura di impresa che caratterizza il consorzio stabile; ed è incontestato che nel caso di specie il -OMISSIS- sia qualificato per tutte le categorie e classifiche richieste dal bando, inclusa la categoria SOA OG13.

Ammissibilità del cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili e previsioni del nuovo Codice dei contratti pubblici

TAR Napoli, 17.07.2023 n. 4325

Sul discusso tema dell’ammissibilità del cd “cumulo alla rinfusa”, per i consorzi stabili, fattispecie dirimenti ai fini della decisione del presente giudizio, con le recenti sentenze 19 aprile 2023, n. 2390, 12 maggio 2023, n. 2897, 22 maggio 2023 e del 27 giugno 2023 n. 3863 – che si richiamano in questa sede anche alla stregua di precedente conforme – questa Sezione ha esaminato gli opposti orientamenti giurisprudenziali maturati, esprimendosi infine a favore dell’ammissibilità del “cumulo alla rinfusa”, sulla base di considerazioni che il Collegio fa proprie anche nel presente giudizio e che di seguito si sintetizzano.
Giova ripercorrere l’evoluzione normativa e giurisprudenziale sulla questione del ‘cumulo alla rinfusa’.

III.1.- L’art. 35 d.lgs. n. 163/2006 prevedeva che “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, secondo quanto previsto dal regolamento, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.
L’art. 36, comma 7, d.lgs. n. 163/2006 affermava che “il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”. Per i lavori la qualificazione è acquisita con riferimento ad una determinata categoria di opere generali o specialistiche per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle imprese consorziate. Per la qualificazione della classifica d’importo illimitato, è in ogni caso necessario che almeno una tra le imprese consorziate già possieda tale qualificazione ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno una con qualificazione per la classifica VII e almeno due con classifica V o superiore, ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno tre con qualificazione per classifica VI. Per la qualificazione per prestazioni di progettazione e costruzione, nonché per la fruizione dei meccanismi premiali di cui all’articolo 40, comma 7, è in ogni caso sufficiente che i corrispondenti requisiti siano posseduti da almeno una delle imprese consorziate. Qualora la somma delle classifiche delle imprese consorziate non coincida con una delle classifiche di cui al regolamento, la qualificazione è acquisita nella classifica immediatamente inferiore o in quella immediatamente superiore alla somma delle classifiche possedute dalle imprese consorziate, a seconda che tale somma si collochi rispettivamente al di sotto, ovvero al di sopra o alla pari della metà dell’intervallo tra le due classifiche”.
Nel periodo di vigenza del “d. lgs. 163/2006 non si era mai dubitato della possibilità di applicare il cumulo alla rinfusa ai Consorzi stabili, anche per i requisiti tecnico-finanziari documentati nell’attestato SOA e non posseduti in proprio dall’esecutrice dei lavori individuata dal Consorzio.
L’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012 ha chiarito, infatti, che: “il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 codice appalti deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 codice appalti”.

III.2.- In seguito, l’art. 47, comma 1, d. lgs n. 50/2016, il codice dei contratti pubblici, ha statuito che “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.
Il successivo comma 2, d.lgs. n. 50/2016, nella sua originaria formulazione, prevedeva che: “per i primi cinque anni dalla costituzione, ai fini della partecipazione dei consorzi di cui all’art. 45, comma 2, lettera c), alle gare, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi previsti dalla normativa vigente posseduti dalle singole imprese consorziate esecutrici, vengono sommati in capo al consorzio”.
L’art. 31 del decreto correttivo del codice (d.lgs. n. 56/2017) ha modificato il menzionato comma 2, stabilendo che: “i consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.
Per poter spendere i requisiti dei consorziati indicati per l’esecuzione era, quindi, sufficiente la semplice designazione in fase di gara; per poter usufruire di quelli dei consorziati non designati occorreva, invece, ricorrere all’istituto dell’avvalimento.
In seguito, il d.l. n. 32 del 2019 (c.d. Sblocca cantieri) ha sostituito il comma 2 ed ha aggiunto il comma 2-bis all’interno dell’art. 47, in virtù dei quali:
– “I consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2 e 46, comma 1, lettera f), eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. Per i lavori, ai fini della qualificazione di cui all’articolo 84, con il regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies, sono stabiliti i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni. L’affidamento delle prestazioni da parte dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettera b), ai propri consorziati non costituisce subappalto” (art. 47 comma 2);
– “La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati. In caso di scioglimento del consorzio stabile per servizi e forniture, ai consorziati sono attribuiti pro quota i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio e non assegnati in esecuzione ai consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all’apporto reso dai singoli consorziati nell’esecuzione delle prestazioni nel quinquennio antecedente” (art. 47 comma 2-bis).
L’intervento legislativo del 2019 è stato, poi, invocato a sostegno di una ricostruzione contraria alla generalizzata ammissibilità del cumulo alla rinfusa.
L’Adunanza Plenaria n. 5 del 2021, interrogatasi sulla perdita dei requisiti di un’impresa consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori (quindi su una questione del tutto diversa), ha incidentalmente affermato che il d.l. n. 32 del 2019 ha ripristinato l’originaria e limitata perimetrazione del cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo.

III.3.- Da qui l’emersione di un contrasto giurisprudenziale in ordine ai limiti entro i quali è legittimo il cumulo alla rinfusa.
III.3.1.- Secondo un primo orientamento, qualora il consorzio individui una consorziata come esecutrice, quest’ultima dovrà essere autonomamente in possesso del requisito di qualificazione, così come, in caso di esecuzione in proprio ad opera del consorzio, quest’ultimo dovrà possedere autonomamente il requisito; l’utilizzo della “maggiore” qualificazione del consorzio stabile non potrebbe, cioè, legittimare l’esecuzione di prestazioni da parte di piccole e medie imprese del tutto prive della qualificazione (Tar Lazio, sez. III, 3 marzo 2022, n. 2571; Cons. Stato, 22 agosto 2022, n. 7360, le cui argomentazioni sono state riprese dalla recente giurisprudenza, tra cui: Tar Ancona, Sez. I, 25 febbraio 2023, n. 119; Tar Milano, Sez. I, nn. 397, 597 e 744 del 2023; Tar Napoli, sez. III, 22 febbraio 2023, n. 1152).
In primo luogo, sul piano letterale, l’art. 47, comma 1, d.lgs. 50/2016 consentirebbe il cumulo solo con riferimento a determinati requisiti, vale a dire attrezzature, mezzi e organico medio anno; al di fuori di questi limiti, dovrebbe applicarsi la regola generale che impone a ciascun concorrente la dimostrazione del possesso dei requisiti e delle capacità di qualificazione in relazione alla prestazione da svolgere (artt. 83 e 84 d.lgs. n. 50/2016). Dalla lettera della legge sarebbe, pertanto, lecito distillare una direttiva interpretativa che limita il cumulo alla rinfusa, stante l’attitudine derogatoria e, come tale, eccezionale della prefigurata facoltà di dimostrazione “cumulativa” dei requisiti di partecipazione.
In secondo luogo, la tesi in esame valorizza il nuovo contesto normativo, dal quale risulta espunta la previsione di cui al previgente art. 36, comma 7, d.lgs. n. 163/2006, che aveva legittimato un intendimento comprensivo, lato e generalizzato del cumulo alla rinfusa. La soppressione della disposizione richiamata – oltre al tenore letterale dell’art. 47 d.lgs. n. 50/2016 – condurrebbe, dunque, a superare l’orientamento ampliativo ed a restringere la praticabilità del cumulo ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature, dei mezzi d’opera e dell’organico medio annuo.
Nella prospettiva in esame, siffatta interpretazione restrittiva sarebbe confermata dal comma 2 dell’art. 47 d.lgs. n. 50/2016, come riformulato dal d.l. n. 32/2019. L’attuale versione di quest’ultima disposizione, infatti, non menziona più la facoltà del consorzio di ricorrere all’avvalimento, allo scopo di utilizzare i requisiti di qualificazione delle consorziate non designate come esecutrici e si limita a prevedere l’alternativa facoltà di eseguire il contratto “con la propria struttura” ovvero “tramite i consorziati” all’uopo “indicati in sede di gara”.
Sul piano funzionale, l’argomento della finalità pro-concorrenziale non risulterebbe dirimente: la tutela della concorrenza risiederebbe, infatti, nella stessa possibilità di utilizzare la forma del consorzio stabile, a prescindere dall’operatività o meno del cumulo alla rinfusa.
In definitiva, secondo questa ricostruzione, qualora il consorzio designi per l’esecuzione del contratto una o più delle imprese consorziate è necessario che queste ultime possiedano e comprovino (con la ribadita salvezza dei limitati e specifici casi di qualificazione cumulativa) i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione. Fermo restando che l’impresa consorziata non qualificata potrebbe valorizzare i requisiti posseduti, in proprio, dal consorzio stabile ovvero dalle consorziate non esecutrici ricorrendo all’ordinario strumento dell’avvalimento ex art. 89 d. lgs 50/2016 (cfr. Tar Napoli, sez. III, 22 febbraio 2023, n. 1152).
III.3.2.- Pur consapevole del contrasto ermeneutico in materia, il Collegio ritiene preferibile l’orientamento che reputa ammissibile il cumulo alla rinfusa (Tar L’Aquila, Sez. I, 16 marzo 2023; Tar Palermo, sez. I, 2 marzo 2023, n. 657; Cons. Stato, Sez. V, n. 964 del 2 febbraio 2021; Cons. Stato, sez. V., 29 marzo 2021, n. 2588), in linea con i precedenti giurisprudenziali di questa Sezione (cfr., per tutte, Tar Napoli, sez. I, 25 febbraio 2022, n. 1320).
Sul versante normativo, dall’art. 47 d.lgs. n. 50/2016 non può desumersi che il singolo consorziato, indicato in gara come esecutore dell’appalto, debba essere a sua volta in possesso dei requisiti di partecipazione.
Rilevato che l’art. 47, comma 2, non chiarisce espressamente (il che dà ragione al contrasto esegetico) le modalità di qualificazione dei consorziati designati per l’esecuzione, nel caso in cui i consorzi stabili intendano eseguire le prestazioni tramite le imprese consorziate, l’interpretazione restrittiva sembra potersi fondare unicamente sul disposto di cui all’art. 47, comma 1, d.lgs. n. 50/2016.
Senonché, la disposizione da ultimo citata “suona, nella sua formulazione letterale, identica a quella già trasfusa nel previgente art. 35 d.lgs. n. 163/2006” (cfr. Cons. Stato, sez. V., 22 agosto 2022, n. 7360) e si è detto che all’epoca del precedente codice dei contratti pubblici era assolutamente pacifico il cumulo alla rinfusa.
L’art. 47, comma 1, d.lgs 50/2016 prescrive che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’art. 45, comma 2, lett. b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, sostanzialmente rinviando all’art. 83 del medesimo d. lgs 50/2016 che, per l’appunto, concerne i requisiti di idoneità professionale, economica e finanziaria.
L’art. 83, comma 2, a sua volta rinvia al regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies la disciplina dei requisiti e delle capacità che devono essere posseduti dal concorrente, anche in riferimento ai consorzi di cui all’articolo 45, lettere b) e c).
Ai sensi dell’art. 216, comma 27-octies, nelle more dell’adozione del regolamento (al momento inesistente) rimangono in vigore o restano efficaci le linee guida e i decreti adottati in attuazione della previgente disposizione di cui all’art. 36, comma 7, d.lgs 163/2006. Tra l’altro, l’art. 216, comma 14, prevede che “fino all’adozione del regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo III (articoli da 60 a 96: sistema di qualificazione delle imprese), nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamate, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207”.
In attuazione del citato art. 36, comma 7, a sua volta l’art. 81 del d.P.R. n. 207/2010 stabilisce che “i requisiti per la qualificazione dei consorzi stabili sono quelli previsti dall’articolo 36, comma 7, del codice”. Ne consegue, una reviviscenza di quest’ultima disposizione, che non può dirsi espunta dall’ordinamento.
Allo stato attuale, non essendo stato adottato il Regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies, il sistema di qualificazione e la dimostrazione dei requisiti di capacità che devono essere posseduti dai consorzi stabili per concorrere alle gare pubbliche sono regolati dall’art. 36 del d.lgs. n. 163/2006 e dagli artt. 81 e 94 del d.P.R. n. 207/2010 (cfr. Tar Palermo, sez. I., 2 marzo 2023, n. 657). L’insieme di queste disposizioni delinea il regime di qualificazione dei consorzi stabili secondo il criterio del “pieno” cumulo alla rinfusa, salvo eccezioni.
In definitiva, non è condivisibile l’affermazione secondo cui l’art. 47, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 – la cui formulazione letterale è sostanzialmente identica a quella già trasfusa nel previgente art. 35 d.lgs. n. 163/2006 – avrebbe ridotto l’ambito di operatività del cumulo alla rinfusa, circoscrivendolo ai soli mezzi ed all’organico medio annuo.
Del resto, sotto il profilo teleologico, l’interpretazione ampliativa appare conforme alla ratio pro-concorrenziale sottesa alla disciplina dei consorzi stabili, che consente la partecipazione alle gare pubbliche ad imprese singolarmente prive dei requisiti di qualificazione richiesti dal bando, le quali possono cumulare i requisiti di cui dispongono con quelli di altre imprese fino a soddisfare il livello di qualificazione richiesto (cfr. Tar Palermo, sez. I, n. 657 del 2/3/2023).

In chiave ermeneutica e retrospettiva, occorre inoltre sottolineare che il nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36/2023 ammette il cumulo alla rinfusa all’art. 67, il cui comma 4 riproduce il contenuto dell’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 – a conferma del fatto che quest’ultima disposizione non legittima una interpretazione limitativa del cumulo alla rinfusa – ed il cui comma 8 risulta sostanzialmente sovrapponibile al previgente art. 36, comma 7, del d.lgs. n. 163/2006, a dimostrazione della voluntas legis di consentire ai “consorzi stabili di attestare, per i lavori, i requisiti di qualificazione attraverso l’attestazione SOA del consorzio, nella quale si sommano i requisiti posseduti dalle singole consorziate” (cfr. Relazione allegata allo schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’art. 1 legge n. 78/2022).
Nello specifico, l’art. 67, comma 8, statuisce che “ai fini del rilascio o del rinnovo dell’attestazione di qualificazione SOA, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono posseduti e comprovati dai consorzi sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate. La qualificazione è acquisita con riferimento a una determinata categoria di opere generali o specialistiche per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle imprese consorziate. Per la qualificazione alla classifica di importo illimitato è in ogni caso necessario che almeno una tra le imprese consorziate già possieda tale qualificazione ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno una con qualificazione per classifica VII e almeno due con classifica V o superiore, ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno tre con qualificazione per classifica VI. Per la qualificazione per prestazioni di progettazione e costruzione, nonché per la fruizione dei meccanismi premiali di cui all’articolo 106, comma 8, è in ogni caso sufficiente che i corrispondenti requisiti siano posseduti da almeno una delle imprese consorziate. Qualora la somma delle classifiche delle imprese consorziate non coincida con una delle classifiche di cui all’allegato II.12, la qualificazione è acquisita nella classifica immediatamente inferiore o in quella immediatamente superiore alla somma delle classifiche possedute dalle imprese consorziate, a seconda che tale somma si collochi rispettivamente al di sotto, ovvero al di sopra o alla pari della metà dell’intervallo tra le due classifiche. Gli atti adottati dall’ANAC restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2”.
La Relazione di accompagnamento al nuovo Codice del 2023 precisa, inoltre, che “il sistema sin qui in atto si basava su una disposizione transitoria del decreto legislativo n. 50 del 2016, (l’art. 216, comma 27-octies), che rinviava all’art. 36, comma 7 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (e fonti delegate), consentendo che i consorzi stabili attestino, per i lavori, i requisiti di qualificazione attraverso l’attestazione SOA del consorzio, nella quale si sommano i requisiti posseduti dalle singole consorziate” (relazione illustrativa, p. 105).

III.4. D’altronde, l’art. 225, comma 13, del d.lgs. n. 36/2023 ha fornito un’interpretazione autentica dell’art. 47, comma 1, del decreto legislativo n. 50/2016, statuendo che: “Gli articoli 47, comma 1, 83, comma 2, e 216, comma 14, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpretano nel senso che, in via transitoria, relativamente ai consorzi di cui all’articolo 45, comma 2, lettera c), del medesimo codice, ai fini della partecipazione alle gare e dell’esecuzione si applica il regime di qualificazione previsto dall’articolo 36, comma 7, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 e dagli articoli 81 e 94 del regolamento di esecuzione ed attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. L’articolo 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara”.
Il Collegio intende pertanto confermare il principio secondo cui, come affermato nella ricordata pronuncia della Sezione del 19/4/2023 n. 2390:
“nella partecipazione alle gare d’appalto e nell’esecuzione, è il Consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole imprese sue consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente e, per l’effetto, a dover dimostrare il possesso dei relativi requisiti partecipativi (attestazione SOA per categorie e classifiche analoghe a quelle indicate dal bando).
In definitiva:
a) i requisiti speciali di qualificazione SOA devono essere posseduti e dimostrati unicamente dal consorzio stabile, mediante la sola qualificazione e l’attestato SOA del consorzio medesimo (in ciò sostanziandosi la ratio e la finalità di tale figura soggettiva);
b) detti consorzi partecipano alla procedura di gara utilizzando requisiti di qualificazione “loro propri”, ossia la propria attestazione SOA;
c) alle consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto spetta unicamente dimostrare il possesso dei requisiti di ordine generale, ciò al fine di impedire che possano giovarsi della copertura dell’ente collettivo, eludendo i controlli demandati alle stazioni appaltanti (Cons. St., A.P., 4 maggio 2012, n. 8; sez. V, 17 maggio 2012, n. 2582; sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 4703; Tar Lazio 30 aprile 2018, n. 16 4723), fatte salve ovviamente le eccezioni di cui all’art. 48, commi 7-bis, 17, 18, 19, 19-bis e 19-ter (così Consiglio di Stato, Sez. V, 14 aprile 2020, n. 2387).
In effetti, il consorzio stabile rappresenta “un nuovo e peculiare soggetto giuridico, promanante da un contratto a dimensione associativa tra imprese, caratterizzato oggettivamente come struttura imprenditoriale e da un rapporto tra le stesse imprese di tipo organico, al fine di operare in modo congiunto nel settore dei lavori pubblici, sicché unico interlocutore con l’amministrazione appaltante è il medesimo consorzio” (Cons. Stato, 24 gennaio 2023, n. 779).
D’altronde, l’Adunanza Plenaria n. 6 del 2019 ha affermato che il sistema dei requisiti di qualificazione non può che riferirsi ad ogni singola impresa, ancorché associata in un raggruppamento, altrimenti si finirebbe con il conferire una sorta di “soggettività” al raggruppamento, al di là di quella delle singole imprese partecipanti; “una sorta di interscambiabilità dei requisiti, quale quella ipotizzata, di partecipazione risulta più agevolmente ipotizzabile laddove si riconoscesse (ma così non è) una personalità giuridica propria al r.t.i.”.
Da tale angolo visuale, va rimarcato che i consorzi si distinguono dai raggruppamenti temporanei di impresa proprio in quanto forniti di autonoma soggettività giuridica, oltre che per la rilevanza esterna dell’organizzazione consortile”.

Principio del c.d. cumulo alla rinfusa : interpretazione autentica art. 225 d.lgs. n. 36/2023

Consiglio di Stato, sez. V, 04.07.2023 n. 6533

A tal fine il Consorzio -OMISSIS-, che partecipava alla procedura “in proprio”, e cioè “in nome e per conto proprio senza indicare alcuna consorziata esecutrice”, dichiarava di possedere il requisito attraverso quelli “in capo alla propria consorziata non esecutrice -OMISSIS- s.p.a., operante nel settore oggetto di gara, sulla base del principio del c.d. cumulo alla rinfusa […]” (cfr. il Dgue presentato dal Consorzio, in atti).
Il che è da ritenere ben coerente con le previsioni di legge (oltreché della lex specialis), sicché il provvedimento d’esclusione adottato dall’amministrazione in ragione della (assunta) mancanza del suddetto requisito è da ritenere illegittimo.
È sufficiente osservare, al riguardo, che l’art. 225, comma 13, secondo periodo, d.lgs. n. 36 del 2023 stabilisce che «L’articolo 47, comma 2-bis, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara».
Dal che deriva che la suddetta disposizione autenticamente interpretata (art. 47, comma 2-bis, cit.: «La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all’apporto reso dai singoli consorziati nell’esecuzione delle prestazioni nel quinquennio antecedente») consente ai consorzi stabili di far ricorso in modo generalizzato al cd. “cumulo alla rinfusa” ai fini dell’affidamento di servizi e forniture, e dunque di poter ben integrare i requisiti previsti dalla lex specialis mediante quelli posseduti dalle proprie consorziate non esecutrici.
La disposizione di cui al citato art. 225, comma 13, d.lgs. n. 23 del 2023, entrata in vigore il 1° aprile 2023 (cfr. l’art. 229, comma 1, d.lgs. n. 36 del 2023), trova senz’altro applicazione rispetto al caso di specie, trattandosi appunto di norma d’interpretazione autentica, provvista ex se di valore retroattivo, né soggetta al regime di cui al 2° comma dell’art. 229 di efficacia differita, riferibile alle altre disposizioni del decreto legislativo (cfr. Cons. Stato, V, ord. 5 maggio 2023, n. 1761; 14 aprile 2023, n. 1424).

Consorzio stabile e cumulo alla rinfusa : evoluzione normativa e giurisprudenziale e previsioni del nuovo Codice contratti pubblici (art. 67 d.lgs. 36/2023)

TAR Napoli, 19.04.2023 n. 2390

In via preliminare, ai fini della decisione dell’odierno ricorso, giova ripercorrere l’evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di cumulo alla rinfusa.

L’art. 35 d.lgs. n. 163/2006 prevedeva che “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 1, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi, secondo quanto previsto dal regolamento, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.
L’art. 36, comma 7, d.lgs. n. 163/2006 affermava che “il consorzio stabile si qualifica sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”. Per i lavori la qualificazione è acquisita con riferimento ad una determinata categoria di opere generali o specialistiche per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle imprese consorziate. Per la qualificazione della classifica di importo illimitato, è in ogni caso necessario che almeno una tra le imprese consorziate già possieda tale qualificazione ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno una con qualificazione per la classifica VII e almeno due con classifica V o superiore, ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno tre con qualificazione per classifica VI. Per la qualificazione per prestazioni di progettazione e costruzione, nonché per la fruizione dei meccanismi premiali di cui all’articolo 40, comma 7, è in ogni caso sufficiente che i corrispondenti requisiti siano posseduti da almeno una delle imprese consorziate. Qualora la somma delle classifiche delle imprese consorziate non coincida con una delle classifiche di cui al regolamento, la qualificazione è acquisita nella classifica immediatamente inferiore o in quella immediatamente superiore alla somma delle classifiche possedute dalle imprese consorziate, a seconda che tale somma si collochi rispettivamente al di sotto, ovvero al di sopra o alla pari della metà dell’intervallo tra le due classifiche”.
Nel periodo di vigenza del “vecchio” codice degli appalti non si è mai dubitato della possibilità di applicare il cumulo alla rinfusa ai Consorzi stabili, anche per i requisiti tecnico-finanziari documentati nell’attestato SOA e non posseduti in proprio dall’esecutrice dei lavori individuata dal Consorzio.

L’Adunanza Plenaria n. 8 del 2012 ha chiarito che “il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 codice appalti deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 codice appalti”.

L’art. 47, comma 1, del “nuovo” Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016) statuisce che “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.
L’art. 47, comma 2, d.lgs. n. 50/2016, nella sua originaria formulazione, prevedeva che “per i primi cinque anni dalla costituzione, ai fini della partecipazione dei consorzi di cui all’art. 45, comma 2, lettera c), alle gare, i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi previsti dalla normativa vigente posseduti dalle singole imprese consorziate esecutrici, vengono sommati in capo al consorzio”.

L’art. 31 del decreto correttivo del codice (d.lgs. n. 56/2017) ha modificato il comma 2, stabilendo che “i consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c), e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”. Per poter spendere i requisiti dei consorziati indicati per l’esecuzione era, quindi, sufficiente la semplice designazione in fase di gara; per poter usufruire di quelli dei consorziati non designati occorreva, invece, ricorrere all’istituto dell’avvalimento.

In seguito, il d.l. n. 32 del 2019 (c.d. Sblocca cantieri) ha sostituito il comma 2 ed ha aggiunto il comma 2-bis all’interno dell’art. 47, in virtù dei quali:
– “I consorzi stabili di cui agli articoli 45, comma 2 e 46, comma 1, lettera f), eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma la responsabilità solidale degli stessi nei confronti della stazione appaltante. Per i lavori, ai fini della qualificazione di cui all’articolo 84, con il regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies, sono stabiliti i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni. L’affidamento delle prestazioni da parte dei soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettera b), ai propri consorziati non costituisce subappalto (art. 47 comma 2);
– “La sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata, a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati. In caso di scioglimento del consorzio stabile per servizi e forniture, ai consorziati sono attribuiti pro quota i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi maturati a favore del consorzio e non assegnati in esecuzione ai consorziati. Le quote di assegnazione sono proporzionali all’apporto reso dai singoli consorziati nell’esecuzione delle prestazioni nel quinquennio antecedente” (art. 47 comma 2-bis).
L’intervento legislativo del 2019 è stato, poi, invocato a sostegno di una ricostruzione contraria alla generalizzata ammissibilità del cumulo alla rinfusa.

L’Adunanza Plenaria n. 5/2021, interrogatasi sulla perdita dei requisiti di una impresa consorziata non designata ai fini della esecuzione dei lavori (quindi su una questione del tutto diversa), ha incidentalmente affermato che il d.l. n. 32 del 2019 ha ripristinato l’originaria e limitata perimetrazione del cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo.

2. Da qui l’emersione di un contrasto giurisprudenziale in ordine ai limiti entro i quali è legittimo il cumulo alla rinfusa.
2.1 Un primo orientamento sostiene che qualora il consorzio individui una consorziata come esecutrice, quest’ultima dovrà essere autonomamente in possesso del requisito di qualificazione, così come, in caso di esecuzione in proprio ad opera del consorzio, quest’ultimo dovrà possedere autonomamente il requisito; l’utilizzo della “maggiore” qualificazione del consorzio stabile non potrebbe, cioè, legittimare l’esecuzione di prestazioni da parte di piccole e medie imprese del tutto prive della qualificazione (Tar Lazio, sez. III, 3 marzo 2022, n. 2571; Cons. Stato, 22 agosto 2022, n. 7360, le cui argomentazioni sono state riprese dalla recente giurisprudenza, tra cui: Tar Ancona, Sez. I, 25 febbraio 2023, n. 119; Tar Milano, Sez. I, nn. 397, 597 e 744 del 2023; Tar Napoli, sez. III, 22 febbraio 2023, n. 1152).
In primo luogo, sul piano letterale, l’art. 47 comma 1 d.lgs. n. 50/2016 consentirebbe il cumulo solo con riferimento a determinati requisiti, vale a dire attrezzature, mezzi e organico medio anno; al di fuori di questi limiti, dovrebbe applicarsi la regola generale che impone a ciascun concorrente la dimostrazione del possesso dei requisiti e delle capacità di qualificazione (artt. 83 e 84 d.lgs. n. 50/2016). Dalla lettera della legge sarebbe, pertanto, lecito distillare una direttiva di interpretazione limitativa del cumulo alla rinfusa, stante l’attitudine derogatoria e, come tale, eccezionale della prefigurata facoltà di dimostrazione “cumulativa” dei requisiti di partecipazione.
In secondo luogo, la tesi in esame valorizza il nuovo contesto normativo, dal quale risulta espunta la previsione di cui al previgente art. 36, comma 7 d.lgs. n. 163/2006, la quale aveva legittimato un intendimento comprensivo, lato e generalizzato del cumulo (c.d. alla rinfusa). La soppressione della disposizione richiamata – oltre al tenore letterale dell’art. 47 d.lgs. n. 50/2016 – condurrebbe, dunque, a superare l’orientamento ampliativo ed a restringere la praticabilità del cumulo ai soli aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature, dei mezzi d’opera e dell’organico medio annuo.
Nella prospettiva in esame, siffatta interpretazione restrittiva sarebbe confermata dal comma 2 dell’art. 47 d.lgs. n. 50/2016, come riformulato dal d.l. n. 32/2019. L’attuale versione dell’art. 47, comma 2, infatti, non menziona più la facoltà del consorzio di ricorrere all’avvalimento, ai fini della utilizzazione dei requisiti di qualificazione delle consorziate non designate come esecutrici e si limita a prevedere l’alternativa facoltà di eseguire il contratto “con la propria struttura” ovvero “tramite i consorziati” all’uopo “indicati in sede di gara.
Sul piano funzionale, l’argomento della finalità pro-concorrenziale non risulterebbe dirimente: la tutela della concorrenza risiederebbe, infatti, nella stessa possibilità di utilizzare la forma del consorzio stabile, a prescindere dall’operatività o meno del cumulo alla rinfusa.
In definitiva, secondo questa ricostruzione, qualora il consorzio designi per l’esecuzione del contratto una o più delle imprese consorziate è necessario che queste ultime possiedano e comprovino (con la ribadita salvezza dei limitati e specifici casi di qualificazione cumulativa) i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione. Fermo restando che l’impresa consorziata non qualificata potrebbe valorizzare i requisiti posseduti, in proprio, dal consorzio stabile ovvero dalle consorziate non esecutrici ricorrendo all’ordinario strumento dell’avvalimento ex art. 89 d.lgs. n. 50/2016 (cfr. Tar Napoli, sez. III, 22 febbraio 2023, n. 1152).

2.2 Pur consapevole del contrasto ermeneutico in materia, il Collegio ritiene preferibile dare continuità all’orientamento che reputa ammissibile il cumulo alla rinfusa (Tar L’Aquila, Sez. I, 16 marzo 2023; Tar Palermo, sez. I, 2 marzo 2023, n. 657; Cons. Stato, Sez. V, n. 964 del 2 febbraio 2021; Cons. Stato, sez. V., 29 marzo 2021, n. 2588), in linea con i precedenti giurisprudenziali di questa Sezione (cfr., per tutte, Tar Napoli, sez. I, 25 febbraio 2022, n. 1320).
Sul versante normativo, dall’art. 47 d.lgs. n. 50/2016 non può desumersi che il singolo consorziato, indicato in gara come esecutore dell’appalto, debba essere a sua volta in possesso dei requisiti di partecipazione.
Rilevato che – come affermato nella stessa sentenza n. 7360/2022, posta a fondamento del provvedimento di esclusione impugnato dall’odierno ricorrente – l’art. 47, comma 2, non chiarisce espressamente (il che dà ragione al contrasto esegetico) le modalità di qualificazione dei consorziati designati per l’esecuzione, nel caso in cui i consorzi stabili intendano eseguire le prestazioni tramite le imprese consorziate, l’interpretazione restrittiva sembra potersi fondare unicamente sul disposto di cui all’art. 47 comma 1 d.lgs. n. 50/2016.
Senonché, la disposizione da ultimo citata “suona, nella sua formulazione letterale, identica a quella già trasfusa nel previgente art. 35 d.lgs. n. 163/2006” (cfr. Cons. Stato, sez. V., 22 agosto 2022, n. 7360) e si è detto che all’epoca del “vecchio” codice degli appalti era assolutamente pacifico il cumulo alla rinfusa.

L’art. 47 co. 1 d.lgs. n. 50/2016 prescrive che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento dei soggetti di cui all’art. 45, co. 2, lett. b) e c), devono essere posseduti e comprovati dagli stessi con le modalità previste dal presente codice, sostanzialmente rinviando all’art. 83 del medesimo codice dei contratti pubblici, che per l’appunto concerne i requisiti di idoneità professionale, economica e finanziaria.

L’art. 83, comma 2, a sua volta rinvia al regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies la disciplina dei requisiti e delle capacità che devono essere posseduti dal concorrente, anche in riferimento ai consorzi di cui all’articolo 45, lettere b) e c).

Ai sensi dell’art. 216, comma 27-octies, nelle more dell’adozione del regolamento (al momento inesistente) rimangono in vigore o restano efficaci le linee guida e i decreti adottati in attuazione della previgente disposizione di cui all’art. 36, comma 7, d.lgs. n. 163/2006. Tra l’altro, l’art. 216, comma 14, prevede che “fino all’adozione del regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies, continuano ad applicarsi, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo III (articoli da 60 a 96: sistema di qualificazione delle imprese), nonché gli allegati e le parti di allegati ivi richiamate, del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207”.
In attuazione del citato art. 36 comma 7, l’art. 81 del d.P.R. n. 207/2010 stabilisce che “i requisiti per la qualificazione dei consorzi stabili sono quelli previsti dall’articolo 36, comma 7, del codice”. Ne consegue, come sostenuto dal ricorrente, una reviviscenza di quest’ultima disposizione, che non può dirsi espunta dall’ordinamento.

Allo stato attuale, non essendo stato adottato il Regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies, il sistema di qualificazione e la dimostrazione dei requisiti di capacità che devono essere posseduti dai consorzi stabili per concorrere alle gare pubbliche sono regolati dall’art. 36 del d.lgs. n. 163/2006 e dagli artt. 81 e 94 del d.P.R. n. 207/2010 (cfr. Tar Palermo, sez. I., 2 marzo 2023, n. 657). L’insieme di queste disposizioni delinea il regime di qualificazione dei consorzi stabili secondo il criterio del “pieno” cumulo alla rinfusa, salvo eccezioni.
In definitiva, non è condivisibile l’affermazione per cui l’art. 47, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 – la cui formulazione letterale è sostanzialmente identica a quella già trasfusa nel previgente art. 35 d.lgs. n. 163/2006 – avrebbe ridotto l’ambito di operatività del cumulo alla rinfusa, circoscrivendolo ai soli mezzi ed all’organico medio annuo.

2.3 Ciò posto, rilevato che nell’interpretare la legge occorre considerare anche l’intentio legis (art. 12 delle preleggi), occorre evidenziare che, nel corso del tempo, l’intenzione del legislatore è sempre stata quella di valorizzare l’istituto in questione, quale importante strumento pro-concorrenziale.
Nella relazione di accompagnamento al d.l. n. 32 del 2019 (c.d. Sblocca Cantieri) si legge, infatti, che la modifica del comma 2 dell’art. 47 d.lgs. n. 50/2016 “è tesa a chiarire la disciplina dei consorzi stabili onde consentire l’operatività e sopravvivenza di tale strumento pro-concorrenziale, mentre l’introduzione del comma 2-bis detta disposizioni concernenti i consorzi stabili di servizi e forniture, in continuità con il passato, di fatto colmando, a regime, un vuoto normativo per tali settori”.
Del resto, sotto il profilo teleologico, l’interpretazione ampliativa appare conforme alla ratio pro-concorrenziale sottesa alla disciplina dei consorzi stabili, che consente la partecipazione alle gare pubbliche ad imprese singolarmente prive dei requisiti di qualificazione richiesti dal bando, le quali possono cumulare i requisiti di cui dispongono con quelli di altre imprese fino a soddisfare il livello di qualificazione richiesto (cfr. Tar Palermo, sez. I., n. 657 del 02/03/2023).

2.4 In chiave ermeneutica e retrospettiva, giova inoltre sottolineare che il nuovo Codice dei contratti pubblici (in vigore dal 1 aprile 2023) sembra ammettere il cumulo alla rinfusa all’art. 67 (cfr. art. 100, comma 8, lett. c), il cui comma 4 riproduce il contenuto dell’art. 47 comma 2 d.lgs. n. 50/2016 – a conferma del fatto che quest’ultima disposizione non legittima una interpretazione limitativa del cumulo alla rinfusa – ed il cui comma 8 risulta sostanzialmente sovrapponibile al previgente art. 36 comma 7 d.lgs. n. 163/2006, a dimostrazione della voluntas legis di consentire ai “consorzi stabili di attestare, per i lavori, i requisiti di qualificazione attraverso l’attestazione SOA del consorzio, nella quale si sommano i requisiti posseduti dalle singole consorziate” (cfr. Relazione allegata allo schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’art. 1 legge n. 78/2022).
Nello specifico, l’art. 67, comma 8, statuisce che “ai fini del rilascio o del rinnovo dell’attestazione di qualificazione SOA, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono posseduti e comprovati dai consorzi sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate. La qualificazione è acquisita con riferimento a una determinata categoria di opere generali o specialistiche per la classifica corrispondente alla somma di quelle possedute dalle imprese consorziate. Per la qualificazione alla classifica di importo illimitato è in ogni caso necessario che almeno una tra le imprese consorziate già possieda tale qualificazione ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno una con qualificazione per classifica VII e almeno due con classifica V o superiore, ovvero che tra le imprese consorziate ve ne siano almeno tre con qualificazione per classifica VI. Per la qualificazione per prestazioni di progettazione e costruzione, nonché per la fruizione dei meccanismi premiali di cui all’articolo 106, comma 8, è in ogni caso sufficiente che i corrispondenti requisiti siano posseduti da almeno una delle imprese consorziate. Qualora la somma delle classifiche delle imprese consorziate non coincida con una delle classifiche di cui all’allegato II.12, la qualificazione è acquisita nella classifica immediatamente inferiore o in quella immediatamente superiore alla somma delle classifiche possedute dalle imprese consorziate, a seconda che tale somma si collochi rispettivamente al di sotto, ovvero al di sopra o alla pari della metà dell’intervallo tra le due classifiche. Gli atti adottati dall’ANAC restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2” (cfr. art. 36, comma 7, d.lgs. n. 163/2006).
La Relazione di accompagnamento al nuovo Codice del 2023 precisa, inoltre, che “il sistema sin qui in atto si basava su una disposizione transitoria del decreto legislativo n. 50 del 2016, (l’art. 216, comma 27-octies), che rinviava all’art. 36, comma 7 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (e fonti delegate), consentendo che i consorzi stabili attestino, per i lavori, i requisiti di qualificazione attraverso l’attestazione SOA del consorzio, nella quale si sommano i requisiti posseduti dalle singole consorziate” (relazione illustrativa, p. 105).

2.5 In quest’ottica, la tesi dell’ammissibilità del cumulo alla rinfusa si ritiene preferibile anche per ragioni logiche, di coerenza ordinamentale, di certezza del diritto: opinare diversamente significherebbe che la possibilità di cumulo dell’attestazione SOA, ammessa dalla giurisprudenza assolutamente prevalente fino alla citata sentenza del Consiglio di Stato n. 7360 del 25 agosto 2022 ed ammissibile per gli appalti rientranti nell’ambito di operatività del d.lgs. n. 36/2023, abbia avuto una breve parentesi di (incerta) sospensione giurisprudenziale relativamente a quelle controversie giudicate alla luce del suesposto orientamento restrittivo.

3. Il Collegio, nell’accogliere il ricorso, intende pertanto confermare il principio secondo cui, nella partecipazione alle gare d’appalto e nell’esecuzione, è il consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole imprese sue consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente e, per l’effetto, a dover dimostrare il possesso dei relativi requisiti partecipativi (attestazione SOA per categorie e classifiche analoghe a quelle indicate dal bando).

In definitiva:
a) i requisiti speciali di qualificazione SOA devono essere posseduti e dimostrati unicamente dal consorzio stabile, mediante la sola qualificazione e l’attestato SOA del consorzio medesimo (in ciò sostanziandosi la ratio e la finalità di tale figura soggettiva);
b) detti consorzi partecipano alla procedura di gara utilizzando requisiti di qualificazione “loro propri”, ossia la propria attestazione SOA;
c) alle consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto spetta unicamente dimostrare il possesso dei requisiti di ordine generale, ciò al fine di impedire che possano giovarsi della copertura dell’ente collettivo, eludendo i controlli demandati alle stazioni appaltanti (Cons. St., A.P., 4 maggio 2012, n. 8; sez. V, 17 maggio 2012, n. 2582; sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 4703; Tar Lazio 30 aprile 2018, n. 16 4723), fatte salve ovviamente le eccezioni di cui all’art. 48, commi 7-bis, 17, 18, 19, 19-bis e 19-ter (così Consiglio di Stato, Sez. V, 14 aprile 2020, n. 2387).

In effetti, il consorzio stabile rappresenta “un nuovo e peculiare soggetto giuridico, promanante da un contratto a dimensione associativa tra imprese, caratterizzato oggettivamente come struttura imprenditoriale e da un rapporto tra le stesse imprese di tipo organico, al fine di operare in modo congiunto nel settore dei lavori pubblici, sicché unico interlocutore con l’amministrazione appaltante è il medesimo consorzio” (cfr. Cons. Stato, 24 gennaio 2023, n. 779).
D’altronde, l’Adunanza Plenaria n. 6 del 2019 ha affermato che il sistema dei requisiti di qualificazione non può che riferirsi ad ogni singola impresa, ancorché associata in un raggruppamento, altrimenti si finirebbe con il conferire una sorta di “soggettività” al raggruppamento, al di là di quella delle singole imprese partecipanti; “una sorta di interscambiabilità dei requisiti, quale quella ipotizzata, di partecipazione risulta più agevolmente ipotizzabile laddove si riconoscesse (ma così non è) una personalità giuridica propria al r.t.i.”.
Da tale angolo visuale, va rimarcato che i consorzi si distinguono dai raggruppamenti temporanei di impresa proprio in quanto forniti di autonoma soggettività giuridica, oltre che per la rilevanza esterna dell’organizzazione consortile.

Consorzio stabile – Natura – Esecuzione appalto in sostituzione della Consorziata esecutrice carente dei requisiti

Consiglio di Stato, sez. V, 28.03.2023 n. 3148

12. Ciò posto, occorre in primo luogo richiamare i princìpi elaborati dalla giurisprudenza sulla natura dei consorzi stabili, ben posta in luce da un precedente di questa Sezione, ovvero dalla recente sentenza 7/11/2022 n. 9762, nonché dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2021.
12.1. Il consorzio stabile è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art. 10, comma 1, lett. c), L. 10 febbraio 1994, n. 109, all’esito di un “percorso di tipizzazione normativa del fenomeno della cooperazione tra imprese” nell’esecuzione di commesse pubbliche, che ha visto nel tempo il riconoscimento delle associazioni temporanee di imprese e dei consorzi di cooperative di produzione e lavoro regolati dalla l. 25 giugno 1909, n. 422, con l’art. 20, l. 8 agosto 1977, n. 584, e la disciplina dei consorzi ordinari, con l. 17 febbraio 1987, n. 80.
I consorzi stabili sono quei consorzi costituiti tra almeno tre imprese che abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa. Si differenziano pertanto dai consorzi “ordinari” in quanto, mentre questi ultimi nascono e cessano (al pari delle associazioni temporanee di imprese) in vista di un’unica operazione, i primi sono costituiti in funzione di un numero potenzialmente illimitato di operazioni.
Come evidenziato dalla dottrina, l’istituto del consorzio stabile costituisce una evoluzione della figura tradizionale disciplinata dagli artt. 2602 ss. c.c. e si colloca in una posizione intermedia fra le associazioni temporanee e gli organismi societari risultanti dalla fusione di imprese.
Il consorzio stabile, pertanto, rappresenta una particolare categoria dei consorzi disciplinati dal codice civile ed è soggetto sia alla disciplina generale dettata dallo stesso codice, sia a quella speciale dettata dal codice dei contratti pubblici.
L’istituto si colloca dunque nel più ampio fenomeno della partecipazione aggregata alle procedure di evidenza pubblica, secondo i principi del favor partecipationis e della “neutralità delle forme giuridiche” dei soggetti partecipanti alla procedura di gara, disciplinati e regolamentati dalla legislazione prima comunitaria e poi eurounitaria.
Ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 “Rientrano nella definizione di operatori economici i seguenti soggetti… c) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’art. 2615 ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro. I consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tale fine una comune struttura di impresa”.

12.2. La prevalente giurisprudenza amministrativa, mutuando anche i principi informatori compendiati all’articolo 45 del d.lgs. n. 50/2016, qualifica pertanto consorzi stabili quei consorzi che abbiano stabilito di operare nel settore dei contratti pubblici per un periodo non inferiore a cinque anni e che, pertanto, abbiano istituito una comune struttura d’impresa. Si tratta di aggregazioni durevoli di soggetti che nascono da un’esigenza di cooperazione ed assistenza reciproca e, operando come un’unica impresa, si accreditano all’esterno come soggetto distinto.
Il Consiglio di Stato ha, in più occasioni, chiarito che sono operatori economici dotati di autonoma personalità giuridica, costituiti in forma collettiva e con causa mutualistica, che operano in base a uno stabile rapporto organico con le imprese associate, il quale si può giovare, senza necessità di ricorrere all’avvalimento, dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del “cumulo alla rinfusa” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2021, n. 964; Cons. stato, 11 dicembre 2020, n. 7943; Cons. Stato sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165; Cons. Stato, sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1112).
Peraltro elemento qualificante dei consorzi stabili è senz’altro la “comune struttura di impresa” da intendersi quale “azienda consortile” utile ad eseguire in proprio, ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le prestazioni affidate a mezzo del contratto (cfr. Adunanza Plenaria 18 marzo 2021, n. 5; Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165).
E’ stato infatti osservato (Cons. Stato, sez. III, 4.2.2019, n. 865) come l’elemento essenziale per poter attribuire al consorzio la qualifica di consorzio stabile è il c.d. elemento teleologico, ossia l’astratta idoneità del consorzio, esplicitamente consacrata nello statuto consortile, di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni previste nel contratto (ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate) (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2.5.2017, n. 1984; Cons. Stato, sez. V, 17.1.2018, n. 276).
Si ritiene, pertanto, che il riferimento aggiuntivo del codice dei contratti pubblici alla “comune struttura di impresa” induce a concludere nel senso che costituisce un predicato indefettibile di tali soggetti l’esistenza di un’azienda consortile, intesa nel senso civilistico di “complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.

12.3. Dall’elaborazione giurisprudenza sul punto, quindi, emerge pertanto che, a differenza dei RTI e dei consorzi ordinari, il consorzio stabile, è un nuovo e peculiare soggetto giuridico, promanante da un contratto a dimensione associativa tra imprese, caratterizzato oggettivamente come struttura imprenditoriale da un rapporto tra le stesse imprese di tipo organico, al fine di operare in modo congiunto nel settore dei lavori pubblici, sicchè unico interlocutore con l’amministrazione appaltante è il medesimo consorzio, con la conseguenza che i requisiti speciali di idoneità tecnica e finanziaria ben possono essere posseduti in capo al consorzio stesso.
12.3.1. E’ in particolare il riferimento aggiuntivo e qualificante alla “comune struttura di impresa” che induce ad approdare verso lidi ermeneutici diversi ed opposti rispetto a quanto visto per i consorzi ordinari. I partecipanti in questo caso danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (Consiglio di Stato Adunanza Plenaria 18/03/2021 n. 5, con richiamo da ultimo a Cons. St., sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165).
Proprio sulla base di questa impostazione, la Corte di Giustizia UE (C-376/08, 23 dicembre 2009) è giunta ad ammettere la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia pertanto concordato la presentazione dell’offerta (ex multis, Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 865).

13. Ciò posto, le doglianze di parte appellante devono, pertanto, ritenersi fondate.
13.1. Ed invero come evidenziato dal C.G.A.R.S. con sentenza 22/01/2021 n. 49 – decisione tra l’altro riferita al difetto di motivazione ex art. 21 novies l. 241/90 del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione adottato dalla stazione appaltante in riferimento ad una procedura in materia di beni culturali, in cui assume una specifica valenza la qualificazione dell’impresa esecutrice stante la chiara disposizione costituita dall’art. 146 comma 2 del d. lgs, n. 50 del 2016 – “Il consorzio stabile è caratterizzato dal c.d. elemento teleologico, che gli consente di operare con un’autonoma struttura di impresa, capace di eseguire anche in proprio, e cioè senza l’ausilio necessario delle imprese consorziate, le prestazioni previste nel contratto.
In sostanza, i consorzi stabili, ai sensi dell’art. 47, comma 2, del d.lgs. 50/2016, hanno una propria qualificazione, diversa ed autonoma dalle imprese consorziate, che consente ai medesimi di partecipare alle gare pubbliche, con la conseguenza che essi assumono su di sé, e con le qualificazioni possedute, l’onere della esecuzione delle prestazioni contrattuali; la presenza di un’autonoma struttura di impresa, distinta da quella delle consorziate e che sia in grado di eseguire anche in proprio le prestazioni previste nel contratto, rende imputabile l’attività compiuta al solo consorzio stabile (cfr. Cons. Stato, V, n. 276/2018).
E dunque, dall’espunzione della consorziata risultata non in possesso delle qualificazioni necessarie, consegue che la prestazione ricade in toto sul medesimo consorzio stabile.
D’altra parte, deve ritenersi che l’obbligo per il consorzio stabile di indicare in sede di offerta i consorziati designati per l’esecuzione sia principalmente finalizzato a precludere che questi si giovino della copertura dell’ente collettivo, eludendo i controlli demandati alle Stazioni appaltanti in ragione dell’obbligo di comprovare il possesso dei requisiti di ordine generale”.
13.2. Né a conclusioni diverse può addivenirsi avendo riguardo a quanto incidenter tantum indicato nella sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 18 marzo 2021 n. 5, laddove afferma che “Solo le consorziate designate per l’esecuzione dei lavori partecipano alla gara e concordano l’offerta, assumendo una responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 47 comma 2 del codice dei contratti)”.
Ed invero detta affermazione non esclude affatto che, proprio in forza del vincolo di solidarietà, la prestazione finisca per ricadere in toto sul consorzio stabile, ove l’impresa esecutrice sia priva dei prescritti requisiti, senza che detta esecuzione in proprio possa considerarsi elusiva del disposto dell’art. 48 comma 19 bis del Codice, laddove prevede che “Le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 trovano applicazione anche con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b), c) ed e)” (da leggersi peraltro alla luce del recente arresto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2/2022), dovendosi i limiti alla modifica soggettiva in corso di gara, richiamati negli indicati commi, intendersi riferiti, in relazione ai consorzi stabili, all’ipotesi di sostituzione della consorziata esecutrice con altra consorziata, quand’anche già indicata come esecutrice (con modifica in riduzione), e non anche ai rapporti fra impresa consorziata indicata come esecutrice e consorzio che abbia in proprio i requisiti, essendo il Consorzio ab initio parte sostanziale del contratto con la stazione appaltante, chiamato a rispondere in solido della totalità dell’esecuzione della commessa.
Peraltro lo stesso provvedimento di ritiro dell’aggiudicazione gravato in prime cure ha considerato elusiva del controllo sul possesso dei requisiti che devono sussistere al momento della presentazione dell’offerta la sostituzione in corso di gara dell’impresa consorziata indicata come esecutrice con altra consorziata (“visto che, ai sensi dell’art. 48, comma 7-bis del D.Lgs. 50/2016, è consentito designare una consorziata diversa da quella indicata in sede di gara solo a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere in tale sede la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata”), nulla precisando in ordine alla possibilità di esecuzione dell’appalto dal Consorzio in proprio.

13.3. La sentenza appellata è pertanto viziata laddove ha ritenuto che il Consorzio non potesse eseguire l’appalto in proprio, per avere indicato una singola impresa consorziata come esecutrice in sede di gara – priva dei prescritti requisiti di partecipazione – sulla base del rilievo dell’avvenuta abolizione del cumulo alla rinfusa.
13.3.1. Infatti in vigenza dell’art. 36 del d.lgs. 163/2006, è stato delineato il criterio del c.d. cumulo alla rinfusa, per descrivere la possibilità per il consorzio stabile di fruire, alternativamente o in aggiunta ai requisiti propri, dei requisiti delle consorziate. Ciò, alla luce della ratio stessa del consorzio stabile, “volta a dare maggiori possibilità di sviluppo alle imprese sprovviste di sufficienti requisiti per accedere a determinate gare (…) attraverso l’accrescimento delle facoltà operative, ottenibile non imponendo al consorzio di avere i requisiti in proprio (…) né prescrivendo quote minime in capo alle consorziate (…) anche perché, altrimenti, si riprodurrebbe inutilmente il modulo organizzativo delle a.t.i., già, peraltro, replicato con l’aggregazione cui dà luogo il consorzio ordinario” (cfr. Cons. Stato, VI, n. 2563/2013; Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6433/2019).
Detto principio pertanto, come evidenziato da parte appellante, alcun rilievo assume rispetto alla fattispecie di cui è causa, in cui il Consorzio appellante possedeva in proprio i richiesti requisiti di qualificazione, senza necessità di ricorrere al cumulo dei requisiti delle imprese consorziate.
L’art. 47, comma 1 del Codice (non interessato dalle recenti modifiche normative) prevede infatti che, per i soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c) – e, dunque, anche per i “consorzi stabili” – “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento” debbano essere, come d’ordinario, “posseduti” dagli stessi e, all’uopo, “comprovati”, fatta eccezione per quelli relativi “alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali – “ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate” – sono suscettibili di computo cumulativo.
Per quanto esposto, la circostanza che la consorziata esecutrice non possegga la certificazione non poteva incidere sulla possibilità del Consorzio, rappresentata in sede di verifica dei requisiti, di eseguire in proprio la commessa.

Qualificazione cumulativa dei Consorzi stabili (art. 47 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 22.08.2022 n. 7360

3.1. Vale rammentare, in premessa, che l’art. 47, comma 1 del Codice (non interessato dalle recenti modifiche normative) prevede che, per i soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c) – e, dunque, anche per i “consorzi stabili” – i “i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure di affidamento” debbano essere, come d’ordinario, “posseduti” dagli stessi e, all’uopo, “comprovati”, fatta eccezione per quelli relativi “alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali – “ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate” – sono suscettibili di computo cumulativo.
La disposizione suona, nella sua formulazione letterale, identifica a quella già trasfusa nel corpo del previgente art. 35 del d. lgs. n. 163/2006, e nondimeno – opportunamente rimeditando sul punto, anche sulla scorta della interpretazione avallata, sia pure per obiter dictum, dalla adunanza plenaria n. 5/2021, l’orientamento espresso anche in tempi recenti dalla Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 marzo 2021, n. 2588, cui la sentenza appellata ha, segnatamente, inteso dare seguito) – va acquisita restrittivamente, nel senso della (rigorosa) limitazione (dell’ambito) della scolpita facoltà di cumulo.
Milita in tal senso – più ancora che l’argomento meramente letterale, dal quale pure, in sé, sarebbe, in principio, lecito distillare una direttiva di interpretazione limitativa, giustificata dalla attitudine derogatoria e, per tal via, eccezionale della prefigurata facoltà di dimostrazione “cumulativa” dei requisiti di partecipazione – il nuovo ‘contesto’ normativo, dal quale risulta espunta la previsione di cui al previgente art. 36, comma 7, la quale (non operando, ai fini in parola, alcuna distinzione tra imprese designate o meno per l’esecuzione delle prestazioni) aveva legittimato un intendimento comprensivo, lato e generalizzato del cumulo, detto appunto e genericamente “alla rinfusa”.
In definitiva, proprio la mancata riproduzione del testo dell’art. 36, comma 7 cit. (in base alla quale “il consorzio stabile si qualifica[va] sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate”) suggerisce (ed anzi impone) di abbandonare l’orientamento esegetico che, sulla sua scorta, era maturato, restringendo la praticabilità del cumulo ai (soli) aspetti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo.
Né ad un diverso intendimento può indurre una direttiva (suppletiva) di interpretazione “sistematica”, orientata alla valorizzazione, sul piano teleologico, della complessiva logica proconcorrenziale che ispira e legittima la partecipazione in forma consortile (e sulla quale fa dichiaratamente leva Cons. Stato, n. 2588/2021 cit., che si richiama, altresì, al “fondamento causale” della disciplina, incentrata sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una “comune struttura di impresa”, deputata ad operare quale “unica controparte” delle stazioni appaltanti).
Vero è, invece, che – di là dal rilievo, di ordine metodologico, che l’argomentazione sistematica obbedisce, in quanto tale, ad una direttiva ermeneutica secondaria, che non può far premio sul non equivoco dato linguistico – l’argomento prova troppo (e si risolve, di fatto, in un esito non plausibilmente correttivo), atteso che l’attitudine proconcorrenziale resta comunque confermata (senza la necessità di decampare dei limiti del tratto testuale della norma e sia pure nei limiti più restrittivi rimessi alla non implausibile opzione legislativa) dalla perdurante possibilità del ricorso alla forma consortile per consentire ad imprese prive di requisiti di accedere alle procedure di gara.
Le conclusioni che precedono, desunte dalla aggiornata esegesi del comma 1 dell’art. 47, trovano conferma nella disciplina del comma 2, così come riformulata dal d.l. n. 32/2019 (c.d. sbloccacantieri).
Invero, in base alla formulazione previgente della norma (peraltro successiva alla primigenia formulazione, già modificata dall’art. 31 del d. lgs. 19 aprile 2017, n. 56), i consorzi stabili potevano alternativamente utilizzare, ai fini della qualificazione: a) “i requisiti […] maturati in proprio”; b) quelli “posseduti dalle singole imprese consorziate”, che fossero state “designate per l’esecuzione delle prestazioni”; c) quelli “delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto”, in tal caso “mediante avvalimento”.
Per contro, l’attuale versione dell’art. 47, comma 2 non menziona più la facoltà del consorzio di ricorrere all’avvalimento, ai fini della utilizzazione dei requisiti di qualificazione delle consorziate non designate come esecutrici e si limita a prevedere l’alternativa facoltà di eseguire il contratto “con la propria struttura” ovvero “tramite i consorziati” all’uopo “indicati in sede di gara”, con la precisazione che, in tal caso, non si tratta – ferma la responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante – di “subappalto”. La disposizione demanda, poi, al regolamento di cui all’art. 216, comma 27 octies, la definizione – “ai fini della qualificazione di cui all’art. 84” – dei “criteri per l’imputazione” delle prestazioni eseguite.
Ne discende, in virtù del congiunto operare delle due disposizioni: a) che i consorzi stabili che intendano eseguire le prestazioni “con la propria struttura” devono dimostrare (e comprovare con le modalità ordinarie) il possesso, in proprio, dei “requisiti di idoneità tecnica e finanziaria” per l’ammissione alle procedure di affidamento, salva la facoltà di “computare cumulativamente” i (soli) requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera e all’organico medio annuo, quand’anche posseduti “dalle singole imprese consorziate”, ancorché non designate alla esecuzione; b) che possano, alternativamente, affidarsi (senza che ciò costituisca subappalto) alle imprese consorziate, all’uopo indicate in sede di gara, che ne risultano corresponsabili.
In quest’ultimo caso, la norma non chiarisce espressamente (il che dà ragione al contrasto esegetico) le modalità di qualificazione dei consorziati designati per l’esecuzione (naturalmente, nell’unico caso in cui la questione si ponga, che è, all’evidenza, quello in cui gli stessi non possano dimostrarne il possesso in proprio).
Dal comma 47, comma 1 discende de plano, in ogni caso, l’operatività, sia pure limitata, del cumulo: di tal che (in ciò risolvendosi l’effetto proconcorrenziale della regola) la carenza di requisiti tecnici (in quanto attinenti alle risorse reali: attrezzature e mezzi) o professionali (attinenti alle risorse umane in senso quantitativo: organico medio) non preclude la partecipazione alla gara e l’assunzione dell’impegno ad eseguire le prestazioni contrattuali, potendo l’impresa “avvalersi” dei requisiti del consorzio (o, in via mediata, delle altre consorziate non esecutrici).
Ne discende, a guisa di corollario, che – fuori dei ridetti limiti, che sono oggi, come vale ribadire, i limiti “generali” della valorizzazione “cumulativa” dei requisiti nella partecipazione in forma consortile – debba applicarsi la regola generale che impone a ciascun concorrente la dimostrazione del possesso dei “requisiti” e delle “capacità” di qualificazione (artt. 83 e 84). Il che non vuol dire, beninteso, che l’impresa consorziata non qualificata non possa valorizzare i requisiti posseduti, in proprio, dal consorzio stabile ovvero dalle consorziate non esecutrici: ma solo che, in tal caso – lungi dal poter sfruttare il meccanismo del “cumulo automatico” – ha l’onere di ricorrere all’ordinario strumento dell’avvalimento (art. 89).
Se ne trae indiretta ma solida conferma (tota lege perspecta) dalla previsione dell’art. 48, commi 7 bis, 19 bis e 19 ter, che – nel legittimare, in occasione delle qualificate sopravvenienze di cui ai commi 17, 18 e 19, la designazione alternativa in executivis, sottendono, con dichiarata finalità antielusiva, il postulato possesso, in capo alla “impresa consorziata”, dei requisiti di partecipazione.
Giova rimarcare che le esposte conclusioni sono coerenti con il ragionamento formulato, sia pure per obiter, da Cons. Stato, ad. plen. n. 5/2021 (dalla quale, non a caso, il primo giudice ha sentito, assente il formale vincolo nomofilattico, il bisogno di motivatamente smarcarsi).
In definitiva, alla luce dell’attuale quadro normativo, si deve concludere nei complessivi sensi per cui:
a) la possibilità di “qualificazione cumulativa”, nell’ambito dei consorzi stabili, è limitata ai requisiti relativi alla disponibilità delle attrezzature e mezzi d’opera e all’organico medio annuo (cfr. art. 47, comma 1);
b) i consorzi stabili possono, per tal via, partecipare alle gare qualificandosi in proprio (art. 47, comma 2, prima ipotesi) e comprovando i propri requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, potendo, a tal fine, cumulare attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo di tutte le consorziate (con il limite, non codificato ma implicito, del divieto di cumulo in caso di autonoma partecipazione, alla medesima gara, dell’impresa consorziata, che autorizzerebbe – di là dalla paradossale vicenda del concorso competitivo con cooperazione qualificatoria – una implausibile valorizzazione moltiplicativa dei medesimi requisiti: cfr., per la relativa vicenda, Corte di Giustizia UE, C-376/08, 23 dicembre 2009);
c) i consorzi stabili, anche quando partecipino e si qualifichino in proprio, possono eseguire la prestazione (oltreché con la propria struttura) per il tramite delle consorziate, ancorché non indicate come esecutrici in sede di gara (onde, in chiara – seppur circostanziata – prospettiva proconcorrenziale, il ricorso alla struttura consortile consente ad imprese non qualificate di partecipare, sia pure indirettamente, alle procedure di affidamento): si tratterebbe – nella ricostruzione di ad. plen. n. 5/2021, che argomenta dal confronto con la previgente formulazione dell’art. 47, comma 2, di “una forma di avvalimento attenuata dall’assenza di responsabilità”: che, benché si tratti, va riconosciuto, di formula men tecnicamente rigorosa che sostanzialmente espressiva, sintetizza un condivisibile corollario di sistema);
d) in alternativa, il consorzio può, in sede evidenziale, designare, per l’esecuzione del contratto, una o più delle imprese consorziate (che, in tal caso, partecipano direttamente alla gara, concorrendo alla sostanziale formulazione dei tratti, anche soggettivi, dell’offerta ed assumendo, in via solidale, la responsabilità per l’esatta esecuzione, ancorché la formalizzazione del contratto sia rimessa al consorzio, che è parte formale: cfr., ancora, Cons. Stato, ad. plen., n. 5/2021 cit.);
e) in tal caso (che è quello in cui si sussume la vicenda di specie) è necessario che le imprese designate possiedano e comprovino (con la ribadita salvezza dei, limitati e specifici, casi di qualificazione cumulativa) i requisiti, tecnici e professionali, di partecipazione.

Il requisito dell’iscrizione nella White List non può essere “prestato” da una Consorziata al Consorzio

TAR Cagliari, 20.04.2022 n. 259

L’iscrizione nelle white list rientra tra i requisiti soggettivi e la sua carenza determina l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
L’art. 1, comma 52, della L. 190 del 6 novembre 2012 ha previsto l’istituzione presso le Prefetture di un elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori pubblici non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei settori maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa, espressamente indicati nel successivo comma 53 (estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardianìa dei cantieri; servizi funerari e cimiteriali; ristorazione, gestione delle mense e catering; servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti).
ANAC, nei pareri di precontenzioso di cui alle delibere del 14 novembre 2018 n. 1071 e n. 1072, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 1, comma 52, della legge 190/2012 e secondo quanto indicato dal dpcm 18 aprile 2013, come aggiornato dal dpcm 24 novembre 2016, l’iscrizione alla white list è un requisito obbligatorio per la partecipazione alle gare e l’affidamento di appalti pubblici nei settori individuati come a maggior rischio di infiltrazione mafiosa. Conseguentemente, ai fini della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica è necessario o essere iscritti alla white list oppure aver presentato domanda di iscrizione al predetto elenco.
Gli operatori economici che intendono “concorrere” all’affidamento dei contratti pubblici debbono possedere non solo le specifiche “capacità tecniche-professionali” ed “economico-finanziarie” necessarie per eseguire il contratto e disciplinate dall’art. 83 del d.lgs. 50/2016 (rispetto ai quali sono applicabili gli istituti del cumulo alla rinfusa, per i Consorzi, e dell’ avvalimento per partecipazioni collegate in modo estemporaneo), ma anche i “requisiti di moralità”, individuati dall’art. 80 del d.lgs. 50/2016.
Tra i quali rientrano anche la “comunicazione” antimafia, “informazione” antimafia e l’iscrizione White list:
– la prima consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di contrarre con la pubblica amministrazione di cui all’art. 67 del medesimo decreto (art. 84, comma 2) ed ha validità di sei mesi dalla data di acquisizione (art. 86, comma 2);
– la seconda contiene anche l’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese “raggiunte” (art. 86, comma 3) ed ha validità di dodici mesi dalla data di acquisizione (art. 86, comma 2).
I requisiti di partecipazione devono essere posseduti al momento della presentazione dell’offerta e devono persistere per tutta la durata della procedura, fino alla stipula del contratto e alla sua successiva esecuzione.
Con delibera n. 97 del 7 febbraio 2018, l’ANAC ha sottolineato che sussiste l’obbligo di escludere il concorrente dalla gara, qualora, in fase di comprova, risulti che questo, alla data della presentazione dell’offerta, fosse privo di un requisito di partecipazione, avendolo acquisito solo in un momento successivo.
L’aspetto della moralità è garantito sia dalla mancanza di precedenti penali, sia dall’iscrizione alla white list, con necessità di sussistenza dei requisiti, sia da parte del “concorrente-consorzio”, sia da parte (ovviamente) della consorziata esecutrice.
Senza che sia possibile ipotizzare “un riverbero” favorevole (in termini di “ultrattività”) dalla consorziata al Consorzio, in quanto il Consorzio non può avvalersi di requisiti morali di altri soggetti.
Il Consorzio assume il ruolo, prima, di “concorrente” e , poi, di “parte contrattuale” con la PA (se ottiene l’aggiudicazione).
Le disposizioni dell’art. 80, comma 1 e comma 2, apprestano uno strumento differenziato di tutela dell’amministrazione anche nei confronti dei fenomeni mafiosi:
– mentre il primo comma dell’art. 80 richiede che i fatti delittuosi ivi contemplati siano stati accertati dall’autorità giudiziaria con sentenza definitiva o decreto penale divenuto irrevocabile,
– per il secondo comma è sufficiente una considerazione unitaria degli elementi di fatto che, “valutati nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio”.
[…]
Quindi, da un lato, si possono cumulare i requisiti tecnico-professionali, per favorire l’attività del consorzio stabile e delle singole consorziate (titolari di SOA inferiori e insufficienti per eseguire il contratto autonomamente).
Ma, dall’altro, il requisito morale del concorrente è imprescindibile proprio in considerazione del ruolo del Consorzio, che si pone, partecipando, non in una posizione secondaria o defilata, ma quale principale protagonista, nel ruolo di “concorrente” a pieno titolo (anche quando non esegue direttamente le opere), a prescindere, cioè, dalla scelta imprenditoriale di non realizzare, in proprio, i lavori affidandoli alle sue consorziate.
Il riscontro del requisito morale, compresa la white list, è obbligatorio e non può essere “prestato” da una consorziata al Consorzio (come è legittimo per i requisiti tecnico-professionali-operativi).
Il Consorzio può cumulare (per imputazione), ai fini della partecipazione alle gare, gli importi-soglie delle consorziate (con le singole SOA), con l’effetto di consentire l’esecuzione dei lavori da parte della consorziata “indicata” come esecutrice, pur titolare di una SOA ridotta (non sufficiente per la partecipazione individuale).
Il Consorzio stabile è e rimane l’unico “concorrente” (con responsabilità solidale in caso di eventuali carenze inefficienze dell’esecutrice, per garantire la stazione appaltante alla corretta e tempestiva esecuzione dei lavori ).
Con necessità di “propria” white list (non suscettibile di acquisizione/avvalimento, tramite ultrattività di quella della consorziata indicata).

Consorzio stabile nella veste di impresa ausiliaria – Possibilità – Non integra avvalimento “a cascata” (art. 45 , art. 89 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Bologna, 29.11.2021 n. 975

Riguardo a quest’ultimo punto, il Collegio rileva che il dato in questione risulta idoneamente specificato nell’offerta -Omissis- anche per il fatto che, nella specie, l’impresa ausiliaria della controinteressata è un Consorzio stabile, id est un operatore economico costituente un’impresa collettiva operante mediante un patto consortile con le imprese consorziate avente finalità mutualistica, con conseguente possibilità per il Consorzio di utilizzare tanto le risorse proprie, quanto quelle delle imprese ad esso consorziate (v. Cons. Stato sez. V, 3/9/2021 n. 6212; T.A.R. Lazio sez. II, 1/7/2021 n. 7807, T.A.R. Campania –NA. 7/6/2021 n. 3780; T.A.R. Emilia – Romagna –BO– sez. I 21/11/2017 n. 767).
Inoltre, e per quanto più specificamente concerne la questione relativa alla legittimità di un contratto di avvalimento stipulato da un’impresa partecipante ad una gara pubblica con un’impresa ausiliaria che – come è avvenuto nel caso di specie – ha natura giuridica di Consorzio stabile, il Collegio deve rilevare che, secondo l’oramai consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa (già in precedenti decisioni condiviso anche da questo T.A.R.), è pienamente ammissibile e legittimo, per un Consorzio stabile, assumere veste di impresa ausiliaria in una gara pubblica, stante, come si è detto, la natura mutualistica stabile che connota il rapporto tra Consorzio e imprese ad esso consorziate, il che consente di affermare l’inconfigurabilità, nella specie, del fenomeno – non consentito dall’ordinamento – del c.d. “avvalimento a cascata” (v. Cons. Stato, sez. V, n. 6212 del 2021 cit. T.A.R. Emilia Romagna –BO- sez. I, n. 767 del 2017 cit.).

Riferimenti normativi:

art. 45 d.lgs. n. 50/2016

art. 89 d.lgs. n. 50/2016

Consorzio stabile – Fallimento della Consorziata esecutrice – Non comporta esclusione automatica (art. 48 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Bari, 19.08.2021 n. 1314

La procedura concorsuale che, come fatto successivo alla partecipazione alla gara, colpisca la consorziata designata da un consorzio stabile costituisce un’eventualità che, proprio in quanto sopravvenuta rispetto alla partecipazione, non incide sulla partecipazione del consorzio medesimo, avendo sostanzialmente il rilievo di una vicenda interna tra consorzio (unico concorrente e interlocutore della Stazione appaltante) e consorziata (componente del consorzio) (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. V, 21.2.2020, n. 1328; Cons. Stato, sez. V, 2.9.2019 n. 6024; Cons. Stato, sez. V, 23.11.2018, n. 6632, T.A.R. Campania, Salerno, 1035/2019).
A supporto di detta interpretazione vi è anche da menzionare la recente sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 7 maggio 2020, che avvalora la tesi – su un piano concettuale più ampio, ma omogeneo a quello di cui al caso in esame – secondo cui il legislatore avrebbe inteso distinguere l’ipotesi in cui la procedura concorsuale coinvolga l’impresa mandataria da quella in cui la medesima colpisca l’impresa mandante, prevedendo in quest’ultimo caso la possibilità che un soggetto esterno al raggruppamento subentri alla mandante da escludere, in tal modo evidenziandone la sostanziale fungibilità.
In conseguenza di quanto sopra, il fallimento di -Omissis- non risulta oggettivamente incidere sulla partecipazione alla gara del Consorzio -Omissis-, determinando al più il fatto sopravvenuto che legittima la sostituzione della consorziata ai sensi dell’art. 48, comma 7 bis, del decreto legislativo n. 50/2016.

Raggruppamenti “a geometria variabile” nel nuovo Codice dei contratti pubblici (art. 48 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 21.09.2020 n. 5496

5.2.3. Il principio sotteso alla prima delle due argomentazioni si è venuto consolidando in coerenza con l’orientamento di questo Consiglio in ordine ai limiti entro i quali può ammettersi un’associazione temporanea di imprese “a geometria variabile”. In riferimento alle deroghe previste dal citato art. 37, comma 18 e 19, nel contrasto tra un’interpretazione restrittiva volta ad escludere la modificabilità della compagine al di fuori delle fattispecie ivi previste (riguardanti l’esecuzione del contratto), ed un’interpretazione meno rigorosa, che limita il divieto all’aggiunta o alla sostituzione dei componenti, non anche al venir meno senza sostituzione di alcuno pure in fase di gara e dopo l’aggiudicazione, si è preferita tale ultima opzione. Essa è stata ritenuta in linea con lo scopo del divieto di modificazione soggettiva, individuato in “quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari”, di modo che “[…] è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l’amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi” (Cons. Stato, VI, 13 maggio 2009, n. 2964, richiamata per condivisione da Cons. Stato, Ad. plen., n. 8/2012 cit.).
Nel seguire tale orientamento, la giurisprudenza ha avuto cura di precisare sia che il recesso dell’impresa componente di un raggruppamento nel corso della procedura di gara non vale a sanare ex post una situazione di preclusione all’ammissione alla procedura sussistente al momento dell’offerta per cause di esclusione riguardanti il soggetto recedente, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti; sia che soluzione del recesso può essere seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva. La combinazione di queste due precisazioni ha portato ad escludere qualsivoglia possibilità di modificazione soggettiva del consorzio ogniqualvolta risulti che la consorziata indicata come esecutrice non avesse i requisiti di partecipazione già alla data di presentazione della domanda, ponendosi invece il problema dell’accertamento della finalità elusiva dell’esclusione soltanto quando il soggetto estromesso abbia perduto medio tempore i requisiti di partecipazione (così in termini Cons. Stato, V, n. 2849/2020 cit.).
5.2.4. Quanto, poi, alla distinzione tra requisiti di partecipazione c.d. soggettivi e quelli c.d. oggettivi (nel senso sopra specificato), rilevante ai fini della seconda delle argomentazioni su enunciate, va sottolineato come le decisioni dichiaratamente conformi ai principi seguiti nella citata pronuncia dell’Adunanza plenaria n. 8/2012 siano riferite alla mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti c.d. soggettivi di partecipazione (così Cons. Stato, V, 23 gennaio 2017, n. 849, riguardante irregolarità fiscali e contributive). Questi, ai fini del principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti, vengono contrapposti alle evenienze sopravvenute alla partecipazione alla gara costituite dalle procedure concorsuali, nelle quali “non assume rilevanza il comportamento dell’operatore economico, ma il dato oggettivo della sua insolvenza giudizialmente dichiarata, mentre nel caso di difetto dei requisiti di ordine generale altrettanto non può predicarsi: in particolare, l’irregolarità fiscale ha un’ineliminabile coefficiente soggettivo di imputabilità nei confronti dell’operatore economico che versi nella situazione prevista dalla citata disposizione” (così Cons. Stato, V, 26 aprile 2018, n.2537). Per tale ragione, già nel vigore del d.lgs. n. 163 del 2006, in un caso analogo a quello oggetto del presente giudizio, di dichiarazione di fallimento di una componente del raggruppamento intervenuta nella fase pubblicistica, precisamente dopo l’aggiudicazione provvisoria, si è ritenuto che dall’esclusione della mandante dichiarata fallita “non doveva necessariamente derivare l’esclusione dalla gara dell’intero raggruppamento”, ma che fosse sufficiente l’estromissione della fallita, dato che non poteva dirsi “disposta al fine di eludere le verifiche in ordine al possesso dei requisiti (verifiche che si erano già svolte in precedenza e con esito positivo)” e che “i residui membri del raggruppamento risultavano ex se in possesso della totalità dei requisiti di qualificazione richiesti per l’esecuzione dell’appalto […]” (Cons. Stato, V, 17 luglio 2017, n.3507). Identica conclusione è stata raggiunta, come detto, nel caso oggetto delle decisioni di questa Sezione, n. 6632/18 e n. 6024/19, richiamate nella sentenza di primo grado, riguardanti la sopravvenuta liquidazione coatta amministrativa di una consorziata indicata come esecutrice dei lavori.
5.2.5. Significativa conferma della portata generale dei principi antielusivi del divieto di modificazione soggettiva dei consorzi e dei raggruppamenti desunti, come sopra, dal sistema, per via giurisprudenziale, si rinviene nella disciplina dell’attuale codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, in specie dopo le modifiche apportate dal correttivo del d.lgs. n. 56 del 2017 all’art. 48, richiamato nel ricorso in appello. Tale disposizione detta un’apposita disciplina per le fattispecie della liquidazione giudiziale, della liquidazione coatta amministrativa, dell’amministrazione straordinaria, del concordato preventivo, della liquidazione: ove la procedura concorsuale riguardi un’impresa consorziata indicata in sede di gara dal consorzio concorrente (ai sensi dell’art. 45, comma 2, lett. b e c, quindi anche dai consorzi fra società cooperative) ne consente la sostituzione con un’impresa consorziata diversa “a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere in tale sede la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata” (comma 7 bis), estendendo peraltro le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 (il quale ultimo consente il recesso di una o più imprese raggruppate, alla detta condizione ed “esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”), per un verso, ai consorzi di cui all’art. 45, comma 2, lett. b) e c) (comma 19 bis) e, per altro verso, “anche laddove le modifiche soggettive si verifichino in fase di gara” (comma 19 ter).
Ne risulta una disciplina attuale che positivizza quanto già ritenuto dalla giurisprudenza in tema di eccezioni al principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti e dei consorzi, ma che ne amplia la portata perché non limita la deroga al recesso, ma consente la sostituzione del soggetto colpito dall’evento espulsivo, per di più non solo quando questo sopravvenga nella fase esecutiva del contratto (ipotesi, quest’ultima, disciplinata per i consorzi dal comma 7 bis), ma anche in fase di gara, fatta eccezione per la perdita dei requisiti generali dell’art. 80 cui si può ovviare soltanto in fase esecutiva (come da commi, 17, 18, 19, nonché 19 bis e 19 ter); risulta perciò positivizzato il diverso trattamento della perdita dei requisiti di moralità, rispetto alla sopravvenienza delle procedure concorsuali, disciplinate come non ostative alla partecipazione dei componenti del raggruppamento o del consorzio superstiti, anche se sopravvenute in fase di gara.
5.2.6. In conclusione, nel sistema delineato dal d.lgs. n. 163 del 2006, alla stregua della su esposta interpretazione giurisprudenziale degli artt. 36, 37 e 38, pur non essendovi spazio per le sostituzioni consentite invece dall’attuale art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod., le modifiche nella composizione dei raggruppamenti e dei consorzi non erano precluse in via assoluta, ma solo se artatamente preordinate al fine di impedire l’efficace controllo in ordine al possesso dei requisiti o idonee a rendere di fatto inefficace la verifica, ferma restando, una volta esclusa tale evenienza, la possibilità del recesso di una delle imprese raggruppate o consorziate, purché le rimanenti avessero i requisiti adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire.

Consorzio – Sostituzione, in riduzione, di una (o più) consorziate – Non può comportare elusione della lex specialis – Requisiti di partecipazione – Continuità nel possesso (art. 45 , art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, Sez. V, 05.05.2020 n. 2849

I consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422 (Costituzione di consorzi di cooperative per appalti di lavori pubblici) e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 (Provvedimenti per la cooperazione) erano ammessi alla partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici dall’art. 34, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (e sono ora ammessi dall’art. 45, lett. b) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50); per essi, come per tutti i consorzi, i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio nella sua interezza, mentre dei requisiti generali di partecipazione ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 è richiesto il possesso alle singole imprese consorziate indicate come esecutrici (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 4703;V, 22 gennaio 2015, n. 244; V 17 maggio 2012, n. 2825; V, 15 giugno 2010, n. 3759; la ragione viene comunemente spiegata in questi termini: “Se in caso di consorzi tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti. Per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura”). (…)

[L’appellante], tra la fase di prequalifica e la fase di gara, comunicava l’estromissione di una delle consorziate indicata come esecutrice dell’appalto in caso di aggiudicazione nell’allegato alla domanda di partecipazione per ragioni organizzative interne, la [consorziata]. La carenza dei requisiti generali di partecipazione – e, più esattamente, l’accertata sussistenza di “gravi violazioni tributarie” – in capo alla [consorziata] è una delle ragioni per le quali è stato disposto l’annullamento in autotutela delle precedenti aggiudicazioni.

[L’appellante] oppone, in primo grado, ed ora in appello, la possibilità di sostituire sempre le consorziate indicate nell’esecuzione dell’appalto senza il limite del divieto di modifica della composizione del consorzio e che, comunque, nel caso di specie, si tratterebbe di una modifica “in riduzione”, che lascia inalterata la compagine che si troverà a contrarre con l’amministrazione.

La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza ed ha trovato una sua precisa definizione nella sentenza dell’Adunanza plenaria 4 maggio 2012, n. 8, riferita proprio ad un caso in cui era stato escluso da una procedura di gara un consorzio tra società di produzione e lavoro per la carenza dei requisiti di partecipazione in capo ad una delle consorziate indicate per l’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione.

L’Adunanza plenaria ha dettato i seguenti principi:

a) è precluso al consorzio la sostituzione del soggetto indicato come esecutore dell’appalto; ammettere la sostituzione successiva della consorziata, in caso di esito negativo della verifica sul possesso dei requisiti generali, significherebbe eludere le finalità sottese alle prescrizioni di gara che – come nella vicenda oggetto dell’odierno giudizio – richiedono l’indicazione delle consorziate che eseguiranno il servizio e la loro dichiarazione sul possesso dei requisiti generali di partecipazione, e renderebbe, di fatto, vano il controllo preventivo ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, in capo all’impresa indicata nella domanda di partecipazione;

b) è consentita la modifica “in riduzione”, vale a dire l’eliminazione, senza sostituzione, di una delle consorziate, con conseguente esecuzione dell’appalto integralmente dalle altre, a condizione che la modifica della compagine in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie del consorzio e non, invece, per eludere la legge di gara, e, in particolare, per evitare la sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo alla consorziata, che viene meno attraverso l’operazione riduttiva.

Impone questa conclusione il rispetto del principio della par condicio chiaramente violato ove si consentisse ad uno dei concorrenti, sia pure nella particolare forma del consorzio, di ridurre la compagine con la quale si è presentato alla stazione appaltante per evitare di incorrere nella sanzione espulsiva, e, così, sanando ex post il difetto del requisito di partecipazione (Corte di Giustizia nella decisione 24 maggio 2016, C-396/14).

Contrariamente a quanto pare sostenere l’appellante, la successiva giurisprudenza non si è discostata da tali regole ma ne ha fatto applicazione (sia per procedure sottoposte al vecchio codice dei contratti pubblici, sia con le disposizione, peraltro di tenore sostanzialmente identico, del nuovo codice dei contratti pubblici, cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1623; V, 26 aprile 2018, n. 2537; V, 17 luglio 2017, n. 3507); né si è posta in contrasto con essi la sentenza di questa Sezione, più volte citata dall’appellante, 2 settembre 2019, n. 6024.

E’ vero, infatti, che nella sentenza in esame è affermato il principio per cui la sostituzione della consorziata esecutrice è sempre possibile, in ragione del rapporto organico tra consorziata e consorzio, ma si ribadisce pure che la modifica in riduzione è consentita alle condizioni “che quelle che restano a farne parte siano comunque titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione”, ma specialmente, “che ciò non avvenga al fine di eludere la legge di gara”. (…)

Spetta, dunque, alla stazione appaltante, prima, e, in caso di contestazione, al giudice amministrativo, valutare se la sostituzione della consorziata indicata come esecutrice sia avvenuta per ragioni organizzative interne al consorzio ovvero nel tentativo di sottrarsi all’esclusione dalla procedura per carenza dei requisiti generali di partecipazione.

Occorre, però, subito completare il discorso con una precisazione: la modifica “in riduzione” della compagine soggettiva di un operatore partecipante alla procedura in forma plurisoggettiva presuppone, pur sempre, il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di gara alla data di presentazione della domanda.

Diversamente, l’esclusione dell’operatore è, comunque, dovuta per il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione per il quale essi devono essere mantenuti senza soluzione di continuità dalla data di presentazione della domanda a quella di aggiudicazione, e, per tutta la fase di esecuzione in caso di aggiudicazione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2020, n. 2397 e i precedenti ivi citati).

Detto, altrimenti, il problema dell’accertamento della finalità elusiva dell’esclusione – se essa risponda ad effettive ragioni organizzative ovvero sia stata effettuata per evitare l’esclusione dalla procedura – può porsi nel caso in cui il soggetto estromesso, consorziata o impresa raggruppata, abbia perduto, medio tempore i requisiti di partecipazione, non certo qualora non li abbia mai avuti, perché, in tal caso, era preclusa sin dall’inizio la sua partecipazione alla procedura di gara, e la riduzione è vicenda successiva della compagine partecipante che risulta del tutto irrilevante per la stazione appaltante.

Consorzio – Gravi illeciti professionali posti in essere da consorziate diverse da quelle indicate per l’esecuzione – Obbligo dichiarazione – Non sussiste (art. 45 , art. 48 , art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 14.04.2020 n. 2387

3. Le norme dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, di riferimento della fattispecie sono pertanto quelle per cui le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico rispetto al quale si dimostri con mezzi adeguati che il medesimo “si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
Viene in rilevo anche la successiva lett. f)-bis dello stesso art. 80, secondo cui è escluso dalla gara “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
Nel vigore delle predette disposizioni, la giurisprudenza ha ritenuto che l’individuazione delle condotte da qualificarsi ex lege “gravi illeciti professionali” fosse solo esemplificativa, potendo la stazione appaltante desumere la causa di esclusione da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (ex multis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; V, 25 gennaio 2019, n. 591; V, 3 gennaio 2019, n. 72; III, 27 dicembre 2018, n. 7231), se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità. Tale conclusione è rimasta valida anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, realizzata con il già citato art. 5 del d.-l. n. 135 del 2018, che ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c) la previsione di portata generale di cui sopra (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).
In altri termini, si è rilevato che, poiché l’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, pone a carico dell’operatore economico concorrente nella gara pubblica obblighi informativi finalizzati a consentire che la stazione appaltante possa effettuare un’adeguata e ponderata valutazione sulla sua affidabilità e integrità, questo è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui gli è stata contestata una condotta illecita o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti; da cui l’approdo che la violazione degli obblighi informativi indi ben può integrare, a sua volta, il “grave illecito professionale” endoprocedurale, indicato nell’elencazione esemplificativa dell’art. 80, comma 5, lett. c), come omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, con conseguente possibilità della stazione appaltante di valutare omissioni e reticenze rilevanti ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142; III, 23 agosto 2018, n. 5040).

4. Tanto chiarito, si osserva che l’art. 45, comma 2, lett. b) e c), del d.lgs. n. 50 del 2016, consente la partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici dei consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della l. 25 giugno 1909, n. 422, e dei consorzi stabili; entrambi detti consorzi, ai sensi dell’art. 47, comma 1, devono possedere e comprovare i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure stesse con le modalità previste dal codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio se posseduti dalle singole imprese consorziate; gli stessi, per il successivo art. 48, comma 7, sono tenuti a indicare, in sede di offerta, per quali consorziate concorrono, con divieto delle designate di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla stessa gara. L’art. 48, comma 7-bis, consente infine ai consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e ai consorzi stabili, per le ragioni indicate ai successivi commi 17, 18 e 19 o per fatti o atti sopravvenuti (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, etc.) di designare ai fini dell’esecuzione dei lavori o dei servizi un’impresa consorziata diversa da quella indicata in sede di gara, a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata.
In questo quadro normativo, la principale questione da affrontare nella disamina dell’appello principale è se il Consorzio Integra, consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro costituito a norma della l. n. 422 del 1909, era tenuto a ricomprendere nella dichiarazione da rendere nell’appalto de quo ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, gli inadempimenti posti in essere nell’ambito di altri affidamenti pubblici da consorziate diverse da quelle indicate per l’esecuzione.
Il primo giudice ha dato al quesito risposta negativa.
La conclusione deve essere confermata.

5. La sentenza appellata ha correttamente rilevato, nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2006, n. 163, la comunanza dei principi regolanti la partecipazione alle gare pubbliche dei consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e i consorzi stabili, e ha sottolineato come, in riferimento ai consorzi stabili, questa Sezione del Consiglio di Stato abbia posto in evidenza la differente posizione che assumono le consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto rispetto alle consorziate non indicate.
In particolare, come rilevato nella decisione della Sezione 26 aprile 2018, n. 2537:
– “ai sensi degli artt. 35-36 d.lgs. n. 163-2006 e 277 del regolamento di esecuzione (d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) il consorzio si qualifica in base al cumulo dei requisiti delle consorziate e tale disciplina si giustifica in ragione del patto consortile che si instaura nell’ambito di un organizzazione stabile, caratterizzato da un rapporto durativo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate e dalla comune causa mutualistica, nell’ambito del quale la consorziata che si limiti a conferire il proprio requisito all’ente cui appartiene non partecipa all’esecuzione dell’appalto, al quale rimane estranea, tant’è che non sussiste alcuna responsabilità di sorta verso la stazione appaltante”;
– “uno statuto ben diverso è invece quello delle consorziate che, al contrario, siano state indicate per l’esecuzione dell’appalto, per le quali è prevista l’assunzione della responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 94, comma 1, del citato d.P.R. n. 207-2010), e nei confronti delle quali la giurisprudenza ha quindi ritenuto applicabili gli obblighi dichiarativi dell’art. 38 d.lgs. n. 163-2006 (come da ultimo ricordato da questa Sezione, nella sentenze 27 aprile 2015, n. 2157 e 9 aprile 2015, n. 1824)”;
– “al consorzio stabile è nondimeno imputabile l’esecuzione delle prestazioni contrattuali dedotte nell’appalto, poiché è esso che stipula il contratto in nome proprio, sebbene per conto delle consorziate, con la conseguenza che ai fini della verifica dei requisiti di qualificazione, atti a comprovare la capacità tecnica e la solidità generale il consorzio può cumulare quelli posseduti dalle imprese consorziate e usufruirne in proprio (principio pacifico presso la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, da ultimo ribadita nelle sentenze della V Sezione, 22 gennaio 2015, n. 244, 19 dicembre 2012, n. 4969; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703)”;
– “nondimeno, il possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 38 cod. contratti pubblici deve comunque essere posseduto dalle imprese consorziate in un consorzio stabile, donde gli obblighi dichiarativi poc’anzi richiamati, al fine di impedire che queste si giovino della copertura dell’ente collettivo, eludendo i controlli demandati alle stazioni appaltanti (ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8; V, 17 maggio 2012, n. 2582; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703). In ragione di ciò si giustifica l’obbligo per il consorzio stabile ai sensi dell’art. 36, comma 5, del previgente codice dei contratti pubblici di ‘indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio concorre’ – come anche per l’art. 37, comma 7, riguardante i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422”.
In conclusione, “le consorziate indicate in un consorzio stabile debbono possedere individualmente i requisiti di partecipazione di ordine generale di cui all’art. 38 d.lgs. n. 163-2006, al fine di evitare che le stesse consorziate possano beneficiare dello schermo costituito dal consorzio per eludere […] la disposizione sostanziale enunciata dal citato art. 38” (Cons. Stato, V, n. 2537/2018).
Quindi, per la giurisprudenza formatasi in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici, quanto ai consorzi stabili, vi è una stretta connessione tra l’obbligo di indicare le consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto e l’individuazione degli obblighi dichiarativi inerenti il possesso dei requisiti generali.
Altrettanto è a dirsi per i consorzi ex lege n. 422 del 1909, come dà atto la decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 8 del 2012 nel rilevare, con specifico riguardo a tali consorzi, che: “mentre i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio (come previsto dall’art. 35 codice appalti), i requisiti generali di partecipazione alla procedura di affidamento previsti dall’art. 38 codice citato devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate; se, infatti, in caso di consorzi, tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti; per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura [Cons. St., sez. V, 15 giugno 2010, n. 3759; Id., sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765; Id., sez. V, 5 settembre 2005, n. 4477; Id., sez. V, 30 gennaio 2002, n. 507]”

6. Più di recente, in specifica relazione ai consorzi di cui alla l. n. 422 del 1909, ancorchè nell’ambito di diversi contesti censori, questa Sezione del Consiglio di Stato con le decisioni 23 novembre 2018, n. 6632 e 28 agosto 2019, n. 5926, ha rilevato che:
– i detti consorzi partecipano alla procedura di gara utilizzando requisiti loro propri, e, nell’ambito di questi, facendo valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative che costituiscono articolazioni organiche del soggetto collettivo, e cioè i suoi interna corporis;
– ciò significa che il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella incaricata dell’esecuzione dei lavori, è tale che l’attività compiuta dalle consorziate è imputata unicamente al consorzio (in termini, Cons. Stato, Ad. plen., 20 maggio 2013, n. 14; V, 17 luglio 2017, n. 3505);
– concorrente è quindi solo il consorzio, mentre non assumono tale veste le sue consorziate, nemmeno quella designata per l’esecuzione della commessa, con la conseguenza che quest’ultima all’occorrenza può sempre essere estromessa o sostituita senza che ciò si rifletta sul rapporto esterno tra consorzio concorrente e stazione appaltante (C.G.A.R.S., 2 gennaio 2012, n. 12; Cons. Stato, VI, 29 aprile 2003, n. 2183);
– la circostanza che anche la consorziata indicata quale esecutrice debba dichiarare il possesso dei requisiti di partecipazione di ordine generale (oltre che speciale), non è idonea a giustificare una diversa conclusione, atteso che il detto possesso è richiesto al solo fine di evitare che soggetti non titolati possono eseguire la prestazione: sicchè la perdita dei requisiti in questione da parte della consorziata esecutrice comporta semplicemente l’onere di estrometterla o sostituirla con altra consorziata, ma non incide sul possesso dei requisiti di partecipazione del consorzio concorrente;
– a differenza di quanto accade con un raggruppamento temporaneo di imprese, i consorzi in parola sono l’unica controparte del rapporto di appalto, sia nella fase di gara che in quella di esecuzione del contratto e, in relazione alle singole consorziate, operano come detto sulla base di un rapporto organico; e proprio tale autonoma soggettività giustifica anche la possibilità di designare una nuova cooperativa come esecutrice, ove per motivi sopravvenuti la prima designata non fosse in condizione di svolgere la prestazione.
Si conferma pertanto che in relazione ai consorzi ex lege n. 422 del 1909 il possesso dei requisiti di partecipazione di ordine generale va rapportato alla consorziata indicata quale esecutrice.

7. Nel contesto così delineato, bene ha fatto il primo giudice a rilevare, in assenza di qualificanti modifiche nella disciplina recata dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 quanto alla partecipazione dei consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della l. n. 422 del 1909 alle procedure pubbliche di affidamento, e segnatamente quanto alla differente posizione che assumono le consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto rispetto alle altre consorziate, che la verifica sul possesso dei requisiti di ordine generale va perimetrata in riferimento esclusivo a queste ultime.

8. Di contro, nessuna delle contrarie osservazioni dell’appellante principale risulta convincente.
8.1. Il Consorzio -Omissis- isola e riconnette alcuni arresti della citata giurisprudenza amministrativa, ovvero che i consorzi di cui trattasi sono gli unici titolari del rapporto con la stazione appaltante e che tra gli stessi e le consorziate sussiste un rapporto organico, e afferma su tale base che gli inadempimenti posti in essere da queste ultime, non quali autonomi soggetti di diritto bensì nella qualità di consorziate indicate in altre procedure pubbliche, sono imputabili direttamente al Consorzio, che dovrebbe pertanto dichiararli ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016.
La tesi non può essere condivisa.
I consorzi in esame hanno soggettività giuridica distinta da quella dei soggetti giuridici che lo compongono (art. 4, l. n. 422 del 1909). Si tratta di un presupposto ben compreso dalla giurisprudenza (Cons. Stato, V, nn. 6632/2018 e 5926/2019, cit.).
Sicchè il fatto che la stessa giurisprudenza abbia sottolineato la valenza di interna corporis (anzi, di una “sorta di interna corporis”, come specifica la decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 14 del 2013) delle consorziate non involve, e non potrebbe del resto involvere, stante la specifica disciplina dei consorzi in parola recata dalla l. n. 422 del 1909, nell’assorbimento della soggettività delle consorziate; questa resta pertanto intatta e produttiva di effetti giuridici e delle connesse responsabilità nei rapporti con i terzi, e non solo laddove esse agiscono in totale autonomia rispetto al consorzio: è infatti evidente che nel consentire la loro partecipazione alle gare il d.lgs. n. 50 del 2016, art. 45, comma 2, lett. b), non ha influito sulla configurazione strutturale di tali consorzi come risultante dalla l. n. 422 del 1909.
Indi, l’affermazione che tra i consorzi di cui trattasi e le consorziate sussiste un rapporto organico è una definizione utile esclusivamente a tipizzare il peculiare modello organizzativo che trapela dalle modalità con cui il Codice dei contratti ha regolato la loro partecipazione alla gara, che li vede, per un verso, beneficiare dei requisiti delle consorziate, per altro verso, concorrere in un ben preciso assetto, che è quello risultante dalla indicazione di cui all’art. 48, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, ferme le modifiche in fase esecutiva nei casi previsti dall’art. 7-bis: tant’è che l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 13 del 2014 ha affermato che in funzione di tale rapporto organico “l’attività compiuta dai soggetti consorziati è imputata organicamente al Consorzio concorrente, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi”, specificando peraltro trattarsi di un rapporto che “consente, in definitiva, al Consorzio concorrente ed aggiudicatario di avvalersi delle prestazioni di un’impresa cooperativa in esso associata e specificamente designata in sede di gara” che “può eseguire i lavori pur essendo priva […] dei requisiti di qualificazione tecnica”, e ciò “si spiega con il favore del legislatore per l’incentivazione della mutualità, favorendo, grazie alla sommatoria dei requisiti posseduti della singole imprese, la partecipazione a procedure di gara di cooperative che, isolatamente considerate, non sono in possesso dei requisiti richiesti o, comunque, non appaiono munite di effettive chances competitive”.
Anche sotto il profilo civilistico, “ai sensi dell’art. 2602 cod. civ., la stipulazione del contratto di consorzio non comporta l’assorbimento delle imprese contraenti in un organismo unitario, deputato allo svolgimento di un’attività rispetto alla quale quella delle singole imprese si ponga in rapporto di mezzo a fine, ma solo la costituzione di una organizzazione comune per la disciplina e per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività, avente quindi essa stessa carattere strumentale rispetto a quella delle imprese consorziate. In tal senso depone non solo la conservazione dell’autonomia delle imprese, rispetto alle quali il consorzio si pone come un distinto centro d’imputazione di rapporti giuridici, dotato di un fondo consortile che rimane sottratto all’aggressione dei creditori particolari dei consorziati (art. 2614), ma anche la presenza di organi consortili distinti da quelli delle singole imprese (art. 2603, comma 1, n. 4) e la configurazione del rapporto intercorrente tra queste ultime ed il consorzio come mandato (art. 2609), il quale postula l’alterità delle rispettive sfere giuridiche, indipendentemente dall’immediatezza dell’imputazione degli effetti degli atti compiuti dal mandatario” (Cass. civ., I, 27 gennaio 2014, n.1636).
Va escluso, pertanto, che l’imputabilità ai consorzi ex lege n. 422 del 1909 dell’attività delle consorziate indicate in sede di gara e la valenza di “sorta di interna corporis” di queste ultime possano essere intese come aspetti del rapporto di immedesimazione organica evocato dalla tesi dell’appellante principale.
8.2. Per le stesse ragioni di cui sopra è irrilevante nella questione qui in esame che l’art. 47 del d.lgs. n. 50 del 2016 preveda la responsabilità solidale del consorzio con la consorziata designata nei confronti della stazione appaltante per gli eventuali inadempimenti posti in essere da quest’ultima.
Basti rilevare, anche al di là delle compiute difese sul punto sviluppate dall’Autorità portuale, che evidenzia il diverso piano su cui si pongono la responsabilità solidale nei confronti della committenza pubblica di cui trattasi, connessa alla natura del consorzio di cooperative e correlata alla garanzia della corretta esecuzione delle obbligazioni contrattuali, e la responsabilità per gli illeciti professionali commessi dalle consorziate in corso di esecuzione, di natura personale, che la predetta responsabilità solidale non cancella l’alterità giuridica del consorzio di cooperative, che resta, pur nel suo ruolo di supporto tecnico, economico e finanziario della consorziata designata per l’esecuzione dei lavori, nel cui interesse ha agito, un “soggetto giuridico a sé stante, distinto, dal punto di vista organizzativo e giuridico, dalle cooperative consorziate che ne fanno parte” (Cons. Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6634).
La responsabilità solidale quindi altro non è che un riflesso del modo con cui il consorzio di cooperative partecipa alla gara, e conferma, piuttosto che contrastare, la conclusione che i centri di imputazione degli effetti giuridici della partecipazione seguita dall’aggiudicazione sono quelli implicati dal fatto che l’esecuzione dell’appalto avviene a opera di altro soggetto da questi espressamente indicato in sede di partecipazione e anche nel suo interesse, e che è dotato di una autonoma soggettività che è valorizzata, e non assorbita, dalla designazione: si tratta, quindi, di “una più incisiva tutela delle situazioni soggettive dell’Amministrazione” (Cass. civ., I, n. 1636/2014, cit.).
8.3. L’appellante sostiene ancora che poiché il consorzio di cooperative nel partecipare alla gara beneficia anche dei requisiti delle consorziate non designate che hanno commesso errori professionali nell’ambito del rapporto organico instauratosi con la designazione, tali errori dovrebbero costituire oggetto di dichiarazione ex art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, anche tenuto conto del fatto che la norma non contiene alcuna distinzione al riguardo.
La tesi va respinta.
Senza discostarsi dal piano astratto sui cui si pone la censura, può rilevarsi che essa costituisce riproposizione, sotto altra veste, della impostazione generale dell’appello principale, che, adombrando che la perimetrazione dell’obbligo dichiarativo alle consorziate designate determini una indebita sottrazione dei consorzi ex lege n. 422 del 1909 agli obblighi dichiarativi, non tiene conto del fatto che la perimetrazione risponde pienamente all’esigenza della stazione appaltante, che è quella di effettuare il controllo di affidabilità sul soggetto cui è effettivamente commessa l’esecuzione dei lavori. Il rilievo si converte pertanto, come bene osservato dal primo giudice, nella prefigurazione di un obbligo dichiarativo dilatato cui non corrisponde alcuna concreta utilità per il soggetto controllante, oltre che in una elisione dello scopo mutualistico tipico dei consorzi, che tende alla messa in comune dei mezzi e non delle carenze dei suoi componenti.

Consorzio – Modifica in corso di gara – Impresa consorziata designata per l’esecuzione – Recesso – Non comporta esclusione (art. 45 , art. 47 , art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 28.08.2019 n. 5926

Va confermato l’orientamento secondo cui il consorzio tra società di cooperative di produzione e lavoro partecipa alla procedura di gara utilizzando i requisiti suoi propri e, nell’ambito di questi, ben può far valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative consorziate, che costituiscono articolazioni organiche del soggetto collettivo (ossia i suoi interna corporis).
Ciò significa che il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella indicata dell’esecuzione dei lavori, è tale che l’attività compiuta dalle stesse è imputata unicamente al consorzio [artt. 45, 47 d.lgs. n. 50/2016].
Sicché – tra l’altro – la sostituzione della consorziata esecutrice è sempre possibile, stante il rapporto organico tra consorziata e consorzio (Consiglio di Stato, sez. V, 17 luglio 2017, n. 3507).
In questi termini, “l’attività compiuta dalle consorziate è imputata organicamente al consorzio, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi, per cui, diversamente da quanto accade in tema di associazioni temporanee e di consorzi stabili, la responsabilità per inadempimento degli obblighi contrattuali nei confronti della p.a. si appunta esclusivamente in capo al consorzio senza estendersi, in via solidale, alla cooperativa incaricata dell’esecuzione” (ex multis, Consiglio di Stato, Ad. plen., 20 maggio 2013, n. 14).

In effetti, a differenza di quanto accade con un raggruppamento temporaneo di imprese, il consorzio di cui trattasi è l’unica controparte del rapporto di appalto, sia nella fase di gara che in quella di esecuzione del contratto e, in relazione alle singole consorziate, opera come già detto sulla base di un rapporto organico; e proprio tale autonoma soggettività giustifica anche la possibilità di designare una nuova cooperativa come esecutrice, ove per motivi sopravvenuti la prima designata non fosse in condizione di svolgere la prestazione.
Sulla base di tali premesse deve dunque concludersi che le eventuali modifiche soggettive di un consorzio di società cooperative, il quale partecipi ad un RTI con altri operatori economici, hanno un rilievo meramente interno al consorzio medesimo e, per tali, non incidono sul rapporto tra quest’ultimo e la stazione appaltante.
Dette modifiche, dunque, non mutano in alcun modo la partecipazione soggettiva del consorzio al raggruppamento temporaneo aggiudicatario. (…)

Non poteva dunque configurarsi alcun vulnus al principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare, né a quello di immodificabilità del raggruppamento temporaneo di imprese.
Deve quindi confermarsi la conclusione cui è giunta l’impugnata sentenza, per cui “concorrente è […] solo il consorzio, mentre non assumono tale veste le sue consorziate, nemmeno quella designata per l’esecuzione della commessa, con la conseguenza che quest’ultima all’occorrenza può sempre essere estromessa o sostituita senza che ciò si rifletta sul rapporto esterno tra consorzio concorrente e stazione appaltante (Consiglio di Stato, 02.01.2012, n. 12; id. 29.04.2003, n. 2183)”, laddove la necessità che anche la consorziata indicata quale esecutrice debba dichiarare il possesso dei requisiti di partecipazione di ordine generale è dovuta “al solo fine di evitare che soggetti non titolati possono eseguire la prestazione”. (…)

Invero, il divieto di modificazione della compagine dei raggruppamenti temporanei di imprese o dei consorzi (nella fase corrente tra la presentazione delle offerte e la definizione della procedura di aggiudicazione) è finalizzato ad impedire l’aggiunta o la sostituzione di imprese partecipanti al Rti o al consorzio, ma non anche a precludere il recesso di una o più di esse, a condizione che quelle che restano a farne parte siano comunque titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che ciò non avvenga al fine di eludere la legge di gara (in termini, Cons. Stato, V, n. 3507 del 2017, cit.).
Ne consegue che l’eventuale venir meno del requisito generale [art. 80, in fase di gara, da parte di una cooperativa consorziata indicata come esecutrice avrà quale unica conseguenza che la consorziata stessa non potrà più eseguire le prestazioni; il consorzio, però, resta in gara, continuando a possedere, quale “concorrente”, i requisiti generali necessari per la partecipazione (e, dunque, per l’esecuzione), rimanendo – come già in precedenza – obbligato nei confronti della stazione appaltante.