Consiglio di Stato, sez. V, 20.03.2023 n. 2790
Va premesso che il potere esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016 ha natura sanzionatoria e afflittiva (come di recente ritenuto con riferimento al potere esercitato dalla stessa Autorità ai sensi dell’analogo art. 38, comma 2, ter del d.lgs. n. 163 del 2006 dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2022, n. 491).
L’irrogazione di una sanzione pecuniaria, dell’interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti in subappalto, nonché dell’iscrizione nel casellario informatico, hanno certamente natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass. SS.UU. 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale della sanzione ai sensi, e per gli effetti, dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed, in particolare, di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteri” affermati dalla Corte EDU,8 giugno 1974, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza Grande Stevens e altri c. Italia, 4 marzo 2014).
Come più volte precisato dalla giurisprudenza amministrativa, in tema di procedimento sanzionatorio, l’intento del Legislatore è quello di assoggettare ad uno statuto unico ed esaustivo (e con un medesimo livello di prerogative e garanzie procedimentali per il soggetto inciso) tutte le ipotesi di sanzioni amministrative. Ai fini del legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge all’ente titolare sono, dunque, immanenti allo specifico settore ordinamentale (in ragione del carattere afflittivo della sanzione e a garanzia dell’incolpato) i principi di proporzionalità e ragionevolezza, che devono essere esplicitati nella motivazione del provvedimento sanzionatorio.
Questa Sezione ha recentemente affermato che “occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo l’esclusione dalle procedure di gara e degli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere, lo si ripete, natura sanzionatoria (in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480)” (v. la già citata Cons. Stato, sez. V, n. 491 del 2022).
Da siffatti rilievi si possono desumere le seguenti conclusioni: a) l’Autorità esercita un potere sanzionatorio di natura discrezionale; b) l’esercizio di tale potere discrezionale impone un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione in termini di dolo o colpa grave.
L’art. 18.1 del Regolamento sull’esercizio del potere sanzionatorio dell’ANAC statuisce, infatti, che: “Il dirigente, acquisiti tutti gli elementi di fatto e valutata la sussistenza o meno dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave e, per i casi di falso, tenuto conto della gravità dei fatti oggetto di falso…”. […]
Questa Sezione condivide le conclusioni a cui è giunto il giudice di prima istanza, il quale ha fondato il decisum sul mancato assolvimento dell’onere motivazionale della delibera impugnata, con riferimento alla omessa illustrazione delle ragioni per cui l’ANAC ha ritenuto sussistere la colpa grave nella condotta della società -OMISSIS- s.r.l., e della omessa pronuncia sulle numerose osservazioni presentate dall’operatore economico volte a rappresentare la scusabilità dell’errore commesso.
Non può predicarsi, come diversamente sostiene l’Autorità appellante, che la motivazione sulla colpa grave possa desumersi implicitamente dalla descrizione della condotta posta in essere dalla società incolpata. E neppure si può tenere conto delle considerazioni espresse dall’Autorità sulla gravità della condotta posta in essere dall’operatore economico, atteso che si consentirebbe, nel corso del giudizio, una inammissibile integrazione postuma della motivazione dell’atto impugnato (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2021, n. 3385).
Invero, il giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione avrebbe imposto la valutazione della sussistenza dell’elemento psicologico della colpa grave in relazione alla ‘gravità’ dei fatti oggetto di falso, tenuto conto dei rilievi difensivi esposti dalla società -OMISSIS- s.r.l.
L’ANAC, stante la natura sanzionatoria del procedimento, e tenuto conto del fatto che nel comminare una sanzione si effettua una valutazione discrezionale, era tenuta a motivare adeguatamente “i profili di gravità dei fatti oggetto di falso ai fini di una declaratoria di gravità della colpa”.
Tale motivazione avrebbe dovuto essere necessariamente correlata con le risultanze dell’istruttoria, stante il legame tra il provvedimento finale e gli esiti procedimentali.
Il Legislatore ha, infatti, posto una corrispondenza biunivoca tra l’istruttoria e la motivazione: le risultanze della prima, che consiste in un momento dinamico della decisione amministrativa, non possono che confluire formalmente nella staticità del provvedimento finale. Tale ‘valutazione’ non può che significare accurata verifica della rilevanza delle osservazioni difensive dell’operatore sottoposto a procedimento sanzionatorio rispetto ai rilievi della contestazione, con specifica menzione delle ragioni che hanno spinto l’Autorità a non accogliere le prospettazioni della società incolpata, quindi anche al solo fine di confutarle, in questo modo assicurando la valenza degli scritti difensivi e del contraddittorio procedimentale, e non esimendosi dal confronto, posto che, in caso contrario, il diritto di difesa della società sanzionata sarebbe totalmente privo di significato e, comunque, privo di qualsiasi vaglio critico.
L’esame delle osservazioni difensive della -OMISSIS- s.r.l. finalizzate a rappresentare l’esimente della buona fede, intesa come errore sulla illiceità del fatto, avrebbe assunto rilievo decisivo, ai fini di un giudizio sulla colpa grave, in presenza di elementi positivi idonei a ingenerare, nell’autore della violazione, il convincimento della liceità del suo operato, ciò anche al fine di accertare se il trasgressore avesse fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto stabilito dalla lex specialis.
7.3. Va, inoltre, evidenziato che il profilo motivazionale della delibera impugnata avrebbe dovuto essere maggiormente approfondito, posto che l’ANAC ha ritenuto di applicare più sanzioni (interdittiva e pecuniaria) alla autrice delle false dichiarazioni, così discostandosi dalla determinazione dell’applicazione di un’unica misura sanzionatoria, sicché sarebbe stato necessario spiegare per quale motivi i parametri che si erano giudicati meritavano un intervento così incisivo.
Non può non rilevarsi che l’applicazione della sanzione pecuniaria, contestualmente alla interdizione per novanta giorni dalla partecipazione alle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto, nonché l’annotazione nel casellario informatico, avrebbero implicato un approfondimento motivazionale sulla valutazione della gravità della condotta, in relazione, come si è detto, al profilo della colpa grave, che necessitava di essere adeguatamente esplicitato, non potendo altrimenti giustificarsi l’utilizzo di tale discrezionalità che, in assenza di idonea argomentazione, ha perso la sua qualità positiva di adattamento della sanzione al caso concreto e, conseguentemente, la sua legittimità.
Una corretta motivazione del provvedimento sanzionatorio avrebbe, altresì, consentito di agevolare il sindacato giurisdizionale, permettendo la verifica della legittimità della valutazione dell’operato dell’amministrazione.