L’appellante lamenta che il grave illecito professionale dovrebbe comunque essere riconducibile ad accadimenti o condotte occorsi nell’ambito dell’esecuzione di contratti. Il T.a.r. avrebbe errato nel ritenere tale collegamento irrilevante o comunque nel ritenere rilevanti anche accadimenti occorsi nella esecuzione di contratti privati.
Il motivo è infondato poiché l’art. 50, lettera c) – nella riformulazione introdotta dall’art. 5 del decreto-legge n. 135 del 2018, convertito nella legge n. 12 del 2019 – (“la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;”) non richiede un siffatto collegamento che caratterizza invece la distinta ipotesi di cui alla lettera c) ter secondo cui le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni “l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa;”. A maggior ragione non rileva che la condotta sintomatica sia emersa nell’ambito dell’esecuzione di un contratto pubblico piuttosto che privato. E’ stato infatti chiarito dalla giurisprudenza di questo Consiglio che la nozione di grave illecito professionale di cui alla citata disposizione, “ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa e non prevede un numero chiuso di gravi illeciti professionali” (cfr. altresì Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503). Deve pertanto essere corretta la motivazione del T.a.r. (che invece afferma la necessità della genesi contrattuale della condotta sintomatica dell’illecito professionale, a prescindere dalla natura pubblica o privata del contratto) nella parte in cui ha ritenuto che: “l’attuale configurazione della disposizione di cui all’art. 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. 15 aprile 2016 n. 16, non impone affatto che il fatto costitutivo dell’illecito debba essere forzatamente riconducibile ad un rapporto contrattuale con una soggetto pubblico, ben potendo derivare da fatti di natura organizzativa o dallo svolgimento di altre tipologie di attività comunque imputabili al concorrente, fossero anche riferibili a rapporti contrattuali di natura privata; ciò è possibile inferire dal tenore della norma in argomento secondo cui va disposta l’esclusione del concorrente ove «…c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità»; nessuna limitazione tipologia esiste in merito alla individuazione dell’illecito professionale che così il legislatore intende rimettere al prudente apprezzamento della stazione appaltante (T.A.R. Lazio Roma , sez. III , 14 agosto 2019 n. 10533); d’altra parte una simile lettura della norma, soffrirebbe dell’obiezione per cui ciò che conta è l’affidabilità del concorrente come impresa in sé, connotazione che ben potrebbe essere messa in discussione da fatti ed evenienze di origine differente dall’area di esecuzione di un contratto pubblico”.
La discrezionalità in ordine al giudizio di integrità dell’operatore economico rinviene il proprio limite, nonché il parametro di giudizio della legittimità del relativo esercizio, nella previsione che la stazione appaltante dimostri la sussistenza del grave illecito professionale, idoneo a compromettere il rapporto fiduciario con l’operatore economico, avvalendosi di mezzi adeguati (Consiglio di Stato sez. V, 30 maggio 2022, n. 4362). Compito dei giudici amministrativi non è stabilire se l’operatore economico abbia ragione o torto nel merito delle singole vicende (se così facesse il Collegio si sostituirebbe ai giudici investiti delle singole controversie). Compito del Collegio è valutare se l’insieme del contegno tenuto dall’operatore economico sia riconducibile alla nozione di grave illecito professionale la cui valutazione ai fini dell’esclusione dalla gara è interamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante (Consiglio di Stato sez. VI, 29 novembre 2022, n. 10483).
21.5. Scontato che, nel caso che qui occupa il Collegio, non vi è stato alcun automatismo espulsivo, nonostante l’appellante abbia ripetuto il contrario più volte sia nell’atto di appello sia nella memoria depositata il 1° dicembre 2023, si tratta di verificare se, nel contesto della valutazione che spettava all’amministrazione, questa ha in concreto dato peso all’omissione di informazioni rilevanti, previste dalla legge e dalla normativa di gara, e, evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità dell’operatore economico nella particolarissima vicenda qui all’esame.
21.6. Tale complessiva valutazione si evince dall’articolato procedimento e dal provvedimento impugnato in primo grado che, pur succintamente motivato sul punto decisivo della vicenda, contiene un giudizio sulla inaffidabilità dell’operatore economico.
21.7. -OMISSIS-, nonostante abbia argomentato diffusamente la propria tesi, omette di considerare che, in coerenza con l’obbligo di mantenere il possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della gara e successivamente alla sua conclusione, sussiste in capo ai concorrenti l’onere di comunicare alla stazione appaltante tutte le vicende attinenti lo svolgimento della propria attività professionale al fine di consentire di valutare la loro eventuale incidenza sulla reale affidabilità, morale e professionale. 21.8. L’omissione di -OMISSIS- è stata particolarmente grave ed è questo il punto decisivo che si evince dal provvedimento della stazione appaltante. La legge di gara, lungi dal prevedere una nuova causa di esclusione, ha semplicemente vincolato la stazione appaltante a connettere un reale peso a informazioni incomplete e condotte reticenti. 21.9. La lex specialis, in altre parole, poneva una regola di condotta che, semplicemente, è riconnessa al dovere di operare in modo leale, evitando comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza. 21.10. Va peraltro osservato che l’amministrazione è mossa, nelle procedure selettive, dal bisogno attuale e concreto di acquisire i servizi di cui necessita; le procedure selettive postulano un dovere particolarmente intenso in capo alle imprese partecipanti di chiarezza e completezza espositiva sia nella presentazione della documentazione volta alla verifica dei requisiti di ordine generale e di ordine speciale sia nella formulazione e presentazione delle offerte. L’operatore economico reticente, oltre a violare i doveri di correttezza e buona fede cui è vincolato, arreca un oggettivo intralcio allo svolgimento della procedura che non può non essere tenuto nella debita considerazione, come in questo caso è avvenuto, dalla stazione appaltante.
21.11. Giustamente, il TAR ha rilevato, senza procedere ad alcuna integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato, quel che era evidente e cioè che -OMISSIS- ha taciuto il rinvio a giudizio dei suoi dirigenti di vertice per ben due volte […].
12. Per quanto concerne poi, la rilevanza temporale dell’illecito professionale, si rileva che nel ricorso di primo grado, non risultano contenute doglianze specifiche relative a tale aspetto.
Ad ogni buon conto, il Collegio condivide quella giurisprudenza amministrativa secondo cui:
– l’illecito professionale configura uno strumento di anticipazione della tutela della posizione contrattuale della committente pubblica rispetto ai possibili rischi di inaffidabilità dell’operatore, ed opera, quindi, a prescindere da un eventuale accertamento definitivo in sede penale, che può anche non sussistere;
– per tale ragione, il dies a quo per il calcolo del termine triennale di rilevanza, ex art. 80, comma 10-bis del d. lgs. n. 50 del 2016, dei fatti di matrice penale, non può essere ancorato alla pronuncia con efficacia di giudicato, bensì al momento in cui gli elementi informativi a disposizione della stazione appaltante siano adeguati alla percezione del fatto ed all’apprezzamento della sua incidenza sulla moralità del concorrente; ascrivere al giudicato penale il decorso del termine triennale di rilevanza determinerebbe infatti l’effetto di estendere a dismisura la valenza dello stesso, anche ben oltre l’effetto di un eventuale giudicato penale, in palese contrasto con i fondamentali principi di proporzionalità e ragionevolezza (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2023, n. 6584);
– in tale ottica, in assenza di un accertamento definitivo, contenuto in una sentenza o in un provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile, per individuare il dies a quo del termine triennale capace di elidere la rilevanza dei fatti determinanti l’impossibilità di contrattare con la Pubblica amministrazione, deve aversi riguardo alla data dell’accertamento del fatto, idoneo a conferire a quest’ultimo una qualificazione giuridica rilevante per le norme in materia di esclusione dalle gare d’appalto e non, dunque, alla mera commissione del fatto in sé (Cons. Stato, Sez. IV, 7 ottobre 2022, n. 8611; cfr. anche il § 39 di Corte Giustizia, sez. IV, 24 ottobre 2018, C- 124/17 nonché Cons. Stato, sez. IV, n. 8563 del 2020).
12.1. Per quanto occorrer possa, è utile anche ricordare che, in linea con tale esegesi, il nuovo Codice dei contratti pubblici, approvato con d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, ha dato rilievo al “fatto processuale” quale adeguato mezzo di prova dell’illecito professionale (cfr. art. 98, comma 6 lettere g) e h), in relazione al comma 3 e all’art. 95, comma 1 lettera e).
10. In premessa, si rileva che il provvedimento impugnato è stato adottato ai sensi del combinato disposto degli artt. 95, comma 1 lett. e) e 98 del D.lgs. n. 36/2023, ritenendosi integrato un grave illecito professionale da parte degli operatori in relazione alla già ampiamente descritta vicenda che ha condotto all’adozione del provvedimento di risoluzione del precedente contratto disposta con il -OMISSIS-, per i medesimi lavori e il medesimo Lotto per cui è oggi causa.
La causa di esclusione non automatica, nella sistematica del nuovo Codice dei Contratti, è dunque riconducibile alla sussistenza di un grave illecito professionale, che è da considerarsi integrato, ai sensi del nuovo art. 98, comma 2 del Codice, allorquando ricorrano le seguenti condizioni:
(i) elementi sufficienti ad integrare il grave illecito professionale;
(ii) idoneità del grave illecito professionale ad incidere sull’affidabilità e integrità dell’operatore; (iii) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6.
Per quanto qui rilevante, nell’ambito dell’elencazione tassativa di cui all’art. 98, comma 3 del Codice, si desume l’illecito professionale, ai sensi della lett. c), dalla “condotta dell’operatore economico che abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento (…)”, costituendo adeguato mezzo di prova, nell’elenco di cui al comma 6, proprio “l’intervenuta risoluzione per inadempimento” (lett. c). Premessa perciò, ai sensi della nuova disciplina e superando la previgente impostazione, la necessaria sussistenza di una delle fattispecie espressamente previste come tassative per configurare un grave illecito professionale, nonché la necessaria prova di esse con uno dei mezzi tassativamente indicati dal comma 6, non è invece mutata l’impostazione in ordine alla natura del potere dell’amministrazione di valutazione circa l’idoneità dell’illecito professionale ad incidere sull’affidabilità dell’operatore economico. In continuità con gli approdi giurisprudenziali maturati nella vigenza del vecchio Codice dei contratti pubblici, l’esclusione conseguente alla valutazione di inaffidabilità dell’operatore, dovuta alla commissione di gravi illeciti professionali, è una sanzione la cui operatività, lungi dall’essere rimessa a rigidi automatismi, è piuttosto legata alla valutazione discrezionale della stazione appaltante. Sotto questo profilo vale osservare però, per quanto rilevante nel presente giudizio, che il nuovo Codice dispone, all’art. 98, comma 4, che, quanto agli elementi costituenti un grave illecito professionale, “la valutazione di gravità tiene conto del bene giuridico e dell’entità della lesione inferta dalla condotta integrante uno degli elementi di cui al comma 3 e del tempo trascorso dalla violazione (…)”, e all’art. 98, comma 7, circa i mezzi di prova di cui al comma 6, prevede che l’amministrazione motiva “sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”. Tali indicazioni costituiscono, evidentemente, in senso innovativo, i parametri esterni di valutazione della legittimità dell’esercizio del potere discrezionale della stazione appaltante per come esternato nella motivazione.
Ciò posto, in relazione al sindacato giurisdizionale sulla valutazione di inaffidabilità si è anche di recente ribadito che “è la stazione appaltante a fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente perché è ad essa che è rimesso il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un grave illecito professionale” (Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2024, n. 1804; cfr. altresì Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 72, che richiama sul tema Cass., SS.UU., 17 febbraio 2012, n. 2312). Rispetto a tale valutazione, il sindacato del giudice amministrativo è circoscritto al rilievo di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, contraddittorietà, erroneità e irragionevolezza della ridetta valutazione: “il Giudice non è chiamato, dunque, a stabilire se l’operatore economico abbia ragione o torto nel merito delle singole vicende, bensì a valutare se la condotta dell’operatore economico sia riconducibile alla nozione di grave illecito professionale, la cui valutazione ai fini dell’esclusione dalla gara è interamente rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante” (Consiglio di Stato, sez. VI, 29 novembre 2022, n. 10483).
Sotto questo profilo, il Collegio ritiene di dover evidenziare altresì come la valutazione di inaffidabilità di un operatore economico si colori di particolare pregnanza nella vigenza del nuovo Codice dei Contratti.
Invero, sotto il profilo semantico, il concetto stesso di “affidabilità” si predica riguardo a qualcuno che sia meritevole di “fiducia”, riflettendosi questo aspetto, perciò, sotto il profilo giuridico, nella lettura e interpretazione dell’art. 98 del Codice alla luce del generale Principio della fiducia, innovativamente introdotto all’art. 2 del D.lgs. n. 36/2023, con particolare riferimento al comma 2, ove si dispone che “il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”.
E dunque, in coerenza con la funzione interpretativa del principio in parola, sancita dall’art. 4 del Codice (“le disposizioni del codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1, 2 e 3”), non può che concludersi nel senso che esce rafforzata l’autonomia decisionale dell’ente in relazione all’esercizio del potere di esclusione dell’operatore economico per inaffidabilità, profilo questo che impinge proprio e direttamente nel rapporto di fiducia che deve necessariamente intercorrere tra stazione appaltante e appaltatore.
La discrezionalità dell’amministrazione sotto questo profilo è dunque particolarmente pregnante, ravvisandosi, come visto, i limiti per essa, nelle declinazioni specifiche di cui al citato art. 98, disposizione che circoscrive le fattispecie rilevanti di illecito professionale, i mezzi di prova adeguati e gli oneri motivazionali, con richiamo agli elementi specifici, cui è tenuta l’amministrazione, oltre che ai principi generali di logicità e congruità.
L’interpretazione ora esposta, ad avviso del Collegio, individua perciò, rispetto all’esclusione per grave illecito professionale ex artt. 95 e 98 del Codice, il corretto punto di caduta tra “il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36/2023, [che] porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile”, e la circostanza per cui “tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento” (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 12.12.2023, n. 3738).
9.2. Relativamente alle suddette circostanze può rilevarsi che:
– la valutazione tecnico-discrezionale dell’affidabilità del singolo operatore economico è rimessa all’Amministrazione ed in assenza di profili di manifesta irragionevolezza, erroneità od inattendibilità, non riscontrabili nel caso di specie, non è sindacabile (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. III, 7 dicembre 2020, n. 7730);
– la contestazione in giudizio di una risoluzione anticipata di un precedente contratto non impedisce alla stazione appaltante di valutare la circostanza ai fini dell’affidabilità dell’impresa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24 marzo 2022, n. 2154);
– il tema del superamento del limite triennale di rilevanza degli illeciti è già stato affrontato al paragrafo 3.2. della citata sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS- con una conclusione che forma ormai oggetto di giudicato;
– la rilevanza del pregresso adempimento è stata adeguatamente motivata dal RUP soprattutto in relazione all’incidenza sull’affidabilità dell’impresa della mancata notifica del subappalto;
– la sentenza del Tar Lazio n. -OMISSIS- relativa all’impugnazione dell’annotazione Anac ha ritenuto legittima la stessa salvo che per la mancata indicazione della pendenza del giudizio civile.
10. Quanto all’altra causa di esclusione, cioè il provvedimento del Comune di Lucca del 2015 di revoca dell’aggiudicazione, la stessa deve ritenersi anch’essa fondata, non potendosi convenire con la tesi di parte appellante secondo cui, non essendo stata avviata l’esecuzione del relativo contratto, non sarebbe configurabile quale ipotesi di grave illecito professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. e) del codice.
10.1. In via generale, va ricordato che in materia di gare pubbliche, la nozione di grave illecito professionale di cui alla citata disposizione, ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa e non prevede un numero chiuso di gravi illeciti professionali (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503).
10.2. Anche la revoca dell’aggiudicazione può quindi ritenersi idonea ad incidere sul rapporto di fiducia, tenuto conto che le condotte rilevanti ai fini dell’illecito professionale possono essere intervenute non solo nella fase di esecuzione del contratto, ma anche in fase di gara (cfr. Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, 30 aprile 2018, n. 252). 10.3. Nella vicenda in esame, la revoca è stata disposta in ragione della mancata sottoscrizione del contratto imputabile all’aggiudicataria (il provvedimento è stato poi confermato nella sua legittimità anche dalla sentenza di questa Sezione n. 5244 del 2017), cosicché la stazione appaltante, con adeguata motivazione, l’ha ritenuta una circostanza che integrasse il grave illecito professionale (cfr. in un caso analogo Consiglio di Stato, sez. V, 22 luglio 2019 n. 5171). 10.4. In ordine poi all’irrilevanza della commessa oggetto di revoca, non può ritenersi fondato l’assunto che lega il tema dell’affidabilità all’entità della gara, tenuto conto che se ciò fosse vero si opererebbe una illegittima elusione della specifica disciplina che impone una valutazione congrua di qualunque elemento rilevante ai fini dell’affidabilità professionale.
11. E’ infine non rilevante l’ultimo profilo di censura relativo all’errata applicazione della lett. e) del comma 5 dell’art. 80 del codice (mancata spiegazione nel provvedimento di esclusione della condotta distorsiva della concorrenza). Tale disposizione è stata richiamata solo formalmente nello stesso provvedimento lasciando inalterata la prevalenza dei profili sostanziali che hanno giustificato l’esclusione.
In particolare, la giurisprudenza ha statuito che l’esistenza di un’indagine penale non implica, di per sé, la sottrazione al dovere di ostensione di tutti gli atti o provvedimenti che in qualsiasi modo possano risultare connessi coi fatti oggetto d’indagine, atteso che solo gli atti per i quali è stato disposto il sequestro e quelli coperti da segreto sono sottratti al diritto di accesso. Una volta che i documenti sono stati trasmessi alla competente Procura della Repubblica, non sono perciò stesso coperti da segreto istruttorio, ex art. 329 c.p.c. (salvo specifico provvedimento di secretazione), atteso che gli atti posti in essere da una Pubblica Amministrazione nell’ambito della sua attività istituzionale sono atti amministrativi, anche se riguardanti lo svolgimento di attività di vigilanza, controllo e di accertamento di illeciti, e rimangono tali pur dopo l’inoltro di una denunzia all’autorità giudiziaria (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 gennaio 2021, n. 770).
5.- Nel caso di specie, anche a fronte di una chiara determinazione già assunta sulla vicenda in esame da questo TAR con la sentenza n. 385/2023, non si rinviene una specifica motivazione da parte della Procura circa la sussistenza di specifiche ipotesi di esclusione, ovvero in relazione alla pendenza di indagini penali in corso, essendosi la stessa limitata ad invocare la natura riservata degli atti oggetto della richiesta, relativi alla sussistenza di cointeressenze con soggetti per i quali sussisterebbero le controindicazioni che hanno motivato l’esclusione disposta con decreto del Procuratore della Repubblica del 20 giugno 2022, n. 213.
Né d’altronde emergono fatti o elementi sopravvenuti tali da comportare una rimeditazione dell’indirizzo espresso con la menzionata sentenza 385/2023 di questa Sezione.
Dall’esame dei provvedimenti di esclusione e di diniego di accesso emerge, invero, che le notizie in questione siano state acquisite dalla Procura nell’ambito delle verifiche sull’affidabilità degli operatori economici invitati alla procedura negoziata in corso e, quindi, non nella veste di Ufficio Giudiziario inquirente.
Ne consegue che la posizione dell’Amministrazione può essere assimilata a quella di una qualsiasi stazione appaltante che ha raccolto notizie di illeciti (anche penalmente rilevanti) poi trasmesse all’autorità giudiziaria, per le quali può riconoscersi il diritto di accesso dell’interessato, non ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 24 della legge n. 241 del 1990 e all’art. 329 c.p.p., finalizzata alla tutela delle indagini penali.
Come correttamente rilevato anche dal TAR Lombardia nella sentenza gravata, per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’illecito professionale è rinvenibile ogni qual volta si verifichino fatti tali da porre in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, in base ad una valutazione discrezionale che è rimessa alla stazione appaltante; tale valutazione, pertanto, è soggetta al controllo e al sindacato giurisdizionale nei limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 14 dicembre 2022, n. 10936). Va poi ricordato che, secondo la giurisprudenza, nella valutazione del grave errore professionale, tale da condurre all’esclusione del concorrente dalla gara, la stazione appaltante deve compiere una complessa verifica articolata su due livelli: deve innanzitutto qualificare il comportamento pregresso tenuto dall’operatore economico, come idoneo ad incrinare la sua affidabilità ed integrità nei rapporti con l’Amministrazione; una volta decretata la qualificazione negativa di tale operatore sulla base della condotta pregressa, la stazione appaltante deve verificare se tale giudizio negativo sia predicabile, a livello prognostico, anche in merito alla procedura di gara in questione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 maggio 2022, n. 4362; id 8 gennaio 2021, n. 307; id. 13 maggio 2021, n. 3772).
In altre parole, la valutazione “in astratto” dell’affidabilità ed integrità dell’operatore economico, fondata sul solo fatto storico, deve essere declinata “in concreto”, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto che caratterizzano la fattispecie in esame, tra le quali rientrano anche le misure di self cleaning nel frattempo assunte dall’operatore economico.
[…]
Di fronte a tale valutazione, non connotata da evidenti elementi di illogicità, irragionevolezza o erroneità né da profili di omissione o carenza istruttoria, le deduzioni dell’appellante si risolvono nel sollecitare un non consentito riesame delle risultanze istruttorie esaminate dalla stazione appaltante con sovrapposizione di una nuova – e, in tesi, difforme – valutazione giudiziale a quella operata dall’Amministrazione, tenuto conto dell’ampia discrezionalità che connota quest’ultima e della conseguente limitazione del sindacato giurisdizionale alla semplice “non pretestuosità” degli elementi valorizzati ai fini dell’espressione del relativo giudizio (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 21 aprile 2022, n. 3051; id., 27 ottobre 2021, n. 7223; id., 3 giugno 2021, n. 4248).
8.1. Come recentemente chiarito dalla giurisprudenza, per integrare un illecito professionale rilevante al fine dell’esclusione da una procedura di gara, “da un lato occorre che il comportamento pregresso assuma la qualificazione oggettiva di comportamento in grado d’incrinare l’affidabilità e integrità dell’operatore nei rapporti con l’amministrazione (…) dall’altro, il fatto così qualificato va messo in relazione con il contratto oggetto dell’affidamento, così da poter declinare in termini relativi e concreti la nozione d’inaffidabilità e assenza d’integrità, ai fini della specifica procedura di gara interessata” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, n. 307/2021).
8.2. Ciò posto osserva il Collegio che la vicenda sottesa all’ordinanza del Tribunale di Venezia del 24.3.2020 ha ad oggetto una controversia tra parti private che non riguarda prodotti offerti in sede di gara ed è pertanto inidonea ad incidere sull’affidabilità morale e professionale della società aggiudicataria al fine di configurare un grave illecito professionale, incidente sulla veridicità di quanto dichiarato dalla predetta società nella domanda di partecipazione.
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