Il presente ricorso è anzitutto tempestivo, alla luce delle seguenti considerazioni.
L’art. 120 c.p.a. così recita:
“il termine decorre, per il ricorso principale ed i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 90 del D.Lgs 36/2023 oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione per tutti i concorrenti non esclusi, ai sensi dell’art. 36, commi 1 e 2, del medesimo codice dei contratti pubblici”.
La lettura interpretativa dei prefati incisi testuali conduce ad ipotizzare l’enucleazione di due fattispecie differenti, poste in relazione di applicabilità antitetica, peraltro avvalorata dalla presenza, nella cornice dispositiva, della stessa congiunzione “oppure”.
In virtù del predetto inciso, la decorrenza del termine per ricorrere si atteggia diversamente, a seconda della diversa fattispecie che viene in rilievo, che si tratti di ricezione della comunicazione ex art. 90 oppure della messa a disposizione degli atti ex art. 36, mediante la procedura dell’accesso. A questo punto soccorrono le regole cardine della pienezza conoscitiva strumentali all’inviolabilità del diritto di difesa, costituzionalmente tutelato. Per cui, laddove la comunicazione degli esiti di gara ex art. 90 abbia esaustivamente soddisfatto l’interesse sostanziale conoscitivo e non si intenda attendere la messa a disposizione per tutti i concorrenti non esclusi, allora opera il tradizionale termine decadenziale dei trenta giorni ai fini dell’esperibilità del ricorso avverso gli atti di gara. Allorchè, invece, la conoscenza di atti ulteriori e diversi assurga a condizione ineludibile per poter acquisire una pienezza conoscitiva, rintracciabile mediante l’istituto dell’accesso formale, allora si applica la logica della dilazione temporale con un’estensione fino ai 45 giorni.
Del resto, questo assunto risponde alle recenti ricostruzioni giurisprudenziali in materia.
Il T.A.R. Catania, sez. IV, 08/04/2024, n. 1339, cosi sostiene: “il Collegio richiama gli esiti a cui è giunta la giurisprudenza amministrativa, dopo la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12/2020, la quale ha chiarito, per quanto qui d’interesse, che la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la dilazione temporale del termine per notificare il ricorso giurisdizionale quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta; in altri termini, la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la dilazione temporale solamente quando la conoscenza dei documenti richiesti sia necessaria per formulare i motivi di ricorso, mentre quando detta conoscenza non sia necessaria il ricorso deve essere notificato nel termine ordinario di 30 giorni”.
In senso analogo, Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882, ha affermato che: “nelle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici, l’individuazione della decorrenza del termine per ricorrere dipende, in linea di principio, dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla informazione ed alla pubblicizzazione degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una richiesta scritta.
La proposizione dell’istanza d’accesso agli atti di gara comporta, invece, una dilazione temporale del termine per ricorrere, allorchè i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta. A fronte di una tempestiva istanza d’accesso, formulata entro 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il termine per proporre ricorso (il cui dies a quo coincide con la data di comunicazione del provvedimento d’aggiudicazione ex art. 120, comma 5, c.p.a.), viene incrementato nella misura di 15 giorni, così pervenendo a un’estensione complessiva pari a 45 giorni. Nell’evenienza in cui, invece, l’amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso oppure impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti”.
Ed invero, traslando le coordinate normative ed ermeneutiche nella fattispecie in esame, il Collegio ravvisa la tempestività del presente gravame, atteso che la conoscenza degli atti ulteriori e diversi, richiesti con l’istanza di accesso, era necessaria ai fini della prospettazione dei motivi di ricorso.
Lo stato degli atti è chiaro in tale senso.
Nell’istanza di accesso del 26.03.2024, si rimarca che “la stazione appaltante, con la comunicazione di aggiudicazione, ha inserito il solo link per consultare i verbali di gara, senza consentire la visualizzazione dell’offerta dell’aggiudicatario (documentazione amministrativa, offerta tecnica ed offerta economica)”.
La predetta istanza riguarda l’ostensione dell’“offerta integrale dell’aggiudicatario, gli atti di verifica del costo della manodopera e documentazione relativa alla verifica dei requisiti ai fini della dichiarazione di efficacia”.
La richiesta ostensiva era presentata il 26.03.2024, entro 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, ex art. 90 D.Lgs. 36/2023, datata il 19.03.2024.
Il 23.04.2024, era trasmessa la documentazione richiesta.
Il 23.05.2024 era notificato il ricorso.
Tanto basta per ammettere la dilazione temporale dei 45 giorni.
Nel merito, la disciplina dell’accesso agli atti di gara è contenuta negli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 36 del 2023 (Codice dei contratti). In particolare, all’art. 36 si prevede che, contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90, l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi.
Pertanto, la stessa necessità di una richiesta di accesso non dovrebbe trovare luogo in base all’assetto voluto dal Codice dei contratti vigente, essendo automaticamente riconosciuto a chi partecipa alla gara e non ne è “definitivamente” escluso, di accedere in via diretta, non solo a “documenti” (offerta dell’aggiudicatario, verbali di gara e atti), ma anche “ai dati e alle informazioni” inseriti nella piattaforma ex articolo 25 del Codice, e ciò a partire dal momento della comunicazione digitale dell’aggiudicazione.
Peraltro, agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, viene riconosciuto, dal comma 2 dell’articolo 36, un diritto di accesso ancor più “ampio” perché ad essi sono resi “reciprocamente disponibili”, attraverso la stessa piattaforma, non solo gli “atti” di cui al comma 1, ma anche le offerte dagli stessi presentate (in particolare, quelle del secondo, terzo, quarto e quinto, la prima essendo conoscibile da tutti).
Sempre nell’art. 36, al comma 3 (da leggersi unitamente al comma 3 dell’art. 90), si prevede che nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui all’art. 90, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di “parti” delle offerte in ragione della sussistenza di segreti tecnici o commerciali.
Pertanto, una volta intervenute l’aggiudicazione e, ai sensi dell’art. 90, la comunicazione digitale della stessa: – tutti i partecipanti non esclusi in modo definitivo dalla gara possono accedere, “direttamente, mediante piattaforma”, a tutto ciò (offerta dell’aggiudicatario, verbali, atti, dati e informazioni, ad eccezione delle offerte dei quattro operatori successivi al primo in graduatoria) che ha rappresentato un passaggio della procedura presupposto all’aggiudicazione medesima; – i primi cinque concorrenti in graduatoria hanno diritto ad accedere “direttamente mediante piattaforma” anche alle reciproche offerte, fatto salvo il caso in cui vi siano stati degli “oscuramenti”, da parte della P.A.; – l’eventuale oscuramento deve essere conseguenza di una specifica richiesta dell’operatore offerente, corredata da una dichiarazione “motivata e comprovata” in ordine alla sussistenza di segreti tecnici e commerciali; in secondo luogo, sia che tale richiesta sia stata accolta, sia che sia stata respinta, la stazione appaltante nella comunicazione dell’aggiudicazione deve puntualmente dar conto della propria decisione e della motivazione sottesa. Deve infine ritenersi che l’accesso alle parti oscurate può e deve essere comunque consentito, qualora esso sia “indispensabile” ai fini della difesa in giudizio degli interessi giuridici dell’operatore economico interessato, come rappresentati in relazione alla procedura di gara.
Ora, nel caso di specie, la dedotta “assenza nel Sistema Dinamico di Acquisizione della funzionalità che consente di rendere disponibili i documenti previsti dai commi 1 e 2 dell’articolo 36 del D. Lgs. n. 36/2023” non può certo esimere l’amministrazione dal detto dovere di trasparenza, potendo essa comunque inviare la detta documentazione al domicilio digitale degli operatori economici, senza necessità di una apposita istanza in tal senso.
Pertanto, la pretesa della ricorrente ad ottenere l’accesso a tutta la documentazione di gara (amministrativa, tecnica ed economica) è fondata e deve trovare soddisfazione, potendo la sottrazione all’accesso riguardare i soli contenuti dell’offerta rispetto ai quali siano state motivatamente riconosciute ragioni di segretezza, mentre la restante documentazione di gara rimane attratta entro l’ampio diritto d’informazione spettante ai primi cinque classificati – o, come in specie, agli operatori utilmente collocati in graduatoria in numero inferiore a cinque – riconosciuto dall’art. 36, comma 2, del d.lgs. 36/2023, fatti salvi i limiti indicati nell’art. 35 del Codice (che allo stato non sembrano venire in considerazione).
Quanto alla posizione della controinteressata e all’interesse alla riservatezza, tutelato mediante il suo coinvolgimento procedimentale, anche a prescindere dalla prevalenza dell’interesse difensivo (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, IV, 7 aprile 2023, n. 2176; id. III, 19 dicembre 2022, n. 7905; T.A.R. Campania, Salerno, II, 6 luglio 2020, n. 827; da ultimo, T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. IV, 11 marzo 2024, n. 955; T.A.R. Napoli, IV Sez, 5 aprile 2024, n. 2228), deve osservarsi che l’opposizione formulabile in sede procedimentale – nonostante l’irrituale riferimento ad una sorta di “autorizzazione” piena all’ostensione contenuta nella più volte citata nota della Stazione appaltante n. 20903 del 18 aprile 2024 – non può essere generica, ma deve essere volta a rappresentare esigenze di segretezza tecnica o commerciale che sono meritevoli di tutela solo per le singole informazioni sottoposte a tutela brevettuale o a privativa industriale o commerciale, che siano puntualmente e motivatamente indicate dall’impresa controinteressata (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 24 gennaio 2022, n. 145; cfr. T.A.R. Bologna, Sez. II, 1 marzo 2023, n. 111), spettando al concorrente che si oppone all’accesso di indicare le parti dell’offerta che contengano segreti tecnici o commerciali, con una motivata e comprovata dichiarazione, secondo l’espressa previsione del citato art. 53 del D.Lgs. n. 50 del 2016 (cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 febbraio 2021, n.1437; T.A.R. Lombardia, Milano, sezione prima, 7 marzo 2022, n. 543).
In ogni caso, resta comunque fermo l’onere della stazione appaltante di valutare motivatamente le argomentazioni offerte ai fini dell’apprezzamento dell’effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza (Cons. Stato, sez. III, 1 agosto 2022, n. 6750), tenendo conto che, se non risulta puntualmente comprovata la sussistenza di detti segreti, riprendono vigore i generali principi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa (sotto questo profilo, appare significativo in relazione alla vis espansiva della trasparenza anche nella materia dei contratti pubblici che il comma 6 dell’art. 36 del D.lgs 36/2023 consente alla stazione appaltante o all’ente concedente di segnalare all’Anac eventuali comportamenti elusivi degli operatori economici che reiterano continue richieste di oscuramento in assenza di reali rischi per i propri segreti tecnici e commerciali “nel caso di cui al comma 4 la stazione appaltante o l’ente concedente può inoltrare segnalazione all’ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall’articolo 222, comma 9, ridotta alla metà nel caso di pagamento entro trenta giorni dalla contestazione, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento”; su tali principi, si richiama anche ex art 88 comma 2 lett. d, il precedente della Sezione, 3 luglio 2024, n. 4092, anche per la giurisprudenza ivi citata “(cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, IV, 7 aprile 2023, n. 2176; id. III, 19 dicembre 2022, n. 7905; T.A.R. Campania, Salerno, II, 6 luglio 2020, n. 827; da ultimo, T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. IV, 11 marzo 2024, n. 955; T.A.R. Napoli, IV Sez, 5 aprile 2024, n. 2228)”.
Nel caso di specie, non risulta comprovata l’esistenza di segreti tecnici e commerciali, avendo la controinteressata opposto generiche ragioni ostative, che peraltro attenevano ai presupposti legittimanti l’accesso da parte della odierna ricorrente. Le ragioni di riservatezza tecnica avrebbero dovuto invece essere supportate da una motivazione pertinente e da elementi specifici e in ogni caso avrebbero dovuto essere oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante che invece, dapprima, ha inoltrato alla controinteressata l’istanza di accesso sollecitando una generica “autorizzazione” all’ostensione; e, successivamente ricevuta l’opposizione della controinteressata, si è astenuta da ogni decisione in merito, con la conseguente formazione del silenzio-diniego.
In conclusione, deve pertanto ritenersi che la stazione appaltante deve essere condannata alla ostensione integrale della documentazione richiesta dalla ricorrente, nel termine di 30 giorni, decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte, se anteriore, della presente sentenza.
Quanto al profilo della rituale proposizione, occorre considerare che, come ammesso dalla ricorrente, “con provvedimento prot. n. 0153814 del 24.4.2024 (…), pubblicato sulla piattaforma telematica di e-procurement della Centrale di Committenza (…) in data 29.4.2023 [ 29.4.2024 ndr ], il Responsabile Investimenti Pubblici di -OMISSIS- approvava quindi la proposta di aggiudicazione del servizio di mappatura messo a gara in favore di -OMISSIS- formulata dal Responsabile Unico del Progetto”; e, come pure espresso dalla ricorrente, “solo in data 20.5.2024 (…), e a seguito di istanza di accesso agli atti formulata da -OMISSIS- (…), Invitalia rendeva disponibile sulla piattaforma telematica InGaTe copia della documentazione tecnica, amministrativa ed economica presentata da -OMISSIS- e dal R.T. -OMISSIS- ai fini della partecipazione alla procedura di gara” (cfr. pag. 5).
Ora, è noto che ad avviso della giurisprudenza, in relazione alla disciplina di cui all’art. 76, comma 2 del (previgente) d.lgs. 50/2016, “quanto all’esatto computo dei termini decadenziali va rilevato in generale che: a) il termine di trenta giorni per impugnare l’aggiudicazione decorre dalla data della sua comunicazione o pubblicazione sull’albo pretorio on line della stazione appaltante; b) considerata la “dilazione temporale” di 15 giorni, praticata sulla base della presentazione di una istanza di accesso agli atti, è consentita la notifica del ricorso entro 45 giorni dalla pubblicazione dell’aggiudicazione” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 8 novembre 2023, n. 9599); e ciò in linea con le statuizioni dell’Adunanza plenaria 2 luglio 2020, n. 12.
Non a caso, tale pronuncia – che, ove accreditata ai fini del decidere, comporterebbe la rituale proposizione del ricorso – ha riguardato una procedura di evidenza pubblica regolata (a differenza della procedura oggetto del contendere) dal previgente codice.
Nondimeno, la disciplina della procedura odiernamente controversa ha previsto che “il disciplinare di gara (…) costituisce parte integrante e sostanziale del bando di gara (…) con cui è stata indetta la presente procedura, alla quale è applicabile il d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (…), salvo nelle parti in cui è ancora applicabile il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ai sensi dell’articolo 225 del Codice dei Contratti” (art. 1 del disciplinare di gara).
Proprio in tema di accesso agli atti, il nuovo codice ha introdotto una disposizione inedita, l’art. 35, che al comma 1 prevede che “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano in modalità digitale l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”. Di conseguenza, nella specie non è applicabile l’art. 76, comma 2 del (previgente) d.lgs. 50/2016 (“su richiesta scritta dell’offerente e del candidato interessato, l’amministrazione aggiudicatrice comunica immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta”), disposizione abrogata dal nuovo codice dei contratti pubblici: il che rende, parimenti, inapplicabile il peculiare termine di proroga del termine impugnatorio elaborato dalla giurisprudenza, nei termini sopra indicati. Nella specie, l’istanza di accesso ai documenti è stata presentata dalla ricorrente in data 30.4.2024 (cioè il giorno successivo alla pubblicazione della graduatoria sulla piattaforma di gara) e la stazione appaltante ha riscontrato tale istanza in data 20.5.2024, cioè, comunque, abbondantemente entro la scadenza (29.5.2024) del termine impugnatorio di 30 giorni dalla comunicazione ai sensi dell’art. 90 del d.lgs. 36/2023 (e non ai sensi dell’art. 76 del d.lgs. 50/2016) sulla propria piattaforma telematica. Ma il ricorso è stato, però, notificato in data 14.6.2024: si tratterebbe di un ricorso tempestivo sotto il vigore del previgente codice dei contratti, ma sotto il vigore del vigente d.lgs. 36/2023 è da ritenere tardivo.
L’imparzialità di una procedura diretta alla conclusione di un contratto ad evidenza pubblica necessita di specifiche garanzie dirette ad assicurarne la trasparenza.
L’esigenza di trasparenza delle procedure di contrattazione pubblica e la garanzia del diritto di accesso ai relativi atti dovrà essere tuttavia venire contemperata con una esigenza di carattere diverso ed in un certo senso antitetico costituita dal diritto alla riservatezza di coloro che comunque siano stati coinvolti nella procedura di contrattazione pubblica .
Nella legislazione vigente le disposizioni dirette alla regolamentazione del rapporto tra diritto di accesso e quello alla riservatezza sono attualmente contenute negli articoli 35 e 36 del d.lgs. 31 marzo 2024 n. 36 (di seguito anche “Codice dei contratti pubblici“).
Iniziando con l’analisi del comma 1 dell’art 35 del Codice dei contratti pubblici, esso prevede un generale diritto di accesso agli atti relativi ad un procedura ad evidenza pubblica e ad essere garanti di quello che è un vero e proprio diritto saranno le stazioni appaltanti e gli enti concedenti. Tali organismi infatti dovranno assicurare anche in modalità digitale la facoltà di potere accedere agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici mediante acquisizione diretta dei dati contenuti nelle piattaforme di approvvigionamento digitale.
Si tratta di un obbligo di carattere generale che tuttavia in pendenza di esigenze di carattere specifico può trovare limitazioni.
Il diritto di accesso infatti sarà differito od addirittura escluso qualora ricorrano determinate situazioni secondo quanto previsto dai commi 2 e 4 dell’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023.
Al comma 2 sono previste una serie di fattispecie diversificate a seconda della situazione concreta.
Nel caso in cui una di esse si configuri il diritto di accesso sarà differito sino al verificarsi di una seconda situazione indicata dalla stessa norma.
Ad esempio la fattispecie prevista dal comma 2 lett. a) dell’art. 35 del Codice che ha riguardo le procedure aperte, dispone che in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte il diritto di accesso debba ritenersi differito sino alla scadenza del termine per la presentazione delle stesse.
Ulteriori limitazioni per il diritto di accesso vengono previste dal comma 4 dell’art. 35 del Codice, che a differenza di quelle contenute nel comma 2 riguardano specifici atti dei quali viene esclusa la conoscibilità. Si tratta dei pareri legali ovvero delle relazioni del direttore tecnico dei lavori dei quali viene esclusa la conoscibilità da parte dei terzi.
Sin qui le limitazioni al diritto di accesso ma, accanto a tali fattispecie dirette ad operare in settori specifici, la normativa prevede con il comma 3 dell’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 anche un divieto generale di esercizio del diritto d’accesso sino alla conclusione delle fasi della procedura di evidenza pubblica.
La norma prosegue con una indicazione circa gli effetti di una violazione al divieto di ci sopra, nel caso infatti in cui la condotta venga posta in essere da parte di un pubblico ufficiale ovvero da un incaricato di pubblico servizio troverà applicazione l’art. 326 c.p. (Rivelazione od utilizzazione di un segreto).
In relazione all’accessibilità delle procedure di evidenza pubblica assume una grande importanza anche quanto previsto dal comma 1 dell’art. 36 del Codice dei contratti pubblici ossia uno specifico obbligo di comunicazione avente ad oggetto numerosi elementi relativi alla procedura ad evidenza pubblica. Infatti sarà onere degli enti concedenti e delle stazioni appaltanti provvedere ad una comunicazione agli offerenti ed ai candidati non definitivamente esclusi avvalendosi delle piattaforme di approvvigionamento. La norma precisa anche ulteriori elementi circa la comunicazione, anzitutto per quel che ne costituisce l’oggetto. Dovranno essere oggetto della comunicazione una serie di elementi individuati da parte della norma stessa. La comunicazione infatti dovrà necessariamente ricomprendere l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara, gli atti i dati e le informazioni presupposto dell’aggiudicazione.
Sul punto, inoltre, la giurisprudenza amministrativa (da ultimo Consiglio di Stato, sez. V, 04.06.2024 n. 5013) ha ricordato che:
a) il principio di trasparenza risponde anche all’esigenza di un controllo sull’azione amministrativa, particolarmente avvertita nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni;
b) l’accesso agli atti nella materia dei contratti pubblici non è un sistema normativo compiuto e chiuso.
È noto che gli istituti dell’accesso documentale e dell’accesso civico generalizzato si pongono in rapporto di concorrenza integrativa, preordinata alla migliore fruizione dell’interesse conoscitivo. Concorrenza che consente, peraltro, la possibilità di strutturare in termini alternativi, cumulativi o condizionati la pretesa ostensiva. Un’istanza di accesso documentale, non accoglibile per l’assenza di un interesse attuale e concreto, potrà essere accolta sub specie di accesso civico generalizzato.
Il Considerando 126 della Direttiva n. 2014/24/UE prevede che la tracciabilità e la trasparenza del processo decisionale nelle procedure di appalto “è essenziale per garantire procedure leali nonché combattere efficacemente la corruzione e le frodi”; le stazioni appaltanti devono garantire alle parti interessate l’accesso a tali documenti.
Il Considerando n. 122 della stessa Direttiva prevede addirittura che “i cittadini, i soggetti interessati, organizzati o meno, e altre persone od organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso di cui alla Direttiva 98/665/CE hanno comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedere di appalto” e “dovrebbero avere la possibilità, con modalità diverse dal sistema di ricorso di cui alla Direttiva 89/665/CE e senza che ciò comporti necessariamente una loro azione dinanzi a corti e tribunali, di segnalare le eventuali violazioni della presente Direttiva all’autorità o alla struttura competente”.
L’amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono svolgere alcuna valutazione sulla influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo all’amministrazione o allo stesso giudice amministrativo nel giudizio di accesso; pertanto la legittimazione all’accesso non può essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata (Consiglio di Stato sez. III, 3 novembre 2022, n. 9588).
Ciò che compete all’Amministrazione (e successivamente al Giudice, in sede di sindacato sull’operato di questa), sulla base della motivazione della richiesta di accesso, è la verifica dell’astratta inerenza del documento richiesto con la posizione soggettiva dell’istante e gli scopi che questi intende perseguire per il tramite dell’accesso. Ne consegue che l’Amministrazione non può subordinare l’accoglimento della domanda alla (propria) verifica della proponibilità e/o ammissibilità di azioni in sede giudiziaria; ciò in quanto il Giudice dell’accesso non è e non deve essere il Giudice della “pretesa principale” azionata o da azionare (Consiglio di Stato sez. IV, 1 marzo 2022, n. 1450).
Per i nostri lettori un utilissimo vademecum sulle novità delle disposizioni del D.Lgs. n. 36/2023 che acquistano efficacia a partire dal 1 gennaio 2024 e su quelle non più applicabili, con link agli articoli di riferimento, alle delibere ANAC ed alle pagine di approfondimento del sito.
A partire da oggi (1 gennaio 2024) diventano efficaci numerose disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici, in particolare quelle in tema di digitalizzazione, utilizzo delle Piattaforme telematiche, pubblicità degli atti di gara, trasparenza, accesso agli atti, e-procurement nazionale, Banca dati ANAC e Fascicolo Virtuale Operatore Economico.
Ai sensi dell’art. 225, comma 2 del D.Lgs. n. 36/2023 le disposizioni di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 31, 35, 36, 37, comma 4, 99, 106, comma 3, ultimo periodo, 115, comma 5, 119, comma 5, e 224, comma 6 acquistano efficacia a decorrere dal 1 gennaio 2024.
Le Stazioni appaltanti e gli Enti concedenti assicurano la digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti nel rispetto dei principi e delle disposizioni del codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005), garantiscono l’esercizio dei diritti di cittadinanza digitale e operano secondo i principi di neutralità tecnologica, di trasparenza, nonché di protezione dei dati personali e di sicurezza informatica. In attuazione del principio dell’unicità dell’invio, ciascun dato è fornito una sola volta a un solo sistema informativo, non può essere richiesto da altri sistemi o banche dati, ma è reso disponibile dal sistema informativo ricevente. Tale principio si applica ai dati relativi a programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché a tutte le procedure di affidamento e di realizzazione di contratti pubblici soggette al presente codice e a quelle da esso escluse, in tutto o in parte, ogni qualvolta siano imposti obblighi di comunicazione a una banca dati o a un sistema informativo.
Per approfondire vai all’articolo: https://www.sentenzeappalti.it/2023/04/28/digitalizzazione-contratti-pubblici-nel-nuovo-codice-attuazione-eprocurement-ecosistema-nazionale/
Fermi restando gli obblighi di pubblicità legale, a fini di trasparenza i dati, le informazioni e gli atti relativi ai contratti pubblici sono quelli indicati nell’articolo 28 del Codice e sono pubblicati secondo quanto stabilito dal D.Lgs. n. 33/2013. Le comunicazioni e l’interscambio di dati per le finalità di conoscenza e di trasparenza avvengono nel rispetto del principio di unicità del luogo di pubblicazione e dell’invio delle informazioni.
Il ciclo di vita digitale dei contratti pubblici, di norma, si articola in programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione. Le attività inerenti al ciclo di vita sono gestite, nel rispetto delle disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale.
L’ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (e-procurement) è costituito dalle Piattaforme e dai servizi digitali infrastrutturali abilitanti la gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici e dalle Piattaforme di approvvigionamento digitale utilizzate dalle Stazioni appaltanti. Le Piattaforme e i servizi digitali consentono, in particolare:
a) la redazione o l’acquisizione degli atti in formato nativo digitale;
b) la pubblicazione e la trasmissione dei dati e documenti alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici;
c) l’accesso elettronico alla documentazione di gara;
d) la presentazione del documento di gara unico europeo in formato digitale e l’interoperabilità con il fascicolo virtuale dell’operatore economico;
e) la presentazione delle offerte;
f) l’apertura, la gestione e la conservazione del fascicolo di gara in modalità digitale;
g) il controllo tecnico, contabile e amministrativo dei contratti anche in fase di esecuzione e la gestione delle garanzie.
Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA): anagrafe istituita dall’articolo 33-ter del D.L. n. 179/2012.
Piattaforma contratti pubblici (PCP): complesso dei servizi web e di interoperabilità attraverso i quali le Piattaforme di approvvigionamento digitale delle Stazioni appaltanti interoperano con la Banca Dati ANAC per la gestione digitale del ciclo di vita dei contratti pubblici.
Piattaforma per la pubblicità legale degli atti: garantisce la pubblicità legale degli atti, anche mediante la trasmissione dei dati all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.
Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE): consente la verifica dell’assenza delle cause di esclusione e per l’attestazione dei requisiti; è utilizzato per la partecipazione alle procedure di gara affidamento disciplinate dal codice. I dati e i documenti contenuti nel fascicolo virtuale dell’operatore economico, nei termini di efficacia di ciascuno di essi, sono aggiornati automaticamente mediante interoperabilità e sono utilizzati in tutte le gare procedure di affidamento cui l’operatore partecipa.
Casellario Informatico: vi sono annotate le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici, individuati dall’ANAC con apposito Regolamento.
Anagrafe degli Operatori Economici: censisce gli operatori economici coinvolti a qualunque titolo nei contratti pubblici, nonché i soggetti, le persone fisiche e i titolari di cariche ad essi riferibili.
Le Piattaforme digitali di approvvigionamento interoperano con i servizi erogati dalla Banca Dati secondo le regole tecniche stabilite da AGID nel provvedimento “Requisiti tecnici e modalità di certificazione delle Piattaforme di approvvigionamento digitale” adottate dal nuovo Codice dei Contratti.
Il fascicolo virtuale dell’operatore economico è utilizzato per la partecipazione alle procedure di affidamento disciplinate dal codice. I dati e i documenti contenuti nel fascicolo virtuale dell’operatore economico, nei termini di efficacia di ciascuno di essi, sono aggiornati automaticamente mediante interoperabilità e sono utilizzati in tutte le procedure di affidamento cui l’operatore partecipa.
Le Stazioni appaltanti e gli Enti concedenti utilizzano le Piattaforme di approvvigionamento digitale per svolgere le procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, secondo le regole tecniche di cui all’articolo 26 del Codice. Le Piattaforme di approvvigionamento digitale non possono alterare la parità di accesso degli operatori, né impedire o limitare la partecipazione alla procedura di gara degli stessi ovvero distorcere la concorrenza, né modificare l’oggetto dell’appalto, come definito dai documenti di gara.
Per approfondire vai all’articolo: https://www.sentenzeappalti.it/2023/12/19/digitalizzazione-appalti-pubblici-indicazioni-congiunte-anac-mit/
I requisiti tecnici delle Piattaforme di approvvigionamento digitale, nonché la conformità di dette Piattaforme sono stabilite dall’AGID di intesa con l’ANAC e la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale. Con il medesimo provvedimento sono stabilite le modalità per la certificazione delle Piattaforme di approvvigionamento digitale. La certificazione consente l’integrazione con i servizi della Banca dati nazionale dei contratti pubblici. L’ANAC cura e gestisce il registro delle Piattaforme certificate.
L’obbligo per le Stazioni appaltanti della pubblicità legale per ogni genere di appalto e contratto pubblico verrà assolto mediante la Piattaforma per la pubblicità legale e non più attraverso la Gazzetta Ufficiale, come stabilito dal nuovo Codice Contratti Pubblici.
La Piattaforma sarà parte della Banca Dati ANAC e garantirà la pubblicità legale degli atti, anche mediante trasmissione dei dati all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, come stabilito dall’articolo 84 del D.Lgs. n. 36/2023, per bandi e avvisi di appalti di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea.
La Banca dati ANAC prenderà in carico ogni giorno le richieste di pubblicazione trasmesse attraverso le Piattaforme digitali da parte delle Stazioni appaltanti, trasmettendole all’Ufficio europeo.
La pubblicità a livello nazionale di bandi e avvisi relativi ad affidamenti inferiori alla soglia di rilevanza europea viene garantita direttamente dalla Banca dati ANAC, che li pubblica sulla Piattaforma per la pubblicità legale degli atti.
Non sono più richieste le pubblicazioni sulla Piattaforma del Servizio contratti pubblici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui all’Allegato B al D.Lgs. n. 33/2013.
Le informazioni e i dati relativi alla programmazione di lavori, servizi e forniture, nonché alle procedure del ciclo di vita dei contratti pubblici, ove non considerati riservati, sono trasmessi tempestivamente alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici attraverso le Piattaforme digitali. Le Stazioni appaltanti e gli Enti concedenti assicurano il collegamento tra la sezione «Amministrazione trasparente» del sito istituzionale e la Banca dati nazionale dei contratti pubblici. Sono pubblicati nella sezione di cui al primo periodo la composizione della commissione giudicatrice e i curricula dei suoi componenti, nonché i resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione.
Tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni di cui al nuovo Codice sono eseguiti, in conformità con quanto disposto dal Codice dell’Amministrazione Digitale tramite le Piattaforme dell’ecosistema nazionale e, per quanto non previsto dalle predette Piattaforme, mediante l’utilizzo del domicilio digitale ovvero, per le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’articolo 47 del richiamato CAD.
Per migliorare l’efficienza le Stazioni appaltanti e gli Enti concedenti provvedono, ove possibile, ad automatizzare le proprie attività ricorrendo a soluzioni tecnologiche, ivi incluse l’intelligenza artificiale e le tecnologie di registri distribuiti, nel rispetto delle specifiche disposizioni in materia.
È istituita presso l’ANAC l’Anagrafe degli operatori economici a qualunque titolo coinvolti nei contratti pubblici, che si avvale del registro delle imprese. L’Anagrafe censisce gli operatori economici, nonché i soggetti, le persone fisiche e i titolari di cariche ad essi riferibili. Per le persone fisiche l’Anagrafe assume valore certificativo per i ruoli e le cariche rivestiti non risultanti dal registro delle imprese.
Le Stazioni appaltanti e gli Enti concedenti assicurano in modalità digitale l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle Piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della l.n. 241/1990 e degli articoli 5 e 5-bis del D.Lgs. n. 33/2013.
In particolare, si segnala che l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la Piattaforma di approvvigionamento utilizzata dalla Stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa Piattaforma, gli atti della procedura nonché le offerte dagli stessi presentate.
Nella comunicazione dell’aggiudicazione la Stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte, indicate dagli operatori ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a) del Codice.
Le decisioni della Stazione appaltante o dell’ente concedente sono impugnabili ai sensi dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso.
Il programma triennale e i relativi aggiornamenti annuali sono pubblicati sul sito istituzionale e nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’ANAC.
Le stazioni appaltanti rendono nota entro il 31 dicembre di ogni anno l’intenzione di bandire per l’anno successivo appalti, pubblicando sul proprio sito istituzionale un avviso di pre-informazione recante le informazioni di cui all’allegato II.6 del Codice. Per gli appalti di importo pari o superiore alle soglie comunitarie, le stazioni appaltanti comunicano l’avviso di pre-informazione all’ANAC che, tramite la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, cura l’invio al Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea di un avviso relativo alla pubblicazione sul sito istituzionale della stazione appaltante.
Tutte le procedure di scelta del contraente sono indette mediante bandi o avvisi di gara, salve le eccezioni di legge. Nei bandi o negli avvisi è indicato il codice identificativo di gara (CIG) acquisito attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
I bandi, gli avvisi di pre-informazione e gli avvisi relativi agli appalti aggiudicati di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 14 sono redatti dalle stazioni appaltanti e trasmessi all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, per il tramite della Banca dati nazionale dei contratti pubblici.
I bandi, gli avvisi di pre-informazione e quelli relativi agli appalti aggiudicati sono pubblicati, solo successivamente alla pubblicazione di cui all’articolo 84 del Codice, sulla Banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’ANAC e sul sito istituzionale della Stazione appaltante o dell’ente concedente.
Gli avvisi e i bandi pubblicati a livello nazionale sul sito istituzionale della Stazione appaltante e sulla Banca dati nazionale dei contratti pubblici dell’ANAC non contengono informazioni diverse da quelle degli avvisi o bandi trasmessi all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea e menzionano la data della trasmissione all’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea o della pubblicazione sul sito istituzionale della stazione appaltante.
I bandi, gli avvisi di pre-informazione e quelli relativi agli appalti aggiudicati sono comunicati alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, che li pubblica successivamente al ricevimento della conferma di pubblicazione da parte dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.
Le pubblicazioni sulla banca dati ANAC e sul sito istituzionale della stazione appaltante avvengono senza oneri. La pubblicazione di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel codice avviene esclusivamente in via digitale sul sito istituzionale della stazione appaltante.
La Stazione appaltante verifica l’assenza di cause di esclusione automatiche di cui all’articolo 94 del Codice attraverso la consultazione del FVOE, la consultazione degli altri documenti allegati dall’operatore economico, nonché tramite l’interoperabilità con la Piattaforma digitale nazionale dati di cui all’articolo 50-ter del CAD e con le banche dati delle pubbliche amministrazioni.
La Stazione appaltante, con le medesime modalità, verifica l’assenza delle cause di esclusione non automatica di cui all’articolo 95 e il possesso dei requisiti di partecipazione di cui agli articoli 100 e 103 del Codice.
La garanzia fideiussoria deve essere emessa e firmata digitalmente; essa deve essere altresì verificabile telematicamente presso l’emittente ovvero gestita mediante ricorso a Piattaforme operanti con tecnologie basate su registri distribuiti ai sensi dell’articolo 8-ter, comma 1, del D.L. n. 135/2018 conformi alle caratteristiche stabilite dall’AGID.
ANAC ha stabilito con Delibera n. 606/2023 che fino al 30 giugno 2024 si può verificare l’autenticità della garanzia fideiussoria anche via PEC e non soltanto sul sito Internet del soggetto emittente.
Per approfondire vai all’articolo: https://www.sentenzeappalti.it/2023/12/29/garanzia-fideiussoria-verifica-anche-via-pec-fino-al-30-giugno-2024-indicazioni-anac-pei-appaltanti-operatori-economici-e-garanti/
Con l’allegato II.14 al Codice sono individuate le modalità con cui il direttore dei lavori effettua l’attività di direzione, controllo e contabilità dei lavori mediante le Piattaforme digitali, in modo da garantirne trasparenza e semplificazione. Le Piattaforme digitali garantiscono il collegamento con la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, per l’invio delle informazioni richieste dall’ANAC ai sensi dell’articolo 222, comma 9, del Codice.
L’affidatario trasmette il contratto di subappalto alla Stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell’esecuzione delle relative prestazioni. Contestualmente trasmette la dichiarazione del subappaltatore attestante l’assenza delle cause di esclusione e il possesso dei requisiti. La Stazione appaltante verifica la dichiarazione tramite la Banca dati nazionale.
Il contratto di subappalto, corredato della documentazione tecnica, amministrativa e grafica direttamente derivata dagli atti del contratto affidato, indica puntualmente l’ambito operativo del subappalto sia in termini prestazionali che economici.
All’articolo 95, comma 5, del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, di cui al D.Lgs. n. 14/2019, le parole: «purché non rivesta la qualità di mandataria e» sono soppresse.
SETTORI ORDINARI – 221.000 euro per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali e concorsi di progettazione organizzati da tali amministrazioni; – 5.538.000 euro per gli appalti di lavori pubblici.
SETTORI SPECIALI – 443.000 euro per gli appalti di forniture e di servizi nonché per i concorsi di progettazione; – 5.538.000 euro per gli appalti di lavori.
CONCESSIONI – 5.538.000 euro.
SETTORI DELLA DIFESA E DELLA SICUREZZA – 443.000 euro per gli appalti di forniture e servizi; – 5.538.000 euro per gli appalti di lavori.
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DISPOSIZIONI NON PIÙ APPLICABILI DAL 01.01.2024
Le disposizioni di cui agli articoli 21, comma 7, 29, 40, 41 comma 2-bis, , 44, 52, 53, 58, 70, 72, 74, 81, 85, 105, comma 7, 111, comma 2-bis, 127, 129, 213 commi 8, 9 e 10, 214, comma 6 di cui al D.Lgs. n. 50/2016 e DM MIT 02.12.2016 non sono più applicabili per lo svolgimento delle attività relative a:
a) redazione o acquisizione degli atti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;
b) trasmissione dei dati e documenti relativi alle procedure di cui alla lettera a);
c) accesso alla documentazione di gara;
d) presentazione del documento di gara unico europeo;
e) presentazione delle offerte;
f) apertura e la conservazione del fascicolo di gara;
g) controllo tecnico, contabile e amministrativo dei contratti anche in fase di esecuzione e la gestione delle garanzie.
In materia di accesso ai documenti relativi al procedimento concorsuale o di gara da parte di chi vi abbia partecipato, la giurisprudenza amministrativa ritiene che l’interesse “sottostante”, che legittima all’esercizio del diritto, sia ravvisabile, di fatto, in re ipsa (cfr. Cons. Stato n. 1115/2009).
Inoltre, la giurisprudenza da tempo ha precisato che l’interesse all’accesso rappresenta una situazione giuridicamente autonoma e non necessariamente coincidente in senso stretto con quello all’impugnativa di un provvedimento amministrativo.
Proprio l’autonomia dell’interesse all’accesso comporta l’irrilevanza della circostanza che gli atti concorsuali oggetto della domanda siano divenuti, in tesi, definitivi ed inoppugnabili, nonché dell’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente – una volta conosciuti gli atti – potrebbe proporre (cfr. Cons. Stato n. 5111/2015).
A conferma di ciò, l’art. 24 della L. n. 241 del 1990 garantisce l’accesso proprio a quegli atti la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici (cfr. comma 7).
Non v’è dubbio alcuno, pertanto, che il ricorrente sia titolare, nella specie, di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti ai quali ha chiesto l’accesso, anche al fine di curare e difendere i propri interessi giuridici.
Poiché dall’accesso a detti documenti potrebbero innegabilmente scaturire opportunità di più compiuta e completa difesa in giudizio per la posizione del ricorrente, devono ritenersi pienamente sussistenti i presupposti di legge per l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del parziale diniego dell’Amministrazione.
In proposito, come è noto, in base all’art 53. D.lgs. n. 50/2016, l’accesso «alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali» è tendenzialmente escluso, salvo nei confronti del «concorrente al fine della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto».
Nella disciplina vigente, dunque, è riconosciuto l’interesse qualificato del concorrente ad accedere agli atti di gara, risolvendosi a favore del diritto di difesa – e quindi dell’accesso – il conflitto trasversalmente latente e sin troppo strumentalmente immanente che in materia di appalti si instaura rispetto ai profili di riservatezza che possano riguardate segreti tecnici o commerciali avvalendosi dei quali si sia giunti a confezionare l’offerta di gara.
Del resto, sempre restando su un piano generale, la stessa scelta a monte di partecipare ad una procedura pubblica di selezione – con le esigenze di trasparenza che la connotano – implica necessariamente il rischio di una possibile “pubblicizzazione” del segreto tecnico o commerciale, essendo evidente che, proprio in correlazione all’insorgere di un possibile contenzioso in relazione alla stessa, la parte, in prima battuta, o se del caso il Giudice, nell’esercizio dei propri poteri istruttori, potrebbero realisticamente utilizzare in tutto o in parte per le esigenze del giudizio il materiale astrattamente coperto da segreto, in tal modo inevitabilmente pubblicizzandolo.
Nello stesso partecipare ad una procedura di evidenza pubblica vi è dunque una potenziale “accettazione del rischio” di pubblicizzazione dei contenuti dell’offerta, con particolare riguardo all’insorgere di esigenze processuali.
Le contrarie posizioni espresse dal Consiglio di Stato in alcune isolate pronunce (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 64/2020) non possono essere condivise e sono state palesemente superate dall’evoluzione normativa contemporanea.
Come è noto, il nuovo Codice Appalti 2023 (cfr. D.Lgs. n. 36/2023)ha introdotto una nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara che, pur non applicandosi direttamente alla procedura in esame ratione temporis, è oltre modo significativo rispetto alle tendenze ideologico culturali, oltre che ovviamente giuridiche, verso le quali il sistema sta evolvendo. Una novità rilevante è sicuramente prevista all’art. 36: con la comunicazione digitale dell’aggiudicazione, verranno rese note anche le decisioni assunte dalla Stazione appaltante sulle richieste di oscuramento di parti delle offerte, formulate dagli offerenti a tutela dei loro segreti tecnici o commerciali. In tal modo si vuole palesemente accelerare la procedura; gli operatori non dovranno più formulare alcuna istanza di accesso. Inoltre, ai primi cinque classificati in graduatoria, sarà consentito visionare reciprocamente le rispettive offerte, sempre attraverso le piattaforme informatiche. Ma si noti che tutto verrà deciso in autonomia dalla Stazione appaltante al momento di valutazione delle offerte: non è previsto un preliminare avviso all’offerente, quale controinteressato, circa l’intenzione di rendere visibili le parti di offerte indicate come segrete, né viene disciplinato un contraddittorio sul punto prima dell’aggiudicazione. Le decisioni sulle richieste di oscuramento, comunicate appunto contestualmente all’aggiudicazione, potranno essere impugnate solamente per le vie giudiziali, nel breve termine – ai limiti del giugulatorio – di dieci giorni. Il quadro che emerge è, per l’appunto, quello della pubblicizzazione integrale della gara pubblica e l’eradicazione, si spera definitiva di tutto il contenzioso sviluppatosi negli ultimi anni sulla, spesso strumentale, difesa del c.d. know how industriale e commerciale.
Nel caso di specie, entrambe le parti hanno fornito ampia allegazione del proprio interesse qualificato e differenziato – ex art. 24 Cost. – all’ottenimento della documentazione richiesta, che pertanto dovrà essere reciprocamente ed integralmente ostesa, senza limitazioni di sorta.
Ne consegue l’integrale accoglimento di entrambe le istanze di accesso per come introdotte in atti.
Quesito: Si chiede il Vs. parere su come interpretare l’art. 35, comma 2 del D.lgs. 36/2023 che differisce l’accesso ai verbali relativi alla valutazione delle offerte fino all’aggiudicazione (lett. d). quesito 1) Tale differimento vale anche nel caso di gara al minor prezzo in cui l’apertura delle offerte economiche avviene in seduta pubblica e non c’è una “valutazione tecnica” dell’offerta? quesito 2) in caso di risposta affermativa al primo quesito, si chiede come questo differimento si “sposi” con la circostanza della seduta pubblica, dove i partecipanti presenti alla seduta prendono conoscenza di tutti gli elementi che saranno poi inseriti a verbale.
Risposta: Con riferimento al primo quesito si rileva che, come indicato anche nella relazione illustrativa, l’art. 35 del Dlgs 36/23 in adesione all’orientamento dell’Adunanza plenaria n. 10/2020 ha affermato che detto strumento si applica a tutte le fase dei contratti pubblici, a prescindere dall’utilizzo del criterio scelto dalla stazione appaltante sull’utilizzo dell’offerta economicamente vantaggioso qualità prezzo o solo prezzo, pertanto l’accesso sarà consentito a tutti i partecipanti a prescindere dal criterio di selezione adottato dalla SA e con le modalità indicate dal comma 3 dell’art. 35 ovvero fino alla conclusione delle fasi o alla scadenza dei termini di cui al comma 2 gli atti, i dati e le informazioni non possono essere resi accessibili o conoscibili pena la violazione dell’articolo 326 del codice penale. Sulla scelta del criterio di selezione da parte delle SA si rinvia alla lettura dell’art. 50 comma 4 del Dlgs 36/23 per quanto riguarda gli appalti sotto soglia e dell’art. 108 per gli appalti sopra soglia. (Parere MIT n. 2166/2023)
In tale contesto, fermo il superamento di cui dà conto la stessa appellante degli atti relativi alle valutazioni delle offerte, ormai superati dal verbale di rivalutazione del 29 novembre 2022, la richiesta ostensiva è rimasta inevasa in relazione ai residui documenti inerenti alla verifica di anomalia (fra cui, in particolare, la richiesta di giustificativi, di cui si dà conto anche nel provvedimento di aggiudicazione, circa la richiesta di “spiegazioni”), nonché ai documenti inerenti alla verifica dei requisiti e corrispondente acquisizione documentale (di cui pure si dà conto nel provvedimento di aggiudicazione) e, se distinta dagli altri, alla documentazione sulla verifica dei costi della manodopera. L’istanza va dunque accolta in relazione a tali documenti, rispetto ai quali sussiste (e non risulta confutata né adeguatamente contraddetta) la strumentalità (e, dunque, la necessità, nei termini chiariti dalla giurisprudenza in funzione della difesa: cfr., su tutte, Cons. Stato, V, 7 febbraio 2022, n. 851) dei documenti richiesti ai fini della formulazione di possibili difese e doglianze dell’appellante in relazione ai provvedimenti impugnati (cfr. in termini generali, in relazione all’accesso cd. “difensivo” e al riferimento alla necessità – non già “utilità finale” – del documento richiesto, Cons. Stato, n. 851 del 2022, cit. e richiami ivi), né l’amministrazione o la stessa controinteressata risultano aver opposto valide ragioni ostative all’accesso (cfr. peraltro, in tema, Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2023, n. 4, in cui si pone in risalto, oltre al carattere decisorio dell’istanza d’accesso ex art. 116, comma 2, Cod. proc. amm. e alla sostanziale unitarietà del rimedio previsto dall’art. 116 Cod. proc. amm., la “strumentalità in senso ampio” della richiesta rispetto alle situazioni giuridiche invocate, “in quanto la valutazione che deve essere effettuata dal giudice non è soltanto volta a verificare la possibile rilevanza del documento per la definizione del giudizio, ma può servire anche per risolvere in via stragiudiziale la controversia, per proporre una nuova impugnazione ovvero ancora una diversa domanda di tutela innanzi ad altra autorità giudiziaria”).
Non vale, in diverso senso, affermare in via preventiva – come ha fatto qui il giudice di primo grado – l’irrilevanza dei documenti richiesti ai fini del decidere, stante appunto, nella specie, la loro chiara connessione con i provvedimenti impugnati, trattandosi appunti di atti afferenti alla procedura di affidamento e alle relative verifiche compiute dall’amministrazione, in parte richiamati nello stesso provvedimento di aggiudicazione, e considerata d’altra parte la nozione strumentalità in senso ampio accolta dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, nei termini suindicati, e comunque la non conoscibilità ex ante delle difese o censure che la ricorrente potrebbe articolare sulla base dei documenti acquisiti (cfr. Cons. Stato, V, 17 luglio 2023, n. 6962).
Il motivo è infondato, in quanto, per costante giurisprudenza, risalente alla sentenza di Cons. Stato, Ad. plen., 20 aprile 2006, n. 7, la mancata impugnazione del diniego nel termine di decadenza non consente la reiterabilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo diniego laddove a questo debba riconoscersi carattere meramente confermativo del primo. Tale paradigma viene derogato in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all’accesso (Cons. Stato, II, 25 gennaio 2023, n. 884; III, 3 novembre 2022, n. 9567; V, 6 novembre 2017, n. 5996).
Non può ritenersi “fatto nuovo” il deposito, da parte di -OMISSIS-, nel giudizio civile, della “richiesta di autorizzazione al subappalto art. 105, comma 2, del D.lgs. n. 50/2016”, atteso che si tratta di una circostanza di dubbio carattere innovativo, e comunque irrilevante rispetto ai documenti di cui era già stato inutilmente richiesto l’accesso (per intendersi, quelli elencati ai punti sub B, E, F).
Può dunque dirsi che l’azione ostensiva sia ripetibile solo ove il comportamento dell’amministrazione risulti inadempiente rispetto agli aspetti di novità della fattispecie (Cons. Stato, IV, 14 maggio 2014, n. 2476).
In base all’elaborazione giurisprudenziale, nonché ai sensi dell’art. 120, comma 5, c.p.a., la decorrenza del termine di trenta giorni di impugnazione degli atti di una procedura selettiva per l’affidamento di un contratto di appalto è da individuarsi nel giorno della pubblicazione generalizzata degli atti di gara ovvero, avuto riguardo alla dilazione temporale di ulteriori quindici giorni in conseguenza della presentazione di un’istanza di accesso, in un complessivo termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione dell’aggiudicazione (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 15 marzo 2023, n. 2728);
– nella vicenda in esame, a seguito dell’istanza di accesso presentata dalla ricorrente il 10.01.2023, la p.a. resistente in data 01.02.2023 ha comunicato alla stessa “che gli atti richiesti sono disponibili presso gli uffici… e possono essere ritirati nei giorni feriali dalle ore 9:00 alle ore 11:30 previo pagamento dei diritti di ricerca e rilascio copie per un importo pari ad € 199,25”;
– la deducente ha quindi eseguito il pagamento delle spese di rilascio delle copie il 3.02.2023, effettuato l’accesso il 9.02.2023 e notificato il ricorso l’8.03.2023, entro trenta giorni dall’ostensione degli atti avvenuta il 9.02.2023, considerando pertanto tale ultima data come dies a quo per il decorso del termine di impugnazione;
Considerato altresì che:
– diversamente dagli assunti della ricorrente, il dies a quo per il decorso del termine per la proposizione del gravame dev’essere individuato non nel 9.02.2023 ma in data 1.02.2023, giorno in cui gli atti erano già suscettibili di immediata ostensione e non sussisteva alcun impedimento alla relativa estrazione di copia ad opera del Comune;
– la circostanza che l’esponente abbia eseguito l’accesso il 9.02.2023 non può, di contro, comportare un ulteriore differimento della decorrenza del perentorio termine di proposizione del gravame, ponendosi ciò in contrasto con i richiamati principi ermeneutici e determinando, inoltre, una non ammissibile dilatazione temporale del medesimo termine di impugnazione rimessa all’autonoma iniziativa dell’operatore economico il quale, in linea teorica, ben avrebbe potuto nel caso di specie acquisire la documentazione richiesta anche in data successiva, con una inevitabile riceduta negativa sulla certezza dell’azione amministrativa e dei rapporti giuridici;
Ritenuto che;
– il gravame è stato notificato l’8.03.2023, oltre quindi il perentorio termine di trenta giorni ex art. 120, comma 5, c.p.a. individuabile, per come chiarito, nell’1.02.2023;
– l’eccezione di tardività è pertanto fondata e a ciò consegue la declaratoria di irricevibilità del ricorso ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a) c.p.a.;
5.1. – I rilievi di parte ricorrente incentrati sul carattere difensivo dell’accesso e riferiti all’ostensione della documentazione concernente le gare relative agli appalti di cui ai Lotti n. 1 e 2, a cui non ha preso parte, si espongono, infatti, all’obiezione di fondo della non unitarietà della gara d’appalto, posto che a ciascun lotto corrisponde una autonoma gara finalizzata all’aggiudicazione di un distinto contratto.
5.2. – Se, infatti, “a ciascun lotto può essere aggiudicato a concorrenti diversi, non ci si trova di fronte ad un appalto unitario e se non vi è appalto unitario non vi può essere unicità della gara” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 gennaio 2017, n. 52).
5.2.1. – La suddivisione in più lotti comporta, allora, che le singole procedure di aggiudicazione sono dirette a tanti contratti di appalto quanti sono i lotti; il bando di gara si configura quale atto ad oggetto plurimo, nel senso che contiene le disposizioni per lo svolgimento non di un’unica gara finalizzata all’affidamento di un unico contratto, bensì determina l’indizione di tante gare, per ognuna delle quali vi è formalmente un’autonoma procedura.
5.2.2. – Di qui l’autonomia di ogni procedura evidenziale riferita a un singolo lotto rispetto agli altri lotti.
6. – Da quanto precede deriva che la società ricorrente non ha alcun interesse diretto, concreto ed attuale a prendere visione delle offerte tecniche presentate dalla -OMISSIS- s.r.l. per i lotti 1 e 2, trattandosi di atti relativi a procedure alle quali l’RTI ricorrente non ha partecipato, con la conseguenza che non potrebbe neanche censurare gli atti di gara in funzione di un generico interesse alla rinnovazione della stessa, rispetto al quale l’interesse azionato deve equipararsi ad un interesse di mero fatto (Cons. Stato, Sez. III, 17 marzo 2023 n. 2766).
9.5. Valgono pertanto i principi più volte affermati da questo Consiglio relativamente ai requisiti che devono sussistere perché possa ammettersi l’accesso agli atti.
9.5.1. Segnatamente, il Consiglio di Stato:
a) ha individuato, in negativo, i connotati dell’istanza di accesso, affermando che essa non legittima ad avere accesso agli atti quando “si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 38).
b) ha evidenziato, in positivo, che spetta alla parte che domanda l’accesso un “onere aggravato sul piano probatorio, nel senso che grava sulla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento al quale intende accedere è necessario (o, addirittura, strettamente indispensabile se concerne dati sensibili o giudiziari) per la cura o la difesa dei propri interessi” (§ 9.1.), puntualizzando che la volontà del legislatore è quella di “esigere che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione” (Cons. Stato, Ad. plen., 25 settembre 2020 n. 19);
c) per focalizzarne ulteriormente i limiti di ammissibilità, ha puntualizzato le implicazioni teleologiche collegate alla specificità richiesta per il contenuto dell’istanza, che sono quelli di “permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione ‘finale’ controversa. In questa prospettiva, pertanto, va escluso che possa ritenersi sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando” (§ 9.2.) (Cons. Stato, Ad. plen., 25 settembre 2020 n. 19);
d) ha ribadito che l’istanza debba connotarsi per “puntualità e specificità”, l’insufficienza di un “generico richiamo” alle esigenze probatorie e difensive, la necessità che l’istanza consenta “un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare” (Cons. Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 4, 18.1. e 18.2.);
e) ha indagato il rapporto tra procedimento e processo, negando che “…ad opera o a favore del privato può realizzarsi, insomma, quell’inversione tra procedimento e processo che si verifica quando nel processo vengono introdotte pretese o ragioni mai prima esposte, come era doveroso, in sede procedimentale” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 11.6.);
f) ha enunciato altresì un’importante principio di diritto sul “c.d. giudizio sul rapporto”, categoria nella quale viene “iscritto” il giudizio di accesso (§. 11.8.), affermando che “il c.d. giudizio sul rapporto, pur in sede di giurisdizione esclusiva, non può essere la ragione né la sede per esaminare la prima volta avanti al giudice questo rapporto perché è il procedimento la sede prima, elettiva, immancabile, nella quale la composizione degli interessi, secondo la tecnica del bilanciamento, deve essere compiuta da parte del soggetto pubblico competente, senza alcuna inversione tra procedimento e processo” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 11.9.).
9.6. Nell’ambito dei procedimenti di evidenza pubblica, le questioni relative all’accesso sono state sovente esaminate per le criticità correlate al conflittuale rapporto che si instaura fra trasparenza dei procedimenti decisionali ed esigenze di riservatezza delle informazioni fornite dall’aggiudicatario, specie di quelle che costituiscono “segreti tecnici o commerciali”.
9.6.1. In recenti controversie, questo Consiglio ha rimarcato la necessità che sussista uno “stretto collegamento o nesso di strumentalità tra documentazione richiesta e la situazione finale controversa”, declinandola in termini di “stretta indispensabilità” (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2022, n. 369), e ha ribadito che “l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe – secondo il consueto criterio di riparto – su colui che agisce, ossia sul ricorrente (in sede procedimentale, il richiedente l’accesso agli atti)” (Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2023 ord. n. 787, §. 2.11.) e che “la portata di tale onere probatorio dipende dal caso concreto” (Cons. Stato, Sez. V, 23 giugno 2020 n. 4016).
9.7. La problematica è stata oggetto anche di pronunce delle Corti sovra nazionali.
9.7.1. La Corte di Giustizia (Corte di giustizia Comunità Europee, Sez. III, 14 febbraio 2008, n. 450/06) ha evidenziato che “…il principio del contraddittorio non implica che le parti abbiano un diritto di accesso illimitato e assoluto al complesso delle informazioni relative alla procedura di aggiudicazione dei mercati di cui trattasi che sono state presentate all’organo responsabile del ricorso. Al contrario, tale diritto di accesso dev’essere ponderato con il diritto di altri operatori economici alla tutela delle informazioni riservate e dei loro segreti commerciali” (§. 51).
9.7.2. Di recente, la Corte di Giustizia (Corte di giustizia Unione Europea, Grande Sezione, 7 settembre 2021, C‑927/19), in una controversia riguardante un appalto pubblico per la raccolta e il trasporto di rifiuti urbani affidato ad un raggruppamento di operatori economici, ha affermato che:
a) “l’obbligo di motivare una decisione di rigetto dell’offerta di un offerente nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico non implica che quest’ultimo debba disporre di informazioni complete quanto alle caratteristiche dell’offerta selezionata dall’amministrazione aggiudicatrice” (§. 115);
b) “il giudice nazionale competente deve procedere a un esame completo di tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Esso deve inoltre necessariamente poter disporre delle informazioni necessarie, ivi comprese le informazioni riservate e i segreti commerciali, per essere in grado di decidere con piena cognizione di causa (v., in tal senso, sentenza del 14 febbraio 2008, V., C-450/06, EU:C:2008:91, punto 53)” (§. 130);
c) “Il giudice nazionale competente deve altresì controllare l’adeguatezza della motivazione della decisione con la quale l’amministrazione aggiudicatrice ha rifiutato di divulgare le informazioni riservate…” e che “…spetta al giudice nazionale competente conciliare il diritto del richiedente a un ricorso effettivo, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, con il diritto alla tutela delle informazioni di natura riservata di tale operatore” (§. 135); […]
9.9. In particolare, il Collegio evidenzia come rimangano ben distinti nell’ambito del procedimento (e, poi, del processo): la valutazione che l’amministrazione è chiamata a compiere sull’istanza di accesso e sulla sussistenza dei presupposti per il suo accoglimento ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241/1990; la valutazione sulla sussistenza dei segreti tecnici o commerciali; la valutazione della sussistenza delle esigenze della difesa in giudizio in capo a chi ha formulato la richiesta di accedere a documenti contenenti le informazioni predette.
Ciascuno dei momenti enucleati in base alla normativa di riferimento dovrà essere positivamente valutato prima che si proceda al passaggio logico successivo, sicché se l’istanza di accesso non presenta i requisiti richiesti per il suo accoglimento ciò precluderà in radice che si faccia questione dell’esistenza di segreti tecnici e commerciali; se invece l’istanza sarà favorevolmente valutata e non dovessero sussistere segreti tecnici o commerciali, non sarà necessario valutare la sussistenza di esigenze di difesa in capo all’istante; se invece, dovessero essere valutate favorevolmente l’istanza di accesso e la “motivata e comprovata dichiarazione” del controinteressato fondata sulla sussistenza di segreti tecnici o commerciali (sulla quale si richiama, Cons. Stato, Sez. V 31 marzo 2021, n. 2714), l’amministrazione sarà chiamata ad operare un bilanciamento fra le contrapposte esigenze, dovendo giudicare l’effettiva sussistenza del nesso di strumentalità (Cons. Stato, n. 369 del 2022) o del “collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese” (Cons. Stato, ord. n. 787 del 2023). 9.9.1. La ricerca del “punto di equilibrio” (Cons. Stato, III, 26 ottobre 2018, n. 6083; 17 marzo 2017, n.1213) fra interesse (o “diritto”) all’accesso, da un lato, e esigenze di riservatezza nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, dall’altro, implica, dunque, che l’istanza di accesso sia in sé meritevole di accoglimento, perché adeguatamente “giustificata” sul piano del procedimento (arg. da 25, comma 2, legge n. 241 del 1990, che richiede una “richiesta…motivata” e da Cons. Stato, Ad. plen., n. 10 del 2020, §. 11.9.), così da consentire all’amministrazione di apprezzare, nel procedimento, “le finalità dell’accesso… dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 19 del 2020, §. 9.2.).
5.2 Come evidenziato di recente da Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2021, n. 224 merita di essere condiviso l’orientamento dalla Corte di cassazione, (Cass. civ., sez. lav., 9 luglio 2020, n. 14629) secondo cui “… Con riguardo all’onere motivazionale delle sentenze, il c.p.c. non esige l’originalità delle modalità espositive né vieta l’uso del contenuto di altri scritti. L’originalità delle modalità espositive della sentenza non risulta richiesta, contemplata o anche solo “auspicata” nel codice di rito. Nel codice si richiede, piuttosto, che una motivazione esista, sia chiara, comprensibile, coerente (pertanto non solo apparente); in nessun punto del codice risulta richiesta, invece, una motivazione espressa con modalità espositive “inedite”. Peraltro, nella disciplina processuale civile non risulta in alcun modo vietato riportare in sentenza il contenuto di scritti (altre sentenze, atti amministrativi, scritti difensivi di parte o più in generale atti processuali) la cui paternità non sia attribuibile all’estensore. Anzi, specie nelle riforme legislative degli ultimi anni e nella giurisprudenza di legittimità, sembra emergere una tendenza addirittura contraria; e ciò è ormai reso inevitabile anche dalla necessità di dare concreta attuazione al principio costituzionale della ragionevole durata del processo”.
5.3 A conferma di quanto precede osserva il collegio che nel codice del processo amministrativo non solo non si rinviene un divieto di riportare il contenuto di scritti di parte ma è espressamente affermato il principio opposto, suscettibile di applicazione in tutti i casi in cui prevalgono esigenze di peculiare speditezza del giudizio, come avviene nel contenzioso per opere ricomprese negli interventi P.n.r.r..
5.4 Il riferimento è al contenzioso in materia elettorale e, segnatamente all’articolo 129, comma 6, laddove si prevede che “Il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La relativa motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”.
5.5. Tale modalità redazionale della sentenza è stata di recente confermata dal nuovo codice dei contratti pubblici, a conferma di un trend legislativo orientato ad assicurare la massima celerità del giudizio, attraverso il ricorso a strumenti di semplificazione. L’art. 36 del d. lgs. n. 36 del 2023 recante “Norme procedimentali e processuali in tema di accesso” prevede infatti, al comma 7, che “Il ricorso di cui al comma 4 è fissato d’ufficio in udienza in camera di consiglio nel rispetto di termini pari alla metà di quelli di cui all’articolo 55 del codice di cui all’allegato I al decreto legislativo n. 104 del 2010 ed è deciso alla medesima udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi entro cinque giorni dall’udienza di discussione, e la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”. 5.6 Da quanto precede può dunque desumersi il tendenziale consolidarsi di un principio di portata generale secondo cui nel bilanciamento tra esigenze di garanzia e quelle del buon andamento del processo, inteso come forma necessaria del giudizio e quindi dell’accertamento giudiziale, le esigenze di celerità e quelle proprie dell’amministrazione c.d. di risultato, giustificano l’ammissibilità di tecniche motivazionali finalizzate a semplificare la fase di stesura della motivazione – spesso connotata da particolare complessità e quindi suscettibile di dilatare in modo significativo i tempi di deposito della sentenza e quindi di definizione del processo, in tal modo vanificando la stessa utilità della decisione – anche mediante il solo il rinvio alle argomentazioni delle parti che il giudice, condividendole, ritenga di far proprie, assumendole al fine di dare evidenza all’iter logico giuridico che ha condotto alla decisione.
5.7 L’unico limite a tale possibilità è rappresentato dalla necessità che la motivazione, in tal modo predisposta mediante l’ausilio diretto del contributo ricostruttivo ed interpretativo delle parti, non sia una motivazione apparente ma realmente idonea a dar conto delle ragioni giuridiche della decisione; siffatte ragioni, sebbene formalmente elaborate dalle parti nella dinamica del contraddittorio, ben possono essere fatte proprie dal giudice e così assunte a volontà oggettiva dell’ordinamento nel procedimento di sussunzione dei fatti nello schema astratto delle fattispecie normativamente predeterminate e di qualificazione giuridica che ne consegue.
5.8. Non si tratta di acritica ricezione di argomentazioni altrui ma di una mera semplificazione del processo di giustificazione formale della decisione giudiziale assunta, che presuppone, in ogni caso, un attento vaglio critico ed una accurata selezione degli argomenti giuridici da comporre in un discorso argomentativo chiaro, esaustivo, rispetto a tutte le questioni poste e trattate dalle parti e, soprattutto, logico, nella connessione dei fatti accertati e delle ragioni giuridiche addotte.
5.9 Ed anche quanto il giudice assume e fa proprio il materiale argomentativo elaborato da una delle parti per accoglierne la domanda, non viene meno al dovere di imparzialità e di terzietà e quindi ai principi del giusto processo poiché tale operazione rappresenta comunque l’esito di un processo logico di vaglio e di selezione critica di tutte le argomentazioni, in fatto ed in diritto, prospettate dalle parti nella dinamica del contraddittorio, alla luce delle disposizioni di legge ritenute pertinenti al caso.
2.- Importa premettere, in termini generali, che la questione della esatta individuazione del termine di impugnazione dei provvedimenti in materia di affidamento dei contratti pubblici è stata, nelle sue linee di fondo, affrontata ed esaminata dalla decisione della Adunanza plenaria n. 12/2020 e, quindi, affinata dalla successiva elaborazione giurisprudenziale.
Si tratta di una problematica che origina da un quadro regolatorio non del tutto omogeneo, nell’ambito del quale a disposizioni normative di ordine processuale e di valenza generale (artt. 41, comma 2, e 120 cod. proc. amm.) si sovrappone, con effetto di concorrenza, una disciplina sostanziale e speciale (artt. 53 e 76, d. lgs. n. 50/2016).
2.1.- In siffatto contesto normativo, la richiamata decisione dell’Adunanza plenaria, in prospettiva nomofilattica, ha esaminato la questione sotto due concorrenti aspetti:
a) l’idoneità della “pubblicazione generalizzata” degli atti di gara sul profilo Internet della stazione appaltante a far senz’altro decorrere il termine di impugnazione, in relazione a quei vizi percepibili direttamente ed immediatamente dai provvedimenti oggetto di pubblicazione;
b) la corretta individuazione del termine per proporre il ricorso introduttivo nelle ipotesi di vizi conoscibili solo in esito all’accesso agli atti di gara.
Se ne è desunta, nella prospettiva di adeguata e proporzionata conciliazione del diritto di difesa del concorrente pregiudicato e della celerità dell’azione amministrativa, una articolata e cadenzata scansione temporale, puntualmente ancorata ai diversi momenti di possibile conoscenza degli atti di gara, ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione, in base alla considerazione, di carattere generale, per la quale l’individuazione di quest’ultima dipenda dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’”accesso informale” con una “richiesta scritta”, nel termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, 2° comma, del d .lgs. n. 50/2016.
In dettaglio, l’individuazione del dies a quo risulta così modulata (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 2022 n. 10470):
a) in via di principio, dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, comprensiva anche dei verbali ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016;
b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 del d .lgs. cit., ma (solo) a condizione che esse consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri, così da consentire la presentazione, non solo dei motivi aggiunti, ma anche del ricorso principale;
c) con “dilazione temporale”, nel caso di proposizione dell’istanza di accesso agli atti, fino al momento in cui questo è consentito, se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta (sempreché, in tal caso, l’istanza di accesso sia tempestivamente proposta nei quindici giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione);
d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2525; Id, 19 gennaio 2021, n. 575).
2.2.- L’ipotesi che, nel caso in esame, occorre considerare è quella di cui supra, sub c) –trattandosi di vizi correlati alla regolarità della documentazione amministrativa ed alla valutazione di anomalia dell’offerta – in ordine alla quale occorre allora, nei sensi chiariti, dare concorrente rilievo, per un verso, alla diligenza dell’operatore economico nella tempestiva formalizzazione della istanza ostensiva e, per altro verso, alla correttezza della stazione appaltante nell’altrettanto tempestiva evasione della stessa.
Ne segue, perciò, che:
a) se l’istanza di accesso è tempestiva (in quanto proposta, come vale ribadire, entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla comunicazione o dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) e parimenti tempestivo è il riscontro ostensivo da parte della stazione appaltante, il termine per impugnare (di trenta giorni) subisce una “corrispondente dilazione temporale” (di quindici giorni): di tal che, in definitiva, il ricorso deve essere proposto entro il termine massimo (certo ed obiettivo) di 45 giorni (dalla comunicazione o pubblicazione);
b) se, per contro, l’istanza di accesso è tardiva (quindi, di nuovo, successiva al quindicesimo giorno dalla comunicazione o pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione) non opera, a pro del ricorrente, la ridetta “dilazione temporale”: e ciò in ragione di un bene inteso canone di auto-responsabilità dell’operatore economico che concorre a gare pubbliche e della correlata necessità di evitare che il termine di impugnazione possa rimanere aperto o modulato ad libitum;
c) nel caso, invece, di comportamenti ostruzionistici e dilatori imputabili alla stazione appaltante (che non dia puntuale riscontro alla tempestiva istanza di accesso, ovvero la evada successivamente al termine di quindici giorni dalla ricezione), il termine per impugnare (trattandosi di vizi conoscibili solo in esito all’accesso) non inizia a decorrere se non dal momento dell’ostensione della documentazione richiesta (sicché, più che di vera e propria “dilazione temporale”, in tal caso finisce per operare una autonoma e nuova decorrenza del termine).
2.3.- In verità, va dato atto – alla luce della successiva e non del tutto omogenea elaborazione giurisprudenziale – di una diversa, e più articolata, declinazione del riassunto criterio della “dilazione temporale”: essendosi, sul punto, formati, pur nel rispetto delle delineate coordinate e premesse esegetiche, tre diversi orientamenti (in ogni caso relativi alla ipotesi di tempestiva formalizzazione della istanza di accesso, per vizi desumibili solo dall’esame della documentazione di gara): a) il primo (immediatamente valorizzato e diffusamente argomentato, per esempio, da Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2021, n. 3127) propende in ogni caso per il termine “secco” (non modulabile) di 45 giorni (30+15); b) il secondo (sposato da Cons. Stato, sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792 e, da ultimo, da Id., sez. V, 29 novembre 2022, n. 10470) ritiene, per contro, indifferente il periodo di tempo impiegato per presentare l’istanza di accesso, dovendosi, in sostanza, concedere in ogni caso il termine ordinario di trenta giorni per impugnare gli atti di gara, con decorso dalla evasione dell’istanza ostensiva, purché tempestiva: sicché, in definitiva, il termine massimo finisce per essere spostato al 60° giorno (15+15+30); c) un terzo orientamento (ispirato alla tesi della c.d. “sottrazione dei giorni”: in tal senso, per esempio, essenzialmente nella elaborazione giurisprudenziale di prime cure, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III-quater,15 dicembre 2020, n. 13550; T.A.R. Umbria, Sez. I, 19 ottobre 2021, n. 736) ritiene, invece, che – fermo restando che il rifiuto o il differimento dell’accesso da parte della stazione appaltante non determina la “consumazione” del potere di impugnare – ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame: sicché, in sostanza, al termine ordinario di 30 giorni occorrerebbe: c1) sia sottrarre i giorni che ha impiegato la stazione appaltante per consentire l’accesso agli atti (che non potrebbe essere posto a carico del privato); c2) sia addizionare i giorni ‘a carico’ del ricorrente, pari al tempo impiegato tra la partecipazione dell’aggiudicazione e la domanda di accesso.
2.4.- Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall’orientamento che – in conformità alla soluzione sub a) ed in pedissequa adesione alle direttive nomofilattiche della Adunanza plenaria – individua come (ultimativo) dies ne ultra quem il 45° giorno dalla pubblicazione (o comunicazione) della intervenuta aggiudicazione.
2.4.1.- Invero, come diffusamente chiarito da Cons. Stato, sez. V, n. 10470/2022 cit., non può, anzitutto, essere condiviso l’assunto (che alimenta l’orientamento sub c) secondo cui dai 45 giorni complessivi debbano essere sottratti i giorni che l’impresa ha atteso per effettuare l’accesso, in quanto, diversamente, si lascerebbe il concorrente arbitro di determinare ad libitum la decorrenza del termine.
Si tratta anzitutto, in effetti, per un verso di un portato non necessario dei principî affermati dall’Adunanza plenaria e, per altro verso, di soluzione non del tutto compatibile con il canone dell’effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici.
Sostenere, infatti, che dal complessivo termine di 45 giorni, individuato per la c.d. dilazione temporale, debbano essere sottratti i giorni che l’impresa concorrente ha impiegato per chiedere l’accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l’onere di proporre l’accesso non solo tempestivamente, come certo l’ordinaria diligenza, prima ancora che l’art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l’opportunità dell’accesso al fine di impugnare: laddove la stessa Amministrazione, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, dispone di ben quindici giorni per consentire o meno l’accesso agli atti, al di là dell’eventuale superamento di questo termine per condotte dilatorie od ostruzionistiche.
Vero è che, occorre ammettere, il “ritardo” (ma meglio dovrebbe dirsi, in realtà, l’”indugio”, dato che la obiettiva tempestività non è in discussione) nella formalizzazione della istanza ostensiva verrebbe, in certo modo, algebricamente “compensato” dalla correlativa tempistica del riscontro amministrativo: e, nondimeno, il meccanismo si presta alla introduzione di un inutile fattore di incertezza, che contraddice alla logica – alla quale è necessario far capo – della ragionevole conciliazione del diritto di difesa con la certezza dell’azione amministrativa, in materia di attribuzione di pubbliche commesse.
2.4.2.- Non ne discende, tuttavia, l’accoglimento della prospettiva intermedia, che – in una pur plausibile logica di riconoscimento al concorrente di un “congruo termine” per la formalizzazione della richiesta di accesso documentale – finisce per riconoscere in ogni caso (quindi, indipendentemente dalla sollecitudine nella presentazione della istanza ostensiva) il termine di trenta giorni decorrenti dalla (sia pure, in ogni caso, tempestiva) evasione dell’istanza.
Per contro, appare corretto, in una logica di astratto e ragionevole bilanciamento degli interessi, premiare – fermo il limite minimo della tempestività – la solerzia del concorrente che, venuto a conoscenza degli esiti sfavorevoli della procedura evidenziale, si attivi sollecitamente alla presentazione della istanza di accesso, atta ad integrare il materiale documentale, per quanto non già desumibile dalla prescritta pubblicazione generalizzata dei rilevanti dati evidenziali.
Deve, per tal via, ribadirsi – in conformità ad un correlativo e bene inteso canone di certezza, che, nella prospettiva assunta dall’Adunanza plenaria, compendia le esigenze difensive con un qualificato principio di buon andamento dell’azione amministrativa in subiecta materia – la regola per cui, “una volta avuta conoscenza del provvedimento di aggiudicazione, in una delle diverse modalità possibili […] il concorrente pregiudicato è tenuto nel termine di quarantacinque giorni a presentare istanza di accesso ai documenti e a proporre impugnazione, salvo l’ipotesi eccezionale di comportamento ostruzionistico tenuto dall’amministrazione” (Cons. Stato, sez. V, 5 aprile 2022, n. 2525).
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