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Obbligo di verifica costo della manodopera rispetto ai minimi salariali, indipendentemente da verifica di anomalia, anche nel nuovo Codice contratti pubblici (art. 108 , art. 110 d.lgs. n. 36/2023)

TAR Napoli, 07.11.2023 n. 6128

Occorre rammentare che, in forza del combinato disposto degli artt. 108 comma 9 e 110 comma 5 lett. d) del d.lgs. n. 36/2023, al pari di quanto stabilivano gli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, lett. d) del d.lgs. n. 50/2016, prima dell’aggiudicazione le stazioni appaltanti devono verificare che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi.
Tale accertamento (che non dà luogo a un sub-procedimento di verifica di anomalia dell’intera offerta, ma mira esclusivamente a controllare il rispetto del salario minimo: cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 novembre 2022, n. 14776) è sempre obbligatorio, anche nei casi, quale quello in esame, di gara al massimo ribasso. Diversamente, infatti, potrebbe essere compromesso il diritto dei lavoratori alla retribuzione minima, tutelato dall’art. 36 Cost. (in argomento cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 21 dicembre 2020, n. 1994; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 1° giugno 2020, n. 978; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 16 marzo 2020, n. 329; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 26 marzo 2018, n. 608).
In altri termini, la Stazione appaltante ha l’obbligo di procedere, prima dell’aggiudicazione, sempre e comunque, a prescindere dalla valutazione di anomalia dell’offerta, alla verifica della congruità del costo della manodopera rispetto ai minimi salariali retributivi. In altre parole, si tratta di una autonoma condicio causam dans del provvedimento di aggiudicazione, come indefettibilmente condizionato all’esito positivo di tale attività di certazione.
Inoltre, al fine di consentire alla stazione appaltante tale doverosa attività di controllo, occorre distinguere i “costi indiretti della commessa”, ovverosia i costi relativi al personale di supporto all’esecuzione dell’appalto o adibito a servizi esterni, dai “costi diretti della commessa”, comprensivi di tutti i dipendenti impiegati per l’esecuzione della specifica commessa. L’obbligatoria indicazione dei costi della manodopera in offerta – e la correlativa verifica della loro congruità imposta alla Stazione appaltante – si impone solo per i dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta per la specifica commessa; non è così, invece, per le figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente, ovvero in modo trasversale a vari contratti, il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 12/07/2021, n.8261).

Sulla distinzione tra “requisiti di partecipazione alla gara” e “requisiti per l’esecuzione del contratto”

Consiglio di Stato, sez. III, 26.10.2023 n. 9255

Ciò chiarito in punto di fatto, in diritto vale richiamare i principi che regolano la distinzione tra “requisiti di partecipazione alla gara” e “requisiti per l’esecuzione del contratto” nonché la disciplina che regola la gara di cui è causa.
La distinzione tra requisiti di partecipazione e requisiti di esecuzione fa capo alla previsione di cui all’art. 100, d.lgs. n. 50 del 2016 che – nel dare recepimento alla normativa eurocomune e, segnatamente, alla previsione di cui all’art. 70 della direttiva 2014/24 e all’art. 87 della direttiva 2014/25 – facoltizza le stazioni appaltanti a richiedere agli operatori concorrenti, in aggiunta al possesso dei “requisiti” e delle “capacità” oggetto di valutazione selettiva di cui all’art. 83, ulteriori “requisiti particolari” (Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2021, n. 2523).
La giurisprudenza colloca tra i requisiti di esecuzione gli elementi caratterizzanti la fase esecutiva del servizio così distinguendoli dai primi, che sono invece necessari per accedere alla procedura di gara, in quanto requisiti generali di moralità (ex art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016) e requisiti speciali attinenti ai criteri di selezione (ex art. 83, d.lgs. n. 50 del 2016). Non essendo in discussione che il possesso dei requisiti di partecipazione sia richiesto al concorrente sin dal momento della presentazione dell’offerta, merita evidenziare che i requisiti di esecuzione sono, di regola, condizioni per la stipulazione del contratto di appalto (Cons. Stato, sez. V, 30 settembre 2020, n. 5734; id. 30 settembre 2020, n. 5740; id. 12 febbraio 2020, n. 1071), pur potendo essere considerati nella lex specialis come elementi dell’offerta, a volte essenziali (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2019, n. 2190), più spesso idonei all’attribuzione di un punteggio premiale (Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2019, n. 5309; id. 25 marzo 2020, n. 2090).
Sul punto è intervenuta la Corte di giustizia UE (sez. I, 8 luglio 2021, n. 428) che ha chiarito come l’attrazione di una specifica capacità prestazionale nell’alveo dei requisiti di partecipazione, sebbene inerente stricto sensu alle concrete modalità di svolgimento della futura attività contrattuale, dunque dell’offerta, ben può essere giustificata dal rafforzamento dell’esigenza per la stazione appaltante di assicurarsi, a monte, che coloro che partecipano alla gara dimostrino di poter essere nelle condizioni di svolgere determinate prestazioni richiedenti caratteristiche operative peculiari. Tale esigenza è tuttavia controbilanciata dal principio secondo cui il fatto di obbligare gli offerenti a soddisfare tutte le condizioni di esecuzione dell’appalto sin dalla presentazione della loro offerta costituisce un requisito eccessivo che, di conseguenza, rischia di dissuadere tali operatori dal partecipare alle procedure di aggiudicazione degli appalti e, in tal modo, viola i principi di proporzionalità e di trasparenza.
Rileva il Collegio che la regolazione dei requisiti di esecuzione va rinvenuta nella lex specialis, con la conseguenza che, se richiesti come elementi essenziali dell’offerta o per l’attribuzione di un punteggio premiale, la loro mancanza al momento di partecipazione alla gara comporta, rispettivamente, l’esclusione del concorrente o la mancata attribuzione del punteggio; se richiesti come condizione per la stipulazione del contratto, la loro mancanza rileva al momento dell’aggiudicazione o al momento fissato dalla legge di gara per la relativa verifica e comporta la decadenza dall’aggiudicazione, per l’impossibilità di stipulare il contratto addebitabile all’aggiudicatario (Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2022, n.1617).
Sebbene si tratti di distinzione in sé non del tutto perspicua (perché non ancorata a parametri oggettivi) e fonte di potenziali incertezze, la giurisprudenza si è dimostrata, nondimeno, propensa a valorizzarla in una più comprensiva prospettiva proconcorrenziale, legittimando (talora perfino in termini di riqualificazione delle condizioni di gara) la prospettica disponibilità in executivis di requisiti di troppo onerosa (e, come tale, sproporzionata ed eccessivamente restrittiva) acquisizione preventiva (Cons. Stato, sez. V, 16 agosto 2022, n. 7137; id. 17 dicembre 2020, n. 8101; id., sez. V, 9 febbraio 2021, n. 1214).
Va ancora ricordato che, secondo un principio giurisprudenziale posto a salvaguardia dell’attendibilità delle offerte e della serietà della competizione, nonché dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, in caso di incertezza interpretativa va preferita una interpretazione delle clausole del bando nel senso che i mezzi e le dotazioni funzionali all’esecuzione del contratto, soprattutto quando valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio per l’offerta tecnica, devono essere individuati già al momento della presentazione dell’offerta, con un impegno del concorrente ad acquisirne la disponibilità, a carattere vincolante (Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n. 2090; id. 23 agosto 2019, n. 5806; id. 29 luglio 2019, n. 5308) ovvero compiutamente modulato dalla stazione appaltante quanto alla serietà ed alla modalità della sua assunzione o alle condizioni e ai termini di adempimento dell’obbligazione futura (Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2022, n. 722; id. 18 dicembre 2020, n. 8159).

Chiarimenti della Stazione Appaltante : principi consolidati

Consiglio di Stato, sez. III, 26.10.2023 n. 9254

E’, infatti, principio pacifico nella giurisprudenza del giudice amministrativo che i Chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso della procedura di gara sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis, avendo i medesimi una mera funzione di illustrazione delle regole già formate e predisposte dalla disciplina di gara, senza alcuna incidenza in termini di modificazione o integrazione delle condizioni della procedura selettiva (Cons. St., sez. V, 7 settembre 2022, n. 7793; id., sez. III, 7 gennaio 2022, n. 64; id., sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978; id., sez. III, 13 gennaio 2016, n. 74; id. 20 aprile 2015, n. 1993; id., sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6154). I Chiarimenti della stazione appaltante possono, infatti, costituire interpretazione autentica con cui l’Amministrazione spiega la propria volontà provvedimentale (Cons. St., sez. III, 7 febbraio 2018, n. 781), meglio delucidando le previsioni della lex specialis (Cons. St., sez. III, 22 gennaio 2014, n. 290; id., sez. IV, 21 gennaio 2013, n. 341): ciò è tuttavia consentito soltanto nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le chiarificazioni fornite dall’Amministrazione ed il tenore delle clausole chiarite (Cons. St., sez. IV, 14 aprile 2015, n. 1889), in caso di contrasto dovendo darsi prevalenza alle clausole della lex specialis e al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono (Cons. St., sez. V, 5 settembre 2023, n. 8176; id., sez. III, 28 settembre 2020, n. 5708).
I Chiarimenti non sono invece ammissibili allorquando, mediante l’attività interpretativa, si giunga ad attribuire a una disposizione del bando un significato e una portata diversa o maggiore rispetto a quella che risulta dal testo, in quanto in tema di gare d’appalto le uniche fonti della procedura sono costituite dal bando di gara, dal capitolato e dal disciplinare, unitamente agli eventuali allegati: ne consegue che i chiarimenti auto-interpretativi della stazione appaltante non possono né modificarle né integrarle, assumendo le previsioni della legge di gara carattere vincolante per la Commissione giudicatrice (Cons. St., sez. V, 23 settembre 2015, n. 4441); dette fonti devono essere interpretate e applicate per quello che oggettivamente prescrivono, senza che possano acquisire rilevanza atti interpretativi postumi della stazione appaltante.
Con i chiarimenti non sono, dunque, possibili operazioni manipolative, potendo essi solo contribuire, con un’operazione di interpretazione del testo, a renderne chiaro e comprensibile il significato o la ratio, violandosi altrimenti il rigoroso principio formale della lex specialis, posto a garanzia dei principi di cui all’art. 97 Cost. (Cons. St., sez. V, 2 settembre 2019, n. 6026).
Tutto ciò premesso, il primo motivo di appello non è suscettibile di positiva valutazione atteso che l’apparecchio offerto da -OMISSIS- risponde solo alla prima delle due condizioni sopra indicate, perché non è il modello più avanzato, avendo la società prodotto il modello superiore (…). A fronte della chiara previsione della legge di gara, l’offerta della -OMISSIS- avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura, in applicazione del principio secondo cui le clausole della lex specialis di gara vincolano la stessa stazione appaltante, che non può non applicarle salvo ad agire in autotutela. Tale principio, posto a tutela dell’affidamento dei partecipanti, della par condicio dei concorrenti e dell’esigenza della più ampia partecipazione, incontra la sola deroga della possibilità per l’Amministrazione di discostarsi legittimamente in via di interpretazione dalle norme della lex specialis solo in presenza di una sua obiettiva incertezza (Cons. St., sez. III, 6 ottobre 2023, n. 8705; id. 28 giugno 2019, n. 4459; id., sez. V, 29 ottobre 2018, n. 6132; id., sez. III, 18 giugno 2018, n. 3715).

Avvalimento SOA nel nuovo Codice appalti : specificità del contratto e compiti del RUP di vigilanza e controllo in fase di esecuzione (art. 104 , allegato II.12 d.lgs. 36/2023)

TAR Reggio Calabria, 26.10.2023 n. 782

Il comma 2 dell’art. 104 precisa che, “qualora il contratto di avvalimento sia concluso per acquisire un requisito necessario alla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto di lavori di importo pari o superiore a euro 150.000 o di un appalto di servizi e forniture, esso ha per oggetto le dotazioni tecniche e le risorse che avrebbero consentito all’operatore economico di ottenere l’attestazione di qualificazione richiesta”.
L’art. 26 dell’Allegato II.12 (”Contratto di avvalimento in gara e qualificazione mediante avvalimento”), non diversamente dall’art. 88 d.P.R. n. 207/2010, prevede che “Per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 104 del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente: a) l’oggetto, le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”; b) durata; c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento”.
Si tratta pertanto di accertare, alla stregua del nuovo impianto normativo, se l’avvalimento della SOA, speso in concreto dalla ricorrente ai fini della partecipazione alla gara, sia conforme all’attuale assetto normativo dell’avvalimento, essendo indispensabile che l’impresa ausiliaria metta a disposizione dell’impresa ausiliata concorrente la propria organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che complessivamente considerate le hanno consentito di acquisire la certificazione stessa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2017 n. 3710; Id, 18 marzo 2019 n. 1730).

22. Nel caso in esame, la Stazione appaltante ha ritenuto che il contratto che la ricorrente ha prodotto al fine di superare la carenza del requisito del possesso della qualifica in OG1, classifica II, fosse a tal fine inidoneo, ragionando, ad avviso del Collegio, in termini eccessivamente restrittivi e con riferimento ad una norma regolatrice dell’istituto (art. 89 D.lgs. n. 50/2016) espunta ormai dall’ordinamento giuridico.
In primo luogo, appare non di poco momento sottolineare che l’art. 104 D.lgs. n. 36/2023, a differenza della citata disposizione normativa, non prevede più che la specificazione delle risorse e delle dotazioni tecniche sia stabilito a pena di nullità del contratto di avvalimento.
In secondo luogo, già sotto la vigenza dell’art. 89 D.lgs. n. 50/2016, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 22 del 2020, con riferimento all’avvalimento di una attestazione SOA aveva ribadito che “la certificazione di qualità costituisce un requisito speciale di natura tecnico-organizzativa, come tale suscettibile di avvalimento, in quanto il contenuto dell’attestazione concerne il sistema gestionale dell’azienda e l’efficacia del suo processo operativo”.
Tuttavia, per evitare che l’avvalimento dell’attestazione SOA, generalmente ammissibile per il favor partecipationis che permea l’istituto dell’avvalimento ed oggi ancor più da valorizzarsi alla stregua dei principi del libero accesso al mercato e della massima partecipazione alle gare (art. 3 e art. 10 D.lgs. n. 36/2023 – divenga in concreto un mezzo per eludere il rigoroso sistema di qualificazione nel settore dei lavori pubblici, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte ribadito che “l’avvalimento dell’attestazione SOA è consentito ad una duplice condizione: a) che oggetto della messa a disposizione sia l’intero setting di elementi e requisiti che hanno consentito all’impresa ausiliaria di ottenere il rilascio dell’attestazione SOA; b) che il contratto di avvalimento dia conto, in modo puntuale, del complesso dei requisiti oggetto di avvalimento, senza impiegare formule generiche o di mero stile.” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 13 aprile 2022 n. 2784; Id, 4 novembre 2021 n. 7370).
Si è ancora chiarito che “quando oggetto dell’avvalimento sia un’attestazione SOA di cui la concorrente sia priva, occorre, ai fini dell’idoneità del contratto, che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire l’attestazione da mettere a disposizione (Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2017, n. 2316, Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2226), sicché è onere del concorrente dimostrare che l’impresa ausiliaria non si impegna semplicemente a prestare il requisito soggettivo richiesto e, nel caso di specie, l’attestazione SOA, quale mero requisito astratto e valore cartolare, ma assume la specifica obbligazione di mettere a disposizione dell’impresa ausiliata, in relazione all’esecuzione dell’appalto, le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo, in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità.” L’avvalimento serve, infatti “ad integrare una organizzazione aziendale realmente esistente ed operante nel segmento di mercato proprio dell’appalto posto a gara, ma, di certo, non consente di creare un concorrente virtuale costituito solo da una segreteria di coordinamento delle attività altrui, né di partecipare alla competizione ad un operatore con vocazione statutaria ed aziendale completamente estranea rispetto alla tipologia di appalto da aggiudicare” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 10 giugno 2020, n. 3702).
In altre parole, nel caso di avvalimento che abbia ad oggetto l’attestazione SOA, oggetto di prestito è l’intero apparato organizzativo (in termini di mezzi e risorse) del soggetto avvalso o parte di questo, nella misura necessaria all’esecuzione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2021, n. 8074 in cui si è ulteriormente chiarito che “tale risultato (la disponibilità dell’intero complesso produttivo, n.d.s.) si potrebbe ottenere con un contratto di affitto di azienda o di ramo di azienda, ma la peculiarità di questa modalità di collaborazione tra imprese, che fa transitare l’avvalimento nella atipicità o, come altri dice, nella transtipicità, sta nel fatto che non si verifica il trasferimento definitivo dell’azienda, ma solo, appunto, una sua temporanea e parziale messa a disposizione per la singola gara e per il tempo necessario all’esecuzione del contratto d’appalto”).
Quest’ultimo profilo – la correlazione tra apparato organizzativo oggetto del prestito e capacità di esecuzione del contratto d’appalto in affidamento – “ha carattere decisivo poiché il concorrente privo del requisito di attestazione SOA dichiara alla stazione appaltante di essere sprovvisto della capacità tecnico – professionale di eseguire il contratto (o parte di esso o alcune specifiche lavorazioni), e che si impegna, tramite avvalimento, a recuperare la capacità mancante, ma perché ciò avvenga realmente è necessaria l’effettiva integrazione dei complessi aziendali dell’avvalente e dell’ausiliaria; diversamente, il contratto di avvalimento si risolve in una “scatola vuota” ossia in un trasferimento documentale cui non corrisponde alcun reale intervento dell’ausiliario nell’esecuzione dell’appalto, e, in definitiva, ove non si disponga diversamente, nell’affidamento dell’opera ad un concorrente che si è dichiarato incapace di eseguirla nella sua interezza” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2022 n. 169).

23. L’impegno dell’ausiliario deve, quindi, essere munito dei necessari requisiti della determinatezza, o quanto meno della determinabilità, ai sensi dell’art. 1346 cod. civ., onde prevenire contestazioni nella fase di esecuzione del contratto tra l’appaltatore e l’ausiliario che possano frustrarne il buon esito.
Nel caso di specie, l’oggetto del contratto di avvalimento risulta determinabile “per relationem” sulla base del complesso delle risorse aziendali che valsero all’ausiliaria l’ottenimento della certificazione di qualità.
Reputa, infatti, il Collegio che, avendo l’ausiliaria specificato nel contratto di avvalimento di mettere a disposizione dell’ausiliata “tutti i mezzi e le attrezzature, i macchinari, i beni finiti, i materiali, il personale che hanno consentito il conseguimento della qualificazione e che verranno messe a disposizione del concorrente per tutta la durata dell’appalto” e cioè l’azienda intesa come complesso produttivo unitariamente considerato e già “testato” ai fini del conseguimento della SOA in OG1 cl. III, la ricorrente abbia dimostrato che la messa a disposizione del requisito mancante non si risolve nel prestito di un valore puramente cartolare (ossia l’astratta attestazione SOA), ma nell’impegno “totalizzante” dell’impresa ausiliaria a prestare le proprie risorse e il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità a seconda dei casi: mezzi, personale, prassi e tutti gli altri elementi aziendali qualificanti.
D’altronde, l’esistenza del complesso aziendale da prestare da parte dell’ausiliaria, assurto a presupposto di validità dell’instaurando rapporto collaborativo per essere stato sufficiente a conseguire la qualificazione in OG1 cl. III, non è mai stata smentita dalla stazione appaltante.
Tanto più che nella documentazione allegata all’offerta-come sottolineato dalla ricorrente e non contestato in giudizio dalla Città Metropolitana- è dato di rinvenire la cartella denominata “avvalimento” contenente la dichiarazione attestante il possesso dei requisiti di carattere tecnico organizzativo dell’impresa ausiliaria (elenco mezzi) che le hanno pacificamente permesso di ottenere l’attestato SOA in corso di validità al 2023 (v. docc. n. 13 e n. 14 di parte ricorrente).

24. Deve, inoltre, convenirsi con la difesa della ricorrente quando richiama, in modo del tutto pertinente al caso concreto, l’art. 104 comma 9 D.lgs. n. 36/2023 (v. anche art. 8 lett. i) All. n. 1.2) che così dispone “In relazione a ciascun affidamento la stazione appaltante in corso d’esecuzione effettua le verifiche sostanziali circa l’effettivo possesso dei requisiti e delle risorse oggetto dell’avvalimento da parte dell’impresa ausiliaria, nonché l’effettivo impiego delle risorse medesime nell’esecuzione dell’appalto. A tal fine il RUP accerta in corso d’opera che le prestazioni oggetto di contratto siano svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell’impresa ausiliaria che il titolare del contratto utilizza in adempimento degli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento…”
Come si può notare, la norma affida al RUP importanti compiti di vigilanza e di controllo in fase di esecuzione del contratto circa l’effettivo impiego da parte dell’appaltatore delle risorse tecniche e strumentali messe a disposizione dall’ausiliaria con il contratto di avvalimento.
Ciò può avvenire anche tramite l’acquisizione “sul campo” di un aggiornato inventario dei beni aziendali che garantisca l’avvenuta prestazione effettiva di attività ed i mezzi da un’impresa all’altra e, conseguentemente, il “risultato” della buona esecuzione del contratto di appalto, dovendo altrimenti il RUP procedere alla sua risoluzione.
È corretto affermare, pertanto, che a mezzo dell’avvalimento Geodrill ha acquisito il titolo di qualificazione (l’attestazione SOA in una classifica addirittura superiore a quella richiesta dal bando), della quale s’era dichiarata sprovvista nella domanda di partecipazione e con essa l’effettiva capacità di esecuzione del contratto di appalto oggetto di affidamento.

Appalto lavori e sistema di qualificazione nel nuovo Codice dei contratti pubblici : tutte le categorie di opere scorporabili devono considerarsi a qualificazione obbligatoria (art. 100 , Allegato II.12 d.lgs. n. 36/2023)

TAR Reggio Calabria, 26.10.2023 n. 782

Rispetto a questo nucleo argomentativo, con un primo gruppo di censure la ricorrente ha dedotto di essere un operatore economico qualificato “anche” nella categoria scorporabile OG1 cl. II a prescindere dal “prestito” del requisito SOA ottenuto con l’avvalimento, criticando l’illegittimità del provvedimento di esclusione nella parte in cui ha omesso di tenerne conto.
Ciò perché -OMISSIS- sarebbe comunque qualificata per la categoria prevalente OS21 cl. III per € 1.033.000 ovvero per un importo nettamente superiore al valore dell’appalto (€ 561.411,57) e perché la categoria scorporabile OG1 non sarebbe più annoverabile tra le categorie a qualificazione obbligatoria di cui il concorrente deve necessariamente essere in possesso, stante l’intervenuta abrogazione tacita dell’art. 12 D.L. n. 47/2014. Le categorie a qualificazione obbligatoria, infatti, sono quelle che, se superano il 10% dell’importo complessivo dei lavori o 150.000 euro e fanno parte delle scorporabili, non possono essere eseguite dall’impresa affidataria se sprovvista di tale categoria, ma devono essere subappaltate ad imprese qualificate.
Il motivo è infondato.
La tesi esposta dalla ricorrente muove dal nuovo assetto normativo delineato dall’art. 100 co. 4 del D.lgs. n. 36/2023 in tema di qualificazione degli operatori economici.
Tale disposizione rinvia all’art. 30 dell’Allegato II.12 secondo cui “il concorrente singolo può partecipare alla gara qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori ovvero sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi. I requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente”.
Dovendo interpretare la disposizione in un’ottica funzionale alla coerenza e alla sistematicità del dato normativo, se ne ricava che -OMISSIS- può certamente essere annoverata tra i concorrenti in possesso dei requisiti tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente (OS 21 cl. II) per l’importo totale dei lavori (€ 1.033.000 contro € 561.411,57) essendo qualificata per una categoria superiore (OS 21 cl. III), mentre non possiede i requisiti relativi alla categoria scorporabile né per il singolo importo € 265.697,10 né per l’intero valore dell’appalto.
Ne potrebbe però discendere, secondo lo sviluppo argomentativo attoreo, che non essendo più rinvenibile nel nuovo Codice dei contratti la distinzione tra categoria di lavorazioni a qualificazione “obbligatoria” e “non obbligatoria” imposta dall’art. 12 D.L. n. 47/2014 -da intendersi, anzi, come tacitamente abrogata ai sensi dell’art. 15 disp. att. c.c.- l’impresa che è qualificata in OS21 per l’importo totale dei lavori lo sarebbe automaticamente anche per la categoria scorporabile (OG1).
Questa tesi prova troppo e va disattesa per almeno due ragioni.
Sotto il profilo testuale, rileva in primo luogo la disposizione del bando/disciplinare di gara (punto 6.2. lett. a), non impugnata in parte qua, che definisce espressamente come “a qualificazione obbligatoria” le lavorazioni da eseguirsi in OG1 (“attestazione SOA rilasciata da società regolarmente autorizzate, in corso di validità ed adeguata, ai sensi dell’allegato II.12 del D.lgs 36/2023, per categorie e classifiche, ai valori dell’appalto. Le lavorazioni relative alla cat. scorporabile OG1, a qualificazione obbligatoria, possono essere eseguite dall’appaltatore solo se in possesso della relativa qualificazione, scorporate ai fini di RTI di tipo verticale o subappaltate per intero ad impresa qualificata”).
A prescindere dalla clausola vincolante prevista dalla lex specialis, soccorre, per autorevolezza della fonte, anche la relazione al nuovo codice dei contratti nella quale, invero solo sotto la rubrica dell’art. 119 co.17 (“subappalto”), si riporta che “La questione dell’ammissibilità del subappalto per l’esecuzione dei lavori riguardanti le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria – attualmente desumibile dalla perdurante vigenza dell’art. 12, comma 14, del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80 – attiene alla qualificazione degli operatori economici, di cui in particolare, all’art. 100”.
Con la nuova disciplina del sistema di qualificazione degli operatori economici introdotta dal D.lgs. n. 36/2023 e nell’attuale vigenza dell’art. 12 D.L. n. 47/2014, si può dunque affermare che tutte le categorie di opere scorporabili, sia generali che specializzate, dovranno, dal 1 luglio 2023, considerarsi a qualificazione obbligatoria, ovvero l’aggiudicatario, per eseguirle, dovrà essere in possesso della relativa qualificazione, oppure dovrà necessariamente ricorrere al subappalto.
Tale interpretazione, oltre a configurare un esito rassicurante del quadro normativo in tema di qualificazione degli operatori economici, ha il pregio di armonizzarsi con l’art. 2 comma 2 del citato allegato II.12, laddove prescrive che “La qualificazione in una categoria abilita l’operatore economico a partecipare alle gare e a eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto”, il che fa dedurre che per “eseguire i lavori” è necessario essere in possesso di adeguata qualificazione.

Proposta di aggiudicazione del Responsabile di fase ed aggiudicazione dell’Organo competente : conformità al nuovo Codice contratti pubblici (art. 17 , Allegato I.2 d.lgs. n. 36/2023)

TAR Reggio Calabria, 26.10.2023 n. 782

Nella procedura in esame, come si è detto, la Stazione appaltante ha espressamente ritenuto di dover applicare le nuove regole dettate per gli appalti ordinari (art. 17 comma 5 D.lgs. n. 36/2023).
Quest’ultima disposizione, al primo periodo, D.lgs. n. 36/2023 precisa che “l’organo preposto alla valutazione delle offerte” (nel caso del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la commissione di gara o nel caso del criterio del maggior ribasso il RUP o il Responsabile di fase, come qui avvenuto, sui verbali predisposti dal seggio di gara) “predispone la proposta di aggiudicazione alla migliore offerta non anomala”.
Il secondo periodo del comma in commento, laddove prevede che “L’organo competente a disporre l’aggiudicazione esamina la proposta, e, se la ritiene legittima e conforme all’interesse pubblico, dopo aver verificato il possesso dei requisiti in capo all’offerente, dispone l’aggiudicazione, che è immediatamente efficace”, si riferisce al RUP con poteri a valenza esterna, ma può anche ipotizzarsi – ed è ciò che si è verificato in concreto – un procedimento che si sviluppa fisiologicamente con una proposta di determinazione di aggiudicazione (o atto equivalente) predisposta dal Responsabile di fase per il proprio dirigente / responsabile del servizio, unico organo in questo caso abilitato a manifestare all’esterno la volontà dell’Ente (v. anche all.I.2 al D.lgs. n. 36/2023).
La “novità” rispetto alla precedente disciplina di cui all’art. 32 D.lgs. n. 50/2016 concerne la sequenza procedimentale afferente l’affidamento dell’appalto, essendo scomparso dall’ordito normativo il “doppio” passaggio dell’aggiudicazione non efficace e la successiva (post verifica positiva sul possesso dei requisiti) dell’aggiudicazione efficace.
Ebbene, con determinazione n. 339 del 13.09.2023 il Dirigente del Servizio degli Appalti Pubblici della Città Metropolitana ha semplicemente “adottato”, facendola propria, la proposta di aggiudicazione del Responsabile di fase che ne rinviava l’efficacia “ad un successivo provvedimento da adottarsi dopo aver verificato il possesso dei requisiti in capo all’offerente” (v. doc. n. 5 di parte resistente).
Tuttavia, l’organo dirigenziale competente, dopo aver esaminato la proposta, non ha disposto alcuna aggiudicazione, immediatamente efficace, non essendo stato ancora positivamente effettuato il controllo dei requisiti in capo all’aggiudicatario.
La proposta di aggiudicazione, per quanto qui “approvata” dal Responsabile di fase, rimane (e lo rimarrebbe anche in costanza dell’art. 32 comma 5 D.lgs. n. 50/2016 in assenza di un “provvedimento di aggiudicazione” produttivo di effetti all’esterno) un atto endoprocedimentale, privo di contenuto decisorio, idoneo tutt’al più a far nascere una mera aspettativa di fatto in capo all’aggiudicatario alla positiva definizione del procedimento.

Appalti PNRR ed operatività del nuovo Codice dei contratti pubblici con riferimento alla consegna anticipata nelle more della verifica dei requisiti (art. 17 , art. 225 d.lgs. n. 36/2023)

TAR Reggio Calabria, 26.10.2023 n. 782

L’eccezione è fondata, seppure con la precisazione di cui in appresso.
Vertendosi in materia di appalto finanziato con le risorse previste dal PNRR si dubita dell’immediata operatività dell’art. 17 D.lgs. n. 36/2023 che, invece, la Stazione appaltante, con la determinazione n. (…), ha mostrato di ritenere applicabile alla procedura di gara in questione. Ciò in considerazione di quanto appresso.
Ai sensi dell’art. 225 comma 8 D.lg. 36/2023 (“Disposizioni transitorie e di coordinamento”) “In relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse, si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023 e disposizioni di cui al decreto-legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC, nonché dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018”.
Tra le norme semplificatorie che continuano ad applicarsi ai soli appalti PNRR dopo il 01.07.2023 e fino al 31.12.2023 rientra l’art. 8 D.L. n. 76/2020, il cui vigore fino al 31.12.2023 è stabilito dall’art. 224, co. 2 D.lgs. n. 36/2023 che ha soppresso l’inciso contenuto nel comma 1 del medesimo art. 8 “e fino alla data del 30 giugno 2023”, garantendone l’ultrattività oltre la data predetta.
L’art. 8, comma 2 lett. a), D.L. n. 76/2020 prescrive che “è sempre autorizzata la consegna dei lavori in via d’urgenza e, nel caso di servizi e forniture, l’esecuzione del contratto in via anticipata nelle more della verifica dei requisiti di cui all’art. 80 del medesimo decreto legislativo, nonché dei requisiti di qualificazione previsti per la partecipazione alla procedura”.
Detta disposizione sembra derogare all’obbligo di verifica dei requisiti dell’operatore economico prima della formalizzazione dell’aggiudicazione di cui all’art. 17 comma 5 D.lgs. n. 36/2023, rendendo possibile, nel caso di appalti PNRR, procedere all’aggiudicazione nelle more della verifica delle dichiarazioni rese dall’aggiudicatario in sede di gara e, dunque, provvedere all’esecuzione dell’appalto già in questa fase.

Sotto soglia ed esonero garanzia definitiva ex art. 53 e 117 d.lgs. n. 36/2023 : parere ANAC

L’ANAC ha ritenuto in particolare che  essendo stata dettata una disciplina ad hoc per l’esonero della garanzia definitiva per i contratti sotto soglia all’interno del comma 4 dell’articolo 53, non può venire in rilievo la previsione di cui all’articolo 117, comma 14 del codice. In questo senso depone anche la stessa relazione illustrativa che, in relazione al comma 14 dell’articolo 117, si esprime nel senso che «È stato eliminato il riferimento (contenuto nell’omologa previsione dell’attuale art. 103, comma 11) ai contratti sotto soglia comunitaria perché la relativa disciplina è stata inserita nella parte dedicata a questi ultimi».
Affermata l’inapplicabilità dell’articolo 117, comma 14, del decreto legislativo n. 36 del 2023 agli affidamenti diretti di cui all’articolo 50, comma 1, lettera b) del medesimo decreto, secondo l’Autorità resta da valutare se, nel caso del sotto-soglia, il miglioramento del prezzo possa rappresentare una delle possibili motivazioni alla base dell’esonero dalla prestazione della garanzia o se invece, come prospettato da codesto istante, una tale ipotesi possa configurare una violazione del regime più favorevole proprio dei contratti sotto-soglia.
Al riguardo, ANAC ritiene che, in primo luogo, si debba tenere in considerazione la formulazione ampia del comma 4 dell’articolo 53, che non stabilisce vincoli né detta preclusioni in ordine ai motivi che possono giustificare la mancata richiesta della garanzia definitiva («In casi debitamente motivati è facoltà della stazione appaltante non richiedere la garanzia definitiva per l’esecuzione dei contratti di cui alla presente Parte …)».
L’ampiezza della discrezionalità riconosciuta, in un’ottica di semplificazione, dal legislatore alla stazione appaltante non sembra potere essere fondatamente limitata tramite una interpretazione restrittiva che escluda aprioristicamente, e in via definitiva, la possibilità di addurre quale motivo di esonero dalla garanzia definitiva il miglioramento del prezzo.
Oltre a ciò andrebbe considerato che il regime dettato dall’articolo 117 per il sopra-soglia richiede, ai fini dell’esonero, che il miglioramento del prezzo di aggiudicazione o delle condizioni di esecuzione si cumuli con altre particolari circostanze ivi indicate di cui la stazione appaltante deve debitamente dare conto, mentre nel sotto-soglia, secondo la lettura della disposizione che si ritiene maggiormente conforme alla lettera della norma, il miglioramento del prezzo potrebbe costituire l’unico motivo che giustifica la mancata richiesta della garanzia definitiva.
Ne conseguirebbe, pertanto, un regime per il sotto-soglia meno gravoso, che lascia ampi margini di discrezionalità alla stazione appaltante e concede all’operatore economico la chance di usufruire dell’esonero dalla cauzione anche in assenza di specificità dell’oggetto dell’appalto o di pregressi rapporti con la stazione appaltante.
Conclusivamente, ANAC ritiene di non potere escludere che l’articolo 53, comma 4, del decreto legislativo n. 36 del 2023, consenta di addurre il miglioramento del prezzo come motivazione alla base dell’esonero dalla prestazione della garanzia definitiva.

Parere 26.09.2023 – fasc. 3541.2023.pdf

Soccorso istruttorio procedimentale : va interpretato in conformità al principio del risultato (art. 1 , art. 101 d.lgs. n. 36/2023)

TAR Bolzano, 25.10.2023 n. 316

L’istituto del soccorso istruttorio / procedimentale deve essere interpretato conformemente al cd. principio del risultato, oggi codificato nell’art. 1 del d.lgs. 36/2023 ma, come ricordato dal Consiglio di Stato in una recente decisione, costituente principio già immanente dell’ordinamento (Con. Stato, sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4014).
Il perseguimento del risultato, infatti, deve orientare quale criterio-guida l’azione amministrativa nella selezione del concorrente che risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento avendo presentato la migliore offerta. Da ciò deriva che l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, impedisca all’operatore economico che abbia presentato la migliore offerta di aggiudicarsi la commessa, è illegittimo anche sotto il profilo della violazione del cd. principio del risultato.
È quindi chiaro che il ricorso al soccorso istruttorio / procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto.
Dal fatto che il ricorso al soccorso istruttorio / procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto, deriva che la possibilità della sanatoria di meri errori materiali attraverso detto istituto di soccorso istruttorio/procedimentale deve essere concessa indistintamente a tutti gli operatori economici.
Pertanto, l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, da un lato permette ad un operatore economico (-OMISSIS-) che sia incorso in errori materiali e/o omissioni meramente formali di sanare detti errori, mentre non concede la stessa possibilità ad un altro operatore economico (-OMISSIS-), è illegittimo anche per la violazione della parità di trattamento e della par condicio tra i due concorrenti di gara.

Modalità semplificata per obblighi informativi affidamenti di somma urgenza e protezione civile (art. 140 d.lgs. n. 36/2023)

Il Comunicato del Presidente del 19.10.2023 riporta le modalità semplificate di assolvimento obblighi informativi degli affidamenti eseguiti tramite procedure di somma urgenza e protezione civile ai sensi dell’articolo 140 del nuovo Codice dei contratti pubblici (già disciplinati dall’articolo 163 del decreto legislativo n. 50/2016).
A decorrere dal 1 gennaio 2024, la modalità semplificata di trasmissione verrà estesa a tutti gli affidamenti di importo pari o superiore a 5.000 euro. Le stazioni appaltanti, pertanto, all’atto della richiesta del CIG, dovranno indicare nell’apposito campo il link alla pagina del proprio sito istituzionale dove sono pubblicati i documenti.
Resta fermo in ogni caso che le stazioni appaltanti sono sempre tenute (sia fino al 31 dicembre 2023 sia successivamente) a pubblicare tutti i documenti relativi ad ogni affidamento eseguito in regime di somma urgenza e protezione civile a prescindere dall’importo di affidamento.
I documenti sono pubblicati nella sezione “Amministrazione trasparente” sottosezione “Bandi di gara e contratti” per un periodo di almeno 5 anni e comunque nel rispetto delle previsioni dell’art. 8, co. 3 del d.lgs. 33/2013 (cfr. art. 37 del d.lgs. 33/2013; Allegato 9 della delibera ANAC n. 7/2023; Allegato 1 della delibera ANAC n. 264/2023).

Suddivisione in lotti nel nuovo Codice dei contratti pubblici: obbligo di esplicitare i criteri di natura qualitativa o quantitativa concretamente seguiti dalla Stazione Appaltante (art. 58 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. III, 24.10.2023 n. 9203

Occorre premettere che, in conformità alle indicazioni provenienti dal diritto eurounitario, il legislatore italiano ha recepito, nella previsione di cui all’art. art. 51, del d.lgs. n. 50 del 2016, le indicazioni della direttiva 2014/24/UE, fissando la regola, salvo deroga motivata, della suddivisione in lotti.
Secondo un consolidato orientamento interpretativo di questo Consiglio di Stato la regola della suddivisione in lotti risponde all’esigenza di apertura del mercato ed opposizione alla creazione di posizioni monopolistiche o, comunque, di predominio, obiettivo ritenuto meritevole dal legislatore per la convinzione – che v’è sottesa – che per questa via si possa migliorare l’efficienza del servizio all’utenza e, dunque, in ragione delle stesse preoccupazioni che l’appellante assume a fondamento della sua critica alla regola della suddivisione in lotti (Cons. Stato, sez. V, 20 settembre 2021, n. 6402).
Infatti, la suddivisione in lotti di una procedura di gara favorisce l’apertura del mercato alla concorrenza, rendendo possibile la presentazione dell’offerta anche da parte delle piccole e medie imprese (c.d. P.M.I.), poiché consente alla stazione appaltante di richiedere requisiti di partecipazione che, in quanto parametrati su singoli lotti, sono inevitabilmente meno gravosi di quelli che, in termini di capacità economica e prestazionali, sarebbero richiesti per la partecipazione all’intera procedura di gara; requisiti questi ultimi dei quali sono in possesso solo imprese di grandi dimensioni.
In definitiva, l’apertura alla concorrenza è realizzata rendendo possibile la formulazione di un’offerta che, invece, per una procedura unitaria, non sarebbe neppure proponibile.
Deve, altresì, considerarsi che il rafforzato favor per la suddivisione dell’appalto in lotti è dovuto alla crescente attenzione riservata dal legislatore europeo all’accesso al mercato delle commesse pubbliche da parte delle P.M.I., costituendo la riduzione del valore dei contratti un efficace incentivo alla partecipazione degli operatori di mercato di più ridotte dimensioni alle procedure di affidamento.
Ed infatti la Direttiva 2014/24/UE, al Considerando 2, dopo avere premesso che “gli appalti pubblici …..costituiscono uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva garantendo contemporaneamente l’uso più efficiente possibile dei finanziamenti pubblici”, afferma che tra le proprie primarie finalità vi è quella di aggiornare la precedente Direttiva 2004/18/CE “in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici e permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale”.
Il considerando 78 precisa, poi, che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti” e che “se l’amministrazione aggiudicatrice decide che non è appropriato suddividere l’appalto in lotti, la relazione individuale o i documenti di gara dovrebbero contenere un’indicazione dei principali motivi della scelta dell’amministrazione aggiudicatrice. Tali motivi potrebbero, per esempio, consistere nel fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ritiene che tale suddivisione possa rischiare di limitare la concorrenza o di rendere l’esecuzione dell’appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero che l’esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell’appalto”.
L’art. 46 della stessa Direttiva afferma, infine, che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono decidere di aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati e possono determinare le dimensioni e l’oggetto di tali lotti. … Le amministrazioni aggiudicatrici indicano i motivi principali della loro decisione di non suddividere in lotti; tali motivi sono riportati nei documenti di gara o nella relazione unica di cui all’articolo 84”.
Si tratta, insomma, come ritenuto dalla giurisprudenza (cfr., in particolare, Cons. Stato, sez. V, 15 febbraio 2023, n. 1607) di una misura pro-concorrenziale espressamente volta ad assicurare la maggiore partecipazione possibile alle gare di imprese di non grandi dimensioni.
La giurisprudenza è assolutamente concorde nel dare la esposta lettura della disposizione in esame, rimarcando più volte non solo la legittimità, ma anche il rispetto del principio del buon andamento nella divisione di un pubblico appalto in lotti, con il rammentare che in materia di appalti pubblici è senz’altro principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto regola diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese e funzionale alla tutela della concorrenza.
L’art. 51 consente, inoltre, alla stazione appaltante di derogare alla regola della suddivisione in lotti per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito.
Infatti, poiché l’art. 51, comma 1, del Codice è norma giuridica costruita nella forma linguistica della proposizione prescrittiva (di modo che colui che non si adegua al precetto, non manifestando ad esso adesione, deve giustificarsi per evitare la sanzione, fornendo la prova di trovarsi in uno dei casi in cui la regola fa eccezione), in coerenza, il legislatore onera la stazione appaltante di motivare la scelta di non suddividere la procedura di gara in lotti, ossia di non adeguarsi al precetto.
In conclusione, il principio della suddivisione in lotti, prevista dall’art. 51 del Codice può, dunque, essere derogato, attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), il cui concreto esercizio deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 2023, n. 5992; sez. III, 7 maggio 2020, n. 2881; 21 marzo 2019, nr 1857; 22 febbraio 2019, n. 1222; sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044; sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1138; 13 novembre 2017 n. 5224; sez. V, 6 marzo 2017, n. 1038).
Né può condividersi l’interpretazione del primo giudice in ordine all’art. 51, comma 1, secondo periodo, d.lgs. n. 50 del 2016, laddove ha ritenuto che, per il solo fatto che la procedura de qua fosse suddivisa già in 18 lotti, non vi fosse alcun obbligo per la stazione appaltante di esternare le ragioni tecnico-economiche che la hanno indotta a prevedere un unico lotto (lotto n. 9) così composito e diversificato nel suo oggetto.
Ritiene, invero, il Collegio che il semplice fatto che vi sia stata una suddivisione in lotti non esclude affatto che possano essere sindacate, sotto il profilo della legittimità e del rispetto sostanziale della ratio della disposizione, anche le modalità con le quali la suddivisione è avvenuta.
Del resto, ex post, ciò risulta confermato dalla disposizione oggi contenuta nell’art. 58, comma 3, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (non applicabile ratione temporis alla presente vicenda, ma certamente utilizzabile quale criterio ermeneutico della finalità della retrostante previsione eurounitaria), laddove impone alle stazioni appaltanti di esplicitare in ogni caso “i criteri di natura qualitativa o quantitativa concretamente seguiti nella suddivisione in lotti”, avuto riguardo ai parametri evincibili dai princìpi europei sulla promozione di condizioni di concorrenza paritarie per le piccole e medie imprese.

Accesso informale – Decorrenza termine decadenza per il ricorso – Sufficiente già la sola esibizione del documento, estrazione di copia o la mera indicazione della pubblicazione contenente le notizie

Consiglio di Stato, sez. V, 24.10.2023 n. 9181

Il motivo non può essere accolto, alla luce di quanto complessivamente precisato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 12 del 2 luglio 2020, pure richiamata dall’appellante.
Con tale decisione, avente ad oggetto la decorrenza dei termini per proporre impugnativa ai sensi dell’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., l’Adunanza plenaria preliminarmente rilevava “le incongruenze conseguenti al mancato coordinamento del ‘secondo codice’ con l’art. 120, comma 5, del c.p.a.”, chiarendo l’iter logico-procedurale da seguire per il loro superamento: “il riferimento alle formalità previste dall’art. 79 del ‘primo codice’ deve ora intendersi effettuato alle formalità previste dall’art. 76 del ‘secondo codice’.
24. Tale constatazione non esaurisce però la definizione dei quesiti sollevati dall’ordinanza di rimessione. Infatti, l’art. 76 del ‘secondo codice’ non contiene specifiche regole sull’accesso informale, in precedenza consentito per le procedure di gara dall’art. 79, comma 5 quater, del ‘primo codice’ (che contribuiva a dare un compiuto e prevedibile significato all’art. 120, comma 5, del c.p.a.).
25. Ritiene l’Adunanza Plenaria che – a seguito della mancata riproduzione nel ‘secondo codice’ di specifiche disposizioni sull’accesso informale agli atti di gara – rilevano le disposizioni generali sull’accesso informale, previste dall’art. 5 del regolamento approvato con il d.P.R. n. 184 del 2006. 25.1. Queste sono divenute applicabili per gli atti delle procedure di gara in questione a seguito della abrogazione delle disposizioni speciali, previste dall’art. 79, comma 5 quater, del ‘primo codice’”.
L’art. 5, comma 3 del richiamato d.P.R. n. 184 del 2006 prevede che “la richiesta, esaminata immediatamente e senza formalità, è accolta mediante indicazione della pubblicazione contenente le notizie, esibizione del documento, estrazione di copie, ovvero altra modalità idonea”.
Dunque, per l’accesso informale – finalizzato proprio ad acquisire, come nel caso di specie, indicazioni utili a proporre ricorso ai sensi dell’art. 120 Cod. proc. amm. e, di converso, altresì a far decorrere il termine decadenziale per l’impugnativa – è sufficiente già la sola esibizione del documento (così come la sola estrazione di copia o la mera indicazione della pubblicazione contenente le notizie).
In termini, del resto, Cons. Stato, III, 6 marzo 2019, n. 1540 ha ribadito – in ordine alla tempestività dei motivi aggiunti, laddove la possibilità di conoscere i contenuti dell’offerta e dei suoi potenziali vizi sia discesa esclusivamente dall’accesso agli atti ex art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006 – che “il termine di impugnazione comincia a decorrere solo a partire dal momento in cui l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura (cfr. Cons. Stato, V, n. 4144/2015; III, n. 5121/2011); in altri termini, in caso di comunicazione omessa o incompleta, la conoscenza utile ai fini decorrenza di quel termine coincide con la cognizione comunque acquisita degli elementi oggetto della comunicazione (cfr. Cons. Stato, III, n. 25/2015), eventualmente acquisita in sede di accesso, senza che sia necessaria l’estrazione delle relative copie (cfr. Cons. Stato, V, n. 1250/2014)”. Analogamente già Cons. Stato, V, 5 febbraio 2018, n. 718.
Va pertanto confermato il principio per cui solamente “gli atti non visionati non si consolidano ed il potere di impugnare, dell’interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa, non si ‘consuma’” (Cons. Stato, III, 21 marzo 2016, n. 1143).
Neppure persuade l’obiezione – che nel caso di specie pare risolversi in una petizione di principio –secondo cui la semplice visione del PEF avrebbe in concreto frustrato il diritto di difesa dell’appellante, in ragione della particolare complessità tecnico-contabile di tale atto: invero, a prescindere dalla brevità del documento in questione (una sola pagina), ritiene il Collegio, anche alla luce del contenuto delle difese non analizzate dal TAR, che comunque la sommatoria operata sulle voci indicate nel PEF quale margine medio “netto” e “lordo” (al fine di evidenziare un’asserita sottostima dell’offerta) non costituisca di per sé una “complessa elaborazione contabile”.

Avvalimento – Successivo contratto per definire la messa a disposizione delle risorse ed il corrispettivo – Interesse dell’impresa ausiliaria alla luce dell’art. 104 del d.lgs. 36/2023

Consiglio di Stato, sez. V, 24.10.2023 n. 9180

La disciplina nazionale ed europea sull’avvalimento va interpretata nel senso che si configura la nullità del contratto nei casi in cui non vi sia almeno una parte dell’oggetto del contratto stesso dalla quale si possa determinare il tenore complessivo del negozio, anche in applicazione degli artt. 1346, 1363 e 1367 cod. civ.; la giurisprudenza ha poi specificato che occorre distinguere tra requisiti generali e risorse : solamente per queste ultime è giustificata l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico, con il corollario che in questo caso l’oggetto del contratto deve essere determinato, in tutte le altre evenienze essendo invece sufficiente la sua semplice determinabilità (in termini Cons. Stato, V, 5 dicembre 2022, n. 10604).
Nella specie l’appellante non pone peraltro un problema di indeterminatezza contrattuale, quanto piuttosto di non immediata suscettibilità della messa a disposizione delle risorse da parte dell’impresa ausiliaria a termini di quanto previsto dall’art. 4, che correla la fruibilità delle stesse a successivi appositi contratti.
Ritiene il Collegio che tale peculiarità non escluda di inferire la causa in concreto dell’avvalimento, vale a dire la ragione giustificativa dello scambio, suscettibile di essere evidenziata nei negozi attuativi volti a regolare l’esecuzione del contratto, come condivisibilmente ritenuto dal primo giudice. La previsione di negozi attuativi non elide l’immediata esigibilità delle risorse messe a disposizione e neppure contraddice il carattere di contratto obbligatorio dell’avvalimento.
Non può, del resto, trascurarsi che proprio l’art. 89, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 precisa che l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prescritti, ammettendo dunque anche un successivo contratto. Si intende in tale modo osservare che la sottoscrizione del contratto di avvalimento non esclude la conclusione di ulteriori contratti che servono a rendere più efficace e utile il trasferimento delle risorse dall’ausiliaria all’ausiliata, ovvero, per meglio dire, a rendere più funzionale la gestione delle risorse già trasferite, secondo quanto previsto dall’art. 3 del contratto in esame. 24Ciò dicasi anche con particolare riguardo alla mancata predeterminazione del corrispettivo in favore dell’impresa ausiliaria, che sarebbe indice sintomatico della violazione del canone dell’onerosità del contratto.
A questo riguardo va ricordato come la giurisprudenza abbia affermato che non è postulabile l’automatica invalidità del contratto di avvalimento privo dell’espressa indicazione di un corrispettivo in favore dell’impresa ausiliaria o mancante dei criteri per la sua predeterminazione, ogni qualvolta dal tenore dell’accordo possa comunque individuarsi l’interesse patrimoniale dell’ausiliaria, interesse che può avere carattere diretto (cioè consistere in un’utilità immediata) o anche solo indiretto, purché effettivo; in altri termini la nullità del contratto di avvalimento non può farsi discendere dalla carenza di un corrispettivo predeterminato o dalla mancanza di criteri per la sua predeterminazione, non potendosi estendere alle pattuizioni relative al compenso l’onere di specificazione di cui all’art. 89, comma 1, ultima parte, del d.lgs. n. 50 del 2016, che riguarda solamente i requisiti e le risorse messe a disposizione. L’indicazione del preciso ammontare del corrispettivo esula invero dalle prescrizioni imposte al contratto di avvalimento, essendo piuttosto frutto di un’impropria estensione analogica al caso di specie delle speciali prescrizioni dettate per l’avvalimento operativo, relative al personale, ai mezzi e alla attrezzature, che devono essere puntualmente individuati ed indicati nell’offerta, allo scopo di dimostrare l’affidabilità dell’impegno assunto dall’impresa ausiliaria (in termini Cons. Stato, V, 12 luglio 2023, n. 6826).
Va, del resto, osservato che il carattere dell’onerosità del contratto si desume anche dal rinvio alle figure contrattuali del subappalto, del noleggio per l’uso dei mezzi e attrezzature messi a disposizione dall’impresa ausiliaria.
Peraltro nella fattispecie in esame sussiste la peculiarità per cui le società -OMISSIS- e -OMISSIS- costituiscono, sul piano economico, un unico centro di interessi, con la stessa base sociale (…). Ciò evidentemente giustifica la mancata indicazione del corrispettivo nel contratto di avvalimento, ma non esclude affatto l’interesse patrimoniale dell’ausiliaria, anche nella prospettiva che l’impresa ausiliata si aggiudichi la gara (così Cons. Stato, V, 10 giugno 2019, n. 3885). Merita, a completamento delle osservazioni che precedono, rilevare come l’art. 104, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023 (recante il nuovo codice dei contratti pubblici) espressamente stabilisce che «il contratto di avvalimento è normalmente oneroso, salvo che risponda anche a un interesse dell’impresa ausiliaria, e può essere concluso a prescindere dalla natura giuridica dei legami tra le parti».

Proroga contrattuale , proroga tecnica e rinnovo nel nuovo Codice dei contratti pubblici (art. 120 d.lgs. n. 36/2023)

TAR Bari, 23.10.2023 n. 1243

Sul punto, occorre anzitutto distinguere le due tipologie tipiche di proroga di un contratto pubblico, ossia quella “contrattuale” e quella “tecnica”.
La proroga c.d. “contrattuale” è così definita poiché trova la sua fonte nella lex specialis di gara e/o nel contratto.
Trattasi, pertanto, di una circostanza negoziale già preventivata dall’Amministrazione e dall’operatore economico contraente.
Al contrario, la proroga c.d. “tecnica”, ai sensi dell’art. 106, comma 11, D.Lgs. n. 50/2016, sussiste nel caso in cui la durata del contratto venga modificata dall’Amministrazione, per cause ad essa non imputabili, allo scopo di garantire la continuità di un servizio essenziale, nelle more della conclusione della procedura di gara per scegliere il nuovo contraente, la quale deve essere bandita prima dell’originaria scadenza contrattuale.
La proroga tecnica, pertanto, avendo carattere di temporaneità e imprevedibilità, rappresenta uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale a un altro.
Tale lettura dell’istituto della proroga è stata integralmente recepita dal recente intervento del legislatore in materia di contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023, che pur se non direttamente applicabile ratione temporis al caso di specie, esprime tutto il suo effetto di autorevole avallo interpretativo.
Come è infatti noto, l’art. 120 del D.Lgs. n. 36/2023 fa propria l’impostazione sopra riferita e disciplina le due fattispecie in due commi separati: il comma 10 si riferisce esclusivamente all’opzione di proroga preventivamente prevista nei documenti di gara; il successivo comma 11 disciplina invece la proroga del contratto funzionale al completamento della procedura di gara finalizzata alla scelta del nuovo appaltatore.
Ne consegue che la proroga “tecnica” trova nel nuovo Codice una collocazione autonoma e sganciata dalla proroga conseguente all’esercizio dell’opzione, purché concorrano una serie di condizioni “limitative” già emerse nell’interpretazione giurisprudenziale: essa viene essenzialmente circoscritta a ipotesi eccezionali, in cui sussistano oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di gara; deve avere una durata commisurata al tempo strettamente necessario per giungere a tale conclusione; deve essere giustificata alla luce del fatto che l’interruzione delle prestazioni potrebbe determinare situazioni di pericolo per persone, animali o cose o per l’igiene pubblica o ancora un grave danno dell’interesse pubblico.
In particolare, sempre in relazione ai due tipi di proroga sopra ricordati, deve essere distinta la proroga tecnica dal rinnovo del contratto pubblico.
Sul punto è ampiamente sufficiente richiamare i costanti e consolidati orientamenti giurisprudenziali, secondo i quali la distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando agli effetti dell’atto: mentre la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867).
Come chiarito dalla costante giurisprudenza che si è occupata del tema, si verte in ipotesi di proroga contrattuale allorquando vi sia una integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario; mentre ricorre l’ipotesi di rinnovo, quando interviene una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti che si conclude con una modifica delle precedenti condizioni (ex multis Cons. Stato, sez. III, n. 5059 del 2018; Cons. Stato, sez. VI, n. 3478 del 2019; Cons. Stato, sez. VI, n. 8219 del 2019; Cons. Stato, sez. V, n. 3874 del 2020).
Il rinnovo, dunque, in disparte il dato non determinante del nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorchè di contenuto analogo a quello originario. In assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto (Cons. Stato, sez. V, 3874 del 2020, Cons. Stato, sez. III, 24.3.2022, n. 2157).
E’ stato, infatti, precisato che: “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16.02.2023 n. 1635).

Domanda di partecipazione tipo ANAC : consultazione on line

In occasione dell’approvazione del Bando tipo n. 1/2023, l’ANAC si era riservata di predisporre uno schema di domanda di partecipazione tipo, ad integrazione dello stesso, ai sensi dell’art. 91 del D.Lgs. n. 36/2023.
A seguito dei lavori del Gruppo di lavoro formato da Consip, IFEL, Invitalia e Itaca, è stato predisposto il documento “Schema di domanda di partecipazione tipo” formulato ai sensi dell’articolo 222, comma 2, del codice, con la finalità di agevolare la preparazione dei documenti di gara da parte delle stazioni appaltanti.

La domanda di partecipazione contiene le dichiarazioni, ulteriori rispetto a quelle già previste nel DGUE, che i concorrenti devono rendere ai fini della partecipazione alle gare. Le dichiarazioni sono state raggruppate in sezioni omogenee, con l’intento di evitare la duplicazione di informazioni e di semplificare gli obblighi dichiarativi, utilizzando formulazioni chiare e univoche.

Al fine di garantire la massima trasparenza e partecipazione ai procedimenti di regolazione si pone in consultazione lo “Schema di domanda di partecipazione tipo”, assegnando per la presentazione dei contributi il termine di venti giorni che scadrà inderogabilmente il 13 novembre 2023 alle ore 23.59.

Gli stakeholder interessati possono far pervenire le proprie osservazioni sul documento posto in consultazione esclusivamente mediante la compilazione del questionario on line.

Oltre al documento in consultazione, è pubblicato anche lo schema di questionario in .pdf ricordando che saranno accettate solamente le risposte inserite mediante la compilazione del format accessibile al suddetto link. Si avvisa che i contributi pervenuti con modalità diverse da quelle indicate non potranno essere tenuti in considerazione.

fonte: sito ANAC