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Accesso agli atti e dilazione temporale (45 giorni) del termine per ricorso : presupposti (art. 36 , art. 90 d.lgs. 36/2023)

TAR Salerno, 25.09.2024 n. 1721

Il presente ricorso è anzitutto tempestivo, alla luce delle seguenti considerazioni.
L’art. 120 c.p.a. così recita:
“il termine decorre, per il ricorso principale ed i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’art. 90 del D.Lgs 36/2023 oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione per tutti i concorrenti non esclusi, ai sensi dell’art. 36, commi 1 e 2, del medesimo codice dei contratti pubblici”.
La lettura interpretativa dei prefati incisi testuali conduce ad ipotizzare l’enucleazione di due fattispecie differenti, poste in relazione di applicabilità antitetica, peraltro avvalorata dalla presenza, nella cornice dispositiva, della stessa congiunzione “oppure”.
In virtù del predetto inciso, la decorrenza del termine per ricorrere si atteggia diversamente, a seconda della diversa fattispecie che viene in rilievo, che si tratti di ricezione della comunicazione ex art. 90 oppure della messa a disposizione degli atti ex art. 36, mediante la procedura dell’accesso.
A questo punto soccorrono le regole cardine della pienezza conoscitiva strumentali all’inviolabilità del diritto di difesa, costituzionalmente tutelato.
Per cui, laddove la comunicazione degli esiti di gara ex art. 90 abbia esaustivamente soddisfatto l’interesse sostanziale conoscitivo e non si intenda attendere la messa a disposizione per tutti i concorrenti non esclusi, allora opera il tradizionale termine decadenziale dei trenta giorni ai fini dell’esperibilità del ricorso avverso gli atti di gara.
Allorchè, invece, la conoscenza di atti ulteriori e diversi assurga a condizione ineludibile per poter acquisire una pienezza conoscitiva, rintracciabile mediante l’istituto dell’accesso formale, allora si applica la logica della dilazione temporale con un’estensione fino ai 45 giorni.
Del resto, questo assunto risponde alle recenti ricostruzioni giurisprudenziali in materia.
Il T.A.R. Catania, sez. IV, 08/04/2024, n. 1339, cosi sostiene: “il Collegio richiama gli esiti a cui è giunta la giurisprudenza amministrativa, dopo la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12/2020, la quale ha chiarito, per quanto qui d’interesse, che la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la dilazione temporale del termine per notificare il ricorso giurisdizionale quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta; in altri termini, la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la dilazione temporale solamente quando la conoscenza dei documenti richiesti sia necessaria per formulare i motivi di ricorso, mentre quando detta conoscenza non sia necessaria il ricorso deve essere notificato nel termine ordinario di 30 giorni”.
In senso analogo, Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882, ha affermato che: “nelle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici, l’individuazione della decorrenza del termine per ricorrere dipende, in linea di principio, dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla informazione ed alla pubblicizzazione degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una richiesta scritta.
La proposizione dell’istanza d’accesso agli atti di gara comporta, invece, una dilazione temporale del termine per ricorrere, allorchè i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta. A fronte di una tempestiva istanza d’accesso, formulata entro 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il termine per proporre ricorso (il cui dies a quo coincide con la data di comunicazione del provvedimento d’aggiudicazione ex art. 120, comma 5, c.p.a.), viene incrementato nella misura di 15 giorni, così pervenendo a un’estensione complessiva pari a 45 giorni. Nell’evenienza in cui, invece, l’amministrazione aggiudicatrice rifiuti l’accesso oppure impedisca con comportamenti dilatori l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine per l’impugnazione degli atti comincia a decorrere solo da quando l’interessato li abbia conosciuti”.
Ed invero, traslando le coordinate normative ed ermeneutiche nella fattispecie in esame, il Collegio ravvisa la tempestività del presente gravame, atteso che la conoscenza degli atti ulteriori e diversi, richiesti con l’istanza di accesso, era necessaria ai fini della prospettazione dei motivi di ricorso.
Lo stato degli atti è chiaro in tale senso.
Nell’istanza di accesso del 26.03.2024, si rimarca che “la stazione appaltante, con la comunicazione di aggiudicazione, ha inserito il solo link per consultare i verbali di gara, senza consentire la visualizzazione dell’offerta dell’aggiudicatario (documentazione amministrativa, offerta tecnica ed offerta economica)”.
La predetta istanza riguarda l’ostensione dell’“offerta integrale dell’aggiudicatario, gli atti di verifica del costo della manodopera e documentazione relativa alla verifica dei requisiti ai fini della dichiarazione di efficacia”.
La richiesta ostensiva era presentata il 26.03.2024, entro 15 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, ex art. 90 D.Lgs. 36/2023, datata il 19.03.2024.
Il 23.04.2024, era trasmessa la documentazione richiesta.
Il 23.05.2024 era notificato il ricorso.
Tanto basta per ammettere la dilazione temporale dei 45 giorni.

Accesso agli atti : elementi essenziali del d.lgs. 36/2023

TAR Firenze, 25.09.2024 n. 1035

Nel merito, la disciplina dell’accesso agli atti di gara è contenuta negli artt. 35 e 36 del d.lgs. n. 36 del 2023 (Codice dei contratti). In particolare, all’art. 36 si prevede che, contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90, l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi.
Pertanto, la stessa necessità di una richiesta di accesso non dovrebbe trovare luogo in base all’assetto voluto dal Codice dei contratti vigente, essendo automaticamente riconosciuto a chi partecipa alla gara e non ne è “definitivamente” escluso, di accedere in via diretta, non solo a “documenti” (offerta dell’aggiudicatario, verbali di gara e atti), ma anche “ai dati e alle informazioni” inseriti nella piattaforma ex articolo 25 del Codice, e ciò a partire dal momento della comunicazione digitale dell’aggiudicazione.
Peraltro, agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria, viene riconosciuto, dal comma 2 dell’articolo 36, un diritto di accesso ancor più “ampio” perché ad essi sono resi “reciprocamente disponibili”, attraverso la stessa piattaforma, non solo gli “atti” di cui al comma 1, ma anche le offerte dagli stessi presentate (in particolare, quelle del secondo, terzo, quarto e quinto, la prima essendo conoscibile da tutti).
Sempre nell’art. 36, al comma 3 (da leggersi unitamente al comma 3 dell’art. 90), si prevede che nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui all’art. 90, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di “parti” delle offerte in ragione della sussistenza di segreti tecnici o commerciali.
Pertanto, una volta intervenute l’aggiudicazione e, ai sensi dell’art. 90, la comunicazione digitale della stessa:
– tutti i partecipanti non esclusi in modo definitivo dalla gara possono accedere, “direttamente, mediante piattaforma”, a tutto ciò (offerta dell’aggiudicatario, verbali, atti, dati e informazioni, ad eccezione delle offerte dei quattro operatori successivi al primo in graduatoria) che ha rappresentato un passaggio della procedura presupposto all’aggiudicazione medesima;
– i primi cinque concorrenti in graduatoria hanno diritto ad accedere “direttamente mediante piattaforma” anche alle reciproche offerte, fatto salvo il caso in cui vi siano stati degli “oscuramenti”, da parte della P.A.;
– l’eventuale oscuramento deve essere conseguenza di una specifica richiesta dell’operatore offerente, corredata da una dichiarazione “motivata e comprovata” in ordine alla sussistenza di segreti tecnici e commerciali; in secondo luogo, sia che tale richiesta sia stata accolta, sia che sia stata respinta, la stazione appaltante nella comunicazione dell’aggiudicazione deve puntualmente dar conto della propria decisione e della motivazione sottesa.
Deve infine ritenersi che l’accesso alle parti oscurate può e deve essere comunque consentito, qualora esso sia “indispensabile” ai fini della difesa in giudizio degli interessi giuridici dell’operatore economico interessato, come rappresentati in relazione alla procedura di gara.
Ora, nel caso di specie, la dedotta “assenza nel Sistema Dinamico di Acquisizione della funzionalità che consente di rendere disponibili i documenti previsti dai commi 1 e 2 dell’articolo 36 del D. Lgs. n. 36/2023” non può certo esimere l’amministrazione dal detto dovere di trasparenza, potendo essa comunque inviare la detta documentazione al domicilio digitale degli operatori economici, senza necessità di una apposita istanza in tal senso.
Pertanto, la pretesa della ricorrente ad ottenere l’accesso a tutta la documentazione di gara (amministrativa, tecnica ed economica) è fondata e deve trovare soddisfazione, potendo la sottrazione all’accesso riguardare i soli contenuti dell’offerta rispetto ai quali siano state motivatamente riconosciute ragioni di segretezza, mentre la restante documentazione di gara rimane attratta entro l’ampio diritto d’informazione spettante ai primi cinque classificati – o, come in specie, agli operatori utilmente collocati in graduatoria in numero inferiore a cinque – riconosciuto dall’art. 36, comma 2, del d.lgs. 36/2023, fatti salvi i limiti indicati nell’art. 35 del Codice (che allo stato non sembrano venire in considerazione).

Opposizione accesso agli atti ed interesse alla riservatezza (art. 36 d.lgs. 36/2023)

TAR Napoli, 20.09.2024 n. 5055

Quanto alla posizione della controinteressata e all’interesse alla riservatezza, tutelato mediante il suo coinvolgimento procedimentale, anche a prescindere dalla prevalenza dell’interesse difensivo (cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, IV, 7 aprile 2023, n. 2176; id. III, 19 dicembre 2022, n. 7905; T.A.R. Campania, Salerno, II, 6 luglio 2020, n. 827; da ultimo, T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. IV, 11 marzo 2024, n. 955; T.A.R. Napoli, IV Sez, 5 aprile 2024, n. 2228), deve osservarsi che l’opposizione formulabile in sede procedimentale – nonostante l’irrituale riferimento ad una sorta di “autorizzazione” piena all’ostensione contenuta nella più volte citata nota della Stazione appaltante n. 20903 del 18 aprile 2024 – non può essere generica, ma deve essere volta a rappresentare esigenze di segretezza tecnica o commerciale che sono meritevoli di tutela solo per le singole informazioni sottoposte a tutela brevettuale o a privativa industriale o commerciale, che siano puntualmente e motivatamente indicate dall’impresa controinteressata (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 24 gennaio 2022, n. 145; cfr. T.A.R. Bologna, Sez. II, 1 marzo 2023, n. 111), spettando al concorrente che si oppone all’accesso di indicare le parti dell’offerta che contengano segreti tecnici o commerciali, con una motivata e comprovata dichiarazione, secondo l’espressa previsione del citato art. 53 del D.Lgs. n. 50 del 2016 (cfr. Cons. Stato, sez. III, 16 febbraio 2021, n.1437; T.A.R. Lombardia, Milano, sezione prima, 7 marzo 2022, n. 543).
In ogni caso, resta comunque fermo l’onere della stazione appaltante di valutare motivatamente le argomentazioni offerte ai fini dell’apprezzamento dell’effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza (Cons. Stato, sez. III, 1 agosto 2022, n. 6750), tenendo conto che, se non risulta puntualmente comprovata la sussistenza di detti segreti, riprendono vigore i generali principi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa (sotto questo profilo, appare significativo in relazione alla vis espansiva della trasparenza anche nella materia dei contratti pubblici che il comma 6 dell’art. 36 del D.lgs 36/2023 consente alla stazione appaltante o all’ente concedente di segnalare all’Anac eventuali comportamenti elusivi degli operatori economici che reiterano continue richieste di oscuramento in assenza di reali rischi per i propri segreti tecnici e commerciali “nel caso di cui al comma 4 la stazione appaltante o l’ente concedente può inoltrare segnalazione all’ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall’articolo 222, comma 9, ridotta alla metà nel caso di pagamento entro trenta giorni dalla contestazione, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento”; su tali principi, si richiama anche ex art 88 comma 2 lett. d, il precedente della Sezione, 3 luglio 2024, n. 4092, anche per la giurisprudenza ivi citata “(cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, IV, 7 aprile 2023, n. 2176; id. III, 19 dicembre 2022, n. 7905; T.A.R. Campania, Salerno, II, 6 luglio 2020, n. 827; da ultimo, T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. IV, 11 marzo 2024, n. 955; T.A.R. Napoli, IV Sez, 5 aprile 2024, n. 2228)”.
Nel caso di specie, non risulta comprovata l’esistenza di segreti tecnici e commerciali, avendo la controinteressata opposto generiche ragioni ostative, che peraltro attenevano ai presupposti legittimanti l’accesso da parte della odierna ricorrente. Le ragioni di riservatezza tecnica avrebbero dovuto invece essere supportate da una motivazione pertinente e da elementi specifici e in ogni caso avrebbero dovuto essere oggetto di autonoma valutazione da parte della stazione appaltante che invece, dapprima, ha inoltrato alla controinteressata l’istanza di accesso sollecitando una generica “autorizzazione” all’ostensione; e, successivamente ricevuta l’opposizione della controinteressata, si è astenuta da ogni decisione in merito, con la conseguente formazione del silenzio-diniego.
In conclusione, deve pertanto ritenersi che la stazione appaltante deve essere condannata alla ostensione integrale della documentazione richiesta dalla ricorrente, nel termine di 30 giorni, decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte, se anteriore, della presente sentenza.

Diritto di accesso ed esigenza di trasparenza delle procedure

L’imparzialità di una procedura diretta alla conclusione di un contratto ad evidenza pubblica necessita di specifiche garanzie dirette ad assicurarne la trasparenza.

L’esigenza di trasparenza delle procedure di contrattazione pubblica e la garanzia del diritto di accesso ai relativi atti dovrà essere tuttavia venire contemperata con una esigenza di carattere diverso ed in un certo senso antitetico costituita dal diritto alla riservatezza di coloro che comunque siano stati coinvolti nella procedura di contrattazione pubblica .
Nella legislazione vigente le disposizioni dirette alla regolamentazione del rapporto tra diritto di accesso e quello alla riservatezza sono attualmente contenute negli articoli 35 e 36 del d.lgs. 31 marzo 2024 n. 36 (di seguito anche “Codice dei contratti pubblici“).

Iniziando con l’analisi del comma 1 dell’art 35 del Codice dei contratti pubblici, esso prevede un generale diritto di accesso agli atti relativi ad un procedura ad evidenza pubblica e ad essere garanti di quello che è un vero e proprio diritto saranno le stazioni appaltanti e gli enti concedenti. Tali organismi infatti dovranno assicurare anche in modalità digitale la facoltà di potere accedere agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici mediante acquisizione diretta dei dati contenuti nelle piattaforme di approvvigionamento digitale.
Si tratta di un obbligo di carattere generale che tuttavia in pendenza di esigenze di carattere specifico può trovare limitazioni.

Il diritto di accesso infatti sarà differito od addirittura escluso qualora ricorrano determinate situazioni secondo quanto previsto dai commi 2 e 4 dell’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023.
Al comma 2 sono previste una serie di fattispecie diversificate a seconda della situazione concreta.
Nel caso in cui una di esse si configuri il diritto di accesso sarà differito sino al verificarsi di una seconda situazione indicata dalla stessa norma.
Ad esempio la fattispecie prevista dal comma 2 lett. a) dell’art. 35 del Codice che ha riguardo le procedure aperte, dispone che in relazione all’elenco dei soggetti che hanno presentato offerte il diritto di accesso debba ritenersi differito sino alla scadenza del termine per la presentazione delle stesse.

Ulteriori limitazioni per il diritto di accesso vengono previste dal comma 4 dell’art. 35 del Codice, che a differenza di quelle contenute nel comma 2 riguardano specifici atti dei quali viene esclusa la conoscibilità. Si tratta dei pareri legali ovvero delle relazioni del direttore tecnico dei lavori dei quali viene esclusa la conoscibilità da parte dei terzi.

Sin qui le limitazioni al diritto di accesso ma, accanto a tali fattispecie dirette ad operare in settori specifici, la normativa prevede con il comma 3 dell’art. 35 del d.lgs. n. 36/2023 anche un divieto generale di esercizio del diritto d’accesso sino alla conclusione delle fasi della procedura di evidenza pubblica.

La norma prosegue con una indicazione circa gli effetti di una violazione al divieto di ci sopra, nel caso infatti in cui la condotta venga posta in essere da parte di un pubblico ufficiale ovvero da un incaricato di pubblico servizio troverà applicazione l’art. 326 c.p. (Rivelazione od utilizzazione di un segreto).

In relazione all’accessibilità delle procedure di evidenza pubblica assume una grande importanza anche quanto previsto dal comma 1 dell’art. 36 del Codice dei contratti pubblici ossia uno specifico obbligo di comunicazione avente ad oggetto numerosi elementi relativi alla procedura ad evidenza pubblica. Infatti sarà onere degli enti concedenti e delle stazioni appaltanti provvedere ad una comunicazione agli offerenti ed ai candidati non definitivamente esclusi avvalendosi delle piattaforme di approvvigionamento. La norma precisa anche ulteriori elementi circa la comunicazione, anzitutto per quel che ne costituisce l’oggetto. Dovranno essere oggetto della comunicazione una serie di elementi individuati da parte della norma stessa. La comunicazione infatti dovrà necessariamente ricomprendere l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara, gli atti i dati e le informazioni presupposto dell’aggiudicazione.

Sul punto, inoltre, la giurisprudenza amministrativa (da ultimo Consiglio di Stato, sez. V, 04.06.2024 n. 5013) ha ricordato che:

a) il principio di trasparenza risponde anche all’esigenza di un controllo sull’azione amministrativa, particolarmente avvertita nella materia dei contratti pubblici e delle concessioni;
b) l’accesso agli atti nella materia dei contratti pubblici non è un sistema normativo compiuto e chiuso.

È noto che gli istituti dell’accesso documentale e dell’accesso civico generalizzato si pongono in rapporto di concorrenza integrativa, preordinata alla migliore fruizione dell’interesse conoscitivo. Concorrenza che consente, peraltro, la possibilità di strutturare in termini alternativi, cumulativi o condizionati la pretesa ostensiva. Un’istanza di accesso documentale, non accoglibile per l’assenza di un interesse attuale e concreto, potrà essere accolta sub specie di accesso civico generalizzato.

Il Considerando 126 della Direttiva n. 2014/24/UE prevede che la tracciabilità e la trasparenza del processo decisionale nelle procedure di appalto “è essenziale per garantire procedure leali nonché combattere efficacemente la corruzione e le frodi”; le stazioni appaltanti devono garantire alle parti interessate l’accesso a tali documenti.

Il Considerando n. 122 della stessa Direttiva prevede addirittura che “i cittadini, i soggetti interessati, organizzati o meno, e altre persone od organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso di cui alla Direttiva 98/665/CE hanno comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedere di appalto” e “dovrebbero avere la possibilità, con modalità diverse dal sistema di ricorso di cui alla Direttiva 89/665/CE e senza che ciò comporti necessariamente una loro azione dinanzi a corti e tribunali, di segnalare le eventuali violazioni della presente Direttiva all’autorità o alla struttura competente”.

L’amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono svolgere alcuna valutazione sulla influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo all’amministrazione o allo stesso giudice amministrativo nel giudizio di accesso; pertanto la legittimazione all’accesso non può essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata (Consiglio di Stato sez. III, 3 novembre 2022, n. 9588).

Ciò che compete all’Amministrazione (e successivamente al Giudice, in sede di sindacato sull’operato di questa), sulla base della motivazione della richiesta di accesso, è la verifica dell’astratta inerenza del documento richiesto con la posizione soggettiva dell’istante e gli scopi che questi intende perseguire per il tramite dell’accesso. Ne consegue che l’Amministrazione non può subordinare l’accoglimento della domanda alla (propria) verifica della proponibilità e/o ammissibilità di azioni in sede giudiziaria; ciò in quanto il Giudice dell’accesso non è e non deve essere il Giudice della “pretesa principale” azionata o da azionare (Consiglio di Stato sez. IV, 1 marzo 2022, n. 1450).

Accesso agli atti – Tutela dei segreti tecnici e commerciali – Regole procedimentali e processuali nel nuovo Codice dei contratti pubblici (art. 36 d.lgs. 36/2023)

TAR Roma, 26.02.2024 n. 3811

Rimanendo sul piano astratto proprio delle osservazioni in rito, occorre rammentare che l’art. 24, co.7, della legge n. 241/1990, dedicato alle esclusioni dal diritto di accesso, nel disciplinare le eccezioni ai divieti di divulgazione di alcune categorie di documenti, menziona, oltre che le esigenze di difesa, anche quelle di cura dei propri interessi, idonee a ricomprendere, quindi, forme di tutela non necessariamente giurisdizionali o giustiziali, ma anche stragiudiziali. È stato, infatti, chiarito che l’accesso “difensivo” è “funzionale alla necessità dell’istante di «curare» (anche in sede pre- o stragiudiziale) o di «difendere» (in sede giudiziale) un bene-interesse giuridicamente rilevante oggetto della situazione giuridica soggettiva ‘finale’ asseritamente lesa” (Cons. Stato, Sez. VI, 8 febbraio 2021, n. 1154).
La più ampia nozione di “cura” accanto a quella di “difesa” adottata dal legislatore non consente, pertanto, di attribuire all’accesso difensivo una funzione esclusivamente servente e propedeutica all’instaurazione di un giudizio, con conseguente sopravvivenza dell’interesse all’accesso anche dopo lo spirare del termine per la proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione della gara.
È stato, più nel dettaglio, osservato che “deve escludersi che la sopravvenuta perdita dell’azione giurisdizionale a difesa di quest’ultima (per l’inutile decorso dei termini per il suo esercizio) implichi, quale conseguenza automatica, la consumazione dell’attualità dell’interesse all’ostensione dei documenti che rivelano l’illegittimità del provvedimento rimasto inoppugnato, a fronte di strumenti di protezione diversi ed ulteriori rispetto al ricorso giurisdizionale (quali, ad esempio, la formulazione di istanze di riesame, la sollecitazione dell’esercizio di poteri di autotutela, la presentazione di esposti, all’indirizzo delle autorità preposte al controllo della regolarità dell’azione amministrativa in questione, contenenti la denuncia di eventuali violazioni emerse dall’accesso, la formalizzazione di pretese risarcitorie…” (Cons. Stato, Sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5039).

7. Nel merito, il ricorso è, tuttavia, infondato.
La disciplina dell’accesso documentale agli atti delle procedure di affidamento dei contratti pubblici è contenuta nell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, che, al comma 5, individua alcune deroghe al principio della generale accessibilità agli atti di gara, tra le quali, per quanto rileva in questa sede, quella di cui alla lettera a), che riguarda le “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici e commerciali”, così offrendo una tutela rinforzata alle forme di proprietà industriale che le imprese mettono in gioco all’interno della procedura selettiva, ma onerando, contestualmente, gli operatori interessati di esporre le ragioni della speciale protezione richiesta per l’invocato segreto. Il comma 6, poi, similmente all’art. 24, co.7, della legge n. 241/1990, prevede “un’eccezione all’eccezione”, riconoscendo una riespansione della conoscibilità dei dati, anche contenenti segreti tecnici e commerciale, allorché l’accesso a tali dati sia necessario “ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”, così optando per una prevalenza del diritto di difesa dell’istante – stavolta, però, solo “in giudizio” – rispetto alla tutela del know-how delle altre imprese.

7.1. Mentre, infatti, la formulazione dell’art. 24, co.7, della legge n. 241/1990 consente, a fronte delle più miti esigenze di riservatezza delle persone giuridiche a tutela di un interesse industriale o commerciale, che il richiedente l’accesso possa opporre quello alla mera cura dei propri interessi, l’art. 53, co. 6, del d.lgs. n. 50/2016, nel caso in cui sussistano le più pregnanti necessità di tutela del “segreto”, “cioè di un quid pluris rispetto alla mera “riservatezza” della documentazione oggetto dell’accesso” (Cons. Stato, Sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6083), esige una giustificazione maggiormente qualificata, cioè la strumentalità dell’accesso alla difesa in giudizio.

7.2. In tale ipotesi, quindi, è onere: dell’istante, indicare e dimostrare l’esistenza del descritto nesso di strumentalità tra le informazioni richieste e la loro proficua spendibilità in giudizio; delle imprese controinteressate, allegare e provare prevalenti esigenze di tutela del segreto.
La pubblica amministrazione che riceve l’istanza di accesso e l’opposizione dei controinteressati – ovvero, in caso di ricorso avverso le determinazioni assunte, il giudice amministrativo – deve verificare, pertanto, che i controinteressati abbiano (innanzitutto) allegato e, poi, provato fatti indicativi dei possibili pregiudizi arrecati ad uno dei beni immateriali di cui all’art. 98 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 98, dall’accoglimento dell’istanza di accesso, e che l’istante abbia, invece, quantomeno fornito un principio di prova circa l’utilità della documentazione alla difesa in giudizio dei propri interessi, “anche ricorrendo all’allegazione di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi alla “conoscenza” necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili in termini di consequenzialità rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente esplicabili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, nr. 1568)” (Cons. Stato, Sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472, e, tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382).

7.3. É possibile, tuttavia, che la particolare struttura del disciplinare di gara avalli inferenze di tipo presuntivo circa la presenza nelle offerte di segreti tecnici e commerciali che attenuano l’onere probatorio concretamente richiesto ai controinteressati.
Nelle fattispecie, infatti, in cui la griglia di valutazione predisposta dalla stazione appaltante ai fini dell’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa esalta, in termini di premialità, le abilità organizzative, gestionali e informatiche dei concorrenti, promuovendo un confronto sulla qualità dei progetti e l’originalità delle soluzioni proposte e richiedendo, quindi, agli operatori economici partecipanti un evidente sforzo inventivo e la correlata attività di investimento necessario a realizzarlo, la prova circa l’esistenza del segreto, almeno in quella parte dell’offerta tecnica in cui vengono illustrati gli aspetti più direttamente espressivi dell’identità dell’impresa, può ritenersi “alleggerita”, in quanto la partecipazione ad una procedura così impostata sollecita, inevitabilmente, in ogni partecipante la proposta di modelli rappresentativi del suo peculiare know-how. La motivazione a giustificazione della tutela del segreto tecnico e commerciale può essere, pertanto, tratta anche per relationem dalla consultazione dei documenti di gara, laddove i profili oggetto di scrutinio da parte della commissione giudicatrice identificano il tipo di informazioni aziendali che l’operatore economico rende visibili con la partecipazione alla competizione e, quindi, il livello di intrusione nei propri affari che subisce in caso di accesso.
Una lettura evolutiva della nozione di “segreto tecnico e commerciale” contenuta nell’art. 53, co.5, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 (e, oggi, nell’art. 35, co.4, lett. a), del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) non può non tener conto, da un lato, del valore patrimoniale ormai riconosciuto alla contigua categoria dei “dati personali” in ambito consumeristico (vds. art. 135-octies, co.4, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, introdotto dal d.lgs. 4 novembre 2021, n. 173, in attuazione della Direttiva (UE) 2019/770) e, dall’altro, del rafforzamento della tutela del know-how per effetto del d.lgs. 11 maggio 2018, n. 63, di attuazione della Direttiva (UE) 2016/943, che ha, tra l’altro, sia previsto la fattispecie colposa dell’illecita acquisizione o utilizzazione dei segreti industriali sia arricchito gli strumenti di tutela processuale del segreto mediante l’attribuzione al giudice del potere di inibirne la divulgazione ad ogni soggetto a vario titolo coinvolto nel giudizio (vds. i nuovi artt. 99 e 121-ter del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30). Una puntuale ricostruzione della nozione di know-how è stata compiuta dalla Corte di Cassazione, che lo ha definito come quel “patrimonio cognitivo e organizzativo necessario per la costruzione, l’esercizio, la manutenzione di un apparato industriale (Sez. 5, n. 25008 del 18/05/2001, Rv. 219471). Ci si riferisce, con tale espressione, a una tecnica, o una prassi o, oggi, prevalentemente, a una informazione, e, in via sintetica, all’intero patrimonio di conoscenze di un’impresa, frutto di esperienze e ricerca accumulatesi negli anni, e capace di assicurare all’impresa un vantaggio competitivo, e quindi un’aspettativa di un maggiore profitto economico. Si tratta di un patrimonio di conoscenze il cui valore economico è parametrato all’ammontare degli investimenti (spesso cospicui) richiesti per la sua acquisizione e al vantaggio concorrenziale che da esso deriva, in termini di minori costi futuri o maggiore appetibilità dei prodotti. Esso si traduce, in ultima analisi, nella capacità dell’impresa di restare sul mercato e far fronte alla concorrenza. L’informazione tutelata dalla norma in questione è, dunque, un’informazione dotata di un valore strategico per l’impresa, dalla cui tutela può dipendere la sopravvivenza stessa dell’impresa” (Cass. pen., Sez. V, 4 giugno 2020, n. 16975).
D’altra parte, nella trama del d.lgs. n. 50/2016, si rinvengono diverse disposizioni che chiamano la stazione appaltante a valutare “d’ufficio” i rischi per “i legittimi interessi commerciali” degli operatori economici o per la “leale concorrenza tra questi” connessi alla divulgazione di determinate informazioni (art. 76, co. 4, ma, nello stesso senso, vds. anche gli artt. 98, co.5, 153, co.2, nonché, nel vigente d.lgs. n. 36/2023, gli artt. 90, co.3, 111, co.5, 184, co.6), a dimostrazione della presenza, all’interno del sistema di tutela della riservatezza commerciale, di interessi che trascendono quelli, privati, del detentore, e assumono una connotazione pubblicistica, a garanzia della libertà di concorrenza.

7.4. Nella vicenda all’esame di questo Collegio, il ricorrente ha partecipato alla procedura per l’affidamento del servizio di contact center bandito dall’A.n.a.c., considerato “ad alta intensità di manodopera” e, quindi, aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. All’interno del Capitolato d’oneri allegato alla lettera d’invito, la stazione appaltante ha previsto l’attribuzione di un massimo di 70 punti all’offerta tecnica, sulla base di sub-criteri sia tabellari che discrezionali, questi ultimi previa valutazione di “una proposta tecnico-organizzativa”, contenuta in un’apposita “relazione tecnica” illustrativa, tra l’altro, del modello della struttura organizzativa, di gestione della forza lavoro, delle modalità di valutazione della customer satisfaction, di formazione del personale, di erogazione di servizi aggiuntivi e opzionali, di valutazione e controllo dei livelli e della qualità del servizio e delle soluzioni di sostenibilità ambientale.
Dal confronto tra la griglia di valutazione delle offerte tecniche contenuta nel capitolato d’oneri e lo schema di offerta tecnica che le imprese partecipanti erano chiamate a compilare, la conoscenza integrale delle informazioni riportate nei paragrafi A “organizzazione e modalità di erogazione dei servizi di governo”, C “formazione del personale”, D “organizzazione e modalità di erogazione dei servizi principali e opzionali” ed E “strumenti e funzionalità a supporto dell’erogazione dei servizi” appare idonea a rivelare, tramite una loro lettura “reticolare”, la precipua identità di un’impresa operante in quel settore e, quindi, quella “precisa configurazione e combinazione dei loro elementi” che consente di considerare “segrete” “le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali”, ai sensi dell’art. 98 del d.lgs. n. 30/2005, indipendentemente dalla natura “tabellare” o “discrezionale” della capacità professionale che il singolo dato esprime.

7.5. In un sistema definito “a doppia mandata” (Cons. Stato, Sez. V, 18 settembre 2023, n. 8382), in cui l’autorità (amministrativa o giudiziaria) investita dell’istanza di accesso deve contemporaneamente accertare l’interesse del richiedente e quello dell’opponente e stabilirne la rispettiva meritevolezza, l’indagine sulla posizione del primo si concentra, invece, sul grado di utilità che il “documento al quale è chiesto l’accesso” è in grado di portare a beneficio di “una situazione giuridicamente tutelata”, previo riscontro di un “collegamento” tra l’uno e l’altra (art. 22, co.1, lett. b), della legge n. 241/1990).
Nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, quando l’accesso interferisce con segreti tecnici o commerciali, cioè con beni dai quali dipende, come sopra ricordato, l’effettività della stessa libertà di iniziativa economica, riconosciuta dall’art. 41 della Costituzione, l’interesse del concorrente non aggiudicatario non ottiene una tutela assoluta e indiscriminata, ma subordinata all’esistenza di un rapporto di “stretta indispensabilità” tra l’accesso ai documenti contenenti segreti tecnici e commerciali e le sue esigenze difensive, nel senso che la mancata conoscenza dei primi deve paralizzare completamente le seconde.
Il Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione, ha, infatti, affermato che “L’eccezione di cui alla lett. a) è posta a tutela della riservatezza aziendale, al fine di evitare che gli operatori economici in diretta concorrenza si servano dell’accesso per acquisire informazioni riservate sul know-how del concorrente, costituenti segreti tecnici e commerciali, e ottenere così un indebito vantaggio e ha una natura assoluta perché, nel bilanciamento tra gli opposti interessi, il legislatore ha privilegiato quello, prevalente, della riservatezza, a tutela di un leale gioco concorrenziale, delle caratteristiche essenziali dell’offerta quali beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa (Cons. St., sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64), salva la necessità, per un altro concorrente, di difendersi in giudizio, unica eccezione all’eccezione ammessa (art. 53, comma 6, del d. lgs. n. 50 del 2016” (Cons. Stato, Ad. Pl., 2 aprile 2020, n. 10).
Laddove il richiedente non provi, anche in via indiziaria, che non è possibile difendere i propri interessi se non con la disponibilità delle informazioni riservate, il presupposto in questione non può dirsi integrato, in quanto il pregiudizio inferto alla segretezza del know-how risulterebbe ingiustificato.
Conseguentemente, la giurisprudenza esclude che generici riferimenti “a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive” siano sufficienti per entrare in possesso del know-how altrui (Cons. Stato, Sez. V, ord. 24 gennaio 2023, n. 787). In tal caso, infatti, esisterebbe un chiaro segnale della natura “esplorativa” dell’accesso, che l’ordinamento non ammette, se non nei limiti dell’accesso civico, di cui si dirà infra.

7.6. Nel caso di specie, il Consorzio ricorrente non ha fornito neanche un principio di prova circa la propedeuticità della parte di documentazione non conosciuta all’esercizio del proprio diritto di difesa.
Se, infatti, il decorso dei termini per la proposizione della domanda di annullamento non vale a privare il ricorrente della legittimazione ed all’interesse ad agire, in quanto, come si è detto, sono astrattamente ipotizzabili forme alternative di tutela dei propri interessi, è anche vero che la decadenza in cui è incorso ai fini della contestazione dell’aggiudicazione aggrava l’onere di dimostrare, in concreto, l’utilità dell’accesso integrale alle offerte tecniche delle concorrenti rispetto alla dichiarata intenzione di difendersi, indicando, almeno a grandi linee, l’ipotesi di illegittimità o di errore in cui ritiene che sia incappata la commissione giudicatrice, per aver, ad esempio, acquisito aliunde indizi circa l’incapacità di un’impresa classificatasi in posizione migliore in graduatoria ad onorare proposte commerciali più competitive della propria.
L’istanza di accesso, con la quale il ricorrente ha richiesto indistintamente la trasmissione di tutta la documentazione della gara (verbali, documentazione amministrativa, copia delle offerte tecniche ed economiche “comprensiva di eventuali allegati”, documentazione probatoria del possesso dei requisiti di partecipazione, relazioni giustificative dell’anomalia dell’offerta, chiarimenti resi in fase di soccorso istruttorio), appare effettivamente preordinata a quel “controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni” che l’art. 24, co. 3, della legge n. 241/1990 intende sottrarre alle finalità legittimamente perseguibili con l’accesso documentale, in quanto intestato agli organi di controllo interno delle pubbliche amministrazioni, nonché al giudice contabile.
Non può ritenersi esaustivo dichiarare, nell’istanza, che “l’ostensione degli atti è certamente necessaria ed imprescindibile per la formulazione delle censure che si andranno a proporre nelle apposite sedi” ovvero esprimere, nel ricorso ex art. 116 c.p.a., l’intendimento di voler “contestare le modalità di attribuzione dei punteggi tecnici e dunque il complessivo operato della Commissione di gara”, in quanto si tratta di affermazioni che disvelano un uso improprio dell’accesso documentale. Tale strumento postula, infatti, richieste “mirate”, finalizzate a verificare la possibilità di un esito alternativo del procedimento evidenziale per effetto di una diversa valutazione delle offerte, che sia, però, suffragata pur sempre da “tracce” preesistenti rispetto alla domanda di accesso.
La genericità (e onnicomprensività) dell’istanza di accesso formulata recide, in conclusione, quel legame tra il documento e l’interesse che l’art. 22, co.1, lett. b), della legge n. 241/1990 eleva a condizione generale per l’esercizio del diritto di accesso, ancor di più al cospetto di segreti tecnici e commerciali.

7.7. Né convince la tesi che l’art. 36, co.2, del d.lgs. n. 36/2023, comunque non applicabile alla vicenda in esame, abbia rimosso ogni ostacolo alla conoscenza integrale delle reciproche offerte da parte delle imprese che occupano i primi cinque posti in graduatoria. La norma in questione si inserisce, infatti, all’interno di una più articolata disposizione che detta le regole procedimentali (e processuali) dell’istituto delineato dal nuovo codice dei contratti pubblici, imponendone una lettura sistematica, che armonizzi l’indubbia semplificazione procedimentale determinata dall’utilizzo delle piattaforme telematiche di negoziazione con un’invariata tutela dei segreti tecnici e commerciali, alla quale sono dedicati i successivi commi. L’accoglimento delle eventuali “richieste di oscuramento di parti delle offerte” produce, evidentemente, effetti nei confronti di tutti i concorrenti e, quindi, anche per i primi cinque in graduatoria, ancorché ciascuno di essi goda di un canale più veloce per l’accesso alla documentazione degli altri quattro, ma pur sempre “al netto” dei segreti tecnici e commerciali.
A ben vedere, il medesimo art. 36 richiamato dal ricorrente, all’ultimo comma, prevedendo che il dies a quo per impugnare l’aggiudicazione decorre “comunque” dalla comunicazione di cui all’art. 90, offre anche argomenti per un ridimensionamento dell’interesse all’accesso una volta che siano spirati i termini per contestare in giudizio l’aggiudicazione, così superando definitivamente la tesi, fatta propria dal ricorrente nella memoria di replica, che “la consumazione del termine decadenziale di impugnazione e il consolidamento degli atti di gestione della gara potrebbero non verificarsi laddove risulti pendente un’istanza di accesso tempestivamente presentata e concretamente idonea a determinare una dilazione temporale, la quale si verifica nel caso in cui i motivi di ricorso conseguano effettivamente alla conoscenza dei documenti richiesti”.
Non appaiono, pertanto, condivisibili interpretazioni atomistiche dei singoli commi, che restituiscono solo una visione parziale dell’istituto, dotato di una fisionomia ben più complessa.

Accesso agli atti : evoluzione disciplina nel nuovo Codice contratti pubblici (art. 36 d.lgs. 36/2023)

TAR Bari, 01.12.2023 n. 1388

In materia di accesso ai documenti relativi al procedimento concorsuale o di gara da parte di chi vi abbia partecipato, la giurisprudenza amministrativa ritiene che l’interesse “sottostante”, che legittima all’esercizio del diritto, sia ravvisabile, di fatto, in re ipsa (cfr. Cons. Stato n. 1115/2009).
Inoltre, la giurisprudenza da tempo ha precisato che l’interesse all’accesso rappresenta una situazione giuridicamente autonoma e non necessariamente coincidente in senso stretto con quello all’impugnativa di un provvedimento amministrativo.
Proprio l’autonomia dell’interesse all’accesso comporta l’irrilevanza della circostanza che gli atti concorsuali oggetto della domanda siano divenuti, in tesi, definitivi ed inoppugnabili, nonché dell’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente – una volta conosciuti gli atti – potrebbe proporre (cfr. Cons. Stato n. 5111/2015).
A conferma di ciò, l’art. 24 della L. n. 241 del 1990 garantisce l’accesso proprio a quegli atti la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridici (cfr. comma 7).
Non v’è dubbio alcuno, pertanto, che il ricorrente sia titolare, nella specie, di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata ai documenti ai quali ha chiesto l’accesso, anche al fine di curare e difendere i propri interessi giuridici.
Poiché dall’accesso a detti documenti potrebbero innegabilmente scaturire opportunità di più compiuta e completa difesa in giudizio per la posizione del ricorrente, devono ritenersi pienamente sussistenti i presupposti di legge per l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del parziale diniego dell’Amministrazione.
In proposito, come è noto, in base all’art 53. D.lgs. n. 50/2016, l’accesso «alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscono, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali» è tendenzialmente escluso, salvo nei confronti del «concorrente al fine della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto».
Nella disciplina vigente, dunque, è riconosciuto l’interesse qualificato del concorrente ad accedere agli atti di gara, risolvendosi a favore del diritto di difesa – e quindi dell’accesso – il conflitto trasversalmente latente e sin troppo strumentalmente immanente che in materia di appalti si instaura rispetto ai profili di riservatezza che possano riguardate segreti tecnici o commerciali avvalendosi dei quali si sia giunti a confezionare l’offerta di gara.
Del resto, sempre restando su un piano generale, la stessa scelta a monte di partecipare ad una procedura pubblica di selezione – con le esigenze di trasparenza che la connotano – implica necessariamente il rischio di una possibile “pubblicizzazione” del segreto tecnico o commerciale, essendo evidente che, proprio in correlazione all’insorgere di un possibile contenzioso in relazione alla stessa, la parte, in prima battuta, o se del caso il Giudice, nell’esercizio dei propri poteri istruttori, potrebbero realisticamente utilizzare in tutto o in parte per le esigenze del giudizio il materiale astrattamente coperto da segreto, in tal modo inevitabilmente pubblicizzandolo.
Nello stesso partecipare ad una procedura di evidenza pubblica vi è dunque una potenziale “accettazione del rischio” di pubblicizzazione dei contenuti dell’offerta, con particolare riguardo all’insorgere di esigenze processuali.
Le contrarie posizioni espresse dal Consiglio di Stato in alcune isolate pronunce (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 64/2020) non possono essere condivise e sono state palesemente superate dall’evoluzione normativa contemporanea.
Come è noto, il nuovo Codice Appalti 2023 (cfr. D.Lgs. n. 36/2023) ha introdotto una nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara che, pur non applicandosi direttamente alla procedura in esame ratione temporis, è oltre modo significativo rispetto alle tendenze ideologico culturali, oltre che ovviamente giuridiche, verso le quali il sistema sta evolvendo.
Una novità rilevante è sicuramente prevista all’art. 36: con la comunicazione digitale dell’aggiudicazione, verranno rese note anche le decisioni assunte dalla Stazione appaltante sulle richieste di oscuramento di parti delle offerte, formulate dagli offerenti a tutela dei loro segreti tecnici o commerciali.
In tal modo si vuole palesemente accelerare la procedura; gli operatori non dovranno più formulare alcuna istanza di accesso.
Inoltre, ai primi cinque classificati in graduatoria, sarà consentito visionare reciprocamente le rispettive offerte, sempre attraverso le piattaforme informatiche.
Ma si noti che tutto verrà deciso in autonomia dalla Stazione appaltante al momento di valutazione delle offerte: non è previsto un preliminare avviso all’offerente, quale controinteressato, circa l’intenzione di rendere visibili le parti di offerte indicate come segrete, né viene disciplinato un contraddittorio sul punto prima dell’aggiudicazione.
Le decisioni sulle richieste di oscuramento, comunicate appunto contestualmente all’aggiudicazione, potranno essere impugnate solamente per le vie giudiziali, nel breve termine – ai limiti del giugulatorio – di dieci giorni.
Il quadro che emerge è, per l’appunto, quello della pubblicizzazione integrale della gara pubblica e l’eradicazione, si spera definitiva di tutto il contenzioso sviluppatosi negli ultimi anni sulla, spesso strumentale, difesa del c.d. know how industriale e commerciale.
Nel caso di specie, entrambe le parti hanno fornito ampia allegazione del proprio interesse qualificato e differenziato – ex art. 24 Cost. – all’ottenimento della documentazione richiesta, che pertanto dovrà essere reciprocamente ed integralmente ostesa, senza limitazioni di sorta.
Ne consegue l’integrale accoglimento di entrambe le istanze di accesso per come introdotte in atti.

Accesso agli atti e motivazione della sentenza alla luce del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (art. 36 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. IV, 02.05.2023 n. 4422

5.2 Come evidenziato di recente da Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2021, n. 224 merita di essere condiviso l’orientamento dalla Corte di cassazione, (Cass. civ., sez. lav., 9 luglio 2020, n. 14629) secondo cui “… Con riguardo all’onere motivazionale delle sentenze, il c.p.c. non esige l’originalità delle modalità espositive né vieta l’uso del contenuto di altri scritti. L’originalità delle modalità espositive della sentenza non risulta richiesta, contemplata o anche solo “auspicata” nel codice di rito. Nel codice si richiede, piuttosto, che una motivazione esista, sia chiara, comprensibile, coerente (pertanto non solo apparente); in nessun punto del codice risulta richiesta, invece, una motivazione espressa con modalità espositive “inedite”. Peraltro, nella disciplina processuale civile non risulta in alcun modo vietato riportare in sentenza il contenuto di scritti (altre sentenze, atti amministrativi, scritti difensivi di parte o più in generale atti processuali) la cui paternità non sia attribuibile all’estensore. Anzi, specie nelle riforme legislative degli ultimi anni e nella giurisprudenza di legittimità, sembra emergere una tendenza addirittura contraria; e ciò è ormai reso inevitabile anche dalla necessità di dare concreta attuazione al principio costituzionale della ragionevole durata del processo”.
5.3 A conferma di quanto precede osserva il collegio che nel codice del processo amministrativo non solo non si rinviene un divieto di riportare il contenuto di scritti di parte ma è espressamente affermato il principio opposto, suscettibile di applicazione in tutti i casi in cui prevalgono esigenze di peculiare speditezza del giudizio, come avviene nel contenzioso per opere ricomprese negli interventi P.n.r.r..
5.4 Il riferimento è al contenzioso in materia elettorale e, segnatamente all’articolo 129, comma 6, laddove si prevede che “Il giudizio è deciso all’esito dell’udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La relativa motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”.
5.5. Tale modalità redazionale della sentenza è stata di recente confermata dal nuovo codice dei contratti pubblici, a conferma di un trend legislativo orientato ad assicurare la massima celerità del giudizio, attraverso il ricorso a strumenti di semplificazione. L’art. 36 del d. lgs. n. 36 del 2023 recante “Norme procedimentali e processuali in tema di accesso” prevede infatti, al comma 7, che “Il ricorso di cui al comma 4 è fissato d’ufficio in udienza in camera di consiglio nel rispetto di termini pari alla metà di quelli di cui all’articolo 55 del codice di cui all’allegato I al decreto legislativo n. 104 del 2010 ed è deciso alla medesima udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi entro cinque giorni dall’udienza di discussione, e la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie”.
5.6 Da quanto precede può dunque desumersi il tendenziale consolidarsi di un principio di portata generale secondo cui nel bilanciamento tra esigenze di garanzia e quelle del buon andamento del processo, inteso come forma necessaria del giudizio e quindi dell’accertamento giudiziale, le esigenze di celerità e quelle proprie dell’amministrazione c.d. di risultato, giustificano l’ammissibilità di tecniche motivazionali finalizzate a semplificare la fase di stesura della motivazione – spesso connotata da particolare complessità e quindi suscettibile di dilatare in modo significativo i tempi di deposito della sentenza e quindi di definizione del processo, in tal modo vanificando la stessa utilità della decisione – anche mediante il solo il rinvio alle argomentazioni delle parti che il giudice, condividendole, ritenga di far proprie, assumendole al fine di dare evidenza all’iter logico giuridico che ha condotto alla decisione.
5.7 L’unico limite a tale possibilità è rappresentato dalla necessità che la motivazione, in tal modo predisposta mediante l’ausilio diretto del contributo ricostruttivo ed interpretativo delle parti, non sia una motivazione apparente ma realmente idonea a dar conto delle ragioni giuridiche della decisione; siffatte ragioni, sebbene formalmente elaborate dalle parti nella dinamica del contraddittorio, ben possono essere fatte proprie dal giudice e così assunte a volontà oggettiva dell’ordinamento nel procedimento di sussunzione dei fatti nello schema astratto delle fattispecie normativamente predeterminate e di qualificazione giuridica che ne consegue.
5.8. Non si tratta di acritica ricezione di argomentazioni altrui ma di una mera semplificazione del processo di giustificazione formale della decisione giudiziale assunta, che presuppone, in ogni caso, un attento vaglio critico ed una accurata selezione degli argomenti giuridici da comporre in un discorso argomentativo chiaro, esaustivo, rispetto a tutte le questioni poste e trattate dalle parti e, soprattutto, logico, nella connessione dei fatti accertati e delle ragioni giuridiche addotte.
5.9 Ed anche quanto il giudice assume e fa proprio il materiale argomentativo elaborato da una delle parti per accoglierne la domanda, non viene meno al dovere di imparzialità e di terzietà e quindi ai principi del giusto processo poiché tale operazione rappresenta comunque l’esito di un processo logico di vaglio e di selezione critica di tutte le argomentazioni, in fatto ed in diritto, prospettate dalle parti nella dinamica del contraddittorio, alla luce delle disposizioni di legge ritenute pertinenti al caso.