Archivi tag: art. 120 d.lgs. 36/2023

Subappalto integrale risultante dai preventivi dei subappaltatori in sede di anomalia : esclusione (art. 110 , art. 119 d.lgs. 36/2023)

TAR Catania, 16.10.2024 n.  3408

L’art. 119, comma 1, D.Lgs. 36/2023 stabilisce espressamente che “I soggetti affidatari dei contratti eseguono in proprio le opere o i lavori, i servizi e le forniture compresi nel contratto. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 120, comma 1, lettera d), la cessione del contratto è nulla. È altresì nullo l’accordo con cui a terzi sia affidata l’integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni appaltate, nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alla categoria prevalente e dei contratti ad alta intensità di manodopera. È ammesso il subappalto secondo le disposizioni del presente articolo.”; viene pertanto sancita la nullità degli accordi con cui l’aggiudicatario di un appalto pubblico affidi ai terzi subappaltatori l’integrale esecuzione delle prestazioni oggetto di appalto.
[…] Dalla nullità dei contratti di subappalto discende come conseguenza che l’offerta presentata dalla controinteressata andava considerata anomala e, pertanto, esclusa dalla Commissione di gara. Come già esposto, infatti, in sede di giustificazione dell’offerta, la controinteressata si è giustificata unicamente facendo riferimento alle offerte pervenute dai subappaltatori, mentre non ha offerto ulteriori elementi a sostegno della propria offerta; una volta che allora gli accordi di subappalto vengono dichiarati nulli ne discende che la verifica di anomalia avrebbe dovuto concludersi negativamente per la controinteressata, non avendo la stessa presentato adeguati elementi a sostegno della propria offerta. Invero, l’art. 110, comma 5, lett. b), D.Lgs. 36/2023, dedicato alle offerte anormalmente basse, prevede espressamente che “la stazione appaltante esclude l’offerta se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 3, oppure se l’offerta è anormalmente bassa in quanto: […] b) non rispetta gli obblighi di cui all’articolo 119”; nel vigore del vecchio codice degli appalti, si veda in termini C.G.A.R.S, sez. giurisd., 7 marzo 2022, n. 289, ove si afferma che “…l’eventuale invalidità del contratto di subappalto rileva in termini generali in fase esecutiva e nella procedura di gara solo in quanto incida sull’anomalia dell’offerta”.

Quinto d’ obbligo : calcolo per individuazione della soglia e per acquisizione CIG (art. 120 d.lgs. 36/2023)

Quesito: Ai sensi dell’art. 120 comma 9 del D. Lgs. 36/2023 la clausola del quinto d’obbligo può essere fatta valere solo se espressamente richiamata negli atti di gara (vedi anche bando tipo 1); posto quanto sopra, se nel vecchio codice era assodato che il valore del quinto d’obbligo dovesse essere computato al fine della determinazione delle soglie ( e quindi dell’acquisizione del CIG), il nuovo codice, imponendo, over ritenuto opportuno, di prevederlo espressamente (in maniera analoga alle opzioni) fa sorgere il dubbio che l’importo in aumento debba essere ricompreso nel calcolo per l’individuazione della soglia e per l’acquisizione del CIG. Si evidenzia infatti che, nonostante l’art. 14, comma 4 del D. Lgs. 36/2023 disponga che “…Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali ozioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara…”, senza fare alcun cenno alla novità introdotta dall’art. 120, c. 9, il Bando Tipo n. 1 predisposto dall’Anac (che invece pare non abbia alcun dubbio al riguardo), al paragrafo 3, pagina 14, riporta la tabella in corrispondenza del valore globale stimato dell’appalto, comprensiva dell’importo del quinto d’obbligo (a cui espressamente si rinvia, non potendola inserire)

Risposta aggiornata: Come noto, l’ANAC, nel Bando tipo n. 1/2023 “per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari di importo superiore alle soglie europee con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”, ha ritenuto che nel valore stimato dell’appalto va compreso anche il c.d. ‘quinto d’obbligo’. Le ragioni di questa scelta sono esplicate nella Relazione illustrativa del Bando-tipo in parola, secondo cui “rispetto alle precedenti versioni del bando tipo e alle indicazioni fornite sul punto dall’Autorità con il Comunicato del Presidente del 23/3/2021, è stata adottata una diversa interpretazione dell’articolo 120, comma 11, del codice, sulla base delle considerazioni offerte nella Relazione illustrativa. In tale documento, infatti, è stata evidenziata la necessità di prevedere il c.d. quinto d’obbligo sin nei documenti di gara iniziali, per rendere la previsione compatibile con le fattispecie di modifica consentite dalla direttiva, con ciò qualificando la fattispecie come ipotesi di modifica. Sulla base di tale indicazione, la fattispecie è stata considerata come esemplificazione delle ipotesi di cui al comma 1, lettera a) dell’articolo 120 ed inserita nel calcolo del valore complessivo dell’appalto”. Pertanto, il quinto d’obbligo va ricompreso nel valore stimato dell’appalto ex art. 14, co. 4, d.lgs. 36/2023. (Parere MIT n. 2713/2024)


Quesito: In buona sostanza, lo jus variandi entro il c.d. “quinto d’obbligo”, che per decenni aveva trovato la sua naturale fonte direttamente dalla legge, oggi – per i contratti pubblici – è condizionato ad una espressa previsione da inserire nei documenti di gara, non contempla una possibile “opzione di variante in aumento con valenza pubblicistica”, bensì una prescrizione di natura meramente negoziale ed avente effetto esclusivamente tra le parti contraenti, con cui la stazione appaltante – nell’ipotetica eventualità in cui si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino al quinto dell’importo contrattuale – si riserva il diritto di imporne all’appaltatore l’esecuzione alle originarie condizioni. D’altra parte, proprio la circostanza che tale previsione operi anche nel caso in cui si renda necessaria una diminuzione delle prestazioni, conferma a nostro a vviso, l’errore presente nel Bando tipo Anac. Ed, in ogni caso, non sarebbe comunque configurabile una “opzione di variante con valenza pubblicistica”, in quanto restano fermi tutti i presupposti per legittimare le varianti in corso d’opera prescritti ed elencati dal medesimo art. 1320 del D. Lgs. 36/2023. Premesso e considerato quanto sopra, si chiede come ci si debba comportare per l’individuazione della soglia e per l’acquisizione del CIG, nel caso in cui sia stata inserita la previsione del quinto d’obbligo in aumento, ovvero se tale importo debba essere o meno computato nel valore globale dell’appalto.

Risposta aggiornata: Come noto, l’ANAC, nel Bando tipo n. 1/2023 “per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari di importo superiore alle soglie europee con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”, ha ritenuto che nel valore stimato dell’appalto va compreso anche il c.d. ‘quinto d’obbligo’. Le ragioni di questa scelta sono esplicate nella Relazione illustrativa del Bando-tipo in parola, secondo cui “rispetto alle precedenti versioni del bando tipo e alle indicazioni fornite sul punto dall’Autorità con il Comunicato del Presidente del 23/3/2021, è stata adottata una diversa interpretazione dell’articolo 120, comma 11, del codice, sulla base delle considerazioni offerte nella Relazione illustrativa. In tale documento, infatti, è stata evidenziata la necessità di prevedere il c.d. quinto d’obbligo sin nei documenti di gara iniziali, per rendere la previsione compatibile con le fattispecie di modifica consentite dalla direttiva, con ciò qualificando la fattispecie come ipotesi di modifica. Sulla base di tale indicazione, la fattispecie è stata considerata come esemplificazione delle ipotesi di cui al comma 1, lettera a) dell’articolo 120 ed inserita nel calcolo del valore complessivo dell’appalto”. Pertanto, il quinto d’obbligo va ricompreso nel valore stimato dell’appalto ex art. 14, co. 4, d.lgs. 36/2023. (Parere MIT n. 2714/2024)

    PER QUESITI O INFORMAZIONI SUI SERVIZI DI RISPOSTA RAPIDA, CONSULENZA E SUPPORTO SPECIALISTICO E SULLA PIATTAFORMA GARE TELEMATICHE DI SENTENZEAPPALTI.IT O PER UN PREVENTIVO GRATUITO, SI INVITA A COMPILARE IL MODULO SEGUENTE

    Richiesta:*

    Nome, cognome, Ente o Società:*

    Email:*

    N.B. I servizi sono attivabili su richiesta e modulabili sulla base di specifiche esigenze. Per ulteriori informazioni si invita a visitare le pagine dedicate del sito oppure a contattare info@sentenzeappalti.it.

    PRIVACY. Letta l’informativa sulla privacy, si acconsente all’utilizzo dei dati inseriti nel presente modulo ed all’invio di eventuale materiale informativo. 
    

    Accettazione privacy*

    Lavori opzionali , valore contratto e calcolo limite 50 per cento per varianti (art. 120 d.lgs. 36/2023)

    Quesito: Appalto di lavori di importo € 2.097.254,42 con previsione in sede di gara di lavori opzionali previsti pari a € 300.000,00. Nel corso dei lavori sono state approvate n. 2 varianti con un aumento di importo contrattuale pari a € 358.7494,44 (circa 64%). L’importo dei lavori opzionali va sommato ai fini del calcolo della percentuale di aumento contrattuale complessivo?

    Risposta aggiornata: Ai sensi di quanto previsto dall’art. 120, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023, il legislatore pone un limite percentuale alle modifiche contrattuali consistenti in varianti, laddove recita: “Nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c), il contratto può essere modificato solo se l’eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, la limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non eludono l’applicazione del codice.”.
    Inoltre, ai sensi di quanto previsto dall’art. 14, comma 4 del D.Lgs. n. 36/2023, le opzioni e i rinnovi rilevano ai fini del calcolo dell’importo stimato del contratto: “4. Il calcolo dell’importo stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), valutato dalla stazione appaltante. Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara”. Pertanto, con riferimento al quesito posto, si ritiene che l’importo dei lavori opzionali vada sommato ai fini del calcolo della percentuale di aumento contrattuale complessivo dovuto alle varianti, solo qualora le opzioni siano state attivate (Parere MIT n. 2394/2024)

     

      PER QUESITI O INFORMAZIONI SUI SERVIZI DI RISPOSTA RAPIDA, CONSULENZA E SUPPORTO SPECIALISTICO E SULLA PIATTAFORMA GARE TELEMATICHE DI SENTENZEAPPALTI.IT O PER UN PREVENTIVO GRATUITO, SI INVITA A COMPILARE IL MODULO SEGUENTE

      Richiesta:*

      Nome, cognome, Ente o Società:*

      Email:*

      N.B. I servizi sono attivabili su richiesta e modulabili sulla base di specifiche esigenze. Per ulteriori informazioni si invita a visitare le pagine dedicate del sito oppure a contattare info@sentenzeappalti.it.

      PRIVACY. Letta l’informativa sulla privacy, si acconsente all’utilizzo dei dati inseriti nel presente modulo ed all’invio di eventuale materiale informativo. 
      

      Accettazione privacy*

      Opzione di proroga , proroga tecnica e rinnovo contrattuale : distinzione ai fini dell’ applicabilità della clausola di revisione prezzi (art. 120 d.lgs. 36/2023)

      Consiglio di Stato, sez. IV, 15.04.2024 n. 3403

      Tale disposizione contrattuale deve essere interpretata nel senso della sussistenza di un generale divieto di proroga del contratto (c.d. opzione di proroga), fatta salva l’eccezionale ipotesi in cui la proroga sia limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente (c.d. proroga tecnica).
      Dal punto di vista sistematico, la distinzione tra opzione di proroga e proroga tecnica, già prevista dall’art. 106, comma 11, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è stata ulteriormente precisata dal nuovo codice dei contratti pubblici, che ha distinto le due fattispecie collocandole, rispettivamente, nel comma 10 (opzione di proroga) e nel comma 11 (proroga tecnica) dell’art. 120, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, stabilendo che il contraente originario, in entrambi i casi, è tenuto ad eseguire le prestazioni contrattuali “ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto”, mentre solo nel caso di opzione di proroga troveranno applicazione le “condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante”, sempre che ciò sia previsto nei documenti di gara.
      Pertanto, dall’analisi del citato art. 8 del contratto di appalto, emerge la chiara sussistenza di un obbligo contrattuale di garantire il servizio oggetto di affidamento fino al subentro della nuova ditta aggiudicatrice (c.d. proroga tecnica).
      Tale previsione contrattuale, peraltro, è sufficiente a rendere irrilevanti le contestazioni avanzate dalla parte resistente secondo cui, ai fini della proroga, sarebbe stato necessario un atto negoziale bilaterale, rivestito di forma scritta ed adottato dallo stesso organo che aveva la competenza a stipulare l’originario contratto.
      Pertanto, deve ritenersi che l’ordinanza sindacale in esame, nella parte in cui ordina alla società appellante di eseguire temporaneamente il servizio in questione per sei mesi (fino all’11 novembre 2018) “agli stessi patti e condizioni di cui al Contratto Rep. n. 3 del 29.01.2009” con applicazione di una “clausola di risoluzione immediata in caso di avvio del servizio a seguito della gara ponte e/o del servizio unitario dell’ARO 5/LE”, sia da qualificare come un atto avente natura ricognitiva di un obbligo già discendente dal contratto, essendosi limitata a dare applicazione ad una proroga tecnica già prevista contrattualmente.
      5. – Un’altra distinzione che assume rilievo nel caso di specie ai fini dell’applicabilità della clausola di revisione dei prezzi è quella tra proroga e rinnovo contrattuale.
      In particolare, è stato precisato che “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635).
      Inoltre, deve ritenersi consolidato l’orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali: “In materia di appalti pubblici, presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 – secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo – è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale» (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091).

      Distinzione tra “opzione di proroga” e “proroga tecnica” nel nuovo Codice Contratti Pubblici (art. 120 d.lgs. 36/2023)

      TAR Napoli, 04.04.2024 n. 2200

      3.2.- Le osservazioni sopra svolte inducono a distinguere l’“opzione di proroga” dalla c.d. “proroga tecnica”, come peraltro puntualmente precisato dai commi 10 e 11 del vigente D.lgs. n. 36/2023.
      In particolare, l’opzione di proroga deve essere prevista appositamente nel bando e nei documenti di gara e, se esercitata dalla stazione appaltante, obbliga l’appaltatore ad eseguire le prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni stabiliti dal contratto o, se invece specificamente previsto nei documenti di gara, alle condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante. Diversamente, la proroga tecnica è quella resa necessaria da situazioni eccezionali, dalle quali derivino oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della nuova procedura di affidamento. In tale caso è consentita, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura, la proroga del contratto con l’appaltatore uscente qualora l’interruzione delle prestazioni possa determinare situazione di pericolo per persone, animali, cose, oppure per l’igiene pubblica, oppure nell’ipotesi in cui l’interruzione della prestazione dedotta nella gara sia idonea a determinare un grave danno all’interesse pubblico che è destinata a soddisfare.
      La c.d. “proroga tecnica” va quindi tenuta distinta dalla “opzione di proroga”, che non incontra limiti temporali salvo quelli stabiliti nei documenti di gara.
      Nel chiarire ulteriormente i profili distintivi intercorrenti tra le due tipologie di proroghe, la giurisprudenza ha precisato che l’istituto della proroga contrattuale è consentito solo se la relativa clausola venga già inserita nel bando quale opzione da esercitarsi da parte della Stazione Appaltante in favore dell’operatore economico aggiudicatario della selezione, alle condizioni fissate sin dall’inizio nella lex specialis di gara, definendosi preventivamente condizioni e termini della proroga (con modalità proporzionate all’oggetto del contratto e capaci di escludere pregiudizi alla leale concorrenza nel mercato economico di riferimento), tanto che tutti i partecipanti alla gara siano posti in grado di presentare un’offerta economica che comprenda anche l’eventuale periodo di proroga, i cui effetti quindi siano stati anch’essi oggetto della selezione.
      È altresì consentita se, una volta scaduta l’efficacia di un contratto ed una volta che siano state avviate concretamente e formalmente le procedure per l’espletamento della nuova selezione pubblica (con la pubblicazione del bando o attraverso altra formalità propria della procedura di scelta utilizzabile nel caso di specie), si renda necessario garantire la prosecuzione del servizio o della fornitura per tutto il tempo utile al completamento delle procedure selettive e alla stipula del nuovo contratto con il nuovo affidatario (ipotesi di c.d. “proroga ponte”).
      L’eliminazione della possibilità di provvedere al rinnovo dei contratti di appalto scaduti, disposta con l’art. 6, l. n. 537 del 1993 e poi con l’art. 23, l. n. 62 del 2005, al fine di adeguare l’ordinamento interno ai precetti comunitari, ha, poi, valenza generale e portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolverebbero, di fatto, nell’elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici. In definitiva, la legislazione vigente non consente più di procedere al rinnovo o alla proroga automatica dei contratti in corso, ma solo alla loro proroga, nei termini espressamente stabiliti, e solo per il tempo strettamente necessario alla stipula dei nuovi contratti a seguito di espletamento di gare ad evidenza pubblica. Tale divieto, pure se fissato dal legislatore in modo espresso con riguardo agli appalti di servizi, opere e forniture, esprime un principio generale attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato (cfr. Cons. St., sez. V, 7 aprile 2011 n. 2151; Tar Puglia, Lecce, sez. I, 11 febbraio 2016 n. 293; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 04/09/2017, n. 9531).
      3.2.- Orbene, applicando i menzionati principi all’odierna fattispecie, osserva il Collegio che le clausole contrattuali citate dal ricorrente (art. 2 del Capitolato Speciale d’Appalto; art. 3 del contratto), non prevedevano affatto, come correttamente ritenuto dalla resistente ASL, la possibilità per la stazione appaltante di avvalersi dell’opzione di proroga contrattuale. Quest’ultima, per essere qualificata in tali termini, come sopra chiarito, avrebbe dovuta essere inserita nel bando quale opzione da esercitarsi da parte della Stazione Appaltante in favore dell’operatore economico aggiudicatario della selezione, con la puntuale indicazione delle condizioni fissate sin dall’inizio nella lex specialis di gara, con modalità proporzionate all’oggetto del contratto e capaci di escludere pregiudizi alla leale concorrenza nel mercato economico di riferimento, in modo tale da consentire a tutti i partecipanti alla gara di presentare un’offerta economica che considerasse anche l’eventuale periodo di proroga.
      In assenza di una simile previsione, ab initio contemplata dagli atti di gara, correttamente l’azienda sanitaria, onde assicurare la prosecuzione di un servizio essenziale per la cura di primari interessi della persona e nel rispetto del “codice dei contratti pubblici”, come espressamente richiesto dalle sopra citate determine regionali, per un verso, ha indetto in via d’urgenza una gara-ponte e, nelle more dell’espletamento della procedura di gara, ha disposto la proroga tecnica dell’affidamento in favore della ricorrente precedente gestore.
      In tema di appalto di opere pubbliche e servizi, difatti, nelle more della conclusione di una procedura ad evidenza pubblica, per quanto sopra detto, sono infatti legittime sia la proroga tecnica, in presenza di eccezionali ragioni oggettive estranee all’Amministrazione, tali da generare l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente, sia la procedura c.d. “ponte”, senza previa pubblicazione del bando di gara, esperita in via d’urgenza dalla stazione appaltante in ragione della necessità di reperire il materiale oggetto di affidamento per un fabbisogno strettamente necessario, al fine di garantire la continuità della fornitura (cfr.: T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Trento, 20 dicembre 2018 n. 382; Cons. St., sez. V, 11 maggio 2009 n. 2882; Cons. St., sez. V, n. 2151 del 2011; id., sez. V, 11 maggio 2009 n. 2882; Cons. Stato, Sez. III, 05/06/2020, n. 3566).

      Proroga contrattuale , proroga tecnica e rinnovo nel nuovo Codice dei contratti pubblici (art. 120 d.lgs. n. 36/2023)

      TAR Bari, 23.10.2023 n. 1243

      Sul punto, occorre anzitutto distinguere le due tipologie tipiche di proroga di un contratto pubblico, ossia quella “contrattuale” e quella “tecnica”.
      La proroga c.d. “contrattuale” è così definita poiché trova la sua fonte nella lex specialis di gara e/o nel contratto.
      Trattasi, pertanto, di una circostanza negoziale già preventivata dall’Amministrazione e dall’operatore economico contraente.
      Al contrario, la proroga c.d. “tecnica”, ai sensi dell’art. 106, comma 11, D.Lgs. n. 50/2016, sussiste nel caso in cui la durata del contratto venga modificata dall’Amministrazione, per cause ad essa non imputabili, allo scopo di garantire la continuità di un servizio essenziale, nelle more della conclusione della procedura di gara per scegliere il nuovo contraente, la quale deve essere bandita prima dell’originaria scadenza contrattuale.
      La proroga tecnica, pertanto, avendo carattere di temporaneità e imprevedibilità, rappresenta uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale a un altro.
      Tale lettura dell’istituto della proroga è stata integralmente recepita dal recente intervento del legislatore in materia di contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023, che pur se non direttamente applicabile ratione temporis al caso di specie, esprime tutto il suo effetto di autorevole avallo interpretativo.
      Come è infatti noto, l’art. 120 del D.Lgs. n. 36/2023 fa propria l’impostazione sopra riferita e disciplina le due fattispecie in due commi separati: il comma 10 si riferisce esclusivamente all’opzione di proroga preventivamente prevista nei documenti di gara; il successivo comma 11 disciplina invece la proroga del contratto funzionale al completamento della procedura di gara finalizzata alla scelta del nuovo appaltatore.
      Ne consegue che la proroga “tecnica” trova nel nuovo Codice una collocazione autonoma e sganciata dalla proroga conseguente all’esercizio dell’opzione, purché concorrano una serie di condizioni “limitative” già emerse nell’interpretazione giurisprudenziale: essa viene essenzialmente circoscritta a ipotesi eccezionali, in cui sussistano oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di gara; deve avere una durata commisurata al tempo strettamente necessario per giungere a tale conclusione; deve essere giustificata alla luce del fatto che l’interruzione delle prestazioni potrebbe determinare situazioni di pericolo per persone, animali o cose o per l’igiene pubblica o ancora un grave danno dell’interesse pubblico.
      In particolare, sempre in relazione ai due tipi di proroga sopra ricordati, deve essere distinta la proroga tecnica dal rinnovo del contratto pubblico.
      Sul punto è ampiamente sufficiente richiamare i costanti e consolidati orientamenti giurisprudenziali, secondo i quali la distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando agli effetti dell’atto: mentre la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867).
      Come chiarito dalla costante giurisprudenza che si è occupata del tema, si verte in ipotesi di proroga contrattuale allorquando vi sia una integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario; mentre ricorre l’ipotesi di rinnovo, quando interviene una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti che si conclude con una modifica delle precedenti condizioni (ex multis Cons. Stato, sez. III, n. 5059 del 2018; Cons. Stato, sez. VI, n. 3478 del 2019; Cons. Stato, sez. VI, n. 8219 del 2019; Cons. Stato, sez. V, n. 3874 del 2020).
      Il rinnovo, dunque, in disparte il dato non determinante del nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorchè di contenuto analogo a quello originario. In assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto (Cons. Stato, sez. V, 3874 del 2020, Cons. Stato, sez. III, 24.3.2022, n. 2157).
      E’ stato, infatti, precisato che: “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16.02.2023 n. 1635).