Quesito: Si chiede in caso di contatti stipulati in cui una pluralità di soggetti intervengono anche in fase esecutiva, sia sotto forma di RTI sia tramite subappaltatori. A. conferma se , ove l’atto del RTI stabilisca la fatturazione da parte del soggetto esecutore delle prestazioni con liquidazione sul conto corrente dello stesso, sia necessario verificare il DURC del solo soggetto esecutore e non anche di tutti i componenti il RTI che non hanno eseguito alcuna prestazione. B. conferma se, in presenza di mandato collettivo a fatturare per conto delle mandanti, nel caso di liquidazione delle prestazioni eseguite da una o più mandanti sul conto corrente della mandataria, sia necessario verificare il DURC della mandataria e del/i soggetto/i esecutore/i, e non anche dei restanti componenti il RTI che non hanno eseguito alcuna prestazione. C. se in caso di fatturazione di un componente per prestazioni eseguite con il concorso di uno o più subappaltatori, con liquidazione sul conto corrente del componente, sia necessario verificare il DURC del componente e del/i subappaltatore/i esecutore/i e non anche di tutti i componenti il RTI che non hanno eseguito alcuna prestazione. D. se in caso di pagamento diretto ad un subappaltatore esecutore con fatturazione della mandataria o del mandante subappaltante, sia necessario verificare il DURC del solo subappaltatore e del componente il RTI subappaltante e non anche di tutti i componenti il RTI che non hanno eseguito alcuna prestazione.
Risposta: Fermo restando il principio di continuità nel possesso dei requisiti, la verifica della regolarità contributiva deve essere effettuata nei confronti del beneficiario esecutore del pagamento dei corrispettivi. (Parere MIT n. 3021/2024)
12.5.1. In primo luogo non può essere condivisa l’eccepita violazione dell’art. 17 del d.lgs. 36/2023, avendo la stazione appaltante proceduto alla verifica del controllo dei requisiti successivamente all’aggiudicazione nel rispetto delle disposizioni speciali vigenti in materia di affidamento dei pubblici appalti inerenti opere comprese nel PNRR, ai sensi dell’art. 255 comma 8 del d.lgs. 36/2023, secondo cui in relazione alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici, anche suddivisi in lotti, finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse, si applicano, anche dopo il 1 luglio 2023, le disposizioni di cui al d.l. n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al d.l. n. 13 del 2023, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2023, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR; quanto, in particolare, alla verifica dei requisiti a seguito dell’aggiudicazione la stessa è prevista dal combinato disposto degli art. 14 comma 4 del citato d.l. 13/2023 e dell’art. 8 comma 1 lett. a) del d.l. 76/2020, conv. dalla legge n. 120 del 2020.
12.5.2. Rileva, inoltre, il Collegio che le procedure di affidamento dei pubblici appalti sono ispirate, tra gli altri, al principio di autoresponsabilità, così che il partecipante ha l’onere di produrre, a corredo della propria istanza di partecipazione, documentazione completa e veritiera, sopportandone, in caso contrario, le conseguenze sfavorevoli. A tale principio non sono, peraltro, previste eccezioni nel caso in cui il partecipante sia non un operatore singolo ma un costituendo RTI, considerato che «l’offerta degli operatori economici raggruppati o dei consorziati determina la loro responsabilità solidale nei confronti della stazione appaltante» (art. 68, comma 9, d.lgs. 36/2023).
12.5.3. Ciò posto, deve rilevarsi che l’innovativa disciplina dettata dall’art. 97 del più volte citato d.lgs. 36/2023 a proposito delle cause di esclusione di partecipanti a raggruppamenti, prevede che – ferme restando le ipotesi escludenti di cui all’art. 96, commi 2, 3, 4, 5 e 6, «il raggruppamento non è escluso qualora un suo partecipante sia interessato da una causa automatica o non automatica di esclusione o dal venir meno di un requisito di qualificazione, se si sono verificate le condizioni di cui al comma 2 e ha adempiuto ai seguenti oneri: a) in sede di presentazione dell’offerta:1) ha comunicato alla stazione appaltante la causa escludente verificatasi prima della presentazione dell’offerta e il venir meno, prima della presentazione dell’offerta, del requisito di qualificazione, nonché il soggetto che ne è interessato;2) ha comprovato le misure adottate ai sensi del comma 2 o l’impossibilità di adottarle prima di quella data; b) ha adottato e comunicato le misure di cui al comma 2 prima dell’aggiudicazione, se la causa escludente si è verificata successivamente alla presentazione dell’offerta o il requisito di qualificazione è venuto meno successivamente alla presentazione dell’offerta» (comma 1).
Il comma 2 dispone, poi, che «Fermo restando l’articolo 96, se un partecipante al raggruppamento si trova in una delle situazioni di cui agli articoli 94 e 95 o non è in possesso di uno dei requisiti di cui all’articolo 100, il raggruppamento può comprovare di averlo estromesso o sostituito con altro soggetto munito dei necessari requisiti, fatta salva l’immodificabilità sostanziale dell’offerta presentata. Se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, il raggruppamento non è escluso dalla procedura d’appalto. Se la stazione appaltante ritiene che le misure siano intempestive o insufficienti, l’operatore economico è escluso con decisione motivata. (…)».
12.5.4. Tale disposizione, secondo quanto evidenziato dal Consiglio di Stato nello «Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”» (alle pag. 144 e seguenti), per quanto concerne il comma 1, come emerge dalla lett. s) della legge-delega (“Revisione e semplificazione del sistema di qualificazione generale degli operatori”), si prefigge l’obiettivo di attuare l’art. 63 paragrafo 1, comma 2, della direttiva 24/2014 nell’interpretazione resa dalla Corte di Giustizia (sez. IX, 3 giugno 2021, in causa C-210/2020), secondo cui la norma de qua «osta a una normativa nazionale in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all’esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o quantomeno permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto».
Sempre secondo la Relazione citata «L’ambito oggettivo di applicazione della disposizione è stato perimetrato, nel rispetto dell’art. 63 della direttiva, con riferimento alle cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95, comprese le cause di esclusione riguardanti le irregolarità fiscali e contributive (a differenza dell’istituto del self cleaning, che le esclude (…)»; «quanto alla procedimentalizzazione della facoltà di sostituzione, si è optato per una disciplina “snella”: a fronte dell’onere dell’operatore economico di comunicare tempestivamente il verificarsi della causa di esclusione e delle misure adottate (o dell’intenzione di adottarle se sono venute meno in corso di gara o prima e l’operatore economico ha comprovato l’impossibilità di porvi rimedio per tempo) ed è stato ribadito nel successivo comma 2 che la intempestività della adozione delle misure comporta l’esclusione». 12.5.5. Ebbene i richiamati rilievi della Relazione, ad avviso del Collegio, non supportano affatto la tesi di parte ricorrente la quale risulta, invero, sostanzialmente diretta ad ottenere l’applicazione del comma 2 del più volte citato art. 97 indipendentemente da quanto prescritto dal comma 1 dello stesso, ipotesi, tuttavia, chiaramente contrastante con il tenore letterale della disposizione, la quale richiede testualmente, con riferimento alle cause di esclusione che – come nel caso di specie – si siano verificate prima della presentazione della domanda di partecipazione, la comunicazione in sede di presentazione dell’offerta. 12.5.6. La norma, invero, consente alla stazione appaltante di non procedere all’esclusione del raggruppamento a condizione che si siano verificate non solo le condizioni di cui al comma 2 (ciò che, in sintesi, parte ricorrente reclama) ma, altresì, che il concorrente abbia adempiuto agli oneri di cui al comma 1 lett. a) quanto alle cause di esclusione preesistenti alla presentazione dell’offerta – ipotesi in cui rientra il caso in esame – ovvero di cui alla lett. b) con riferimento alle cause escludenti verificatesi successivamente alla presentazione dell’offerta, ciò che è reso evidente dall’uso della congiunzione «e» nell’ambito del periodo «si sono verificate le condizioni di cui al comma 2 e ha adempiuto ai seguenti oneri». 12.5.7. Nel caso in esame la mancanza del requisito della regolarità c.d. contributiva, previsto quale causa automatica di esclusione dall’art. 94 comma 6 del d.lgs. 36/2023, come detto preesisteva alla presentazione dell’offerta, pertanto il raggruppamento partecipante, al fine di evitare l’esclusione, avrebbe dovuto porre in essere gli adempimenti comunicativi di cui al comma 1 lett. a), non potendo diversamente beneficiare della speciale disciplina dettata dal comma 2 della disposizione.
12.5.8. Aderire alla tesi sostenuta da parte ricorrente determinerebbe – oltre alla violazione del chiaro tenore della norma – l’inaccettabile conseguenza di consentire l’ammissione e la partecipazione alla procedura di un soggetto privo di un essenziale requisito di partecipazione, e per di più in forza di una dichiarazione (DGUE) rivelatasi – anche eventualmente solo per colpa, essendo comunque in proposito irrilevante l’elemento soggettivo – non veritiera.
12.5.9. La più volte citata disposizione si rivela peraltro, ad avviso del Collegio, conforme a quanto disposto dall’art. 63 della direttiva della direttiva 2014/14/UE, nonché alla giurisprudenza della Corte di Giustizia richiamata nella Relazione del Consiglio di Stato, che impone agli Stati membri di consentire la sostituzione – nell’ambito dei partecipanti plurisoggettivi – del componente «che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione», non essendo previsto dalle richiamate fonti sovranazionali che la sostituzione del componente possa avvenire in qualsiasi stadio della procedura, come infondatamente sostenuto da parte ricorrente.
12.5.10. Né a diverse conclusioni potrebbe condurre la recente decisione del TAR Sicilia citata nel corso della discussione (sez. III, 22 gennaio 2024, n. 218), in quanto non solo la stessa afferma che costituisce «onere del raggruppamento di comunicare all’Amministrazione in fase di presentazione delle offerte la causa di esclusione verificatasi (o la mancanza di un requisito di qualificazione) nonché l’impresa interessata; esplicitando al contempo le misure adottate per ovviare alla situazione ovvero le ragioni che non hanno consentito l’adozione statim di tali misure», ma è comunque riferita ad un caso differente da quello in esame, nel quale l’amministrazione ha ritenuto inapplicabile l’art. 97 del d.lgs. 36/2023 all’ipotesi della mancanza del requisito della regolarità fiscale o previdenziale.
12.5.11. Non può infine rilevare, nel contesto dibattuto, il principio della fiducia, di cui agli artt. 2 e 4 del d.lgs. 36/2023, avendo lo stesso rilevanza esclusivamente pubblicistica, siccome diretto a conformare «l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici» (art. 2 comma 1).
Invero i rapporti tra i partecipanti al RTI, in quanto fondati sul contratto di mandato, sono disciplinati dal diritto privato, così che agli stessi possono, se mai, trovare applicazione i principi generali della buona fede e responsabilità contrattuale; si tratta, non di meno, di un ambito del tutto estraneo ai rapporti tra concorrente e stazione appaltante.
4.1.2. Peraltro, la deroga all’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 (che richiede che già l’offerta specifichi, negli appalti di lavori, le categorie che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti) disposta col disciplinare di gara, è da ritenersi legittima, con conseguente infondatezza dell’impugnazione di quest’ultimo su cui insiste il Consorzio appellante.
In disparte, infatti, l’ammissibilità del soccorso procedimentale anche nel silenzio della legge di gara, che è stata affermata da una parte, sia pure non univoca, della giurisprudenza (essendosi espresse in senso contrario, tra le altre, le sentenze del Consiglio di Stato, V, 21 giugno 2017, n. 3029 e id., V, 12 gennaio 2021, n. 400), è da ritenere che, quando invece, come nel caso di specie, sia la stessa legge di gara a consentire l’integrazione dichiarativa sul riparto delle quote ex art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, la relativa previsione non sia annullabile. Invero, la stazione appaltante, ammettendo l’integrazione, a sua richiesta, della dichiarazione del r.t.i. sul riparto delle quote ex art. 48, comma 4, citato, non fa altro che regolare, col disciplinare di gara, un adempimento dell’operatore economico plurisoggettivo che il Codice dei contratti pone nell’esclusivo interesse dell’amministrazione. Esso infatti consente alla stazione appaltante la conoscenza preventiva del soggetto che sarà l’effettivo esecutore della prestazione; prevedendo che tale conoscenza sia assicurata già nella fase della gara, cioè ben prima dell’avvio dell’esecuzione, si perseguono le finalità delineate nelle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 22 e n. 26 del 2012 (alle cui motivazione è qui sufficiente fare rinvio). L’amministrazione tuttavia può scegliere di garantire queste ultime finalità, modulando l’obbligo dichiarativo dell’operatore economico, consentendogli di specificare a richiesta il contenuto dell’offerta su tale specifico punto. Tale facoltà di regolamentazione da parte della stazione appaltante è attualmente prevista per via normativa dal nuovo Codice dei Contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, art. 68, che, nel ribadire, al comma 2, la regola dell’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, fa salvo quanto previsto dal comma 4, secondo il quale è consentito alle stazioni appaltanti “[…] b) specificare nei documenti di gara le modalità con cui i raggruppamenti di operatori economici ottemperano ai requisiti in materia di capacità economica e finanziaria o di capacità tecniche e professionali, purché ciò sia proporzionato e giustificato da motivazioni obiettive.”
4.1.2. Va infine sottolineato che l’appellante ha criticato la sentenza senza censurare specificamente il richiamo ivi fatto alla recente sentenza di questa Sezione V, 26 maggio 2023, n. 5205, le cui affermazioni interpretative sono state reputate “dirimenti” per la decisione sul motivo di ricorso in oggetto.
Tale sentenza è relativa ad un caso in cui vi era stata l’impugnativa della previsione del disciplinare che consentiva il soccorso istruttorio riguardo alla dichiarazione riguardante il riparto delle quote esecutive. La sentenza ha disatteso l’impugnativa del disciplinare, ritenendo ammissibile da parte della stazione appaltante il “mero soccorso procedimentale e non un vero e proprio soccorso istruttorio volto ad integrare l’offerta” ed affermando che, alla stregua della giurisprudenza che ammette il soccorso procedimentale anche in relazione all’offerta tecnica ed economica “in quanto non volto ad integrare l’offerta (ma a chiarire la reale portata della stessa in relazione alla sua imputabilità al RTI)”, a maggior ragione il rimedio è esperibile in relazione alla dichiarazione ex art. 48 comma 4 del Codice (così al punto 19.1.1. della detta sentenza n. 5205/2023, dove vengono richiamate le sentenze di cui a Cons. Stato, III, 2 febbraio 2021, n. 1225 e id., V, 27 gennaio 2020, n. 680 ed altri precedenti in materia).
4.1.3. Va perciò confermata la sentenza gravata nella parte in cui ha respinto l’assunto del Consorzio ricorrente per il quale il r.t.i. Ingcra avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per non avere specificato già nella propria offerta le quote di esecuzione in relazione a ciascuna categoria di lavori.
La definizione normativa di “affidamento diretto” è quella di affidamento del contratto senza una procedura di gara, in cui, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla Stazione Appaltante (o dall’ente concedente) nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’articolo 50, comma 1, lettere a) e b), del codice dei contratti pubblici (di cui al decreto legislativo 31/03/2023, n. 36) e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice (all’Allegato I.1, art. 3, lett. d), al predetto codice). Il controllo del possesso dei requisiti in discorso è effettuato tramite la procedura disciplinata dall’art. 52 c.c.p. Gli operatori economici attestano con delle dichiarazioni sostitutive sia il possesso dei requisiti di partecipazione, che quello dei requisiti di qualificazione. La Stazione Appaltante procede poi alle verifiche necessarie ed in caso di riscontro negativo esclude dall’affidamento l’impresa interessata. Nell’ipotesi particolare dell’operatore economico con un debito tributario o previdenziale d’importo superiore a € 5.000,00, l’esclusione è disposta ai sensi dell’art. 94, comma 6, c.c.p. Tuttavia esistono dei meccanismi, che consentono di sanare la carenza di tali requisiti, tra i quali quello disciplinato dall’art. 97 c.c.p., rubricato Cause di esclusione di partecipanti e raggruppamenti, ma applicabile anche all’ipotesi della sostituzione delle consorziate esecutrici nell’ambito di un consorzio stabile in virtù del comma 3 del medesimo art. 97. Più precisamente non è necessario disporre l’esclusione degli R.T.I., qualora uno dei partecipanti al raggruppamento sia interessato da una causa di esclusione (o dal venir meno di un requisito di qualificazione) purché ricorrano due condizioni. In primo luogo è onere del raggruppamento di comunicare all’Amministrazione in fase di presentazione delle offerte la causa di esclusione verificatasi (o la mancanza di un requisito di qualificazione) nonché l’impresa interessata; esplicitando al contempo le misure adottate per ovviare alla situazione ovvero le ragioni che non hanno consentito l’adozione statim di tali misure. In secondo luogo deve fare riscontro a questo primo adempimento anche l’adozione di rimedi congrui, quali l’estromissione del soggetto interessato o la sua sostituzione con un’altra impresa, fatta salva l’immodificabilità oggettiva dell’offerta presentata. Dal canto suo l’Amministrazione dopo aver ricevuto tale comunicazione ed aver valutato le misure adottate, è tenuta a determinarsi sulla richiesta del raggruppamento, potendo rigettarla soltanto nel caso di rimedi intempestivi oppure insufficienti. In considerazione di questa premessa si dimostrano fondati i profili di gravame sviluppati dalla parte ricorrente con il primo motivo di ricorso. Invero l’Amministrazione resistente è incorsa effettivamente in errore, laddove ha ritenuto inapplicabile l’art. 97 c.c.p. all’ipotesi della mancanza del requisito della regolarità fiscale o previdenziale. Al contrario la legge consente espressamente di estromettere ovvero di sostituire l’impresa carente di questo requisito con un’altra consorziata. Invero come correttamente dedotto dal consorzio ricorrente l’impossibilità di fare ricorso al diverso meccanismo del self-cleaning nel caso delle irregolarità tributarie (ai sensi di quanto disposto dall’art. 96 c.c.p.) non trova alcun riscontro in quanto previsto dall’art. 97 c.c.p., che è applicabile invece in tutte le ipotesi di carenza dei requisiti generali di partecipazione (comma 1 dell’art. 97 c.c.p.).
Osserva il Collegio che parte ricorrente è stata esclusa dalla procedura di affidamento con la seguente motivazione: “mancanza del possesso dei requisiti professionali (SOA) richiesti dalla lettera di invito della capogruppo -OMISSIS- srl ai sensi dell’allegato II.12 art. 30 dl 36/23.
Ciò di cui si discute, quindi, non è il possesso dei requisiti di qualificazione richiesti per partecipare alla gara, che ai sensi dell’art. 68, comma 11, del d. lgs. n. 36/2023 devono essere soddisfatti “complessivamente” dal raggruppamento, bensì la rispondenza della quota di partecipazione al raggruppamento indicata dalla società -OMISSIS- s.r.l. ai requisiti di qualificazione in suo possesso.
L’art. 30, comma 2, dell’allegato II.12 del nuovo codice dei contratti pubblici statuisce che “Per i raggruppamenti temporanei di cui all’articolo 65, comma 2, lettera e), del codice, i consorzi di cui all’articolo 65, comma 2, lettera f), del codice e i soggetti di cui all’articolo 65, comma 1, lettera h), del codice, le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato. I lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà di modifica delle stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”.
La norma consente, quindi, la libera determinazione della quota di partecipazione al raggruppamento di ciascun associato purché siano rispettati i requisiti di qualificazione dal medesimo posseduti.
Nel caso di specie:
– la società -OMISSIS- s.r.l. ha dichiarato di partecipare al raggruppamento nella misura del 59%;
– il valore dei lavori a base di gara è pari ad € 561.411,57;
– la quota di partecipazione al raggruppamento del 59% è, quindi, pari ad € 331.232,82. Ritiene il Collegio che il valore di riferimento per la determinazione della quota di partecipazione non sia, come ritenuto da parte ricorrente, quello della singola categoria dei lavori che l’associato si è impegnato ad eseguire ma quello complessivo dei lavori a base di gara, comprensivo cioè anche delle categorie di lavori che possono essere – come nel caso di specie – oggetto di subappalto. Ciò in quanto, come chiarito da condiviso orientamento giurisprudenziale, nell’ambito dei raggruppamenti temporanei d’impresa, occorre distinguere tra requisiti di qualificazione, quota di partecipazione e quota di esecuzione: “- i requisiti di qualificazione, ossia i requisiti di idoneità professionale, di capacità economico – finanziaria e tecnico professionale, attengono alle caratteristiche soggettive del concorrente che aspira all’aggiudicazione dell’appalto messo a gara e riguardano un aspetto essenziale per la valutazione della capacità del concorrente di realizzare la commessa eventualmente aggiudicatogli; – la quota di partecipazione rappresenta la percentuale di “presenza” della singola impresa all’interno del raggruppamento con riflessi, sia sulla responsabilità del componente del raggruppamento temporaneo di imprese nei confronti della Stazione appaltante, sia sulla misura di partecipazione agli utili derivanti dalla esecuzione dell’appalto; – la quota di esecuzione è la parte di lavoro, servizio o fornitura che verrà effettivamente realizzato da ciascuna delle imprese costituenti il raggruppamento, nel caso di affidamento dell’appalto” (Consiglio di Stato sez. VII, 31 maggio 2022, n. 4425). La quota di partecipazione al raggruppamento è, quindi, cosa diversa dalla quota dei lavori che l’impresa s’impegna ad eseguire, indicando – in particolare – anche la misura di responsabilità che l’impresa assume nei confronti della stazione appaltante e che, in quanto tale, non può non riguardare l’insieme dei lavori che sono oggetto di affidamento (anche se del caso subappaltati). Detto in altri termini, “la percentuale di partecipazione rappresenta il contenuto della dichiarazione con la quale le imprese interessate rappresentano di voler partecipare alla gara: la percentuale, infatti, rileva essenzialmente – ora nei confronti della stazione appaltante ora all’interno del gruppo – come misura della responsabilità ovvero come misura con la quale si partecipa agli utili derivanti dalla esecuzione dell’appalto” (T.A.R. Roma, (Lazio) sez. V, 16 maggio 2022, n. 6099).
Tornando alla previsione dell’art. 30, comma 2, è chiaro, quindi, che la società -OMISSIS- s.r.l. dovesse indicare una percentuale di partecipazione al raggruppamento in linea ai requisiti di qualificazione posseduti. Ma così non è stato, avendo indicato una quota di partecipazione superiore rispetto a quella consentita in base al requisito di qualificazione posseduto (eventualmente anche aumentato di un quinto ai sensi dell’art. 2, comma 2, dell’allegato II.12 del codice dei contratti pubblici).
Invero, il valore della partecipazione, come prima indicato, è pari ad € 331.232,82; la qualificazione posseduta è per lavori fino a € 258.000 (€ 309.600 nel caso di incremento di un quinto).
Irrilevante è, inoltre, che l’impresa individuale di Vincenzo Leone fosse – se del caso – in possesso dei requisiti per partecipare alla procedura individualmente, non avendo la società -OMISSIS- s.r.l. formulato alcuna dichiarazione di recesso dalla costituenda A.T.I.
Tale soluzione pare, peraltro, coerente anche all’interpretazione dell’art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207/2010, che, con previsione di identico contenuto, stabiliva che “Le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio, indicate in sede di offerta, possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato”.
Invero, tale norma è stata interpretata nel senso che “i requisiti di qualificazione devono ‘coprire’ la quota di partecipazione dichiarata nell’offerta, nel senso che possono essere posseduti in eccesso, ma non in difetto rispetto alla quota dichiarata (nonché, in ogni caso, nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti, rispettivamente per la mandataria e per le mandanti, nel settore degli appalti di lavori), costituendo invero i requisiti di qualificazione un elemento essenziale dell’offerta, consentendo alla stazione appaltante di verificare, in sede di ammissione alla gara, l’affidabilità dell’offerta sotto il profilo dell’idoneità e capacità professionale delle imprese che assumono le rispettive quote di partecipazione. Ne consegue che le quote di partecipazione indicate nell’offerta non possono ritenersi modificabili ex post per sopperire ad eventuali carenze di qualificazione, a pena di incorrere nella violazione dei principi della par condicio fra i concorrenti e di trasparenza (così, ad es., dal numero dei concorrenti ammessi possono discendere rilevanti conseguenze nelle fasi successive della gara, ad es. in tema di individuazione dei criteri per la verifica dell’anomalia)” (Consiglio di Stato sez. III, 21 gennaio 2019, n. 491).
Ciò posto, sui vizi di sottoscrizione dell’offerta, specie quando formulata da un costituendo rti, non è dato registrare in giurisprudenza un orientamento univoco.
Un primo indirizzo, richiamato dalla ricorrente, muovendo dal presupposto che la sottoscrizione sia non solo strumento di certificazione della provenienza e della sua integrità, ma anche fonte di vincolo per il proponente, ne stigmatizza la mancanza come vizio d’invalidità e irricevibilità dell’offerta, non surrogabile per soccorso istruttorio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20/12/2022, n. 11091; Cons. Stato, sez. IV 27/10/2022; n. 9165; TAR Lazio, Sez. III, 19/1/2022, n. 648; TAR Lazio, sez. II, 9/11/2020, n. 11598; TAR Lazio, III quater, n. 8605 del 2019).
Per altro indirizzo, invece, i vizi della sottoscrizione rilevano solo se e in quanto rechino incertezza assoluta sul contenuto o la provenienza dell’offerta, mentre in caso contrario un’eventuale esclusione sarebbe illegittima (TAR Piemonte, sez. I, 06/07/2023, n. 651; T.A.R. Valle d’Aosta, sez. I, 17/03/2023, n. 19; Cons. Stato, sez. V, 22/06/2020 n. 3973; Cons. Stato, sez. III, 19/03/2020 n. 1963, nonché TAR Toscana, sent. n. 288 del 2020; cfr. altresì il parere di precontenzioso approvato dall’ANAC con deliberazione n. 420 del 15.05.2019).
Il Collegio aderisce a tale seconda impostazione, le cui ragioni fondati, lucidamente illustrate nella sentenza del TAR Liguria, sez. I, 6 dicembre 2021 n. 1051, di seguito si riassumono.
In primo luogo essa si pone nella direttrice dei principi del raggiungimento dello scopo e della strumentalità delle forme, che, nella fattispecie di partecipazione di rti non ancora costituito, sono perseguiti attraverso la ricognizione di indici di effettiva riconducibilità del documento ai suoi autori, idonei ad assicurarne, sul piano sostanziale, la relativa provenienza. Di contro, l’assunzione di responsabilità deriva, più che dalla firma in sé, dalla presentazione dell’offerta in gara, cui conseguono obblighi precisi, quali: il vincolo per un periodo minimo, il divieto di proporre altre offerte, l’irrevocabilità della proposta in caso di aggiudicazione. Sicché un’eventuale esclusione per difetto di sottoscrizione si rivelerebbe sproporzionata e in contrasto con l’art. 30, coma 1, D.Lgs. 50/2016.
In secondo luogo, l’interpretazione sostanzialistica appare maggiormente conforme ai canoni direttivi posti dalla Legge Delega n. 11/2016, sui quali è plasmato il D.Lgs. n. 50/2016 (e, almeno in parte, riconducibili anche ai nuovi principi codificati dal D.Lgs. 36/2023), e, segnatamente, al divieto di “gold plating” di cui alla lett. a), al criterio di semplificazione delle procedure di cui alla lett. i), e a quello di riduzione degli oneri documentali a carico dei soggetti partecipanti di cui alla lett. z). La stessa tesi, inoltre, intercetta i principi di economicità e libera concorrenza enunciati dal menzionato art. 30 comma 1 giacché evita che, in esito a un errore riconoscibile dalla stazione appaltante, sia preclusa la partecipazione di imprese che potrebbero essere dotate dei requisiti per svolgere l’appalto e presentare una proposta competitiva, con danno per l’interesse pubblico, oltre che per quello privato.
In ultimo, si esclude la possibile violazione della par condicio in quanto, nel ravvisare la riconducibilità dell’offerta a una o più imprese, la stazione appaltante non dà adito ad alcuna modifica della stessa, ma semplicemente interpreta e qualifica le dichiarazioni contenute nei vari documenti.
Precipitato dell’adesione alla prospettiva in esame è il necessario ricorso al metodo casistico per determinare quando, in concreto, sussistano i presupposti di riconducibilità dell’offerta alle imprese che l’hanno predisposta e presentata.
A tal fine occorre vagliare le specifiche caratteristiche dell’omissione documentale contestata e le modalità di presentazione dell’offerta.
Nel caso in oggetto, entrambi gli elementi depongono per l’imputabilità dell’atto al raggruppamento nel suo insieme. Dal primo punto di vista, occorre muovere dalla considerazione che l’offerta, pur nella molteplicità dei suoi elementi costitutivi, mantiene la natura di dichiarazione negoziale sostanzialmente unitaria, giacché è nel compendio di quegli elementi che esprime la volontà della parte di vincolarsi contrattualmente (cfr. TAR Piemonte sez. I, 651/2023 cit.). La verifica d’imputabilità alle imprese proponenti richiede, allora, una ricostruzione sistematica e complessiva della documentazione che dà forma all’offerta; con la conseguenza che, laddove alcune sue parti siano state sottoscritte e altre no, è comunque possibile presumere che essa sia, nella sua integralità, imputabile ai sottoscrittori (cfr. ancora TAR Liguria, sez. I, n. 1051/2021 cit.).
Nel caso di specie, la comprovata sottoscrizione del modulo B, predisposto per il Raggruppamento Temporaneo di concorrenti, ai sensi dell’art. 45 co. 2 lett. d) D.Lgs. 50/2016, e del modello del costo della manodopera costituisce fattore significativamente indiziante di una volontà negoziale riferibile a tutti e tre gli operatori in relazione alla complessiva offerta economica.
Il primo documento (doc. 22 della Città di Asti) reca, al punto 4, la dichiarazione con cui il costituendo raggruppamento attesta come “remunerativa l’offerta economica presentata giacché per la sua formulazione ha preso atto e tenuto conto: a) delle condizioni contrattuali e degli oneri compresi quelli eventuali relativi in materia di sicurezza, di assicurazione, di condizioni di lavoro e di previdenza e assistenza in vigore nel luogo dove devono essere svolti i lavori; b) di tutte le circostanze generali, particolari e locali, nessuna esclusa ed eccettuata, che possono avere influito o influire sia sull’esecuzione del contratto, sia sulla determinazione della propria offerta; c) di eventuali maggiorazioni per lievitazione dei prezzi che dovessero intervenire durante l’esecuzione del contratto, rinunciando fin d’ora a qualsiasi azione o eccezione in merito”.
Benché formulata nella sede della documentazione amministrativa, la dichiarazione si proietta sull’offerta economica. Per il suo esplicito tenore letterale (di presa d’atto “delle condizioni contrattuali” nonché “di tutte le circostanze […] che possono aver influito […] sulla determinazione della propria offerta”), essa esprime, infatti, l’obiettivo significato di far propria la componente economica dichiarata remunerativa, presupponendo, a tal fine, la consapevolezza e volontà del ribasso da cui è desunto l’allegato profitto.
Quanto ai costi della manodopera, si rammenta che, ai sensi dell’art. 95 comma 10 D.Lgs. 50/2016, questi devono essere indicati “nell’offerta economica”. La loro doverosa rappresentazione disgiunta dal restante corpo dell’offerta (non surrogabile per soccorso istruttorio: cfr. Cons. Stato Ad. Plen. nn. 7 e 8/2020) non è indice di accessorietà o, men che meno, estraneità strutturale rispetto alle altre componenti economiche, ma, come emerge dall’art. 97 comma 5 lett. d), si lega in via esclusiva all’esigenza di verificare l’osservanza dei minimi retributivi del personale indicati nelle tabelle di cui all’art. 23, comma 16, in linea con una fondamentale istanza di tutela delle condizioni dei lavoratori. La consustanzialità dell’elemento alla proposta (pur nella sua separata esposizione) consente, pertanto, di inferire dalla sua sottoscrizione sia dall’impresa mandataria sia dalle mandanti un indice adeguato di riferibilità dell’integrale contenuto dell’offerta economica a tutti i sottoscrittori del documento.
Passando al secondo profilo (la modalità di presentazione dell’offerta) assumono rilievo i tratti salienti delle procedure telematiche, qual è quella di specie. In particolare, il preventivo accreditamento presso il sistema, la tracciabilità e immodificabilità del flusso di dati e la rigida cadenza di inoltro della domanda -che non consente di accedere al passaggio successivo senza previo completamento del precedente e culmina con il sincronico invio di tutte le articolazioni della proposta- avvalorano anche sul piano formale il carattere unitario dell’offerta, nella misura in cui le sue diverse componenti sono trasmesse contestualmente, previa sottoscrizione del documento d’offerta che ne garantisce l’integrità (cfr. ancora TAR Piemonte sez. I, 651/2023 cit. e TAR Liguria, sez. I, n. 1051/2021 cit.).
In definitiva, alla stregua di una valutazione, insieme globale e sostanziale, della proposta e dell’unitarietà formale del suo modello d’invio, ricorrono i presupposti enucleati dalla giurisprudenza innanzi citata per presumere che l’offerta economica sia integralmente riconducibile a tutte e tre le imprese del raggruppamento controinteressato.
In senso contrario non depone la diversa casistica richiamata dalla ricorrente, tenuto conto che, nella vicenda in esame la legge di gara non prevede, come già evidenziato, sanzione espulsiva per l’ipotesi di omessa sottoscrizione (diversamente dal caso deciso da T.A.R. Lombardia, Brescia n. 447/2023) e, inoltre, consta in atti l’impegno delle parti a costituire il raggruppamento (a differenza della fattispecie di cui alla sentenza del T.A.R. Marche n. 57/2020).
Non può esserci legame di parentela fra il RUP (Responsabile unico del procedimento) del Comune e uno dei mandanti del Raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario. L’esistenza del conflitto d’interessi per parentela giunge fino al sesto grado. Non può essere nemmeno avanzata come giustificazione la circostanza, addotta dal Comune, che il legame di parentela fra il RUP e il mandante del RTI fosse notorio in ambito locale, tanto da non richiedere alcuna dichiarazione. E neppure può costituire una scusante il fatto che la carenza del personale renda difficile la sostituzione del RUP.
Quanto innanzi è stato chiarito da ANAC con Delibera n. 63 del 8 febbraio 2023. Il procedimento di vigilanza, intervenuto a seguito di una segnalazione anonima riguardante un grosso comune della Campania centrale, ha portato l’Autorità a ritenere l’affidamento del servizio di progettazione e la sua successiva esecuzione in violazione dell’articolo 42 del Codice dei Contratti Pubblici.L’Autorità fa presente, poi, al Comune che, “salve ulteriori eventuali inadeguatezze del progetto esecutivo, saranno applicate le penali contrattuali previste per il ritardo nello svolgimento del servizio” e raccomanda di valutare le eventuali azioni in autotutela da assumere “e, pro futuro, di rispettare scrupolosamente le norme indicate”.
Nell’atto conclusivo del procedimento, ANAC precisa infatti che il legame parentale fra RUP e mandante del RTI non era affatto notorio, in quanto lo stesso mandatario del raggruppamento temporaneo di imprese ha affermato di non esserne a conoscenza. In ogni caso, fa presente l’Autorità, la presunta notorietà del legame parentale non esclude l’obbligo dichiarativo.“La dichiarazione di (in)sussistenza del legame è condizione per l’assunzione dell’incarico e deve essere resa in ogni caso”, sottolinea ANAC.“
Ove il legame astrattamente rilevante come ipotesi di conflitto d’interessi emerga successivamente (ad esempio, dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte), il dipendente è tenuto ad astenersi, oppure a comunicare la sussistenza del legame, al fine di consentire al superiore gerarchico di valutarne la eventuale sostituzione”. “La finalità – aggiunge ANAC – è proprio quella di evitare che le valutazioni del dipendente siano, anche solo in apparenza, influenzate da legami con il concorrente”.
Infine l’Autorità fa presente come, dalle carte esaminate, emerga “un ritardo accumulato molto grave, superiore al 50% del tempo contrattuale. Pertanto andranno applicate le relative penali contrattuali”.
11.2. Nella procedura negoziata non esiste una fase di prequalifica.
11.3. Sul punto non esistono contrasti giurisprudenziali. Esiste, semmai, una qualche confusione concettuale che può essere agevolmente risolta.
11.4. Le gare, come del resto i provvedimenti amministrativi, sono quelle tipiche. Non esistono gare che non siano definite dal Codice e, prima ancora, dalle Direttive. Nelle procedure negoziate non è prevista una fase di prequalifica che, invece, è prevista per le procedure ristrette. Uno degli elementi di chiarezza del Codice dei contratti è costituito proprio dalle definizioni. E la definizione di procedura ristretta contenuta nell’art. 3 lett. ttt) del codice è la seguente: “«procedure ristrette», le procedure di affidamento alle quali ogni operatore economico può chiedere di partecipare e in cui possono presentare un’offerta soltanto gli operatori economici invitati dalle stazioni appaltanti, con le modalità stabilite dal presente codice”.
11.5. Da un lato, quindi, una procedura (negoziata) in cui è la stazione appaltante a consultare gli operatori economici da essa stessa scelti, dall’altro, una procedura (ristretta) in cui gli operatori economici chiedono di partecipare e, dopo questa fase, possono presentare offerta.
11.6. Non si rinviene, nel Codice e nelle direttive, alcuna preclusione a che un soggetto invitato a una procedura negoziata presenti un’offerta in raggruppamento temporaneo.
11.7. La circostanza che le Stazioni appaltanti, per ragioni di trasparenza (a ciò indotte anche dalle Linee Guida ANAC n. 4), approntino elenchi, pubblichino manifestazioni di interesse, indicano indagini di mercato, procedano a sorteggi, non muta la natura della procedura esperita. Tutte queste fasi, antecedenti agli inviti, sono volte a reperire soggetti da invitare alla procedura negoziata e non fanno parte della procedura di gara perché non hanno la funzione di prequalifica (che invece fa parte della procedura di gara) che è propria delle procedure ristrette.
11.8. La stessa ANAC, al paragrafo 5 delle Linee guida n. 4 afferma che “l’indagine di mercato è preordinata a conoscere gli operatori interessati a partecipare alle procedure di selezione per lo specifico affidamento. Tale fase non ingenera negli operatori alcun affidamento sul successivo invito alla procedura” (paragrafo 5.1.2.).
12. In definitiva, è il momento della sottoscrizione di impegni negoziali quello preclusivo per la individuazione dell’offerente, quello in cui, in altre parole, si cristallizza l’operatore, che ben può essere una compagine associativa, partecipante alla procedura di gara.
13. La parabola argomentativa del Giudice di primo grado porta a un paradosso logico e cioè quello di impedire la formazione spontanea di raggruppamenti di imprese proprio nelle procedure che dovrebbero essere svincolate da formalità.
13.1. Oltre a un paradosso logico, in realtà, la ricostruzione del primo Giudice si scontra con l’art. 19 della Direttiva 2014/24/UE che, al paragrafo 2 così recita: “2. I raggruppamenti di operatori economici, comprese le associazioni temporanee, sono autorizzati a partecipare a procedure di appalto. Essi non possono essere obbligati dalle amministrazioni aggiudicatrici ad avere una forma giuridica specifica ai fini della presentazione di un’offerta o di una domanda di partecipazione”.
13.2. La disciplina della direttiva ha una funzione di incentivo a supporto delle forme di cooperazione tra imprese. Disciplina che soddisfa l’interesse dell’amministrazione all’incremento della potenziale platea concorrenziale e, quindi, all’accresciuta capacità di scelta fra un numero più elevato di potenziali contraenti.
13.2.1. Una volta individuato un soggetto all’interno di un elenco di operatori gestito dalla stazione appaltante non esiste alcuna regola che vieti a questo soggetto di cooperare con altri per partecipare alla gara alla quale è stato invitato. Non vi osta la direttiva 24/2014, non vi osta l’art. 48 del Codice dei contratti, e men che meno la disciplina della procedura negoziata che è una procedura semplificata e non aggravata. Ancora più, se si riflette sul fatto che la gara di cui si controverte è stata indetta dall’Autorità Portuale ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b), del d.l. 16/07/2020, n. 76 come modificato dalla legge di conversione 11 settembre 2020, n. 120 e, successivamente, dall’art. 51, comma 1, lett. a), d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
13.2.2. E’ noto che il d.l. “semplificazioni” abbia, nel quadro emergenziale, ampliato la possibilità del ricorso alle procedure negoziate accentuando una libertà delle forme che non può andare a totale discapito del favor partecipationis.
13.2.3. La stazione appaltante ha dato corretta applicazione all’art. 48 comma 11 del Codice che così recita: “11. In caso di procedure ristrette o negoziate, ovvero di dialogo competitivo, l’operatore economico invitato individualmente, o il candidato ammesso individualmente nella procedura di dialogo competitivo, ha la facoltà di presentare offerta o di trattare per sé o quale mandatario di operatori riuniti”. Difatti, la lettera di invito prevedeva che il concorrente invitato singolarmente potesse presentare offerta quale mandatario di operatori riuniti.
14. Una volta chiarito che, del tutto pacificamente, nulla ostava a che il concorrente invitato potesse presentare offerta in associazione temporanea con altra impresa, va chiarita anche l’altra questione su cui il primo Giudice si è basato per sostenere la propria tesi: il principio di rotazione. 14.1. Il principio di rotazione che, in verità è un criterio, trattandosi di una regola, in questo caso è totalmente inconferente.
14.2. Tale principio, se inteso in modo distorto (come talora accade e come è accaduto in questo caso) finisce per concretizzare una causa di esclusione dalle gare, da un lato non codificata, dall’altro in totale contrasto col principio di tutela della concorrenza sul quale, occorre ricordare, si fonda tutto il sistema degli appalti.
14.2.1. Intanto va detto che il principio di rotazione non nasce con il Codice dei contratti del 2016.
Già il precedente Codice prevedeva all’art. 57, comma 6, dopo aver indicato i casi tassativi nei quali è possibile ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, che:
a) nella fase preliminare di selezione degli operatori economici da consultare, la stazione appaltante “ove possibile” individua tali soggetti “sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico finanziaria e tecnico organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei”;
b) nella fase della partecipazione alla gara, gli operatori economici selezionati sono quindi contemporaneamente invitati a presentare le offerte oggetto della negoziazione, con lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta.
Per le acquisizioni di lavori, servizi e forniture in economia, l’art. 125 del Codice dei contratti del 2006 prevedeva al comma 8 quanto di seguito si riporta:
“Per lavori di importo pari superiore a 40.000 euro e fino a 200.000 euro, l’affidamento mediante cottimo fiduciario avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei, individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante. Per lavori di importo inferiore a quarantamila euro è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento”.
Analoga disposizione si rinveniva per servizi e forniture nel comma 11.
Se si risale ancora indietro nel tempo, l’art. 78 del d.P.R. 554/99 (Regolamento di attuazione della L. 11 febbraio 1994, c.d. Legge “Merloni”) così disponeva:
“Per lavori di importo pari superiore a 40.000 euro e fino a 200.000 euro, l’affidamento mediante cottimo fiduciario avviene nel rispetto dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei, individuati sulla base di indagini di mercato ovvero tramite elenchi di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante. Per lavori di importo inferiore a quarantamila euro è consentito l’affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento”.
14.2.2. Nulla di nuovo quindi. Si tratta di un principio (oggi regola) immanente nell’ordinamento. La ragione dell’introduzione della regola è semplice. Il criterio della rotazione è funzionale ad assicurare un certo avvicendamento delle imprese affidatarie di appalti pubblici.
14.2.3. Per come era pacificamente inteso prima del Codice dei contratti del 2016, esso non aveva, per le stazioni appaltanti, una valenza precettiva assoluta, di guisa che la sua episodica mancata applicazione non valeva ex se a inficiare gli esiti di una gara già espletata, una volta che questa si fosse comunque conclusa con l’aggiudicazione in favore di un soggetto già in precedenza invitato a simili selezioni ovvero già affidatario dell’appalto. Tali considerazioni valevano laddove fosse provato che la gara si era svolta nel rispetto del principio di trasparenza e di parità di trattamento e si era conclusa con l’individuazione dell’offerta più vantaggiosa per la stazione appaltante, senza che nel giudizio comparativo tra le offerte avesse inciso la pregressa esperienza specifica maturata dalla impresa aggiudicataria nella veste di partner contrattuale della stazione appaltante.
Il Consiglio di Stato aveva già chiarito quale fosse la ragione dell’introduzione del principio di rotazione (all’epoca si trattava, in effetti, di un principio). Nel contesto dell’art. 125 del Codice dei contratti pubblici (del 2006) il principio della rotazione, imposto con riferimento alla procedura di cottimo fiduciario, era concepito dal legislatore come una contropartita, o un bilanciamento, del carattere sommario e fiduciario della scelta del contraente (Consiglio di Stato, sez. III, 12 settembre 2014, n. 4661).
14.2.4. E tutto si comprende se si chiude il cerchio del ragionamento.
Nelle procedure ordinarie il mercato è aperto a tutti i potenziali concorrenti. Non c’è necessità di curarsi della rotazione perché tutti gli operatori economici interessati e in possesso dei requisiti, possono partecipare alla gara.
Nella procedura negoziata la situazione è differente. Non tutti possono partecipare ma solo coloro che sono individuati dalla stazione appaltante. E questo è lo snodo centrale della questione.
Anche nel nuovo Codice la procedura negoziata è definita in modo da affidare alla stazione appaltante la scelta dei soggetti da invitare.
Si comprende perfettamente, quindi, la necessità di bilanciare il potere di scelta delle amministrazioni con l’obbligo di rispettare la rotazione.
L’esigenza è sempre la medesima, nel Codice del 2016 come in quello del 2006 e cioè evitare che la Stazione appaltante rispetti solo formalmente l’obbligo di consultare più operatori economici ma, nella sostanza, scegliendo sempre gli stessi soggetti, consolidi una posizione di vantaggio in capo a un determinato operatore.
14.3. In un caso come quello qui esaminato, richiamare il principio di rotazione a sostegno della tesi secondo cui un soggetto invitato ad una procedura negoziata non potrebbe associarsi con un altro soggetto, in quanto precedente destinatario di inviti o di affidamenti, non trova alcun riscontro nel Codice, nella direttiva 24/2014 e, non è superfluo precisarlo, nel comune buon senso.
14.4. Si impedirebbe la formazione di raggruppamenti, di normali cooperazioni tra imprese, per il fatto che una delle imprese in raggruppamento, potrebbe essere stata destinataria di altri affidamenti da parte della Stazione appaltante, dimenticando che, per il solo fatto che l’operatore economico interessato si è presentato in raggruppamento, non può considerarsi l’affidatario uscente dell’appalto, così come inevitabilmente, l’appalto ha un diverso oggetto rispetto al precedente.
14.5. Il raggruppamento tra imprese è una forma di collaborazione che ha natura occasionale e durata limitata nel tempo, finalizzata alla partecipazione alle gare e per la loro eventuale esecuzione. Il raggruppamento temporaneo per la sua naturale funzione ampliativa della platea di soggetti economici minori che, pro quota, si mettono nelle condizioni di competere con le imprese di più grosse dimensioni, favorisce la concorrenza e rende le prestazioni più vantaggiose, tramite il meccanismo di frazionamento dell’incidenza economica dell’offerta e la riduzione del rischio di impresa. Impedire la formazione spontanea di raggruppamenti invocando l’applicazione del principio di rotazione è una violazione frontale del principio del favor partecipationis oltreché una messa in discussione della stessa natura e ammissibilità del raggruppamento che, come noto, non possiede, certo, un’autonoma soggettività, giacché ciascuna delle imprese che vi prendono parte mantiene la propria individualità personale; dal raggruppamento deriva comunque un soggetto nuovo, caratterizzato da unitarietà di tipo organizzativo e funzionale, pur senza alcun riconoscimento di personalità giuridica.
In risposta al quesito formulato dalla Sezione V del Consiglio di Stato, l’Adunanza Plenaria ha espresso il seguente principio di diritto: «la disposizione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, laddove prevede, per il raggruppamento c.d. orizzontale, che l’incremento premiale del quinto si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara, si applica anche, per il raggruppamento c.d. misto, alle imprese del singolo sub-raggruppamento orizzontale per l’importo dei lavori della categoria prevalente o della categoria scorporata a base di gara».
6. L’Adunanza plenaria ritiene che al quesito posto dalla Sezione rimettente con riferimento all’interpretazione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, debba rispondersi che, in caso di raggruppamento c.d. misto, tale importo a base di gara debba riferirsi ai singoli importi della categoria prevalente e delle altre categorie scorporabili della gara.
6. L’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 prevede che «la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la medesima disposizione si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara; nel caso di imprese raggruppate o consorziate la disposizione non si applica alla mandataria ai fini del conseguimento del requisito minimo di cui all’articolo 92, comma 2».
6.2. Si tratta dell’istituto del c.d. incremento del quinto, istituto introdotto nel settore dei lavori pubblici dall’art. 5 della l. n. 57 del 1962, istitutiva dell’Albo Nazionale degli appaltatori, per quanto concerne l’impresa singola, e dall’art. 21 della l. n. 584 del 1977 sugli appalti pubblici, per quanto concerne le imprese riunite, con la c.d. condizione del quinto rapportato all’importo dei lavori a base d’asta (v., sul punto, la decisione n. 10 del 27 novembre 1990 di questa stessa Adunanza plenaria e la giurisprudenza successiva e, in particolare, dopo la modifica dell’art. 23 del d. lgs. n. 406 del 1991, la sentenza di Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2000, n. 801).
6.3. L’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 tuttora vigente, nel cristallizzare un lungo percorso normativo e giurisprudenziale, ha inteso codificare nella stessa disposizione le due distinte regole, relative, la prima, all’impresa singola e, la seconda, al raggruppamento di imprese.
6.4. La funzione della prima regola – secondo cui la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto – è quella di evitare che l’apertura al mercato degli appalti comunitari alle piccole e medie imprese possa attuarsi con pregiudizio delle condizioni basilari di affidabilità tecnica e finanziaria di ciascuna struttura aziendale e si traduce nell’apposizione di un limite alle capacità e dimensioni della singola impresa.
6.5. La funzione della seconda regola – secondo cui, in caso di imprese raggruppate o consorziate, il beneficio dell’aumento del quinto si applica a condizione che l’impresa si qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara – è, invece, quella di garantire l’amministrazione che la pur necessaria suddivisione dei compiti, congeniale allo strumento del raggruppamento di imprese, non comprometta l complessiva «efficienza ed adeguatezza della più vasta aggregazione imprenditoriale aggiudicataria dell’appalto, la quale deve offrire, nel sistema di qualifica affidato all’iscrizione all’albo costruttori, una classifica totale almeno pari a quella dell’importo dei lavori affidati» (Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2000, n. 801, cit.).
7. Orbene, quanto alla seconda regola di cui al § 6.5., l’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, come è reso evidente anche dal riferimento finale della disposizione all’art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 per il requisito minimo della mandataria, prende in considerazione la prima e preminente ipotesi del c.d. raggruppamento orizzontale, costituito da imprese riunite per realizzare un appalto unitario, caratterizzato da un’unica lavorazione (e, quindi, da un’unica categoria richiesta: cfr. art. 48, comma 1, seconda parte, del d. lgs. n. 50 del 2016), essendo esse portatrici delle medesime competenze per l’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’appalto.
8. In questa ipotesi, che costituisce storicamente la prima forma aggregativa conosciuta dall’esperienza dei lavori pubblici, l’importo dei lavori a base d’asta evidentemente coincide con quella della singola lavorazione, come ben rammenta l’ordinanza di rimessione, anche se la prassi imprenditoriale e la legislazione dei contratti pubblici hanno visto poi emergere, e regolare, nuove forme aggregative e partecipative alle gare, con suddivisione di singole categorie di lavorazioni, prevalente e scorporabili, tra imprese specificamente qualificate.
9. Si è infatti ben presto delineata la figura del c.d. raggruppamento verticale, in cui uno degli operatori economici interessati è chiamato ad eseguire i lavori della “categoria prevalente”, mentre gli altri sono preposti all’esecuzione delle (distinte) “categorie scorporabili” (art. 48, comma 1, prima parte del d. lgs. n. 50 del 2016).
10. Al riguardo l’art. 92, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010 stabilisce che i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono posseduti dalla mandataria nella categoria prevalente e nelle categorie scorporate ciascuna mandante possiede i requisiti previsti per l’importo dei lavori della categoria che intende assumere e nella misura indicata per l’impresa singola.
10.1. Nell’ipotesi di raggruppamento verticale c.d. puro, ciascuna mandante, come prevede l’art. 92, comma 3, del d.P.R. n. 207 del 2010, è chiamata ad eseguire i lavori della categoria scorporata e deve avere la classifica «nella misura indicata per l’impresa singola» e potrà giovarsi dell’incremento premiale del quinto, in base alla prima regola di cui si è detto (v., supra, § 6.4), nella misura indicata dalla prima parte dell’art. 61, comma 2, e cioè «nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto».
11. L’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 non si è riferito espressamente, invece, ai raggruppamenti cc.dd. “misti”, prevista in ordine di tempo, come ricorda la sezione rimettente, solo dall’art. 7, comma 1, lett. f), della l. n. 166 del 2002, che consiste in una forma di associazione verticale al cui interno sono presenti – in ragione della eterogeneità dei lavori oggetto dell’affidamento, in cui vengono in rilievo una pluralità di diverse categorie di lavorazioni oltre alla prevalente – sub-raggruppamenti orizzontali (art. 48, comma 6, ad finem del d. lgs. n. 50 del 2016).
11.1. Questa ipotesi, ad una prima lettura, sembra essere estranea alla diretta applicazione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 non solo perché la disposizione fa riferimento ad imprese che eseguono lo stesso tipo di lavorazione e, dunque, ad un raggruppamento tipicamente e interamente orizzontale (c.d. totalitario), ma perché lo stesso meccanismo del beneficio del c.d. incremento del quinto, evidentemente, presuppone, nel fare riferimento ad una impresa raggruppata e consorziata che «sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara» (c.d. condizione del quinto), che i lavori a base di gara siano gli stessi per tutte le imprese che possono, o vorrebbero, giovarsi del beneficio, non essendo possibile giovarsi di questo incremento premiale, evidentemente, per le imprese che non appartengano alla medesima categoria di lavori, proprio per il modo con il quale è congegnato, dallo stesso art. 61, commi 3 e 4, e dall’Allegato A al d.P.R. n. 207 del 2010, il meccanismo delle qualifiche e delle classifiche per le opere generali e specializzate.
11.2. Ne discende che entrambi gli orientamenti interpretativi richiamati dall’ordinanza di rimessione – e, cioè, quello “restrittivo” esemplificativamente rappresentato da Cons. St., sez. III, 13 aprile 2021, n. 3040 e, dall’altro lato, quello “ampliativo” o correttivo sempre esemplificativamente rappresentato da C.G.A.R.S., sez. giurisd., 11 aprile 2022, n. 450 – non possono essere condivisi nella misura in cui, seppure con esiti interpretativi del tutto divergenti, muovono entrambi dal presupposto – non previsto da alcuna disposizione di legge – secondo cui, al cospetto di un raggruppamento misto, bisognerebbe aver riguardo alla base d’asta comprensiva di tutti i lavori, anche appartenenti a categorie eterogenee, al fine di determinare se l’impresa appartenente al sub-raggruppamento orizzontale possa ritenersi qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei “lavori a base d’asta” e porre al denominatore il complesso di tutti i lavori posti a base d’asta.
11.3. Che questi lavori non possano essere intesi, nella loro totalità, come comprensivi di lavorazioni del tutto eterogenee, per i raggruppamenti misti, è infatti reso evidente non solo dal fatto che l’art. 61, comma 2, ha inteso disciplinare la sola o, comunque, prevalente ipotesi del c.d. raggruppamento orizzontale (con esclusione di ogni forma di raggruppamento verticale c.d. puro, con suddivisione di singoli lavori per singole imprese in base alle diverse categorie, ipotesi, questa, regolata – come detto – dall’art. 92, comma 3), ma anche dal fatto che il beneficio del c.d. aumento del quinto, evidentemente, si riferisce sempre e comunque ad imprese che siano in grado di svolgere un quinto dei lavori a base d’asta per cui siano già abilitate e, dunque, per quella sola tipologia di lavori rientranti nella categoria di lavori per la quale abbiano già l’attestazione SOA.
11.4. Questo punto, come ricorda anche l’ordinanza di rimessione, è stato chiarito dall’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC – nella delibera n. 45 del 22 gennaio 2020, su istanza singola di parere precontenzioso ai sensi dell’art. 211, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016, laddove l’Autorità ha precisato che la condizione posta dall’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 per accedere al beneficio dell’incremento del quinto dei lavori a base di gara è da intendersi «nel senso che la categoria nella quale è necessario avere una classifica parti almeno a un quinto dei lavori è la stessa categoria per la quale si invoca l’estensione della portata abilitante dell’attestazione SOA».
11.5. Si tratta, dunque, di capire se e in che termini la disciplina dettata dall’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 possa trovare applicazione anche al raggruppamento misto per via del rilievo che, nei singoli sub-raggruppamenti, a livello “orizzontale” si viene a creare, con riferimento alla specifica categoria di lavorazione, prevalente o scorporata, la medesima situazione di fatto, e di diritto, che in via generale contraddistingue il raggruppamento orizzontale.
12. L’art. 48, comma 6, ad finem del d. lgs. n. 50 del 2016 prevede, infatti, che i lavori riconducibili alla categoria prevalente o alle categorie scorporate «possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale».
12.1. Sul piano testuale, all’applicazione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 267 del 2010 anche al sub-raggruppamento orizzontale, in ipotesi di c.d. raggruppamento misto, non osta invero il tenore letterale dello stesso art. 61, comma 2, quando fa riferimento all’«importo dei lavori a base di gara» perché la disposizione – dettata per l’ordinaria ipotesi di raggruppamento orizzontale c.d. totalitario, ove base d’asta e complesso di lavori omogenei alla stessa categoria coincidono – nella sua generica formulazione lascia invero un sufficiente margine interpretativo per ritenere, come suggerisce l’ordinanza di rimessione secondo un criterio di logicità e ragionevolezza, che questo importo vada commisurato alla tipologia di lavori che lo specifico sub-raggruppamento orizzontale deve realizzare.
12.2. Se è vero che la disposizione si riferisce all’ipotesi di raggruppamento orizzontale e non a quello di raggruppamento verticale (e, dunque, anche al raggruppamento c.d. misto, quale species del genus raggruppamento verticale), occorre tuttavia considerare che, nell’ambito del raggruppamento misto, per la categoria prevalente o scorporata, i cui lavori sono stati assunti da plurime imprese, si viene a creare, con riferimento al singolo sub-raggruppamento orizzontale, una ripartizione di compiti e competenze, non dissimile da quella del raggruppamento orizzontale c.d. totalitario, e questa situazione è del tutto assimilabile a quella del raggruppamento orizzontale, laddove la lex specialis consenta il ricorso al raggruppamento verticale con sub-raggruppamenti per singole lavorazioni scorporabili specificamente indicate.
12.3. Sul piano teleologico e sistematico, poi, è evidente che negare l’interpretazione – quantomeno estensiva, se non, addirittura, il ricorso all’applicazione analogica – dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 anche al sub-raggruppamento, con ovvio riferimento e con specifica limitazione – per le ragioni dette – alla singola categoria di lavorazione prevalente o scorporata, significherebbe frapporre un ostacolo ingiustificato all’esistenza stessa del c.d. raggruppamento misto, pur ammesso dal legislatore (art. 48, comma 6, del codice dei contratti pubblici), e quindi disincentivare o addirittura impedire le aggregazioni imprenditoriali che possono concorrere alle gare anche nella forma del c.d. raggruppamento misto, benché espressamente riconosciute dalla legge e dalla stessa stazione appaltante nella lex specialis.
12.4. Ciò verrebbe a creare una ingiustificata disparità di trattamento del sub-raggruppamento orizzontale rispetto alla disciplina stessa del raggruppamento orizzontale totalitario, nel quale – in via generale – il beneficio dell’incremento del quinto è ammesso proprio per consentire, entro certi limiti (la c.d. condizione del quinto), una più vasta partecipazione alle gare.
12.5. Non giova invero opporre che, a differenza del raggruppamento orizzontale c.c. totalitario, nel sub-raggruppamento orizzontale viene a crearsi una sub-associazione di imprese che svolgono una specifica categoria di lavori, spesso di gran lunga inferiori alla base d’asta, con conseguente frammentazione delle competenze e minor garanzia di affidabilità, rispetto a quanto richiesto dalla stazione appaltante.
12.6. Né è fondato il timore che, così ragionando, si incentiverebbe un eccessivo frazionamento dei requisiti partecipativi in un pulviscolo, per così dire, di imprese, ciascuna classificata addirittura fino al quinto aggiuntivo rispetto alla classifica della specifica categoria.
12.7. La possibilità e, anzi, la concreta fattibilità di questo frazionamento – anche a prescindere dalla invocata possibilità di giovarsi dell’incremento del quinto – è insita non solo nella stessa astratta ammissibilità del raggruppamento misto, riconosciuto dall’art. 48, comma 6, del d. lgs. n. 50 del 2016, ma nella sua concreta previsione da parte da parte della lex specialis, con la conseguente ripartizione, evidentemente già “soppesata” a monte e prevista dalla stazione appaltante, delle lavorazioni in senso verticale e, nell’ambito di queste, di una loro esecuzione in forma orizzontale.
12.8. L’ancoraggio del beneficio ad una classifica pari ad almeno un quinto degli specifici lavori – e non già, irragionevolmente, alla totalità indistinta ed eterogenea dei lavori posti a base d’asta – garantisce del resto una più specifica e mirata garanzia di professionalità dei singoli partecipanti al raggruppamento misto rispetto ad una classifica in ipotesi commisurata al complesso di tutti i lavori posti a base d’asta.
12.9. Tale ipotetica classifica, al di là, come detto, della sua stessa impossibilità logico-giuridica per essere la classifica sempre inerente e interna ad una specifica qualifica, comunque vanificherebbe ogni possibilità, per le imprese chiamate ad eseguire lavorazioni secondarie o tutto sommato marginali nell’economia dell’appalto, di giovarsi dell’incremento del quinto per la propria classifica in rapporto alla specifica e sola lavorazione, che sarebbero chiamate a svolgere.
13. Prima ancor che palesemente anticoncorrenziale, una simile interpretazione appare irragionevole e, per altro verso, contrastante con il dettato normativo e l’intero sistema delle qualifiche e classifiche costruito dall’attuale legislazione, lo si ribadisce, su singole categorie di lavorazioni, e con ciò, per paradosso, ancor meno tutelante per le stazioni appaltanti, interessate non tanto a contrarre con imprese che abbiano, sul piano quantitativo, un certo fatturato, rapportato all’intera base d’asta, bensì ad avere quali contraenti associati imprese qualificate, sul piano qualitativo (e, dunque, in base alla classifica per categoria), all’esecuzione della specifica lavorazione nel raggruppamento misto.
13.1. Una interpretazione restrittiva di questo beneficio viene dunque ad introdurre, per il raggruppamento misto, una limitazione ed uno sbarramento comunque sproporzionati rispetto alla finalità – quella, cioè, di tutelare la pubblica amministrazione da una eccessiva frammentazione di imprese e requisiti – che tale rigorosa impostazione professa di volere raggiungere, con l’asserito “blocco” della premialità (v., in questo senso, la già richiamata pronuncia di Cons. St., sez. III, 13 aprile 2021, n. 3040).
14. D’altro canto sul piano sistematico, come pure rammenta l’ordinanza di rimessione, rileva anche la prassi applicativa dell’art. 92, comma 2, dello d.P.R. n. 207 del 2010 in tema di requisiti minimi per la composizione dei raggruppamenti orizzontali.
14.1. Benché la disposizione – che, come si è detto, viene espressamente richiamata dall’art. 61, comma 2 – faccia riferimento, nello scolpire la misura minima dei requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi che l’impresa mandataria deve assumere nell’ambito di un raggruppamento di tipo orizzontale, ai “requisiti richiesti nel bando di gara” (esattamente come per l’art. 61 del d.P.R. n. 207 del 2010), essa è coerentemente interpretata, per consolidato intendimento, nel senso che «la verifica della situazione ‘maggioritaria’, in caso di raggruppamento misto, [debba] avvenire avendo riferimento alle singole categorie scorporabili (della specifica gara), e non all’intero raggruppamento» (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2020, n. 7751; Cons. St., sez. VI, 15 ottobre 2018, n. 5919 e, nel vigore del d. lgs. n. 163 del 2006 ora abrogato, già C.G.A.R.S., Sez. I, 11 aprile 2008, n. 306).
14.2. Come nel caso esaminato dalla pronuncia della sezione V, appena citata, l’interpretazione qui preferita è quella maggiormente rispondente ai principi europei, che prevedono ampia partecipazione alle procedure di gara dei raggruppamenti temporanei ed al principio europeo di massima libertà di autoorganizzazione delle imprese (cfr. l’art. 19, par. 2, della direttiva 2014/24/UE e il considerando n. 15, su cui, di recente, Cons. St., sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785).
14.3. Nella medesima prospettiva sistematica, come rilevato dalla sezione rimettente, l’art. 48, comma 5, del d. lgs. n. 50 del 2016 è chiaro nel limitare la responsabilità per le imprese mandanti alle sole prestazioni effettivamente assunte, sicché, in sostanza, il parametro per la perimetrazione degli obblighi delle mandanti, sia nei confronti della stazione appaltante che nei confronti dei terzi, è costituito dalla singola tipologia di prestazione assunta, ricada nella “categoria prevalente” o in una diversa “categoria scorporata”.
14.4. Sulle esposte premesse, si giustifica allora, nella prospettiva, auspicata dall’ordinanza di rimessione, di una lettura orientata alla necessaria coerenza sistematica del regime di qualificazione dei concorrenti plurisoggettivi, una interpretazione orientata (od adeguatrice) dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, nel senso che, nei raggruppamenti di tipo misto, i componenti di ciascuno dei sub-raggruppamenti di tipo orizzontale siano abilitati a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori «nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto», purché siano qualificati per una classifica pari ad almeno un quinto «dell’importo della categoria di lavori cui lo stesso componente partecipa».
14.5. In tal senso si è, come già accennato, da tempo espressa anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione, la quale ha ritenuto (nel previgente, ma identico contesto normativo) che «la disposizione di cui all’art. 3, comma 2, del d.P.R. 34/2000 che permette alle imprese raggruppate o consorziate di considerare la propria classifica incrementata di un quinto, qualora qualificate per almeno un quinto dell’importo a base di gara»dovesse, in quanto applicata «anche alle ATI verticali o miste», essere interpretata nel senso (ritenuto addirittura “evidente”) che «la suddetta condizione va[da] riferita ai singoli importi della categoria prevalente e delle altre categorie scorporabili» (cfr. la deliberazione n. 377 del 5 novembre 2001, nonché, più di recente, la già richiamata deliberazione n. 45 del 22 gennaio 2020).
15. Questo Consiglio di Stato ha condiviso tale interpretazione di ordine sistematico, allorché ha statuito, ad esempio, che – in difetto di una disposizione speciale derogatoria e in assenza di qualsivoglia distinzione operata dall’art. 48, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016 tra raggruppamenti orizzontali relativi alla categoria prevalente e raggruppamenti orizzontali relativi alle categorie scorporabili – nei raggruppamenti misti ogni sub-raggruppamento debba essere esaminato autonomamente, con la conseguenza che la verifica del possesso della qualificazione della mandataria nella misura minima del 40% (stabilita dall’art. 92, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010 per i raggruppamenti orizzontali negli appalti di lavori), con riferimento alla singola categoria scorporabile della cui realizzazione la stessa è partecipe unitamente a una o più mandanti, deve essere effettuata in capo all’impresa capogruppo del sub-raggruppamento (Cons. St., sez. VI, 15 ottobre 2018, n. 5919).
16. E del resto, a tutela dell’interesse pubblico sotteso all’apertura della gara a r.t.i. di tipo verticale o misto, la partecipazione alle gare pubbliche mediante raggruppamento temporaneo di tipo verticale – peraltro nella ulteriore e più articolata forma del c.d. raggruppamento c.d. misto – non può ritenersi libera e rimessa all’esclusiva volontà dei concorrenti, poiché, per la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, in tanto il raggruppamento di tipo verticale è ammesso alla gara in quanto ciò sia previsto dalla lex specialis, attraverso la distinzione fra prestazioni prevalenti o principali e prestazioni scorporabili o secondarie, ai sensi dell’art. 48, comma 1 e 2, del d. lgs. n. 50 del 2016 (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2020, n. 7751, Cons. St., sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785, entrambe già citate, nonché Cons. St., sez. V, 5 aprile 2019, n. 2243).
17. Conclusivamente, alla luce di quanto sin qui si è chiarito, si deve rispondere al quesito formulato dalla V sezione affermando il seguente principio di diritto:
«la disposizione dell’art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, laddove prevede, per il raggruppamento c.d. orizzontale, che l’incremento premiale del quinto si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata, a condizione che essa sia qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara, si applica anche, per il raggruppamento c.d. misto, alle imprese del singolo sub-raggruppamento orizzontale per l’importo dei lavori della categoria prevalente o della categoria scorporata a base di gara».
6.1. Le parti hanno segnalato contrapposti precedenti giurisprudenziali sulla questione controversa.
Va premesso che, con riferimento alle certificazioni di qualità, il superamento del divieto di possibile commistione tra elementi soggettivi di partecipazione e criteri valutativi dell’offerta è desumibile dal tenore dell’art. 95, comma 6, secondo periodo, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016, che fa rientrare, fra l’altro, le “attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001 [n.d.r. oggi ISO 45001]” tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Quindi non è in contestazione che le leggi di gara possano prevedere il possesso di certificazioni di qualità come requisito di partecipazione oppure come criterio valutativo dell’offerta, al fine di attribuire punteggi premiali (cfr. Cons. Stato, III, 12 luglio 2018, n. 4283 e id., V, 22 ottobre 2018, n. 6026, nonché id., III, 27 settembre 2016, n. 3970).
Con la sentenza di questa sezione V, 17 marzo 2020, n. 1916, sulla quale si basano i motivi di ricorso, si è affermato che, così come ritenuto per il caso in cui la certificazione di qualità sia richiesta per la qualificazione, anche quando è richiesta per l’attribuzione del punteggio premiale, in caso di concorrente plurisoggettivo essa deve essere posseduta da tutti i componenti del raggruppamento.
Tuttavia, con altro precedente di questa stessa Sezione V, 16 marzo 2020, n. 1881, richiamato da Abaco, si è affermato che, quando il possesso della certificazione di qualità non costituisce un requisito di ammissione alla procedura, ma solo elemento integrativo e di valorizzazione dell’offerta, ai fini del riconoscimento di un punteggio aggiuntivo per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, se il possesso non è richiesto dalla legge di gara, a pena di inammissibilità, in capo ad ogni ditta, le certificazioni di qualità sono da ascrivere al raggruppamento nel suo complesso. Date tali oscillazioni giurisprudenziali, si ritiene che la questione (sulla quale di recente è tornata la Sezione V, con la sentenza 23 giugno 2022, n. 5190, indicata negli scritti conclusivi dell’appellante, ma concernente più nello specifico la possibile attribuzione di un punteggio parziale) vada risolta componendo il contrasto mediante l’affermazione della necessità di considerare volta a volta i contenuti complessivamente desumibili dalla legge di gara. In particolare, va superato l’assunto a base di entrambi i citati precedenti che vi sia un principio generale ricavabile dalla disciplina in materia secondo cui il requisito in parola è valutabile per l’attribuzione del punteggio premiale nei confronti dei raggruppamenti solo quando sia posseduto da tutti i membri del raggruppamento, a meno che la legge di gara non contenga un’esplicita deroga in tal senso, ovvero, all’opposto, solo quando la legge di gara lo richieda esplicitamente a pena di inammissibilità in capo a ogni ditta.
6.1.1. Va infatti considerato che, per come emerge anche dai richiamati precedenti giurisprudenziali, quando le certificazioni di qualità siano richieste per la valutazione delle offerte tecniche, esse devono essere funzionali a qualificare l’offerta tecnica dal punto di vista oggettivo, cioè ad offrire garanzie di qualità dell’esecuzione delle prestazioni contrattuali, senza tradursi in un indebito vantaggio per gli operatori economici che, sul piano soggettivo, possano vantare certificazioni o marchi che prescindano dal contenuto dell’offerta.
Il relativo apprezzamento è rimesso in toto alla stazione appaltante, come peraltro sottolineato anche dalla sentenza di primo grado – sia pure nell’(erroneo, come si dirà) presupposto che nel caso di specie tale scelta non fosse stata effettuata – quando ha sottolineato come spetti all’amministrazione “a monte, ovvero all’atto della predisposizione della documentazione di gara, di esercitare il proprio potere discrezionale nella definizione dei criteri di valutazione e nella loro ponderazione, attraverso la previsione di un punteggio (seppure non graduabile tra un minimo e un massimo) differenziato per ciascun criterio, in modo da soddisfare lo scopo – sotteso alla scelta di ricorrere all’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – di valorizzare il merito tecnico di ciascuna offerta.”.
6.1.2. La legge di gara quindi può variamente connotare la rilevanza della qualità dell’offerta del concorrente, singolo o plurisoggettivo, ai fini dell’attribuzione del punteggio.
Si tratta di una conclusione supportata dal testo dell’art. 95, comma 6, il quale, nel prevedere la valutazione delle offerte sulla base di caratteristiche soggettive dell’impresa, purché connesse all’oggetto dell’appalto, consente di valorizzare il possesso delle certificazioni anche in capo ad una soltanto delle imprese del raggruppamento se idoneo comunque a connotare positivamente l’offerta di quest’ultimo. Si tratta, in sostanza, di un meccanismo analogo a quello delineato dallo stesso art.95, comma 6, in relazione ad altri criteri di valutazione dell’offerta tra quelli contemplati nelle lettere da b) a g), i quali, pur potendo dipendere dalle caratteristiche soggettive di una singola impresa vengono però considerati, nel caso di imprese raggruppate, sommando, o meglio valutando complessivamente, il criterio riferito al concorrente plurisoggettivo.
6.1.3. In definitiva, anche per il criterio di valutazione dell’offerta riferito al possesso di certificazioni ambientali, la disciplina va desunta dall’interpretazione della legge di gara, secondo i consueti canoni ermeneutici, con l’unico limite che qualora sia previsto un criterio c.d. on/off non è consentito all’interprete il frazionamento del punteggio.
6.1.4. Resta ovviamente impregiudicato il sindacato del giudice sulla ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza della legge di gara, da parametrare alle finalità quali sopra esposte della disciplina dettata dall’art. 95, comma 6, in relazione all’oggetto del singolo appalto.
6.2. Nel caso di specie, rilevano quindi i contenuti complessivi del disciplinare di gara, nonché i chiarimenti forniti dalla stazione appaltante.
12.2. Infatti deve ritenersi che i commi 17-19-ter dell’art. 48 del D.Lgs. n. 50/2016), così come interpretati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato di recente in quatto pronunce (del 27.3.2019, n. 6, del 27.5.2021, nn. 9 e 10 e, da ultimo, del 25.1.2022, n. 2), non ammettano la possibilità di apportare modifiche soggettive alla compagine di un RTI in caso di sopravvenuta perdita dei requisiti speciali di partecipazione (nella specie dell’attestazione SOA), essendo la sostituzione interna limitata all’ipotesi in cui una delle componenti del raggruppamento perda i requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 80 del Codice, anche in corso di gara, e dovendo ritenersi che le esigenze organizzative per l’operatività di un RTI in riduzione non possano venire in rilievo laddove si debba per contro fronteggiare alla perdita in capo ad una delle imprese del costituendo RTI dei requisiti speciali di partecipazione.
12.3. Ne discende che alcun rilievo è in grado di assumere la natura “sovrabbondante” del raggruppamento ai fini di una sua ipotetica “riduzione”, dovendosi negare la possibilità di operare una tale rimodulazione per sanare la perdita di un requisito speciale di partecipazione, in quanto, qualora l’impresa che si sia impegnata all’esecuzione di una determinata quota delle prestazioni oggetto di appalto, rimanga medio tempore sfornita di qualificazione, è inconferente il possesso sovrabbondante del requisito di capacità tecnica da parte del raggruppamento nel suo complesso.
Il principio, già espresso dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 6/2019, è sotteso anche alla sentenza A.P. n. 2/2022, per cui deve ritenersi che la mancanza di attestazione SOA non rientri nei casi previsti dai commi 17, 18, 19 e 19 ter che, vanno interpretati in senso tassativo e restrittivo.
12.4. L’Adunanza Plenaria con la citata sentenza 27 maggio 2021, n. 10, investita della questione della sostituibilità in corso di gara dell’impresa mandataria fallita o comunque assoggettata ad altra procedura concorsuale con un’altra impresa, esterna all’originario raggruppamento di imprese (c.d. sostituzione per addizione), con obicter dictum ha affermato che “nella sola fase di esecuzione, peraltro, il legislatore, dopo la riforma apportata dall’art. 32, comma 1, lett. h, del d.lgs. n. 56 del 2017, ha previsto che anche il venir meno di uno dei requisiti di partecipazione, di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, in capo ad uno dei componenti – non essendo tale ipotesi applicabile alla fase di gara … – possa giustificare la modifica soggettiva, ma sempre e solo interna al raggruppamento perché, diversamente, la fase dell’esecuzione presterebbe il fianco ex post all’aggiramento delle regole della trasparenza e della concorrenza, che presiedono alla fase della scelta del contraente, con l’inserzione postuma di soggetti esterni che nemmeno hanno preso parte alla gara e si troverebbero ad essere contraenti della pubblica amministrazione”.
12.5. Con l’ordinanza n. 6959/2021 è stata peraltro rimessa all’Adunanza Plenaria la seguente questione:
“se sia possibile interpretare l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 nel senso che la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese in caso di perdita dei requisiti di partecipazione ex art. 80 da parte del mandatario o di una delle mandanti è consentita non solo in fase di esecuzione, ma anche in fase di gara”.
In caso di risposta positiva alla prima domanda, la citata ordinanza richiede, altresì, “di precisare la modalità procedimentale con la quale detta modifica possa avvenire, se, cioè, la stazione appaltante sia tenuta, anche in questo caso, ed anche qualora abbia già negato la autorizzazione al recesso che sia stata richiesta dal raggruppamento per restare in gara avendo ritenuto intervenuta la perdita di un requisito professionale, ad interpellare il raggruppamento, assegnando congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere la propria partecipazione alla gara”.
12.5.1. L’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 2 del 2022, nel rispondere a tali quesiti, ha invero affermato che “la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici) da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter del medesimo Codice”.
L’Adunanza Plenaria continua statuendo che, “laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, è tenuta ad assegnare un congruo termine per la predetta riorganizzazione”.
La suddetta pronuncia ha, inoltre, affermato: “La deroga all’immodificabilità soggettiva dell’appaltatore costituito in raggruppamento, tale da evitare in fase esecutiva la riapertura dell’appalto alla concorrenza e, dunque, l’indizione di una nuova gara, è solo quella dovuta, in detta fase, a modifiche strutturali interne allo stesso raggruppamento, senza l’addizione di nuovi soggetti che non abbiano partecipato alla gara (o, addirittura, che vi abbiano partecipato e ne siano stati esclusi), ciò che contraddirebbe la stessa ratio della deroga, dovuta a vicende imprevedibili che si manifestino in sede esecutiva e colpiscano i componenti del raggruppamento, tuttavia senza incidere sulla capacità complessiva dello stesso raggruppamento di riorganizzarsi internamente… È chiaro che la modifica sostituiva c.d. per addizione costituisce ex se una deroga non consentita al principio della concorrenza perché ammette ad eseguire la prestazione un soggetto che non ha preso parte alla gara secondo regole di correttezza e trasparenza, in violazione di quanto prevede attualmente l’art. 106, comma 1, lett. d), n. 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, più in generale, per la sostituzione dell’iniziale aggiudicatario”.
L’Adunanza plenaria ha chiarito pertanto che la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19 ter del medesimo Codice, nonostante evidenti discrasie e contraddizioni normative superate in via interpretativa.
In particolare, la pronuncia è intervenuta in relazione a significative e persistenti carenze nell’esecuzione di precedenti contratti d’appalto che hanno causato la “risoluzione per inadempimento contrattuale” da parte di una mandante di una RTI, rilevante come causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter del codice dei contratti pubblici.
Inoltre con la citata pronuncia l’Adunanza Plenaria ha evidenziato che le norme di eccezione di cui ai commi 17 e 18 disciplinano fattispecie molto diverse da quella di cui al comma 19.
Infatti, mentre le ipotesi disciplinate dal comma 17 (con riferimento al mandatario) e dal comma 18 (con riferimento ad uno dei mandanti) attengono a vicende soggettive, puntualmente indicate, del mandatario o di un mandante, conseguenti ad eventi sopravvenuti rispetto al momento di presentazione dell’offerta, l’ipotesi di cui al comma 19 attiene ad una modificazione della composizione del raggruppamento derivante da una autonoma manifestazione di volontà di recedere dal raggruppamento stesso, da parte di una o più delle imprese raggruppate, senza che si sia verificato nessuno dei casi stabiliti dai commi 17 e 18, ma solo come espressione di un diverso e contrario volere rispetto a quello di partecipare, in precedenza manifestato.
Ed il recesso è ammesso, non tanto in base ad una più generale valutazione dei motivi che lo determinano, ma in quanto le imprese rimanenti “abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire” e sempre che la modifica soggettiva derivante dal recesso non sia “finalizzata ad eludere un requisito di partecipazione alla gara”.
Pertanto, l’Adunanza Plenaria rileva come da un lato, il comma 9 dell’art. 48 introduca un principio generale di immodificabilità della composizione del raggruppamento, e dall’altro lato, i commi 17, 18 e 19, quali norme di eccezione alla norma generale, prevedano una pluralità di esclusioni a tale principio.
13. Nel presente giudizio, tuttavia, non viene in rilievo la perdita del requisito di partecipazione previsto dall’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, né un recesso sic et simpliciter da parte di un componente il RTI ma un asserito subentro di un soggetto terzo, che non aveva partecipato alla procedura di gara, ad altro soggetto (-OMISSIS-), che ha perso un requisito di qualificazione, previsto dall’art. 84.
Pertanto, ferma restando l’impossibilità del subentro, che darebbe luogo ad una modifica del RTI in senso additivo, vi è peraltro da chiedersi se i principi enucleati dalla recente pronuncia dell’Adunanza plenaria 2 del 2022 possano essere estesi anche al caso di specie, ovvero di perdita sopravvenuta di un requisito di partecipazione di ordine speciale.
Per risolvere tale problematica peraltro è utile richiamare altre pronunce dell’Adunanza plenaria che sono intervenute sul tema dell’immodificabilità soggettiva dell’operatore economico nelle gare pubbliche.
13.1. In particolare con la cennata sentenza n. 10 del 27 maggio 2021, l’Adunanza plenaria ha, ulteriormente, precisato che: a) l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione meramente interna del mandatario o del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese con un altro soggetto del raggruppamento stesso in possesso dei requisiti, nella fase di gara, e solo nelle ipotesi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, concordato preventivo o di liquidazione o, qualora si tratti di imprenditore individuale, di morte, interdizione, inabilitazione o anche liquidazione giudiziale o, più in generale, per esigenze riorganizzative dello stesso raggruppamento temporaneo di imprese, a meno che – per questa ultima ipotesi e in coerenza con quanto prevede, parallelamente, il comma 19 per il recesso di una o più imprese raggruppate – queste esigenze non siano finalizzate ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara; b) l’evento che conduce alla sostituzione meramente interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara o la prosecuzione del rapporto contrattuale.
In questa prospettiva l’Adunanza plenaria, negando l’ammissibilità della “sostituzione per addizione” nel raggruppamento temporaneo di imprese, ha precisato che le uniche modifiche consentite dal legislatore sono quelle interne al RTI , con una diversa distribuzione di ruoli e compiti tra mandanti e mandataria, secondo la disciplina degli indicati commi 17 e 18, in ragione di eventi imprevedibili, tassativamente individuati dal legislatore, che abbiano colpito uno degli originari componenti, eventi che costituiscono all’evidenza eccezioni, di stretta interpretazione, al principio di immutabilità soggettiva. Peraltro, l’Adunanza plenaria ha chiarito che “La deroga al principio di immutabilità soggettiva dell’offerente, dunque, deve trovare un espresso e chiaro fondamento nel diritto dell’Unione, non potendo essa giustificarsi a livello sistematico, come sembra supporre il Collegio rimettente, nel richiamo al diverso istituto dell’avvalimento e all’eventuale sostituzione dell’impresa ausiliaria, trattandosi di istituti intesi a favorire il principio della massima partecipazione alla gara, a condizioni paritarie e trasparenti tra tutti i concorrenti, non già a derogare alla parità di trattamento tra questi, ben dovendo, anzi, la stazione appaltante imporre all’operatore economico di sostituire i soggetti ausiliari che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione, come questa Adunanza plenaria ha da ultimo ricordato nella sentenza n. 5 del 18 marzo 2021”.
Pertanto principio cardine è quello dell’immutabilità soggettiva dell’offerente, al quale può derogarsi solo nelle ipotesi tassativamente individuate dal legislatore, fondandosi la contrattazione con la P.A. sul principio della personalità, in quanto i contratti sono stipulati all’esito di una procedura ad evidenza pubblica volta, da un lato, alla scelta dell’offerta migliore e, dall’altro, a tutelare, in via mediata, l’interesse pubblico alla qualificazione tecnica, organizzativa, economica e morale delle imprese partecipanti alle procedure di gara.
13.2 La stessa Adunanza plenaria, con la sentenza n. 8 del 4 maggio 2012, ha inoltre chiarito che il principio di immodificabilità soggettiva persegue lo scopo di consentire alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, di conseguenza, «precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari» ovvero che «tale verifica venga vanificata», sicché le uniche modifiche soggettive elusive del dettato normativo sono quelle che portano all’aggiunta delle imprese partecipanti, non già alla loro riduzione (c.d. modifica per sottrazione) o al recesso di una partecipante, laddove, però, la modifica della compagine in senso riduttivo avvenga per esigenze proprie del raggruppamento o del consorzio, non già per evitare la sanzione dell’esclusione dalla procedura di gara per difetto dei requisiti in capo ad un componente (“Né si verifica una violazione della par condicio dei concorrenti, perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti. Tale soluzione va seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva [Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 842]).
13.3. Risulta inoltre utile accennare anche al percorso motivazionale seguito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5 del 2021, richiamata nella successiva Plenaria n. 10 del 2021, con cui si è evidenziato che la consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione.
L’Adunanza plenaria al riguardo ha distinto il consorzio stabile da quello ordinario, precisando che quest’ultimo, “pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. trib., 9 marzo 2020, n. 6569; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1636). Nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), ma nemmeno in tale ipotesi il consorzio, nella sua disciplina civilistica, è dotato di una propria realtà aziendale. Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, il quale ha statuito l’illegittimità della partecipazione di un consorzio ordinario che, pur riunendo due società, aveva dichiarato di gareggiare per conto di una sola di esse). 7.2. Non è così per i consorzi stabili. Questi, a mente dell’art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”. E’ in particolare il riferimento aggiuntivo e qualificante alla “comune struttura di impresa” che induce ad approdare verso lidi ermeneutici diversi ed opposti rispetto a quanto visto per i consorzi ordinari. I partecipanti in questo caso danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (da ultimo, Cons. St., sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165)”.
Risulta claris verbis dal tenore della motivazione del citato arresto dell’Adunanza Plenaria come proprio la diversità di struttura tra consorzio stabile e consorzio ordinario, abbia indotto l’Adunanza plenaria ad estendere esclusivamente al consorzio stabile l’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, che consente all’operatore economico di sostituire l’ausiliaria che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per la quale sussistono obbligatori motivi di esclusione.
Nella fattispecie de qua viene per contro in rilievo un RTI, in alcun modo sovrapponibile ad un consorzio stabile, in assenza di una comune struttura di impresa, ma semmai analogo, sia pure con le debite differenze, ad un consorzio ordinario come peraltro evincibile dall’art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 che disciplina in maniera unitaria i “Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici”.
Pertanto in alcun modo sarebbe possibile applicare al RTI l’art. 89, comma 3 citato, stante la sostanziale disomogeneità che sussiste tra raggruppamento temporaneo di imprese, da un lato, e consorzio stabile, dall’altro, al fine di consentire una sostituzione dell’impresa partecipante al RTI che abbia perso la qualificazione SOA in corso di gara.
Neppure sarebbe ammissibile una sostituzione meramente interna con altri partecipanti al RTI come evincibile dagli altri cennati pronunciamenti dell’Adunanza Plenaria, a fronte della perdita di un requisito speciale di partecipazione, quale l’attestazione SOA od una riorganizzazione interna del RTI dettata non già da esigenze organizzative, ma volta ad evitare l’esclusione del RTI per la perdita, in capo ad uno dei componenti, dei necessari requisiti di qualificazione.
14. La ricostruzione del quadro normativo, come interpretato dall’Adunanza plenaria nelle citate pronunce, deve pertanto condurre all’accoglimento dell’appello nel senso che il ricorso di primo grado doveva essere accolto con esclusione definitiva del RTI controinteressato, in quanto deve ritenersi che non sia consentito al raggruppamento temporaneo di imprese modificare la propria organizzazione, se non nelle limitate e tassative ipotesi previste dai commi 17, 18, 19 e 19 ter dell’art. 48 del codice, e che le esigenze organizzative del RTI che possono giustificare l’operatività del RTI in riduzione, ai sensi del comma 19 – a fronte del recesso di uno dei componenti il RTI – non possano rinvenirsi laddove venga in rilievo la perdita in capo ad uno dei componenti dei requisiti speciali di partecipazione, che non potrebbero neppure giustificare una sostituzione interna ai sensi dei precedenti commi.
Ed invero deve ritenersi applicabile all’ipotesi di specie il principio già affermato da questa Sezione, sia pure in riferimento all’assenza ab origine dei requisiti speciali di partecipazione (Cons. Stato Sez. V, Sent., 03-05-2021, n. 3464) secondo cui “i requisiti soggettivi dei partecipanti ad una gara pubblica non possono essere modificati ricorrendo al soccorso istruttorio, in quanto, secondo la costane giurisprudenza, la mancanza dei requisiti di partecipazione non può essere sanata mediante una modifica delle quote di partecipazione al sub-raggruppamento, trattandosi di vizi inficianti l’offerta nel suo complesso, ciascuno dei quali sufficiente a rendere invalida l’offerta (in termini Cons. Stato, III, 22 febbraio 2019, n. 1237; VI, 15 ottobre 2018, n. 5919). Infatti la modifica della compagine soggettiva, anche in senso riduttivo, può avvenire per esigenze organizzative proprie del raggruppamento, e non per eludere la lex specialis, ed evitare la sanzione dell’esclusione dalla procedura per difetto dei requisiti in capo alla mandante del raggruppamento (in termini Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8)”; ciò in considerazione della circostanza che i requisiti di partecipazione debbono essere posseduti in costanza di gara, per cui anche la perdita sopravvenuta è in grado di determinare l’esclusione del concorrente, ferma rimanendo l’applicabilità delle previsioni in deroga di cui ai commi 17, 18 e 19 ter dell’art. 48 del codice, da interpretarsi in senso restrittivo.
11.3. Il primo motivo del ricorso principale di primo grado è infondato e deve essere respinto.
11.4. Infatti, come affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la citata sentenza del 28 aprile 2022 (causa C-642/20): “L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”. 11.5. Pertanto, stante la primazia del diritto euro-unitario – così come interpretato dalla CGUE – rispetto al diritto nazionale, l’articolo 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 deve essere disapplicato, per contrasto con il diritto dell’Unione europea, nella parte in cui prevede che la mandataria di un’a.t.i. debba in ogni caso possedere i requisiti “in misura maggioritaria”, e, allo stesso modo ed a fortiori, deve essere disapplicato l’art. 7.4, ultimo periodo, del disciplinare di gara, laddove prevede che i requisiti di capacità tecnica e professionale debbano essere posseduti “per intero dalla mandataria”.
11.6. Stante la disapplicazione dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 7.4, ultimo periodo, della lex specialis nei sensi sopra esposti, deve essere respinto il primo motivo del ricorso principale di primo grado, con il quale veniva lamentata la violazione dei predetti parametri normativi che devono essere invece disapplicati.
Si rammenta che la giurisprudenza ha attinto in misura costante il principio per il quale la fase che segna la piena operatività del divieto di modificare i raggruppamenti temporanei, già imposto dall’art. 37, comma 9, d.lgs. n. 163 del 2006, e poi reiterato dall’art. 48, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, è da identificare ordinariamente con quello della presentazione dell’offerta, per la salvaguardia del favor partecipationis (cfr. Cons. Stato, n. 1328/2013, C.G.A.S. n. 10372 del 2012).
L’art. 48 del Codice, infatti, vieta le modificazioni soggettive del R.T.I. rispetto all’impegno ‘presentato in sede di offerta’, in quanto la sottoscrizione di impegni negoziali è il momento effettivamente preclusivo per la individuazione dell’offerente, quello in cui si cristallizza la compagine associativa partecipante alla procedura di gara.
L’indagine di mercato è una fase distinta da quella della presentazione delle offerte, in quanto è preordinata a conoscere gli operatori interessati a partecipare alle procedure di selezione, sicchè tale momento di interlocuzione non ingenera negli operatori alcun affidamento sul successivo invito alla procedura, né obblighi per la stazione appaltante.
Nel parere reso sulle Linee Guida A.N.A.C. recanti “Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato” del 14.2.2019, n. 446, il Consiglio di Stato, Sezione atti normativi, ha precisato come la consultazione preliminare di mercato costituisca uno strumento per le stazioni appaltanti con il quale è possibile avviare un dialogo informale con gli operatori di settore per acquisire informazioni ritenute necessarie al successivo svolgimento di una procedura di gara.
Le citate Linee Guida dell’A.N.A.C. precisano (al punto 2.3) che “la consultazione preliminare non costituisce una procedura di affidamento di un contratto pubblico”, trattandosi essere soltanto di una fase di pre – gara.
L’istituto delle consultazioni preliminari di mercato, pertanto, non è finalizzato all’aggiudicazione di alcun contratto, risolvendosi in uno strumento a disposizione della stazione appaltante con cui è possibile avviare una interlocuzione con gli operatori economici e/o con soggetti comunque esperti dello specifico settore di mercato, onde acquisire quelle notizie di cui è carente per giungere ad una migliore consapevolezza relativamente alle disponibilità e conoscenze degli operatori economici rispetto a determinati beni o servizi.
Il principio è stato recentemente confermato anche da questa Sezione, con sentenza n. 7329 del 2020, secondo cui, con specifico riferimento all’onere di impugnazione dei provvedimenti pre –gara è stato chiarito che: “Non v’è ragione per ritenere che l’onere di impugnazione vada retratto fino all’avviso di avvio della consultazione preliminare di mercato, proprio per la natura di fase pre-gara finalizzata alla sola raccolta di informazioni, cui non è detto segua la scelta di una procedura limitativa della concorrenza, potendo l’amministrazione sempre determinarsi per la più ampia apertura al mercato nella scelta del contraente”.
11.3. Né può essere condivisa la tesi sostenuta dall’appellante, secondo cui la richiesta del possesso di determinati requisiti in fase di manifestazione di interesse può essere indice dell’esistenza di un avviso –bando, atteso che anche quando l’indagine di mercato sia avviata con richiesta di requisiti particolarmente stringenti, non si modifica la natura di fase pre – gara finalizzata alla sola raccolta di informazioni, tanto che “l’operatore che avverta di poter essere escluso per la mancanza di tali requisiti ha la facoltà, ma non l’onere a pena di decadenza, di impugnazione, potendo attendere gli sviluppi della successiva fase procedurale (id. est. gli atti di indizione della procedura di gara) contenenti le definitive scelte della stazione appaltante per l’affidamento del contratto pubblico” (Cons. Stato, sez.V, n. 7329/2020 cit., Cons. Stato, sez. III, n. 6302 del 2019).
12. Il Collegio, pertanto, ribadisce l’indirizzo della giurisprudenza amministrativa, secondo cui, nelle procedure negoziate, il principio di immodificabilità soggettiva dei raggruppamenti temporanei di imprese viene in rilievo solo dopo la formulazione dell’offerta e non con la manifestazione di interesse. Ciò in quanto, la fase di prequalifica ha il dichiarato scopo di individuare potenziali soggetti da invitare come concorrenti, mentre la fase di presentazione delle offerte ha lo scopo di accertare in concreto la sussistenza dei requisiti di ordine generale e speciale in capo ai soggetti invitati, sicchè la fase di prequalifica assume una valenza meramente esplorativa, avente carattere sommario e prodromico rispetto al procedimento selettivo vero e proprio, e conseguentemente la manifestazione di interesse non costituisce partecipazione alla gara e non impegna, in alcun modo, chi la presenta.
Ne consegue che è consentito ai costituendi R.T.I. provvedere alla modificazione soggettiva nella fase antecedente alla presentazione delle offerte, senza tuttavia che tale modificazione influisca sul possesso dei requisiti del raggruppamento temporaneo, che abbia manifestato interesse.
Il suddetto principio è stato sostenuto in passato dalla giurisprudenza più datata, che ha ritenuto che è possibile operare, nel periodo antecedente alla presentazione delle offerte, modificazioni alla compagine del soggetto invitato alla gara, sia esso impresa individuale che associazione temporanea, sempre che tali modificazioni non siano tali da incidere in modo negativo sulla qualificazione del soggetto medesimo e, quindi, sul possesso da parte dello stesso dei necessari requisiti (Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2002, n. 6619).
Anche la dottrina più attenta ha ritenuto che nelle procedure articolate su più segmenti procedimentali (procedure ristrette, procedure negoziate, dialogo competitivo) è praticabile la modificazione soggettiva dell’operatore partecipante prima della presentazione dell’offerta.
La diversa interpretazione sostenuta dall’appellante sottende una ratio difficilmente sostenibile sul piano logico: non si intende, invero, per quale ragione debba essere esclusa la possibilità di modificare soggettivamente un R.T.I. che ha manifestato interesse alla procedura negoziata, in sede di presentazione dell’offerta, in fattispecie in cui tale modificazione comporta una ‘riduzione’ della compagine del soggetto invitato alla gara, ossia in ipotesi in cui una delle imprese ( nella specie, la CO.GE.FO s.r.l.) già sottoposte al vaglio della prequalificazione, si sia ritirata dalla competizione, dovendosi dare rilievo al fatto che, in sostanza, l’offerta è stata presentata dal medesimo operatore economico del costituendo R.T.I. che si è già prequalificato, senza necessità di una nuova verifica da parte della stazione appaltante dei requisiti di partecipazione e senza che la mancata partecipazione alla gara dell’impresa ‘ritirata’ influisca sul possesso globale dei requisiti di R.T.I., o sulla qualificazione del soggetto medesimo.
Da ultimo va ricordato l’indirizzo espresso dall’Adunanza Plenaria n. 9 del 2021, sebbene riferito a fattispecie differente da quella in esame, ma che si cita per richiamare il medesimo principio a cui la pronuncia si ispira (ossia quello della ammissibilità della modifica soggettiva ‘in riduzione’), secondo cui, privilegiando una esegesi “comunitariamente orientata” dell’art. 48, comma 19 ter, del Codice dei contratti pubblici, si ammette la deroga all’immodificabilità soggettiva dell’appaltatore costituito in raggruppamento, nella fase di gara, quando sia scaturita da modifiche strutturali interne allo stesso raggruppamento, senza l’addizione di nuovi soggetti che non abbiano partecipato alla gara (o, addirittura, che vi abbiano partecipato e ne siano stati esclusi)… “ciò che contraddirebbe la stessa ratio della deroga, dovuta a vicende imprevedibili che si manifestino in sede esecutiva e colpiscano i componenti del raggruppamento, tuttavia senza incidere sulla capacità complessiva dello stesso raggruppamento di riorganizzarsi internamente, con una diversa distribuzione dei compiti e dei ruoli (tra mandante e mandataria o tra i soli mandanti), in modo da garantire l’esecuzione dell’appalto anche prescindendo dall’apporto del componente del raggruppamento ormai impossibilitato ad eseguire le prestazioni o, addirittura, non più esistente nel mondo giuridico”.
Come si legge, la questione della modificazione soggettiva anche dopo la presentazione delle offerte è stata infatti, nel tempo, risolta, dalla giurisprudenza, nel senso che essa debba avvenire soltanto ‘per sottrazione’ (ossia mediante subentro dei soggetti già appartenenti al raggruppamento) e mai ‘per addizione‘ (ossia mediante soggetti esterni al raggruppamento medesimo). La sostituzione unicamente interna riguarda la figura del mandatario (comma 17 dell’art. 48 cit.) sia del mandante (comma 18). In questi esatti termini si è definitivamente indirizzata l’Adunanza Plenaria anche con sentenza n. 10 del 27 maggio 2021, con si è fornito una lettura funzionale del principio di immodificabilità, nel senso di ammettere la modifica soggettiva laddove operi in riduzione e, quindi, solo internamente, con un soggetto del raggruppamento stesso in possesso dei necessari requisiti e, comunque, sempre che non sia finalizzata a eludere i controlli in ordine a tali requisiti. In definitiva, se le suddette pronunce ammettono la modifica in riduzione dei raggruppamenti temporanei, a determinate condizioni, in fase di gara, non vi sono ragioni per non ritenere ammissibile una modifica soggettiva in riduzione di un R.T.I. in fase pre – gara, dopo che è stata espressa una manifestazione di interesse in sede di indagine di mercato, se tale modifica non incide sulla qualificazione e sui requisiti del suindicato R.T.I..
Quesito: Con riferimento alla pronuncia della Corte di Giustizia della U.E. 28 aprile 2022, causa C-642-20, si chiede come debba essere impostato un Disciplinare di gara, ovvero se, nel caso di un RTI orizzontale vada ancora indicato che la mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria, ai sensi dell’art. 83 comma 8 del Codice.
Risposta: Con riferimento al quesito posto, si rappresenta che, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia della U.E. del 28 aprile 2022, causa C-642-20, le stazioni appaltanti sono tenute a disapplicare l’art. 83, comma 8, terzo periodo, del Codice.
Pertanto, qualsivoglia riferimento alla richiesta del possesso dei requisiti e di esecuzione delle prestazioni in misura maggioritaria, in capo alla mandataria del RTI concorrente, che sia basato su un approccio meramente quantitativo, non appare conforme alla pronuncia suddetta Si precisa tuttavia che rientra nella discrezionalità della Stazione Appaltante la possibilità di richiedere che alcune prestazioni essenziali siano direttamente svolte da un partecipante al raggruppamento, purché, tale richiesta, sia basata su un approccio di tipo qualitativo e non meramente quantitativo. (Parere MIMS n. 1342/2022)
Secondo aggiornamento del Bando tipo n. 1. L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha aggiornato nuovamente il Bando Tipo per accedere alle gare pubbliche, al fine di tenerlo costantemente revisionato tenendo conto delle evoluzioni normative e giurisprudenziali. La decisione è stata presa dal Consiglio dell’Anac, nella seduta del 20 luglio 2022, con la delibera n. 332 del 20 luglio 2022.
L’Anac è nuovamente intervenuta sulle clausole relative alla novella introdotta dall’articolo 47 del decreto legge n. 77/2021 che ha previsto forme di incentivazione per la parità di genere e generazionali nei bandi di gara. Ciò al fine di risolvere alcuni dubbi interpretativi sorti sulla base delle prime applicazioni del Codice. E’ la seconda volta che il bando tipo viene rivisto nel corso del 2022: l’approvazione era avvenuta con delibera del 24 novembre 2021.
L’Autorità è intervenuta in questa occasione, anche a seguito di un confronto con Itaca e Consip, per fornire delle prime indicazioni a seguito della Sentenza della Corte di Giustizia del 28/4/2022 nella Causa C-642/2020, con la quale è stata dichiarata incompatibile con l’ordinamento comunitario la normativa italiana sui raggruppamenti temporanei di imprese laddove impone che la mandataria deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria.
Gli Atti di segnalazione a governo e Parlamento
L’Anac ha scelto di intervenire nel bando tipo in modo “minimale” disapplicando tale normativa. Contestualmente l’Autorità ha deciso di segnalare al Legislatore, impegnato anche nella revisione del Codice dei contratti pubblici, con l’Atto di Segnalazione a governo e Parlamento n. 1 del 20 luglio 2022, la necessità di chiarire normativamente gli altri punti che appaiono non compatibili con tale decisione.
L’Autorità non è invece intervenuta, ma ha deciso di inviare l’Atto di Segnalazione a governo e Parlamento n. 2 del 20 luglio 2022, sui consorzi stabili. Le modifiche normative succedutesi negli ultimi anni, invece di chiarire il quadro normativo, lo hanno reso piuttosto incerto, al punto che si è formata una giurisprudenza contrastante. In particolare, alcune recenti sentenze del giudice amministrativo hanno prospettato una visione opposta a quella sostenuta dall’Autorità nel Bando tipo, volta a garantire la massima partecipazione dei consorzi e dei consorziati alle gare.
Anac ha ritenuto opportuno mantenere la propria posizione, chiedendo al Legislatore di chiarire definitivamente quali devono essere i requisiti di partecipazioni dei consorzi e delle imprese consorziate.
fonte: sito ANAC
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