8.2. L’appellante, muovendo dalla corretta premessa che il contratto di avvalimento sia un contratto oneroso di scambio e a prestazioni corrispettive, giunge tuttavia alla errata conclusione per la quale, nel caso di specie, mancherebbe in concreto la causa onerosa. In senso contrario, deve rammentarsi che, nei contratti tipici, qual è il contratto di avvalimento come delineato dall’art. 89 del codice dei contratti pubblici e quindi provvisto in astratto di una sua funzione riconosciuta e approvata dall’ordinamento, l’accertamento della liceità della complessiva operazione negoziale si traduce nella individuazione della causa in concreto, ossia della ragione giustificativa dello scambio o delle reciproche attribuzioni patrimoniali. In tale prospettiva l’indagine deve volgersi non solo a quanto espressamente previsto dalle parti nel regolamento contrattuale ma anche alla ricerca di interessi diversi (o esterni) che ugualmente possano giustificare lo scambio programmato o l’apparente squilibrio economico dello scambio (e ciò senza considerare che, secondo la ferma giurisprudenza della Cassazione civile in tema di contratti di scambio, lo squilibrio economico originario tra le prestazioni delle parti non può comportare la nullità del contratto per mancanza di causa, perché nel nostro ordinamento prevale il principio dell’autonomia negoziale, che opera anche con riferimento alla determinazione delle prestazioni corrispettive: per tutte Cass., sezione prima civile, 4 novembre 2015, n. 22567). Tra gli interessi di natura economico-patrimoniale idonei a sorreggere la ragione giustificativa dello scambio certamente rientra anche l’esistenza di un precedente rapporto tra le parti, nel caso di specie rappresentato – come bene ha evidenziato il primo giudice – dall’appartenenza della -OMISSIS- S.c.a.r.l. al medesimo raggruppamento temporaneo di imprese dell’ausiliata -OMISSIS-; e quindi dall’interesse dell’ausiliaria e mandante a ottenere l’affidamento del servizio (di cui è essenziale presupposto la dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione).
8.3. Anche il secondo profilo è infondato per una pluralità di ragioni: in primo luogo, per i motivi che si sono appena enunciati, l’avvalimento si regge sul piano causale anche indipendentemente dal «conferimento del 6% di attività di Servizi di Igiene ambientale in virtù di contratti di subappalto»; in secondo luogo, perché il subappalto riguarda comunque la fase esecutiva dell’appalto e non incide sulla questione della ripartizione delle prestazioni contrattuali tra i componenti del raggruppamento di imprese (questione che, peraltro, va ripensata anche alla luce dei principi dettati con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, sezione quarta, 28 aprile 2022, in causa C-642/20, Caruter, che – richiamando l’art. 63 della direttiva 2014/24 e gli obiettivi di cui ai considerando 1 e 2 della medesima direttiva – consente alle amministrazioni giudicatrici di «esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici (…), da un partecipante al raggruppamento», ma non di imporre – come previsto dall’articolo 83, comma 8, del codice dei contratti pubblici – limiti meramente quantitativi od obblighi di esecuzione delle prestazioni in misura maggioritaria riferiti al solo mandatario del raggruppamento, ad esclusione di tutte le altre imprese che vi partecipano: cfr. punto 43 della sentenza).
12.2. Infatti deve ritenersi che i commi 17-19-ter dell’art. 48 del D.Lgs. n. 50/2016), così come interpretati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato di recente in quatto pronunce (del 27.3.2019, n. 6, del 27.5.2021, nn. 9 e 10 e, da ultimo, del 25.1.2022, n. 2), non ammettano la possibilità di apportare modifiche soggettive alla compagine di un RTI in caso di sopravvenuta perdita dei requisiti speciali di partecipazione (nella specie dell’attestazione SOA), essendo la sostituzione interna limitata all’ipotesi in cui una delle componenti del raggruppamento perda i requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 80 del Codice, anche in corso di gara, e dovendo ritenersi che le esigenze organizzative per l’operatività di un RTI in riduzione non possano venire in rilievo laddove si debba per contro fronteggiare alla perdita in capo ad una delle imprese del costituendo RTI dei requisiti speciali di partecipazione.
12.3. Ne discende che alcun rilievo è in grado di assumere la natura “sovrabbondante” del raggruppamento ai fini di una sua ipotetica “riduzione”, dovendosi negare la possibilità di operare una tale rimodulazione per sanare la perdita di un requisito speciale di partecipazione, in quanto, qualora l’impresa che si sia impegnata all’esecuzione di una determinata quota delle prestazioni oggetto di appalto, rimanga medio tempore sfornita di qualificazione, è inconferente il possesso sovrabbondante del requisito di capacità tecnica da parte del raggruppamento nel suo complesso.
Il principio, già espresso dall’Adunanza Plenaria nella sentenza n. 6/2019, è sotteso anche alla sentenza A.P. n. 2/2022, per cui deve ritenersi che la mancanza di attestazione SOA non rientri nei casi previsti dai commi 17, 18, 19 e 19 ter che, vanno interpretati in senso tassativo e restrittivo.
12.4. L’Adunanza Plenaria con la citata sentenza 27 maggio 2021, n. 10, investita della questione della sostituibilità in corso di gara dell’impresa mandataria fallita o comunque assoggettata ad altra procedura concorsuale con un’altra impresa, esterna all’originario raggruppamento di imprese (c.d. sostituzione per addizione), con obicter dictum ha affermato che “nella sola fase di esecuzione, peraltro, il legislatore, dopo la riforma apportata dall’art. 32, comma 1, lett. h, del d.lgs. n. 56 del 2017, ha previsto che anche il venir meno di uno dei requisiti di partecipazione, di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, in capo ad uno dei componenti – non essendo tale ipotesi applicabile alla fase di gara … – possa giustificare la modifica soggettiva, ma sempre e solo interna al raggruppamento perché, diversamente, la fase dell’esecuzione presterebbe il fianco ex post all’aggiramento delle regole della trasparenza e della concorrenza, che presiedono alla fase della scelta del contraente, con l’inserzione postuma di soggetti esterni che nemmeno hanno preso parte alla gara e si troverebbero ad essere contraenti della pubblica amministrazione”.
12.5. Con l’ordinanza n. 6959/2021 è stata peraltro rimessa all’Adunanza Plenaria la seguente questione:
“se sia possibile interpretare l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 nel senso che la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese in caso di perdita dei requisiti di partecipazione ex art. 80 da parte del mandatario o di una delle mandanti è consentita non solo in fase di esecuzione, ma anche in fase di gara”.
In caso di risposta positiva alla prima domanda, la citata ordinanza richiede, altresì, “di precisare la modalità procedimentale con la quale detta modifica possa avvenire, se, cioè, la stazione appaltante sia tenuta, anche in questo caso, ed anche qualora abbia già negato la autorizzazione al recesso che sia stata richiesta dal raggruppamento per restare in gara avendo ritenuto intervenuta la perdita di un requisito professionale, ad interpellare il raggruppamento, assegnando congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere la propria partecipazione alla gara”.
12.5.1. L’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 2 del 2022, nel rispondere a tali quesiti, ha invero affermato che “la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici) da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter del medesimo Codice”.
L’Adunanza Plenaria continua statuendo che, “laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, è tenuta ad assegnare un congruo termine per la predetta riorganizzazione”.
La suddetta pronuncia ha, inoltre, affermato: “La deroga all’immodificabilità soggettiva dell’appaltatore costituito in raggruppamento, tale da evitare in fase esecutiva la riapertura dell’appalto alla concorrenza e, dunque, l’indizione di una nuova gara, è solo quella dovuta, in detta fase, a modifiche strutturali interne allo stesso raggruppamento, senza l’addizione di nuovi soggetti che non abbiano partecipato alla gara (o, addirittura, che vi abbiano partecipato e ne siano stati esclusi), ciò che contraddirebbe la stessa ratio della deroga, dovuta a vicende imprevedibili che si manifestino in sede esecutiva e colpiscano i componenti del raggruppamento, tuttavia senza incidere sulla capacità complessiva dello stesso raggruppamento di riorganizzarsi internamente… È chiaro che la modifica sostituiva c.d. per addizione costituisce ex se una deroga non consentita al principio della concorrenza perché ammette ad eseguire la prestazione un soggetto che non ha preso parte alla gara secondo regole di correttezza e trasparenza, in violazione di quanto prevede attualmente l’art. 106, comma 1, lett. d), n. 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, più in generale, per la sostituzione dell’iniziale aggiudicatario”.
L’Adunanza plenaria ha chiarito pertanto che la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti generali di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19 ter del medesimo Codice, nonostante evidenti discrasie e contraddizioni normative superate in via interpretativa.
In particolare, la pronuncia è intervenuta in relazione a significative e persistenti carenze nell’esecuzione di precedenti contratti d’appalto che hanno causato la “risoluzione per inadempimento contrattuale” da parte di una mandante di una RTI, rilevante come causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter del codice dei contratti pubblici.
Inoltre con la citata pronuncia l’Adunanza Plenaria ha evidenziato che le norme di eccezione di cui ai commi 17 e 18 disciplinano fattispecie molto diverse da quella di cui al comma 19.
Infatti, mentre le ipotesi disciplinate dal comma 17 (con riferimento al mandatario) e dal comma 18 (con riferimento ad uno dei mandanti) attengono a vicende soggettive, puntualmente indicate, del mandatario o di un mandante, conseguenti ad eventi sopravvenuti rispetto al momento di presentazione dell’offerta, l’ipotesi di cui al comma 19 attiene ad una modificazione della composizione del raggruppamento derivante da una autonoma manifestazione di volontà di recedere dal raggruppamento stesso, da parte di una o più delle imprese raggruppate, senza che si sia verificato nessuno dei casi stabiliti dai commi 17 e 18, ma solo come espressione di un diverso e contrario volere rispetto a quello di partecipare, in precedenza manifestato.
Ed il recesso è ammesso, non tanto in base ad una più generale valutazione dei motivi che lo determinano, ma in quanto le imprese rimanenti “abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire” e sempre che la modifica soggettiva derivante dal recesso non sia “finalizzata ad eludere un requisito di partecipazione alla gara”.
Pertanto, l’Adunanza Plenaria rileva come da un lato, il comma 9 dell’art. 48 introduca un principio generale di immodificabilità della composizione del raggruppamento, e dall’altro lato, i commi 17, 18 e 19, quali norme di eccezione alla norma generale, prevedano una pluralità di esclusioni a tale principio.
13. Nel presente giudizio, tuttavia, non viene in rilievo la perdita del requisito di partecipazione previsto dall’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, né un recesso sic et simpliciter da parte di un componente il RTI ma un asserito subentro di un soggetto terzo, che non aveva partecipato alla procedura di gara, ad altro soggetto (-OMISSIS-), che ha perso un requisito di qualificazione, previsto dall’art. 84.
Pertanto, ferma restando l’impossibilità del subentro, che darebbe luogo ad una modifica del RTI in senso additivo, vi è peraltro da chiedersi se i principi enucleati dalla recente pronuncia dell’Adunanza plenaria 2 del 2022 possano essere estesi anche al caso di specie, ovvero di perdita sopravvenuta di un requisito di partecipazione di ordine speciale.
Per risolvere tale problematica peraltro è utile richiamare altre pronunce dell’Adunanza plenaria che sono intervenute sul tema dell’immodificabilità soggettiva dell’operatore economico nelle gare pubbliche.
13.1. In particolare con la cennata sentenza n. 10 del 27 maggio 2021, l’Adunanza plenaria ha, ulteriormente, precisato che: a) l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione meramente interna del mandatario o del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese con un altro soggetto del raggruppamento stesso in possesso dei requisiti, nella fase di gara, e solo nelle ipotesi di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, concordato preventivo o di liquidazione o, qualora si tratti di imprenditore individuale, di morte, interdizione, inabilitazione o anche liquidazione giudiziale o, più in generale, per esigenze riorganizzative dello stesso raggruppamento temporaneo di imprese, a meno che – per questa ultima ipotesi e in coerenza con quanto prevede, parallelamente, il comma 19 per il recesso di una o più imprese raggruppate – queste esigenze non siano finalizzate ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara; b) l’evento che conduce alla sostituzione meramente interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara o la prosecuzione del rapporto contrattuale.
In questa prospettiva l’Adunanza plenaria, negando l’ammissibilità della “sostituzione per addizione” nel raggruppamento temporaneo di imprese, ha precisato che le uniche modifiche consentite dal legislatore sono quelle interne al RTI , con una diversa distribuzione di ruoli e compiti tra mandanti e mandataria, secondo la disciplina degli indicati commi 17 e 18, in ragione di eventi imprevedibili, tassativamente individuati dal legislatore, che abbiano colpito uno degli originari componenti, eventi che costituiscono all’evidenza eccezioni, di stretta interpretazione, al principio di immutabilità soggettiva. Peraltro, l’Adunanza plenaria ha chiarito che “La deroga al principio di immutabilità soggettiva dell’offerente, dunque, deve trovare un espresso e chiaro fondamento nel diritto dell’Unione, non potendo essa giustificarsi a livello sistematico, come sembra supporre il Collegio rimettente, nel richiamo al diverso istituto dell’avvalimento e all’eventuale sostituzione dell’impresa ausiliaria, trattandosi di istituti intesi a favorire il principio della massima partecipazione alla gara, a condizioni paritarie e trasparenti tra tutti i concorrenti, non già a derogare alla parità di trattamento tra questi, ben dovendo, anzi, la stazione appaltante imporre all’operatore economico di sostituire i soggetti ausiliari che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione, come questa Adunanza plenaria ha da ultimo ricordato nella sentenza n. 5 del 18 marzo 2021”.
Pertanto principio cardine è quello dell’immutabilità soggettiva dell’offerente, al quale può derogarsi solo nelle ipotesi tassativamente individuate dal legislatore, fondandosi la contrattazione con la P.A. sul principio della personalità, in quanto i contratti sono stipulati all’esito di una procedura ad evidenza pubblica volta, da un lato, alla scelta dell’offerta migliore e, dall’altro, a tutelare, in via mediata, l’interesse pubblico alla qualificazione tecnica, organizzativa, economica e morale delle imprese partecipanti alle procedure di gara.
13.2 La stessa Adunanza plenaria, con la sentenza n. 8 del 4 maggio 2012, ha inoltre chiarito che il principio di immodificabilità soggettiva persegue lo scopo di consentire alla stazione appaltante di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, di conseguenza, «precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari» ovvero che «tale verifica venga vanificata», sicché le uniche modifiche soggettive elusive del dettato normativo sono quelle che portano all’aggiunta delle imprese partecipanti, non già alla loro riduzione (c.d. modifica per sottrazione) o al recesso di una partecipante, laddove, però, la modifica della compagine in senso riduttivo avvenga per esigenze proprie del raggruppamento o del consorzio, non già per evitare la sanzione dell’esclusione dalla procedura di gara per difetto dei requisiti in capo ad un componente (“Né si verifica una violazione della par condicio dei concorrenti, perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti. Tale soluzione va seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva [Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 842]).
13.3. Risulta inoltre utile accennare anche al percorso motivazionale seguito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5 del 2021, richiamata nella successiva Plenaria n. 10 del 2021, con cui si è evidenziato che la consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione.
L’Adunanza plenaria al riguardo ha distinto il consorzio stabile da quello ordinario, precisando che quest’ultimo, “pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. trib., 9 marzo 2020, n. 6569; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1636). Nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), ma nemmeno in tale ipotesi il consorzio, nella sua disciplina civilistica, è dotato di una propria realtà aziendale. Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, il quale ha statuito l’illegittimità della partecipazione di un consorzio ordinario che, pur riunendo due società, aveva dichiarato di gareggiare per conto di una sola di esse). 7.2. Non è così per i consorzi stabili. Questi, a mente dell’art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”. E’ in particolare il riferimento aggiuntivo e qualificante alla “comune struttura di impresa” che induce ad approdare verso lidi ermeneutici diversi ed opposti rispetto a quanto visto per i consorzi ordinari. I partecipanti in questo caso danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (da ultimo, Cons. St., sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165)”.
Risulta claris verbis dal tenore della motivazione del citato arresto dell’Adunanza Plenaria come proprio la diversità di struttura tra consorzio stabile e consorzio ordinario, abbia indotto l’Adunanza plenaria ad estendere esclusivamente al consorzio stabile l’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, che consente all’operatore economico di sostituire l’ausiliaria che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per la quale sussistono obbligatori motivi di esclusione.
Nella fattispecie de qua viene per contro in rilievo un RTI, in alcun modo sovrapponibile ad un consorzio stabile, in assenza di una comune struttura di impresa, ma semmai analogo, sia pure con le debite differenze, ad un consorzio ordinario come peraltro evincibile dall’art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 che disciplina in maniera unitaria i “Raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici”.
Pertanto in alcun modo sarebbe possibile applicare al RTI l’art. 89, comma 3 citato, stante la sostanziale disomogeneità che sussiste tra raggruppamento temporaneo di imprese, da un lato, e consorzio stabile, dall’altro, al fine di consentire una sostituzione dell’impresa partecipante al RTI che abbia perso la qualificazione SOA in corso di gara.
Neppure sarebbe ammissibile una sostituzione meramente interna con altri partecipanti al RTI come evincibile dagli altri cennati pronunciamenti dell’Adunanza Plenaria, a fronte della perdita di un requisito speciale di partecipazione, quale l’attestazione SOA od una riorganizzazione interna del RTI dettata non già da esigenze organizzative, ma volta ad evitare l’esclusione del RTI per la perdita, in capo ad uno dei componenti, dei necessari requisiti di qualificazione.
14. La ricostruzione del quadro normativo, come interpretato dall’Adunanza plenaria nelle citate pronunce, deve pertanto condurre all’accoglimento dell’appello nel senso che il ricorso di primo grado doveva essere accolto con esclusione definitiva del RTI controinteressato, in quanto deve ritenersi che non sia consentito al raggruppamento temporaneo di imprese modificare la propria organizzazione, se non nelle limitate e tassative ipotesi previste dai commi 17, 18, 19 e 19 ter dell’art. 48 del codice, e che le esigenze organizzative del RTI che possono giustificare l’operatività del RTI in riduzione, ai sensi del comma 19 – a fronte del recesso di uno dei componenti il RTI – non possano rinvenirsi laddove venga in rilievo la perdita in capo ad uno dei componenti dei requisiti speciali di partecipazione, che non potrebbero neppure giustificare una sostituzione interna ai sensi dei precedenti commi.
Ed invero deve ritenersi applicabile all’ipotesi di specie il principio già affermato da questa Sezione, sia pure in riferimento all’assenza ab origine dei requisiti speciali di partecipazione (Cons. Stato Sez. V, Sent., 03-05-2021, n. 3464) secondo cui “i requisiti soggettivi dei partecipanti ad una gara pubblica non possono essere modificati ricorrendo al soccorso istruttorio, in quanto, secondo la costane giurisprudenza, la mancanza dei requisiti di partecipazione non può essere sanata mediante una modifica delle quote di partecipazione al sub-raggruppamento, trattandosi di vizi inficianti l’offerta nel suo complesso, ciascuno dei quali sufficiente a rendere invalida l’offerta (in termini Cons. Stato, III, 22 febbraio 2019, n. 1237; VI, 15 ottobre 2018, n. 5919). Infatti la modifica della compagine soggettiva, anche in senso riduttivo, può avvenire per esigenze organizzative proprie del raggruppamento, e non per eludere la lex specialis, ed evitare la sanzione dell’esclusione dalla procedura per difetto dei requisiti in capo alla mandante del raggruppamento (in termini Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8)”; ciò in considerazione della circostanza che i requisiti di partecipazione debbono essere posseduti in costanza di gara, per cui anche la perdita sopravvenuta è in grado di determinare l’esclusione del concorrente, ferma rimanendo l’applicabilità delle previsioni in deroga di cui ai commi 17, 18 e 19 ter dell’art. 48 del codice, da interpretarsi in senso restrittivo.
11.3. Il primo motivo del ricorso principale di primo grado è infondato e deve essere respinto.
11.4. Infatti, come affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la citata sentenza del 28 aprile 2022 (causa C-642/20): “L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”. 11.5. Pertanto, stante la primazia del diritto euro-unitario – così come interpretato dalla CGUE – rispetto al diritto nazionale, l’articolo 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 deve essere disapplicato, per contrasto con il diritto dell’Unione europea, nella parte in cui prevede che la mandataria di un’a.t.i. debba in ogni caso possedere i requisiti “in misura maggioritaria”, e, allo stesso modo ed a fortiori, deve essere disapplicato l’art. 7.4, ultimo periodo, del disciplinare di gara, laddove prevede che i requisiti di capacità tecnica e professionale debbano essere posseduti “per intero dalla mandataria”.
11.6. Stante la disapplicazione dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 7.4, ultimo periodo, della lex specialis nei sensi sopra esposti, deve essere respinto il primo motivo del ricorso principale di primo grado, con il quale veniva lamentata la violazione dei predetti parametri normativi che devono essere invece disapplicati.
Quesito: Con riferimento alla pronuncia della Corte di Giustizia della U.E. 28 aprile 2022, causa C-642-20, si chiede come debba essere impostato un Disciplinare di gara, ovvero se, nel caso di un RTI orizzontale vada ancora indicato che la mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria, ai sensi dell’art. 83 comma 8 del Codice.
Risposta: Con riferimento al quesito posto, si rappresenta che, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia della U.E. del 28 aprile 2022, causa C-642-20, le stazioni appaltanti sono tenute a disapplicare l’art. 83, comma 8, terzo periodo, del Codice.
Pertanto, qualsivoglia riferimento alla richiesta del possesso dei requisiti e di esecuzione delle prestazioni in misura maggioritaria, in capo alla mandataria del RTI concorrente, che sia basato su un approccio meramente quantitativo, non appare conforme alla pronuncia suddetta Si precisa tuttavia che rientra nella discrezionalità della Stazione Appaltante la possibilità di richiedere che alcune prestazioni essenziali siano direttamente svolte da un partecipante al raggruppamento, purché, tale richiesta, sia basata su un approccio di tipo qualitativo e non meramente quantitativo. (Parere MIMS n. 1342/2022)
Quesito: Nel caso di partecipazione ad una procedura in forma di raggruppamento, potrebbe essere consentito alla stazione appaltante il pagamento diretto delle fatture ai singoli mandanti?
Risposta: L’art. 48, comma 15 del D.Lgs. n. 50/2016 prevede il conferimento al mandatario della “rappresentanza esclusiva, anche processuale, dei mandanti nei confronti della stazione appaltante per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto”. Ciò porta spesso a ritenere che il pagamento delle fatture debba essere fatto unicamente nei confronti del mandatario. Tuttavia, si ritiene che la specificazione contenuta nel successivo comma 16 dell’art. 48, che recita: “Il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione degli operatori economici riuniti, ognuno dei quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali”, possa consentire alla Stazione appaltante di prevedere il pagamento diretto dei mandanti.
L’atto costitutivo del raggruppamento conterrà un mandato che escluderà dalle operazioni del mandatario gli adempimenti fiscali, ivi
inclusa la riscossione dei pagamenti dei mandanti. La fattispecie sopra prospettata è stata prevista anche in una circolare del Ministero dell’Economia e delle finanze (Circolare 8 ottobre 2009, n. 29, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 2009, n. 246), con la quale il Ministero, fornendo chiarimenti in merito alle disposizioni in materia di pagamenti da parte delle p.a. contenute nell’articolo 48-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, cui ha dato attuazione il Decreto 18 gennaio 2008, n. 40, precisa che la verifica di cui all’art. 48-bis del DPR 29 settembre 1973 “va effettuata sugli importi di pertinenza di ogni singola impresa sulla base dei lavori eseguiti da ciascuna…e tale
soluzione è valida sia nel caso in cui il mandato di pagamento è intestato alla mandataria che riscuote in nome e per conto della mandante, sia, ovviamente, nel caso in cui è la stessa impresa mandante a curare direttamente la riscossione del proprio credito.”. Resta fermo che la liquidazione delle fatture ai componenti il raggruppamento dovrà avvenire contemporaneamente e solo a seguito dell’esatto adempimento degli obblighi contrattuali assunti per il raggruppamento dal mandatario con la sottoscrizione del contratto. La modalità del pagamento diretto ai mandanti deve essere espressamente previsto nell’atto costitutivo del raggruppamento (Parere MIMS n. 1250/2022).
1.1.Osserva preliminarmente il Collegio che, con sentenza emessa pochi giorni fa, la Corte di giustizia (Corte di giustizia UE, sez. IV, sentenza 28 aprile 2022, C-642/20, Caruter Srl) ha ritenuto ostativa alla corretta applicazione della direttiva appalti n. 2014/24/UE la disciplina nazionale contenuta nell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 il quale impone all’impresa mandataria del RTI di eseguire le prestazioni “in misura maggioritaria” rispetto a tutti i membri del raggruppamento, vale a dire di eseguire la maggior parte dell’insieme delle prestazioni contemplate 01dall’appalto.
La Corte ha affermato che la normativa comunitaria (e, in particolare, la Direttiva 2014/24/UE) va interpretata nel senso che essa osta “ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria”.
Inoltre, “la volontà del legislatore dell’Unione, conformemente agli obiettivi di cui ai considerando 1 e 2 della medesima direttiva, consiste nel limitare ciò che può essere imposto a un singolo operatore di un raggruppamento, seguendo un approccio qualitativo e non meramente quantitativo, al fine di incoraggiare la partecipazione di raggruppamenti come le associazioni temporanee di piccole e medie imprese alle gare di appalto pubbliche”, sicché è difforme dalla normativa comunitaria una disciplina interna – quale quella recata dall’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 (così come quella di cui all’art. 92, comma 2, del DPR n. 207/2010) – che invece impone al mandatario del R.T.I., in via generale e astratta, e secondo un criterio di tipo solamente quantitativo, di dover possedere sempre e comunque i requisiti prescritti dalla lex specialis ed eseguire le prestazioni in appalto in misura maggioritaria.
La pronuncia della Corte di Giustizia ha certamente refluenza nel presente giudizio che ha riguardo a un raggruppamento di tipo misto, sgombrando il campo da dubbi interpretativi che, peraltro, la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva già affrontato e deciso nell’ottica della armonizzazione della disciplina interna alle norme unionali.
Quello seguente è l’orientamento giurisprudenziale che si era consolidato negli anni in ossequio del quale l’appello oggi proposto è certamente infondato.
1.2. Nei raggruppamenti misti, ai fini di una legittima partecipazione alla gara, la capogruppo mandataria deve essere qualificata ed eseguire i lavori in misura maggioritaria in relazione alla categoria prevalente indipendentemente e a prescindere dal fatto che esista, eventualmente, nel medesimo raggruppamento, un’altra impresa mandante che esegua prestazioni relative a una o più categorie scorporabili, il cui valore complessivo sia superiore a quello dei lavori svolti dalla stessa mandataria. Con riferimento alla categoria prevalente, deve esservi coincidenza tra la mandataria dell’intero raggruppamento e la mandataria del relativo sub-raggruppamento. Nelle associazioni miste, infatti, la mandataria, cui è conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza a presentare l’offerta per l’intero raggruppamento, è identificata con l’impresa che esegue le lavorazioni di cui alla categoria prevalente e, nel caso in cui quest’ultima sia assunta da più imprese (dando luogo ad una sub- associazione orizzontale), dalla mandataria di tale sub-raggruppamento che deve eseguire le lavorazioni e possedere i requisiti in misura maggioritaria rispetto alle altre imprese mandanti. L’art. 83, comma 8, del codice dei contratti pubblici, laddove prescrive che “la mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire la prestazioni in misura maggioritaria”, ove riferito anche agli appalti di lavori, è stato interpretato, compatibilmente col sistema di qualificazione vigente per gli esecutori di lavori pubblici (quindi, allo stato, compatibilmente con l’art. 92, commi 2 e 3, del DPR n. 207 del 2010) e con l’art. 48, commi 1 e 6, del Codice dei contratti pubblici, di modo che il detto elemento “maggioritario” è da ritenersi soddisfatto, nel caso di raggruppamenti di tipo verticale, dalla circostanza che l’impresa capogruppo mandataria sia qualificata ed esegua i lavori relativi alla categoria prevalente e, nel caso di raggruppamenti di tipo misto, dalla circostanza che l’impresa capogruppo mandataria esegua per intero i lavori della categoria prevalente ovvero, in caso di sub-raggruppamento orizzontale nella medesima categoria, che possegga i requisiti in misura maggioritaria, comunque non inferiore al 40%, ed esegua la prestazione prevalente in misura maggioritaria (in questo senso Cons. Stato 7751/2020; n. 2785/2020; 2243/2019).
1.3. Come correttamente evidenziato dal Giudice di prime cure la normativa asseritamente violata si riferisce al diverso aspetto della misura dei requisiti di qualificazione che deve essere posseduta dai componenti del Raggruppamento. I requisiti di qualificazione sono funzionali alla cura e tutela dell’interesse pubblico alla selezione di contraenti affidabili, onde garantire al meglio il risultato cui la pubblica amministrazione tende con l’indizione della gara: un risultato che non pertiene (occorre ricordarlo) alla pubblica amministrazione come soggetto, ma al più generale interesse pubblico del quale l’amministrazione/stazione appaltante risulta titolare e custode.
Coglie nel segno la sentenza impugnata laddove chiarisce che: “nell’ambito dei raggruppamenti temporanei d’imprese, i requisiti di qualificazione vanno tenuti distinti dalla quota di partecipazione al raggruppamento e dalla quota di esecuzione della prestazione da affidare, poiché: – i requisiti di qualificazione, ossia i requisiti di idoneità professionale, di capacità economico-finanziaria e tecnico professionale, attengono alle caratteristiche soggettive del concorrente che aspira all’aggiudicazione dell’appalto messo a gara e riguardano un aspetto essenziale per la valutazione della capacità del concorrente di realizzare la commessa eventualmente aggiudicatogli; – la quota di partecipazione rappresenta la percentuale di “presenza” della singola impresa all’interno del raggruppamento con riflessi, sia sulla responsabilità del componente del raggruppamento temporaneo di imprese nei confronti della Stazione appaltante, sia sulla misura di partecipazione agli utili derivanti dalla esecuzione dell’appalto; – la quota di esecuzione è la parte di lavoro, servizio o fornitura che verrà effettivamente realizzato da ciascuna dell’imprese costituenti il raggruppamento, nel caso di affidamento dell’appalto”.
Di recente il C.G.A.R.S. che, nella sentenza n. 713/2021 del 16.7.2021, soffermandosi proprio sui contenuti dell’art. 92, comma 2, del DPR n. 207/2010, ha precisato che “la norma prescrive quindi specifiche regole con riferimento ai requisiti di partecipazione, laddove la disciplina delle quote di partecipazione al raggruppamento e di esecuzione dei lavori richiede di rispettare i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione, non di coincidere”, aggiungendo altresì che, come confermato anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6 del 27.03.2019, la disposizione riconosce “piena libertà delle imprese partecipanti al raggruppamento di suddividere tra loro le quote di esecuzione dei lavori, sia in via preventiva (art. 92, co. 2, secondo periodo), sia in via successiva (art. 92, co. 2, quarto periodo, sia pure previa autorizzazione), fermo il limite rappresentato dai requisiti di qualificazione posseduti dall’impresa associata”.
In estrema sintesi, rileva l’appellante come l’art. 48 del d.lgs. n. 50 del 2016 preveda sì, in via generale, al comma 9 il divieto di modificazione della composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti “rispetto a quella risultante dall’impegno in sede di offerta”, salvo però quanto disposto ai successivi commi 17 e 18, contemplanti delle eccezioni al predetto principio generale. Inoltre, sempre l’art. 48 dispone al comma 19-ter (introdotto dall’art. 32, comma primo, lettera h) del d.lgs. n. 56 del 2017) che “le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19” (a mente del quale “è ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o forniture o servizi ancora da eseguire. In ogni caso la modifica di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”) trovano “applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verificano in fase di gara”. In ragione della novella normativa, dunque, la deroga all’immodificabilità del raggruppamento temporaneo rispetto all’originaria composizione risultante dall’impegno presentato in sede di offerta sarebbe consentita sia in fase di gara che in fase esecutiva, ove conseguente ad un evento che abbia privato le imprese – mandataria o mandante – della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione, a condizione beninteso che il raggruppamento conservi la qualificazione adeguata ai lavori da eseguire.
Il motivo è fondato, alla luce del recente arresto dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio, 25 gennaio 2022, n. 2.
Secondo tale orientamento – dal quale non vi è ragione evidente per discostarsi, nel caso di specie – la modifica soggettiva del raggruppamento temporaneo di imprese, in caso di perdita dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Codice dei contratti pubblici) da parte del mandatario o di una delle mandanti, è consentita non solo in sede di esecuzione, ma anche in fase di gara, in tal senso interpretando l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter del medesimo Codice.
Ne consegue che, laddove si verifichi la predetta ipotesi di perdita dei requisiti, la stazione appaltante, in ossequio al principio di partecipazione procedimentale, è comunque tenuta ad interpellare il raggruppamento e, laddove questo intenda effettuare una riorganizzazione del proprio assetto, onde poter riprendere la partecipazione alla gara, deve assegnargli un congruo termine per la predetta riorganizzazione.
In particolare, evidenza l’Adunanza plenaria, “il riconoscimento della possibilità di modificare (in diminuzione) il raggruppamento temporaneo di imprese, anche nel caso di perdita sopravvenuta dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 del Codice dei contratti, determina che, laddove si verifichi un caso riconducibile a tale fattispecie, la stazione appaltante, in applicazione dei principi generali di cui all’art. 1 della l. n. 241/1990 e all’art. 4 d. lgs. n. 50/2016, debba interpellare il raggruppamento (se questo non abbia già manifestato la propria volontà) in ordine alla volontà di procedere alla riorganizzazione del proprio assetto interno, al fine di rendere possibile la propria partecipazione alla gara”.
Del resto, la possibilità della modificazione (in “riduzione”) del RTI, ricorrendo i presupposti di cui ai commi 17, 18 e 19-ter dell’art. 48 d.lgs. n. 50 del 2016, era già stata riconosciuta sempre dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio, con le sentenze 4 maggio 2012, n. 8 e 27 maggio 2021, n. 10 (cfr. punti 29.1 e 29.2).
L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria.
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), in combinato disposto con i principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi enunciati agli articoli 49 e 56 TFUE.
2
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Caruter Srl e, dall’altro, la S.R.R. Messina Provincia SCpA (in prosieguo: la «SRR»), il Comune di Basicò (Italia), il Comune di Falcone (Italia), il Comune di Fondachelli Fantina (Italia), il Comune di Gioiosa Marea (Italia), il Comune di Librizzi (Italia), il Comune di Mazzarrà Sant’Andrea (Italia), il Comune di Montagnareale (Italia), il Comune di Oliveri (Italia), il Comune di Piraino (Italia), il Comune di San Piero Patti (Italia) e il Comune di Sant’Angelo di Brolo (Italia), nonché la Regione Siciliana – Urega – Ufficio regionale espletamento gare d’appalti lavori pubblici Messina (Italia) e la Regione Siciliana – Assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità (Italia) riguardo all’aggiudicazione di un appalto pubblico avente ad oggetto il servizio di spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani differenziati e indifferenziati, ed altri servizi di igiene pubblica in 33 comuni raggruppati all’interno della SRR.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3
Ai sensi dei considerando 1 e 2 della direttiva 2014/24:
«(1)
L’aggiudicazione degli appalti pubblici da o per conto di autorità degli Stati membri deve rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza. Tuttavia, per gli appalti pubblici con valore superiore a una certa soglia è opportuno elaborare disposizioni per coordinare le procedure nazionali di aggiudicazione degli appalti in modo da garantire che a tali principi sia dato effetto pratico e che gli appalti pubblici siano aperti alla concorrenza.
(2)
(…) la normativa sugli appalti (…) dovrebbe essere rivista e aggiornata in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici (…). È inoltre necessario chiarire alcuni concetti e nozioni di base onde assicurare la certezza del diritto e incorporare alcuni aspetti della giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia».
4
L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», al suo paragrafo 1 così dispone:
«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
(…)
10.
“operatore economico”: una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di tali persone e/o enti, compresa qualsiasi associazione temporanea di imprese, che offra sul mercato la realizzazione di lavori e/o di un’opera, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi;
(…)».
5
L’articolo 19 della suddetta direttiva, intitolato «Operatori economici», al suo paragrafo 2 prevede quanto segue:
«I raggruppamenti di operatori economici, comprese le associazioni temporanee, sono autorizzati a partecipare a procedure di appalto. Essi non possono essere obbligati dalle amministrazioni aggiudicatrici ad avere una forma giuridica specifica ai fini della presentazione di un’offerta o di una domanda di partecipazione.
Ove necessario, le amministrazioni aggiudicatrici possono specificare nei documenti di gara le modalità con cui i raggruppamenti di operatori economici devono ottemperare ai requisiti in materia di capacità economica e finanziaria o di capacità tecniche e professionali di cui all’articolo 58, purché ciò sia proporzionato e giustificato da motivazioni obiettive. Gli Stati membri possono stabilire le condizioni generali relative all’ottemperanza a tali modalità da parte degli operatori economici.
Le condizioni per l’esecuzione di un appalto da parte di tali gruppi di operatori economici, diverse da quelle imposte a singoli partecipanti, sono giustificate da motivazioni obiettive e sono proporzionate».
6
L’articolo 58 della medesima direttiva, intitolato «Criteri di selezione», ai paragrafi 3 e 4 così dispone:
«3. Per quanto riguarda la capacità economica e finanziaria, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano la capacità economica e finanziaria necessaria per eseguire l’appalto. A tal fine, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere in particolare che gli operatori economici abbiano un determinato fatturato minimo annuo, compreso un determinato fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto. Inoltre le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che gli operatori economici forniscano informazioni riguardo ai loro conti annuali (…). Possono inoltre esigere un livello adeguato di copertura assicurativa contro i rischi professionali.
(…)
4. Per quanto riguarda le capacità tecniche e professionali, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità.
(…)».
7
L’articolo 63 della direttiva 2014/24, intitolato «Affidamento sulle capacità di altri soggetti», così recita:
«1. Per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 4, un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Per quanto riguarda i criteri relativi all’indicazione dei titoli di studio e professionali (…) o alle esperienze professionali pertinenti, gli operatori economici possono tuttavia fare affidamento sulle capacità di altri soggetti solo se questi ultimi eseguono i lavori o i servizi per cui tali capacità sono richieste. Se un operatore economico vuole fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, dimostra all’amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno assunto da detti soggetti a tal fine.
(…)
Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, può fare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti.
2. Nel caso di appalti di lavori, di appalti di servizi e operazioni di posa in opera o installazione nel quadro di un appalto di fornitura, le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici di cui all’articolo 19, paragrafo 2, da un partecipante al raggruppamento».
Diritto italiano
8
L’articolo 83 del decreto legislativo del 18 aprile 2016, n. 50 – Codice dei contratti pubblici (supplemento ordinario alla GURI n. 91, del 19 aprile 2016), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «Codice dei contratti pubblici»), relativo ai criteri di selezione e al soccorso istruttorio, al comma 8 dispone quanto segue:
«Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite. Per i soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere d), e), f) e g), nel bando sono indicate le eventuali misure in cui gli stessi requisiti devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti. La mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria. I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle».
9
L’articolo 89 di tale codice, relativo alla possibilità di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, al comma 1 prevede quanto segue:
«L’operatore economico, singolo o in raggruppamento di cui all’articolo 45, per un determinato appalto, può soddisfare la richiesta relativa al possesso dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale di cui all’articolo 83, comma 1, lettere b) e c), necessari per partecipare ad una procedura di gara, e, in ogni caso, con esclusione dei requisiti di cui all’articolo 80, avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche partecipanti al raggruppamento, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi (…)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
10
La SRR ha indetto una procedura di appalto pubblico per l’affidamento del servizio di spazzamento, raccolta e trasporto allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani differenziati e indifferenziati, compresi quelli assimilati, e di altri servizi di igiene pubblica in 33 comuni raggruppati al suo interno. L’appalto, per un valore complessivo di EUR 42005042,16 al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) e con una durata di sette anni, è stato diviso in tre lotti. In relazione ad ogni singolo lotto il bando di gara specificava i requisiti di capacità economica e finanziaria e di capacità tecnica previsti. Inoltre, ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto, era stabilita l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.
11
Per quanto riguarda il lotto 2, per un valore di EUR 19087724,73 e che riguardava la prestazione di servizi per undici comuni, l’appalto è stato aggiudicato all’associazione temporanea di imprese costituita dalla Ditta individuale Pippo Pizzo, dalla Onofaro Antonino Srl e dalla Gial Plast Srl (in prosieguo: l’«ATI Pippo Pizzo»), mentre l’associazione temporanea di imprese costituita dalla Caruter Srl e dalla Gilma Srl (in prosieguo: l’«ATI Caruter») risultava seconda classificata.
12
La Caruter ha presentato un ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia (Italia) contro la decisione di aggiudicare l’appalto all’ATI Pippo Pizzo. Quest’ultima ha, dal canto suo, proposto un ricorso incidentale contro la decisione di ammissione dell’ATI Caruter alla gara d’appalto.
13
Con sentenza del 19 dicembre 2019, tale giudice ha accolto il ricorso principale e ha annullato l’ammissione alla gara dell’ATI Pippo Pizzo e l’aggiudicazione dell’appalto alla stessa. Statuendo sul ricorso incidentale, detto giudice ha annullato anche la decisione di ammettere l’ATI Caruter alla gara d’appalto.
14
Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha rilevato che, conformemente al combinato disposto dell’articolo 83, comma 8, e dell’articolo 89 del Codice dei contratti pubblici, un’impresa mandataria può sempre fare affidamento sulle capacità degli altri operatori economici facenti parte del raggruppamento, ma a condizione che soddisfi essa stessa i requisiti di ammissione ed esegua le prestazioni in misura maggioritaria rispetto agli altri operatori economici. Orbene, nel caso di specie, la Ditta individuale Pippo Pizzo non soddisfaceva da sola le condizioni previste dal bando di gara di cui trattasi nel procedimento principale e non poteva avvalersi delle capacità delle altre imprese dell’associazione temporanea di imprese di cui era mandataria.
15
La Caruter ha impugnato la suddetta sentenza dinanzi al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (Italia), giudice del rinvio. L’ATI Pippo Pizzo, dal canto suo, ha presentato un ricorso incidentale contro tale sentenza.
16
Il giudice del rinvio ritiene che l’interpretazione del Codice dei contratti pubblici fornita dal giudice di primo grado, secondo cui il mandatario in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria, potrebbe essere in contrasto con l’articolo 63 della direttiva 2014/24, in quanto quest’ultimo articolo non sembra limitare la possibilità per un operatore economico di ricorrere alle capacità di operatori terzi.
17
È in tale contesto che il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’articolo 63 della direttiva [2014/24], relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 TFUE, osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di “criteri di selezione e soccorso istruttorio” di cui all’inciso contenuto nel [terzo] periodo del comma 8 dell’articolo 83 del [Codice dei contratti pubblici], nel senso che in caso di ricorso all’istituto dell’avvalimento (di cui all’articolo 89 del [Codice dei contratti pubblici]), in ogni caso la mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria».
Sull’istanza di procedimento accelerato
18
Il giudice del rinvio ha chiesto che la presente causa sia sottoposta a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.
19
A sostegno della sua domanda, detto giudice ha fatto valere che la presente causa solleva una questione di principio che incide sulle decisioni degli operatori economici intenzionati ad avvalersi delle capacità di un’impresa terza al fine di partecipare ad una procedura di gara, e che tale questione è oggetto di diffuso contenzioso dinanzi ai giudici italiani. Inoltre, la prosecuzione del procedimento di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi nel procedimento principale dipenderebbe dalla decisione della Corte, dato che il giudice del rinvio ha già deciso sugli altri motivi di ricorso. Infine, il lotto 2 di tale appalto pubblico riguarderebbe il servizio di raccolta e di trasporto dei rifiuti solidi urbani nonché altri servizi igienici pubblici per undici comuni della Regione siciliana, e il suo importo ammonterebbe a EUR 19087724,73.
20
A tale proposito, l’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, possa decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato.
21
Per quanto riguarda, anzitutto, il fatto che la questione sollevata è oggetto di diffuso contenzioso in Italia, occorre ricordare che il procedimento accelerato di cui all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere ad una situazione di urgenza straordinaria (ordinanze del presidente della Corte del 31 agosto 2010, UEFA e British Sky Broadcasting, C‑228/10, non pubblicata, EU:C:2010:474, punto 6; del 20 dicembre 2017, M.A. e a., C‑661/17, non pubblicata, EU:C:2017:1024, punto 17, nonché del 18 gennaio 2019, Adusbef e a., C‑686/18, non pubblicata, EU:C:2019:68, punto 11).
22
Orbene, il numero rilevante di soggetti o di rapporti giuridici potenzialmente interessati dalla questione sollevata non costituisce, in quanto tale, una circostanza eccezionale che possa giustificare il ricorso a un procedimento accelerato (ordinanza del presidente della Corte dell’8 marzo 2018, Vitali, C‑63/18, non pubblicata, EU:C:2018:199, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).
23
Inoltre, quanto al fatto che la soluzione della controversia principale dipenderà dalla risposta fornita dalla Corte alla questione sollevata, dalla giurisprudenza risulta che il mero interesse dei singoli, indubbiamente legittimo, ad accertare il più rapidamente possibile la portata dei diritti ad essi conferiti dal diritto dell’Unione, non è atto a dimostrare l’esistenza di una circostanza eccezionale, ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura (ordinanza del presidente della Corte dell’8 marzo 2018, Vitali, C‑63/18, non pubblicata, EU:C:2018:199, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).
24
Per quanto riguarda, peraltro, l’urgenza dei lavori oggetto dell’appalto pubblico di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare che la necessità del trattamento rapido di una causa pendente dinanzi alla Corte non può scaturire dal solo fatto che il giudice del rinvio sia tenuto a garantire una celere risoluzione della controversia né dalla sola circostanza che il ritardo o la sospensione dei lavori oggetto di un appalto pubblico possa produrre effetti dannosi per gli interessati (v., in tal senso, ordinanze del presidente della Corte del 18 luglio 2007, Commissione/Polonia, C‑193/07, non pubblicata, EU:C:2007:465, punto 13, e giurisprudenza ivi citata, e dell’8 marzo 2018, Vitali, C‑63/18, non pubblicata, EU:C:2018:199, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).
25
Infine, quanto al valore dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale, secondo costante giurisprudenza gli interessi economici, per quanto importanti e legittimi, non sono di per sé idonei a giustificare il ricorso al procedimento accelerato (ordinanza del presidente della Corte del 16 marzo 2017, Abanca Corporación Bancaria, C‑70/17, non pubblicata, EU:C:2017:227, punto 13 e giurisprudenza ivi citata).
26
In tali circostanze, il 13 gennaio 2021, il presidente della Corte ha deciso, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, di non accogliere l’istanza di procedimento accelerato.
Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale
27
Il governo italiano eccepisce l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale a causa del carattere ipotetico del problema sollevato, considerando che la rilevanza di tale domanda rispetto all’oggetto specifico del procedimento principale non sarebbe dimostrata.
28
A tale proposito occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumere la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la pertinenza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality e Commissioner of An Garda Síochána, C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
29
Ne consegue che le questioni che vertono sul diritto dell’Unione beneficiano di una presunzione di pertinenza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sottoposta da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la sollecitata interpretazione, o valutazione della validità, delle disposizioni del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, o qualora il problema sia di natura ipotetica, o ancora qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per risolvere utilmente le questioni che le vengono sottoposte (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni, C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 29, e ordinanza del 26 marzo 2021, Fedasil, C‑134/21, EU:C:2021:257, punto 48).
30
Nel caso di specie, occorre rilevare che la questione pregiudiziale verte sull’interpretazione di disposizioni del diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 63 della direttiva 2014/24, e che l’ordinanza di rinvio espone il contesto di fatto e di diritto in modo sufficiente per consentire alla Corte di determinare la portata di tale questione.
31
Inoltre, non risulta che l’interpretazione sollecitata non presenti alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale o che il problema sia di natura ipotetica. Infatti, mentre l’articolo 63 della direttiva 2014/24 consente alle amministrazioni aggiudicatrici di esigere soltanto che l’impresa capofila di un raggruppamento svolga essa stessa «taluni compiti essenziali», dall’ordinanza di rinvio risulta che l’impresa aggiudicataria dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale è stata esclusa dalla procedura di gara per il motivo che non avrebbe eseguito i lavori «in misura maggioritaria», come richiesto dall’articolo 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.
32
Di conseguenza, una risposta della Corte in merito all’interpretazione sollecitata dal giudice del rinvio appare necessaria a quest’ultimo per essere in grado di emettere la propria sentenza.
33
La domanda di pronuncia pregiudiziale è quindi ricevibile.
Sulla questione pregiudiziale
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Con la sua questione il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 63 della direttiva 2014/24, in combinato disposto con gli articoli 49 e 56 TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria.
35
In via preliminare va rilevato che, come risulta dall’ordinanza di rinvio, la direttiva 2014/24 è applicabile ai fatti di cui trattasi nel procedimento principale. Occorre, inoltre, sottolineare che le disposizioni di tale direttiva devono essere interpretate, in forza del suo considerando 1, conformemente ai principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi nonché a quelli che ne discendono. Non occorre, pertanto, procedere a un esame separato della questione sollevata sul fondamento degli articoli 49 e 56 TFUE (v., per analogia, sentenza del 10 novembre 2016, Ciclat, C‑199/15, EU:C:2016:853, punto 25). Poiché, del resto, il presente rinvio pregiudiziale non solleva alcuna questione inedita sui principi della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi o altri da questi discendenti, è sufficiente trattare la questione pregiudiziale sollevata facendo riferimento alla direttiva 2014/24.
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L’articolo 63 di tale direttiva enuncia, al paragrafo 1, che un operatore economico può, per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, per quanto riguarda i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria nonché i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali, e che, alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici può fare affidamento sulle capacità di partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti. Esso precisa, peraltro, al suo paragrafo 2, che, per taluni tipi di appalto, tra cui gli appalti di servizi, «le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall’offerente stesso o, nel caso di un’offerta presentata da un raggruppamento di operatori economici (…), da un partecipante al raggruppamento».
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Orbene, imponendo all’impresa mandataria del raggruppamento di operatori economici di eseguire le prestazioni «in misura maggioritaria» rispetto a tutti i membri del raggruppamento, vale a dire di eseguire la maggior parte dell’insieme delle prestazioni contemplate dall’appalto, l’articolo 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici fissa una condizione più rigorosa di quella prevista dalla direttiva 2014/24, la quale si limita ad autorizzare l’amministrazione aggiudicatrice a prevedere, nel bando di gara, che taluni compiti essenziali siano svolti direttamente da un partecipante al raggruppamento di operatori economici.
38
Secondo il regime istituito da tale direttiva, le amministrazioni aggiudicatrici hanno la facoltà di esigere che taluni compiti essenziali siano svolti direttamente dall’offerente stesso o, se l’offerta è presentata da un raggruppamento di operatori economici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, da un partecipante a detto raggruppamento; per contro, secondo il diritto nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, il legislatore nazionale impone, in modo orizzontale, per tutti gli appalti pubblici in Italia, che il mandatario del raggruppamento di operatori economici esegua la maggior parte delle prestazioni.
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È vero che l’articolo 19, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2014/24 prevede che gli Stati membri possano stabilire clausole standard che specifichino il modo in cui i raggruppamenti di operatori economici devono soddisfare le condizioni relative alla capacità economica e finanziaria o alle capacità tecniche e professionali di cui all’articolo 58 di tale direttiva.
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Tuttavia, quand’anche la capacità di svolgere compiti essenziali rientrasse nella nozione di «capacità tecnica», ai sensi degli articoli 19 e 58 della direttiva 2014/24, ciò che consentirebbe al legislatore nazionale di includerla nelle clausole standard previste dall’articolo 19, paragrafo 2, della stessa, una norma come quella contenuta nell’articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che obbliga il mandatario del raggruppamento di operatori economici ad eseguire direttamente la maggior parte dei compiti, va al di là di quanto consentito da tale direttiva. Infatti, una norma del genere non si limita a precisare il modo in cui un raggruppamento di operatori economici deve garantire di possedere le risorse umane e tecniche necessarie per eseguire l’appalto, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l’articolo 58, paragrafo 4, della stessa, ma riguarda l’esecuzione stessa dell’appalto e richiede in proposito che essa sia svolta in misura maggioritaria dal mandatario del raggruppamento.
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Infine, è vero che l’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 consente alle amministrazioni aggiudicatrici di esigere, per gli appalti di servizi, che «taluni compiti essenziali» siano svolti da un partecipante al raggruppamento di operatori economici.
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Nondimeno, nonostante le lievi differenze sussistenti tra le versioni linguistiche della direttiva 2014/24, si evince manifestamente dai termini «taluni compiti essenziali», utilizzati in parecchie di esse, tra cui la versione in lingua francese («certaines tâches essentielles»), nonché dai termini equivalenti a «determinati compiti critici», utilizzati in altre versioni di tale direttiva, tra cui quelle in lingua spagnola («determinadas tareas críticas»), tedesca («bestimmte kritische Aufgaben»), inglese («certain critical tasks»), neerlandese («bepaalde kritieke taken») e rumena («anumite sarcini critice»), che la volontà del legislatore dell’Unione, conformemente agli obiettivi di cui ai considerando 1 e 2 della medesima direttiva, consiste nel limitare ciò che può essere imposto a un singolo operatore di un raggruppamento, seguendo un approccio qualitativo e non meramente quantitativo, al fine di incoraggiare la partecipazione di raggruppamenti come le associazioni temporanee di piccole e medie imprese alle gare di appalto pubbliche. Un requisito come quello enunciato all’articolo 83, comma 8, terzo periodo, del Codice dei contratti pubblici, che si estende alle «prestazioni in misura maggioritaria», contravviene a siffatto approccio, eccede i termini mirati impiegati all’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 e pregiudica così la finalità, perseguita dalla normativa dell’Unione in materia, di aprire gli appalti pubblici alla concorrenza più ampia possibile e di facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese (sentenza del 2 giugno 2016, Pizzo, C‑27/15, EU:C:2016:404, punto 27).
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Del resto, mentre l’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24 si limita ad autorizzare le amministrazioni aggiudicatrici ad esigere, per gli appalti di servizi, che taluni compiti siano svolti dall’uno o dall’altro partecipante al raggruppamento di operatori economici, l’articolo 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici impone l’obbligo di esecuzione delle prestazioni in misura maggioritaria al solo mandatario del raggruppamento, ad esclusione di tutte le altre imprese che vi partecipano, limitando così indebitamente il senso e la portata dei termini impiegati all’articolo 63, paragrafo 2, della direttiva 2014/24.
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Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 63 della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria.
3. Con il primo motivo si lamenta la erroneità della sentenza nella parte in cui sarebbe stato falsamente applicato l’art. 48, commi 17 e 19-ter, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti, d’ora in avanti). Si contesta in particolare l’affermazione “secondo cui l’ordinamento dei contratti pubblici consentirebbe la sostituzione della mandataria dell’a.t.i. soltanto con un soggetto già facente parte ab origine del raggruppamento” (cfr. pag. 9 atto di appello introduttivo). E ciò anche sulla base di quanto affermato da una parte della giurisprudenza (cfr. C.g.a.r.s., sez. giurisd., 20 gennaio 2021, n. 37). Osserva al riguardo il collegio che:
3.1. Ai sensi dell’art. 48, comma 9, del Codice dei contratti: “è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei … rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta”.
Tale regola (immutabilità soggettiva dei concorrenti) soffre di due eccezioni: la prima è prevista dal successivo comma 17 e riguarda la “mandataria”, la quale può essere sostituita al ricorrere di alcune tassative ipotesi e, tra queste, anche in caso di concordato preventivo (come nella specie). Condizione di fattibilità di tale sostituzione è che l’impresa subentrante abbia gli stessi requisiti di qualificazione necessari per eseguire l’appalto; la seconda eccezione è prevista dal comma 18 e riguarda la “mandante”, la quale può essere sostituita al ricorrere delle stesse ipotesi (sottoposizione a fallimento o comunque ad altre procedure concorsuali) ed alle stesse condizioni di cui al comma 17.
La questione della modificazione soggettiva è stata nel tempo risolta, dalla giurisprudenza, nel senso che essa debba avvenire soltanto “per sottrazione” (ossia mediante subentro di soggetti già appartenenti al raggruppamento) e mai “per addizione” (ossia mediante soggetti esterni al raggruppamento medesimo).
La sostituzione unicamente interna riguarda la figura sia del mandatario (comma 17) sia del mandante (comma 18).
In questa esatti termini si è definitivamente indirizzata la Adunanza plenaria, con sentenza n. 10 del 27 maggio 2021, la quale ha ribadito l’impossibilità di ricorrere ad un soggetto esterno all’ATI per la sostituzione non solo della mandataria ma anche della mandante. Questi in sintesi i passaggi salienti della giurisprudenza che ha avuto modo di occuparsi di questa tematica:
3.1.1. Già il Consiglio di Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, aveva affermato che: “Il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche … mira a garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti, verifica che non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere”;
3.1.2. Obiettivo di siffatto divieto è quello evitare che simili modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, siano “dunque in grado di impedire le suddette verifiche preliminari”. Ciò risponde, come evidenziato dalla citata Plenaria n. 10 del 2021, ad una duplice esigenza: a) “evitare … che la stazione appaltante si trovi ad aggiudicare la gara e a stipulare il contratto con un soggetto … del quale non abbia potuto verificare i requisiti, generali o speciali, di partecipazione, in conseguenza di modifiche della composizione del raggruppamento avvenute nel corso della procedura ad evidenza pubblica o nella fase esecutiva del contratto” (principio di trasparenza); “tutelare la par condicio dei partecipanti alla gara con modifiche della composizione soggettiva del raggruppamento “calibrate” sull’evoluzione della gara o sull’andamento del rapporto contrattuale” (principio della parità di trattamento).
3.1.3. Di qui la netta tendenza a privilegiare sostituzioni di carattere soltanto “interno” al raggruppamento (le imprese uscenti vengono dunque sostituite da altri soggetti già presenti nel raggruppamento) e non “esterno” ad esso, ossia mediante il ricorso a soggetti estranei al raggruppamento. La stessa Adunanza plenaria n. 10 del 27 maggio 2021 ha così affermato che tali modifiche soggettive sono ammesse nella sola misura in cui queste operino “in riduzione, anziché in aggiunta o in sostituzione, e quindi solo internamente e senza innesti dall’esterno del raggruppamento”. Tali modificazioni, in altre parole, debbono eventualmente svolgersi “senza l’addizione di nuovi soggetti che non abbiano partecipato alla gara” (punto 15). Del resto, come anche di recente espresso dalla Adunanza plenaria n. 2 del 25 gennaio 2022: “la modifica sostituiva c.d. per addizione costituisce ex se una deroga non consentita al principio della concorrenza perché ammette ad eseguire la prestazione un soggetto che non ha preso parte alla gara secondo regole di correttezza e trasparenza”;
3.1.4. Quanto alla possibile distinzione tra le due figure della mandataria e della mandante, la Adunanza plenaria n. 10 del 2021 ha così affermato che: “La sostituzione esterna non è consentita né per la figura della mandataria né per quella della mandante e, in senso contrario, non assume alcun rilievo sul piano letterale né deve trarre in errore la diversa formulazione del comma 17 al rispetto al comma 18 dell’art. 48 del codice dei contratti pubblici, perché il riferimento del comma 18 all’operatore economico “subentrante” non allude certo all’ingresso nel raggruppamento di soggetto esterno, ma semplicemente alla struttura stessa del raggruppamento, che presuppone una pluralità di mandanti, e al subentro, appunto, di un mandante in possesso dei prescritti requisiti di idoneità ad altro mandante, salvo l’obbligo, per il mandatario, di eseguire direttamente le prestazioni, direttamente o a mezzo degli “altri mandanti”, purché abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori e ai servizi o fornitura “ancora da eseguire” (punto 33.1);
3.1.5. La stessa Adunanza plenaria n. 10 del 27 maggio 2021 ha dunque stabilito in sintesi che: a) le modificazioni soggettive dei raggruppamenti sono solo quelle a carattere “interno” (dette anche “per sottrazione” od ancora “per riduzione”), ossia dove le sostituzioni sono sì ammesse ma soltanto attraverso altri soggetti del raggruppamento stesso (ed in possesso dei necessari requisiti per eseguire la commessa); b) una tale limitazione riguarda sia la figura del mandatario, sia quella del mandante.
La prima è funzionale a stabilire se, in caso di sub-raggruppamenti, la regola di cui all’art. 92 comma 2 del d. lgs. n. 50 del 2016 debba essere rispettata con riferimento al raggruppamento nel suo complesso o richieda che in ciascun singolo sub-raggruppamento sia applicata detta prescrizione, dal momento che nel primo caso la doglianza (essendo funzionale a censurare la suddivisione interna al sub-raggruppamento) risulta infondata senza necessità di ulteriore approfondimento.
Nondimeno la giurisprudenza ha ritenuto che nei raggruppamenti misti ogni sub-raggruppamento deve essere esaminato autonomamente, in particolare applicandosi al sub-raggruppamento orizzontale le regole proprie di tale tipologia di raggruppamenti. Ciò in quanto “la partecipazione in forma congiunta di più imprese associate alla realizzazione di opere di una categoria scorporabile o secondaria implica la formazione di un raggruppamento misto nel quale, accanto al modello associativo di tipo verticale, che inerisce necessariamente alla previsione di scorporabilità, si affianca un’associazione di tipo orizzontale ai soli fini della realizzazione congiunta delle opere della categoria scorporabile”, con conseguente applicabilità della disposizione di cui all’ultimo periodo dell’art. 48 comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016 (Cons. St., sez. V, 3 maggio 2021 n. 3464), in forza del quale i lavori riconducibili alla categoria prevalente o alle categorie scorporate possono essere assunti anche da imprenditori riuniti in raggruppamento temporaneo di tipo orizzontale. In tal senso deve quindi essere intesa la dichiarazione del raggruppamento avente come mandataria OMISSIS1 circa il carattere orizzontale del medesimo.
La necessità di valutare il rispetto della regola di cui all’art. 92 comma 2 del d.P.R. n. 207 del 2010 con riferimento al singolo sub-raggruppamento, nel caso di specie enucleato dall’appellante incidentale con riferimento i lavori della categoria OG11 class. IV bis, comporta la necessità di approfondire la tematica.
Ai sensi dell’art. 92 comma 2 del d.P.R. n. 207 del 2010 “i requisiti di qualificazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti nel bando di gara per l’impresa singola devono essere posseduti dalla mandataria o da un’impresa consorziata nella misura minima del 40 per cento e la restante percentuale cumulativamente dalle mandanti o dalle altre imprese consorziate ciascuna nella misura minima del 10 per cento. Le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio, indicate in sede di offerta, possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato. Nell’ambito dei propri requisiti posseduti, la mandataria in ogni caso assume, in sede di offerta, i requisiti in misura percentuale superiore rispetto a ciascuna delle mandanti con riferimento alla specifica gara. I lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà di modifica delle stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”.
In base a detta disposizione pertanto:
– la mandataria e le mandanti debbono possedere i requisiti di qualificazione nelle percentuali ivi indicate (40% per la mandataria e 10% per le mandanti), salvo che la mandataria deve comunque possedere i requisiti in misura superiore rispetto a ciascuna delle mandanti;
– le quote di partecipazione al raggruppamento possono essere stabilite “entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato”;
– i lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, “fatta salva la facoltà di modifica delle stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”.
La norma prescrive quindi specifiche regole con riferimento ai requisiti di partecipazione, laddove la disciplina delle quote di partecipazione al raggruppamento e di esecuzione dei lavori richiede di rispettare i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione, non di coincidere. Ciò è reso evidente, con riferimento alle quote di partecipazione, dalla stessa lettera della disposizione (“Le quote di partecipazione al raggruppamento o consorzio, indicate in sede di offerta, possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato”) e, con riferimento alle quote di esecuzione, dal fatto che è prescritto che debbano essere conformi a quanto indicato in sede di offerta, “fatta salva la facoltà di modifica delle stesse, previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”. Da tale ultima locuzione si evince che le quote di esecuzione indicate in sede di offerta non è necessario che coincidano con i requisiti di qualificazione e possono essere modificate, previa autorizzazione della stazione appaltante, purchè nei limiti dei requisiti di qualificazione posseduti, che costituisce quindi il parametro anche per l’ampiezza delle quote di esecuzione.
La disposizione riconosce quindi “piena libertà delle imprese partecipanti al raggruppamento di suddividere tra loro le quote di esecuzione dei lavori, sia in via preventiva (art. 92, co. 2, secondo periodo), sia in via successiva (art. 92, co. 2, quarto periodo, sia pure previa autorizzazione), fermo il limite rappresentato dai requisiti di qualificazione posseduti dall’impresa associata” e “piena libertà in capo alle imprese partecipanti al raggruppamento di stabilire la quota di partecipazione al raggruppamento medesimo, con il solo limite rappresentato “dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato” (Ad. plen. 27 marzo 2019 n. 6).
Il motivo riproposto è stato articolato con riferimento alle quote di partecipazione e di esecuzione esposte nella domanda formulata da OMISSIS1 per partecipare alla gara (“Nella specie il costituendo r.t.i. con capogruppo mandataria OMISSIS1 ha dichiarato, nella propria domanda di partecipazione alla gara, con riferimento al-la categoria OG11, le seguenti quote di partecipazione ed esecuzione: OMISSIS1, mandataria, 32%; OMISSIS2, mandante, 9%; OMISSIS3, mandante, 59%”, così l’appello incidentale).
Il dato delle quote di partecipazione e di esecuzione indicate nell’offerta non è peraltro di per sé non conforme all’art. 92 comma 2 del d.P.R. n. 207 del 2010, essendo quest’ultimo riferito, con precipuo riferimento alle percentuali del 40% e del 10%, oltre che al possesso maggioritario da parte della mandataria, ai requisiti di qualificazione, non alle quote di partecipazione al raggruppamento e di esecuzione dei lavori, che possono essere inferiori alle quote di qualificazione.
Né può desumersi il mancato rispetto delle prescrizioni circa i requisiti di qualificazione di cui all’art. 92 comma 2 del d.P.R. n. 207 del 2010 dalle quote di esecuzione e di partecipazione esposta nella domanda da parte del raggruppamento, considerata la “piena libertà” riconosciuta in tale senso, con il solo limite del rispetto dei requisiti di qualificazione.
Ne deriva che il motivo, per come formulato (e fatto salvo quanto si dirà nel prosieguo con riferimento alla mandataria), non può essere accolto: l’aspetto rilevante al fine di stabilire la violazione, o meno, dell’art. 92 comma 2 del d.P.R. n. 207 del 2010, cioè il rispetto dei requisiti di qualificazione, non è stato allegato (almeno con riferimento al rispetto della percentuale prescritta per la mandante), né è stato comprovato (non essendo in tal senso sufficiente il richiamo alla dichiarazione resa in sede di requisito di domanda di partecipazione).
Con specifico riferimento alla mandataria il motivo contiene un espresso riferimento alla violazione della percentuale del 40% dei requisiti di qualificazione e alla titolarità in misura maggioritaria di detti requisiti.
Anche con riferimento a tale ultimo aspetto, comunque adeguatamente supportato dal punto di vista probatorio, la censura non è meritevole di accoglimento. Appurato che trovano applicazione per il sub-raggruppamento orizzontale le regole proprie stabilite per siffatta tipologia di raggruppamenti, occorre che il sub-raggruppamento orizzontale sia dotato di una capogruppo mandataria che rispetti la percentuale di possesso dei requisiti di qualificazione del 40% e che assuma i requisiti in misura superiore agli altri componenti del sub-raggruppamento. Nondimeno è possibile desumere, in via implicita, la qualità di mandataria del sub-raggruppamento dalla circostanza di fatto dell’assunzione delle quote di partecipazione e di esecuzione dei lavori delle categorie scorporabili in misura maggioritaria (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2020 n. 7751), con la precisazione “- sulla quale la giurisprudenza concorda – che la capogruppo dell’intero raggruppamento, così qualificata per la categoria prevalente, può essere nel contempo mandante del sub-raggruppamento costituito per l’esecuzione dei lavori della categoria scorporabile” (Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2020 n. 7751 e 31 luglio 2019 n. 5427). Ciò in quanto se quelle quote possono essere inferiori alla percentuale di requisiti di qualificazione posseduti, non possono essere superiori, così attestando il possesso dei requisiti quantomeno nella percentuale ivi indicata. Nel caso qui controverso, pertanto, nell’ambito del sub-raggruppamento relativo ai lavori della categoria OG11, deve essere riconosciuta la qualifica di mandataria a OMISSIS3, non a OMISSIS1, che ha esposto una quota di partecipazione e di esecuzione dei relativi lavori pari al 59% (quindi superiore al 40% e maggioritaria). Non può pertanto essere accolta, nei termini nei quali è stata formulata, la censura di violazione dell’art. 92 comma 2 del d.P.R. n. 207 del 2010.
Ai sensi dell’art. 48, comma 17, del d.lgs. n. 50 del 2016: “la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purchè abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante deve recedere dal contratto”. La sostituzione della mandataria non costituisce, quindi, un obbligo per la stazione appaltante, ma può essere concessa previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione in capo al nuovo mandatario designato e sempre in conseguenza di una richiesta in tal senso da parte dell’ATI proponente.
E’ stato invero affermato che “Né ha pregio l’assunto difensivo di – Omissis – secondo cui ai sensi dell’art. 48, comma 17, del d.lgs. n. 50 del 2016 dovrebbe essere la stazione appaltante a richiedere la sostituzione del soggetto mandatario, avendo tale norma un differente campo di applicazione oggettivo, e comunque limitandosi a consentire la prosecuzione del rapporto con altro operatore, con ciò sottintendendo un’iniziativa della parte interessata, che nel caso di specie è mancata” (Cons. Stato, sez. V, 27 luglio 2020, n. 4785).
Nella fattispecie in questione tale circostanza non si è verificata, atteso che il raggruppamento appellante non ha mai avanzato tale richiesta, neppure successivamente all’avvio del procedimento di decadenza, ritualmente comunicato a tutti i componenti con la concessione di un termine per la presentazione di osservazioni.
12.2. – Sulla questione della obbligatorietà del sopralluogo e sulla conseguenza dell’eventuale omissione, la giurisprudenza è oscillante: per un verso, si sostiene che la ratio della previsione e della connessa sanzione espulsiva va ravvisata nell’esigenza di presentare un’offerta seria e affidabile; e quindi, trattandosi di elemento strettamente connesso all’offerta, non contrasterebbe col principio di tassatività, né sarebbe applicabile il soccorso istruttorio (in tal senso si vedano Cons. St., V, n. 1037/2018; Id., V, n. 3581/2019).
12.3. – Di recente, peraltro, è stato sottolineato come la clausola di esclusione per la mancata effettuazione del sopralluogo si ponga in contrasto, per un verso, con i principi di massima partecipazione alle gare e di divieto di aggravio del procedimento; e, per altro verso, con la formulazione dell’art. 79, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, il quale fa riferimento alle ipotesi in cui «le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara», ma solo per farne conseguire la necessità che i termini per la presentazione delle offerte siano calibrati in modo che gli operatori interessati «possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte», senza, dunque, derivarne effetti espulsivi automatici in caso di mancato adempimento (Cons. St., sez. V, 19 gennaio 2021, n. 575).
Da questa analisi si trae una prima indicazione: la prescrizione dell’obbligo di sopralluogo non costituisce una specifica causa di esclusione contemplata dal Codice dei contratti pubblici (arg. dall’art. 79, comma 2, cit.) o da altre disposizioni di legge vigenti. In secondo luogo, se ne deduce che la clausola del bando deve essere interpretata in senso restrittivo, attribuendo alla prescrizione quel significato che sia maggiormente conforme al principio di massima partecipazione alla gara (ed eventualmente utilizzando, a tali fini, gli strumenti di soccorso procedimentale previsti dall’ordinamento in materia di affidamento dei contratti pubblici: art. 83, comma 8, Cod. contr. pub.). 12.4. – In tale prospettiva, il riferimento al ruolo e alle funzioni della mandataria nell’ambito del raggruppamento, contenuto nel disciplinare di gara (il quale prevedeva che «in caso di raggruppamento temporaneo […] in relazione al regime della solidarietà di cui all’art. 48, comma 5 del Codice, il sopralluogo può essere effettuato da un incaricato per tutti gli operatori economici raggruppati, aggregati in rete o consorziati, purché munito delle deleghe di tutti i suddetti operatori»: punto 4.5), fornisce univoche indicazioni testuali nel senso che il sopralluogo effettuato dalla mandataria (e nel caso di specie risulta dalla documentazione in atti che la -Omissis-, mandataria, ha effettuato il sopralluogo) è atto di adempimento alla prescrizione posta dal disciplinare di gara, liberatorio anche per le imprese mandanti. Né la validità del sopralluogo può essere posta nel nulla dalla mancata documentazione delle deleghe da parte delle mandanti, sia perché la clausola non imponeva il rilascio di deleghe scritte, sia perché le stesse potevano eventualmente essere acquisite dalla stazione appaltante attivando il soccorso istruttorio sul punto.
Con ulteriore doglianza, la [omissis] adduceva la violazione dell’art. 83 comma 8 D. Lgs. 50/2016, in virtù del quale: «8. Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse […] Per i soggetti di cui all’art. 45, comma 2 lettera d), e), f) e g), nel bando sono indicate le eventuali misure in cui gli stessi requisiti devono essere posseduti dai singoli concorrenti partecipanti. La mandataria in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria. […]». La censura veniva articolata con riferimento alla dichiarazione d’impegno modello A bis), presente nella busta amministrativa, nella quale le imprese -Omissis1- e -Omissis2- si impegnavano a eseguire le prestazioni derivanti dall’appalto in misura paritaria, senza prevedere un impegno maggioritario in fase realizzativa da parte della mandataria. Le due società hanno infatti dichiarato che «in caso di aggiudicazione della gara, si impegnano a conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza a -Omissis1- qualificata come capogruppo, la quale stipulerà il contratto in nome e per conto proprio e degli altri componenti il Raggruppamento temporaneo» e che «intenderanno partecipare al Raggruppamento temporaneo di concorrenti nelle seguenti quote: Raggruppamento di tipo orizzontale -Omissis1- quota servizio 50% e -Omissis2- quota servizio 50%». In effetti, la dichiarazione resa da [omissis] e [omissis] fa riferimento alle quote, identiche, di partecipazione al raggruppamento e di esecuzione del servizio. Tale atto risulta dunque contrastante rispetto al tenore letterale della norma invocata dalla parte ricorrente, nella misura in cui non individua un’esecuzione delle prestazioni oggetto di appalto in misura maggioritaria da parte dell’impresa mandataria [omissis]. Ritiene il Collegio che l’imposizione della quota esecutiva maggioritaria, recata dall’art. 83 comma 8 D. Lgs. 50/2016, pur non riportata nella legge di gara, sia prevista a pena di esclusione. Invero, l’art. 83 comma 8 cit. disciplina la discrezionalità della stazione appaltante nel predeterminare, nel bando, le qualità e i requisiti speciali da richiedere ai concorrenti in funzione dello specifico appalto. Dopo aver elencato tutte le previsioni sulle quali l’Amministrazione può discrezionalmente operare, il legislatore del correttivo del D. Lgs. 56/2017 introduce due limiti invalicabili per la p.a. Il primo, qui di specifico interesse, riguarda la partecipazione alla gara dei soggetti aggregati di cui all’art. 45 comma 2 lettere d), e), f) e g), in ordine ai quali si precisa, per l’appunto, che l’impresa mandataria «in ogni caso deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria» rispetto agli altri partecipanti. Il secondo è invece costituito dal divieto di introduzione di nuove cause di esclusione. La perentorietà dell’imposizione indicata dal legislatore relativamente ai raggruppamenti lascia intendere, ad avviso del Collegio, che la relativa previsione debba essere intesa come introdotta a pena di esclusione già in sede legislativa, senza che si renda necessario, ai fini dell’estromissione in caso di inosservanza, il relativo transito in sede di regolamentazione di gara. Del resto, il massimo organo della Giustizia amministrativa si è espresso, rispetto alle modalità di operatività del principio di tassatività delle clausole di esclusione, in termini affatto coerenti con le conclusioni sopra raggiunte (sia pure con riferimento al previgente D. Lgs. 163/2006): «La nuova disposizione deve essere intesa nel senso che l’esclusione dalla gara è disposta sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione ma sempre nella logica del numerus clausus. Questa interpretazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, in forza della quale la tassatività può ritenersi rispettata anche quando la legge, pur non prevedendo espressamente l’esclusione, imponga, tuttavia, adempimenti doverosi o introduca norme di divieto, è stata espressamente affermata dall’Adunanza plenaria nel senso della non necessità, ai sensi dell’art. 46, co. 1bis, codice dei contratti pubblici, che la sanzione della esclusione sia espressamente prevista dalla norma di legge allorquando sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un determinato adempimento ai partecipanti ad una gara (cfr. sentenze 16 ottobre 2013, n. 23 e, in particolare, 7 giugno 2012, n. 21)» (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 25 febbraio 2014 n. 9). Tanto precisato in ordine alla natura escludente della previsione, occorre ora individuare le conseguenze della relativa inosservanza. La giurisprudenza, in termini sostanzialmente costanti, ha in proposito chiarito che, ove la necessaria misura maggioritaria dell’esecuzione della mandataria non risulti correttamente indicata in sede di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, non residuano margini valutativi per la Commissione, né è ammesso il ricorso al soccorso istruttorio: l’offerta deve essere esclusa. In tal senso, si è infatti affermato che: «Il r.t.i. […], nei suoi scritti difensivi, assume di aver commesso un errore nella formulazione dell’offerta, dovuto all’impostazione del calcolatore utilizzato che avrebbe arrotondato all’unità più prossima le quote percentuale delle prestazioni già definite (e così 40,1% sarebbe divenuto 40% e 39,9% anch’esso 40%). Senonché l’errore è tale se, riconosciuto dalla stazione appaltante, possa essa stessa emendarlo, con una mera attività correttiva delle dichiarazioni (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 giugno 2019, n. 4198), in ogni altro caso, ove, invece, si è in presenza di una difformità rispetto alle disposizioni di gara che richiede, per essere eliminata, l’intervento dell’operatore economico che abbia formulato l’offerta, non si è più nell’ambito dell’errore emendabile, ma in quello del soccorso istruttorio. Il soccorso istruttorio, tuttavia, non può essere utilizzato per porre rimedio ad errori contenuti nell’offerta poiché sarebbe, altrimenti, alterato il principio di par condicio tra i concorrenti (ex multis, cfr. Cons. Stato, sez. V. 20 agosto 2019, n. 5751; V, 17 giugno 2019, n. 4046; VI, 9 aprile 2019, n. 2344). È quanto accaduto nel caso in esame: attivando il soccorso istruttorio la commissione giudicatrice ha consentito al r.t.i. una modifica sostanziale della propria offerta, tale dovendosi ritenere la diversa ripartizione delle quote tra le componenti il raggruppamento […]. 7.3. In definitiva, la commissione giudicatrice, constatata che nell’offerta la mandataria del r.t.i. […] si impegnava ad eseguire una quota percentuale di prestazione identica a quella della mandante, in violazione di una prescrizione posta a pena di esclusione, avrebbe dovuto disporre la sua esclusione dalla procedura». (Consiglio di Stato, V, 12 febbraio 2020 n. 1074); «Risultano violate le disposizioni contenute nel combinato disposto degli artt. 92, comma 2, d.P.R. n. 207/2010, 83, comma 8, e 48, comma 1, del d.lgs n. 50/2016, quando l’impresa individuata come capogruppo con una percentuale di partecipazione relativa all’appalto nel suo complesso pari al 52% e, quindi, maggioritaria, non abbia nel contempo una partecipazione maggioritaria nel costituendo subraggruppamento per l’esecuzione dei lavori della categoria prevalente. La facoltà di modifica delle quote di esecuzione indicate nell’offerta non può sopperire alla carenza di requisiti né al mancato rispetto delle disposizioni in tema di partecipazione della capogruppo. La facoltà di modifica relativa alle quote di esecuzione indicate nell’offerta (“previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”) non può sopperire alla carenza dei requisiti né, come nel caso di specie, al mancato rispetto, in sede di offerta, delle disposizioni in tema di partecipazione della capogruppo. L’esatta indicazione delle quote di partecipazione costituisce, invero, un elemento essenziale dell’offerta, consentendo alla Stazione Appaltante di verificare, in sede di ammissione alla gara, l’affidabilità dell’offerta sotto il profilo dell’idoneità e capacità professionale delle imprese che assumono le rispettive quote di partecipazione» (TAR Lazio, Roma, III, 18/03/2020, n. 3389; si veda, in senso contrario, per un approccio fondato su una ricostruzione ermeneutica comunitariamente orientata della disciplina recata dall’art. 83 comma 8 D. Lgs. 50/2016: TAR Lombardia, Milano, I, 3 agosto 2020 n. 1514, sospesa da: Consiglio di Stato, V, 25 settembre 2020, ordinanza n. 5677).
La legittimazione ad agire in giudizio della singola impresa in associazione – sia essa mandante o mandataria e sia che il raggruppamento sia stato già costituito al momento dell’offerta o debba costituirsi all’esito dell’aggiudicazione – è riconosciuta dal consolidato e pressoché univoco indirizzo della giurisprudenza amministrativa.
Il raggruppamento temporaneo di imprese (RTI), infatti, non istituzionalizza un soggetto diverso dalle singole imprese che aggregano le proprie potenzialità economiche, con capacità di rappresentanza degli interessi del gruppo a mezzo di organi all’uopo costituiti. La singola impresa è, invero, titolare in corso di gara di una posizione di interesse legittimo al regolare svolgimento della procedura, che può tutelare anche in caso di inerzia delle altre imprese associate a proporre congiunta impugnativa.
Il gravame proposto dalla singola impresa in associazione non è, inoltre, sfornito di interesse; la presentazione dell’offerta da parte del raggruppamento da costituire reca l’impegno reciproco delle imprese in associazione, in caso di aggiudicazione della gara, a conferire mandato ad una di esse, qualificata come capogruppo, alla stipula il contratto.
Sussiste, quindi, la legittimazione della singola impresa in associazione a reagire nei confronti di della violazione di regole che presiedono il procedimento di aggiudicazione. Ne consegue che ciascuna impresa partecipante, anche se semplice mandante, può sempre, sia prima che dopo la formale costituzione del RTI, proporre impugnazione contro gli atti e i risultati della gara d’appalto, essendo titolare di autonoma legittimazione ad agire nell’ambito del raggruppamento di imprese ai sensi dell’art. 48, d.lgs. n. 50/2016 (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 05.06.2012 n. 3314; id., sez. VI, 08.02.2013 n.714; id., sez. VI, 08.10.2008 n. 4931).
La possibilità, per i concorrenti in Raggruppamento temporaneo di imprese, di modificare la propria composizione per ragioni organizzative prevista dall’art. 48, d.lgs. n. 50 del 2016, non legittima una inversione dei ruoli di mandante e mandataria posta in essere al solo e dichiarato scopo di evitare la dichiarazione di anomalia dell’offerta; in tal caso si tratterebbe di una modifica sostanziale dell’offerta finalizzata ad eludere la sanzione espulsiva.
L’art. 186 bis, comma 7, legge fallimentare (r.d. n. 267 del 1942) vieta all’impresa in concordato con continuità aziendale di assumere il ruolo di mandataria di Raggruppamento temporaneo di imprese. L’art. 186 bis della legge fallimentare (r.d. n. 267 del 1942), là dove consente che, anche dopo la presentazione di un ricorso per ammissione al concordato, una impresa possa essere autorizzata dal Tribunale fallimentare a partecipare ad una gara di appalto, deve essere coordinato sistematicamente con la disciplina dell’evidenza pubblica; la partecipazione dell’impresa non deve andare a discapito delle regole dell’evidenza pubblica; la posizione di impresa che ha formulato istanza di “concordato in bianco” (suscettibile di evolvere tanto in concordato di continuità che liquidatorio), il quale necessita di significativi tempi di legge per la sua definizione, è incompatibile con la fase di aggiudicazione di una gara pubblica; il concorrente, in tale fase, deve essere in grado, negli ordinari termini di legge di 60 giorni dall’aggiudicazione, di presentare la documentazione prevista dall’art. 186 bis ai fini della stipulazione del contratto e di prestare le necessarie garanzie. Ai sensi dell’art. 186 bis, r.d. n. 267/1942: “L’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara… una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto…. , l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale.” Ai sensi dell’art. 110, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, “L’ANAC, sentito il giudice delegato, può subordinare la partecipazione, l’affidamento di subappalti e la stipulazione dei relativi contratti alla necessità che il curatore o l’impresa in concordato si avvalgano di un altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica, nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, che si impegni nei confronti dell’impresa concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa nel corso della gara, ovvero dopo la stipulazione del contratto, non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto o alla concessione, nei seguenti casi: a) se l’impresa non è in regola con i pagamenti delle retribuzioni dei dipendenti e dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali; b) se l’impresa non è in possesso dei requisiti aggiuntivi che l’ANAC individua con apposite linee guida.” Non vi è ragione alcuna, pur in assenza di un esplicito coordinamento dell’art. 186 bis della l. fallimentare con il nuovo codice dei contratti pubblici, per ritenere implicitamente abrogato il divieto, del quale non sussiste, oltre ad alcuna abrogazione esplicita, neppure alcuna oggettiva incompatibilità con il nuovo codice. Onde fugare ogni dubbio sul significato dell’art. 186 bis l.f, basti ricordare, da ultimo, Cass. SU n. 33013/2018 (la sentenza menziona il coordinamento tra il d.lgs. n. 163/2006 e l’art. 186 bis della legge fallimentare; con il d.lgs. n. 50 del 2016, tuttavia, non vi sono, come detto, novità significative) secondo cui: “Nel caso di specie, il d.lgs. n. 50 del 2016, art. 80 (Codice dei contratti pubblici) richiede, per l’accesso alle procedure ad evidenza pubblica, la necessaria sussistenza di una serie di requisiti i quali, secondo una consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato, (Ad. Plen. sent. n. 8 del 2015), devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva e alla stipula del contratto, nonchè per tutto il periodo di esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità. Alla luce di questa premessa sistematica, si deve procedere ad una lettura coordinata del d.lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. a) (citato in motivazione dal Consiglio di Stato), e dell’art. 186 bis, comma 6 l.fall. dalla quale emerge che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico che si trovi in stato di fallimento, di liquidazione coatta, concordato preventivo, salvo il caso di concordato con continuità aziendale (cfr. d.lgs. n. 163 del 2006, art. 38, comma 1, lett. a); art. 186 bis, comma 5, l.fall.); tuttavia la regola, secondo la quale i soggetti in concordato in continuità possono partecipare a procedure di assegnazione, non si applica nel caso in cui l’impresa in concordato sia la mandataria in raggruppamento temporaneo di imprese. In tale ipotesi, opera l’esclusione dalle procedure concorsuali per carenza dei requisiti soggettivi richiesti dalla norma. L’applicazione di tali norme, di stretta interpretazione legislativa, esclude addirittura il potere discrezionale in capo alla p.a., fondandosi sul divieto imposto ex lege, dettato in virtù d.lgs. n. 163 del 2006, citato art. 38 e art. 186 bis, comma 6, l.fall..”. La ratio dell’esclusione per il caso della specifica posizione di mandataria della società in concordato si comprende agevolmente: nell’economia di un’ATI la mandataria è il punto di riferimento ineludibile della stazione appaltante e deve garantire la corretta esecuzione dell’appalto anche per le mandanti; la società in concordato con continuità aziendale (sempre ammesso e non concesso che a tale condizione sia assimilabile la posizione di Astaldi) è una società che, ex lege, per concorrere alle gare necessita di specifiche attestazioni di ragionevole capacità di adempimento del contratto in proprio e può, a determinate condizioni, anche essere obbligata a farsi garantire da un altro operatore; in mancanza del divieto si verificherebbe il paradosso che l’impresa che per legge necessita di essere garantita da terzi, sempre per legge, dovrebbe essere a sua volta responsabile in solido (con funzione sostanzialmente di garanzia) dell’esecuzione non solo della propria quota di obbligazioni ma di tutto l’oggetto dell’appalto.
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