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Verifica di anomalia e soglia minima di utile (art. 110 d.lgs. 36/2023)

TAR Roma, 10.02.2025 n. 2949

Le precedenti considerazioni risultano pure in linea con i principi giurisprudenziali che regolano la materia ed alla cui stregua “il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte; la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018, n. 2953; A.P. n. 36/2012; Sez. V, 14 giugno 2013, n. 3314; id. 1 ottobre 2010, n. 7262; id. 11 marzo 2010 n. 1414; Sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633; Sez. III, 14 febbraio 2012, n. 710) e “non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico” (Consiglio di Stato, sez. v, 27 gennaio 2022, n. 591); “la valutazione con cui l’Amministrazione faccia proprie le ragioni prospettate dall’impresa a giustificazione dell’offerta in sede di verifica dell’anomalia, e consideri pertanto attendibili le spiegazioni fornite, non va corredata da motivazione diffusa ed analitica, ripetitiva delle medesime giustificazioni” (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, 8.01.2021, n. 295).

Idoneità dell’offerta – Valutazione complessiva – Discrezionalità tecnica della Commissione giudicatrice (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Napoli, 28.10.2020 n. 4909

La valutazione di idoneità delle offerte, come l’attribuzione dei punteggi, rientra nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla commissione giudicatrice, organo tecnico competente, per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica operata, per come risultante dagli atti di gara e di causa, di norma devono ritenersi inammissibili le censure che impingono nel merito di valutazioni per loro natura opinabili (cfr. Cons. di Stato, III, n. 330/2020).
Più puntualmente, il Consiglio di Stato ha precisato che, a fronte di censure circa la qualità tecnica dell’offerta dell’aggiudicataria, in astratto idonee a superare la c.d. prova di resistenza, e tanto più, aggiunge il Collegio, ove prospettanti la doverosità della sua esclusione, ferma l’impossibilità di esercitare un sindacato sostitutivo, i limiti del sindacato giurisdizionale si fermano ad un “sommario, essenziale, esame delle stesse”, dal quale “si evinca motivatamente che dette censure non disvelano un’abnormità della valutazione, del tutto illogica e/o parziale, o un manifesto travisamento di fatto” (cfr. Cons. di Stato, VI, n. 6753/2020).

Prezzo a base d’asta – Insindacabilità – Difficoltà soggettiva a presentare un’offerta competitiva – Irrilevanza (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Venezia, 18.02.2020 n. 169

Nel settore degli appalti pubblici la giurisprudenza (Tar Veneto n. 1042/2017; Cons. St. n. 491/2015) ha chiarito che se, in linea generale e astratta, le clausole della legge di gara attinenti al prezzo posto a base d’asta possono annoverarsi tra le clausole cosiddette escludenti, in concreto occorre distinguere il caso in cui le predette clausole siano tali da impedire oggettivamente e indistintamente a tutti i potenziali concorrenti una corretta e consapevole formulazione dell’offerta (clausola escludente) dal casi in cui vi sia una mera difficoltà soggettiva, in capo alla singola ricorrente, di formulare un’offerta competitiva (clausola non escludente).
E’ stato, altresì, precisato che le valutazioni tecniche, incluse quelle che riguardano la determinazione della base d’asta, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti, che non può dedursi dalla presentazione di conteggi e simulazioni, unilateralmente predisposti dalla parte ricorrente, che non evidenziano alcun manifesto errore logico o di ragionevolezza e che, comunque, non dimostrano un’impossibilità oggettiva, a carico di ogni potenziale concorrente, di presentare un’offerta, ma dimostrano semplicemente l’impossibilità soltanto per l’attuale ricorrente, di presentare un’offerta, il che è irrilevante ai fini della valutazione della legittimità della procedura di gara (Consiglio di Stato sez. V, 22/10/2018, n. 6006). (…)
Alla luce delle suesposte considerazioni, ritenuto che le clausole della lex speciali impugnate dalla ricorrente non siano tali da impedire oggettivamente e indistintamente a tutti i potenziali concorrenti una corretta e consapevole formulazione dell’offerta, evidenziando al più una mera difficoltà soggettiva, in capo all’odierna ricorrente, di formulare un’offerta competitiva, il ricorso deve essere respinto.

[rif. art. 95 d.lgs. n. 50/2016]

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Contratto di punta – Significato – Discrezionalità nella scelta dei requisiti da parte della Stazione Appaltante – Limiti (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 13.01.2020 n. 284

Ritiene il Collegio che l’interpretazione logico-sistematica della clausola del disciplinare di gara conduca al rigetto dell’appello.
La Commissione di gara ha inteso correttamente che il contratto di punta deve essere eseguito in un solo anno. (…)
Letteralmente, il riferimento per definire il contratto di punta è rappresentato dall’importo annuo posto a base di gara e si richiede che tale contratto deve essere stato eseguito in “almeno uno degli anni del triennio” di riferimento.
Il significato logicamente attribuibile all’espressione utilizzata dalla clausola, tenuto conto sia del riferimento all’importo annuale posto a base di gara, sia della funzione svolta dal contratto di punta, è nel senso che il concorrente deve avere svolto il servizio almeno in uno di essi (escludendo dunque che possa avere eseguito il contratto in un anno non ricompreso nel triennio).
Se si interpretasse la norma nel senso di consentire che l’importo cospicuo del “contratto di punta” (…) venisse diluito nel corso di più annualità, come sostiene la ricorrente, risulterebbe snaturata la funzione dimostrativa della elevata capacità tecnico-professionale del concorrente, sia economica che organizzativa, che il “contratto di punta” intende assolvere.
E’ ragionevole, in altri termini, interpretare la clausola nel senso che il concorrente debba dimostrare di essere in grado di far fronte all’ammontare annuale della prestazione a base di gara attraverso la prova di avere effettuato una analoga prestazione di importo di poco inferiore (l’80%).
Né siffatta interpretazione contrasta con il principio di massima concorrenzialità, atteso che la stazione appaltante gode di massima discrezionalità nella scelta dei requisiti di capacità dei concorrenti che intende selezionare, col solo limite di non eccedere dall’oggetto dell’appalto per tipologia e caratteristiche (Consiglio di Stato sez. V, 22/01/2015, n. 259; Sez. IV, 04/06/2013, n. 3081).
Né può condurre a diverse conclusioni il richiamo al favor partecipationis, invocato dalla ricorrente, considerato che la clausola del disciplinare non è equivoca e che il suo significato logico, nel senso seguito dalla Commissione, è stato chiaramente inteso dalle altre imprese partecipanti alla gara.
A riprova di ciò, l’unico quesito che è stato sollevato con riguardo alla clausola in questione ha avuto ad oggetto l’ammontare preteso del “contratto di punta”, ritenuto eccessivo, ma non la richiesta di svolgimento annuale dei servizi analoghi del “contratto di punta”.

[rif. art. 83 d.lgs. n. 50/2016]

Criteri di valutazione dell’offerta: individuazione e motivazione da parte della Stazione Appaltante

I) In via preliminare va richiamata la normativa in materia.
L’art. 83 del vecchio D.lgs. n. 163/06 poneva su una posizione di parità i criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa e del massimo ribasso. Al riguardo, spettava unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno per l’altro.
Il D.Lgs. n. 50/2016 ha operato una modifica circa il rapporto esistente fra i due criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici, ossia il minor prezzo e l’offerta economicamente più vantaggiosa.
In particolare, l’art. 95 afferma che “I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta” e che “Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”.
La medesima disposizione – poi – ha imposto l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.
Dunque, a differenza del passato, l’art. 95, comma 2 del Codice degli appalti pubblici introduce una preferenza per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; infatti il criterio del prezzo più basso può essere utilizzato esclusivamente in alcuni casi individuati ex ante dal legislatore:
i) per i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 euro;
ii) per i servizi e forniture con caratteristiche standardizzate;
iii) per i servizi e le forniture di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria, caratterizzati da elevata ripetitività (fatta eccezione per quelli ad elevato contenuto tecnologico o che presentano carattere innovativo).
Il successivo comma 4 contempla i casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo, tra i quali v’è quello dei servizi ripetitivi.
Come noto, si tratta di un’indicazione di tipo tassativo, in quanto non è consentito alle Pubbliche amministrazioni, salvi i casi espressamente previsti dalla legge, il ricorso a meccanismi di selezione di tipo diverso.
Per servizi e forniture “con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato” devono intendersi quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante oppure che rispondono a determinate norme nazionali, europee o internazionali.
I servizi e le forniture “caratterizzati da elevata ripetitività” soddisfano esigenze generiche e ricorrenti, connesse alla normale operatività delle stazioni appaltanti, richiedendo approvvigionamenti frequenti al fine di assicurare la continuità della prestazione.
Giova chiedersi quale è’ la “ratio” della norma.
In buona sostanza, la norma citata consente alle stazioni appaltanti (e agli operatori economici) di evitare gli oneri, in termini di tempi e costi, di un confronto concorrenziale basato sul miglior rapporto qualità e prezzo, quando i benefici derivanti da tale confronto sono nulli o ridotti (in relazione all’importo del contratto).
Per esempio questo si verifica quando la PA ha una lunga esperienza nell’acquisto di servizi o forniture a causa della ripetitività degli stessi.

II) Occorre a questo punto richiamare alcuni orientamenti giurisprudenziali relativi alla disposizione che ne occupa (cit. art. 95).
In primo grado, si registra un primo orientamento che ritiene norma inderogabile quella di cui al comma 3 anzidetto: con la conseguenza che, in presenza di un Servizio ad alta intensità di manodopera (cioè, con incidenza della manodopera eccedente il 50% del valore complessivo dell’appalto), è necessario procedere con procedura all’offerta economicamente più vantaggiosa.
E’ stato espresso tuttavia anche un secondo orientamento, più recente, che ritiene la norma di cui all’art. 95, comma 3, soggetta a rapporto di complementarietà con il successivo comma 4: cosicché, ove un Servizio ad alta intensità di manodopera sia anche “standardizzato” o “ ripetitivo”, potrebbe comunque trovare applicazione il criterio del massimo ribasso (cfr. TAR Emilia Romagna Parma, Sezione I, 30 dicembre 2016, n. 387 che pone però in risalto la necessità che, in caso di scelta del massimo ribasso, l’Ente fornisca nei documenti di gara puntuale motivazione di tale scelta).
Nel medesimo senso, si è espresso TAR Abruzzo L’Aquila, Sezione I, 13 gennaio 2017, n. 30 secondo il quale le prescrizioni dei commi 3 e 4 dell’art. 95 del Dlgs. n. 50 del 2016 si trovano in rapporto di complementarietà. … Se … l’appalto presenta entrambe le caratteristiche, nel senso che, in forza del suo oggetto, rientra tanto nell’ambito di applicazione del terzo comma, tanto nell’ambito di applicazione del quarto comma, la previsione di esclusività del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa cede il passo alla possibilità di aggiudicare l’appalto al massimo ribasso. In tal caso, cioè, la disposizione derogatoria del quarto comma consente di aggiudicare l’appalto con il criterio del prezzo più basso”.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr., sez. III, n. 2014/2017) ha affermato che il rapporto, nell’ambito dell’art. 95, tra il comma 3 (casi di esclusivo utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra i quali v’è quello dei servizi ad alta intensità di manodopera) ed il comma 4 (casi di possibile utilizzo del criterio del minor prezzo, tra i quali v’è quello dei servizi ripetitivi), è di specie a genere.
Ove ricorrano le fattispecie di cui al comma 3 scatta, cioè, un obbligo speciale di adozione del criterio dell’o.e.p.v. che, a differenza della ordinaria preferenza per tale criterio fatta in via generale dal codice, non ammette deroghe, nemmeno al ricorrere delle fattispecie di cui al comma 4, a prescindere dall’entità dello sforzo motivazionale dell’amministrazione.

III) Come noto, l’obbligo di motivazione – ex art. 3 della legge n. 241/1990 – comporta che vengano resi conoscibili i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche.
La motivazione deve trovare una propria coerenza nell’istruttoria svolta.
Nella motivazione le stazioni appaltanti, oltre ad argomentare sul ricorrere degli elementi alla base della deroga rispetto al regime ordinario, devono dimostrare che attraverso il ricorso al minor prezzo non sia stato avvantaggiato un particolare fornitore, poiché ad esempio si sono considerate come standardizzate le caratteristiche del prodotto offerto dal singolo fornitore e non dall’insieme delle imprese presenti sul mercato.
La congruità della motivazione adottata dall’Amministrazione appare in linea con le precisazioni contenute nelle Linee Guida n. 2 adottate dall’A.N.A.C. con la deliberazione 21 settembre 2016 n. 1005 che prescrivono di “dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta” (TAR Bologna, 16.01.2019 n. 42).

Punteggio numerico e discrezionalità della Stazione Appaltante (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Pescara, 18.06.2018 n. 204

L’appalto in esame risulta aggiudicato con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 95 d.lgs. n. 50/2016), e, per le gare da aggiudicarsi con tale criterio, la giurisprudenza è ferma nel ritenere che valutazione in ordine all’idoneità ed alla qualità di un progetto costituisce espressione paradigmatica di lata discrezionalità tecnica, e che le valutazioni svolte dalle Commissioni di gara non sono sindacabili nel merito, salvo che non siano inficiate da profili di manifesta erroneità, di illogicità e di sviamento.
Inoltre, in presenza di contestazioni che investano la valutazione dell’offerta tecnica mediante attribuzione di un mero punteggio numerico, il giudizio può essere considerato correttamente effettuato, allorquando nel bando di gara siano stati preventivamente e puntualmente prefissati dei criteri sufficientemente dettagliati, con la individuazione del punteggio minimo e massimo attribuibile alle specifiche singole voci e sottovoci comprese nel paradigma di valutazione e costituenti i diversi parametri indicatori della valenza tecnica dell’offerta; per cui ciascun punteggio è correlato ad un parametro tecnico-qualitativo precostituito, in grado di per sé di dimostrare la logicità e la congruità del giudizio tecnico espresso dalla commissione giudicatrice, al punto da non richiedere un’ulteriore motivazione, esternandosi in tal caso compiutamente il giudizio negli stessi punteggi e nella loro graduatoria.
Ciò esime il Giudice da una disamina comparativa ed al contempo ponderale delle offerte, occorrendo, ai fini del decidere, solamente la dimostrazione della non equivalenza delle offerte, e della non manifesta irragionevolezza della valutazione tecnica compiuta dall’Amministrazione.
In ogni caso il Giudice, una volta accertati in modo pieno i fatti attraverso il processo logico-valutativo svolto dall’amministrazione in base alle regole tecniche o del buon agire amministrativo, anch’esse sindacabili, se ritiene corrette, ragionevoli, proporzionate ed attendibili le valutazioni operate, non può spingersi oltre, fino ad esprimere proprie autonome scelte, atteso che, altrimenti, assumerebbe egli la titolarità di un potere riservato all’amministrazione (in termini, tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 505; sez. V, 25.01.2016 n. 220).

Campioni dei prodotti offerti – Obbligo di dimostrazione ed eventuale sostituzione prima della proposta di aggiudicazione – Legittimità  (art. 68 , art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Catanzaro, 22.08.2017 n. 1331

Va premesso che la giurisprudenza amministrativa riconosce alle amministrazioni appaltanti un’ampia discrezionalità nella predisposizione delle clausole dei bandi di gara (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 08/11/2016, n. 917), Con la precisazione che la necessaria libertà valutativa di cui dispone la P.A. appaltante, nell’ambito dell’esercizio della discrezionalità tecnica che alla stessa compete in sede di predisposizione della lex specialis della gara, deve pur sempre ritenersi limitata da riferimenti logici e giuridici che derivano dalla garanzia di rispetto di principi fondamentali altrettanto necessari nell’espletamento delle procedure di gara, quali quelli della più ampia partecipazione e del buon andamento dell’azione amministrativa (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 02/05/2011, n. 3723).
Ne consegue che l’esercizio del potere di predisposizione dei bandi di gara costituisce manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che essa non sia macroscopicamente viziata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o irrazionalità (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 05/02/2013, n. 158).
Orbene, stanti le predette coordinate ermeneutiche di riferimento, la clausola che prevede che, nel caso in cui i campioni (da analizzare prima della proposta di aggiudicazione) non dovessero essere ritenuti dalla commissione conformi alle caratteristiche tecniche specificate nella scheda tecnica, il concorrente dovrà sostituire gli articoli interessati e fornire altri campioni a dimostrazione dell’avvenuto adempimento, non sembra essere affetta da particolari vizi di illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà.
Ciò tanto più se si considera che la clausola impugnata assicura la par condicio tra gli offerenti, che la gara è aggiudicata al maggior ribasso (quindi, senza una autonoma offerta tecnica) e che il bando addirittura non prevede, nel caso in esame, la messa a disposizione da parte dei concorrenti dei campioni dei prodotti offerti a pena di esclusione dalla procedura.
Quanto appena esposto è, del resto, conforme al prevalente indirizzo della giurisprudenza amministrativa, in virtù del quale la produzione della campionatura tende a consentire l’apprezzamento, su un piano di effettività, dei requisiti di idoneità dell’impresa ammessa alla gara a rendere una prestazione conforme alle specifiche del disciplinare di gara, in funzione probatoria e dimostrativa, e non ad substantiam.
Secondo la citata giurisprudenza (per giunta, formatasi con riguardo alla più rigorosa ipotesi dell’offerta economicamente più vantaggiosa), il campione non è un elemento costitutivo, ma semplicemente dimostrativo, dell’offerta (tecnica), che consente all’Amministrazione di saggiare e di toccare con mano, se così può dirsi, la bontà tecnica del prodotto offerto, e non può considerarsi parte integrante di essa, per quanto oggetto di valutazione, a determinati fini, da parte della Commissione giudicatrice, perché la sua funzione è quella, inequivocabile, di fornire la “dimostrazione delle capacità tecniche dei contraenti”, per gli appalti di forniture, attraverso la “produzione di campioni, descrizioni o fotografie dei beni da fornire” (così, espressamente, Cons. Stato, Sez. III, 08/09/2015, n. 4190 e 03/02/2017, n. 475).

Anomalia dell’offerta – Verifica – Criteri matematici e discrezionalità della Stazione appaltante – Differenze

Consiglio di Stato, sez. III, 01.02.2017 n. 438

Il Collegio ritiene che, al di là delle formule utilizzate, il giudice di primo grado abbia voluto sottolineare la differenza che esiste tra la fattispecie di cui al comma 2 e quella di cui al comma 3 dell’art. 86 d.lgs. 163/2006.
La prima introduce un vero e proprio procedimento – obbligatorio – di valutazione dell’anomalia, legato a criteri matematici. La seconda lascia alla discrezionalità della stazione appaltante la possibilità di aprire un procedimento di valutazione della congruità “di ogni altra offerta” che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa.
È un corollario del principio logico di identità che le due situazioni non sono assimilabili e che la stazione appaltante abbia, nella seconda ipotesi, maggiori margini di scelta, sia per quanto attiene all’istruttoria, che per quanto attiene alla valutazione. (…)
Ragionando a fortiori: se la valutazione tipica di anomalia deve essere compiuta in modo globale e sintetico, riferendola all’intera offerta e non alle singole voci di costo ritenute incongrue, avulse dall’incidenza che potrebbero avere sull’offerta economica nel suo insieme, allorquando sia stata attivata una verifica di anomalia atipica non è obbligatorio analizzare ogni singola voce.
Ciò tanto più ove si consideri che, per costante giurisprudenza, la determinazione dell’amministrazione di non sottoporre a verifica facoltativa di anomalia l’offerta risultata vincitrice della gara è insindacabile, se non sotto il profilo della logicità e ragionevolezza della scelta (in particolare Cons. Stato, sez. IV 3862/11). (…)
L’appellante, per censurare la scarsa penetrazione del sindacato svolto giudice di primo grado, evoca Cons. Stato ad. pl. n. 8 del 2014.
È opportuno, allora, ricordare il principio di diritto ivi fissato su tale questione: «La sfera di valutazione della congruità dell’offerta è espressione di discrezionalità c.d. tecnica della stazione appaltante, che è sempre suscettibile di sindacato esterno nei profili dell’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti, contraddittorietà. Il concorrente può, quindi, introdurre in giudizio elementi che sul piano sintomatico, in modo pregnante, evidente, e decisivo rendano significativo il vizio di eccesso di potere in cui possa essere incorso l’organo deputato all’esame dell’anomalia. È consentito il sindacato esterno del giudice amministrativo sull’operato dell’organo deputato all’esame delle offerte, in presenza di elementi che il ricorrente elevi a vizio di eccesso di potere in cui la stazione appaltante si assume sia incorsa per una non corretta disanima di elementi contenutistici tali da evidenziare una palese incongruità dell’offerta».
La pronuncia riguarda il procedimento di cui all’art. 86, comma 2 del d.lgs. 163/2006, ma il principio vale a maggior ragione per le ipotesi di verifica della congruità dell’offerta economica che non vi ricadono, dove il tasso di discrezionalità tecnica è superiore, dunque meno intenso potrà essere il sindacato giurisdizionale.
Orbene, diversamente da quanto ritiene l’appellante, la pronuncia pone una chiara limitazione ai poteri del giudice amministrativo, circoscrivendoli al sindacato estrinseco, o di ragionevolezza, che è ben inferiore al c.d. sindacato intrinseco debole, o di attendibilità, che la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha codificato per diverse materie, come nel diritto pubblico dell’economia, nei giudizi medico-legali, nei giudizi su prove concorsuali.
Non solo, dunque, il giudice amministrativo non può sostituirsi alla stazione appaltante, nelle valutazioni di sua competenza, istruttorie o decisorie che siano, ma neppure può verificare direttamente l’attendibilità delle scelte operate, sotto il profilo della loro correttezza quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.
Manifesta irragionevolezza, erronea valutazione dei presupposti, contraddittorietà sono figure sintomatiche di eccesso di potere caratterizzate dalla macroscopica inadeguatezza della scelta tecnica, affetta da vizi logici evidenti o veri e propri errori di fatto. Al ricorrente è fatto onere di introdurre in giudizio elementi che sul piano sintomatico, in modo pregnante, evidente, e decisivo rendano significativo il vizio di eccesso di potere in cui possa essere incorso l’organo deputato all’esame dell’anomalia. Gli elementi (malamente) esaminati dalla stazione appaltante devono essere tali da evidenziare una palese incongruità dell’offerta.
L’appellante si è spinta oltre questi limiti, sollecitando un riesame integrale dell’operato dalla stazione appaltante, alle cui scelte il Tar avrebbe prestato supina adesione.
In verità il Tar ha motivato sinteticamente l’assenza proprio di quei vizi individuati dalla citata pronuncia della Plenaria, che i più recenti arresti giurisprudenziali hanno interpretato nel senso appena descritto, chiarendo da subito, a maggior ragione quando non si verte in una ipotesi tipizzata di offerta anomala, che: «Nelle gare pubbliche il sindacato giurisdizionale sulle valutazioni compiute in sede di verifica di anomalia delle offerte è circoscritto ai soli casi di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza, in considerazione della discrezionalità che connota dette valutazioni, come tali riservate alla stazione appaltante cui compete il più ampio margine di apprezzamento» (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza n. 3372/2016).

Suddivisione in lotti e requisiti di capacità tecnica – Discrezionalità della Stazione appaltante – Limiti (art. 2 d.lgs. n. 163/2006 – art. 51 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Bologna, 08.11.2016 n. 917

Come noto, l’art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. 163/06 dispone che “nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l’accesso delle piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti devono, ove possibile ed economicamente conveniente, suddividere gli appalti in lotti funzionali. I criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le piccole e medie imprese. Nella determina a contrarre le stazioni appaltanti indicano la motivazione circa la mancata suddivisione dell’appalto in lotti”.
Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato, che ribadisce la giurisprudenza costante (cfr. Cons. St., sez. VI, n.2682 del 2015), l’opzione sottesa alla suddivisione o meno in lotti dell’appalto è espressiva di non suscettibile di essere censurata in base a criteri di mera opportunità, tanto più nel caso in cui l’unitarietà sia imposta dall’oggetto dell’appalto e dalle modalità esecutive scaturenti dalle situazione materiale e giuridica dei luoghi entro cui operare.

In linea preliminare, si ricorda che “le stazioni appaltanti hanno il potere di fissare nella lex specialis parametri di capacità tecnica dei partecipanti e requisiti soggettivi specifici di partecipazione attraverso l’esercizio di un’ampia discrezionalità, fatti salvi i limiti imposti dai principi di ragionevolezza e proporzionalità, i quali consentono il sindacato giurisdizionale sull’idoneità ed adeguatezza delle clausole del bando rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto. In definitiva, in sede di predisposizione della lex specialis di gara d’appalto, l’Amministrazione è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tutte le volte in cui tale scelta non sia eccessivamente quanto irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 3 maggio 2016 n. 2185; Cons. di St., sez. V, 23 settembre 2015, n. 4440; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 2 settembre 2015, n. 11008).
Per giurisprudenza costante, nel settore degli appalti pubblici, le valutazioni tecniche della stazione appaltante, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti (cfr., C.S. Sez. V, 17.7.2014, n. 3769).
Ciò non è riscontrabile nella fattispecie.
L’esteso margine di discrezionalità di cui beneficia la stazione appaltante connota una serie di elementi: non solo i parametri a cui agganciare la capacità tecnica delle imprese partecipanti, ma anche la scelta tra il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e quello del prezzo più basso, l’individuazione dei parametri da valorizzare ai fini della comparazione delle offerte; la determinazione della misura della loro valorizzazione; l’attribuzione di maggiore rilevanza all’elemento economico (nel caso di prestazione particolarmente semplice), ovvero all’elemento tecnico (nel caso di prestazione particolarmente complessa). L’unico limite è quello della proporzionalità e della ragionevolezza che deve guidare la stazione appaltante nell’individuazione di un giusto equilibrio tale da non svilire sensibilmente o completamente l’uno o l’altro dei diversi parametri (cfr. Cons. St., sez. V, 18 giugno 2015, n. 3121; Cons. St., sez. III, 21 gennaio 2015, n. 205).
Ciò posto, “il concreto esercizio di tale discrezionalità rientra nel sindacato di legittimità solo allorquando risulti, in concreto, manifestamente illogico, arbitrario, sproporzionato, irragionevole o irrazionale rispetto all’oggetto dell’affidamento, nonché evidentemente ed ingiustificatamente restrittivo della concorrenza” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 17 settembre 2015, n. 2815).

Ripetizione delle operazioni di gara a seguito di una sentenza di annullamento – Discrezionalità della Stazione Appaltante – Limiti – Motivazione postuma – Illegittimità

Consiglio di Stato, sez. III, 10.06.2016 n. 2506

La discrezionalità che compete all’Amministrazione, in caso di rinnovo delle operazioni di gara, è circoscritta dalla motivazione della sentenza che annulla la precedente valutazione.
Allorchè la sentenza di annullamento si limita a rilevare come sia “illogico” un apprezzamento in cui non vi sia corrispondenza tra le valutazioni negative verbalizzate ed il punteggio finale attribuito, senza condizionare il successivo riesame (che ben potrebbe essere anche confermativo del precedente punteggio) si richiede, in fase esecutiva, una valutazione ex novo in cui, secondo logica, siano ricondotti a coerenza il giudizio critico ed il punteggio che lo sintetizza, mediante correzione dell’uno o dell’altro. (…)
Mentre sarebbe legittima l’integrazione in sede giudiziale, da parte dell’Amministrazione competente, della motivazione dell’atto amministrativo effettuata mediante gli atti del procedimento o un successivo provvedimento di convalida, sono invece inammissibili le argomentazioni difensive addotte a giustificazione del provvedimento impugnato mediante un’integrazione postuma effettuata in sede di giurisdizionale (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. III, 10/07/2015, n. 3488; Consiglio di Stato, sez. III, 30/04/2014, n. 2247).C.d.S., sez. III, 26/02/2016, n. 790).

Soglia di sbarramento per il punteggio tecnico – Legittimità – Offerta qualitativamente insoddisfacente – Non sussiste obbligo di valutazione per la Stazione appaltante (art. 83 , art. 46)

Consiglio di Stato, sez. V, 02.12.2015 n. 5468

“L’Amministrazione dispone, infatti, di ampi margini di discrezionalità nella determinazione non solo dei criteri da porre quale riferimento per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma anche delle relative formule matematiche (cfr. ad es. C.d.S., V, 12 giugno 2013, n. 3239; 22 gennaio 2015, n. 257; 18 giugno 2015, n. 3105).
Secondo il modulo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in particolare, la selezione del contraente deriva dal congiunto apprezzamento tecnico-discrezionale dei vari elementi che compongono le offerte secondo parametri di valutazione e ponderazione predeterminati dalla Stazione appaltante in funzione delle esigenze da soddisfare con lo specifico contratto, pur se con il vincolo che i criteri prescelti siano coerenti con le prestazioni che formano oggetto dell’appalto e pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto (cfr. l’art. 83 cit., comma 1).
Come riflesso di quanto esposto, il sindacato giurisdizionale nei confronti delle scelte amministrative operate in materia, tipica espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa, è consentito unicamente nei casi di abnormità, sviamento o manifesta illogicità (V, 12 giugno 2013, n. 3239; 8 aprile 2014, n. 1668; 22 gennaio 2015, n. 257).
Questa impostazione rileva, naturalmente, anche nell’eventualità che la Stazione appaltante decida di avvalersi dello ‘strumento’ della «soglia di sbarramento» di cui al precedente paragr. 6, scelta che potrebbe pertanto essere censurata solo in presenza di macroscopiche irrazionalità, di incongruenze o di palesi abnormità (cfr., ad es., V, 18 novembre 2011, n. 6084). La ratio di questo ‘strumento’ si ricollega all’esigenza specifica di addivenire, ai fini della singola, particolare procedura contrattuale, ad un livello qualitativo delle offerte particolarmente elevato, sì da comportare l’esclusione di quelle che, pur magari astrattamente convenienti sul piano economico, non raggiungano però sul versante qualitativo lo standard che l’Amministrazione si prefigge.
Nessun dubbio è possibile, inoltre, sul fatto che l’applicazione del meccanismo di soglia di cui si tratta debba avvenire in coerenza con le specificità del contratto da concludere e con il complesso dei criteri di scelta del relativo contraente. (…)
Come questo Consiglio ha già avuto modo di osservare, «la legge non impone di valutare sempre e comunque, sotto il profilo del prezzo, un’offerta che sia qualitativamente scarsa, ben potendo consentirsi alle stazioni appaltanti di non valutare offerte qualitativamente non apprezzabili, anche se convenienti sul piano economico» (sentenza n. 849/2010 cit.).
Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa non comporta, infatti, che anche un’offerta rivelatasi qualitativamente insoddisfacente debba essere ineluttabilmente valutata anche sotto l’aspetto economico, in quanto questa materia soggiace alla disciplina stabilita a monte della procedura dall’Amministrazione, nelle cui facoltà discrezionali rientra la determinazione dei fattori d’incidenza dei singoli elementi dell’offerta, con il loro correlativo dosaggio in relazione alle esigenze da soddisfare, nel rispetto del principio della parità di trattamento (VI, 22 novembre 2006 n. 6835; V, 3 marzo 2004, n. 1040)”.

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