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Criteri di valutazione – Modifica dopo apertura delle offerte – Inammissibilità (art. 77 , art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 01.09.2023 n. 13529

La stessa legge di gara, quindi, nel prescrivere che i subcriteri di competenza della commissione avrebbero dovuto essere stabiliti “preventivamente”, altro non faceva che riprendere consolidati principi, anche giurisprudenziali, legati alla tutela della trasparenza nella conduzione delle pubbliche gare: come noto, infatti, “la commissione giudicatrice può autovincolare la discrezionalità ad essa attribuita dai criteri di valutazione stabiliti dal bando di gara, senza modificare in alcun modo questi ultimi, ma, ad ulteriore garanzia della trasparenza del percorso motivazionale che presiede all’attribuzione dei punteggi per le offerte, solo specificando le modalità applicative di tale operazione, con criteri definiti appunto “motivazionali”, sempre che ciò non avvenga a buste già aperte e che in ogni caso non si modifichino i criteri di valutazione e i fattori di ponderazione fissati nel bando di gara; in particolare questa non consentita modificazione si realizza quando la commissione enuclea sub – criteri di valutazione non previsti dal bando o alteri il peso di quelli contemplati dalla lex specialis (Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2016, n. 3481; 3 giugno 2013, n. 3036; 19 settembre 2012, n. 4971; Consiglio di Stato sez. V, 18/06/2018, n.3737).

E dunque, “nelle procedure a evidenza pubblica è preclusa la modifica, l’integrazione o la specificazione dei criteri di valutazione delle offerte da parte della commissione giudicatrice, la quale, se prima dell’apertura delle buste può specificare in sub-criteri o sub-pesi (c.d. criteri motivazionali) i parametri di valutazione indicati nel bando di gara, non può farlo dopo l’apertura e, men che meno, può, oltre questo specifico momento del procedimento di gara, introdurre nuovi e diversi parametri di valutazione (T.A.R. Latina, sez. I, 19/09/2019, n.548).

E’ del tutto evidente che, invece, nel caso in esame, la decisione successiva all’apertura delle offerte di limitare a tre contratti, per di più prodotti dopo la scadenza del termine d’offerta, la valutazione della specifica voce in questione, ha violato detti principi, con l’effetto di inficiare la legittimità dell’intera valutazione effettuata dalla Commissione di gara, che quindi va annullata.

Dirigente – Approvazione e sottoscrizione degli atti di gara – Commissione giudicatrice – Incompatibilità (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 21.02.2023 n. 1785

Ai sensi dell’art. 77, comma 4 d.lgs. n. 50 del 2016, “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”: tale fattispecie di incompatibilità deve ritenersi integrata (ex multis Cons. Stato, VI, 8 novembre 2022, n. 7419) nell’ipotesi di concentrazione in capo alla medesima persona delle attività di preparazione della documentazione di gara, implicante la definizione delle regole applicabili per la selezione del contraente migliore, e delle attività di valutazione delle offerte, da svolgere in applicazione delle regole procedurali all’uopo predefinite.
La ratio dell’impedimento di cui all’art. 77, comma 4, cit. – cfr. da ultimo Cons. Stato, V, 5 gennaio 2021, n. 144 – è di evitare ogni forma di commistione o sovrapposizione di ruoli, competenze e funzioni all’interno della procedura evidenziale, anche in assenza di specifiche, concrete ed assorbenti situazioni di incompatibilità per ragioni di ordine personale e di prevenire, con ciò, il pericolo concreto di possibili effetti disfunzionali derivanti dalla partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti (progettisti, dirigenti che abbiano emanato atti del procedimento di gara e così via) che siano intervenuti a diverso titolo nella procedura concorsuale.
Più nello specifico, per il “regime di incompatibilità fra le funzioni svolte nel procedimento e quelle di presidente della commissione, il fondamento è di stretto diritto positivo e va rinvenuto nell’art. 77, comma 4, d.lgs. 50/2016” (ex multis Cons. Stato, III, 8 gennaio 2021, n. 6744; V, 17 aprile 2020, n. 2471); tale norma in effetti “risponde all’esigenza di una rigida separazione tra la fase di preparazione della documentazione di gara e quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità degli organi amministrativi” (così Cons. Stato n. 6744 del 2021, cit.), al fine di “evitare la partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti, interni o esterni, alla stazione appaltante che abbiano avuto un ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara” (da ultimo Cons. Stato, V, 10 gennaio 2022, n. 167).
Ritiene il Collegio di dover confermare l’orientamento (Cons. Stato, V, 27 febbraio 2019, n. 1387) secondo cui chi “ha redatto la lex specialis non può essere componente della commissione, costituendo il principio di separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato concretamente ad applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate alle scelte che l’hanno preceduta”.
Nel caso di specie, ancorché la materiale redazione della legge di gara non fosse stata effettuata dalla -OMISSIS- risulta dagli atti che la stessa aveva – in ragione della posizione dirigenziale ricoperta – non solo formalmente approvato il contenuto del bando di gara, del disciplinare, del capitolato e della documentazione ad essi allegata, ma direttamente stabilito:
a) il fine da perseguire tramite il contratto;
b) l’oggetto e la durata dell’affidamento;
c) la tipologia di procedura da seguire ed il criterio di selezione delle offerte;
d) la piattaforma telematica per lo svolgimento della gara,
oltre a determinare in autonomia l’ammontare complessivo del compenso per l’aggiudicatario e l’importo a base d’asta.
Tali attività denotano il “ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara” del detto dirigente, idoneo a ricadere nel divieto di cui all’art. 77 comma 4 cit.; quanto all’attività da questi complessivamente posta in essere, d’altronde, va ricordato che “attraverso la sottoscrizione, l’organo procedente non si limita a recepire l’altrui volontà dispositiva, ma, facendo proprio il lavoro preparatorio svolto dall’ufficio, manifesta in via immediata e diretta la volontà dell’amministrazione di appartenenza, attuando un definitivo assetto di interessi sul piano sostanziale” (così Cons. Stato, VI, 8 novembre 2021, n. 7419).
Ancor più nello specifico, “non potrebbe, dunque, ritenersi che [il Direttore], attraverso la sottoscrizione, non abbia partecipato alla formazione sostanziale degli atti di indizione e di disciplina della gara, bensì si sia limitato ad approvare le risultanze dell’altrui attività: il Direttore non svolgeva, infatti, una mera attività di controllo dell’altrui attività provvedimentale – nel qual caso, effettivamente, sarebbe stato possibile distinguere sub specie iuris la formazione dell’atto e l’approvazione di un atto ad altri imputabile, già perfetto nei suoi elementi costitutivi -, bensì ha manifestato, quale organo di amministrazione attiva, la volontà dispositiva della stazione appaltante, prendendo atto dell’attività istruttoria svolta dall’Ufficio, condividendone le risultanze e adottando la decisione conclusiva, in tale modo assumendo sia la paternità del contenuto degli atti sottoscritti, allo stesso direttamente riferibili, sia, per l’effetto, la responsabilità in ordine agli effetti giuridici in concreto prodotti (sulla rilevanza della sottoscrizione quale “prova della paternità assunta dal sottoscrittore in ordine al contenuto dell’atto” cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 8 ottobre 2021, n. 6744)”.
Nel caso attualmente in esame – come già nei precedenti richiamati – la stessa persona, da un lato, aveva sottoscritto gli atti di indizione della procedura di affidamento e di definizione delle regole di suo svolgimento e, dall’altro, aveva altresì provveduto a concretamente applicare le regole da lei stessa predefinite, concorrendo in qualità di Presidente della Commissione giudicatrice alla valutazione delle offerte ed all’individuazione dell’aggiudicatario della procedura.
In tal modo, però, si consumava la violazione del principio di necessaria separazione tra fase regolatoria e fase attuativa, così compromettendo le esigenze di tutela della trasparenza della procedura, poste a garanzia “del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta” (Cons. Stato, III, 8 ottobre 2021, n. 6744).
Va infine riconosciuto che, in ragione della sua portata generale, eventuali deroghe al divieto di cui all’art. 77 comma 4 cit. devono essere necessariamente oggetto di espressa previsione normativa, che non è però dato individuare nel disposto dell’art. 107, comma 3 d.lgs. n. 267 del 2000, come invece ritenuto nella sentenza appellata.
Tale norma si limita infatti a prevedere, in termini generali, l’attribuzione ai dirigenti comunali – tra l’altro – della “presidenza delle commissioni di gara e di concorso”, ma nulla dice in merito alla possibilità che lo stesso dirigente venga in concreto a svolgere, nell’ambito della singola procedura di gara o di concorso, più incarichi relativi a fasi diverse della stessa, aspetto cui si riferisce invece il divieto posto dall’art. 77 comma 4 del Codice dei contratti pubblici.
In questi termini va quindi ribadito il principio secondo cui l’art. 107 cit. “non afferma il principio del cumulo nella stessa persona delle funzioni di presidente della Commissione e di responsabile dell’istruttoria, ma semplicemente enuclea le «funzioni e responsabilità della dirigenza»” (ex multis, Cons. Stato, V, 17 aprile 2020, n. 2471; V, 9 gennaio 2019, n. 193).
Ne consegue la piena applicabilità anche al caso di specie del divieto, per il Presidente della commissione, di svolgere (o di aver in precedenza svolto) altre funzioni o incarichi tecnici e/o amministrativi relativamente al contratto del cui affidamento si tratta.

Adunanza Plenaria CdS : attribuzione del punteggio, assorbimento del coefficiente nella decisione finale della Commissione di gara e confronto a coppie

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 14.12.2022 n. 16

Nel rispondere, conclusivamente, ai due quesiti posti dalla Sezione rimettente, si deve affermare che:
a) nel diritto dei contratti pubblici, i commissari di gara cui è demandato il compito di esprimere una preferenza o un coefficiente numerico, quando procedono alla valutazione degli elementi qualitativi dell’offerta tecnica, possono confrontarsi tra loro in ordine a tali elementi prima di attribuire individualmente il punteggio alle offerte, purché tale confronto non si presti ad una surrettizia introduzione del principio di collegialità, con la formulazione di punteggi precostituiti ex ante, laddove tali valutazioni debbano essere, alla luce del vigente quadro regolatorio, anzitutto di natura esclusivamente individuale;
b) con riferimento al metodo del confronto a coppie, in particolare, l’assegnazione di punteggi tutti o in larga parte identici e non differenziati da parte dei tutti i commissari annulla l’individualità della valutazione che, anche a seguito della valutazione collegiale, in una prima fase deve necessariamente mantenere una distinguibile autonomia preferenziale nel confronto tra la singola offerta e le altre in modo da garantire l’assegnazione di coefficienti non meramente ripetitivi e il funzionamento stesso del confronto a coppie;
c) le valutazioni espresse dai singoli commissari, nella forma del coefficiente numerico non comparativo, possano ritenersi assorbite nella decisione collegiale finale, in assenza di una disposizione che ne imponga l’autonoma verbalizzazione, mentre per il confronto a coppie la manifestazione della preferenza è e deve essere anzitutto in una prima fase individuale, nel senso sopra precisato, e in quanto tale individualmente espressa e risultante dalla verbalizzazione.

Rifiuto di un Commissario alla sottoscrizione dei verbali di gara – Impossibilità di concludere la valutazione delle offerte – Nomina di una nuova Commissione giudicatrice – Necessità (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 28.11.2022 n. 10457

20. Allo stesso modo non è condivisibile la tesi recepita dalla sentenza appellata, secondo cui la componente Piccinini avrebbe dovuto essere invitata a manifestare il suo dissenso, consentendo la conclusione del procedimento di valutazione delle offerte.
In primo luogo, infatti, dagli atti richiamati si evince che la dott.ssa -OMISSIS- – nonostante la suddetta possibilità sia espressamente indicata nel verbale del 5 agosto 2021 – ha persistito nel suo atteggiamento di rifiuto, ciò trovando spiegazione come si è detto, alla luce del contenuto della sua missiva del 3 agosto 2021, nella posizione di contestazione integrale dell’attività valutativa svolta dagli altri componenti del collegio, siccome suscettibile di condurre a suo avviso ad esiti incompatibili con gli interessi sottesi alla procedura di gara, da lei fermamente assunta.
Peraltro, non può non rilevarsi che nella specie non di mero e semplice “dissenso” sarebbe stato appropriato ragionare, per il quale la lex specialis contemplava – attraverso la possibilità di esprimere un voto individuale, suscettibile di essere mediato con quello degli altri componenti – la facoltà del commissario di manifestare il suo orientamento in ordine agli aspetti qualitativi delle offerte tecniche, ma di rifiuto in radice di concorrere ai lavori della commissione, vista la “piega” dagli stessi assunta, ed alla formazione del relativo atto conclusivo: ciò che dimostra a fortiori l’ineludibilità della soluzione sostitutiva (della originaria commissione) adottata dalla stazione appaltante, essendo impraticabile, in ragione del rifiuto opposto dalla dott.ssa -OMISSIS- a concorrere, nella forme “istituzionalizzate” dal disciplinare di gara ed anche senza dover fare appello ad istituti di carattere generale […], alla formazione della valutazione conclusiva.
Da questo punto di vista, non è predicabile la possibilità per la commissione, come ipotizzato dal T.A.R., di “deliberare dando atto nel verbale del rifiuto della sottoscrizione da parte del terzo componente, la qual cosa era comprovabile mediante l’allegazione al verbale della nota a firma della dott.ssa -OMISSIS- datata 23 luglio 2021 ed eventualmente del verbale della riunione tenuta dal direttore generale dell’INRCA in data 5 agosto 2021”, in quanto il rifiuto di sottoscrizione da parte di uno dei componenti della commissione rende il verbale imperfetto e non imputabile, quale atto conclusivo della procedura valutativa, alla commissione, unitariamente considerata nella sua natura di organo collegiale straordinario della P.A..
Mutatis mutandis, e con riferimento all’attività giurisdizionale, accomunata a quella della commissione giudicatrice dalla sua caratteristica di collegialità “perfetta”, sarebbe come ritenere validamente formata una sentenza laddove uno dei componenti del collegio giudicante si rifiutasse di partecipare alla deliberazione.

21. Per le ragioni esposte, non può essere accolto il motivo riproposto dalla originaria ricorrente, inteso a contestare la motivazione del provvedimento di nomina della nuova commissione, in quanto incentrato sul “mancato accordo” dei componenti di quella originaria in ordine ad “alcuni criteri di valutazione”, a fronte della chiara formulazione di tali criteri ad opera della lex specialis.
Deve sul punto ribadirsi che le ragioni della scelta sostitutiva sono evincibili dall’insieme degli atti che hanno preceduto l’adozione della determina impugnata e risalgono, come si è visto, al rifiuto della dott.ssa -OMISSIS- di sottoscrivere il verbale conclusivo, siccome ostativo di per sé alla formale conclusione del procedimento valutativo delle offerte tecniche.
Peraltro, il riferimento al “mancato accordo da parte della Commissione Giudicatrice circa alcuni criteri di valutazione” rappresenta una formula che, per quanto sintetica, è sufficientemente evocativa del grave, profondo ed insuperabile – quantomeno in temi brevi e prevedibili – dissidio insorto tra i componenti della commissione in ordine alle modalità di valutazione delle offerte, tenuto conto della idoneità delle affermazioni della dott.ssa -OMISSIS-, contenute nella citata nota del 3 agosto 2021, a ventilare un atteggiamento non sereno ed imparziale da parte degli altri due componenti della commissione.
Ebbene, proprio la scelta della stazione appaltante di rinnovare la composizione della commissione, in costanza di tali affermazioni, costituisce indice dell’atteggiamento equidistante da essa assunta rispetto alle posizioni contrapposte in tal modo venutesi a configurare – non potendo la stazione appaltante ingerirsi nell’ambito di valutazioni riservate all’organo giudicatore dei profili tecnici della gara – e della necessità di adottare una soluzione che rendesse immune la gara dagli elementi di debolezza e sospetto che quelle contestazioni, anche ammessa la possibilità di concludere le operazioni valutative così come espletate dalla precedente commissione, avrebbero potuto generare: ciò proprio nel segno delle considerazioni introduttive fatte dal T.A.R. (cfr. par. 11.1 della sentenza appellata), nel senso che tra i “principi generali” cui deve ispirarsi la decisione non può non esservi quello inteso ad assicurare che “le procedure ad evidenza pubblica si svolgano senza “ombre”” (nonché, aggiunge questa Sezione, senza elementi suscettibili di minarne la validità, a discapito della stabilità e della certezza dei rapporti di diritto pubblico).

Riferimenti normativi:

art. 77 d.lgs. n. 50/2016

Commissione giudicatrice – Incompatibilità – Non sufficiente il coinvolgimento del Commissario nella redazione degli atti di gara (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 24.11.2022 n. 10366

6.1. Correttamente, infatti, la sentenza impugnata ha statuito, nel rammentare il consolidato orientamento interpretativo in questa materia (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 24 giugno 2022, n. 5201), che affinché sussista l’incompatibilità non sufficiente che il coinvolgimento del commissario nella redazione della legge di gara si estrinsechi in un apporto meramente formale (approvazione e/o sottoscrizione del frutto dell’altrui opera), ma è necessario che ci sia la sostanziale riconducibilità della stessa all’attività intellettuale, valutativa e professionale concretamente espletata dal membro della Commissione.
6.2. Anche nel caso oggetto del giudizio, ha ricordato ancora il primo giudice, la ricorrente non ha dimostrato alcun apporto sostanziale della dirigente -OMISSIS- all’individuazione del contenuto della legge di gara, la cui predisposizione, come dimostrato dalla documentazione prodotta dalla pubblica amministrazione, era affidata alla ditta esterna Progetta la quale, durante la fase preparatoria degli atti, ha interloquito e collaborato costantemente, direttamente e unicamente con il r.u.p., dott.ssa -OMISSIS-.
6.3. Le argomentazioni del primo giudice resistono alle censure qui proposte perché è chiaro che la dott.ssa -OMISSIS- non ha partecipato in nessun modo alla predisposizione materiale della lex specialis né ha inciso sostanzialmente sul suo contenuto, limitandosi solo ad un apporto meramente formale (approvazione e/o sottoscrizione del frutto dell’altrui opera), come è appunto dimostrato dal fatto, documentalmente provato, che le interlocuzioni tra la ditta esterna in ordine alla predisposizione della lex specialis sono state tenute e seguite solo dal r.u.p., dott.ssa -OMISSIS-.
6.4. Proprio in un caso analogo a quello, qui esaminato, questo Consiglio di Stato ha affermato che per predisposizione materiale della legge di gara deve intendersi non già un qualsiasi apporto al procedimento di approvazione dello stesso quanto, piuttosto, una effettiva e concreta capacità di definirne autonomamente il contenuto, con valore univocamente vincolante per la pubblica amministrazione ai fini della valutazione delle offerte, così che in definitiva il suo contenuto prescrittivo sia riferibile esclusivamente al funzionario (Cons. St., sez. IV, 24 giugno 2022, n. 5601).
6.5. La documentazione depositata dimostra, infatti, in modo inconfutabile che nel caso in esame tutti gli atti di gara sono stati predisposti dalla società esterna -OMISSIS-, come da specifico incarico conferito alla stessa, che nell’individuarne il contenuto ha sempre avuto come unico referente il r.u.p., dott.ssa -OMISSIS-, con la quale sono intercorsi i molteplici scambi di corrispondenza e a cui è conseguita poi tra giugno e luglio 2021 la stesura definitiva.

Riferimenti normativi:

art. 77 d.lgs. n. 50/2016

 

Limiti della competenza della Commissione giudicatrice (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Napoli, 02.11.2022 n. 6802

7.2. Il provvedimento di riaggiudicazione, versato in atti, è stato adottato dalla commissione di gara e non dal RUP.
Orbene, la giurisprudenza ha chiarito che l’adozione dei provvedimenti di esclusione e di aggiudicazione spetti al RUP e non all’organo straordinario della commissione che ha compiti di ausilio e di supporto del RUP medesimo (Consiglio di Stato sez. V, 07/10/2021, n. 6706; Consiglio di Stato sez. VI, 08/11/2021, n.7419).
7.3. Con maggiore impegno esplicativo, va rilevato che l’art. 77 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Commissione giudicatrice”) statuisce: “nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti o di concessioni, limitatamente ai casi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico è affidata ad una commissione giudicatrice, composta di esperi nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto”.
Tale disposizione definisce i limiti della competenza della commissione che si deve limitare a svolgere un’attività di giudizio consistente nella valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie.
“È, dunque, preclusa alla commissione giudicatrice ogni altra attività che non sia di giudizio in senso stretto, compresa, in particolare, la verifica della regolarità delle offerte e della relativa documentazione; la quale, ove sia stata in concreto svolta (normalmente, su incarico dell’amministrazione, ma anche in mancanza di specifico incarico), deve essere poi verificata e fatta propria della stazione appaltante” (Consiglio di Stato sez. V, 12/02/2020, n.1104).
Tale principio vale, evidentemente, anche per l’aggiudicazione rispetto alla quale le norme di riferimento sono chiare nell’attribuire la competenza alla stazione appaltante e non alla commissione (v. art. 32 co. 5 d.lgs. 50/2016).

RUP e regola della “virgin mind” : compatibilità con le funzioni di Presidente della Commissione giudicatrice , approvazione della lex specialis e nomina del Seggio di gara

TAR Bologna, 25.10.2022 n. 833

Lamenta la ricorrente l’incompatibilità ex art. 77 c. 4, d.lgs. 50/2016 (come modificato dal d.lgs. 56/2017) del Presidente della Commissione per il cumulo con le funzioni di RUP, di approvazione della lex specialis e di nomina del seggio di gara stesso.
Ai sensi del citato art. 77 nel testo attualmente in vigore “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura.”
Non può ignorarsi che la norma nel testo originario ovvero prima dell’entrata in vigore delle modifiche apportate dal decreto correttivo, appariva stabilire una secca incompatibilità tra le funzioni di membro della Commissione e altre funzioni svolte nell’ambito della gara (ex multis T.A.R. Emilia -Romagna Bologna, sez. II, 25 gennaio 2018, n. 87; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 29 giugno 2017, n. 1074 secondo cui sarebbe necessaria la c.d. “virgin mind”).
La giurisprudenza è ormai però oggi consolidata nel senso di escludere una incompatibilità automatica per il cumulo delle funzioni, per essere, invece, indispensabile procedere ad una valutazione caso per caso che tenga conto dell’esistenza di una qualche comprovata ragione di interferenza o condizionamento, con la necessaria precisazione per la quale né l’una, né l’altra, può desumersi dal fatto che lo stesso soggetto abbia svolto funzioni nelle fasi della predisposizione della legge di gara e della sua concreta applicazione, ribaltandosi altrimenti il rapporto tra principio generale ed eccezione, in quanto spettanti al RUP normalmente gli atti della procedura (in tal senso Consiglio di Stato, sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6082, secondo cui l’aggiunta apportata all’art. 77 c. 4 del codice dei contratti pubblici (“La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”) costituisce null’altro che il recepimento legislativo di un orientamento formatosi già nella vigenza del precedente codice (Consiglio di Stato, sez. V, 27 luglio 2019, n. 5308; Id. 14 gennaio 2019, n. 283).
7.1. Va pertanto confermato il principio per cui il ruolo di RUP è di regola compatibile in astratto con le funzioni di commissario di gara e di presidente della commissione giudicatrice, dovendo l’eventuale incompatibilità accertarsi in concreto, con onere a carico di chi la contesta, allegando elementi concreti, sintomatici di un’interferenza tra le funzioni assegnate al RUP e quelle della Commissione di gara, tali da compromettere l’imparziale svolgimento dell’incarico di membro della commissione da parte della stessa persona che ha assunto le funzioni di RUP (ex multis, T.A.R. Veneto, sez. I, 7 luglio 2017, n. 660; Consiglio di Stato, sez. V, 23 marzo 2015, n. 1565).

Verbale unico di gara – Ammissibilità – Contenuti minimi necessari – Commissione giudicatrice può verbalizzare successivamente tutte le operazioni svolte in più sedute – Condizioni

TAR Trento, 07.10.2022 n. 166

Il verbale unico di valutazione delle offerte tecniche relative a tutti i lotti è illegittimo e nullo perché privo di elementi essenziali, quale è la data, e in quanto il dettaglio dei punteggi attribuiti per ciascun criterio di valutazione è illustrato in un allegato al verbale che non è firmato dai commissari.
Sotto diverso ed ulteriore profilo si deve evidenziare l’illegittimità dell’operato della commissione perché dal complesso della verbalizzazione si evince che le attività valutative si sono svolte in più sedute riservate, delle quali peraltro non è stata fatta alcuna verbalizzazione.
A ben vedere i verbali neppure descrivono, ancorché sinteticamente, le operazioni svolte dalla commissione.
Secondo la giurisprudenza, nell’ipotesi di mancanza di norme contrarie, anche della lex specialis, che prescrivano la verbalizzazione distinta di ogni singola riunione, la commissione di gara può far risultare in unico verbale tutte le operazioni poste in essere, ancorché svoltesi in più giornate, dando conto di tale distinzione.
La verbalizzazione successiva è ammessa purché sopraggiunga in un arco temporale ragionevolmente breve e tale da evitare che vi possano essere errori od omissioni nella ricostruzione dei fatti e dell’iter valutativo posto in essere dalla commissione di gara.
Più in dettaglio, è stato al riguardo affermato che: “In mancanza di specifiche indicazioni della normativa di settore e della disciplina di gara, deve escludersi la strettissima necessità di redigere contestuali e distinti verbali per ciascuna seduta della Commissione di gara a pena dell’illegittimità dell’intera procedura. Tuttavia, per elementari ragioni di trasparenza, è necessario comunque che la verbalizzazione delle operazioni compiute, ancorché relativa a più giornate, contenga una corretta e documentate rappresentazione delle singole operazioni svolte nelle singole adunanze. La verbalizzazione, poi, può anche essere non contestuale, ma deve seguire un termine ragionevolmente breve e comunque tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2011, n. 3902). La necessità di un processo verbale delle operazioni della Commissione sta nella duplice esigenza: – di dare conto sinteticamente, ma compiutamente, di tutte le attività espletate e di tutte le operazioni svolte in ciascuna riunione; – di indicare specificamente tutti coloro che avevano partecipato alle singole sedute svoltesi. Ma quando le adunanze della Commissione sono molteplici è necessario che, in conformità con i principi applicabili per gli atti collegiali, le verbalizzazioni di ciascuna seduta, di norma, avvengano partitamente per le varie adunanze, nella successiva seduta per la quale il collegio sia stato riconvocato fatto salvo che, in caso di motivate esigenze connesse con gli impegni dei componenti della Commissione, entro un comunque termine ragionevole. Ciò a garanzia del fatto che i primi giudizi non siano successivamente artatamente modificati in relazione all’evolversi dell’attività di valutazione delle offerte stesse.
Nel caso in questione la Commissione, nell’ultimo verbale, del tutto illegittimamente si è limitata a dare solo l’indicazione delle date delle precedenti riunioni e null’altro. Deve dunque escludersi che possa essere legittima un’unica verbalizzazione di ben dieci sedute avvenute in un arco temporale di un semestre, nel corso delle quali si sono evidentemente svolte molteplici, e non meglio precisate, operazioni. Anche sotto il profilo dell’eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità e trasparenza, tale elemento contribuisce a radicare ulteriormente la convinzione dell’insanabile illegittimità dell’intero procedimento” (Cons. Stato, Sez. III, 22.10.2018, n. 6035).
Nel caso di specie è stata redatta una verbalizzazione unica priva di data, nella quale non vengono nemmeno indicate quante sono state le sedute riservate, in quale data esse si sono svolte e chi era presente.
Il processo verbale (documento che fa prova fino a querela di falso) deve invece contenere una sintesi dettagliata delle attività svolte dall’organo (commissione di gara) e gli estremi necessari ad individuare l’imputazione della volontà decidente, compresa la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha compilato (ovvero, la sottoscrizione da parte di tutti i membri).
Nel caso di specie tutto ciò difetta.
Si aggiunge che non è in alcun modo verificabile, tra le altre cose, se le attività valutative sono state svolte dalla commissione di gara nel suo plenum e, quindi, nel rispetto del principio del collegio perfetto.
Manca pertanto la garanzia che sia stato rispettato il principio del collegio perfetto, ed è apertamente violato il principio di trasparenza. Neppure sussiste la garanzia che le attività valutative siano state svolte prima dell’aggiudicazione.
Dal verbale redatto per il lotto specifico si evince che le attività di valutazione dell’offerta tecnica sono state avviate il 16.06.2022 e terminate “congelate” (sic) il 23.06.2022.
Nel verbale viene peraltro fatto riferimento al solo segretario verbalizzante e non all’intera commissione.
Nel verbale di valutazione delle offerte tecniche, privo di data, viene indicato che “la Commissione giudicatrice ha effettuato la valutazione delle offerte tecniche in una serie di sedute riservate”, ma non vi è alcun cenno su tempistiche e modalità dell’attività valutativa di volta in volta svolta e di dove, come e quando la commissione si sia riunita di tempo in tempo per svolgere collegialmente le valutazioni di competenza, né di che attività valutative siano state svolte in ogni seduta.
Da quanto precede deriva, con evidenza, l’illegittimità delle operazioni di gara svolte dalla commissione.

Punteggio identico da parte di tutti i Commissari di gara

Consiglio di Stato, sez. V, 15.09.2022 n. 7997

In particolare, la tesi della società che i criteri di valutazione delle offerte previsti dal disciplinare di gara non fossero specifici e dettagliati è affidata a considerazioni meramente assertive nonché a richiami giurisprudenziali i quali, alla luce dei contrari, specifici e motivati rilievi su cui si è fondato il Tar, rimasti sostanzialmente inconfutati, non si attagliano al caso di specie, e non sono pertanto suscettibili di porre nel nulla il contestato decisum.
Non diversamente deve concludersi quanto alle doglianze relative al modo in cui i Commissari di gara hanno espresso le proprie valutazioni sulle offerte, in relazione al quale il Collegio può limitarsi a richiamare l’orientamento giurisprudenziale allo stato prevalente (rispetto al diverso e più risalente orientamento invocato dall’appellante), qui da condividere, che nega che l’espressione di un identico giudizio da parte di tutti i Commissari possa far presumere automaticamente la sussistenza di un giudizio collegiale e precostituito (nulla quindi muta considerando che il disciplinare di gara prevedesse la valutazione delle offerte tecniche da parte dei “singoli commissari”), in quanto l’identità del punteggio bene può denotare una legittima e fisiologica evoluzione del confronto dialettico svoltosi in seno all’organo tecnico (tra altre, Cons. Stato, 15 settembre 2021, n. 6300; III, 19 gennaio 2021, n. 574; 29 maggio 2020, n. 3401; 6 novembre 2019, n. 7595; V, 17 dicembre 2015 n. 517; 24 marzo 2014, n. 1428, sentenze relative anche a fattispecie in cui la valutazione è avvenuta, come nel caso di specie, con l’applicazione del metodo del c.d. “confronto a coppie”).

Per approfondimento:

Identità di punteggi in sede di valutazione delle offerte tecniche da parte della Commissione giudicatrice

Commissione giudicatrice e valutazione offerta tecnica : non esiste alcuna regola che impone un ordine di assegnazione tra punteggi discrezionali e vincolati

Consiglio di Stato, sez. V, 26.08.2022 n. 7481

Nel diritto dei contratti pubblici non esiste alcuna regola, men che mai precauzionale, che imponga necessariamente alla commissione, nel valutare l’offerta tecnica, di procedere prima all’assegnazione dei punteggi discrezionali e poi a quelli vincolati” (Consiglio di Stato, sez. III, n. 8295/2020 cit.): tanto più nel caso in esame, ove andava valutata esclusivamente l’offerta tecnica, non è invocabile alcuna regola, nemmeno precauzionale, che preveda uno specifico ordine nell’assegnazione dei punteggi discrezionali e vincolati.
Pertanto, in assenza di previsioni di legge che impongano di seguire un rigoroso ordine nell’attribuzione dei punteggi dell’offerta tecnica e considerata poi la natura dell’affidamento per cui è causa, è del tutto legittimo l’operato della Commissione di gara che valuti prima l’offerta in base ai criteri di tipo automatico e successivamente attribuisca il punteggio per i criteri discrezionali o viceversa, non sussistendo alcuna violazione dei principi di precauzione o trasparenza (non rinvenendosi peraltro alcuna previsione di separatezza formale tra elementi tecnici valutabili automaticamente ed elementi tecnici soggetti a valutazione discrezionale neanche nelle Linee Guida ANAC n. 2, di attuazione del D.Lgs. 50/2016, riguardante l’“Offerta economicamente più vantaggiosa”).

Riferimenti normativi: art. 77 d.lgs. n. 50/2016

Commissione giudicatrice – Sostituzione di un Commissario per motivi di salute – Legittimità – La Stazione Appaltante non è tenuta ad operare alcun sindacato sull’ esistenza di un impedimento grave , tenuto conto della normativa in materia di riservatezza su dati sensibili (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 24.08.2022 n. 7446

2. Con il secondo motivo di appello si lamenta che la commissione di gara sarebbe stata illegittimamente modificata tra la prima edizione (poi annullata in autotutela) e la seconda edizione della gara stessa.
Osserva innanzitutto il collegio che, in realtà, uno dei commissari è stato sostituito per motivi di salute.
Ciò premesso, quello della immodificabilità dei commissari, principio ricavabile dall’art. 77, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (a mente del quale, nel caso di rinnovazione delle operazioni di gara, deve essere la medesima commissione a riesaminare gli atti, salvo che il giudice non abbia accertato un vizio di composizione della commissione stessa), non è ad ogni modo un principio valevole in via assoluta.
Questa stessa sezione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2021, n. 1415) ha infatti affermato che, in presenza di talune ipotesi di necessità, il singolo membro può e deve anzi essere sostituito proprio per non aggravare oltre misura l’azione amministrativa legata alla ripetizione della procedura competitiva.
Trova dunque conferma quel dato orientamento (Cons. Stato, sez. V, 16 maggio 2006, n. 2813) secondo cui è legittima la sostituzione di un componente della commissione che si riveli in stato di impedimento, e ciò per il generale principio di diritto pubblico sulla temporaneità delle cariche e sugli impedimenti soggettivi, principio che va applicato nel senso della possibilità di sostituire i componenti del collegio ove si manifestino ragioni di carattere soggettivo e sopravvenute rispetto all’atto di nomina.
Né si potrebbe sostenere che la commissione di gara avrebbe dovuto fare ricorso a componenti supplenti, atteso che a tale modalità di sostituzione si ricorre di norma per ragioni meramente estemporanee (dunque per assenze o indisponibilità limitate nel tempo), laddove nel caso di specie l’indisponibilità del commissario non aveva simili caratteristiche.
A ciò si aggiunga che:
2.1. Secondo le censure della appellante, la sostituzione del membro titolare nella Commissione di gara sarebbe illegittima in quanto difetterebbe la motivazione della sostituzione, né sarebbe stato documentato l’impedimento del componente stesso;
2.2. Parte appellante si limita tuttavia meramente a “dubitare”, per mancanza di documentazione, dell’esistenza dell’impedimento, inteso come presupposto legittimante la sostituzione. Il Collegio ritiene, per questa ragione, che la doglianza complessivamente esposta assuma carattere soltanto ipotetico ed “esplorativo”, dunque di per sé generica ed inammissibile, non avendo la stessa provveduto a fornire un sia pur minimo principio di prova circa la assenza di un simile impedimento;
2.3. Inoltre la stazione appaltante non ha il compito di operare alcun sindacato sull’esistenza di un impedimento “grave” in capo al membro titolare, dati i limiti oggettivi costituita dalla normativa in materia di riservatezza su dati sensibili;
2.4. Né d’altronde la parte appellante si è premurata di inoltrare, a tale riguardo, specifica istanza di accesso agli atti, istanza che non sarebbe risultata del tutto implausibile data la sicura natura “difensiva” dell’accesso stesso;
2.5. Peraltro, in assenza di censure sulla competenza professionale e sulla legittimazione del membro chiamato ad assumere il ruolo di sostituto, il vizio lamentato disvela altresì un radicale difetto di interesse, alla fonte, poiché non si spiega in quale modo e per quale ragione il giudizio svolto dal titolare, invece che dal suo legittimo sostituto, avrebbe dovuto condurre ad un diverso risultato circa il vaglio delle offerte tecniche formulate in sede di gara: la difesa di parte appellante non ha in altre parole dimostrato di avere subito una concreta lesione della propria posizione soggettiva.
2.6. Dunque, a fronte della comunicazione del legittimo impedimento del membro interessato, la stazione appaltante ha ben operato nel senso di procedere alla sua celere sostituzione nell’esclusivo interesse della pronta prosecuzione dell’iter concorsuale.

Provvedimento di esclusione : competenza del RUP non della Commissione giudicatrice (art. 31 , art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Napoli, 01.08.2022 n. 5181

3. Il provvedimento di esclusione, versato in atti, è stato adottato dalla commissione di gara e non dal RUP.
Orbene, la giurisprudenza ha chiarito che la competenza a disporre l’esclusione è del RUP e non della commissione di gara. L’art. 80 co. 5 del codice dei contratti (d.lgs. 50/2016), infatti, prevede che sia la stazione appaltante a determinare le esclusioni e questo va inteso nel senso che la competenza spetti al RUP e non all’organo straordinario della commissione che ha compiti di ausilio e di supporto del RUP medesimo (Consiglio di Stato sez. V, 07/10/2021, n.6706; Consiglio di Stato sez. VI, 08/11/2021, n.7419).
4. Con maggiore impegno esplicativo, va rilevato che l’art. 77 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Commissione giudicatrice”) statuisce: “nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti o di concessioni, limitatamente ai casi di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico è affidata ad una commissione giudicatrice, composta di esperi nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto”.
Tale disposizione definisce i limiti della competenza della commissione che si deve limitare a svolgere un’attività di giudizio consistente nella valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico ed economico in qualità di organo straordinario e temporaneo della stazione appaltante con funzioni istruttorie.
“È, dunque, preclusa alla commissione giudicatrice ogni altra attività che non sia di giudizio in senso stretto, compresa, in particolare, la verifica della regolarità delle offerte e della relativa documentazione; la quale, ove sia stata in concreto svolta (normalmente, su incarico dell’amministrazione, ma anche in mancanza di specifico incarico), deve essere poi verificata e fatta propria della stazione appaltante” (Consiglio di Stato sez. V, 12/02/2020, n.1104).
Il provvedimento di esclusione dalla procedura trova la propria regolamentazione nell’art. 80 (“Motivi di esclusione”) d.lgs. n. 50 cit. che, in più occasioni (e, precisamente, ai commi 5, 6, 8, 10 – bis) individua nella “stazione appaltante” e, quindi, nel RUP – che ha la competenza generale a svolgere “tutti i compiti” non attribuiti “specificatamente” ad altri organi o soggetti (art. 31 co. 3 dl.gs. 50/2016) – il soggetto tenuto ad adottare il provvedimento di esclusione dell’operatore economico.

Commissario di gara in rapporto di parentela con lavoratore dell’ Operatore Economico : valutazione incompatibilità e conflitto di interessi (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 08.07.2022 n. 5692

8.1. Il motivo deve essere in primo luogo dichiarato inammissibile, non contenendo specifiche censure rivolte alla sentenza appellata nella parte in cui ha escluso in radice che, prima della scoperta (attraverso la lettura dell’offerta tecnica di -OMISSIS-) della causa di incompatibilità, fosse ravvisabile un obbligo di astensione in capo alla dott.ssa -OMISSIS-: ci si riferisce, in particolare, al passaggio della sentenza appellata in cui si evidenzia che “la sussistenza della causa di incompatibilità, ossia il coinvolgimento nel team proposto dalla concorrente di un soggetto in relazione di parentela con la presidente della commissione giudicatrice, emerge dall’offerta e quindi dalla presa visione del contenuto della parte di offerta tecnica nella quale sono stati indicati i nominativi delle risorse umane destinate all’espletamento dei compiti connessi all’appalto. Rimane una pura supposizione che tale situazione fosse nota alla presidente di commissione precedentemente. La preesistenza della parentela non è un dato rilevante se non associato ad un potenziale interesse del parente collegabile al concorrente. Né tale interesse potrebbe considerarsi sempre e comunque insito nell’esistenza di un rapporto di lavoro, quasi che qualsiasi dipendente di qualsiasi impresa, anche multinazionale e con moltissimi dipendenti, debba intendersi interessato a qualsiasi gara cui partecipi il datore di lavoro. Così ragionando, si finirebbe per identificare l’interesse nel puro credito stipendiale, laddove l’art. 77, comma 6, del d. lgs. n. 50 del 2016 – mediante il richiamo all’art. 51 c.p.c. e all’art. 42 stesso d. lgs., che a sua volta richiama l’art. 7 del d.P.R. n. 62 del 2013 – considera i rapporti di credito in quanto tali solo se relativi al commissario ed al coniuge, non anche ai parenti”.
L’omissione di specifiche censure sul punto non può che travolgere anche le espresse deduzioni attoree, atteso che esse, nel sostenere la necessità di una revisione integrale della composizione della commissione di gara a seguito delle dimissioni della dott.ssa -OMISSIS-, al fine di scongiurare il pericolo di condizionamento dei commissari rimasti nel collegio, si fondano appunto sul presupposto che, anche antecedentemente alla sostituzione, l’imparzialità della suddetta fosse minata dalla causa di incompatibilità ed avesse quindi alterato la genuinità dei lavori svolti fino a quel momento dal collegio.
8.2. In ogni caso, le deduzioni della parte appellante, intese a sostenere che la dott.ssa -OMISSIS-avrebbe violato il suo dovere di astensione (insieme a quello, strumentale, di carattere dichiarativo in ordine alla sussistenza di eventuali situazioni di incompatibilità), in tal modo inficiando, in virtù della interferenza verificatasi tra sfera personale e sfera istituzionale del pubblico funzionario, i presupposti di trasparenza ed imparzialità che devono accompagnare l’attività della P.A., non possono essere condivise.
Deve in proposito osservarsi che la norma cardine, al fine di verificare la sussistenza di una situazione di incompatibilità in capo ad un componente della commissione di gara, è individuabile nell’art. 77, comma 6, d.lvo n. 50/2016, a mente del quale “si applicano ai commissari e ai segretari delle commissioni l’articolo 35-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l’articolo 51 del codice di procedura civile, nonché l’articolo 42 del presente codice”.
Tra le fattispecie generatrici della situazione (potenziale) di incompatibilità e, quindi, del conseguente dovere di astensione del commissario viene in rilievo, in particolare, quella che l’art. 51, comma 2, c.p.c. riconduce alla sussistenza di “gravi ragioni di convenienza” nonché quella di cui all’art. 42, comma 2, d.lvo cit., ai sensi del quale “si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62”.
Il richiamato art. 7 d.P.R. n. 62/2013, a sua volta, dispone che “il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza”.
Infine, il comma 2 dell’art. 6 del medesimo d.P.R. dispone che “il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado”.
8.3. Ebbene, le disposizioni citate fondano la situazione di conflitto di interessi (tra l’interesse pubblico, che deve essere obiettivamente ed imparzialmente perseguito dal pubblico funzionario, e quello personale) sulla incidenza della sua attività su interessi propri del dipendente o, per quanto rileva ai fini della presente controversia, di suoi parenti.
Ciò posto, deve escludersi che l’attività di commissario sia suscettibile di incidere – finché non emerga un più diretto coinvolgimento del dipendente o del suo parente nella vicenda amministrativa in ordine alla quale il primo debba adottare una decisione, quale nella fattispecie in esame si è avuto con la scoperta dell’inserimento del parente della dott.ssa -OMISSIS- nel team destinato dalla -OMISSIS- all’esecuzione del servizio de quo – su un interesse proprio del medesimo ovvero di un suo parente che lavori alle dipendenze di un potenziale concorrente.
Invero, tra il (potenziale) concorrente alla gara ed i suoi lavoratori si instaura un rapporto contrattuale che, da un lato, ne rimarca l’alterità soggettiva, dall’altro lato non consente di identificare uno specifico e concreto interesse che i secondi abbiano all’acquisizione, da parte dell’impresa dalla quale dipendano, di una ulteriore commessa, tale da minare l’imparzialità del commissario, che abbia con uno di quei lavoratori un rapporto di parentela, chiamato a valutare l’offerta da esso presentata (o che potrebbe astrattamente presentare).
Deve infatti osservarsi che l’assetto di interessi intercorrente tra l’impresa ed i suoi dipendenti è cristallizzato dal contratto di lavoro, con la conseguenza che l’esito della gara, cui la prima intenda partecipare, è insuscettibile di riverberare effetti immediatamente vantaggiosi a favore dei secondi, diversi ed ulteriori rispetto a quelli, inderogabili per le parti, che sono fissati dalle clausole di quel contratto e che sono permeati dalla tendenziale contrapposizione degli interessi di cui le due figure sono rispettivamente titolari.
L’impresa, quindi, nelle multiformi espressioni soggettive in cui si manifesta e struttura, e tanto più quando, come nella specie evidenziato dal TAR e non confutato dalla parte appellante, si tratti di “una multinazionale con numerose filiali anche in Italia e con un rilevante numero di dipendenti”, interpone uno schermo tra gli interessi del dipendente e quello pubblico che deve essere perseguito dal pubblico funzionario, pur chiamato ad assumere decisioni e/o ad esprimere valutazioni incidenti sugli interessi facenti capo alla prima, con la conseguente non predicabilità, agli effetti applicativi delle norme in tema di incompatibilità e dovere di astensione del pubblico dipendente, di una incidenza diretta dell’attività di quest’ultimo sugli interessi personali dei suoi lavoratori.
8.4. Del resto, l’intensità che deve caratterizzare il rapporto di cointeressenza tra il dipendente ed il terzo è rimarcata dalla qualificazione di “gravità” delle ragioni di convenienza generatrici del dovere di astensione, prevista dalle disposizioni citate: gravità che, a differenza della fattispecie esaminata, si configurerebbe laddove fosse più stretto il rapporto di immedesimazione, anche in termini di interessi, tra il (potenziale) concorrente ed il parente del commissario, come si verificherebbe laddove, come evidenziato dal TAR, il primo rivestisse il ruolo di amministratore o institore ovvero fosse comunque “incaricato di funzioni direttive”.
8.5. Discende, dai rilievi che precedono, che non può trovare accoglimento il tentativo della parte appellante di anticipare il “quando” della (doverosa) dichiarazione di dimissioni della dott.ssa -OMISSIS-, rispetto al momento in cui ha appreso del coinvolgimento del parente nell’esecuzione dell’appalto, a quello stesso in cui è stata investita delle funzioni di Presidente della commissione di gara, non potendosi ritenere che, già in quella fase, e pur potendo ragionevolmente presumersi che ella fosse a conoscenza del fatto che il parente si trovava alle dipendenze della -OMISSIS-e che questa operasse nello specifico settore cui ineriva la gara in cui era stata chiamata a svolgere quelle funzioni, fosse configurabile una situazione di conflitto di interesse da cui far derivare quel dovere, come sostenuto dalla parte appellante.
8.6. Né può condurre a diverse conclusioni il disposto dell’art. 6, comma 1, d.P.R. n. 62/2013, ai sensi del quale “il dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:
a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate”.
Deve infatti osservarsi che, da un lato, la norma non attiene direttamente ai limiti applicativi del dovere di astensione, ma agli oneri informativi del dipendente all’atto dell’assunzione dell’ufficio, dall’altro lato, essa ha come presupposto la sussistenza, non ravvisabile nella fattispecie in esame, di “rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti” che il funzionario “abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni”.
8.7. Il riferimento normativo, tuttavia, è utile nella misura in cui consente di evidenziare che anche le Linee Guida ANAC n. 15, richiamate più volte dalla parte appellante a conforto delle sue deduzioni, specificano, in relazione ad esso, che “a titolo esemplificativo si può far riferimento all’ipotesi in cui un funzionario sia parente di un imprenditore che abbia interesse a partecipare, per la sua professionalità, alle gare che la stazione appaltante deve bandire”: ciò a dimostrazione della inidoneità del rapporto di parentela con un semplice dipendente, in mancanza di ulteriori e qualificati elementi, a generare, in via automatica e incondizionata, il predicato dovere di astensione.

 

Commissione giudicatrice – Commissario – Incompatibilità – Deve ricavarsi dal dato sostanziale della concreta partecipazione alla redazione degli atti di gara (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 07.07.2022 n. 5645

D’altro canto, nemmeno può essere obliato che, come di recente ulteriormente precisato dalla giurisprudenza di settore, le garanzie di trasparenza e imparzialità nella conduzione di una gara d’appalto, oggi disciplinate dall’art. 77 del codice dei contratti, impediscono la presenza nella commissione di gara di soggetti che abbiano svolto un’attività idonea a interferire con il giudizio di merito sull’appalto di che trattasi. Tuttavia la situazione di incompatibilità deve ricavarsi dal dato sostanziale della concreta partecipazione alla redazione degli atti di gara, al di là del profilo formale della sottoscrizione degli stessi e indipendentemente dal fatto che il soggetto in questione sia il funzionario responsabile dell’ufficio competente. Per predisposizione materiale della legge di gara deve intendersi cioè non già un qualsiasi apporto al procedimento di approvazione dello stesso, quanto piuttosto una effettiva e concreta capacità di definirne autonomamente il contenuto, con valore univocamente vincolante per l’Amministrazione ai fini della valutazione delle offerte, così che in definitiva il suo contenuto prescrittivo sia riferibile esclusivamente al funzionario (cfr. Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 24 giugno 2022, n. 5201; Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6082).
In tal senso, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con riferimento all’art. 84, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006, ha evidenziato che la ratio della previsione è quella di conservare la distinzione tra i soggetti che hanno definito i contenuti e le regole della procedura e quelli che ne fanno applicazione nella fase di valutazione delle offerte.
L’interesse pubblico rilevante è in particolare quello di assicurare “che la valutazione sia il più possibile “oggettiva” e cioè non “influenzata” dalle scelte che la hanno preceduta, se non per ciò che è stato dedotto formalmente negli atti di gara” (Cons. Stato, Ad. plen., 7 maggio 2013, n. 13).

Commissione giudicatrice – Discrepanza tra coefficiente numerico e motivazione discorsiva – Rilevanza (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 30.06.2022 n. 5438

2.1. In premessa: come affermato dal giudice di primo grado, e come risulta dagli atti del giudizio, le schede contenenti la sintetica motivazione a giustificazione del “coefficiente di prestazione” assegnato dal singolo commissario per i diversi criteri di valutazione (e rispettivi sub-criteri) erano state predisposte autonomamente dalla commissione giudicatrice (ed allegate al verbale del 15 gennaio 2018), non essendo previsto dal disciplinare di gara che il “coefficiente di prestazione” –, punteggio numerico in grado di esprime con maggior precisione il “giudizio di preferenza” di ciascun commissario (come previsto dall’art. 5 del disciplinare già riportato nella parte in fatto) – fosse accompagnato anche da una motivazione discorsiva.
2.2. Cionondimeno, va precisato che la discrepanza tra “giudizio di preferenza” (e relativo “coefficiente di prestazione”) e motivazione discorsiva a suo supporto e giustificazione è vizio di legittimità del provvedimento di aggiudicazione che può farsi valere in giudizio, ma a condizione che risulti rilevante e non lieve (come, ad esempio, nel caso in cui si sia detto in motivazione “BUONO” o “OTTIMO” quel profilo dell’offerta tecnica venga poi assegnato un punteggio rientrante nei coefficienti previsti per “SUFFICIENTE” o addirittura “INSUFFICIENTE”); solo a questa condizione, infatti, il giudizio della commissione può reputarsi illogico ed in questi termini essere sottoposto al sindacato del giudice amministrativo. In ogni altro caso, invece, lo scostamento ravvisato può essere agevolmente spiegato in virtù delle sfumature di significato che ciascun commissario assegna ai termini utilizzati e con la possibilità di una non perfetta coerenza tra espressioni lessicali utilizzate e intimo convincimento maturato sul valore dell’offerta; esso, pertanto, non si traduce, neppure in prospettazione, in un vizio di illogicità del provvedimento, e, finendo per porre in discussione il merito delle scelte della commissione, risulta censura inammissibile.
Ciò vale specialmente in un caso, come quello in esame, in cui era dato ai commissari la facoltà di scegliere nell’ambito di uno stesso “giudizio di preferenza” tra un range di valori del “coefficiente di prestazione” particolarmente ampio.

Riferimenti normativi:

art. 77 d.lgs. n. 50/2016