Sono state pubblicate alcune modifiche alle FAQ Contratti pubblici – Tracciabilità dei flussi finanziari e Varianti (art. 106 d.lgs. n. 50/2016). E’ stata, altresì, aggiornata la sezione FAQ Anticorruzione con specifico riferimento ai quesiti in materia di inconferibilità e incompatibilità ex d.lgs. n. 39/2013 e di conflitti d’interesse.
La giurisprudenza ha raggiunto sicuri e ragionevoli approdi, meritevoli di essere confermati anche nella presenta controversia, circa la distinzione tra varianti non consentite e miglioramenti ammessi rispetto ai progetti posti a base di gara (in tal senso, Cons. Stato, V, 8 ottobre 2019, n. 6793).
In particolare è stato precisato (da ultimo Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2019, n. 2873) che “…in sede di gara d’appalto e allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dalla Pubblica Amministrazione, pur tuttavia consentito (cfr ex multis Cons. di Stato, V, 24 ottobre 2013, n. 5160; Cons. di Stato, V, 20 febbraio 2014, n. 819; Cons. di Stato, VI, 19 giugno 2017, n. 2969; Cons. di Stato, III, 19 dicembre 2017, n. 5967; Cons. di Stato, V, 18 febbraio 2019, n. 1097; Cons. di Stato, V, 15 gennaio 2019, n. 374; per una disamina tra varianti migliorative e varianti non conformi al progetto posto a base di gara si veda: Cons. di Stato, V, 26 ottobre 2018, n. 6121; sulla non fattibilità tecnica della soluzione progettuale dell’offerente a causa della previsioni di varianti non consentite: Cons. di Stato, V, 18 marzo 2019, n. 1749)”, così che in definitiva “le proposte migliorative consistono pertanto in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste”; è stato aggiunto anche che “…la valutazione delle offerte tecniche come pure delle ragioni che giustificano la soluzione migliorativa proposta quanto alla sua efficienza e alla rispondenza alle esigenze della stazione appaltante costituisce espressione di un’ampia discrezionalità tecnica (Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853), con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti dalla commissione, ove non inficiate da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta (Cons. Stato, sez. III, 7 marzo 2014, n. 1072; 14 novembre 2017, n. 5258)”.
Giova premettere che l’art. 106 del D. Lgs. n. 50/2016, nel disciplinare i casi nei quali i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento, al comma 12, prevede testualmente che: “La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione alle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto.” Invero, le disposizioni contenute nell’evocato art. 106, nel consentire alla stazione appaltante lo jus variandi, ossia il potere di modificare unilateralmente il rapporto nei termini quantitativi appena indicati, assume natura derogatoria, anzitutto, rispetto al principio generale contenuto nell’articolo 1372, comma 1, cod. civ., secondo cui il contratto “ha forza di legge tra le parti”. Inoltre, con specifico riferimento ai contratti pubblici, la fattispecie prevista dal comma 12 si pone come eccezione anche rispetto alla generale regola della gara, consentendo all’Amministrazione di ampliare sotto il profilo quantitativo l’oggetto del contratto, fino a concorrenza del quinto dell’importo, mediante affidamento diretto di ulteriori prestazioni all’appaltatore. La natura derogatoria della normativa in discussione comporta che la stessa possa trovare applicazione solo nei casi espressamente previsti, che sono pertanto di stretta interpretazione. In tale prospettiva ermeneutica, deve reputarsi che l’ipotesi contemplata dal comma 12 – nell’inciso già citato: “qualora in corso di esecuzione si renda necessario una aumento o una diminuzione delle prestazioni” – riguardi le sole circostanze imprevedibili e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del rapporto e giammai possa essere utilizzata per rimediare ad errori originari compiuti dalla stazione appaltante in sede di valutazione del fabbisogno ovvero per eludere gli obblighi discendenti dal rispetto delle procedure ad evidenza pubblica attraverso un artificioso frazionamento del contenuto delle prestazioni, come accaduto nel caso di specie.
Analisi dei pilastri del Codice Appalti, disamina delle controversie applicative e condivisione delle soluzioni giurisprudenziali più rappresentative, come sistematicamente raccolte nel volume Sentenze Appalti (Ed. Legislazione Tecnica, 2020)
Il D.Lgs. 50/2016 ha segnato l’inizio di una sostanziale revisione del settore dei contratti e appalti pubblici e, dalla sua adozione ad oggi, troppi sono i provvedimenti legislativi che si sono succeduti e ancora di più sono le indicazioni ricevute da parte delle Autorità competenti. Il quadro normativo e regolamentare, pertanto, continua a non creare certezza nella sua applicazione e gli operatori del settore sono tenuti a misurarsi costantemente con gli orientamenti giurisprudenziali per ottenere conforto e guida nell’applicazione delle norme. L’evento, muovendo dalla ratio sottesa al progetto editoriale Sentenze Appalti, ha come finalità la discussione ragionata di taluni “pilastri” del Codice Appalti utilizzando non il quadro normativo ma proprio la giurisprudenza si è creata negli ultimi 3 anni e che, inevitabilmente, ha influenzato e influenza l’applicazione pratica e gli orientamenti dottrinari. Muovendo dai “pilastri” del Codice Appalti, dopo avere individuato la problematica applicativa in concreto, l’evento analizza le sentenze più rappresentative e fornisce indicazioni interpretative ragionate e sistematiche, stimolando riflessioni e quesiti dei partecipanti mediante la dinamica formula del question time. L’incontro è indirizzato a tutti i soggetti che operano a vario titolo nell’area appalti e contratti pubblici, quali RUP, consulenti e professionisti tecnici e legali, dirigenti, funzionari e addetti degli uffici gare di enti, pubbliche amministrazioni e operatori economici.
PROGRAMMA
– Affidamenti sotto soglia – Requisiti di partecipazione e criteri di selezione – Servizi di ingegneria e architettura: corrispettivi, requisiti e partecipazione giovani professionisti – Esecuzione, varianti e proroghe – Subappalto – Esclusione dalle gare telematiche
INTERVENGONO
Dott. Dino de Paolis | Direttore Editoriale di Legislazione Tecnica Avv. Francesco Russo | Avvocato, Autore, Fondatore del network Sentenzeappalti.it
PARTECIPAZIONI E ISCRIZIONI:
La quota di partecipazione è pari ad Euro 42,00 ed include il volume Sentenze Appalti (Ed. Legislazione Tecnica, 2020).
La frequenza attribuisce crediti formativi ai partecipanti
L’analisi del primo motivo di ricorso richiede la delineazione della distinzione tra variante non consentita e miglioria per come all’opposto qualificata, rispettivamente da -Omissis-, l’offerta presentata da questo ultimo. È noto che per le imprese di proporre variazioni migliorative, indispensabili sotto l’aspetto tecnico, incontra il limite intrinseco consistente nel divieto di alterare i caratteri essenziali, i cosiddetti requisiti minimi, della prestazione oggetto del contratto, in maniera da non modificare i profili strutturali, qualitativi, prestazionali o funzionali dell’opera (o come nella specie dei servizi), come definiti nel progetto posto a base di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1923). Dunque, le soluzioni migliorative avanzabili concernono gli aspetti lasciati aperti a diverse soluzioni dal progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’amministrazione; le seconde, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva disposizione contenuta nella disciplina di gara, e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dall’amministrazione (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 270; Cons. Stato, sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2969; Tar Veneto, 481/2018; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 21 febbraio 2018, n. 249; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 13 novembre 2017, n. 928; T.A.R. Umbria, sez. I, 6 ottobre 2017, n. 620).
L’art. 95, comma 14 bis, del d.lgs. 50/2016 non sanziona con l’esclusione dalla gara la ditta che abbia proposto opere aggiuntive rispetto a quelle oggetto di gara, ma si rivolge alla stazione appaltante, precludendo l’attribuzione di un apposito punteggio. (…) In tal senso, si osserva che per opera aggiuntiva si deve intendere un intervento che modifichi in senso quantitativo e/o qualitativo l’identità strutturale e/o funzionale dell’opera oggetto dell’appalto, con il risultato di falsare il confronto concorrenziale, laddove invece, gli accorgimenti progettuali volti alla valorizzazione ed alla implementazione dell’opera in senso estetico e/o prestazionale, che non ne modifichino sostanzialmente identità e dimensioni, devono essere sussunti nel genus delle migliorie e/o della varianti, e come tali sono compatibili con il divieto di cui all’art. 95, comma 14 bis, d.lgs. n. 50/2016, purché contenuti nei limiti stabiliti dalla lex specialis. (…) Trattandosi di elementi progettuali che non modificano sostanzialmente l’oggetto dell’appalto, ma che ottimizzano il risultato finale dell’intervento di risanamento strutturale, sotto il profilo della fruibilità e dell’impatto estetico ed architettonico, gli stessi elementi risultano compatibili con il divieto di cui all’art. 95, comma 14 bis, d.lgs. n. 50/2016: “la ratio di fondo che ha ispirato la novella legislativa è piuttosto evidente: si è inteso evitare che, a fronte di procedure indette sulla base del progetto esecutivo (come di regola avviene ai sensi dell’art. 59 del ‘Codice’), l’aggiudicazione possa essere disposta – come per il passato è spesso avvenuto – premiando elementi di carattere avulso rispetto al proprium della procedura. Pertanto, le uniche opere aggiuntive non valutabili ai fini dell’attribuzione del punteggio sono quelle che rappresentano un elemento estraneo all’ordinario sviluppo dell’opera per come essa è definita dall’Amministrazione nella lex specialis di gara” (T.A.R. Venezia, Sez. I, 26/08/2019 n. 938).
Nelle procedure ad evidenza pubblica finalizzate all’aggiudicazione di contratti pubblici di appalto, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti in quanto le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’amministrazione; le seconde, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della Stazione Appaltante, mediante preventiva disposizione contenuta nella disciplina di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dall’amministrazione. Pertanto, possono essere considerate soluzioni migliorative tutte quelle precisazioni, integrazioni e migliorie che sono finalizzate a rendere il progetto prescelto meglio corrispondente alle esigenze della Stazione Appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste nella lex specialis (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 02.08.2019 n. 5505, 17.01.2018 n. 270; 10.01.2017 n. 42; 16.04.2014 n. 1923).
Su di un piano generale, l’accordo quadro (art. 54 d.lgs. n. 50/2016), per sua natura, è connotato in senso trilatero, concorrendo a comporne la struttura soggettiva, da un lato, l’Amministrazione stipulante e l’impresa offerente, dall’altro lato, i soggetti pubblici beneficiari della fornitura da esso contemplata e dai quali promanano, nella fase esecutiva dell’accordo, i cd. ordinativi di acquisto: ebbene, se l’accordo quadro può considerarsi “rigido”, per quanto riguarda i soggetti stipulanti, a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento ai beneficiari della fornitura da esso veicolata, la cui individuazione attiene alle finalità dell’accordo quadro e, in quanto tale, è suscettibile di subire modifiche durante il periodo di efficacia dello stesso (entro i limiti, essenzialmente quantitativi, di cui si dirà infra), senza che ne risulti tradita o depotenziata l’originaria matrice concorrenziale, insita nelle regole di trasparenza e par condicio che ne hanno contrassegnato il procedimento di aggiudicazione.
Tale conclusione vale, in primo luogo ed a fortiori, laddove l’incremento dei soggetti beneficiari della fornitura convogliata dall’accordo quadro non determini lo sforamento del volume prestazionale indicato negli atti di gara; ma a non diversa conclusione, sebbene subordinatamente alla verifica del rispetto delle specifiche condizioni contemplate dalle pertinenti disposizioni, deve pervenirsi con riguardo all’ipotesi in cui l’ampliamento soggettivo della fornitura disciplinata dall’accordo quadro si traduca nel suo allargamento dimensionale. (…)
Come si è detto, infatti, la platea dei soggetti beneficiari dell’accordo quadro non attiene alla sua (immodificabile) struttura soggettiva, ma alla sfera finalistica del suddetto strumento contrattuale: sì che la stessa si presta naturalmente ad essere adattata (eventualmente in chiave integrativa) alle sopravvenute esigenze dell’Amministrazione, assumendo rilievo, al fine di verificare il rispetto dei limiti della variante contrattuale ed in base alla disciplina vigente ratione temporis, la sola necessità di non superare il quinto del prezzo contrattuale complessivo originario (art. 106 d.lgs. n. 50/2016).
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