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Cause di esclusione – Tassatività – Interpretazione estensiva –  Disapplicazione Linee guida ANAC n. 6 (art. 80 , art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Lazio, 17.06.2019 n. 7836

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente agisce per l’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara cui ha preso parte, motivato in ragione della sussistenza di una sentenza penale di condanna del socio di maggioranza della concorrente per fattispecie attinenti alle previsioni di cui all’art. 80, comma 5, del dlgs. 50/2016, lett. a) e c). (…)
Rileva il Collegio che l’art. 80, comma 3, del dlgs. 50/2016, riferisce al “socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro” delle società di capitali “l’esclusione di cui ai commi 1 e 2”; questi ultimi commi recano una elencazione tassativa di circostanze ostative alla partecipazione dell’operatore giuridico ad una procedura di appalto o concessione.
Le cause di esclusione richiamate dall’Amministrazione ricadono nell’ambito del comma 5 dell’art. 80, che sono testualmente riferite al solo “operatore economico”, in maniera corrispondente a quanto previsto dall’art. 57, comma 1, della Direttiva nr. 24/2014 (secondo cui “l’obbligo di escludere un operatore economico -sancito nelle voci da a) ad f) dei commi precedenti, corrispondenti alle previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 80 del dlgs. 50/2016- si applica anche nel caso in cui la persona condannata definitivamente è un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza di tale operatore economico o è una persona ivi avente poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo”).
Ne deriva che non trova fondamento normativo la tesi dell’Amministrazione secondo cui le fattispecie di cui all’art.80, comma 5, lettere (a) e (c) dlgs 50/2016, sarebbero riferibili anche al socio di maggioranza di un operatore economico-società di capitali, posto che tale interpretazione si risolve in una illegittima estensione della previsione di cui all’art. 80 comma 3, in violazione della tassatività delle cause di esclusione (in ordine al rapporto tra le previsioni di cui al comma 3 e 5 della disposizione in esame, si veda, oltre alla giurisprudenza richiamata dalla difesa di parte ricorrente, anche Consiglio di Stato, V, 22 settembre 2017, nr. 4442).
Né la fattispecie in esame si presta a giustificare una possibile rilevanza indiretta del comportamento del socio dell’-OMISSIS- Spa ai fini di un accertamento “atipico” dell’affidabilità di quest’ultima società come operatore economico in quanto tale (includendo la condanna del socio tra i “mezzi adeguati” che rendano dubbia l’integrità della persona giuridica – operatore concorrente secondo la lett. “c” del comma 5), dato che (a tacere della necessità, in tali casi, di una motivazione adeguata diversa dal mero automatismo tra fatto ed effetto) le responsabilità accertate in capo al socio stesso concernono, nel caso di specie, omissioni riferibili ad altra persona giuridica di cui il socio aveva la legale rappresentanza (ed in tale veste).
Atteso il chiaro disposto normativo, non si rivela, del resto, sufficiente a sorreggere il provvedimento neppure il contenuto di cui alle linee guida ANAC nr. 6 di attuazione del D.lgs. 50/2016, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, paragrafo III, punto 3.1 (che tuttavia costituiscono una giusta ragione per disporre la compensazione delle spese tra le parti).
Ed invero, nella parte in cui dette Linee Guida (affermando che i gravi illeciti professionali di cui al comma 5 dell’art. 80 assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara “quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice”), si interpretino come estensione, quale mero automatismo, ai soci di maggioranza di una società di capitali di cui al comma 3, delle ipotesi di esclusione (ed i connessi obblighi di dichiarazione) di cui al comma 5 del Codice, lett. “c”, dell’art. 80, esse assumono un valore sostanzialmente normativo (dal momento che fondano un obbligo diverso ed ulteriore rispetto a quello previsto dall’art. 80 dlgs 50/2016) e vanno pertanto disapplicate (in quanto costituiscono violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione e del principio del favor partecipationis; ed esorbitano dai limiti di deliberazione dell’Autorità di cui al comma 13 dell’art. 80 cit., non venendo in rilievo – nella parte considerata – la indicazione di “quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c).”).
Deve quindi concludersi affermando che le clausole di esclusione – ed i connessi obblighi dichiarativi – di cui all’art. 80, comma 5, lettere ”a” e “c” del Codice dlgs. 50/2016, non possono considerarsi rientranti nell’ambito applicativo del comma 3 della stessa disposizione e che pertanto esse operano nei confronti dei soli operatori economici e non anche nei confronti dei soci di maggioranza delle società di capitali.

Clausola di territorialità – Requisito di partecipazione – Violazione dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento – Illegittimità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 15.05.2019 n. 3147

La clausola in questione dispone che “i soggetti affidatari dei servizi in questione devono essere localizzati, per ovvie ragioni di economicità, in prossimità delle sedi dell’Amministrazione Comunale, e che quindi la partecipazione alla procedura dovrà essere limitata agli operatori economici che operano in tali zone (…), con esclusione delle altre frazioni (…) situate nella parte alta del territorio comunale; saranno inoltre ammesse a partecipare le ditte che hanno la sede operativa localizzata in comuni limitrofi (…) entro la distanza indicativa di 0,5 km dal confine comunale delle zone abitate e/o industriali (…)”.
Si tratta di una clausola irragionevole, al di là del corredo motivazionale sotteso, in quanto preclusiva della partecipazione di operatori che, seppure ubicati nel territorio (…), non si trovino nelle sole frazioni indicate dalla lex specialis, ovvero collocati al di fuori del Comune, ad una distanza di soli 0,5 chilometri dal confine comunale con le frazioni abitate e/o industriali. L’irragionevolezza è ravvisabile nella ristrettezza degli eterogenei parametri fissati dalla lettera di invito, che, per quanto finalizzati all’economicità, violano in modo non proporzionato i principi di libera concorrenza e di massima partecipazione, di matrice anche eurounitaria, i quali vietano ogni discriminazione dei concorrenti ratione loci. La comparazione degli interessi ha condivisibilmente indotto il primo giudice ad affermare che i limiti prima indicati di localizzazione territoriale incidono sulla par condicio della procedura «consentendo la partecipazione solo a imprese che risultino avere una sede entro un ristrettissimo perimetro, con l’effetto di favorire determinati operatori a discapito di altri, senza che detto discrimine appaia giustificato o proporzionato in relazione ad un qualche interesse ritenuto prevalente.

Schema (o modello) allegato al bando: quale valore assume ai fini dell’ammissione in gara?

Nelle gare pubbliche lo schema (o modello) allegato al bando non costituisce affatto parte integrante della lex specialis della gara, costituendo piuttosto uno strumento predisposto unilateralmente dall’Amministrazione, a scopo meramente esemplificativo, per facilitare la partecipazione alla stessa; pertanto non è di regola consentito sanzionare con l’esclusione dalla gara il mancato utilizzo di un modello predisposto dalla Stazione appaltante (da ultimo, in tal senso, TAR Cagliari, 11.03.2019 n. 215; cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 19.07.2018 n. 4395, TAR Molise, 15.01.2016 n.17).

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    Sopralluogo preliminare – Obbligo – Limiti – Tassatività cause di esclusione (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Catanzaro, 07.02.2019 n. 258 

    La clausola che preveda a pena di esclusione il sopralluogo non può di per sé dirsi contraria alla legge o non prevista dalla legge, salvo che il sopralluogo ha carattere di adempimento strumentale a garantire anche il puntuale rispetto delle ulteriori prescrizioni imposte dalla legge di gara e che l’obbligo di sopralluogo ha un ruolo sostanziale, e non meramente formale, per consentire ai concorrenti di formulare un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto.

    L’obbligo di sopralluogo, strumentale a una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi, è infatti funzionale alla miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore precisione, la migliore offerta tecnica (Consiglio di Stato, sez. V, 19.02.2018 n. 1037).

    E’ stato anche sottolineato che l’obbligo per il concorrente di effettuazione di un sopralluogo è finalizzato proprio ad una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi: tale verifica può, dunque, dirsi funzionale anche alla redazione dell’offerta, onde incombe sull’impresa l’onere di effettuare tale sopralluogo con la dovuta diligenza, in modo da poter modulare la propria offerta sulle concrete caratteristiche dei locali (Consiglio di Stato, sez. VI, 23.06.2016 n. 2800).

    Dispositivi medici – Marcatura CE – Mancata dichiarazione requisiti – Esclusione – Illegittimità (art. 68 , art. 69 , art. 80 , art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TRGA Trento, 21.11.2018 n. 259

    E’ illegittima l’esclusione (art. 80, d.lgs. n. 50/2016) da una procedura d’appalto di fornitura di dispositivi medici disposta per mancata dichiarazione di requisiti che si devono presumere certificati dalla marchiatura CE (art. 68, art. 69, d.lgs. n. 50/2016).
    Nel caso in cui un dispositivo medico recante la marcatura CE ai sensi dell’art. 5, d.lgs. n. 46 del 1997, ancorché installato e utilizzato correttamente secondo la sua destinazione e oggetto di manutenzione regolare, possa compromettere la salute e la sicurezza dei pazienti, degli utilizzatori o di terzi, il rimedio non può essere quello individuato dalla Stazione appaltante, ossia imporre ai soggetti che partecipano ad una gara, in aggiunta all’obbligo di comprovare la conformità del prodotto offerto alla normativa di settore, anche l’obbligo di dichiarare che il prodotto possiede ulteriori requisiti (art. 83, d.lgs. n. 50/2016)
    Tale rimedio è infatti costituito dalla procedura di salvaguardia di cui all’art. 7 del citato d.lgs. n. 46 del 1997 (che recepisce l’art. 8 della direttiva 93/42/CEE), in base al quale il Ministero della salute dispone il ritiro dal mercato del dispositivo pericoloso e ne vieta o limita l’immissione in commercio o la messa in servizio, informando contestualmente il Ministero dello sviluppo economico e la Commissione delle Comunità europee (in tal senso anche la Corte di Giustizia UE nella sentenza n. 6 del 2007, secondo cui i dispositivi medici, “una volta che siano conformi alle norme armonizzate e certificati seguendo le procedure previste da tale direttiva, devono presumersi conformi ai summenzionati requisiti essenziali e, di conseguenza, devono essere considerati adeguati all’uso cui sono destinati”).

    PER SAPERNE DI PIU’→ 

    Offerta tecnica – Limite dimensionale (pagine) – Superamento – Conseguenze (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Bologna, 31.05.2018 n. 435

    Va richiamato in proposito il principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 83 d.lgs. n. 50/2016), tra le quali non è previsto il superamento di limiti dimensionali in senso materiale dell’offerta stessa; limiti dimensionali che non sono imposti da alcuna disposizione di legge o regolamento, come precisato da Consiglio di Stato, V, n. 5123/2014, secondo cui, in assenza di disposizioni di tal fatta, l’impresa può presentare un atto avente il numero delle pagine che ritenga più opportuno. La decisione richiamata stabilisce che una tale modalità di redazione del proprio scritto può ritardare o intralciare il buon andamento dell’azione amministrativa ed è per questo che, in linea di principio, si può ritenere legittimo un bando di gara che – per non appesantire oltremodo i lavori della commissione – limiti il numero delle pagine della relazione tecnica da presentare. Il bando può, invero, prevedere il numero massimo delle pagine a pena di esclusione (salvo il sindacato del giudice amministrativo, ove una tale limitazione risulti manifestamente incongrua, in rapporto al valore della gara ed alla complessità delle questioni da affrontare), così come può non prevedere una automatica esclusione, attribuendo così, almeno implicitamente, alla commissione il potere di valutare la relazione tecnica, e di attribuire conseguentemente i punteggi, non solo sulla base del suo intrinseco contenuto sostanziale, ma anche della sua mole e della sua chiarezza espositiva. Infatti, può essere un pregio della relazione tecnica proprio la manifestata dote di sintesi, che evidenzi con immediatezza (se del caso rinviando ad allegati) i suoi punti caratterizzanti.
    Tale pregio può comportare una valutazione positiva, dunque, sotto un duplice profilo e cioè sia in ordine alla maggiore efficacia persuasiva o descrittiva dello scritto sintetico, sia in ordine al buon andamento dei lavori dell’organo amministrativo.
    In altri termini, in assenza di una disposizione normativa o di una espressa previsione del bando che preveda espressamente la esclusione, la relazione tecnica può essere formulata come meglio ritenga l’offerente, il quale ha però tutto l’interesse a presentare una offerta che possa conseguire un consistente punteggio non solo per la chiarezza delle questioni segnalate e affrontate ovvero per la qualità delle soluzioni proposte, ma anche per la sinteticità dello scritto, che di per sé ne valorizza il contenuto.
    Rientra poi nell’ambito dei poteri tecnico – discrezionali della commissione verificare se lo scritto vada considerato prolisso e inutilmente ripetitivo di concetti (e dunque meritevole di conseguire un basso punteggio), ovvero valutare se la lunghezza dell’esposizione non abbia intralciato i lavori ed abbia contribuito a chiarire aspetti effettivamente meritevoli di trattazione.

    (Nel caso di specie, la legge di gara non prevedeva una specifica comminatoria di esclusione e la stessa relazione tecnica, recante n. 27 pagine in luogo delle 20 prescritte dal disciplinare, conteneva diverse illustrazioni grafiche al netto delle quali il suo contenuto in termini di caratteri risulta essere, in ogni caso, in linea di massima corrispondente all’obiettivo delle venti pagine stabilito dal medesimo disciplinare).

    Le superiori considerazioni inducono a disattendere anche la doglianza con la quale parte ricorrente ritiene che all’offerta tecnica della controinteressata avrebbe dovuto essere attribuito un punteggio pari a zero in ragione delle violazioni dimensionali della relazione di cui si è detto e comunque avrebbe dovuto essere valutata omettendo le pagine non ammesse. Sul punto è sufficiente osservare che nessuna disposizione della lex specialis prevede una siffatta decurtazione del punteggio né una tale misura sanzionatoria può farsi discendere dal complesso delle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 50 del 2016.
    Alla luce di quanto sopra, nessuna violazione della parità di trattamento può ritenersi essersi verificata, risultando la condotta della commissione del tutto in linea con le cooordinate ordinamentali così come declinate nella legge di gara.
    In tal senso va anche disattesa la domanda di parte ricorrente volta ad ottenere la caducazione dell’intera procedura, invocata poiché i concorrenti che hanno rispettato i limiti dimensionali dell’offerta sarebbero stati ingiustamente penalizzati rispetto agli operatori economici che, come l’aggiudicataria, invece, non vi si sarebbero adeguati. A parte la correttezza dell’operato della commissione di cui s’è detto, è del tutto evidente che ove pure, in ipotesi, si fosse giunti ad una declaratoria di illegittimità dei provvedimenti adottati, essa non avrebbe potuto integrare i presupposti per far discendere, da una tale violazione, la caducazione dell’intera procedura di gara.

    Capacità economica – Richiesta dei bilanci in luogo del fatturato – Esclusione – Illegittimità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 02.02.2018 n. 671

    Il disciplinare di gara, quanto al requisito della capacità economico- finanziaria, prescriveva che i concorrenti dovessero:
    a) “essere in grado di produrre referenza bancaria di almeno un istituto bancario”;
    b) “possedere un fatturato globale d’impresa, per servizi analoghi, realizzato nell’ultimo triennio”.
    Nessuna norma del detto disciplinare stabiliva, tanto meno a pena di esclusione, che i bilanci eventualmente prodotti dai concorrenti dovessero essere stati depositati presso l’ufficio del registro delle imprese nei termini di legge.
    La stazione appaltante non poteva quindi ricavare dal tardivo deposito dei bilanci presso l’ufficio del registro delle imprese, una nuova causa di esclusione dalla gara non prevista dalla lex specialis.
    Ed invero, in base ad un condivisibile orientamento giurisprudenziale “il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti” (Corte Giustizia UE, Sez. VI, 2/6/2016, in C–27/15; si veda anche Cons. Stato, Sez. V, 18/1/2017, n, 194, seppur con riguardo alla problematica dell’omessa dichiarazione degli oneri di sicurezza aziendale).

    Prezzi predatori – Condotta anti concorrenziale – Esclusione – Tassatività (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Milano, 07.07.2017 n. 1550

    Nel caso di specie, la ricorrente vorrebbe sostanzialmente individuare un’ipotesi di esclusione non prevista dalla legge ed ancorata ad un presupposto di difficile individuazione, vale a dire la presunta condotta anticoncorrenziale di un operatore, che propone un prezzo del prodotto per fini appunto “predatori”, cioè esclusivamente per impedire l’ingresso sul mercato di altro concorrente.
    Si tratta però di una tesi che appare in evidente contrasto con il già citato principio di tassatività e che è inoltre priva di qualsivoglia base normativa.
    Il vigente codice dei contratti pubblici – che, non si dimentichi, al pari del codice precedente attua direttive dell’Unione Europea – prevede in caso di prezzi anormalmente bassi, l’attivazione della verifica di congruità, superata la quale l’offerta viene ammessa, in quanto ritenuta non anomala e rispondente quindi all’esigenza dell’amministrazione di acquistare beni o servizi al prezzo più competitivo e vantaggioso possibile (esigenza che, si perdoni l’ovvietà, è alla base del sistema delle pubbliche gare).
    Nel caso di specie, a fronte di un prodotto tecnicamente idoneo e con un prezzo del medesimo reputato in ogni caso congruo, non si comprende perché l’amministrazione dovrebbe escludere l’offerta, basandosi solo sull’ipotesi che il prezzo sia stato praticato unicamente per impedire illecitamente l’ingresso sul mercato di nuovi operatori (si consideri poi che nella presente fattispecie la differenza di prezzo nei due lotti per il prodotto di Baxter è minima, pari a circa il 10% e questo rende francamente molto incerto un controllo come quello auspicato dalla ricorrente).
    La soluzione prospettata dalla ricorrente costringerebbe le stazioni appaltanti, in casi come quello di cui è causa, ad effettuare una valutazione estremamente complessa sulle politiche commerciali dei partecipanti alla gara – politiche che gli enti appaltanti certamente ignorano e che sono di regola coperte da riservatezza – per verificare se un prezzo apparentemente conveniente per la stazione appaltante sia in realtà ispirato ad una mera finalità “predatoria”.
    Pare allo scrivente Collegio che tale soluzione sia estranea al sistema degli appalti pubblici, giacché eventuali condotte anticoncorrenziali – quali l’abuso di posizione dominante sul mercato – dovrebbero trovare la loro eventuale sanzione nelle forme tipiche previste dall’ordinamento (si veda ad esempio la legge 287/1990), e non certo addossando ai singoli enti appaltanti compiti impropri, che si pongono peraltro in contrasto con il principio legislativo di tassatività delle cause di esclusione.

    Omesso versamento contributo ANAC – Esclusione – Illegittimità – Fattispecie relativa a concessione di servizi (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Venezia, 15.06.2017 n. 563

    L’art. 1, comma 67, della l. n. 266 cit. non è applicabile alla gara per affidamento di una concessione di servizi, poiché la disposizione in parola pone il versamento del ridetto contributo come condizione di ammissibilità dell’offerta unicamente per gli appalti di opere pubbliche: la succitata condizione di ammissibilità non può, in difetto di espressa previsione di legge, estendersi alle concessioni di servizi, perché una simile estensione risulterebbe incompatibile con il principio di tassatività delle cause di esclusione dalla gara (v. art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 ed in passato art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163/2006);
    Inoltre, l’estensione alle concessioni di servizi della causa di esclusione dagli appalti pubblici consistente nel mancato versamento del contributo all’ANAC si porrebbe in contrasto, oltre che con la lettera della legge, con il principio generalissimo che non consente l’applicazione di una norma eccezionale fuori dai casi da essa espressamente contemplati.
    Anche ove si volesse sostenere la doverosità del versamento del contributo, ne deriverebbe non già l’esclusione per il mancato versamento, ma soltanto la fissazione alla società inadempiente di un termine per regolarizzare la propria posizione (così il recentissimo arresto della Corte Giust. UE, 2 giugno 2016, n. 27).
    Infatti, il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, dell’obbligo di pagamento di un contributo (ANAC) che non risulti espressamente dai documenti di gara o da norme di legge, bensì da una loro interpretazione: in tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità non ostano a che si consenta al citato operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere a tale obbligo entro un termine fissatogli dall’amministrazione aggiudicatrice.

    Tassatività delle cause di esclusione nel nuovo Codice dei contratti – Interpretazione (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Trieste, 06.06.2017 n. 202

    Il comma 8 dell’articolo 83 del D.Lgs. n. 50/2016, in continuità con il previgente comma 1 bis dell’articolo 46 del D.Lgs. n. 163/2016, pone il principio di tassatività delle cause di esclusione della gara, comminando la nullità delle previsioni della lex specialis di gara che stabiliscano cause di esclusione ulteriori e diverse rispetto a quelle normativamente fissate.
    La disposizione precitata in realtà codifica l’orientamento sostanzialista già invalso nella più recente giurisprudenza amministrativa, per cui le cause di esclusione dalla gara, in quanto limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione, senza possibilità di estensione analogica (cfr., C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 2064/2013), con la conseguenza che, in caso di equivocità delle disposizioni che regolano lo svolgimento della gara, deve essere preferita quell’interpretazione che, in aderenza ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza, eviti eccessivi formalismi e illegittime restrizioni alla partecipazione (cfr., T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. IV^, sentenza n. 208/2017).

    Offerta tecnica in numero di pagine superiore al limite previsto dal bando: va disposta l’esclusione?

    Offerta tecnica in numero di pagine superiore al limite previsto dal bando: va disposta l’esclusione? La questione è stata recentemente affrontata dal TAR Milano, 14.09.2016 n. 1660, relativamente ad una fattispecie nella quale la ricorrente contestava, in termini di violazione di legge e di eccesso di potere, la violazione da parte dell’aggiudicataria del numero di pagine indicato dalla lex specialis per la formulazione dell’offerta tecnica. Il Giudice adito ha ritenuto l’infondatezza delle doglianze proposte, in quanto:
    – la previsione della lex specialis, che delimita il numero delle pagine di cui deve essere composta l’offerta tecnica, non era assistita da alcuna previsione di esclusione, in coerenza con il principio di tassatività delle cause di esclusione, ex art. 46, comma 1 bis, del d.l.vo 2006, n. 163, né da altro tipo di sanzione;
    – anzi proprio formulazione della lex specialis e dei successivi chiarimenti esclude che la previsione suindicata rivesta valore tassativo nel contesto della disciplina di gara;
    non è condivisibile la tesi per cui i profili dell’offerta tecnica contenuti nelle pagine successive all’ottava avrebbero potuto essere valutati dalla stazione appaltante, in quanto tale modus procedendi avrebbe condotto a configurare la formale violazione del numero di pagine come un’incompletezza dell’offerta, con sostanziale violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione;
    – in via di ulteriore specificazione, la giurisprudenza, del tutto prevalente e condivisibile, ha chiarito che, in virtù del principio di tassatività della cause di esclusione dalle gare, sancito dall’art. 46, comma 1 bis, del D. Lgs. n. 163 del 2006, l’esclusione può essere disposta solo in applicazione di una specifica causa indicata nel codice dei contratti, del regolamento o di altre disposizioni di leggi vigenti, ma nessuna disposizione normativa correla l’esclusione dalla gara o altro tipo di sanzione al fatto che l’offerta sia formulata in un numero di pagine superiore a quello stabilito dalla lex specialis (cfr. tra le tante: T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 21 gennaio 2016, n. 176; Consiglio di Stato, sez. V, 23 marzo 2015, n. 1565; Consiglio di Stato, sez. III, 21 novembre 2014, n. 5752).

    Alle motivazioni dedotte nella richiamata sentenza può aggiungersi che in ordine ad analoga ipotesi di superamento del limite di pagine previste dal bando per l’offerta tecnica il Consiglio di Stato, sez. V, 14.10.2014 n. 5123 si è espresso nel modo seguente: “salvi i casi in cui una disposizione di rango legislativo o regolamentare limiti il numero delle pagine di un atto da presentare alla pubblica amministrazione – l’interessato può presentare un atto avente il numero delle pagine che ritenga più opportuno. (…) Il bando può prevedere il numero massimo delle pagine a pena di esclusione (salvo il sindacato del giudice amministrativo, ove una tale limitazione risulti manifestamente incongrua, in rapporto al valore della gara ed alla complessità delle questioni da affrontare), così come può non prevedere una automatica esclusione, attribuendo così, almeno implicitamente, alla commissione il potere di valutare la relazione tecnica, e di attribuire conseguentemente i punteggi, non solo sulla base del suo intrinseco contenuto sostanziale, ma anche della sua mole e della sua chiarezza espositiva.
    Infatti, può essere un pregio della relazione tecnica proprio la manifestata dote di sintesi, che evidenzi con immediatezza (se del caso rinviando ad allegati) i suoi punti caratterizzanti: tale pregio può comportare una valutazione positiva, dunque, sotto un duplice profilo e cioè sia in ordine alla maggiore efficacia persuasiva o descrittiva dello scritto sintetico, sia in ordine al buon andamento dei lavori dell’organo amministrativo.
    In altri termini, in assenza di una disposizione normativa o di una espressa previsione del bando che preveda espressamente la esclusione, la relazione tecnica può essere formulata come meglio ritenga l’offerente, il quale ha però tutto l’interesse a presentare una offerta che possa conseguire un consistente punteggio non solo per la chiarezza delle questioni segnalate e affrontate ovvero per la qualità delle soluzioni proposte, ma anche per la sinteticità dello scritto, che di per sé ne valorizza il contenuto.
    Rientra poi nell’ambito dei poteri tecnico-discrezionali della commissione verificare se lo scritto vada considerato prolisso e inutilmente ripetitivo di concetti (e dunque meritevole di conseguire un basso punteggio), ovvero valutare se la lunghezza dell’esposizione non abbia intralciato i lavori ed abbia contribuito a chiarire aspetti effettivamente meritevoli di trattazione.
    Si tratta, all’evidenza, di “un principio di ragionevolezza già desumibile dal sistema e risulta ispirato al principio del buon andamento della pubblica amministrazione, non si è posto in contrasto con disposizioni normative o con il bando di gara” (analogamente, sul punto, TAR Salerno, 22.07.2013 n. 1609).
    Ancora, è stato osservato che “l’eventuale numero di pagine eccedenti quelle previste dalla legge di gara non può determinare l’esclusione dalla gara (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1080; TAR Liguria, sez. II, 5 gennaio 2015, n. 2; TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 18 dicembre 2014, n. 1242; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, 10 aprile 2014, n. 1071), ma, se del caso, solo la necessità per la Commissione di gara di non valutare le pagine eccedenti (TAR Venezia, 11.09.2015 n. 963); infatti per giurisprudenza consolidata “nelle gare pubbliche le valutazioni operate dalle commissioni giudicatrici delle offerte tecniche presentate dagli operatori economici concorrenti, in quanto espressione di discrezionalità tecnica, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su di un palese e manifesto travisamento dei fatti ovvero ancora salvo che non vengano in rilievo specifiche censure circa la plausibilità dei criteri valutativi o la loro applicazione (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 27 aprile 2015, n. 2098; id., sez. III, 2 aprile 2015, n. 1741; id., sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257; id. sez. III, 12 dicembre 2014, n. 6139; id., sez. IV, 11 dicembre 2014, n. 6079; id., 18 novembre 2014, n. 5652; id., 11 novembre 2014, n. 5530; TAR Umbria, 3 dicembre 2014, n. 598); a ciò consegue che nel giudizio avente ad oggetto l’esito di gare pubbliche, in assenza dei suddetti, palesi, profili di erroneità, illogicità e sviamento, le censure volte a prospettare una diversa valutazione delle offerte rispetto a quella seguita dalla commissione giudicatrice, si traducono in un inammissibile sindacato sul merito delle scelte operate, riservato alle commissioni giudicatrici delle gare medesime, quale espressione, appunto, della discrezionalità che informa la procedura (Consiglio di Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 246)”.

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      Casellario giudiziario – Iscrizione disposta dall’ANAC – Tassatività e tipicità delle cause – Fattispecie relativa ad errore professionale (art. 38, art. 46 d.lgs. n. 163/2006 – art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

      Consiglio di Stato, sez. V, 04.08.2016 n. 3524

      L’iscrizione nel casellario giudiziario disposta dall’ANAC- Ufficio per il casellario informatico dei contratti della segnalazione è disciplinata dall’art. 8, comma 2, lett. r) del d.P.R. n. 207/2010 a mente del quale sono annotati “i provvedimenti di esclusione, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia, adottati dai soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lett. b”.
      La ratio della norma riposa sul principio di tassatività (cfr., di cui al testo novellato dell’art. 46 comma 1 bis, d.lgs. n. 163/2006) e di tipicità sia delle cause d’esclusione che delle conseguenze di natura interdittiva, lato sensu sanzionatorie, scaturenti dai provvedimenti d’esclusione.
      Nel caso in esame, l’esclusione comminata dalla S.U.A. , segnalata all’ANAC non è stata adottata nei casi previsti dal codice dei contratti pubblici non integrando affatto l’irregolare produzione documentale – come stabilito dalla sentenza di questa stessa Sezione qui condivisa – l’errore professionale di cui all’art. 38, comma 1, lett f.) del d.lgs. cit. posto a espressamente a fondamento del provvedimento d’esclusione.
      Sicché non sussiste il presupposto di fatto e di diritto (cfr. esclusione adotta nei casi tassativamente e specificamente previsti dal codice dei contratti) dell’annotazione nel casellario informatico dei contratti.

      Società incorporate – Violazione degli obblighi fiscali – Perdita del requisito di regolarità fiscale – Si trasferisce alla Società incorporante – Conseguenze – Esclusione – Legittimità (Art. 38 d.lgs. n. 163/2006)

      Consiglio di Stato, sez. III, 30.06.2016 n. 2937

      Condivide, infatti, il Collegio la decisione di primo grado il cui tenore viene di seguito richiamato.
      “Secondo la disciplina civilistica vigente, successiva alla modifica del diritto societario del 2003, a seguito di fusione per incorporazione due o più società si concentrano in una sola, attraverso il dispiegarsi di una vicenda evolutivo-integrativa, che comporta un mutamento formale di un’organizzazione societaria già esistente ma non la creazione di un nuovo ente (Cass., sez. VI, 18 novembre 2014 n. 24498, Cassazione civile, sez. lav., 15 febbraio 2013, n. 3820). All’esito dell’operazione predetta, per effetto dell’unificazione soggettiva e patrimoniale delle diverse società, il soggetto risultante dalla fusione finisce per assumere i diritti e gli obblighi di tutte le società partecipanti ex art. 2504-bis c.c. (nel testo modificato dal d.lgs. n. 6/2003), di modo che, in capo a questo, proseguono tutti i rapporti con i terzi sorti anteriormente alla modifica della struttura societaria e per i quali non vi sia stata definizione. Nel momento dell’incorporazione, dunque, anche le obbligazioni di pagamento delle imposte tributarie pregresse si trasferiscono alla società incorporante, in ragione, come detto, del realizzarsi di una vicenda evolutivo modificativa dello stesso soggetto giuridico che conserva la sua identità sia pure in un nuovo assetto organizzativo, per cui in applicazione del principio ubi commoda ibi et incommoda, resta inadempiente la società incorporante cui, appunto, la predetta obbligazione tributaria inadempiuta si è trasferita (in tal senso, cfr. anche quanto previsto dall’art. 172, comma 4, TUIR, a norma del quale “Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi, salvo quanto stabilito nei commi 5 e 7”).
      Pertanto, la ricostruzione secondo cui “le cause di esclusione della società incorporata, relative alle pregresse inadempienze verso il Fisco, si estendono automaticamente alla società incorporante, è coerente con l’art. 38, comma 1, lett. g), cit., la cui ratio è garantire la solvibilità e solidità finanziaria dei contraenti delle pubbliche amministrazioni, onde evitare che soggetti privi dei predetti requisiti partecipino a gare pubbliche utilizzando lo schermo di altra società – incorporante – pur rimanendo ferma, da un lato, la continuità dell’attività imprenditoriale, sia pure nel nuovo assetto organizzativo, e persistendo, dall’altro, una situazione di grave inadempimento delle obbligazioni tributarie, indice dell’inaffidabilità del concorrente sotto il profilo della regolarità fiscale.
      (…) Sul punto si è già espressa condivisibile giurisprudenza (cfr. in particolare Consiglio di Stato, sez. VI, 7 agosto 2015 n. 3910, ord. 18 dicembre 2013, n. 5032; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II, 28 febbraio 2014, n. 409) da cui il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi e cui si fa rinvio, anche ai sensi degli artt. 74 e 120, comma 10, c.p.a., in particolare nella parte in cui ha chiarito che in ragione del rapporto di continuità che sussiste tra le società interessate da una vicenda di fusione per incorporazione, la società incorporante risponde del debito tributario non assolto dalla società incorporata e deve quindi essere esclusa dalla gara per difetto del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), del D.lg.163/2006.
      (…) Inconferente è poi il richiamo operato dalla difesa del Consorzio ricorrente alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 886 del 25 febbraio 2014, che riguarda la diversa fattispecie dell’affitto di ramo d’azienda ove locatore e affittuario si configurano come soggetti distinti ed ove non si applicano le norme che disciplinano la sorte dei debiti aziendali in caso di trasferimento d’azienda ed in particolare l’art. 2560 c.c. (non essendo questa espressamente richiamata), sicché questi restano a carico del locatore, salvo che per i debiti di lavoro (art. 2112 c.c.)”.
      8. – La tesi dell’appellante, diretta a sostenere che il TAR avrebbe mal interpretato la norma dell’art. 38 comma 1 lett. g) del D.Lgs. 163/06, in quanto la violazione degli obblighi non sarebbe stata commessa dal Consorzio che ha partecipato alla gara, ma da altri soggetti giuridici, dei quali il San Raffaele ha solo ereditato la posizione debitoria, non può essere condivisa: come ha correttamente rilevato il primo giudice, richiamando peraltro la giurisprudenza più recente di questo Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 3910 del 2015) ricorre nel caso dell’incorporazione una situazione di assoluta continuità soggettiva tra l’incorporante e le incorporate, che rileva espressamente anche sul piano delle obbligazioni gravanti su queste ultime, comprese quelle fiscali per le quali la disciplina di settore è univoca nel ritenere il subentro nei relativi obblighi da parte della società incorporante (cfr. art. 172 comma 4 del D.P.R. n. 917/86, art. 15, comma 1, del D.Lgs. n. 472/97 puntualmente richiamate dalla difesa dell’aggiudicataria).
      I suddetti principi sono stati affermati anche dall’Adunanza Plenaria n. 21 /2012 secondo cui “La fusione per incorporazione di una società in un’altra, alla stregua di quanto dispone il novellato art. 2504-bis, comma 1, cod. civ., non è causa d’interruzione del processo del quale quella società sia parte, trattandosi di un evento da cui consegue non già l’estinzione della società incorporata, bensì l’integrazione reciproca delle società partecipanti all’operazione, ossia di una vicenda meramente evolutiva del medesimo soggetto, che conserva la propria identità pur in un nuovo assetto organizzativo (Cass. civ. [ord.], sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2637)”.
      “Infatti la società incorporante o risultante dalla fusione, – se non è, in base a tale ricostruzione, un successore universale, – tuttavia nemmeno è un soggetto “altro” e “diverso”, ma semmai un soggetto composito in cui proseguono la loro esistenza le società partecipanti all’operazione societaria”
      Nel caso dell’incorporazione, infatti, le imprese incorporate dalla consorziata destinata ad eseguire l’appalto, costituiscono parte integrante di quest’ultima e non sono soggetti terzi da essa distinti.
      Sicché la stazione appaltante deve verificare il possesso di tutti i requisiti ex art. 38 del D.Lgs. 163/06 – e non solo quelli di cui alla lett. c) – per la società incorporante e per le incorporate perché coesistono all’interno dello stesso soggetto che partecipa alla procedura di gara.
      Non viene, quindi, in rilievo una vicenda successoria nella quale potrebbe affermarsi il principio dell’intrasmissibilità della riprovevolezza morale della condotta tenuta da terzi, come sostenuto dall’appellante, in quanto nel caso dell’incorporazione non vi sono due soggetti distinti, bensì un unico soggetto giuridico.

      1. Incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta tecnica: conseguenze. – 2. Varianti progettuali: criteri guida, presupposti, differenza tra criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e prezzo più basso. – 3. Chiarimenti della Stazione appaltante: funzione e limiti. (Artt. 46, 76)

      Consiglio di Stato, sez. V, 11.12.2015 n. 5655
      (sentenza integrale)

      1 – “a) in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. Corte giust. UE, 12 marzo 2015, C-538/13, eVigilio Ltd; Cons. Stato, Ad. plen., 30 luglio 2014, n. 16; Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9; Ad. plen., 30 gennaio 2014, n. 7; Sez. V, 27 marzo 2015, n. 1601, cui si rinvia ai sensi del combinato disposto degli artt. 74, 88, co.2, lett. d), e 120, co. 10, c.p.a.), deve ritenersi che:
      I) il principio di tassatività delle cause di esclusione sancito dall’art. 46, co. 1-bis, del codice dei contratti pubblici esige, ove richiamato in relazione allo scrutinio di offerte tecniche, che le stesse debbano essere escluse solo quando siano a tal punto carenti degli elementi essenziali da ingenerare una situazione di «incertezza assoluta sul contenuto …. dell’offerta», ovvero in presenza di specifiche clausole della legge di gara che tipizzino una siffatta situazione di incertezza assoluta;
      II) la valutazione delle offerte – e dunque anche della loro “incertezza assoluta” – nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione giudicatrice, rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta a tale organo, sicché le censure che impingono il merito di tale valutazione (opinabile) sono inammissibili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a., fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica;

      2 – III) la previsione esplicita della possibilità di presentare varianti progettuali in sede di offerta (a fortiori per il tipo di gara in contestazione, un appalto di lavori basato sulla sola progettazione definitiva), è stata oggi generalizzata dall’art. 76 del codice dei contratti pubblici (per qualsivoglia appalto); l’amministrazione deve indicare, in sede di redazione della lex specialis, se le varianti sono ammesse e, in caso affermativo, identificare i loro requisiti minimi;
      IV) la ratio della scelta normativa – nazionale e comunitaria – si fonda sulla circostanza che, allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la stazione appaltante ha maggiore discrezionalità e soprattutto sceglie il contraente valutando non solo criteri matematici ma la complessità dell’offerta proposta alla luce della vantaggiosità della stessa in funzione dell’interesse proprio; nel corso del procedimento di gara, quindi, potrebbero rendersi necessari degli aggiustamenti rispetto al progetto base elaborato dall’amministrazione, favorevolmente apprezzabili perché ritenuti utili dalla medesima stazione appaltante; nel caso, invece, di offerta selezionata col criterio del prezzo più basso, poiché tutte le condizioni tecniche sono predeterminate al momento dell’offerta e non vi è alcuna ragione per modificare l’assetto contrattuale, non è mai ammessa la possibilità di presentare varianti;
      V) in ogni caso, a prescindere dalla espressa previsione di varianti progettuali in sede di bando, deve ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo, è consentito alle imprese di proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio;
      b) la giurisprudenza ha elaborato alcuni criteri guida relativi alle varianti in sede di offerta:
      I) si ammettono varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell’opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.;
      II) risulta essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l’offerente dia contezza delle ragioni che giustificano l’adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l’efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata;
      III) viene lasciato un ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, trattandosi dell’ambito di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.

      3 – nelle gare d’appalto o di affidamento di servizi pubblici, in una situazione di obbiettiva incertezza derivante dalle clausole della legge di gara che risultino imprecisamente formulate o si prestino comunque ad incertezze interpretative, la risposta dell’amministrazione ad una richiesta di chiarimenti non costituisce una indebita e perciò illegittima modifica delle regole di gara ma una sorta di interpretazione autentica con cui la stazione appaltante chiarisce la propria volontà provvedimentale in un primo momento poco intellegibile, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis“.

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