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ANAC : la deroga alle Linee Guida o al Bando Tipo richiede adeguata motivazione

L’importanza delle Linee Guida ANAC
Le Stazioni Appaltanti hanno il dovere di adeguarsi alle indicazioni delle Linee Guida dell’ANAC.
Non possono discostarsi da esse in maniera irragionevole e abnorme, e comunque – nel caso decidano di non adeguarsi – lo devono motivare adeguatamente adottando un apposito atto che indichi le ragioni sottese a tale deroga. In base all’articolo 71 del Codice degli Appalti, tale motivazione deve essere particolarmente circostanziata qualora sia presente un Bando Tipo che esplicita i criteri di valutazione delle offerte.

Lo scostamento dalle Linee Guida e dal Bando Tipo
L’affidamento, infatti, per ANAC è avvenuto contravvenendo alle indicazioni del Codice dei Contratti, discostandosi dalle indicazioni delle Linee Guida, ignorando il bando tipo che indicava esplicitamente i criteri per le offerte.
Per l’Autorità non regge la giustificazione addotta dalla Stazione Appaltante secondo cui essa avrebbe discrezionalità valutativa, e quindi è giustificata nel cercare direttamente sul mercato gli operatori economici di cui ha bisogno, senza sottostare a gare aperte.

Il restringimento della concorrenza
Al riguardo, l’Autorità precisa che il Codice dei Contratti (decreto legislativo 50/2016) dispone che “ANAC, attraverso linee guida, bandi tipo, contratti tipo e altri strumenti, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità, dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità di procedimenti amministrativi, favorendo lo sviluppo delle migliori pratiche”. Soprattutto “i bandi di gara vanno redatti in conformità agli stessi stabiliti dall’ANAC, motivando espressamente ogni forma di deroga”.

Secondo l’Autorità, invece, la Stazione Appaltante si è discostata dal bando tipo “determinando un effettivo restringimento della concorrenza senza alcuna valida argomentazione a supporto”.

Atto del Presidente del 14.09.2022 – prot. 73809/2022.pdf

fonte: sito ANAC

Cause di esclusione – Tassatività – Interpretazione estensiva –  Disapplicazione Linee guida ANAC n. 6 (art. 80 , art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Lazio, 17.06.2019 n. 7836

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente agisce per l’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara cui ha preso parte, motivato in ragione della sussistenza di una sentenza penale di condanna del socio di maggioranza della concorrente per fattispecie attinenti alle previsioni di cui all’art. 80, comma 5, del dlgs. 50/2016, lett. a) e c). (…)
Rileva il Collegio che l’art. 80, comma 3, del dlgs. 50/2016, riferisce al “socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro” delle società di capitali “l’esclusione di cui ai commi 1 e 2”; questi ultimi commi recano una elencazione tassativa di circostanze ostative alla partecipazione dell’operatore giuridico ad una procedura di appalto o concessione.
Le cause di esclusione richiamate dall’Amministrazione ricadono nell’ambito del comma 5 dell’art. 80, che sono testualmente riferite al solo “operatore economico”, in maniera corrispondente a quanto previsto dall’art. 57, comma 1, della Direttiva nr. 24/2014 (secondo cui “l’obbligo di escludere un operatore economico -sancito nelle voci da a) ad f) dei commi precedenti, corrispondenti alle previsioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 80 del dlgs. 50/2016- si applica anche nel caso in cui la persona condannata definitivamente è un membro del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza di tale operatore economico o è una persona ivi avente poteri di rappresentanza, di decisione o di controllo”).
Ne deriva che non trova fondamento normativo la tesi dell’Amministrazione secondo cui le fattispecie di cui all’art.80, comma 5, lettere (a) e (c) dlgs 50/2016, sarebbero riferibili anche al socio di maggioranza di un operatore economico-società di capitali, posto che tale interpretazione si risolve in una illegittima estensione della previsione di cui all’art. 80 comma 3, in violazione della tassatività delle cause di esclusione (in ordine al rapporto tra le previsioni di cui al comma 3 e 5 della disposizione in esame, si veda, oltre alla giurisprudenza richiamata dalla difesa di parte ricorrente, anche Consiglio di Stato, V, 22 settembre 2017, nr. 4442).
Né la fattispecie in esame si presta a giustificare una possibile rilevanza indiretta del comportamento del socio dell’-OMISSIS- Spa ai fini di un accertamento “atipico” dell’affidabilità di quest’ultima società come operatore economico in quanto tale (includendo la condanna del socio tra i “mezzi adeguati” che rendano dubbia l’integrità della persona giuridica – operatore concorrente secondo la lett. “c” del comma 5), dato che (a tacere della necessità, in tali casi, di una motivazione adeguata diversa dal mero automatismo tra fatto ed effetto) le responsabilità accertate in capo al socio stesso concernono, nel caso di specie, omissioni riferibili ad altra persona giuridica di cui il socio aveva la legale rappresentanza (ed in tale veste).
Atteso il chiaro disposto normativo, non si rivela, del resto, sufficiente a sorreggere il provvedimento neppure il contenuto di cui alle linee guida ANAC nr. 6 di attuazione del D.lgs. 50/2016, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016, paragrafo III, punto 3.1 (che tuttavia costituiscono una giusta ragione per disporre la compensazione delle spese tra le parti).
Ed invero, nella parte in cui dette Linee Guida (affermando che i gravi illeciti professionali di cui al comma 5 dell’art. 80 assumono rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara “quando sono riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del Codice”), si interpretino come estensione, quale mero automatismo, ai soci di maggioranza di una società di capitali di cui al comma 3, delle ipotesi di esclusione (ed i connessi obblighi di dichiarazione) di cui al comma 5 del Codice, lett. “c”, dell’art. 80, esse assumono un valore sostanzialmente normativo (dal momento che fondano un obbligo diverso ed ulteriore rispetto a quello previsto dall’art. 80 dlgs 50/2016) e vanno pertanto disapplicate (in quanto costituiscono violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione e del principio del favor partecipationis; ed esorbitano dai limiti di deliberazione dell’Autorità di cui al comma 13 dell’art. 80 cit., non venendo in rilievo – nella parte considerata – la indicazione di “quali mezzi di prova considerare adeguati per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui al comma 5, lettera c), ovvero quali carenze nell’esecuzione di un procedente contratto di appalto siano significative ai fini del medesimo comma 5, lettera c).”).
Deve quindi concludersi affermando che le clausole di esclusione – ed i connessi obblighi dichiarativi – di cui all’art. 80, comma 5, lettere ”a” e “c” del Codice dlgs. 50/2016, non possono considerarsi rientranti nell’ambito applicativo del comma 3 della stessa disposizione e che pertanto esse operano nei confronti dei soli operatori economici e non anche nei confronti dei soci di maggioranza delle società di capitali.

Linee Guida ANAC in materia di affidamenti di servizi sociali: consultazione on line

Consultazione on line del 10 maggio 2019 – invio contributi entro il 13 giugno 2019

Nello svolgimento dell’attività istituzionale di competenza dell’Autorità sono emerse problematiche che presuppongono l’individuazione della disciplina applicabile agli affidamenti di servizi sociali all’esito del nuovo quadro normativo delineatosi a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, del decreto correttivo 56/2017 e del codice del Terzo settore.
La delicatezza della materia, che per alcune tipologie di attività sottende rilevanti interessi economici, ha suggerito l’opportunità di un intervento chiarificatore dell’Autorità con l’aggiornamento della delibera n. 32/2016 recante «Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali». Il presente documento di consultazione è stato elaborato all’esito della preventiva acquisizione del parere del Consiglio di Stato, con l’obiettivo di definire un quadro d’insieme chiaro e coerente, individuando le diverse modalità di affidamento dei servizi sociali a disposizione delle stazioni appaltanti e delineando i tratti caratteristici e gli ambiti applicativi di ciascun istituto. Lo schema di linee guida tiene conto della particolarità della materia, che coinvolge, nella maggior parte dei casi, interessi primari riferiti a soggetti in condizioni di difficoltà e, in generale, a fasce particolarmente deboli della collettività. Inoltre, il documento considera le finalità solidaristiche degli Enti del Terzo settore e la necessità di favorire l’attuazione del principio costituzionalmente garantito di sussidiarietà. In particolare, il coordinamento delle diverse disposizioni vigenti nei due ambiti di interesse (servizi sociali e contratti pubblici) è avvenuta nel rispetto delle peculiarità dei soggetti coinvolti, con la massima attenzione alla garanzia di un equo contemperamento tra le esigenze di solidarietà sociale e quelle di trasparenza, imparzialità, parità di trattamento, economicità, efficacia, proporzionalità e pubblicità proprie dei procedimenti ad evidenza pubblica. 
Gli Stakeholder interessati sono invitati a far pervenire i loro contributi entro il 13 giugno 2019 alle ore 24:00.

Documento in consultazione (.pdf)
Modulo osservazioni

Le indagini penali possono incidere sulla valutazione di affidabilità dell’opertore economico ?

Quanto alla rilevanza degli atti delle indagini penali ai fini della valutazione – di competenza dell’amministrazione – dell’affidabilità dell’operatore economico, ritiene la giurisprudenza (da ultimo Consiglio di Stato, sez. V, 20.03.2019 n. 1846 in tema di appalti secretati) che non è indispensabile che i gravi illeciti professionali che devono essere posti a supporto della sanzione espulsiva del concorrente dalla gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 siano accertati con sentenza, anche se non definitiva, ma è sufficiente che gli stessi siano ricavabili da altri gravi indizi, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa succitata è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati. L’elencazione contenuta in detta norma, del resto, è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione “con mezzi adeguati”, sia dall’incipit del secondo inciso – nella versione in vigore al momento di adozione del provvedimento impugnato (“Tra questi [id est, gravi illeciti professionali – ndr] rientrano: […]”) – che precede l’elencazione (Consiglio di Stato, sez. V, 02.03.2018 n. 1299 su questo sito, ndr.). Invero, “è consentito alle stazioni appaltanti escludere da una procedura di affidamento di contratti pubblici i concorrenti in presenza di pregressi gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la loro integrità o affidabilità. In tali ipotesi, la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell’esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla stazione appaltante” (cfr. Cons. Stato, III, 29 novembre 2018, n. 6786; sez. III, 23 agosto 2018, n. 5040; sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592; sez. V, 3 aprile 2018, n. 2063; sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299; sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5704); d’altro canto “Il legislatore, quindi, ha voluto riconoscere a quest’ultima (stazione appaltante) un ampio margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell’affidabilità dell’appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il g.a. è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della «non pretestuosità» della valutazione degli elementi di fatto compiuta e non può pervenire ad evidenziare una mera «non condivisibilità» della valutazione stessa” (così Cass. civ., Sez. un., 17 febbraio 2012, n. 2312).
Deve quindi concludersi che le risultanze delle indagini penali assumono in ogni caso rilievo come fattore sintomatico dell’inaffidabilità dell’operatore economico e, come tali, sono di per sé sufficienti a giustificarne l’esclusione. Ciò a maggior ragione vale per il caso in cui l’oggetto dell’imputazione penale attiene a violazioni specifiche degli obblighi cui è espressamente tenuto a conformarsi il prestatore dei servizi oggetto di affidamento, essendo in tal caso tenuta l’amministrazione, a tutela degli interessi di rango primario di cui si è in precedenza detto, a verificare con particolare scrupolo il presupposto dell’affidabilità sostanziale del detto operatore, il che si traduce, ad esempio, nell’onere di puntualmente motivare – alla luce dell’interesse pubblico – l’eventuale decisione di proseguire nel rapporto con quest’ultimo, nonostante le avverse risultanze emerse in sede di procedimento penale.
La tutela di tali fondamentali interessi, aventi rilevanza costituzionale, è rimessa in sede di gara al prudente apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, che dovendo innanzitutto prevenire una loro possibile lesione, ben potrà esercitare i suoi poteri di esclusione dalla procedura in presenza già solo di oggettivi indici di pericolo, quali sicuramente possono individuarsi – nel caso concreto – nella gravità e significatività degli elementi emersi in sede di istruttoria penale, di cui si è in precedenza detto.
Deve pertanto concludersi che la presenza di indagini o di procedimenti penali per fatti che riguardano l’esecuzione di attività analoghe a quelle oggetto di affidamento è sufficiente a far sorgere il dubbio circa l’integrità professionale di cui all’art. 80 comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016.

Sulla scorta del delineato quadro giurisprudenziale (si veda anche Consiglio di Stato, sez. V, 27 febbraio 2019 n. 1367) nonché dei pareri del Consiglio di Stato del 3 novembre 2016, n. 2286 e del 25 settembre 2017, n. 2042, si ricava, altresì, l’utilità, ma non la decisività, delle Linee guida ANAC n. 6, approvate con la delibera del 16 novembre 2016, n. 1293 ed aggiornate con la delibera dell’11 ottobre 2017, n. 1008 (recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”, emanate in attuazione dell’art. 80, comma 13, del d.lgs. n. 50 del 2016), al fine della soluzione interpretativa da fornire della disposizione normativa più volte citata, che, peraltro, non smentiscono la suddetta esegesi in base alla quale il pregresso inadempimento, anche se non abbia prodotto gli effetti tipizzati, rileva ai fini dell’esclusione qualora, sulla base del discrezionale giudizio della stazione appaltante, sia idoneo ad integrare il “grave illecito professionale”, e sia in grado dunque di ledere l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico.

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    Principio di rotazione – Deroga – Presupposti – Infungibilità del software, disagi per la formazione del personale, urgenza dell’affidamento – Valutazione (art. 36 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Napoli, 19.07.2018 n. 4794

    In tema, in modo chiaro, nelle Linee guida ANAC n. 4 (delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 applicabili ratione temporis – versione aggiornata al seguente link), si legge che “il rispetto del principio di rotazione espressamente sancito dall’art. 36, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 fa sì che l’affidamento al contraente uscente abbia carattere eccezionale e richiede un onere motivazionale più stringente”. La stazione appaltante, o il RUP, quindi, nel momento in cui propone al responsabile del servizio l’affidamento, è tenuta a indicare la motivazione di tale scelta “in considerazione o della riscontrata effettiva assenza di alternative ovvero del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e in ragione della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento, anche tenendo conto della qualità della prestazione”.
    In modo altrettanto perentorio, nel parere del Consiglio di Stato n. 1329 del 13 settembre 2016 espresso sullo schema di linee guida relative all’affidamento sotto soglia, è scritto che “ben diverso è il caso dell’affidamento all’operatore economico uscente dove, ad avviso del Collegio, appare non sufficiente imporre un onere motivazionale più stringente, quando, invece, dovrebbe darsi conto del carattere del tutto eccezionale sia della reiterazione dell’invito alla procedura sia del riaffido dell’appalto allo stesso operatore economico, ad esempio a fronte di riscontrata effettiva assenza di alternative, non potendosi dimenticare il rispetto, tra gli altri, del principio di rotazione sancito specificamente dalla legge (art. 36, comma 1). Assai spesso, del resto, è proprio negli affidamenti all’operatore uscente che il fenomeno corruttivo si annida nella sua dimensione meno facilmente accertabile” – così, da ultimo, TAR Calabria, sez. I, 14/5/18 n. 1007.
    Il principio di rotazione, che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da consultare e da invitare a presentare le offerte, trova fondamento nella esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato. Pertanto, al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese, e di favorire la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio di rotazione comporta in linea generale che l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale e deve essere adeguatamente motivato, avuto riguardo al numero ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, cfr. la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, Linee Guida ANAC n. 4)” – Consiglio di Stato, sez. VI,  31/8/17 n. 4125.
    Alla luce delle predette coordinate normative ed ermeneutiche, del tutto insufficienti a giustificare un ulteriore affidamento diretto si rivelano i riferimenti contenuti nella determina impugnata ai “disagi” che la scelta di un diverso gestore determinerebbe, tenuto conto della conseguente necessità di implementazione dei dati su un software diverso da quello in uso alla A. e della nuova formazione del personale. In relazione a tali profili va, infatti, osservato che il Comune non ha controdedotto a quanto argomentato dalla ricorrente in ordine alla possibile fruizione anche da parte da sua della licenza d’uso del software, che peraltro risulta già in uso al Comune da “diversi anni”, né in merito alla natura meramente “operativa” delle attività gestionali che il Comune continua a svolgere a mezzo di proprio personale.
    D’altro canto, non pertinenti (non essendo l’urgenza un presupposto normativamente stabilito per gli affidamenti diretti) sono i richiami all’urgenza di provvedere agli adempimenti propedeutici all’approvazione del bilancio di previsione, ciò che comunque non legittimerebbe un ulteriore affidamento annuale.

    RUP – Competenza residuale – Comprende i provvedimenti di esclusione – Interpretazione autentica – Linee Guida ANAC n. 3 e Bando Tipo n. 1 (art. 31 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Venezia, 27.06.2018 n. 695

    L’art. 31, comma 3, del d.lgs. n. 18.04.2016, n. 50 stabilisce che (il successivo comma 4 declina in modo puntuale, poi, una serie di compiti del RUP “oltre” a quelli specificatamente previsti da altre disposizioni del codice).
    La giurisprudenza amministrativa, nell’interpretare il citato articolo (il quale, peraltro, amplia la dizione normativa del previgente art. 10, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), ha stabilito che la disposizione richiamata delinea la competenza del responsabile unico del procedimento (RUP) in termini residuali (cfr. T.A.R Campania, Napoli, sez. VIII, 19.10.2017, n. 4884), competenza che si estende anche all’adozione dei provvedimenti di esclusione delle partecipanti alla gara, secondo un orientamento che il Consiglio di Stato ha definito “pacifico” (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 19.06.2017, n. 2983 e giurisprudenza ivi richiamata).
    Il Collegio ritiene che tali esiti giurisprudenziali – che si condividono e ai quali si intende dare continuità – ben colgano la volontà del legislatore (racchiusa nella richiamata disposizione) di identificare nel responsabile unico del procedimento il dominus della procedura di gara, in quanto titolare di tutti i compiti prescritti, salve specifiche competenze affidate ad altri soggetti. Come affermato da Cons. Stato, Comm. spec., 25.09.2017 n. 2040, anche dopo l’intervento correttivo recato dal decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 resta confermata <l’assoluta centralità del ruolo del RUP nell’ambito dell’intero ciclo dell’appalto, nonché le cruciali funzioni di garanzia, di trasparenza e di efficacia dell’azione amministrativa che ne ispirano la disciplina codicistica>. (…)
    Le conclusioni raggiunte supra, già di per sé sufficienti a ritenere fondata la censura di incompetenza, sono corroborate dalle Linee Guida ANAC n. 3, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Nomina, ruolo e compiti del responsabile unico del procedimento per l’affidamento di appalti e concessioni» dell’ANAC, secondo le quali (punto 5.2., verifica della documentazione amministrativa da parte del RUP, richiamato dal successivo punto 8, in relazione ai compiti del RUP per gli appalti di servizi, forniture e concessioni di servizi) .
    A giudizio del Collegio, le citate Linee Guida n. 3, nella parte richiamata hanno riservato alla discrezionale valutazione organizzativa delle singole stazioni appaltanti la scelta se demandare il controllo della documentazione amministrativa al RUP, ad un seggio di gara istituito ad hoc oppure, se presente nell’organico, ad un apposito ufficio/servizio a ciò deputato; tuttavia, contestualmente, le stesse Linee Guida hanno stabilito che in ogni caso (e, quindi, sia quando il controllo della documentazione amministrativa è svolto dal RUP sia quando è svolto da un seggio di gara istituito ad hoc oppure da un apposito ufficio/servizio a ciò deputato) il RUP è chiamato ad esercitare una funzione di coordinamento e controllo, finalizzata ad assicurare il corretto svolgimento delle procedure e ad adottare le decisioni conseguenti alle valutazioni effettuate .
    Nè appaiono persuasive, sul punto, le argomentazioni difensive sviluppate dalla parte resistente (e avallate dalla parte controinteressata) in ordine alle indicazioni provenienti dal Bando tipo ANAC n. 1/2017 del 22 dicembre 2017, che al punto 19 (pag. 42) avrebbe valenza interpretativa autentica della clausola di cui al punto 5.2 delle Linee guida n. 3 ANAC (espressamente richiamata), da cui emergerebbe come ben possa attribuirsi la competenza ad emettere i provvedimenti di esclusione in alternativa al RUP o al seggio di gara istituito ad hoc o “all’apposito ufficio della stazione appaltante”, quest’ultimo, pertanto, pienamente competente non solo per quanto riguarda il controllo e la verifica della documentazione amministrativa, ma anche per quanto riguarda l’adozione dei conseguenti provvedimenti di esclusione o ammissione alla gara.
    La tesi, si ribadisce, non è persuasiva per due ragioni: in primo luogo perché, come lealmente viene dato atto dalla stessa parte resistente, il Bando tipo ANAC n. 1/2017 è inapplicabile ratione temporis alla procedura di gara de qua; in secondo luogo, ed in via tranchant, il Collegio ritiene che l’affermata “interpretazione autentica” delle Linee guida 3 (che, è bene ricordarlo, in parte qua contengono “disposizioni integrative della fonte primaria, in materia […] di competenze di un organo amministrativo: cfr. Cons. Stato, Comm. Spec., 2 agosto 2016, n. 1767) non possa essere recata da un bando tipo (nella fattispecie il n. 1/2017), considerando, peraltro, che mentre il bando tipo è (motivatamente) derogabile (cfr. art. 71, ultimo periodo, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), le Linee guida vincolanti non lasciano <poteri valutativi nella fase di attuazione alle amministrazioni e agli enti aggiudicatori, che sono obbligati a darvi concreta attuazione>  (cfr. cit. Cons. Stato, Comm. Spec., 2 agosto 2016, n. 1767).

    RUP – Competenza nella verifica di anomalia – Disciplina tra nuovo Codice e Linee Guida ANAC n. 3 – Due sentenze applicative (art. 31 , art. 77 , art. 97 d.lgs. n. 50/2016)

    1. RUP – Verifica di anomalia – Competenza residuale – Nuovo Codice dei contratti e Linee Guida ANAC –  Sussiste

    TAR Latina, 06.06.2018 n. 323

    Osserva il Collegio che, in disparte restando il problema del rispetto o meno del contraddittorio, per il quale appare sufficiente far rinvio alla nuova formulazione del procedimento di verifica di anomalia dell’offerta ex art. 97 d.lgs. n. 50/2016 (certamente più snello rispetto al regime previgente), basta in proposito rilevare che la giurisprudenza formatasi nel regime antecedente al nuovo codice dei contratti pubblici, sia in vigenza dell’art. 88 del d.lgs. n. 163/2006 che in precedenza, riconosceva che spettasse al RUP il compito di verifica delle offerte anomale. Si riteneva che, allorché si fosse aperta la fase di verifica delle offerte anormalmente basse, la commissione aggiudicatrice avesse ormai esaurito il proprio compito, essendosi in tale momento già proceduto alla valutazione delle offerte tecniche ed economiche, all’assegnazione dei relativi punteggi ed alla formazione della graduatoria provvisoria tra le offerte; una possibile riconvocazione della commissione, di regola, sarebbe stata ipotizzabile solo laddove in sede di controllo sulle attività compiute fossero emersi errori o lacune tali da imporre una rinnovazione delle valutazioni (oltre che nell’ipotesi di regressione della procedura a seguito di annullamento giurisdizionale, come previsto dal comma 12 dell’ art. 84 d.lgs. n. 163/2006, Codice degli appalti 2006). Si riteneva, pertanto, del tutto fisiologico che fosse il RUP, che in tale fase interviene ad esercitare la propria funzione di verifica e supervisione sull’operato della commissione, il titolare delle scelte, e se del caso delle valutazioni, in ordine alle offerte sospette di anomalia (Cons. Stato Sez. V, 24.07.2017, n. 3646; Cons. Stato Sez. V, 10-02-2015, n. 689; Cons. Stato, Ad. Plen., 29.11.2012, n. 36).

    Il testo dell’art. 97 del nuovo codice dei contratti pubblici non contiene elementi che depongono per il passaggio delle competenze inerenti alla verifica dell’offerta anomala in capo alla Commissione giudicatrice, di cui all’art. 77 d.lgs. n. 50/2016, e in grado di supportare un mutamento rispetto all’orientamento formatosi in vigenza del “vecchio” codice degli appalti.
    La norma attuale dell’art. 97 del D.lgs. 18/04/2016, n. 50, come quella precedente dell’art. 84 del previgente codice, rileva come tale verificazione spetti alla “Stazione appaltante”, senza ulteriori specificazioni. L’art. 31 d.lgs. n. 50/2016 del vigente codice dei contratti pubblici, oltre a indicare alcuni specifici compiti del RUP, delinea la sua competenza in termini residuali precisando che “quest’ultimo, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”. Tra i compiti espressamente attribuiti alla Commissione giudicatrice di cui all’art. 77 del medesimo D.lgs. 18/04/2016, n. 50, non figura la verifica dell’anomalia dell’offerta.

    Le Linee guida ANAC n. 3 del 2016 relative al RUP, specificamente previste dal comma 5 dell’art. 31 del nuovo codice, contemplano che nel caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo, il RUP si occupa della verifica della congruità delle offerte. La stazione appaltante può prevedere che il RUP possa o debba avvalersi della struttura di supporto o di una commissione nominata ad hoc. Nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, come quello in esame, viene invece previsto che il RUP verifichi la congruità delle offerte con il supporto della commissione giudicatrice.
    Quest’ultima indicazione, quindi, seppure conferma la competenza in capo al RUP delle valutazioni di anomalia di offerta, prevede che, per gli appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tale valutazione venga fatta con l’ausilio della commissione giudicatrice. In sostanza, per gli appalti in cui, per il criterio di selezione, la valutazione dell’offerta dal punto di vista tecnico si presenta più complessa, viene indicata la necessità di un “intervento” da parte della Commissione esaminatrice che ha già esaminato l’offerta anche nelle sue componenti tecniche.
    Il riferimento al “supporto” da parte della commissione esaminatrice nella valutazione di anomalia contenuto nelle linee Guida ANAC palesa, quindi, l’esigenza che il RUP, prima di assumere le valutazioni definitive in ordine al giudizio di anomalia, chieda il parere non vincolante della Commissione esaminatrice.

    2. Verifica di anomalia svolta dal RUP – Nel caso in cui la lex specialis preveda la competenza in capo alla Commissione giudicatrice – Illegittimità   

    TAR Pescara, 22.05.2018 n. 169

    Nel regime di cui al d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza aveva riconosciuto la legittimità della verifica di congruità eseguita, anziché dalla commissione aggiudicatrice, direttamente dal responsabile unico del procedimento avvalendosi degli uffici e organismi tecnici della stazione appaltante. Ciò tenuto conto del ruolo del ruolo del R.u.p. quale vero e proprio “motore” della procedura selettiva, dotato delle necessarie competenze adeguate in relazione ai compiti cui è deputato, fra cui anche il controllo dell’attività della commissione aggiudicatrice, e, nelle gare da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del suo ruolo di “filtro” tra le valutazioni tecniche della commissione di cui all’art. 84 del Codice e le scelte della stazione appaltante. Di qui la rimessione ex lege al R.u.p. di ogni valutazione innanzi tutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, egli possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice anche per la fase de qua. Ciò specie qualora la verifica delle offerte a rischio di anomalia chiami in causa anche l’apprezzamento di elementi dell’offerta tecnica, e quindi richieda anch’essa il possesso di determinate cognizioni e competenze (cfr Cons. St. A.P. 29.11.2012 n. 36).
    Attualmente, nella disciplina di cui all’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, per il caso di anomalia, nulla è previsto quanto all’organo competente a svolgere la verifica di congruità riferendosi genericamente alla “stazione appaltante”, salvo per il caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso in cui il comma 1 si riferisce al R.u.p. o alla Commissione giudicatrice.

    A loro volta, linee guida n.3/2016, emanate in attuazione dell’art. 31 comma 5 del d.lgs. n. 50/20016 che rimette all’A.n.a.c. la disciplina di maggiore dettaglio sui compiti specifici del R.u.p., stabilivano che, nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità prezzo, la verifica di anomalia “è svolta dal R.u.p. con il supporto della Commissione nominata ex art. 77 del Codice”.
    Il punto 5.3 delle Linee Guida n. 3/2016 è stato tuttavia modificato a seguito dell’aggiornamento intervenuto con delibera n.1007 dell’11 ottobre 2017 sulla cui base il R.u.p. verifica la congruità delle offerte con l’“eventuale” supporto della “commissione giudicatrice”.
    Di qui consegue che per effetto delle modifiche intervenute a seguito del correttivo di cui al d.l.g. 57/2017, il supporto della Commissione al R.u.p. nella verifica di anomalia, inizialmente previsto senza aggettivazione, successivamente è divenuto “eventuale”.
    Quanto alla portata vincolante della prescrizione di cui al punto 5.3 cit. occorre tener conto che il Consiglio di Stato, nel parere del 2 agosto 2016 n. 1767 reso sulle Linee Guida in argomento, ha chiarito che le linee guida in oggetto, nella parte in cui attuano l’art. 31, comma 5, del codice, hanno portata vincolante, e, nella parte in cui forniscono un’esegesi dell’art. 31 nel suo complesso, sono adottate ai sensi dell’art. 213, comma 2, codice, e hanno una funzione di orientamento e moral suasion. Sulla base di tali premesse si è precisato che assume valore vincolante la parte relativa alle seguenti disposizioni “Compiti specifici del RUP, requisiti di professionalità, casi di coincidenza del RUP con il progettista o il direttore dei lavori o dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 31, comma 5 codice dei contratti pubblici”, in cui rientra, come parte II, anche la disposizione in argomento relativa alla verifica di congruità delle offerte anomale da parte del R.u.p.
    Le linee guida c.d. vincolanti adottate dall’A.n.a.c., come precisato dal Consiglio nel parere sopra richiamato, non hanno valenza normativa ma sono atti amministrativi generali appartenenti al genus degli atti di regolazione delle Autorità amministrative indipendenti, sia pure connotati in modo peculiare. Le linee guida non vincolanti sono anch’esse atti amministrativi generali, che perseguono lo scopo di fornire indirizzi e istruzioni operative alle stazioni appaltanti, e restano assoggettate allo statuto del provvedimento amministrativo.
    Nella specie, va evidenziato che l’art. 5 del disciplinare di gara, costituente lex specialis inderogabile e vincolante per tutte le parti del procedimento, rimetteva direttamente alla Commissione giudicatrice la verifica di congruità di cui all’art. 97 cit.
    Rispetto alle previsioni del bando, va richiamato il tradizionale insegnamento giurisprudenziale secondo cui il bando costituisce la lex specialis della gara, da interpretare in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l’operato dell’Amministrazione, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità: e ciò in forza sia dei principi dell’affidamento e di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero certamente pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis stessa, sia del più generale principio che vieta la disapplicazione del bando quale atto con cui l’amministrazione si è originariamente auto vincolata nell’esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva (tra altre, T.a.r. Lombardia, Milano, III, 29 febbraio 2016, n. 422).
    Sotto altro profilo, rispetto ad una previsione chiara ed esplicita nel delineare la competenza dell’organo deputato alla verifica di congruità nemmeno può sostenersi un’ipotesi di “eterointegrazione del bando” che, come noto, presuppone la sussistenza di una “lacuna” nella legge di gara ed opera solo qualora la stazione appaltante ometta di inserire nella disciplina di gara elementi previsti come obbligatori dall’ordinamento giuridico, e quindi solo in presenza di norme imperative e cogenti
    Sulla base di tali premesse la verifica di congruità deve ritenersi quindi illegittima, innanzitutto, poiché effettuata da organo diverso da quello prescritto dalla lex specialis di gara. Ed infatti la verifica in esame è stata effettuata, come da verbale del 30.05.2017 dal R.u.p. che ha ritenuto tuttavia di poter prescindere dal supporto della Commissione giudicatrice “non involgendo i controlli da effettuare profili particolarmente problematici ed essendo il R.u.p. dotato di adeguata professionalità”.
    Inoltre, come si è innanzi chiarito, le linee guida n.3/2016 applicabili ratione temporis non prevedevano come “eventuale” il supporto della Commissione giudicatrice, sicchè non poteva configurarsi in capo al R.u.p. una facoltà di scelta sul se avvalersi o meno dell’apporto della Commissione nella verifica di congruità dell’offerta anomala.
    Tuttavia, dovendo privilegiarsi il disposto della lex specialis di gara in nessun caso il R.u.p. avrebbe potuto procedere, in contrasto con il bando, ad effettuare in autonomia la verifica di congruità in argomento. Di qui l’irrilevanza ai fini della deroga della disciplina di gara di ogni questione circa la natura non complessa delle operazioni di verifica o la speciale competenza del R.u.p. che non possono essere addotte per legittimare una deroga alle attribuzioni previste dalla lex specialis in capo alla Commissione giudicatrice.

    Acquisti infungibili in ambito sanitario: indicazioni ANAC alle Stazioni Appaltanti

     A seguito di diverse  richieste di chiarimento in merito alla  corretta applicazione delle Linee guida n.8, rilasciate dall’Autorità con  delibera n. 950 del 13.9.2017 ‘Ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili’, l’Autorità ha fornito con un comunicato del Presidente alcuni chiarimenti alle stazioni appaltanti.
     
    Comunicato del Presidente del 28.03.2018

    Sono giunte diverse  richieste di chiarimento in merito alla corretta applicazione delle Linee guida n.8, rilasciate dall’Autorità con  delibera n. 950 del 13.9.2017, sul tema dell’infungibilità negli acquisti in  ambito sanitario. 
    Le segnalazioni sono motivate  dall’esigenza di operare nel rispetto dei principi di legalità e trasparenza ed  hanno ad oggetto i criteri e le modalità con cui addivenire alla compiuta  valutazione di infungibilità, specie in riferimento a dispositivi somministrati  ai pazienti con determinate patologie (es. farmaci oncologici e dispositivi  salvavita).
    L’Autorità ha dedicato notevole attenzione  al settore degli acquisti sanitari, per la sua rilevanza in termini economici nonché per la esposizione a criticità in funzione della prevenzione dei  fenomeni corruttivi (v. Piano Nazionale Anticorruzione 2016, sezione VII Sanità;  aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione, paragrafo 2.1.1).
    Nel fare rinvio, per ogni opportuno  approfondimento, alle indicazioni contenute nei predetti atti e alla attinente regolazione in materia di anticorruzione, si tiene ad evidenziare che  l’infungibilità, che legittima l’adozione della procedura negoziata senza bando  ex articolo 63 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile  2016, n. 50) in deroga al principio generale dell’evidenza pubblica, si  configura laddove, per ragioni tecniche, di privativa industriale o di altra  natura, non siano rinvenibili, sul mercato attuale, prodotti in grado di  realizzare la funzione specifica attesa.
    Tale valutazione rientra nella  responsabilità della stazione appaltante, la quale, in sede di pianificazione  di cui all’articolo 21 del Codice dei contratti pubblici, è tenuta ad  effettuare una attenta e congrua verifica del fabbisogno e delle coerenti  modalità di acquisizione.
    Allo scopo, occorre verificare, in primo  luogo, se i dispositivi o i prodotti medicali, con potenzialità o  caratteristiche equivalenti ai fini del trattamento, possano o meno essere  acquisitati da più aziende farmaceutiche, attraverso quindi una procedura  comparativa che renda possibile, e al contempo necessario, l’esperimento di  gare pubbliche. 
    L’infungibilità, del resto, descrive una  condizione, logica prima che giuridica, che impedisce il ricorso alla competizione  per mancanza di alternative praticabili in concreto.
    Si ritiene opportuno, anche a tutela dei  soggetti preposti all’effettuazione delle procedure di acquisto, che le  dichiarazioni acquisite dalle strutture proponenti, ovvero da quelle comunque  coinvolte nel processo acquisitivo, evidenzino non solo l’indispensabilità di  quel determinato farmaco, ma l’impossibilità, allo stato, di utilizzare altri  farmaci, in quanto non disponibili sul mercato, non efficaci o non funzionali  alle necessità terapeutiche.
    Si sottolinea l’importanza di assicurare  la massima trasparenza negli atti di programmazione, e di motivare adeguatamente,  nella determina o delibera a contrarre, le ragioni sottese alla scelta di non  competizione (es. ricerche scientifiche, acquisti di altre amministrazioni, note ministeriali, ecc.), non escludendo il ricorso alla preventiva  consultazione del mercato ex articolo 66 del Codice dei contratti pubblici.

    Linee guida ANAC n. 8

    Negoziata senza previa pubblicazione del bando – Linee Guida ANAC n. 8 – Applicazione – Principio di esaurimento comunitario e di importazioni parallele (art. 63 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Milano, 21.02.2018 n. 500

    L’art. 63 del d.lgs. n. 50/2016, che disciplina l’uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, così recita: “1. Nei casi e nelle circostanze indicati nei seguenti commi, le amministrazioni aggiudicatrici possono aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, dando conto con adeguata motivazione, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei relativi presupposti.
    2. Nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata: 


    b) quando i lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico per una delle seguenti ragioni:


    3) la tutela di diritti esclusivi, inclusi i diritti di proprietà intellettuale.
    Le eccezioni di cui ai punti 2) e 3) si applicano solo quando non esistono altri operatori economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale dei parametri dell’appalto;

    Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.
    In relazione all’interpretazione della norma in questione e dell’art. 57 del precedente codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006), con particolare riferimento alla ricorrenza dei presupposti, la costante giurisprudenza amministrativa così si è espressa:
    “Osserva il Collegio che lo stesso art. 57 del codice vigente al momento dell’affidamento, disponeva alla lettera b) che l’affidamento diretto fosse legittimo qualora, per ragioni di natura tecnica o artistica ovvero attinenti alla tutela di diritti esclusivi, il contratto potesse essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato (norma che peraltro ha trovato la sua riproduzione anche nella vigente disciplina).
    Come precisato dall’ANAC, nelle Linee guida per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando, nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili, a proposito dell’attuale art. 63, ma richiamando anche tutta la giurisprudenza formatasi in passato, per i casi in cui una fornitura e un servizio siano effettivamente infungibili, il legislatore, comunitario e nazionale, ha previsto deroghe alla regola della selezione attraverso una selezione pubblica, considerato che l’esito di un’eventuale gara risulterebbe scontato, esistendo un unico operatore economico in grado di aggiudicarsela e, conseguentemente, l’indizione di una procedura ad evidenza pubblica determinerebbe uno spreco di tempo e di risorse.
    Naturalmente, trattandosi di una deroga alla regola della gara pubblica, occorre che l’infungibilità sia debitamente accertata e motivata nella delibera o determina a contrarre dell’amministrazione, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.
    Come affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (cfr. Sentenza della C. Giust. UE 8 aprile 2008, causa C-337/05), confermata del resto dalla giurisprudenza della Sezione (sez. III, 8 gennaio 2013, n. 26) la procedura negoziata senza pubblicazione del bando di gara riveste carattere di eccezionalità rispetto all’obbligo delle amministrazioni aggiudicatrici di individuare il loro contraente attraverso il confronto concorrenziale, per cui la scelta di tale modalità richiede un particolare rigore nell’individuazione dei presupposti giustificativi, da interpretarsi restrittivamente, ed è onere dell’amministrazione committente dimostrarne l’effettiva esistenza.
    Del resto, va anche precisato che l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica necessariamente che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi.
    Nei casi di infungibilità dei prodotti e dei servizi, il Codice prevede la possibilità di derogare ai principi dell’evidenza pubblica” (Cons. Stato, sez. III, 18 gennaio 2018, n. 310; cfr., sul punto, anche Cons. di Stato, sez. V, 3 febbraio 2016, n. 413; 30 aprile 2014, n. 2255; Tar Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 17 giugno 2015, n. 290; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 29 gennaio 2015, n. 393).
    “E’ illegittimo il bando di gara il quale finisce per prevedere una sorta di privativa in favore di un singolo operatore, in contrasto con il principio comunitario di liberalizzazione delle attività economiche. Infatti l’attribuzione di diritti esclusivi è consentita solo allorquando i medesimi scopi non siano affatto realizzabili attraverso l’azione dei mercati sia pure regolati, il che accade: o perché si tratta di promuovere finalità che non possono essere conseguite, con accettabili standard di benessere sociale, ove le decisioni allocative siano determinate dai prezzi; ovvero quando la spontaneità stessa del mercato agisca come fattore anticoncorrenziale; ovvero ancora quando l’attività non è per nulla appetibile per le imprese private. Pertanto in mancanza di giustificazioni sostanziali, la possibilità per l’amministrazione intimata di istituire un effetto di “privativa”, implicito nella volontà di sostituire un regime di concorrenza “nel” mercato con uno di concorrenza “per” il mercato, o comunque di “restrizione” all’esercizio dell’attività d’impresa per cui è causa, risulta lesivo dei principi comunitari di liberalizzazione delle attività economiche (Tar Lombardia, sez. I, 30 dicembre 2013, n. 3000).
    Dopo aver descritto il panorama giurisprudenziale sui limiti di applicazione dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, pare opportuno richiamare il contenuto delle Linee Guida n. 8 per il ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili, approvate dal Consiglio dell’ANAC nell’adunanza del 13 settembre 2017 con deliberazione n. 950 e depositate presso la segreteria del Consiglio il 10 ottobre 2017.
    In proposito, l’ANAC ha affermato che: “Da un punto di vista giuridico ed economico, i concetti di infungibilità ed esclusività non sono sinonimi. L’esclusiva attiene all’esistenza di privative industriali, mentre un bene o servizio è infungibile se è l’unico che può garantire il soddisfacimento di un certo bisogno.
    L’infungibilità può essere dovuta all’esistenza di privative industriali ovvero essere la conseguenza di scelte razionali del cliente o dei comportamenti del fornitore; l’effetto finale è comunque un restringimento della concorrenza, con condizioni di acquisto meno favorevoli per l’utente.
    Non esiste una soluzione unica per prevenire e/o superare fenomeni di infungibilità, ma è necessario procedere caso per caso al fine di trovare soluzioni in grado di favorire la trasparenza, la non discriminazione e l’effettiva concorrenza nel mercato.
    … Esistono numerose situazioni che possono portare una stazione appaltante a ritenere infungibile un certo bene o servizio; in alcuni casi ciò deriva da caratteristiche intrinseche del prodotto stesso, in altri può essere dovuto a valutazioni di opportunità e convenienza nel modificare il fornitore. Nei casi di infungibilità dei prodotti e/o dei servizi richiesti il Codice prevede la possibilità di derogare alla regola dell’evidenza pubblica (art. 63), ma, in tal caso, in attuazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza, occorre che il sacrificio del processo concorrenziale sia giustificato e compensato dai guadagni di efficienza o, più in generale, dai benefici che ne derivano in termini di qualità ed economicità dei servizi o dei beni fomiti. Ne consegue, allora, che ciascuna stazione appaltante accerta i presupposti per ricorrere legittimamente alla deroga in esame, valutando il caso concreto alla luce delle caratteristiche dei mercati potenzialmente interessati e delle dinamiche che li caratterizzano, e motiva sul punto nella delibera o determina a contrarre o altro atto equivalente, nel pieno rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, ovvero dei principi di concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità. Il primo passo, fondamentale, consiste nell’accertare in modo rigoroso l’infungibilità del bene. …
    In altri termini, la stazione appaltante non può accontentarsi al riguardo delle dichiarazioni presentate dal fornitore, ma deve verificare l’impossibilità a ricorrere a fornitori o soluzioni alternative attraverso consultazioni di mercato, rivolte anche ad analizzare i mercati comunitari e/o, se del caso, extraeuropei (Ad esempio una stazione appaltante deve valutare se ricorrono i presupposti per l’utilizzo della procedura di cui all’art. 63 d.lgs. 50/2016 nel caso in cui la stessa abbia già acquistato un’apparecchiatura – per la quale il produttore dichiara formalmente di essere l’unico ad effettuare l’assistenza tecnica – ma vi siano altri operatori economici che dimostrano di possedere i requisiti tecnici necessari per effettuare la medesima assistenza ovvero nel caso in cui possa utilizzare materiali di consumo “compatibili”, se il produttore di questi ultimi certifica che sono utilizzabili sull’apparecchiatura in questione, ma il produttore dell’apparecchiatura dichiara nel manuale d’uso che la stessa deve essere utilizzata solo con materiali “originali”. In tali ipotesi, infatti, sarebbe astrattamente possibile per l’amministrazione rivolgersi a più operatori economici, ma stante le dichiarazioni del produttore, non è detto che la stessa otterrebbe il medesimo grado di qualità delle prestazioni; tuttavia l’eventuale minor qualità potrebbe essere compensata da un costo più basso). Neppure un presunto più alto livello qualitativo del servizio ovvero la sua rispondenza a parametri di maggior efficienza può considerarsi sufficiente a giustificare l’infungibilità. Si tratta, infatti, di elementi che, da soli, non possono condurre al ricorso alla procedura negoziata senza bando precludendo, in tal modo, ad altri potenziali concorrenti di presentare offerte qualitativamente equipollenti se non superiori al presunto unico fornitore in grado di soddisfare certi standard”.
    Da tutto quanto sopra richiamato può, dunque, ricavarsi il principio per il quale, costituendo l’affidamento diretto una modalità di attribuzione di commesse pubbliche che deroga al principio generale della libera concorrenza, l’Amministrazione è legittimata a farne uso esclusivamente nei casi in cui sussistano specifiche ragioni che le impediscano di reperire l’opera, la fornitura o il servizio sul libero mercato, o a condizioni sproporzionate. Tali specifiche ragioni devono essere, quindi, individuate ed esplicitate nella determinazione di affidamento diretto, che dovrà essere, sul punto, idoneamente motivata, con particolare riferimento all’istruttoria e alle indagini di mercato espletate. (…)
    Come affermato nelle linee guida dell’ANAC esaminate in precedenza, invero: “poiché l’esclusiva si riferisce a un prodotto o a un processo, l’esistenza di un diritto esclusivo non implica che il bisogno del contraente non possa essere soddisfatto in modo adeguato anche ricorrendo ad altri prodotti o processi. Peraltro, anche in presenza di un diritto esclusivo potrebbero esistere distributori indipendenti o operatori economici che accedono al bene, che possono offrire, in concorrenza tra loro, un determinato prodotto o servizio”.
    Pare, in proposito, al collegio illuminante la giurisprudenza della Corte di giustizia in tema di “principio dell’esaurimento comunitario” del diritto di esclusiva e di “importazioni parallele”, elaborati al fine di effettuare un corretto bilanciamento tra i diritti di esclusiva dei titolari di privative industriali e i diritti di libera circolazione delle merci e dei servizi, nonché dei consumatori ad approvvigionarsi in un mercato regolato dal principio della libera concorrenza.
    Più specificamente, il principio di esaurimento comunitario previsto in ambito nazionale dall’art. 5 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 e in ambito europeo dagli artt. 13 del Reg. 207/2009/CE e 21 del Reg. 6/2002/CE, rappresenta quella regola generale che vige in tema di diritti di proprietà industriale secondo cui, una volta che un bene viene messo in commercio nel territorio comunitario o nello spazio unico europeo da parte del titolare, o con il suo consenso, egli perde le relative facoltà di privativa con riferimento allo specifico bene immesso in commercio.
    Il principio è stato elaborato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea per favorire le cosiddette “importazioni parallele”, ossia le importazioni di beni all’interno di uno spazio territoriale senza o perfino contro il consenso del titolare della privativa, nel caso in cui la differenza di prezzo applicato per differenti mercati permette l’acquisto in uno spazio e la rivendita in un altro spazio con il percepimento di un margine di profitto.
    Anche in tema di dispositivi medici la giurisprudenza della Corte di giustizia si è espressa, più volte, positivamente con riferimento all’ammissibilità delle importazioni parallele (cfr., ad esempio, Corte di giustizia, 13 ottobre 2016, causa C-277/15; 24 novembre 2016, causa C-662/15).

    Illecito antitrust accertato dall’AGCM (Linee Guida ANAC n. 6): causa di esclusione o self cleaning ?

    Con riferimento ai motivi di esclusione, l’art. 80, comma 5, del d.lgs. 50/2016 stabilisce che “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: … c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
    La disposizione, come riconosciuto in giurisprudenza, innova rispetto alla previgente disciplina contenuta nell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, individuando una nozione di illecito professionale che “abbraccia molteplici fattispecie, anche diverse dall’errore o negligenza, e include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale, come si riteneva nella disciplina previgente [Cons. St., V, 21.7.2015 n. 3595], ma anche in fase di gara” (parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 3 novembre 2016 n. 2286; nello stesso senso Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5704).
    E infatti, la lettera dell’art. 80, c. 5, lett. c), non contempla un numero chiuso di illeciti professionali, ma disegna una fattispecie aperta contenente una elencazione avente chiara natura esemplificativa e non tassativa, rimettendo alle stazioni appaltanti la possibilità di individuare altre ipotesi, non espressamente contemplate dalla norma primaria o dalle linee guida Anac, che siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta del grave illecito professionale.
    Ciò è inequivocabilmente confermato dall’utilizzo dell’espressione “tra questi rientrano” e dalla correlazione dell’effetto escludente ad una particolare sintomaticità dei fatti (tali da rendere dubbia l’[..]integrità o affidabilità” dell’operato economico), piuttosto che alla loro riconducibilità ad un concetto giuridico definito.
    La rilevata necessità di correlare l’effetto escludente alla dimostrazione, con mezzi adeguati, della sintomaticità del grave illecito professionale di una carente integrità o affidabilità dell’operatore economico, poi, ponendo in capo alla stazione appaltante la necessità di una motivazione particolarmente rigorosa, scongiura i possibili pericoli di genericità o indeterminatezza delle previsione.
    La riportata interpretazione è stata condivisa dall’Anac, che, nell’adottare, ai sensi del comma 13 del medesimo art. 80, le linee guida n. 6, finalizzate all’individuazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del codice, sul presupposto della natura solo esemplificativa della detta disposizione ha individuato, tra i casi di esclusione, ulteriori rispetto a quelli individuati dal codice, “gli illeciti antitrust definitivamente accertati”.
    La specifica opzione, come affermato dall’Anac, appare corretta anche in un’ottica di proporzionalità, atteso che tra le fattispecie espressamente contemplate dall’art. 80, comma 5, lett. c), compaiono ipotesi, quali quelle della condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni, sintomatiche di un disvalore sociale inferiore a quello che connota l’illecito anticoncorrenziale, rilevando pure, sotto altro profilo, il fatto che la stessa previsione normativa di rango primario fa riferimento a fatti e comportamenti non più circoscritti alla fase esecutiva del contratto, ma a comportamenti ricadenti nella fase di scelta del contraente, laddove volte ad influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante, mediante l’alterazione del meccanismo di gara posto a garanzia della concorrenza.
    Da ultimo deve osservarsi come anche analoga previsione si rinvenga nella direttiva 2014/24/UE.

    Accertata la legittimità della ascrizione dell’illecito anticoncorrenziale ad un’ipotesi escludente, deve, poi, rilevarsi come la norma primaria non contenga, nel citato art. 80, comma 5, lettera c), un’indicazione generale di mezzi esclusivi o privilegiati di prova in ordine alla commissione dell’illecito professionale.
    Sul punto va, pertanto, sicuramente condivisa la prospettazione secondo cui, anche alla luce delle particolari garanzie che assistono l’adozione del provvedimento antitrust (emanazione da parte di un’autorità in posizione di terzietà, rispetto delle garanzie partecipative e del principio del contraddittorio), appare sufficiente, al fine di imporre alla Stazione appaltante un onere di valutazione in ordine all’incidenza dei fatti sulla gara in corso di svolgimento, la mera idoneità del provvedimento sanzionatorio a spiegare, in via anche solo temporanea, i suoi effetti, o perché non (o non ancora) gravato o perché, ove impugnato, non sospeso, senza che rilevi se la decisione giudiziale sia stata assunta in sede cautelare o di merito e, in quest’ultimo caso, se la sentenza sia passata o meno in giudicato.
    La pretesa definitività della sentenza offrirebbe agli operatori economici destinatari di sanzioni per comportamenti anticoncorrenziali una possibilità di elusione della disposizione in esame, attesa la necessaria delimitazione temporale della causa ostativa (nel senso della non necessità di un giudicato si è infatti espressa, modificando il suo precedente avviso, l’Anac nelle linee guida, n. 6, aggiornate con determina dell’11 ottobre 2017, ove, al punto 2.2.3.1, n. 1, menziona, tra le altre situazioni idonee a porre in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico che la stazione appaltante deve valutare, i provvedimenti “esecutivi” dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato di condanna per pratiche commerciali scorrette o per illeciti antitrust gravi aventi effetti sulla contrattualistica pubblica e posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare).

    Pertanto la Stazione appaltante, resa edotta dell’esistenza di un provvedimento sanzionatorio dell’AGCM a carico di uno dei concorrenti, dovrebbe provvedere a correlare l’ammissione o esclusione ad una concreta valutazione dei fatti oggetto del provvedimento sanzionatorio, così che sia dato comprendere per quali ragioni, legate alle oggettive caratteristiche e gravità dei fatti posti a base del provvedimento AGCM, nonché alle specificità della gara in corso, la condotta posta in essere integri o meno una fattispecie escludente.
    La mancata concreta valutazione dei fatti non può essere colmata dall’intervenuta adozione, dopo il provvedimento sanzionatorio, di misure di self cleaning, atteso che è pacifico che tali misure, virtualmente idonee a legittimare la mancata esclusione del concorrente, devono essere poste a base della motivazione degli atti impugnati (TAR Roma, 31.01.2018 n. 1119).

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      Linee Guida ANAC n. 5 (aggiornate): “Criteri di scelta dei Commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici”

      Linee  Guida n. 5, di attuazione del D.Lgs. 18.04.2016 n. 50, recanti “Criteri di  scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell’Albo nazionale  obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici” – Aggiornate al  d.lgs. 56 del 19.04.2017 con deliberazione del Consiglio n. 4 del 10.01.2018

      Linee Guida (con allegato)

      Relazione illustrativa 

      Principio di rotazione – Invito del gestore uscente – Condizioni (art. 36 d.lgs. n. 50/2016)

      Consiglio di Stato, sez. V, 13.12.2017 n. 5854

      Per l’interpretazione del principio di rotazione ci si può riferire al precedente di Cons. Stato, VI, 31 agosto 2017, n. 4125 che ribadisce l’obbligatorietà del principio di rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture negli appalti cd. “sotto soglia”.
      In particolare, il principio di rotazione – che per espressa previsione normativa deve orientare le stazioni appaltanti nella fase di consultazione degli operatori economici da consultare e da invitare a presentare le offerte – trova fondamento nella esigenza di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva soprattutto dalle informazioni acquisite durante il pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui il numero di agenti economici attivi non è elevato.
      Pertanto, anche al fine di ostacolare le pratiche di affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire, per contro, la distribuzione temporale delle opportunità di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente idonei, il principio in questione comporta, in linea generale, che l’invito all’affidatario uscente riveste carattere eccezionale.
      Per l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque procedere all’invito di quest’ultimo, dovrà puntualmente motivare tale decisione, facendo in particolare riferimento al numero (eventualmente) ridotto di operatori presenti sul mercato, al grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle caratteristiche del mercato di riferimento (in tal senso, cfr. la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097 dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee guida n. 4).
      Nel caso su cui si verte, dunque, la stazione appaltante aveva solo due possibilità: non invitare il gestore uscente o, in caso contrario, motivare attentamente le ragioni per le quali riteneva di non poter invece prescindere dall’invito.
      La scelta del Comune di optare per la prima soluzione deve dunque ritenersi del tutto legittima, né appaiono convincenti i rilievi circa le possibili conseguenze in danno della concorrenza di un tale principio.
      Invero, quest’ultimo è in realtà volto proprio a tutelare le esigenze della concorrenza in un settore, quale quello degli appalti “sotto soglia”, nel quale è maggiore il rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di singoli operatori del settore risultati in precedenza aggiudicatari della fornitura o del servizio.
      Già nel precedente Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163 del 2006), in particolare al comma 6 dell’art. 57, al comma 7 dell’art. 59, al comma 7 dell’art. 122 ed al comma 11 dell’art. 123, si faceva espresso riferimento al principio da ultimo menzionato, attraverso la cui effettiva applicazione è possibile ottenere l’avvicendamento dei partecipanti alle gare d’appalto.
      In particolare, per effetto del principio di rotazione l’impresa che in precedenza ha svolto un determinato servizio non ha più alcuna possibilità di vantare una legittima pretesa ad essere invitata ad una nuova procedura di gara per l’affidamento di un contratto pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, né di risultare aggiudicataria del relativo affidamento.
      Nella vigenza della precedente normativa, l’AVCP aveva evidenziato che “il criterio di rotazione ha come finalità quella di evitare che la stazione appaltante possa consolidare rapporti solo con alcune imprese venendo meno così al rispetto del principio di concorrenza” (Determinazione n. 2 del 6 aprile 2011).
      Orientamento successivamente ribadito nelle Linee guida relative a “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, deliberate dal Consiglio dell’ANAC nell’adunanza del 28 giugno 2016 e rispetto alle quali è stato richiesto il parere del Consiglio di Stato.