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Servizi ingegneria e architettura : fusione livelli di progettazione e calcolo importo a base di gara

L’intervento di Anac
La fusione dei livelli di progettazione nei lavori pubblici, consentita dal codice appalti e caldeggiata anche nella Delega al governo in discussione alla Camera, non comporta la cancellazione del compenso da riconoscere al progettista per una prestazione riconducibile ai livelli omessi. Quando la stazione appaltante omette i livelli di progettazione, infatti, non li sopprime ma li unifica nel livello successivo e quindi ha comunque l’onere di determinare e pubblicare l’elenco dettagliato delle prestazioni richieste ai fini del calcolo dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria.

Il codice appalti e la delega al governo
Il codice dei contratti pubblici prevede che la progettazione in materia di lavori pubblici si articoli in tre livelli: progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo. La norma consente, tuttavia, l’omissione di uno o entrambi i primi due livelli di progettazione purché il livello successivo contenga tutti gli elementi previsti per il livello omesso, salvaguardando la qualità della progettazione.

“La questione – rileva Anac – appare di grande attualità ed interesse” perché il disegno di legge delega al governo in materia di contratti pubblici, approvato al Senato e attualmente all’esame della Camera, prevede tra i principi e criteri direttivi la “significativa semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche, anche attraverso la ridefinizione e l’eventuale riduzione dei livelli di progettazione”. Dunque “nelle more del completamento del quadro normativo di riferimento, l’Autorità ritiene opportuno intervenire in materia, al fine di scongiurare errori od omissioni nella determinazione dell’importo a base di gara per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria”.

I chiarimenti di Anac
L’Autorità ricorda che “i tre livelli di progettazione previsti dalla norma sono da considerare come tappe di un unico processo”. Secondo Anac è “opportuno chiarire che, quando la stazione appaltante omette livelli di progettazione, non li sopprime ma li unifica al livello successivo che deve contenere tutti gli elementi previsti per il livello omesso per salvaguardare la qualità della progettazione”.

La stazione appaltante, quindi, deve determinare e pubblicare l’elenco dettagliato delle prestazioni richieste relative ai singoli livelli di progettazione da cui potranno essere escluse, in caso di omissione di livelli progettuali solo le prestazioni già eseguite, approvate e rese conoscibili a tutti i concorrenti.

“Per calcolare il compenso da riconoscere al progettista, la stazione appaltante deve tenere conto di tutte le prestazioni richieste per l’espletamento dell’incarico oggetto dell’affidamento, anche se propriamente riconducibili ai livelli di progettazione omessi” altrimenti incorrerebbe “nella violazione del principio dell’equo compenso”.

“La fusione dei livelli progettuali – insiste Anac – non comporta il riassorbimento della remunerazione della prestazione riconducibile ai livelli omessi in quella della corrispondente prestazione svolta a livello esecutivo. Ciò, in quanto le voci di parcella computate al livello esecutivo tengono conto delle prestazioni già svolte nelle precedenti fasi progettuali e, pertanto, non sono idonee, da sole, a remunerare tutte le prestazioni occorrenti per una compiuta definizione progettuale”.

Riferimenti normativi:

art. 23 d.lgs. n. 50/2016

Omissione progetto definitivo – Compenso del Progettista – Calcolo

Massima ANAC n. 240 del 26.01.2022

Istanza di parere singola per la soluzione delle controversie ex articolo 211, comma 1, del d.lgs. 50/2016 – Gara a procedura aperta per l’affidamento del servizio di progettazione esecutiva, e di coordinamento dellasicurezza in fase di progettazione (con opzione affidamento incarico di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione ai sensi dell’art. 157, comma 1 del Codice).

Riferimenti normativi: Art. 23, comma 4, D.Lgs. n. 50/2016; D.M. 17 giugno 2016

Parole chiave: Livelli di progettazione – Omissione progetto definitivo – Compenso progettista – Livelli di progettazione – Omissione progetto definitivo – Compenso progettista – Calcolo della base d’asta – Equo compenso – Prestazioni riconducibili al livello di progettazione omesso

In caso di omissione del livello di progettazione definitivo, ai fini del calcolo del compenso del progettista, e dunque della base d’asta, la stazione appaltante deve tenere conto di tutte le prestazioni indispensabili per l’espletamento dell’incarico oggetto dell’affidamento, anche se riconducibili al livello di progettazione omesso.

Costo del lavoro – Utilizzo da parte della Stazione Appaltante di un dato storico superato e non aggiornato – Irragionevolezza (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 21.01.2022 n. 383

Importa osservare che, nella vicenda in esame, la stazione appaltante ha utilizzato, per la prefigurazione dei criteri di elaborazione delle offerte, tabelle ministeriali temporalmente risalenti e superate, già al momento della pubblicazione del bando (avvenuta in data 1° luglio 2019), dalla contrattazione collettiva di settore (l’accordo di rinnovo del CCNL Cooperative sociali era divenuto efficace in data 31 maggio 2019).
Orbene, pur dovendosi ribadire che, per consolidato intendimento, i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali ancorate alla contrattazione collettiva di settore costituiscano, di per sé, un mero parametro di valutazione della complessiva adeguatezza e congruità dell’offerta, la quale va acquisita, ai fini dell’apprezzamento dei profili di anomalia, in termini globali ed omnicomprensivi (cfr., tra le molte, Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694), deve ritenersi obiettivamente irragionevole ed incongrua – a fronte della circostanza gli accordi sindacali avessero apprezzabilmente incrementato, per il settore di riferimento, la quantificazione parametrica delle voci di costo del personale (mediamente, del 6%, giusta le risultanze documentali) – la scelta di conservare, per gli operatori economici interessati alla formalizzazione di una proposta negoziale competitiva, il dato storico superato, risalente a sei anni addietro e non aggiornato.

Riferimenti normativi:

art. 23 d.lgs. n. 50/2016

art. 95 d.lgs. n. 50/2016

art. 97 d.lgs. n. 50/2016

Obbligo di applicazione dei prezzari regionali

Come di recente chiarito, l’istituto dei prezzari regionali soddisfa una duplice esigenza: l’interesse precipuo delle stazioni appaltanti e della collettività di assicurare la serietà dell’offerta e la qualità delle prestazioni finali rese dall’operatore economico selezionato, evitando che la previsione di importi di base eccessivamente bassi impedisca di formulare offerte di sufficiente pregio tecnico; la funzione di regolare il mercato delle opere pubbliche e di prevenirne le storture, posto che l’impiego di parametri eccessivamente bassi (o, al contrario, troppo elevati), comunque non in linea con le caratteristiche reali del settore imprenditoriale (come declinate in concreto con riguardo ad un dato territorio ed uno specifico frangente temporale), è in grado di alterare il gioco della concorrenza e impedire l’accesso al mercato in condizioni di parità (cfr. cit. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 6 aprile 2021, n. 497).
Inoltre, dal chiaro tenore dell’art. 23, comma 16, terzo periodo, del D.Lgs. n. 50 del 2016, si ricava che le stazioni appaltanti sono tenute a fare puntuale applicazione dei prezzari regionali (e anche a ritenere che il prezzario regionale non abbia valore tout court vincolante ma costituisca la base di partenza per l’elaborazione delle voci di costo della singola procedura, deve nondimeno ritenersi che in caso di eventuale scostamento la stazione appaltante debba dare analitica motivazione: cfr. cit. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 6 aprile 2021, n. 497).

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    Riparto di competenze professionali fra architetti ed ingegneri

    Consiglio di Stato, sez. V, 22.07.2021 n. 5510

    In termini generali, il riparto di competenze professionali fra architetti e ingegneri è regolato, in termini vincolanti, dal r.d. n. 2537 del 1925, in particolare dagli artt. 51 , 52 e 54, non superati dal d.P.R. n. 328 del 2001 (recante Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l’ammissione all’esame di Stato e delle relative prove per l’esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti, incluse le professioni di ingegnere ed architetto ex art. 1), anche alla luce dei richiami di cui ai relativi artt. 16, comma 1 e 46 comma 2, che lasciano ferme «le riserve e le attribuzioni già stabilite dalla vigente normativa» (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 11 febbraio 2021, n. 1255; 17 luglio 2019, n. 5012).
    Il riparto di competenze fra l’una e l’altra professione è dunque stabilito ex lege in modo vincolante, non potendo neppure essere derogato – afferendo alla qualificazione funzionale delle diverse categorie professionali – dalla lex specialis di gara (cfr. Cons. Stato, V, 15 dicembre 2020, n. 8027).
    In tale contesto, la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato riconosce, in chiave generale, che “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, è di pertinenza degli ingegneri, in base all’interpretazione letterale, sistematica e teleologica degli artt. 51, 52 e 54 del R.D. (cfr. Cons. Stato, IV, 22 maggio 2000, n. 2938; id., V, 6 aprile 1998, n. 416; id., IV, 19 febbraio 1990, n. 92)” (Cons. Sato, n. 5012 del 2019, cit.).
    In questa prospettiva, “nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico”, fra cui quelle “di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale” (cfr. Cons. Stato, V, 27 settembre 2018, n. 6552; VI, 15 marzo 2013, n. 1550).
    Alla luce del riparto di competenze così tracciato, in relazione alle opere esulanti dall’ambito funzionale dell’architetto quest’ultimo non è abilitato alla sottoscrizione di documenti tecnici neppure se relativi a proposte progettuali migliorative o varianti (cfr. Cons. Stato, n. 1255 del 2021, cit.).
    D’altra parte, solo in presenza di opere rigorosamente accessorie a quelle edili è ammissibile un’abilitazione estensiva in capo al professionista architetto (Cons. Stato, V, 12 marzo 2015, n. 1692; n. 1255 del 2021, cit.), atteso che “il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estend[e] sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici” se “a corredo del fabbricato” (Cons. Stato, n. 1550 del 2013, cit.; n. 6552 del 2018, cit.); occorre quindi che vi sia un nesso di precipua accessorietà fra l’intervento e l’edificio, e cioè che il primo risulti “strettamente servente un’opera di edilizia civile” per poter rientrare nel perimetro di competenza (anche) dell’architetto (Cons. Stato, n. 1692 del 2015, cit.).
    Alla luce di ciò, questa V Sezione ha affermato chiaramente che “Il r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54 comma 3 senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche” (Cons. Stato, V, 19 maggio 2016 n. 2095).
    Allo stesso modo, s’è affermato come “la progettazione delle opere viarie, idrauliche ed igieniche, che non siano strettamente connesse con i singoli fabbricati, sia di pertinenza degli ingegneri, alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 51, 52 e 54 r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537. Infatti, il discrimine tra le professioni di ingegnere e di architetto è rimasto segnato anche nelle sopravvenute disposizioni del d.P.R. n. 328 cit.; pertanto, se adeguamenti sono certamente possibili in riferimento al concetto di ‘edilizia civile’, interpretabile estensivamente, restano di pertinenza della professione di ingegnere le opere che richiedono una competenza tecnica specifica e che esulano dall’edilizia civile rientrante nella comune competenza. In particolare, le opere idrauliche, specialmente se interferenti con fiumi e corsi d’acqua, richiedono capacità professionali per l’analisi dei fenomeni idrologici ed idraulici e presuppongono l’applicazione di specifici metodi di calcolo (statistico, idrologico e idraulico); per contro, gli architetti non possono essere compresi tra i soggetti abilitati alla progettazione di opere idrauliche in quanto, sia ai sensi degli artt. 51 e 52 r.d. 23 ottobre 1925, n. 2537, che ai sensi dell’art. 16 d.P.R. 5 giugno 2001, n. 328, non hanno competenze riconosciute in materia (Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6593; cfr. anche Id., III, 1° luglio 2020, n. 4208).

    Progettazione BIM – PNRR e PNC: Decreto MIMS

    Decreto Ministeriale numero 312 del 02/08/2021

    Pubblicato il Decreto Ministeriale n. 312 del 2 agosto 2021 recante “Modifiche al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 1° dicembre 2017, n. 560” che stabilisce le modalità e i tempi di progressiva introduzione dei metodi e degli strumenti elettronici di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture.

    1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della data di sua pubblicazione sul sito istituzionale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
    2. Le disposizioni del presente decreto si applicano agli affidamenti i cui bandi o avvisi sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure i cui inviti a presentare le offerte o i preventivi sono inviati successivamente alla medesima data.

    Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 1 dicembre 2017, n. 560

    L’art. 48 comma 6 del D.L. n. 77/2021 prevede che “Le stazioni appaltanti che procedono agli affidamenti di cui al comma 1, possono prevedere, nel bando di gara o nella lettera di invito, l’assegnazione di un punteggio premiale per l’uso nella progettazione dei metodi e strumenti elettronici specifici di cui all’articolo 23, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 50 del 2016. Tali strumenti utilizzano piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualita’ tra i progettisti. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con provvedimento del Ministero delle infrastrutture e della mobilita’ sostenibili, sono stabilite le regole e specifiche tecniche per l’utilizzo dei metodi e strumenti elettronici di cui al primo periodo, assicurandone il coordinamento con le previsioni di cui al decreto non regolamentare adottato ai sensi del comma 13 del citato articolo 23″.

    Importo appalto calcolato in violazione dei prezzari regionali – Responsabilità pre contrattuale della Stazione Appaltante – Valutazione (art. 23 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 05.07.2021 n. 5107

    Si tratta, in sostanza, di verificare se, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, ricorrano profili di responsabilità nella condotta dell’amministrazione comunale che avrebbe elaborato i prezzi unitari dei lavori in affidamento in violazione delle regole imposte a tal fine dal codice dei contratti pubblici all’art. 23 del codice dei contratti pubblici; secondo l’appellante siffatta condotta, intervenuta nella fase precedente l’indizione della gara e concretizzatasi poi negli atti di gara, darebbe luogo ad una responsabilità di natura precontrattuale rendendo giustificato il suo rifiuto di stipulare il contratto e dovuto il risarcimento del danno subito per aver preso parte alla procedura di gara.
    2.5. Preliminarmente occorre riferire degli orientamenti consolidati in materia di responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica.
    L’Adunanza plenaria, con la sentenza 4 maggio 2018, n. 5 ha fissato i seguenti punti:
    – sussiste un dovere di correttezza e buona fede a carico dell’amministrazione anche prima e a prescindere dall’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva ed anche per comportamenti che precedano la pubblicazione di un bando;
    – il privato contraente non può limitarsi a dimostrare la buona fede soggettiva, intesa quale affidamento incolpevole sull’esistenza di un presupposto che avrebbe portato a maturare la scelta di compiere un’attività economicamente onerosa;
    – deve invece dimostrare che la condotta dell’amministrazione, a prescindere dalla legittimità dei singoli atti, sia oggettivamente contraria a doveri di correttezza e lealtà;
    – e che la stessa sia imputabile all’amministrazione in termini di dolo o di colpa;
    – è necessario, infine, che dia prova del danno – evento (lesione della situazione soggettiva della libertà di autodeterminazione negoziale) e del danno – conseguenza (l’esistenza di perdite economiche) e che vi sia un rapporto di causalità tra l’uno e l’altro.
    Le sentenze successive hanno ribadito tali concetti e fatto applicazione di essi in casi concreti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2021, n. 3458; V, 22 ottobre 2019, n. 7161; in caso di project financing: Cons. Stato, sez. V, 11 gennaio 2021, n. 368; in caso di tardivo ritiro di un bando in autotutela quando l’amministrazione era già da tempo a conoscenza dell’ineseguibilità dell’opera, cfr. Cons. giust. amm., sez. giuris., 23 novembre 2020, n. 1092; Cons. Stato, sez. II, 20 novembre 2020, n. 7237).
    In un caso è stata riconosciuta la responsabilità della stazione appaltante per aver messo a gara un progetto esecutivo di ristrutturazione di un’opera pubblica, rivelatosi, al momento dell’avvio del cantiere, assolutamente ineseguibile per il pregiudizio che ne sarebbe derivato alla stabilità stessa della res, così rendendo legittimo il rifiuto a stipulare il contratto espresso dall’aggiudicatario (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 2019, n. 8731).
    2.6. -Omissis- stabile dice scorretta e contraria ai doveri di correttezza e lealtà la condotta tenuta dal Comune di -Omissis- per aver individuato i prezzi unitari dell’opera, e, in base ad essi, il prezzo a base d’asta, in maniera tale da condurre gli operatori economici a formulare un’offerta antieconomica, e, d’altra parte, d’aver fatto incolpevole affidamento sul rispetto da parte della stazione appaltante delle regole fissate dal codice dei contratti pubblici per l’elaborazione dei prezzi per poi trovarsi, divenuta aggiudicataria, nell’impossibilità di eseguire l’opera con giusta remunerazione.
    2.7. Ritiene, tuttavia, il Collegio che l’argomentazione esposta sia già in prospettazione poco persuasiva.
    Ammesso pure che la stazione appaltante abbia indicato negli atti di gara un prezzo a base d’asta non remunerativo dell’attività prestata, non è certo incolpevole l’operatore economico che abbia partecipato alla gara con un’offerta al ribasso di detto prezzo.
    Questi, infatti, è tenuto ad un dovere di correttezza e serietà non meno di quanto sia tenuta l’amministrazione e, dunque, a formulare la sua offerta in maniera consapevole e meditata; e quindi, prima di dichiarare il ribasso offerto, ad esaminare se le condizioni imposte dall’amministrazione consentano la effettiva remunerazione dell’attività svolta.
    Non è un caso, infatti, che da tempo la giurisprudenza amministrativa – confermata dalla sentenza dell’Adunanza plenaria 26 aprile 2018, n. 4 – abbia specificato che, in deroga ai principi generali per i quali l’interesse ad impugnare il bando di gara sorge solo all’esito dell’altrui aggiudicazione poiché solo in quel momento l’operatore economico concorrente risulta aver definitivamente perduto il bene della vita cui aspirava (l’aggiudicazione del contratto), sia consentito, anche a chi non abbia presentato domanda di partecipazione, proporre impugnazione immediata del bando di gara qualora la stazione appaltante abbia ivi previsto condizioni tali da rendere impossibile proporre un’offerta remunerativa, data la natura immediatamente escludente di siffatte clausole (cfr. per ampie considerazioni sul tema Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2020, n. 2004).
    L’alternativa per l’operatore economico è quella di non partecipare affatto alla procedura di gara proprio perché consapevole di non essere in grado di proporre un’offerta realmente remunerativa.
    Se, pertanto, l’operatore economico non impugna immediatamente il bando di gara (e gli ulteriori atti), ed anzi presenta la sua offerta con ribasso rispetto al prezzo posto a base di gara, non può poi lamentarsi, divenuto aggiudicatario, di non essere in grado di eseguire l’opera perché il corrispettivo che egli stesso ha domandato non lo remunera a sufficienza della attività svolta, senza incorrere in palese contraddizione che toglie credito alla serietà della sua condotta sin dal tempo della presentazione dell’offerta.
    In ogni caso, poi, l’esistenza di un rimedio – l’immediata impugnazione del bando – il quale, se tempestivamente azionato consente di imporre all’amministrazione che mal abbia operato in sede di elaborazione degli atti di rivederne il contenuto, fa sì che l’operatore economico, che di esso non si sia servito, possa dirsi corresponsabile del danno che poi abbia a lamentare; circostanza rilevante ai fini del risarcimento ai sensi dell’art. 30, comma 3, cod. proc. amm..
    E’ chiara, inoltre, la differenza tra l’odierna vicenda e quella precedentemente richiamata del progetto posto a base di gara che, alla cantierizzazione, risulti ineseguibile, e per il quale si è effettivamente riconosciuta la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante, poiché in questo caso l’operatore economico realmente si affida in maniera incolpevole sulla attività di progettazione che abbia preceduto la messa a bando dell’opera e, quando s’avvede, in fase esecutiva, dell’impossibilità di realizzazione dell’opera per carenze progettuali, altro non può fare che rifiutare la stipulazione del contratto.
    2.8. Sarebbero sufficienti le considerazioni svolte ad escludere la fondatezza del motivo di appello; va, però, aggiunto che nel caso concreto neppure è provato che il prezzo a base d’asta fosse inidoneo a remunerare l’attività richiesta all’operatore concorrente.
    Da questo punto di vista, la circostanza eclatante in senso contrario a quanto sostenuto dall’appellante, è proprio quella evidenziata dal giudice di primo grado: sono state presentate offerte da parte di moltissimi operatori ciascuno dei quali ha variamente articolato il ribasso offerto: la risposta del mercato, come ben si dice in sentenza richiamando precedenti anche di questa Sezione (la sentenza 14 settembre 2012, n. 4891 e la sentenza 14 febbraio 2011, n. 953 in cui è chiaramente spiegato che: “non è né inconferente né trascurabile, in un contenzioso che tenda a dimostrare l’illegittimità per assoluta incongruenza del prezzo base, la circostanza che abbiano partecipato altre quattro imprese, proponendo ribassi e che l’offerta dell’aggiudicataria abbia superato la verifica dell’anomalia…”), è la miglior prova della remuneratività delle condizioni economiche a base di gara.
    2.9. Il Comune di -Omissis-, per sua stessa ammissione – circostanza che esime da ogni approfondimento istruttorio in relazione ai singoli prezzi unitari – ha elaborato i prezzi contenuti nell’elenco dei prezzi senza seguire la regola dell’art. 23, comma 16, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che impone di far riferimento ai prezziari regionali aggiornati annualmente, avendo deciso, infatti, di sviluppare i prezzi unitari per l’affidamento dei lavori relativi al primo stralcio alla luce dei ribassi offerti dagli operatori economici: tale condotta non è, di per sè sola, scorretta o contraria a lealtà e buona fede, ma anzi è ragionevole se è vero che il precedente appalto per lavori della stessa tipologia aveva consentito all’amministrazione di aver chiare le attese del mercato circa la remunerazione di quelle attività a fronte di prezziari regionali non sempre aggiornati a tale, accertata in pratica, situazione del mercato.
    In ogni caso la scelta dell’amministrazione non è fonte di responsabilità precontrattuale non potendosi, per quanto detto, ipotizzare un affidamento incolpevole dell’operatore che abbia presentato offerta economica al ribasso.

    Project financing – Progetto di fattibilità a base di gara – Non vincola gli operatori economici concorrenti (art. 23 , art. 183 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 12.04.2021 n. 2924

    3.1.2. Premesso quanto sopra, allora, la questione giuridica che viene in rilievo, e alla quale occorre dare soluzione, è quale sia il valore e l’efficacia del progetto di fattibilità redatto dall’amministrazione e posto a base di gara in rapporto alla successiva progettazione cui sono chiamati gli operatori economici concorrenti in procedura di project financing, ovvero fino a che punto questi ultimi siano vincolati in sede di progettazione delle indicazioni fornite dalla stazione appaltante in sede di fattibilità.
    Per dar risposta a tale questione, è necessario, in primo luogo, definire le caratteristiche essenziali della procedura di project financing (o finanza di progetto), e, successivamente, soffermarsi sui diversi livelli di progettazione previsti dal codice dei contratti pubblici, con particolare riferimento al primo di essi, rappresentato proprio dal progetto di fattibilità dell’opera.
    3.1.3. Quanto al primo profilo di indagine, va premesso che l’odierno giudizio riguarda una procedura di project financing ad iniziativa pubblica e a gara unica, che ha la sua disciplina nell’art. 183, commi da 1 a 14, del codice dei contratti pubblici (sulla quale cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 agosto 2019, n. 5501, in cui sono indicati i momenti salienti della procedura come si ricavano dalle disposizioni codicistiche).
    Il project financing, come si ricava dal nome stesso dell’istituto, è un sistema di realizzazione di lavori pubblici (o di servizi di pubblico interesse) incentrato su di un progetto (cfr. Corte dei conti, sez. giuris. Emilia Romagna, 23 maggio 2017, n. 119), che presenta due caratteristiche fondamentali: a) risponde all’interesse pubblico dell’amministrazione a realizzare un’infrastruttura reputata necessaria per la collettività; b) si presenta come capace di generare flussi di cassa positivi che siano sufficienti a coprire i costi operativi (in questo senso, in più occasioni, è stata messa in evidenza il carattere di operazione di finanziamento indiretta per la realizzazione di un’opera pubblica, poiché basata non sulla valutazione del patrimonio del soggetto che richiede il finanziamento, ma sulla valenza tecnico – economica del progetto da realizzare).
    Le esposte caratteristiche valgono a spiegare la ragione per la quale il project financing è collocato dal legislatore nell’ambito della Parte IV, titolo I del codice dei contratti pubblici dedicato alle forme di partenariato pubblico – privato: non è procedura finalizzata alla scelta del contraente privato cui affidare la realizzazione di una determinata opera pubblica, come sono le ordinarie procedure evidenziali, o, comunque, non lo è in prima battuta, poiché, prioritaria ed essenziale è la collaborazione con il privato per la predisposizione di un progetto di opera pubblica, che, sia finanziabile, ossia tale che, una volta portata a compimento, sia capace di realizzare utili idonei, quanto meno, a coprire i costi mediante la sua gestione.
    3.1.4. I livelli di progettazione di un’opera pubblica sono, invece, previsti dall’art. 23 (Livelli di progettazione per gli appalti, per le concessioni di lavori, nonché per i servizi) del codice dei contratti pubblici e sono sostanzialmente tre: il “progetto di fattibilità tecnica ed economica”, il “progetto definitivo” e il “progetto esecutivo” (così al primo comma dell’articolo in questione).
    Per quanto il terzo comma contenga un rinvio al regolamento di cui all’art. 216, comma 27 – octies, per la definizione dei contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali, i commi seguenti forniscono delle chiare indicazioni al riguardo; precisamente, quanto al “progetto di fattibilità” rilevano, in particolare, il quinto e il sesto comma: nel quinto comma è precisato, in apertura, che: “Il progetto di fattibilità tecnica ed economica individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire”, con l’aggiunta per cui: “Nel progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progettista sviluppa, nel rispetto del quadro esigenziale, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti di cui al comma 1, nonché gli elaborati grafici per l’individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare e le relative stime economiche…”; il sesto comma, invece, contiene una descrizione più puntuale del contenuto del progetto di fattibilità: “Il progetto di fattibilità è redatto sulla base dell’avvenuto svolgimento di indagini geologiche, idrogeologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, sismiche, storiche, paesaggistiche ed urbanistiche, di verifiche relative alla possibilità del riuso del patrimonio immobiliare esistente e della rigenerazione delle aree dismesse, di verifiche preventive dell’interesse archeologico, di studi di fattibilità ambientale e paesaggistica e evidenzia, con apposito adeguato elaborato cartografico, le aree impegnate, le relative eventuali fasce di rispetto e le occorrenti misure di salvaguardia; deve, altresì, ricomprendere le valutazioni ovvero le eventuali diagnosi energetiche dell’opera in progetto, con riferimento al contenimento dei consumi energetici e alle eventuali misure per la produzione e il recupero di energia anche con riferimento all’impatto sul piano economico-finanziario dell’opera; indica, inoltre, le caratteristiche prestazionali, le specifiche funzionali, la descrizione delle misure di compensazioni e di mitigazione dell’impatto ambientale, nonché i limiti di spesa, calcolati secondo le modalità indicate dal decreto di cui al comma 3, dell’infrastruttura da realizzare ad un livello tale da consentire, già in sede di approvazione del progetto medesimo, salvo circostanze imprevedibili, l’individuazione della localizzazione o del tracciato dell’infrastruttura nonché delle opere compensative o di mitigazione dell’impatto ambientale e sociale necessarie.”.
    Particolarmente rilevante ai fini della prospettiva che si sta seguendo è, altresì, il settimo comma dell’art. 23, il quale, descrivendo sommariamente il contenuto del “progetto definitivo” precisa che: “Il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabili dalla stazione appaltante e, ove presente del progetto di fattibilità”.
    È possibile, allora, riassumere le indicazioni normative in questo senso: il progetto di fattibilità, preceduto da una serie di indagini ed approfondimenti relativi a tutti i possibili profili di incidenza dell’opera nel territorio inteso nell’accezione più ampia possibile, conclude la prima fase della progettazione con la fissazione delle specifiche esigenze che l’amministrazione ritiene debbano essere necessariamente soddisfatte, anche mediante l’indicazione di specifiche caratteristiche prestazionali dell’opera; è rimesso, invece, al successivo livello di progettazione, rappresentato dal progetto definitivo, lo sviluppo delle caratteristiche strutturali e funzionali in conformità alle indicazioni prima fornite.
    3.1.5. Per la necessaria collaborazione tra amministrazione e privato che caratterizza la procedura di project financing, come pure in ragione dei livelli di sviluppo della progettazione prima richiamati, può pervenirsi alla seguente conclusione relativamente alla questione posta in precedenza: il progetto di fattibilità che l’amministrazione è tenuta a porre a base di una procedura di project financing ad iniziativa pubblica ai sensi del primo comma dell’art. 183, dovrà definire le caratteristiche essenziali dell’opera in base alle esigenze reputate necessarie, lasciando ai privati concorrenti, nella successiva fase di progettazione, la proposta delle misure tecniche reputate maggiormente idonee a dar attuazione ai predetti obiettivi, ed anche se, eventualmente, nel progetto di fattibilità siano descritte in maniera più puntuale le sue caratteristiche, il privato non potrà mai essere vincolato dal progetto di fattibilità al punto da non poter proporre soluzioni differenti che appaiano, a suo giudizio, ritenute maggiormente idonee al conseguimento delle esigenze manifestate dall’amministrazione.
    L’amministrazione, del resto, necessita delle competenze del privato, poiché questi, quale impresa che opera in quel segmento di mercato (nel caso di specie, la preparazione dei pasti) è meglio attrezzato a ricercare le soluzioni più adatte all’efficientamento del servizio già in sede di progettazione, che sarà ad esso funzionale.
    3.1.6. Conforta la conclusione raggiunta le previsioni contenute nell’art. 183, al comma 3 lett. a), secondo cui il bando può specificare che: “l’amministrazione aggiudicatrice ha la possibilità di richiedere al promotore specifico di cui al comma 10 lett. b), di apportare al progetto definitivo, da questi presentato, le modifiche eventualmente intervenute in fase di approvazione del progetto…” e, correlativamente, al comma 10, lett. c) ove è precisato che in fase di approvazione del progetto definitivo “è onere del promotore procedere alle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’approvazione del progetto…”.
    Le predette norme rendono evidente come la progettazione non sia vincolata una volta e per tutte alle regole fissate nel progetto di fattibilità, ma sia destinata a svilupparsi per successivi approfondimenti, l’ultimo dei quali può avvenire anche in fase di approvazione di un progetto definitivo già prescelto dall’amministrazione.

    Anonimato dei progetti – Formato cartaceo e digitale – Applicazione diversa (art. 23 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 12.04.2021 n. 2924

    2.3.1. Con la clausola contenuta al punto 7.3. della lettera di invito la stazione appaltante imponeva ai concorrenti, a pena di esclusione, il rispetto dell’anonimato nella redazione del progetto definitivo spiegandolo con la volontà di evitare che la valutazione del progetto di realizzazione del centro cottura fosse influenzata dall’esame del progetto tecnico – gestionale del servizio di ristorazione e viceversa; in sostanza, l’intento era quello scegliere il miglior progetto per la realizzazione del centro cottura, a prescindere da chi fosse l’operatore reputato più capace di offrire il servizio di preparazione dei pasti.
    In realtà, anche a prescindere da tale obiettivo specifico, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che: “La regola dell’anonimato dei progetti è chiaramente funzionale alla garanzia dell’effettiva imparzialità delle valutazione della commissione giudicatrice, e costituisce applicazione settoriale del più generale principio che vuole sottratto all’esame discrezionale, anche di natura tecnica, delle offerte ad ogni possibile interferenza connessa alla conoscenza dell’identità dei concorrenti da cui essi provengono” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 febbraio 2007, n. 458).

    2.3.2. Le modalità attuative della regola dell’anonimato possono essere variamente declinate dalla stazione appaltante; nel caso di specie era richiesto ai concorrenti di omettere dalla busta cartacea, dalle buste interne e “sui documenti in formato cartaceo e digitale” una serie di informazioni, puntualmente elencate – quali, in particolare, la “a) carta intestata; b) loghi; c) marchi; d) timbri – sigilli; d) sottoscrizioni e firme digitali e/o analogiche; f) nominativi” – per la loro capacità di consentire un “immediato riconoscimento dell’offerente”

    2.3.3. Eliminare da un documento cartaceo le predette informazioni significa effettivamente rendere anonimo il documento; per un documento cartaceo, infatti, l’anonimato è facilmente assicurato depurando lo scritto da ogni informazioni identificativa dell’autore.
    Diverso il discorso per il documento informatico.
    Il documento informatico, infatti, conserva tracce (i c.d. metadati) delle operazioni svolte per arrivare alla versione finale e queste tracce possono, a volte con semplici attività, altre con più sofisticate operazioni, consentire di rintracciare l’autore del documento (o, meglio, del file).
    Rendere anonimo un documento digitale è, dunque, operazione più complessa, che richiede maggiore diligenza e comunque, non assicura la certezza che non sia possibile recuperare le informazioni nascoste servendosi di personale dotato di specifiche competenze tecniche.

    2.3.4. Aver equiparato in unica formulazione documenti cartacei e informatici induce a ritenere che la prescrizione contenuta nell’art. 7.3 della lettera di invito – per la quale i concorrenti erano appunto tenuti all’eliminazione di ogni dato “sui documenti in formato cartaceo o digitale” – andava intesa nel senso di richiedere loro la cancellazione di ogni informazione che consentisse di riconoscere l’autore alla sola lettura del documento.
    Simmetricamente, la commissione di gara avrebbe dovuto esaminare i documenti informatici nella loro versione finale – quella presente all’apertura del file – senza, cioè, ulteriori indagini sull’avvenuta eliminazione di ogni informazione nascosta. Ed è per questo corretta l’affermazione della commissione riportata a verbale, per cui, all’apertura dei documenti di entrambi i concorrenti, gli stessi si presentavano anonimi.

    [rif. art. 23 d.lgs. n. 50/2016]

    Obbligo di applicazione dei prezzari regionali per il calcolo della base d’asta (art. 23 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Lecce, 06.04.2021 n. 497

    Ebbene, ritiene il Collegio che la previsione in seno alla lex specialis di gara di una base d’asta non rispettosa dei valori stabiliti nel prezzario regionale ex art. art. 23, comma 16, 3° periodo, del D. Lgs. n. 50 del 2016 sia circostanza che, nella prospettiva ex ante che deve caratterizzare la verifica in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione, impedisce la formulazione di un’offerta seria da parte degli operatori economici interessati. Ne discende che non può ragionevolmente pretendersi dagli stessi, ai soli fini del possesso della legittimazione ad agire in giudizio con l’impugnazione del Bando di gara, la presentazione di una domanda di partecipazione alla procedura di affidamento. Quest’ultimo si tramuterebbe, infatti, in un inutile adempimento formale, privo di qualsivoglia valenza sul piano sostanziale.
    […]
    Con l’unico articolato motivo di gravame si deduce la violazione degli artt. 23, comma 16, 30, comma 1, e 95, comma 1, del D. Lgs. n. 50 del 2016 avendo l’Amministrazione Comunale resistente assunto a riferimento – per il calcolo della base d’asta – prezzi significativamente inferiori alle quotazioni previste, per i corrispondenti articoli di lavorazioni e forniture, nel vigente Prezziario della Regione Puglia. In particolare, il Comune di -Omissis- sarebbe giunto a sottostimare in maniera arbitraria l’intervento di € 285.966,40 (pari al 48% del valore calcolato sulla base del prezziario 2019). Ciò avrebbe ex se reso impossibile per qualsivoglia operatore economico formulare un’offerta seria e economicamente sostenibile.
    Inoltre, l’Amministrazione Comunale resistente sarebbe incorsa in un difetto assoluto e manifesto di istruttoria (che si sarebbe, di riflesso, tradotto in una carenza della motivazione) non avendo indicato in sede di Bando l’origine dei dati impiegati nella determinazione della base d’asta.
    4.1 Le censure sono fondate e devono essere accolte nei limiti appresso precisati.
    Come emerge ex actis, il Comune di -Omissis- ha proceduto a riformulare, in seno all’Allegato C al progetto a base di gara (“Elenco e Analisi Prezzi Unitari”), talune voci di prezzo già contemplate nel Listino Prezzi Regionale della Puglia dell’anno 2019 (in particolare le voci si cui agli Art. NP.01, NP.02, NP.04, NP.05 e NP.14) indicando altrettanti Nuovi Prezzi (NP) ribassati fino ad un massimo del 65 %.
    Ciò ha portato a determinare la base d’asta della procedura di che trattasi in € 302.671,15, ammontare che risulta sottostimato, rispetto a quello derivante dall’applicazione del Prezzario Regionale, di € 285.966,40.
    4.2 Orbene, il chiaro tenore dell’art. 23, comma 16, 3° periodo, del D. Lgs. n. 50 del 2016, secondo il quale “Per i contratti relativi a lavori il costo dei prodotti, delle attrezzature e delle lavorazioni è determinato sulla base dei prezzari regionali aggiornati annualmente”, spinge a ritenere che le Stazioni Appaltanti siano tenute a fare puntuale applicazione dei prezzari regionali. La previsione in parola non si esprime, infatti, in termini di mera possibilità (come accade aliunde ove si dice che la P.A. “può”) ma pone un vero e proprio obbligo in tal senso.
    Del resto, anche a ritenere che il prezzario regionale non abbia valore “tout court” vincolante ma costituisca la base di partenza per l’elaborazione delle voci di costo della singola procedura, deve nondimeno ritenersi che in caso di eventuale scostamento da detti parametri di riferimento, la stazione appaltante sia tenuta a darne analitica motivazione (in questo senso cfr. anche la delibera A.N.A.C. n. 768 del 4 settembre 2019). Ciò è vieppiù necessario ove tale scostamento sia particolarmente sensibile non potendosi tollerare una determinazione del prezzo a base d’asta completamente arbitraria in quanto priva del necessario apparato giustificativo.
    4.3 Nella vicenda che occupa, invece, il Comune di -Omissis-, pur a fronte di una rilevante riduzione rispetto al valore complessivo calcolato sulla base del Prezziario della Regione Puglia per l’anno 2019 (pari al 48% di quest’ultimo), ha mancato di offrire a sostegno di detta scelta un’adeguata motivazione.
    Tali non si possono, infatti, considerare i dati riportati in forma di tabella sotto ciascuna voce con la dizione “analisi prezzo”. Detti schemi sono, infatti, privi di qualsivoglia esplicazione diversa dalla nuda indicazione del diverso valore numerico e non sono, in ogni caso, supportati da dati o documenti in grado di dare contezza e di giustificare lo scostamento alla luce delle specifiche condizioni di mercato esistenti sul territorio interessato.
    Sussiste, pertanto, il denunciato vizio di motivazione.

    Aggiornamento dei prezzari regionali : comunicato ANAC

    Comunicato del Presidente Anac sull’aggiornamento dei prezzari regionali previsti dal Codice (D.Lgs. n. 50/2016)

    L’Autorità Nazionale Anticorruzione ha invitato le Regioni a provvedere in modo tempestivo all’aggiornamento annuale del prezzario regionale così come previsto dal Codice dei contratti pubblici (art. 23, comma 16).
    A seguito di un monitoraggio, infatti, l’Autorità ha rilevato come in diversi casi le Regioni non provvedano all’aggiornamento, o lo fanno in un periodo avanzato dell’anno, limitando di fatto la validità del prezzario definita dalla norma al 31 dicembre di ogni anno.
    L’aggiornamento consente alle stazioni appaltanti, che sono tenute a determinare l’importo delle lavorazioni in aderenza alle indicazioni dei prezzari regionali, di definire il computo metrico sulla base di prezzi aggiornati al reale andamento del mercato. L’Anac ha rilevato anche il percorso virtuoso avviato da diverse Regioni ai fini dell’introduzione nei prezzari regionali di prodotti e/o lavorazioni rispondenti ai Criteri Ambientali Minimi, auspicando che tale percorso possa essere intrapreso da un numero sempre maggiore di Regioni.

    Comunicato del Presidente ANAC 17 febbraio 2021 (.pdf)

    Aggiornamento prezzari regionali.
    Nell’ambito dell’attività di vigilanza svolta dall’Autorità con riferimento ai contratti di appalto nel settore dei lavori pubblici, è emersa un’attuazione non del tutto conforme delle previsioni di cui all’articolo 23, comma 16, del Codice dei contratti pubblici. È stato, infatti, rilevato come in diversi casi le Regioni non provvedano all’aggiornamento annuale del prezzario regionale o vi provvedano in un periodo avanzato dell’anno, limitando di fatto la validità del prezzario definita dalla norma al 31 dicembre di ogni anno.
    Si invitano, pertanto, le Regioni a provvedere in modo tempestivo alle indicazioni della norma sopra richiamata, al fine di consentire alle stazioni appaltanti, tenute a determinare l’importo delle lavorazioni in aderenza alle indicazioni dei prezzari regionali, di definire il computo metrico sulla base di prezzi aggiornati al reale andamento del mercato, nonché di evitare l’attivazione del potere sostitutivo attribuito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
    Al riguardo, appare, altresì, opportuno ribadire ai progettisti la necessità che gli stessi si attengano alle indicazioni contenute nei prezzari regionali al fine di quantificare l’importo delle lavorazioni in presenza di situazioni particolari e specifiche del singolo cantiere, fornendo adeguata motivazione della variazione introdotta rispetto al prezzo indicato nel prezzario, accompagnata da idonea documentazione a giustificazione della stessa e/o del nuovo importo quantificato.
    Nel prendere atto del percorso virtuoso avviato da diverse Regioni ai fini dell’introduzione nei prezzari regionali di prodotti e/o lavorazioni rispondenti ai Criteri Ambientali Minimi di cui al decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 ottobre 2017 – Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici, si auspica che tale percorso possa essere intrapreso da un numero sempre maggiore di Regioni per addivenire alla completa definizione nei prezzari regionali dei prodotti e delle lavorazioni di cui al predetto decreto ministeriale.
    Il Presidente Avv. Giuseppe Busia.
    fonte: sito ANAC

    Costi della manodopera – Errore nell’ indicazione – Non comporta esclusione se comunque inferiori ai trattamenti salariali minimi (art. 23 , art. 97 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 26.02.2021 n. 1637

    La commissione, una volta accertata la regolarità ed ammissibilità dell’offerta, ha attivato la prescritta verifica di congruità dei costi della manodopera dichiarati nella stessa, ai sensi dell’art. 97, comma 5, lett d), d.lgs. n. 50 del 2016, riscontrando la rispondenza dei minimi salariali retributivi individuati dal concorrente con quelli stabiliti nelle tabelle di cui all’articolo 23, comma 16, d.lgs. n. 50 del 2016, in seguito alle giustificazioni dallo stesso presentate.
    Invero, il principio generale del contraddittorio consente al concorrente di “…modificare le giustificazioni, sempre che resti ferma l’entità dell’offerta economica, in ossequio alla regola di immodificabilità dell’offerta…” (Cons. Stato,V, 8 gennaio 2019, n. 171).
    “In primo luogo deve essere rilevato che il principio della immodificabilità della offerta economica sancito ora dall’art. 83 comma 9 del codice si riferisce alle dichiarazioni negoziali di volontà e non anche a quelle di scienza che riguardano giustificazione economica della offerta mediante scomposizione delle voci di costo” (Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1049).
    Per consolidato orientamento della giurisprudenza, il giudizio sull’anomalia postula un apprezzamento globale e sintetico sull’affidabilità dell’offerta nel suo complesso anche alla stregua di compensazioni tra sottostime e sovrastime di talune voci dell’offerta economica, con il limite della radicale modificazione della composizione dell’offerta, che ne alteri l’equilibrio economico. Nella fattispecie in questione detto limite non è stato superato, atteso che la percentuale di incidenza della manodopera risulta invariata.
    In ogni caso, l’erronea indicazione del costo della manodopera non può comportare l’esclusione dell’offerta qualora lo stesso non risulti inferiore ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge, come nel caso di specie.
    Invero, il Rti -Omissis- ha chiarito che il maggior importo di manodopera pari a euro 4.831.252,80 (in luogo di quello inizialmente indicato pari a euro 3.476.352,00) scaturiva dal maggior importo di lavorazioni che avrebbe dovuto considerare come base di calcolo e non da una diversa incidenza percentuale sull’importo dei lavori, trasmettendo le tabelle illustrative del costo della manodopera di ciascuna impresa raggruppata, a dimostrazione della congruità degli importi indicati.
    “Nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è consentito pervenire ad un giudizio di congruità senza modificare l’offerta, tuttavia modificando le giustificazioni (fornendo giustificazioni basate su dati, di fatto o normativi, sopravvenuti; correggendo precedenti errori di calcolo; attuando compensazioni tra sottostime e sovrastime), purché l’offerta risulti complessivamente affidabile nel suo complesso al momento dell’aggiudicazione” (Cons. Stato, V, 8 gennaio 2019, n. 171).
    Non risulta, dunque, ravvisabile nel caso di specie una modifica dell’offerta economica, atteso che i chiarimenti e la documentazione forniti da -Omissis- non integrano alcuna variazione dell’offerta economica complessiva, limitandosi a correggere l’errore commesso nella predisposizione della stessa, peraltro causato dalla contraddittorietà della lex specialis di gara.

    Ribasso sul costo per la manodopera – E’ ammissibile se il Disciplinare non lo vieta espressamente – Limite dei minimi salariali (art. 23 , art. 95 , art. 97 d.lgs. n. 50/2020)

    Consiglio di Stato, sez. V, 21.09.2020 n. 5483

    5.1. Come previsto dall’art. 23, comma 10, penultimo periodo d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, al fine di determinare l’importo posto a base di gara, individua nei documenti posti a base di gara i costi della manodopera sulla base di quanto previsto nel presente comma”), il Ministero della difesa ha determinato il costo della manodopera sulla base delle tabelle predisposte dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e ne ha dato conto nel Capitolato d’oneri.
    Per orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa, in sede di verifica di anomalia dell’offerta, la difformità del costo del lavoro da quello indicato nelle tabelle ministeriali non è profilo dirimente per trarne la conclusione dell’incongruità dell’offerta, poiché le tabelle costituiscono un mero parametro di valutazione della congruità; sono, infatti, consentiti scostamenti dalle voci di costo ivi riassunte e spetta alla stazione appaltante valutare se si tratti di scostamenti talmente significativi e, comunque, del tutto ingiustificati, da poter compromettere la complessiva affidabilità dell’offerta ed indurre, senza meno, ad un giudizio di anomalia della stessa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694; III, 17 gennaio 2020, n. 414; V, 29 luglio 2019, n. 5353).
    Le tabelle ministeriali, infatti, indicano esclusivamente il “costo medio orario” del lavoro elaborato su basi statistiche; esse, dunque, non sono un limite inderogabile per gli operatori economici perché è ben possibile che il costo “proprio” del singolo operatore economico sia diverso dal costo medio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2020, n. 2796, V, 7 maggio 2018, n. 2691; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 6 febbraio 2017, n. 501; V, 25 ottobre 2017, n. 4912).
    Le appellanti, d’altronde, come già evidenziato dal giudice di primo grado non hanno contestato né la rilevanza dello scostamento, né l’assenza di giustificazioni, che pure erano state richieste dalla stazione appaltante e fornite dalle imprese aggiudicatarie.

    5.2. Quanto, invece, all’altro profilo di censura esposto nei motivi di appello, va detto che, come ricordato dalle appellanti, questa Sezione ha precisato, nella sentenza 23 dicembre 2019, n. 8698, che è dovuta l’esclusione dalla procedura di gara dell’operatore economico che abbia formulata un’offerta contenente un costo per la manodopera inferiore a quello stimato dalla stazione appaltante, se il disciplinare di gara abbia espressamente definito come non suscettibile di ribasso il costo della manodopera.
    Tuttavia, nel caso di specie, negli atti di gara era assente una clausola di tal genere; era, invece, così espressamente individuato l’unico elemento dell’offerta non soggetto a ribasso – sempre nell’art. 2.1. del Capitolato d’oneri: “l’importo degli oneri per la sicurezza da interferenza, Iva e/o altre imposte e contributi di legge esclusi”; il costo della manodopera non era citato.
    Il chiarimento reso dalla stazione appaltante – nel quale veniva effettivamente assunto come non soggetto a ribasso il costo della manodopera – allora, non si sottrae alla seguente alternativa: o si pone in contrasto con il bando di gara, introducendo una prescrizione vincolante non desumibile dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2020, n.1327; III, 28 giugno 2019, n. 4459; V, 17 maggio 2018, n. 2952), e, in quanto tale va considerato illegittimo, oppure va inteso come riferito ai trattamenti salariali minimi inderogabili, come interpretato dal giudice di primo grado.

    [rif. art. 95 , art. 97 d.lgs. n. 50/2016]

    Servizi architettura ingegneria: dimostrazione requisiti di capacità tecnica e professionale

    Delibera ANAC n. 290 del 01.04.2020

    Linee guida n. 1 recanti “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”. Parere in materia di dimostrazione dei requisiti di capacità tecniche e professionali.

    Ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, il libero professionista può dimostrare:
    (i) i requisisti di capacità economico-finanziaria di cui alle Linee guida n. 1, Parte IV, punto 2.2.2.1, lettera a), mediante il fatturato correlato ai servizi professionali dallo stesso svolti quale componente di un’associazione professionale e
    (ii) i requisiti di capacità tecniche e professionali di cui alle Linee guida n. 1, Parte IV, punto 2.2.2.1, lettere b) e c), mediante le attività dallo stesso svolte quale componente di un’associazione professionale a condizione che il professionista medesimo abbia sottoscritto gli elaborati correlati alle attività svolte.

    [Rif. art. 23 ed art. 46 , d.lgs. n. 50/2016; Linee guida ANAC n. 1 “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”].

    Computo metrico non estimativo – Elemento essenziale dell’offerta tecnica – Mancanza – Esclusione (art. 23 , art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Bari, 25.05.2020 n. 741

    Dalla lettura del suddetto alinea è evidente che la lex concorsualis ha previsto che i computi metrici non estimativi debbano assurgere ad elemento essenziale dell’offerta tecnica, contenente le quantità e dimensioni di tutte le migliorie proposte, nonché le modalità di svolgimento delle lavorazioni e delle forniture, con un grado di dettaglio pari a quello previsto dal Legislatore per la progettazione esecutiva, a mente dell’art. 23, comma 8, del D. Lgs. 50/2016.
    Infatti, il computo metrico non estimativo, completo in ogni sua parte, è deputato ad integrare il Capitolato Speciale d’Appalto e costituisce parte integrante del Contratto d’appalto, vincolando l’impresa aggiudicatrice nell’esecuzione dei lavori e delle opere ivi puntualmente indicate, così come previsto dallo stesso Disciplinare di gara, ove viene precisato che “… le “proposte migliorative” costituiranno parte integrante del Contratto e del Capitolato Speciale di Appalto…”.
    In sostanza, il computo metrico non estimativo funge da capitolato tecnico, in cui vengono descritte puntualmente tutte le lavorazioni e le forniture offerte, soprattutto in considerazione della circostanza che, nella specie, il bando non richiede la consegna dell’elenco prezzi, per cui non si potrebbero evincere le lavorazioni da altri documenti tecnici, né sarebbe possibile ricorrere al soccorso istruttorio, in quanto si andrebbe ad integrare un elemento essenziale dell’offerta tecnica incompleta“.
    In tal senso (i.e. carattere essenziale della produzione del computo metrico non estimativo) depone altresì T.A.R. Puglia, Lecce n. 55/2020 sempre con riferimento all’ipotesi di un’offerta tecnica carente del suddetto computo, essendo stato ciò espressamente previsto a pena di esclusione dalla lex specialis di gara nella fattispecie oggetto di quel giudizio.
    T.A.R. Abruzzo, L’Aquila n. 175/2012 ha escluso – a fronte di una clausola della legge di gara che richiedeva la produzione a pena di esclusione del computo metrico – l’ammissibilità del soccorso istruttorio in caso di omessa produzione del computo metrico.
    Analogamente si è pronunciato il T.A.R. Campania, Salerno, nella sentenza n. 376/2020, secondo la quale “La essenzialità del computo metrico estimativo, comprensivo delle voci corrispondenti alle migliorie proposte, emerge, tra l’altro, da altre previsioni della lex specialis”.

    [rif. art. 83 d.lgs. n. 50/2016]