Archivi tag: manodopera

Costi della manodopera e ribasso : parere ANAC su applicazione art. 41 d.lgs. n. 36/2023

Delibera ANAC n. 528 del 15.11.2023

Istanza di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 220, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 – Procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara.

Appalto pubblico – In genere – Bando di gara – Importo soggetto a ribasso – Costi della manodopera – Inclusione – Correttezza

La lettura sistematica della prima parte dell’articolo 41, comma 14, del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, secondo il quale i costi della manodopera sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso, e della seconda parte della norma, che riconosce al concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso complessivo offerto deriva da una più efficiente organizzazione aziendale, induce a ritenere che il costo della manodopera, seppur quantificato e indicato separatamente negli atti di gara, rientri nell’importo complessivo a base di gara, su cui applicare il ribasso offerto dal concorrente per definire l’importo.

L’interpretazione del dettato normativo sposata dall’ANAC “consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita, la quale, nel suo concreto dispiegarsi, non può che comportare la facoltà dell’operatore economico di dimostrare che la più efficiente organizzazione aziendale impatta sui costi della manodopera, diminuendone l’importo rispetto a quello stimato dalla Stazione appaltante negli atti di gara. Tra l’altro, solo seguendo tale impostazione, si spiega anche l’obbligo del concorrente di indicare i propri costi della manodopera, a pena di esclusione dalla gara (art. 108, comma 9, d.lgs. 36/2023) previsione che sarebbe evidentemente superflua se i costi della manodopera non fossero ribassabili, e il successivo art. 110, comma 1. che include i costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia”.

A supporto l’ANAC precisa “che anche il Servizio di consulenza del MIT ha dimostrato dì condividere tale interpretazione nel parere n. 2154 del 19 luglio 2023, avendo chiarito che l’offerta economica non va costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera, ma deve includerlo al suo interno; quest’ultimo non può essere considerato un importo aggiuntivo ma fa già parte dell’offerta ed è soggetto a verifica”.

Inoltre il parere richiama la sentenza del Consiglio di Stato, 09.06.2023, n. 5665 secondo la quale: “Persino nel “nuovo Codice”, che in applicazione di un preciso criterio di delega di cui all’art. 1 comma 2 lett. t) della L. 78/2022, ha previsto “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” è stata fatta salva la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che un ribasso che coinvolga il costo della manodopera sia derivante da una più efficiente organizzazione aziendale cosi armonizzando il criterio di delega con l’art. 41 della Costituzione. E, d’altronde, non è superfluo osservare che, a supporre corretto l’argomentare del TAR si arriverebbe (come si è arrivati) a considerare che la gara sia stata indetta solo per vagliare il ribasso sulla voce “”spese generali””, ciò che costituisce un assurdo logico prima che una ricostruzione in diritto non condivisibile”.

 

 

Costi della manodopera ed importo soggetto a ribasso ai sensi del nuovo Codice contratti pubblici

Quesito: In riferimento a quanto disposto dall’art. 41, comma 14 del Dlgs 36/2023, che testualmente riporta la seguente dicitura: “Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera, secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione sindacale ”, si pongono i seguenti quesiti:

1) se l’offerta economica, ai fini della sua valutazione e della graduatoria di gara, debba essere costituita solamente dal ribasso operato sull’importo al netto del costo della manodopera (importo quest’ultimo che si legge deve essere scorporato dall’importo a base d’asta, e che per ciò si presuppone in linea teorica non assoggettato al ribasso);

2) se il costo della manodopera, laddove invece ribassato, ovvero indicato dall’operatore economico in misura inferiore all’importo indicato dalla stazione appaltante negli atti di gara, in virtù di una più efficiente organizzazione sindacale, debba considerarsi un importo che si aggiunge all’importo dell’offerta economica come sopra considerata ed oggetto solo di valutazione ai fini della congruità dell’offerta medesima.

Risposta: La disposizione citata nel quesito costituisce attuazione del criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1 della legge delega (L. 78/2022), in base al quale le stazioni appaltanti devono prevedere “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso”. In merito alle modalità con cui declinare operativamente tale nuovo dettato normativo si rinvia alle indicazioni interpretative ed applicative di cui al bando tipo ANAC n. 1/2023 “Procedura aperta per l’affidamento di contratti pubblici di servizi e forniture nei settori ordinari di importo superiore alle soglie europee con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”.
Nello specifico, il punto 3 dello schema di Disciplinare stabilisce quanto segue: “L’importo a base di gara comprende i costi della manodopera che la stazione appaltante ha stimato pari ad € … [indicare l’importo] calcolati sulla base dei seguenti elementi … [precisare gli elementi attraverso i quali si è pervenuti alla determinazione del costo stimato o eventualmente indicare l’allegato che contiene questa informazione] e riferiti a … [specificare a quali servizi o forniture si riferiscono i costi della manodopera]. I costi della manodopera non sono soggetti al ribasso”. A sua volta, l’operatore economico dovrà indicare in offerta il costo della manodopera (punto 17 Bando-tipo ANAC). Se l’operatore economico riporta in offerta un costo della manodopera diverso da quello stimato dalla stazione appaltante, l’offerta è sottoposta al procedimento di verifica dell’anomalia ai sensi dell’art. 110, D.Lgs. 36/2023. Nella fattispecie, per quel che attiene al costo della manodopera, in base alla previsione di cui al comma 4, lett. a) del citato art. 110, non potranno essere fornite giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge. Si evidenzia in proposito come le clausole contenute nei bandi tipo ANAC, diverse da quelle indicate come facoltative, continuino ad assumere carattere vincolante per le stazioni appaltanti, in base a quanto dispone l’art. 83, comma 3, del nuovo Codice dei contratti, secondo cui “Successivamente all’adozione da parte dell’ANAC di bandi tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità degli stessi. Le stazioni appaltanti, nella delibera a contrarre, motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”. Pertanto, relativamente alla domanda n. 1 la risposta è negativa. Per la domanda n. 2 si precisa che l’importo non si aggiunge ma fa parte dell’offerta ed è soggetto verifica. (Parere MIT n. 2154/2023)

Costo della manodopera : modifica per sopravvenienze di fatto in sede di verifica anomalia

Consiglio di Stato, sez. V, 15.09.2023 n. 8356

11.5. La valutazione di congruità dell’offerta compiuta dalla stazione appaltante non è poi erronea neanche per quanto concerne il calcolo del costo medio orario, atteso che l’offerta è rimasta ferma nel suo importo complessivo, mentre i lievi scostamenti sono stati tutti sufficientemente giustificati dall’aggiudicataria.
Vanno dunque anche qui confermate le statuizioni di prime cure, secondo cui le voci di spesa che hanno inciso sul costo del personale sono state modificate per sopravvenienze di fatto, come l’intervenuta stipula dei contratti con i liberi professionisti, mentre l’assenza di altre voci nel computo del costo medio orario del personale dipendente è stata puntualmente motivata dall’inapplicabilità di alcune di esse al caso concreto (anzianità, previdenza complementare) o dalla loro incidenza minimale (festività retribuite medie, rivalutazione TFR).
11.6. Parimenti nessuna variazione dell’offerta è stata posta in essere, mediante le giustificazioni, con riguardo al costo del personale non dipendente, adeguatamente comprovato dall’aggiudicataria fornendo all’amministrazione gli accordi contrattuali stipulati con i professionisti, che individuano la misura del compenso condivisa fra le parti.
Valgono poi a questo riguardo, a confutazione delle doglianze formulate, i passaggi essenziali della pronuncia di questo Consiglio di Stato richiamata dalla stessa parte appellante: “Il riferimento alle tabelle di cui all’art. 23, comma 16, contenuto nell’art. 97, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, ne comporta l’inapplicabilità ai liberi professionisti; ciò non determina “la sostanziale totale non verificabilità delle offerte nell’ambito di un appalto di servizi attinenti l’ingegneria e l’architettura, in cui è fisiologico che molte prestazioni vengano svolte da liberi professionisti”, come sostenuto dall’appellante; piuttosto, la verifica di congruità va svolta alla stregua degli ulteriori parametri di riferimento dettati dallo stesso art. 97. Escluso che rilevi, come già ritenuto dalla sentenza, il D.M. n. 143 del 2013 [n.d.r.: corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura ed all’ingegneria], va dato atto che per tutti i professionisti l’aggiudicataria ha fornito i chiarimenti richiesti dalla stazione appaltante circa le fonti contrattuali regolanti le rispettive prestazioni e che, in mancanza di ulteriori deduzioni dell’appellante atte a dimostrare l’insostenibilità economica complessiva dell’offerta, il giudizio di congruità non presenta profili di macroscopica illogicità o erroneità fattuale tale da rendere palese una siffatta insostenibilità.” (Consiglio di Stato, sez. V, 25 novembre 2019, n. 8048).
Pertanto, considerato che, da un lato, la modifica alla stima previsionale, originariamente operata dalla concorrente, è avvenuta non sulla base di conteggi privi di concreta verificabilità, ma in ragione di una comprovata e oggettiva sopravvenienza di fatto (la definizione degli accordi contrattuali con i professionisti incaricati al momento della presentazione dei giustificativi) e che, dall’altro, la questione rileva non in funzione del rispetto di trattamenti remunerativi minimi, bensì della verifica della sostenibilità dell’offerta, anche riguardo a tale profilo la valutazione di congruità dell’offerta aggiudicataria operata dalla stazione appaltante deve ritenersi immune dagli errori prospettati da parte appellante.

Impiego di lavoro “supplementare” per esecuzione dell’ appalto

Consiglio di Stato, sez. V, 24.04.2023 n. 4144

Il lavoro supplementare è quindi istituto espressamente previsto sia dalla contrattazione collettiva sia dalla normativa di riferimento, che può essere utilizzato dall’imprenditore quale possibile soluzione organizzativa.
La giurisprudenza sul punto ha chiarito che: “il lavoro supplementare è una modalità di organizzazione del lavoro (volta a consentire un legittimo risparmio di spesa) perfettamente compatibile, ai sensi della vigente contrattazione collettiva di settore, con l’assolvimento delle esigenze aziendali sottese alla tipologia di appalto per cui è causa. L’eventuale rifiuto del lavoratore – che apparentemente sembra previsto solo dalla disciplina legislativa di default, ma che secondo una parte della dottrina non può essere limitato al caso in cui manchi la disciplina collettiva – riguarda un profilo attinente ai rapporti interni tra datore e lavoratore, senza intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 maggio 2018, n. 3244; in termini: Consiglio di Stato, Sez. VI, 20 ottobre 2020, n. 6336; Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 dicembre 2019, n. 8303; TAR Lazio, sez. III-bis, 3 maggio 2018, n. 4966 ).
Proprio in quanto modalità (ordinaria) di organizzazione del lavoro, diversamente da quanto sostiene l’appellante, il lavoro supplementare può essere utilizzato anche per eseguire “prestazioni ordinarie” di servizio come affermato da questa Sezione con sentenza 8 maggio 2020, n. 2900 in cui si è evidenziato “Deve infatti convenirsi con il precedente di Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020 n. 83, per cui “la sola natura volontaria del lavoro straordinario (così come di quello supplementare) non vale di per sé a incidere sull’offerta o “intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente”, afferendo piuttosto il possibile rifiuto del prestatore di lavoro “ai rapporti interni fra datore e lavoratore”; tutto ciò sempreché “il ricorso al lavoro supplementare (e straordinario) sia contenuto in una percentuale limitata” (Cons. Stato, VI, 30 maggio 2018, n. 3244). Dal che consegue che il richiamo al lavoro straordinario non va ritenuto aprioristicamente precluso a fini di giustificativi della sostenibilità dell’offerta, potendo esso effettivamente rientrare fra gli elementi di possibile organizzazione dell’impresa (cfr. Cons. Stato, III, 14 novembre 2018, n. 6430; v. anche Id., 18 gennaio 2018, n. 324)”.
Non può pertanto condividersi l’aprioristico giudizio contenuto in sentenza, secondo cui il ricorso a queste due tipologie di lavoro di per sé renderebbe inaffidabile l’offerta, trattandosi di tipologie pacificamente riconosciute e consentite dalla legge e dalla stessa disciplina di gara.
D’altro canto, effettivamente eccede l’ambito del sindacato di legittimità proprio del giudice amministrativo, per attingere direttamente il merito della discrezionalità tecnica nella scelta del contraente, che compete alla sola stazione appaltante, il rilievo secondo cui – con riguardo al part-time – sussisterebbero “altre tipologie contrattuali (rectius di articolazione dell’orario di lavoro), peraltro, espressamente contemplate all’art. 30 del CCNL citato, sicuramente più adatte del part time a soddisfare l’esigenza dell’impresa di far fronte alle prestazioni proprie dell’appalto di servizi in questione in orari compatibili con quelli di normale funzionalità degli uffici che hanno sede presso gli immobili interessati dalle attività di pulizia”
Il ricorso al lavoro supplementare anche laddove riferito alla percentuale – non provata – di circa il 19% per cento del costo complessivo del lavoro, pertanto deve intendersi ammissibile secondo la prevalente giurisprudenza in materia, essendo tale percentuale, anche laddove effettivamente sussistente, da ritenersi, come correttamente evidenziato dal primo giudice “allineata agli standard già validati dal vissuto giurisprudenziale che ha ritenuto ammissibili offerte similari”.
Ed invero nella pronuncia del Cons. Stato, III, 20 agosto 2021, n. 5967 peraltro richiamata dalla stessa parte appellante, si afferma expressis verbis che “ Anzitutto, non può essere qui condivisa la prima statuizione della decisione appellata che impinge in un presunto rilievo esorbitante del contingente percentuale di ore di lavoro supplementare, stimato nel 20 % del monte ore complessivo, non trovando il suddetto postulato, nella sua rigidità applicativa, alcun appiglio giuridico negli arresti della giurisprudenza di settore e tantomeno nella specifica disciplina di riferimento.
Si è, a tal riguardo, efficacemente evidenziato in giurisprudenza che il lavoro supplementare è una modalità di organizzazione del lavoro (volta a consentire un legittimo risparmio di spesa) perfettamente compatibile, ai sensi della vigente contrattazione collettiva di settore, con l’assolvimento delle esigenze aziendali sottese alla tipologia di appalto per cui è causa.
La sola natura volontaria del lavoro straordinario (così come di quello supplementare) non vale di per sé a incidere sull’offerta o “intaccare la significatività dell’impegno giuridico assunto dall’impresa nei confronti del committente”, potendo emergere qualche criticità solo a cagione del possibile rifiuto del prestatore di lavoro e, dunque, in relazione ai rapporti interni fra datore e lavoratore. Dal che consegue che il richiamo al lavoro straordinario (così come quello supplementare) non va ritenuto aprioristicamente precluso a fini di giustificativi della sostenibilità dell’offerta, potendo esso effettivamente rientrare fra gli elementi di possibile organizzazione dell’impresa (cfr. Cons. St., sez. V, 8 maggio 2020, n. 2900; sez. V, 7 gennaio 2020, n.83; sez. VI, 30 maggio 2018, n. 3244; ) anche nella misura percentuale corrispondente a quella di assenza dal servizio dei lavoratori ordinariamente impiegati (cfr. Cons. St., sez. V, 19 febbraio 2020, n. 1500; Cons. St., sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694) sempreché il ricorso al lavoro supplementare (e straordinario) sia contenuto in una percentuale limitata.
Vale soggiungere che non risulta indicata nei suddetti approdi una soglia rigidamente predeterminata al di sopra della quale si debba ritenere non consentita tale modalità di impiego.
E tanto in ragione del fatto che i parametri di legittimità vanno colti all’interno della specifica disciplina di riferimento, mutuata dalle disposizioni di rango primario per come integrate dai CCNL applicativi, dovendo poi i suddetti parametri essere combinati con quelli di intrinseca congruenza logica e complessiva sostenibilità economica della singola, specifica offerta”.

Congruità manodopera negli appalti : nuova procedura di alert dal 1 marzo 2023

Al via dal 1 marzo 2023 l’ alert di verifica della congruità della manodopera per tutti i cantieri edili, in attuazione di quanto previsto dal Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 25 giugno 2021, n. 143.

La verifica di congruità, in particolare nel settore edile, può concorrere, tra l’altro, a realizzare un’azione di contrasto dei fenomeni di dumping contrattuale, promuovendo l’emersione del lavoro irregolare attraverso l’utilizzo di parametri idonei ad orientare le imprese operanti nel settore e assicurando un’effettiva tutela dei lavoratori sia sotto il profilo retributivo che per gli aspetti connessi alla salute e alla sicurezza.

Il decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale» (Decreto semplificazioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 e in particolare l’articolo 8, comma 10-bis, stabilisce che al documento unico di regolarità contributiva (DURC) è aggiunto il documento relativo alla congruità dell’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

In attuazione delle richiamate disposizioni il 7 dicembre 2022 la Parti Sociali hanno sottoscritto un accordo relativo alla nuova procedura di alert tramite PEC per tutti i cantieri, pubblici o privati, soggetti alla normativa sulla congruità ancora aperti o che verranno avviati a partire dal 1 marzo 2023.

L’introduzione della nuova procedura di alert è finalizzata a sensibilizzare e responsabilizzare i soggetti coinvolti (imprese affidatarie e, nei lavori pubblici, le Amministrazioni Appaltanti) sugli adempimenti legati alla normativa in materia ed in particolare sull’obbligo di richiesta della certificazione di congruità.

In considerazione della fase di avvio del sistema congruità nazionale, per i soli cantieri conclusi entro il 28 febbraio 2023 (la cui denuncia di nuovo lavoro sia stata effettuata a decorrere dal 1 novembre 2021), le Casse Edili / Edilcasse procederanno al rilascio dell’attestato di congruità anche qualora la documentazione giustificativa, eventualmente necessaria a dimostrare il raggiungimento della percentuale minima di congruità, sia costituita da un’autodichiarazione dell’impresa avente ad oggetto ad esempio, l’utilizzo di macchinari altamente tecnologici e/o materiali di pregio o presenza di manufatti estranei alle lavorazioni edili.

In particolare la nuova procedura di alert prevede:

1. al momento dell’inserimento della denuncia di nuovo lavoro (DNL), il portale nazionale della congruità, tramite CNCE_Edilconnect, invierà una comunicazione all’impresa affidataria e, nel caso di lavori pubblici, anche al Committente informando che l’opera denunciata è soggetta alla verifica di congruità e che l’attestazione dovrà essere richiesta prima del saldo finale nel caso dei lavori privati e in occasione dell’ultimo SAL prima del saldo finale nel caso di lavori pubblici; la comunicazione verrà inviata all’impresa affidataria anche nel caso in cui la DNL sia stata inserita da un subappaltatore;
2. il giorno 3 di ogni mese l’impresa affidataria riceverà i riepiloghi relativi all’andamento della congruità nei propri cantieri;
3. per i cantieri di durata superiore a 30 giorni, verrà comunicato all’impresa affidataria (ed al committente nel caso di lavori pubblici) che l’attestazione di congruità dovrà essere richiesta dopo la fine dei lavori e comunque nel rispetto dei termini indicati al punto 1): tale comunicazione avverrà 20 giorni prima della fine dei lavori indicata nella DNL;
4. alla chiusura del cantiere, qualora nessuno dei soggetti interessati avesse provveduto a richiedere la certificazione di congruità, la nuova procedura di alert comporta  che:

a. qualora il cantiere sia congruo, il sistema invia una PEC che invita i soggetti interessati (impresa affidataria e anche committente nel caso di lavori pubblici) a richiedere l’attestazione o a scaricarla dal portale www.congruitanazionale.it;
b. qualora il cantiere risulti non congruo, il primo giorno utile del mese successivo alla scadenza della denuncia del mese di chiusura del cantiere, il sistema comunica ai soggetti interessati (impresa affidataria e committente nel caso di lavori pubblici) che l’opera non risulta congrua e che non è stata richiesta la certificazione di congruità, con contestuale avviso al committente di non procedere al pagamento.
Inoltre, se entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione l’impresa affidataria non provvede alla regolarizzazione (secondo quanto previsto dall’accordo nazionale del 10.09.2020) l’impresa verrà segnalata come irregolare alla Banca Nazionale delle Imprese Irregolari (BNI) con effetti negativi sul rilascio del DURC successivo alla segnalazione.

Tutte le comunicazioni previste dalla nuova procedura di alert avverranno tramite PEC dalla casella congruità.GOOO@infopec.cassaedile.it utilizzando le funzionalità del sistema CNCE_ Edilconnect.

Verifica costo della manodopera prima dell’ aggiudicazione – Anche in assenza di anomalia – Necessità (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Napoli, 18.11.2022 n. 7131

Osservato, in particolare, che l’interpretazione letterale dell’art. 95, comma 10 del d.lgs. 50/2016 induce a ritenere che la verifica di congruità del costo della manodopera, da effettuarsi prima dell’aggiudicazione riguardi, nello specifico, il rispetto dei minimi salariali retribuiti previsti dalla legge o dalle fonti da esse autorizzate, come si evince dalla chiara prescrizione in tal senso contenuta nell’art. 97 comma 5 lett. d) del d.lgs. 50/2016, cui rinvia il comma 10 dell’art. 95 sopra citato, cosicché spetta all’amministrazione verificare se “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16”; ciò, in quanto, nel complessivo costo del lavoro per il cui valore rilevano anche le situazioni economico-finanziarie delle singole organizzazioni imprenditoriali, la componente di derivazione legale o contrattuale del trattamento salariale minimo è inderogabile ai sensi di quanto previsto dall’art. 97 comma 6 del d.lgs. 50/2016 (“Non sono ammesse giustificazioni in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge. Non sono, altresì, ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza di cui al piano di sicurezza e coordinamento previsto dall’articolo 100 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81”);

Ritenuto che il criterio dell’interpretazione letterale del testo normativo (Cass. civ. Sez. Unite, 25 luglio 2022, n. 23051; T.A.R. Veneto Venezia Sez. I 29 agosto 2017, n. 809), che porta alle conclusioni appena rappresentate, debba plasmarsi con quello sistematico (così risolvendosi l’apparente dualismo, presente nell’art. 12 delle disp. att. c.c., tra lettera “significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” e spirito o ratio “intenzione del legislatore”) e che, a tale scopo, sovviene la copiosa giurisprudenza secondo cui il rispetto dei trattamenti salariali minimi risponde all’esigenza di tutela del diritto di rango costituzionale dei lavoratori alla giusta ed equa retribuzione, con il conseguente obbligo dell’amministrazione di verificare tale conformità, anche laddove non si verta in ipotesi di offerta da sottoporre al giudizio di anomalia per legge (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 16 marzo 2020 n. 329; T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 23 luglio 2020, n. 287; “la gravità della conseguenza giuridica dell’espulsione dalla gara segnala, sul piano sostanziale, la rilevanza dei beni giuridici tutelati attraverso l’imposizione della prescrizione normativa, che intende garantire la tutela del lavoro sia sotto il profilo della applicazione dei contratti collettivi (e, quindi, della tutela della retribuzione dei lavoratori secondo l’art. 36 Cost.), sia sotto il profilo della salute e della sicurezza dei lavoratori (art. 32 Cost., ma anche secondo e terzo comma dell’art. 36 Cost., in cui si fissano la durata massima della giornata lavorativa ed il diritto al riposo settimanale nonché alle ferie annuali, che individuano altrettante condizioni necessarie e rilevanti anche per la tutela della salute dei lavoratori” Cons. Stato, Sez. III, 19 ottobre 2021, n. 7036).

Ritenuto pertanto che:
– la valutazione di congruità del costo della manodopera, per il profilo della garanzia del salario minimo oggetto di contrattazione collettiva, costituisce adempimento necessario, non solo al fine di verificare l’idoneità della forza lavoro indicata in offerta rispetto alla corretta e completa esecuzione della proposta progettuale presentata, ma soprattutto a garanzia dell’equa retribuzione del personale ivi impiegato, trattandosi di diritto costituzionalmente riconosciuto;
– tale valutazione, sebbene frequentemente condotta nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta ai sensi dell’art. 97 del D.Lgs. n. 50 del 2016, mantiene in ogni caso una propria autonoma ratio rispetto a quest’ultima, risultando necessaria anche nell’ipotesi in cui l’offerta non sia considerata anomala (T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. II, 19 maggio 2021, n. 502);

Ritenuto, in conclusione, che:
– incontestata la circostanza che la predetta valutazione di congruità sia stata omessa nella fattispecie in esame, è fondata la censura spiegata da parte ricorrente con conseguente annullamento del provvedimento di aggiudicazione;
– in ottemperanza alla presente decisione, il Comune dovrà rideterminarsi in merito all’aggiudicazione, previa verifica della congruità del costo del lavoro rispetto alla prescrizione di cui all’art. 97 comma 5 lett. d) del d.lgs. 50/2016 dell’offerta della prima classificata;

Costi della manodopera riferibili a subappaltato o personale non a tempo pieno – Omessa indicazione – Esclusione (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Roma, 20.05.2022 n. 6531

Nel caso di specie non si tratta, come ha rappresentato la controinteressata, di una sottostima dei costi della manodopera, ma, proprio in relazione alla formulazione aggregata dell’offerta economica per i singoli servizi, i relativi costi della manodopera non sono in alcun modo esplicitati, dovendo gli stessi essere ricavati in via induttiva e per supposizione.
In ogni caso l’aggiudicataria, però, non ha indicato i singoli costi della manodopera, comunque afferenti alla commessa e riferibili ai servizi subappaltati o svolti da personale non adibito a tempo pieno nella esecuzione dell’appalto. […]
L’aggiudicataria ha indicato un costo per il personale non conforme al dato reale proprio perché non ha indicato tutto il personale impiegato, ma solo due addetti a tempo pieno, prevedendo, per tutti gli altri servizi previsti per l’esecuzione della commessa, una offerta aggregata che non ha distinto i costi della manodopera necessaria alla esecuzione del servizio.
Né al riguardo, può trovare applicazione il principio della generale affidabilità dell’offerta, atteso che la stessa deve necessariamente partecipare, già in sede di offerta economica, i singoli costi della manodopera anche al fine di consentire lo svolgimento del successivo subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta previsto dal successivo art. 97.
E’ l’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici che impone, ai concorrenti, di indicare “i propri costi della manodopera” nell’offerta economica.
Ciò costituisce un obbligo dichiarativo imposto alle società partecipanti alla gara pubblica a pena di esclusione, anche ed a prescindere da una espressa previsione, in tal senso, della lex specialis di gara (Cons. Stato, A.P., 2 aprile 2020, nn. 7 e 8) e discende chiaramente dal combinato disposto di cui all’art. 95, comma 10, del Codice dei contratti pubblici e dall’art. 83, comma 9, del medesimo codice, il quale non consente la regolarizzazione di carenze concernenti l’offerta tecnica o economica.
La formulazione aggregata dell’offerta economica per la maggior parte dei servizi afferenti alla commessa per cui è causa, ha comportato una alterazione dell’offerta ed una sua valutazione non adeguata al reale dato fattuale.

Verifica costi della manodopera : va riferita ai soli dipendenti impiegati nell’ appalto (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Palermo, 13.12.2021 n. 3457

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito, con riguardo al significato da attribuire all’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50/2016 che, anche se “Il dato letterale è neutro perché il significante è tale che il significato potrebbe essere sia quello ristretto, riferito ai soli dipendenti subordinati che prestano l’attività esecutiva per lo specifico appalto, sia quello più ampio che comprenda l’interno fattore – lavoro necessario all’esecuzione dell’appalto, e, dunque, in questa ottica anche i servizi di supporto e ai servizi esterni”, è “preferibile … riferire il costo della manodopera di cui al citato art. 95, comma 10, ai soli costi diretti della commessa, esclusi, dunque, i costi per le figure professionali coinvolti nella commessa in ausilio e solo in maniera occasionale secondo esigenze non prevenibili (in termini Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2020, n. 6530; V, 21 ottobre 2019, n. 7135, che, in relazione alle figure professionali che prestano la propria opera a beneficio di più contratti di appalto riferiti alla stessa impresa, parla di attività “trasversale” e le enuncia in tutte quelle che hanno un ruolo direttivo o di coordinamento)”, e ciò in quanto “l’esigenza di tutela è avvertita solo e proprio per quei dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta per la specifica commessa; non è così, invece, per le figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente, ovvero lo fanno in maniera trasversale a vari contratti, il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto” (cfr. C.d.S., sez. V, 3/11/2020, n. 6786).

Costi della manodopera – Retribuzione delle ore non lavorate – Spetta ex lege – Differenza con il costo medio (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 18.11.2021 n. 7716

La valutazione della congruità del costo della manodopera ai sensi dell’art. 95, comma 10, d.lgs n. 50 del 2016, è viziata per non avere incluso nel calcolo del costo del lavoro la retribuzione delle ore non lavorate, spettante ex lege.
Invero, la retribuzione e il costo medio del lavoro sono due cose diverse: la prima va corrisposta al lavoratore dipendente anche quando lo stesso è assente per ferie, permessi, o altre ragioni giustificate, mentre il secondo ricomprende, oltre alla prima, anche il costo aggiuntivo connesso alla necessità di sostituire il personale dipendente legittimamente assente. L’ulteriore costo sostenuto per le sostituzioni va quindi sommato al costo medio orario delle retribuzioni per i dipendenti regolarmente assunti.

Costi della manodopera – Indicazione – Obbligo limitato ai lavoratori subordinati e non anche ai lavoratori autonomi (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Lecce, 02.11.2021 n. 1584

L’art. 95 comma 10 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm. impone ai concorrenti di indicare nell’offerta economica solo i costi della manodopera “subordinata” ex artt. 2094 e ss. c.c. e non anche dei lavoratori autonomi eventualmente utilizzati dall’appaltatore. Ciò è chiaramente desumibile dal tenore letterale della previsione (che appunto si esprime in termini di “manodopera”, concetto che evoca la sottoposizione del prestatore dell’attività lavorativa alle direttive del datore/imprenditore) e dal dato sistematico offerto dalla lettura in combinato disposto con la lett. d) dell’art. 97 del D. Lgs. n. 50 del 2016 che, pur prescrivendo la diversa verifica del rispetto dei “minimi tabellari salariali retributivi” indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16 dello stesso Codice, ha ad oggetto la medesima grandezza e si riferisce testualmente al “personale” (vocabolo che denota l’inserimento in pianta stabile del lavoratore nell’organizzazione aziendale in posizione di subordinazione).
Proprio l’art. 23 comma 16 del D. Lgs. n. 50 del 2016 (pure evocato da parte ricorrente a sostegno della propria censura) menziona espressamente, come parametro di verifica, la contrattazione collettiva nazionale “tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi”, così lasciando intendere che il costo della manodopera debba riferirsi solo ai casi di lavoro subordinato (l’unica forma di lavoro in cui si può, a rigore, parlare di “datore” e non di “committente”, come nel caso del lavoro autonomo ex art. 2222 c.c.).
Inoltre, il concetto di “trattamento salariale retributivo” è proprio del solo lavoro dipendente come chiarito dall’art. 2099 c.c..
La restrizione del campo di applicazione dell’art. 95 comma 10 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e ss.mm. al solo lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. si spiega, peraltro, alla luce della “ratio” della disciplina in parola, che è quella di assicurare non solo la serietà ed affidabilità dell’offerta (che è messa in discussione dall’indicazione di costi anomali) ma anche la tutela della posizione del prestatore di lavoro che, nell’ipotesi di subordinazione, è di debolezza economica e giuridica. Analoghe esigenze non si pongono, al contrario, per il lavoro autonomo, il quale si caratterizza ex art. 2222 c.c. per l’“assenza di un vincolo di subordinazione” e che, per tale ragione, è storicamente rimasto estraneo al fitto reticolo di leggi speciali in materia lavoristica, rimanendo assoggettato alla sola disciplina codicistica.
2.2 Sotto altro profilo, è appena il caso di ribadire che la scelta dell’operatore economico di impiegare, nell’esecuzione del contratto oggetto di affidamento, anche lavoratori autonomi in luogo di lavoratori subordinati, costituendo espressione della libertà di iniziativa economica ex art. 41 Costituzione riconosciuta a ciascun imprenditore nella definizione del proprio modello produttivo, non è, in assenza di specifici divieti di legge o di macroscopiche incongruenze, suscettibile di essere sindacata dalla Stazione Appaltante e dal Giudice Amministrativo.

Costi della manodopera – Modifica al rialzo – Possibilità – Condizioni (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 02.08.2021 n. 5644

La giurisprudenza ha più volte chiarito che la verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzata ad accertare l’attendibilità e la serietà della stessa sulla base di una valutazione, ad opera della stazione appaltante, che ha natura globale e sintetica e che costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale riservato alla p.a., insindacabile in sede giurisdizionale salvo che per ragioni legate alla eventuale (e dimostrata) manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato dell’amministrazione, tale da rendere palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr. Cons. Stato, III, 19 ottobre 2020, n. 6317).
In tale prospettiva, è, in termini generali, ammissibile una modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo, non solo in correlazione a sopravvenienze di fatto o di diritto, ma anche al fine di porre rimedio ad originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità originaria dell’offerta economica, nel rispetto del principio dell’immodificabilità, che presiede la logica della par condicio tra i competitori (cfr. Cons. Stato, V, 16 marzo 2020, n. 1873 e Id., V, 11 dicembre 2020, n.7943).
Tale ammissibilità incontra (di là dalla rigidità delle voci di costo inerenti gli oneri di sicurezza aziendale) il solo limite del divieto di una radicale modificazione della composizione dell’offerta che ne alteri l’equilibrio economico, allocando diversamente voci di costo nella sola fase delle giustificazioni (Cons. Stato, V, 24 aprile 2017, n. 1896). Inoltre, la riallocazione delle voci deve avere un fondamento economico serio allorché incida sulla composizione dell’offerta, atteso che, diversamente, si perverrebbe all’inaccettabile conseguenza di consentire un’elusiva modificazione a posteriori della stessa, snaturando la funzione propria del subprocedimento di verifica dell’anomalia, che è, per l’appunto, di apprezzamento globale dell’attendibilità dell’offerta (cfr. Cons. Stato, VI, 15 gennaio 2021, n. 487).
Ragionevoli, giustificate e proporzionate modificazioni e rimodulazioni possono interessare anche la struttura dei costi per il personale.
Invero, l’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, pone a carico di ogni operatore economico l’onere di indicare espressamente nell’offerta economica “i propri costi della manodopera”, anche al fine di consentire lo svolgimento del successivo subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta previsto dall’art. 97. La norma prevede, infatti, che la stazione appaltante, “relativamente ai costi della manodopera”, proceda, prima dell’aggiudicazione, a “verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”, ossia che il “costo del personale” non sia inferiore, salvo idonee spiegazioni, ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriale ai sensi dell’art. 23, comma 16.
Come bene ribadito dal primo giudice, la norma non esclude che i costi della manodopera che l’operatore è tenuto ad “indicare” non possano poi essere diversamente stimati nel corso nella verifica dell’anomalia dell’offerta: e ciò proprio alla luce della lettera e della ratio del subprocedimento di verifica dell’anomalia, preordinato a legittimare giustificazioni “sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte”. Tali giustificazioni possono risolversi anche nell’indicazione di una diversa stima di un costo già indicato in precedenza, sempre che la modifica e/o lo diversa stima del costo non si risolvano in un espediente elusivo delle regole di gare poste a pena di esclusione (art. 89, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016) oppure nella violazione della par condicio e sempre che si giunga ad un giudizio di attendibilità della dichiarazione resa e di congruità dell’offerta (cfr. Cons. Stato, V, 12 febbraio 2020, n. 1071; Id., V, 16 gennaio 2020, n. 389; Id., V, 22 giugno 2020, n. 3972; Id., III, 5 giugno 2020, n. 3573).
Nel caso di specie, la rimodulazione dei costi in sede giustificativa ha operato una variazione (per giunta al rialzo) dell’1,48%, rispetto alla originaria indicazione in sede di offerta: variazione giustificata alla luce di emendare la dichiarazione in relazione agli oneri imputabili agli scatti di anzianità destinati ad operare a favore del personale dipendente.
Si tratta, con ciò, di una variazione: a) ragionevole (cioè a dire non strumentale ad una mera ed arbitraria ricomposizione a posteriori) e b) proporzionata (avuto riguardo alla non significativa incidenza sulla complessiva struttura dei costi del personale): di tal che la stazione appaltante non avrebbe potuto farne ragione di automatica esclusione, ma avrebbe dovuto saggiarne la concreta attendibilità, nella prospettiva del complessivo vaglio di affidabilità e serietà dell’offerta.

DURC di congruità : testo del Decreto e nota di chiarimenti

​Con il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 143 del 25 giugno 2021 registrato dalla Corte dei Conti viene definito un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili. Il provvedimento attua la previsione di cui all’articolo 8, comma 10-bis, del Decreto Legge n. 76 del 2020 (cd. decreto semplificazioni) e recepisce quanto definito dalle Parti sociali del settore edile con l’Accordo collettivo del 10 settembre 2020.
In pratica, il provvedimento firmato dal ministro Orlando punta a combattere il fenomeno del lavoro nero in edilizia e a far sì che la manodopera utilizzata nei cantieri edili sia effettivamente in misura proporzionata all’incarico affidato all’impresa, e prevede misure che saranno applicate dal 1° novembre 2021.
La verifica della congruità riguarda sia i lavori pubblici sia quelli privati (questi ultimi di valore pari o superiore a 70.000 euro) ed è eseguita in relazione agli indici minimi di congruità riferiti alle singole categorie di lavori, come riportati nella Tabella allegata all’Accordo collettivo del 10 settembre 2020.
L’attestazione di congruità sarà rilasciata, entro 10 giorni dalla richiesta, dalla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente, su istanza dell’impresa affidataria o del soggetto da essa delegato oppure del committente.
Qualora non sia riscontrata la congruità, è previsto un meccanismo di regolarizzazione, in mancanza della quale l’esito negativo della verifica di congruità riferita alla singola opera (pubblica o privata) incide dalla data di emissione sulle successive verifiche di regolarità contributiva finalizzate al rilascio del DURC online per l’impresa affidataria.

Per maggiori dettagli, si rinvia a:

Slide informative

Tabella con gli Indici di Congruità 2021

Si segnala, inoltre, la nota pubblicata dall’Ispettorato nazionale del lavoro in data 19 luglio 2021 con chiarimenti sul DURC di congruità.
L’Ispettorato chiarisce che ai fini del provvedimento si considerano attività edili ogni attività anche affine “direttamente e funzionalmente connesse all’attività resa dall’impresa affidataria dei lavori”.

Nota Ispettorato nazionale del lavoro del 19.07.2021

Verifica congruità manodopera appalti e subappalti : Decreto Ministero del Lavoro

Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha firmato un decreto che definisce un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili, in attuazione di quanto previsto dall’Accordo collettivo del 10 settembre 2020 sottoscritto dalle organizzazioni più rappresentative per il settore edile.

La verifica della congruità si riferisce all’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione.

Nel decreto viene ricordato che rientrano nel settore edile tutte le attività, comprese quelle affini, direttamente e funzionalmente connesse all’attività resa dall’impresa affidataria dei lavori, per le quali trova applicazione la contrattazione collettiva edile, nazionale e territoriale, stipulata dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, mentre con riferimento ai lavori privati le disposizioni del decreto si applicano esclusivamente alle opere il cui valore risulti complessivamente di importo pari o superiore a euro settantamila. In fase di prima applicazione, la verifica della congruità della manodopera impiegata è effettuata in relazione agli indici minimi di congruità riferiti alle singole categorie di lavori, riportati nella tabella allegata al citato Accordo collettivo.

Ai fini della verifica si tiene conto delle informazioni dichiarate dall’impresa principale alla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente, con riferimento al valore complessivo dell’opera, al valore dei lavori edili previsti per la realizzazione della stessa, alla committenza, nonché alle eventuali imprese subappaltatrici e subaffidatarie. In caso di variazioni da parte del committente riferite ai lavori oggetto di verifica, l’impresa è tenuta a dimostrare la congruità in relazione al nuovo valore determinato dalle varianti apportate.

L’attestazione di congruità è rilasciata, entro dieci giorni dalla richiesta, dalla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente, su istanza dell’impresa affidataria o del soggetto da essa delegato, ovvero del committente. Per i lavori pubblici, la congruità dell’incidenza della manodopera sull’opera complessiva è richiesta dal committente o dall’impresa affidataria in occasione della presentazione dell’ultimo stato di avanzamento dei lavori da parte dell’impresa, prima di procedere al saldo finale dei lavori. Per i lavori privati, la congruità dell’incidenza della manodopera deve essere dimostrata prima dell’erogazione del saldo finale da parte del committente. A tal fine, l’impresa affidataria presenta l’attestazione riferita alla congruità dell’opera complessiva.

Con apposita convenzione tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, l’INPS, l’INAIL e la Commissione Nazionale delle Casse Edili (CNCE) sono definite le modalità di interscambio delle informazioni tramite cooperazione applicativa che consentano di rendere disponibili gli esiti delle verifiche di congruità della manodopera impiegata, nonché i dati relativi all’oggetto e alla durata del contratto, ai lavoratori impiegati e alle relative retribuzioni, necessari al recupero dei contributi e dei premi di pertinenza dei rispettivi Istituti, nonché ai fini della programmazione di eventuali attività di vigilanza e verifiche di competenza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

La Commissione Nazionale delle Casse Edili (CNCE), l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, l’INPS e l’INAIL realizzano, entro dodici mesi dall’adozione del decreto, il sistema di interscambio delle informazioni tramite cooperazione applicativa, finalizzata anche all’alimentazione della banca dati. Qualora non sia possibile attestare la congruità, la Cassa Edile/Edilcassa a cui è stata rivolta la richiesta evidenzia analiticamente all’impresa affidataria le difformità riscontrate, invitandola a regolarizzare la propria posizione entro il termine di quindici giorni, attraverso il versamento in Cassa Edile/Edilcassa dell’importo corrispondente alla differenza di costo del lavoro necessaria per raggiungere la percentuale stabilita per la congruità. La regolarizzazione nel termine previsto consente il rilascio dell’attestazione di congruità. Decorso inutilmente il termine, l’esito negativo della verifica di congruità è comunicato ai soggetti che hanno effettuato la richiesta con indicazione degli importi a debito e delle cause di irregolarità.

Conseguentemente, la Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente procede all’iscrizione dell’impresa affidataria nella Banca nazionale delle imprese irregolari (BNI). Qualora lo scostamento rispetto agli indici di congruità sia accertato in misura pari o inferiore al 5% della percentuale di incidenza della manodopera, la Cassa Edile/Edilcassa rilascia ugualmente l’attestazione di congruità previa idonea dichiarazione del direttore dei lavori che giustifichi tale scostamento. L’impresa affidataria risultante non congrua può altresì dimostrare il raggiungimento della percentuale di incidenza della manodopera mediante esibizione di documentazione idonea ad attestare costi non registrati presso la Cassa Edile/Edilcassa, in base a quanto previsto nell’Accordo collettivo del 10 settembre 2020. In mancanza di regolarizzazione, l’esito negativo della verifica di congruità riferita alla singola opera, pubblica o privata, incide, dalla data di emissione, sulle successive verifiche di regolarità contributiva finalizzate al rilascio per l’impresa affidataria del DURC online.

Restano ferme, ai fini del rilascio del DURC online alle altre imprese coinvolte nell’appalto, le relative disposizioni già previste a legislazione vigente. Le disposizioni contenute nel decreto si applicano ai lavori edili per i quali la denuncia di inizio lavori sia effettuata alla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente dal 1° novembre 2021. La Commissione Nazionale delle Casse Edili assicura il coordinamento delle attività delle Casse Edili/Edilcasse in relazione ai dati relativi alle imprese affidatarie anche ai fini della creazione di un’apposita banca-dati condivisa con INPS, INAIL e Ispettorato Nazionale del Lavoro.

Con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è costituito un comitato di monitoraggio composto da rappresentanti del Ministero del Lavoro, del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, dell’INPS, dell’INAIL, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e delle Parti sociali firmatarie dell’Accordo collettivo del 10 settembre 2020. Con successivo decreto del Ministro del Lavoro potranno essere adottate eventuali disposizioni integrative e correttive del decreto, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni del decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Lo rende noto il Ministero del Lavoro.

Costi della manodopera – Errore nell’ indicazione – Non comporta esclusione se comunque inferiori ai trattamenti salariali minimi (art. 23 , art. 97 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 26.02.2021 n. 1637

La commissione, una volta accertata la regolarità ed ammissibilità dell’offerta, ha attivato la prescritta verifica di congruità dei costi della manodopera dichiarati nella stessa, ai sensi dell’art. 97, comma 5, lett d), d.lgs. n. 50 del 2016, riscontrando la rispondenza dei minimi salariali retributivi individuati dal concorrente con quelli stabiliti nelle tabelle di cui all’articolo 23, comma 16, d.lgs. n. 50 del 2016, in seguito alle giustificazioni dallo stesso presentate.
Invero, il principio generale del contraddittorio consente al concorrente di “…modificare le giustificazioni, sempre che resti ferma l’entità dell’offerta economica, in ossequio alla regola di immodificabilità dell’offerta…” (Cons. Stato,V, 8 gennaio 2019, n. 171).
“In primo luogo deve essere rilevato che il principio della immodificabilità della offerta economica sancito ora dall’art. 83 comma 9 del codice si riferisce alle dichiarazioni negoziali di volontà e non anche a quelle di scienza che riguardano giustificazione economica della offerta mediante scomposizione delle voci di costo” (Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1049).
Per consolidato orientamento della giurisprudenza, il giudizio sull’anomalia postula un apprezzamento globale e sintetico sull’affidabilità dell’offerta nel suo complesso anche alla stregua di compensazioni tra sottostime e sovrastime di talune voci dell’offerta economica, con il limite della radicale modificazione della composizione dell’offerta, che ne alteri l’equilibrio economico. Nella fattispecie in questione detto limite non è stato superato, atteso che la percentuale di incidenza della manodopera risulta invariata.
In ogni caso, l’erronea indicazione del costo della manodopera non può comportare l’esclusione dell’offerta qualora lo stesso non risulti inferiore ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge, come nel caso di specie.
Invero, il Rti -Omissis- ha chiarito che il maggior importo di manodopera pari a euro 4.831.252,80 (in luogo di quello inizialmente indicato pari a euro 3.476.352,00) scaturiva dal maggior importo di lavorazioni che avrebbe dovuto considerare come base di calcolo e non da una diversa incidenza percentuale sull’importo dei lavori, trasmettendo le tabelle illustrative del costo della manodopera di ciascuna impresa raggruppata, a dimostrazione della congruità degli importi indicati.
“Nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è consentito pervenire ad un giudizio di congruità senza modificare l’offerta, tuttavia modificando le giustificazioni (fornendo giustificazioni basate su dati, di fatto o normativi, sopravvenuti; correggendo precedenti errori di calcolo; attuando compensazioni tra sottostime e sovrastime), purché l’offerta risulti complessivamente affidabile nel suo complesso al momento dell’aggiudicazione” (Cons. Stato, V, 8 gennaio 2019, n. 171).
Non risulta, dunque, ravvisabile nel caso di specie una modifica dell’offerta economica, atteso che i chiarimenti e la documentazione forniti da -Omissis- non integrano alcuna variazione dell’offerta economica complessiva, limitandosi a correggere l’errore commesso nella predisposizione della stessa, peraltro causato dalla contraddittorietà della lex specialis di gara.

Subappalto – Costi “indiretti” della manodopera – Omessa indicazione ed esplicitazione – Esclusione (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Trieste, 12.10.2020 n. 348

In ogni caso, si evidenzia che il vizio emerso all’esito delle verifiche operate dalla stazione appaltante, cioè la violazione dell’art. 95 comma 10 del d.lgs. 50/2016, appare insuscettibile di superamento e tale da condurre necessariamente – senza possibilità di attivare un eventuale soccorso istruttorio, cfr. Cons. St., A.P., 2 aprile 2020, n. 7 – all’esclusione dell’offerta, così che anche un’eventuale violazione procedimentale dovrebbe ritenersi priva di effettiva rilevanza, ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 della legge 241/1990.
Infatti, e passando così all’esame del primo motivo di ricorso, è pacifico che -Omissis- abbia indicato nella propria offerta economica i soli costi della manodopera affidata a personale interno (per 26.900 ore complessive), illustrandoli in una tabella (riferita ai “costi diretti annui e complessivi della manodopera”) da cui era espressamente “esclusa la quota subappaltabile dei lavori, attività specialistiche e in staff”. Con riguardo all’attività del personale impiegato nel call center e alla manodopera subappaltata, invece, i relativi costi avrebbero dovuto rinvenirsi nel quadro riepilogativo generale (“Relazione descrittiva delle voci di costo fondamentali nella determinazione dei prezzi formulati nell’offerta economica”), alle voci “Quota servizio informativo, mezzi speciali oneri di ufficio e quota call center interno RTI” e “Servizi specialistici e interventi di terzi (impianti speciali, verde, ascensori, antincendio)”.
A prescindere dalla sufficienza di una tale, frammentata, illustrazione ad assolvere gli oneri dichiarativi imposti dall’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016 (che presuppongono l’indicazione di dati chiari e immediatamente intellegibili, non una loro faticosa “ricerca” fra le varie voci di costo) si evidenzia che le informazioni richieste dalla legge, anche all’esito del contraddittorio con la stazione appaltante, permangono in parte non esplicitate. […]
Appare quindi corretto il rilievo dell’amministrazione secondo cui -Omissis- avrebbe omesso di esplicitare i costi “indiretti” della manodopera, dando luogo ad una sostanziale elusione dell’art. 95 comma 10 citato, da cui deriva necessariamente la sua esclusione dalla gara.
Quanto, in particolare, ai costi del personale impiegato dal subappaltatore, Cons. St., Sez. V, 8 marzo 2018, n. 1500, ha affermato il principio secondo cui “il concorrente che intenda avvalersi del subappalto ha l’onere di rendere puntualmente edotta l’amministrazione dell’effettivo costo del personale fornitogli dal subappaltatore, al fine di consentirle un effettivo controllo della sostenibilità economica dell’offerta”. Né vi è ragione per ipotizzare un diverso regime dichiarativo con riguardo al personale (interno) che esercitava il servizio di call center, anche se svolto part-time dal personale della società e quindi ritenuto “a carico delle spese generali dell’impresa”. La sostenibilità dell’offerta non implica, infatti, la mera copertura dei costi con i ricavi, ma impone che ciò avvenga nel rispetto – tra gli altri – degli obblighi imperativi di fonte giuslavoristica (art. 97 comma 5 lett. d del d.lgs. 50/2016). Nel caso di specie, le dichiarazioni di -Omissis-, anche a seguito dei chiarimenti forniti nel subprocedimento di verifica dell’anomalia, non hanno reso possibile il controllo di quest’ultima fondamentale condizione.