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Progettista in caricato del progetto a base di gara – Consulente esterno dell’impresa per la fase esecutiva – Incompatibilità – Conflitto di interessi (art. 24 , art. 42 d.lgs. 50/2016)

TAR Perugia, 30.06.2023 n. 407

Occorre inoltre osservare che l’incompatibilità, ex art. 24, comma 7, del d.lgs. 50/2016, del progettista incaricato dalla stazione appaltante della predisposizione del progetto a base di gara, che risulti poi consulente esterno dell’aggiudicatario in fase esecutiva, sussiste anche in assenza di un vincolo di subordinazione, avendo al riguardo la giurisprudenza definitivamente statuito che “il progettista, già incaricato della stazione appaltante della predisposizione del progetto posto a base di gara, che sia stato indicato, nell’offerta tecnica di un operatore economico concorrente per l’affidamento dell’appalto dei lavori, quale consulente esterno dell’aggiudicatario, in fase esecutiva, con compiti di natura tecnica, è in posizione di incompatibilità ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche se non è legato all’aggiudicatario da un rapporto di dipendenza o di subordinazione. E ciò proprio per non rendere più che agevole l’elusione dei divieti di cui all’art. 24, comma 7, mediante la partecipazione alla gara di enti dotati di personalità giuridica distinta da quella dei progettisti o dalla persona fisica dei progettisti, ove fosse consentito attribuire nella sostanza a questi ultimi un ruolo comunque rilevante in fase di esecuzione dei lavori” (Cons. Stato, V sez., 14 maggio 2018, n. 2853).

Applicando le suesposte coordinate giurisprudenziali al caso di specie, il Collegio ritiene infondate le censure mosse con il ricorso principale, non potendo contestarsi che il medesimo progettista, già incaricato dalla stazione appaltante della predisposizione del progetto posto a base di gara, si trovi in posizione di incompatibilità ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto successivamente indicato quale consulente esterno in fase esecutiva, con compiti di natura tecnica, nell’offerta tecnica dell’odierna ricorrente principale per l’affidamento dell’appalto dei lavori per cui è causa.

Dall’esame documentazione progettuale a base di gara emerge infatti che il professionista in questione (ing.-OMISSIS-) “è presente nell’attuale procedura PG 16/22 per la redazione del Piano di Sicurezza e Coordinamento, con sottoscrizione dei relativi elaborati del progetto posti a base di gara” e che l’intero progetto a base di gara (definitivo ed esecutivo) è stato acquisito integralmente da precedente procedura di appalto integrato, poi risolto in via transattiva, di cui è stato aggiudicatario un r.t.i. misto (esecutore lavori + progettisti) in cui l’odierna ricorrente era l’esecutore di lavori, mentre il r.t.p. -OMISSIS-, di cui l’ing.-OMISSIS- ha fatto parte, era deputato all’espletamento dei servizi di progettazione, redigendo il progetto definitivo ed esecutivo di cui alla procedura oggetto di odierna impugnazione.

Si rinviene pertanto nel caso di specie non soltanto un’ipotesi di incompatibilità ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016, applicabile anche in caso di mero consulente esterno, ma anche un’ipotesi di conflitto di interessi ex art. 42, comma 2, del d.lgs. 50/2016, stante la presenza di circostanze idonee – anche a livello solo potenziale – ad influenzare il risultato della gara, come puntualmente rilevato dall’ANAC con parere di precontenzioso n. -OMISSIS-, secondo cui l’art. 24, comma 7, D.lgs. 50/2016 è norma “..strettamente collegata con l’articolo 42, comma 2, alla quale si riferiscono situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta nell’esercizio del potere decisionale….. In tale previsione certamente rientra il progettista esterno incaricato dalla stazione appaltante della redazione del progetto posto a base di gara il quale – per le più varie ragioni – abbia un interesse personale all’aggiudicazione in favore di un determinato operatore economico e sia in grado di condizionare tale aggiudicazione. Infatti, grazie all’ampia portata della norma, questa ricomprende nel suo ambito di applicazione tutti coloro che, anche senza averne titolo, e con qualsiasi modalità, e non necessariamente per conto della stazione appaltante, senza intervenire nella procedura, ma, anche dall’esterno, siano in grado di influenzarne il risultato”.

Nella medesima direzione si è del resto espressa anche la giurisprudenza più recente, secondo cui nella previsione normativa di cui all’art. 42, comma 2, “certamente rientra il progettista esterno incaricato dalla stazione appaltante della redazione del progetto posto a base di gara il quale – per le più varie ragioni- abbia un interesse personale all’aggiudicazione in favore di un determinato operatore economico e sia in grado di condizionare tale aggiudicazione. Per questo aspetto, è indubitabile il collegamento tra la norma in commento e l’art. 24, comma 7, del quale si è già detto” (cfr. Consiglio di Stato sez. V 14/5/2018 n. 2853).

Servizi di progettazione – Requisiti di partecipazione – Non ammissibile utilizzo del medesimo requisito sia da parte della Società di ingegneria sia da parte del Professionista suo dipendente

Consiglio di Stato, sez. V, 04.04.2023 n. 3461

9.1. Nel sistema delineato dagli articoli 24, commi 2 e 5 (in base ai quali è stato adottato il decreto ministeriale 2 dicembre 2016, n. 263 sui requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria), 46 (che individua gli operatori economici che possono partecipare alle procedure per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria), 83 (in tema di requisiti speciali per la selezione degli offerenti) e 86 (sui mezzi di prova mediante i quali gli operatori economici possono dimostrare il possesso dei requisiti di partecipazione), i requisiti speciali per la selezione sono incentrati essenzialmente (oltre che sui requisiti prescritti dal D.M. n. 263/2016 cit.) sulla capacità economica e finanziaria e sulla capacità tecnica e professionale (al pari di quanto previsto per la generalità dei servizi), che l’operatore economico può dimostrare attraverso una documentazione la quale presuppone che il professionista (nelle diverse articolazioni giuridiche consentite dall’art. 46 cit.) abbia stipulato un contratto per l’affidamento e lo svolgimento dei servizi. 9.2. Ciò appare del tutto evidente con riferimento al requisito di capacità economica e finanziaria (cfr. Allegato VII, parte I, del codice dei contratti pubblici, in particolare laddove prevede che detto requisito “di regola” può essere dimostrato mediante «una dichiarazione concernente il fatturato globale» ed eventualmente una dichiarazione del «fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto»), dal momento che non sembra ipotizzabile provare questi elementi se l’operatore economico non sia stato parte del contratto e quindi centro di imputazione di tutti gli effetti derivanti dall’incarico. Alla medesima conclusione si deve giungere per i requisiti di capacità tecnica (si pensi alla attestazione circa i «principali servizi negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici e privati»: cfr. Allegato VII, parte II, del codice dei contratti pubblici).
Nel caso di specie, il disciplinare della gara di cui trattasi richiedeva la dichiarazione dei «servizi di ingegneria e di architettura di cui all’art.3 lett. vvvv) del Codice, espletati negli ultimi dieci anni antecedenti la data di pubblicazione del bando e relativi ai lavori di ognuna delle categorie […]» [punto 7.3, lettera h)], nonché la dichiarazione dei «[d]ue servizi “di punta” di ingegneria e architettura di cui all’art.3 lett. vvvv) del Codice, espletati negli ultimi dieci anni antecedenti la data di pubblicazione del bando […]» [punto 7.3, lettera i)], con riferimento a importi minimi di lavori indicati ai medesimi punti del disciplinare di gara. Dichiarazioni che, pertanto, presuppongono lo svolgimento in proprio degli incarichi e non l’esecuzione degli stessi nella qualità di dipendente (come nel caso di specie) di una società di ingegneria (parte del contratto di appalto nell’ambito del quale i predetti servizi sono stati eseguiti).
Alla luce di tali considerazioni, dunque, non è ammissibile l’utilizzo del medesimo requisito sia da parte della società di ingegneria sia da parte del professionista dipendente di questa.
9.3. Anche il parere di cui alla deliberazione Anac n. 290 del 1 aprile 2020 (invocato dall’amministrazione appaltante), reso in materia di dimostrazione dei requisiti di capacità tecniche e professionali, muove dal presupposto che non sia consentita una duplicazione dei requisiti. Proprio «al fine di garantire il rispetto del principio della non duplicazione dei requisiti» ritiene «opportuna l’adozione di un atto sottoscritto da tutti i professionisti dello studio associato con il quale si procede, in caso di scioglimento dell’associazione professionale, all’attribuzione del fatturato ai singoli componenti dello studio e, nel caso in cui l’associazione continui ad operare, all’attribuzione allo studio associato e ai professionisti uscenti». Si desume agevolmente che lo stesso requisito non può essere fatto valere sia dall’associazione che dal professionista.

Progettista – Indipendenza ed imparzialità rispetto all’ esecutore dei lavori – Necessità (art. 24 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 16.01.2023 n. 511

Ancora più a monte, sotto il profilo oggettivo, si contesta poi che il progettista, svolgendo le predette attività di supporto alla progettazione, possa avere acquisito informazioni privilegiate, sostenendosi che anche tale aspetto non sia stato adeguatamente valutato dalla stazione appaltante e dal Tar.
12. La norma di rilievo per entrambe le predette contestazioni è l’art. 24 comma 7 d.lgs. 50/2016, disposizione sostanzialmente corrispondente ai previgenti art. 90 comma 8 e 8-bis del d.lgs. 163/2006 e art. 17 comma 9 l. 109/1994 (Cons. Stato, IV, 2 maggio 2011, n. 2650 e richiami ivi contenuti), nel testo già riportato in fatto, che si inserisce, come norma speciale, nel quadro della più generale tematica del conflitto di interessi disciplinata nel settore dei contratti pubblici dall’art. 42 d.lgs. 50/2016 (C.G.A.R.S., 30 settembre 2022, n. 972; Cons. Stato, V, 1° luglio 2022, n. 5499).
La ratio della previsione, da tempo chiarita dalla giurisprudenza, è quella di evitare che nella fase di selezione dell’appaltatore dei lavori sia “attenuata la valenza pubblicistica della progettazione” di opere pubbliche (Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3656), e cioè che gli interessi di carattere generale alla stessa sottesi possano essere sviati a favore dell’interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di progetto “ritagliato ‘su misura’ per quest’ultimo, anziché per l’amministrazione aggiudicatrice” (Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2333), e la competizione per aggiudicarsi i lavori risulti falsata – anche alla luce del maggior compendio tecnico-informativo disponibile al progettista – a vantaggio dello stesso operatore (Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5454). E’ stato anche evidenziato, sotto altro profilo, che il divieto normativo in parola si propone di assicurare le condizioni di indipendenza e di imparzialità del progettista rispetto all’esecutore dei lavori, condizioni necessarie affinché il primo possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione assegnatagli dall’amministrazione, anche “di ausilio alla P.A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati” (Cons. Stato, n. 3656/2012 e 2333/2020, cit.).
In tale prospettiva, è corretto affermare, come fa l’appello, che la norma non introduce una causa automatica e insuperabile di esclusione a carico del progettista coinvolto nella successiva fase esecutiva, determinando esclusivamente – a seguito dei correttivi introdotti in conseguenza della procedura d’infrazione europea Eu Pilot 4860/13/Markt e della modifica legislativa di cui alla l. 161/2014, all’epoca intervenuta sul d.lgs. 163/2006, con una novella sostanzialmente corrispondente al testo dell’attuale art. 24 comma 7 d.lgs. 50/2016 – un regime di “inversione normativa dell’onere della prova” (Cons. Stato, V, 14 maggio 2018, n. 2853).
Tanto per via dell’onere posto a carico dell’operatore economico di dimostrare che l’esperienza acquisita nell’espletamento dell’incarico di progettazione non abbia determinato un vantaggio tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori in fase di gara (Cons. Stato, V, 9 marzo 2020, n. 1691), possibilità che deve essere necessariamente assicurata all’operatore (Cons. Stato, n. 2333/2020, cit.).
In altri termini, se non vi è un divieto partecipativo assoluto e aprioristico conseguente all’avvenuta predisposizione del progetto, bensì un necessario accertamento da eseguire nel caso concreto in ordine alla posizione di vantaggio goduta dal progettista (Cons. Stato, Comm. spec., parere 3 novembre 2016, n. 2285), vi è nondimeno una presunzione normativa d’incompatibilità che l’interessato deve ribaltare (Cons. Stato, V, n. 5499/2022, cit.).
E la posizione di vantaggio rilevante ai fini dell’alterazione del meccanismo concorrenziale che la norma dell’art. 24 comma 7 d.lgs. 50/2016 mira a impedire è quello speso nell’espletamento della gara, quando il concorrente si sia potuto avvalere dell’apporto di conoscenze e di informazioni del progettista, al fine di predisporre un’offerta tecnica meglio rispondente alle esigenze e agli obiettivi della stazione appaltante (Cons. Stato, n. 2853/2018, cit.).
Può infine aggiungersi che, per le Linee guida Anac n. 1, n. 2.2, approvate con delibera n. 973 del 14 settembre 2016, e aggiornate con le delibere n. 138 del 21 febbraio 2018 e n. 417 del 15 maggio 2019, ai fini della prova ex art. 24 comma 7 d.lgs. 50/2016 idonea a superare la predetta presunzione, è “almeno necessario”, in coerenza con quanto previsto per le consultazioni preliminari di mercato, che le stesse informazioni in possesso del progettista siano messe a disposizione di tutti gli altri candidati e offerenti, con la previsione di un termine per la ricezione delle loro offerte idoneo a consentire loro di elaborarle. La regola è stata condivisa da questa Sezione del Consiglio di Stato, che ha anche ritenuto a tale fine la congruità del termine di 35 giorni (n. 5499/2022).

Servizi di architettura e ingegneria: indicazioni ANAC sui corrispettivi a base di gara

Con il Comunicato del Presidente del 3 gennaio 2021 l’Autorità Nazionale Anticorruzione ribadisce alle stazioni appaltanti alcune indicazioni sulle disposizioni normative in materia di corrispettivi a base d’asta per le procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria.

Comunicato del Presidente ANAC

Corrispettivi a base di gara per le procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria.

L’Autorità, nell’esercizio dell’attività di vigilanza sui contratti pubblici, ha rilevato comportamenti delle stazioni appaltanti non pienamente aderenti alle disposizioni normative in materia di corrispettivi a base d’asta per le procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, con particolare riferimento al mancato inserimento nella documentazione di gara del calcolo dei corrispettivi e all’applicazione di riduzioni percentuali ai corrispettivi determinati secondo le tabelle ministeriali di cui al decreto del Ministro della giustizia 17 giugno 2016 (Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016).
Preso atto di ciò, l’Autorità intende ribadire alcune indicazioni inerenti alla determinazione dei corrispettivi a base di gara per le suddette procedure di affidamento, anche alla luce dell’orientamento giurisprudenziale in materia, già richiamato nel parere di precontenzioso n. 566 del 1 luglio 2020, secondo il quale l’articolo 24, comma 8, del Codice dei contratti pubblici non sancisce l’obbligo per le stazioni appaltanti di trasporre negli avvisi di gara i corrispettivi indicati nelle tabelle ministeriali, ma le lascia libere di stabilire il corrispettivo a base di gara.
Pertanto, le stazioni appaltanti possono derogare all’obbligo di determinare il corrispettivo a base di gara mediante applicazione delle tabelle di cui al decreto del Ministro della giustizia del 17 giugno 2016 solo in presenza di una motivazione adeguata e correlata ai fatti a giustificazione dello scostamento rispetto all’importo determinato sulla base delle tabelle medesime, che rappresenta in ogni caso il parametro di riferimento per la stazione appaltante.
Il procedimento adottato per il calcolo dell’importo posto a base di gara, inteso come elenco dettagliato delle prestazioni e dei relativi corrispettivi, deve essere sempre riportato nella documentazione di gara, indipendentemente dall’applicazione della deroga.

fonte: sito ANAC

Servizi di architettura e ingegneria : disapplicazione art. 46 d.lgs. n. 50/2016 ed incompletezza D.M. n. 263/2016 in ordine all’elenco degli operatori economici che possono partecipare alle gare

TAR Roma, 18.01.2021 n. 654

21. Il quadro normativo che disciplina la partecipazione alle gare per l’affidamento di servizi di ingegneria ed architettura è costituito:

(i) dall’art. 46 del D. L.vo 50/2016, che individua la tipologia di soggetti che possono partecipare a simili gare;

(ii) dall’art. 24, del D. L.vo 50/2016, il quale, dopo aver stabilito che i servizi di ingegneria ed architettura possono essere espletati, a favore di una stazione appaltante, da uffici o organismi interni alle stesse oppure “dai soggetti di 3cui all’art. 46”, al comma 2 prevede che “Con il regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies, sono definiti i requisiti che devono possedere i soggetti di cui all’art. 46, comma 1. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’art. 216, comma 27-octies, si applica la disposizione transitoria ivi prevista.”; ed infine

(iii) dal Decreto del MIT n. 263 del 2 dicembre 2016, recante “Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell’articolo 24, commi 2 e 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”.

22. Per le ragioni che il Collegio ha già esposto nell’ordinanza di rimessione alla Corte di Giustizia, l’elenco dei soggetti di cui all’art. 46, comma 1, del D. L.vo 50/2016 deve ritenersi tassativo: a tale conclusione induce il confronto tra l’art. 45 del D. L.vo 50/2016, che accoglie una nozione ampia di “operatore economico”, tale da potervi astrattamente includere anche gli enti senza scopo di lucro, e la norma immediatamente successiva, che, solo con riferimento all’affidamento dei servizi di architettura ed ingegneria, individua in maniera specifica i soggetti che possono partecipare alle relative gare, ammettendovi solo persone fisiche che rendono tali servizi a titolo professionale; ovvero società di ingegneria o comunque società costituite tra simili professionisti: si deve trattare, in particolare, di società con finalità di lucro costituite ai sensi del Libro V del Codice civile italiano; o, ancora, Gruppi Europei di Interesse Economico, ovvero raggruppamenti temporanei o consorzi stabili, costituiti comunque tra società di ingegneria o società regolate dal Libro V del Codice civile italiano.

23. Contrariamente a quanto afferma ANAC nelle proprie difese, il Decreto del MIT n. 263/2016 conferma l’interpretazione restrittiva dell’art. 46 citato, perché la relativa struttura e disciplina rispecchia, esattamente, l’elenco dei soggetti di cui all’art. 46. Il Decreto in questione, dunque, solo con riferimento ai soggetti indicati all’art. 46 indica i requisiti che debbono essere posseduti al fine di accedere alle gare pubbliche per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, mentre nulla dice in ordine ai requisiti che debbono essere posseduti da soggetti che non siano professionisti singoli o associati, società di professionisti, società di ingegneria, e dipoi forme di raggruppamento tra tali soggetti: è agevole osservare, al proposito, che se l’elenco di soggetti di cui all’art. 46 del D. L.vo 50/2016 fosse stato da intendere/inteso quale elenco non tassativo, il MIT avrebbe potuto e dovuto, nel regolamento attuativo previsto dall’art. 24, comma 2, D. L.vo 50/2016, disciplinare anche i requisiti richiesti in capo ai soggetti costituiti in forma diversa, come le associazioni e le fondazioni, senza scopo di lucro, disciplinate dal codice civile.

24. A seguito della sentenza dell’11 giugno 2020 della Corte di Giustizia, l’elenco di cui all’art. 46 del D. L.vo 50/2016 deve essere “disapplicato” nella misura in cui non include gli enti che, senza scopo di lucro ed in forma diversa dalla associazione/società di professionisti, siano in grado di fornire prestazioni professionali di architettura ed ingegneria.

25. Alla luce delle considerazioni che precedono è evidente che l’impugnata nota dell’ANAC del 15 febbraio 2018, con la quale è stata respinta l’istanza della ricorrente di iscrizione nel Registro delle Società di ingegneria e professionali, contiene una affermazione giuridicamente non corretta, laddove assume che “..le fondazioni non rientrano tra i soggetti previsti dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (Operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria)”: infatti non è possibile escludere la ricorrente dall’elenco dei soggetti di cui all’art. 46 cit., per il solo fatto che è costituita nella forma di fondazione di diritto privato.
25.1. In particolare va rilevato che ANAC, malgrado sostenga, nel presente giudizio, che l’iscrizione al casellario delle società di ingegneria e professionali non è condizione imprescindibile per la partecipazione alle gare di che trattasi, non ha ritenuto di precisare e circostanziare, nell’ambito del nota impugnata, la portata dell’affermazione contestata dalla ricorrente, specificando chiaramente che, malgrado l’impossibilità di iscrivere la ricorrente nel casellario, essa avrebbe potuto ugualmente partecipare alle gare pubbliche aventi ad oggetto i servizi di ingegneria e architettura.
25.2. Giova altresì rilevare che la giurisprudenza richiamata da ANAC a sostegno della non necessaria iscrizione al casellario delle società di ingegneria e di professionisti, al fine di partecipare a gare indette per l’affidamento di servizi di architettura ed ingegneria, non si attaglia al caso di specie, originando quella giurisprudenza da esclusioni disposte, da stazioni appaltanti, nei confronti di soggetti comunque inquadrabili tra quelli specificamente indicati dall’art. 46.

26. Alla luce di tali considerazioni che precedono emerge l’interesse della ricorrente a far accertare l’illegittimità dell’affermazione secondo cui “..le fondazioni non rientrano tra i soggetti previsti dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 …”, affermazione la quale, in via di fatto, nella sua perentorietà e in quanto non accompagnata da alcuna clausola di riserva, costituisce una sorta di “certificazione”, proveniente dalla massima Autorità nel campo dei contratti pubblici, circa l’incapacità – e quindi impossibilità a priori – della ricorrente a partecipare alle gare pubbliche per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria: una simile affermazione, in particolare, lascia presagire che l’ANAC, se richiesta di informazioni da una stazione appaltante, circa la possibilità di ammettere la ricorrente ad una gara, si pronuncerebbe con parere contenente una proposizione di identico tenore, proposizione che, per le ragioni indicate, non sarebbe corretta e che, però, concretamente potrebbe indurre le stazioni appaltanti a non ammettere la ricorrente.
26.1. Il fatto, poi, che quest’ultima abbia l’interesse e la legittimazione ad agire per impugnare una eventuale esclusione disposta nei di lei confronti da una stazione appaltante non toglie che analogo interesse e legittimazione sussista anche nei confronti dell’impugnata nota dell’ANAC, essendo evidente che la pronuncia resa all’esito del presente giudizio potrà essere utilmente spesa, dalla ricorrente, nei confronti di qualsiasi stazione appaltante.

27. La nota dell’ANAC del 15 febbraio 2018, che ha rifiutato l’iscrizione della ricorrente sulla base della affermazione secondo cui “..le fondazioni non rientrano tra i soggetti previsti dall’art. 46, comma 1, del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 …”, va quindi annullata, attesa l’illegittimità di tale affermazione, che ha rilievo dirimente nell’ambito della motivazione del provvedimento impugnato.
27.1. Conseguentemente l’ANAC dovrà riesaminare la richiesta della ricorrente, di iscrizione del casellario, alla luce delle considerazioni che precedono, assorbita ogni questione afferente la correttezza e legittimità delle ulteriori considerazioni che si leggono nel provvedimento impugnato.

28. Quanto all’impugnazione del D.M. n. 263/2016, il Collegio osserva che esso, alla luce della lettura dell’art. 46 imposta dalla Corte di Giustizia, risulta incompleto, in quanto ha previsto e disciplinato i requisiti di partecipazione solo con riferimento ai soggetti specificamente indicati all’art. 46: poiché l’elencazione contenuta in tale norma deve ritenersi non tassativa e non esaustiva, ne consegue che il regolamento dovrà essere completato con la disciplina dei requisiti di partecipazione che debbono possedere gli ulteriori, diversi enti, ammissibili – secondo la sentenza 11 giugno 2020 della Corte di Giustizia – alle gare per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria.

28.1. Tuttavia, tenuto conto di quanto precede, non si ravvisa la necessità, né l’interesse per la ricorrente, di annullare il D.M. n. 263/2016.

29. Conclusivamente il ricorso va accolto in parte, e per l’effetto la nota dell’ANAC 15 febbraio 2018, n. 0014472, rif. UOSA/18/4500_7694, va annullata.

30. Visto l’art. 34, comma 1, lett. e) l’ANAC procederà a riesaminare la richiesta di iscrizione della ricorrente al casellario, tenendo conto delle statuizioni che precedono, e segnatamente del fatto che l’elenco di cui all’art. 46, comma 1, del D. L.vo 50/2016, nonché la disciplina di cui al Decreto del MIT n. 263/2016 debbono ritenersi non esaustivi, ragione per cui sussiste la possibilità, per i fini indicati all’art. 7 del D.M. n. 263/2016, di procedere all’iscrizione nel casellario tenuto dall’ANAC anche di soggetti non esplicitamente contemplati dall’art. 46, comma 1, del D. L.vo 50/2016, in possesso dei prescritti requisiti.

Servizi di progettazione – RTP – Requisiti Decreto MIT n. 263/2016 – Giovane professionista – Sottoscrizione del progetto o effettiva partecipazione alla progettazione – Necessità (art. 24 , d.lgs. n. 50/2016)

TAR Reggio Calabria, 29.04.2020 n. 305

Rilevato che l’impugnata esclusione poggia sulla violazione della disposizione dettata dall’art. 4 del Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 263 di data 2 dicembre 2016 (Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell’articolo 24, commi 2 e 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50); 

Considerato che l’art. 4 del D.M. n. 263/2016, espressamente richiamato dal bando di gara in tema di requisiti di idoneità professionale richiesti in capo ai concorrenti per la gara in esame, stabilisce–per la parte qui di interesse–che “ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 48 del codice, per i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui all’articolo 46, comma 1, lettera e) del codice i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 devono essere posseduti dai partecipanti al raggruppamento. I raggruppamenti temporanei, inoltre, devono prevedere la presenza di almeno un giovane professionista, laureato abilitato da meno di cinque anni all’esercizio della professione secondo le norme dello Stato membro dell’Unione europea di residenza, quale progettista”;

Considerato che:

la norma, rivestente finalità promozionale al fine di consentire la maturazione di una significativa ed adeguata esperienza professionale al giovane professionista, è stata condivisibilmente interpretata ed applicata in termini rigorosi, conformemente alla dizione letterale (“quale progettista”), per l’attività partecipativa del giovane professionista nell’ambito dei raggruppamenti temporanei affidatari dei servizi di architettura e ingegneria, nel senso che tale partecipazione può essere assicurata dalla sottoscrizione del progetto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2016 n. 1680; sez. IV, 23 aprile 2015 n. 2048), o comunque dalla effettiva partecipazione del giovane professionista allo specifico servizio di progettazione (cfr. T.A.R. Calabria Reggio Calabria 8 maggio 2013 n. 268), non potendosi invece ammettere che il rispetto della norma regolamentare sia garantito dalla partecipazione del giovane professionista ad attività strumentali o di supporto a quella della progettazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 marzo 2019 n. 1708) ovvero da attività successive e materiali come quella di direzione lavori, misura e contabilità, dato che queste attività professionali non possono equivalere, coincidere o sovrapporsi con l’attività di progettazione, ed anzi seguono – in successione – la fase progettuale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10.02.2017 n. 578);

– la ratio dell’art. 4 del citato D.M. n. 263/2016, nell’accezione sopra condivisa dalla giurisprudenza, mira certamente a responsabilizzare il giovane professionista sia all’interno che all’esterno del raggruppamento dei progettisti “senior”, a conferma della sua presenza non da semplice “tirocinante”, bensì -e pur sempre- quale “professionista” effettivamente cooperante e concorrente nelle decisioni del “team” di progettisti di cui fa parte;

– in giurisprudenza, si è affermato l’indirizzo secondo cui “la previsione in questione debba avere precise ricadute sul complesso delle prestazioni del raggruppamento, a nulla rilevando, in tal senso, che lo stesso assuma, più o meno direttamente, responsabilità contrattuali con la p.a. ovvero partecipi in maniera più o meno significativa all’associazione temporanea medesima” (cfr. TAR Sicilia – Palermo sez. I, 1° luglio 2010, n. 8151); “ciò che conta è infatti che la “presenza” del giovane progettista non scada in un mero adempimento formale, in tal modo eludendo la suesposta intenzione perseguita dal legislatore” (cfr., ancora, Consiglio di Stato, sez. IV, 23 aprile 2015, n. 2048).

Rilevato che, analogamente al caso deciso dal Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 1708/19, la questione attorno alla quale ruota la controversia in esame non è la presenza del giovane professionista all’interno del RTP, ma il suo “ruolo” nell’ambito del raggruppamento, quale “vero” progettista o, viceversa, quale mero incaricato a svolgere una non meglio precisata attività di supporto alla progettazione.

Servizi di architettura e ingegneria – Certificazione attività eseguite – Elemento essenziale – Servizi di progettazione svolti in raggruppamento – Dimostrazione di esperienza pregressa e capacità tecnica del professionista limitatamente all’attività effettivamente svolta (art. 24 , art. 46 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Napoli, 16.03.2020 n. 1151

Con riguardo alle procedure di affidamento di servizi di architettura e ingegneria, con le Linee Guida n. 1/2016 (“Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”), l’Anac ha individuato tra i requisiti tecnico – professionali:
1) l’avvenuto espletamento negli ultimi dieci anni di servizi di ingegneria e di architettura, di cui all’art. 3, lett. vvvv) del codice, relativi a lavori appartenenti ad ognuna delle classi e categorie dei lavori cui si riferiscono i servizi da affidare, individuate sulla base delle elencazioni contenute nelle vigenti tariffe professionali, per un importo globale per ogni classe e categoria variabile tra 1 e 2 volte l’importo stimato dei lavori cui si riferisce la prestazione, calcolato con riguardo ad ognuna delle classi e categorie;
2) l’avvenuto svolgimento negli ultimi dieci anni di due servizi di ingegneria e di architettura, di cui all’art. 3, lett. vvvv) del codice, relativi ai lavori appartenenti ad ognuna delle classi e categorie dei lavori cui si riferiscono i servizi da affidare, individuate sulla base delle elencazioni contenute nelle vigenti tariffe professionali, per un importo totale non inferiore ad un valore compreso fra 0,40 e 0,80 volte l’importo stimato dei lavori cui si riferisce la prestazione, calcolato con riguardo ad ognuna delle classi e categorie e riferiti a tipologie di lavori analoghi per dimensione e per caratteristiche tecniche a quelli oggetto dell’affidamento.
Nel caso specifico, la disciplina di gara richiedeva di documentare il possesso dei predetti requisiti mediante il rilascio di “certificazioni attestanti la regolare esecuzione delle attività svolte, rilasciati da committenti/stazioni affidatarie del servizio”, unici documenti idonei, secondo le disposizioni alle quali si era vincolata l’amministrazione appaltante, a fornire adeguate garanzie di capacità tecnico-professionale dei progettisti in ordine allo svolgimento dell’appalto di cui si controverte.
Tanto in omaggio a condivisibile indirizzo giurisprudenziale secondo cui:
I) la certificazione delle attività regolarmente eseguite è elemento essenziale, in quanto attiene alla tutela della necessità che il requisito esperienziale sia certo e validato da parte dell’Autorità munita del potere di verificarne il presupposto e quindi deve sussistere al momento della presentazione della domanda;
II) quando il bando richiede a titolo di esperienza, come nel caso di specie, l’effettuazione di un determinato importo di affidamenti analoghi, è necessario che la relativa attestazione riguardi l’avvenuta regolare esecuzione nella loro interezza, coincidendo tale circostanza con l’esatto adempimento del contratto e, quindi, con la verifica di regolarità che presuppone il loro compimento (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 6135/2017; T.A.R. Lazio, n. 9793/2019). (…)
E’ quindi insufficiente a dimostrare il possesso del requisito la mera allegazione di convenzioni di incarico di progettazione da parte di altre amministrazioni affidatarie, riguardando tali documenti la fase genetica del rapporto contrattuale e non il buon esito dei servizi; (…)

Giova rammentare che i servizi di progettazione svolti in raggruppamento sono idonei ad attestare l’esperienza pregressa e la capacità tecnica del professionista limitatamente all’attività effettivamente svolta, in quanto solo la predetta attività risulta in grado di arricchire di contenuto concreto l’esperienza documentata da ciascun concorrente nel proprio curriculum (T.A.R. Puglia, n. 299/2018). Nello stesso senso depongono anche le linee guida Anac n. 1/2016, in materia di raggruppamenti temporanei di professionisti, secondo cui “La spendibilità come esperienza pregressa dei servizi prestati deve essere limitata pro quota rispetto all’importo totale” (par. 2.2.3.3).
Da tali considerazioni discende che il mandatario del r.t.p. aggiudicatario non avrebbe potuto spendere in proprio i servizi svolti in precedenti appalti insieme a diversi associati, trattandosi di attività da lui non integralmente svolte e comunque corrispondenti ad una quota inferiore al 100% dichiarato in sede di gara.

[rif. art. 24 , art. 46 d.lgs. n. 50/2016]

 

Servizi di ingegneria ed architettura – Corrispettivi – Tabelle ministeriali (D.M. Giustizia 17.06.2016) – Rilevano quale parametro iniziale di calcolo del compenso da porre a base di gara – Non costituiscono minimi tariffari inderogabili – Possibilità di apportare riduzioni percentuali (art. 24 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 29.03.2019 n. 2094

L’art. 24, comma 8, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nella sua attuale formulazione, quale risulta a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo al codice), prevede che con decreto ministeriale sono definite “le tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività di cui al presente articolo e all’articolo 31, comma 8”; detto decreto è stato adottato dal Ministro della Giustizia il 17 giugno 2016 recante “Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione adottato ai sensi dell’art. 24, comma 8, del decreto legislativo n. 50 del 2016”. Nella seconda parte è stabilito che: “I predetti corrispettivi sono utilizzati dalle stazioni appaltanti quale criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara per l’affidamento.”
La precedente formulazione conteneva l’inciso per il quale le amministrazioni utilizzavano i corrispettivi contenuti nelle tabelle “ove motivatamente ritenuti adeguati”; non vi è dubbio che il legislatore abbia inteso fare delle tabelle ministeriali il punto di partenza di ogni determinazione sui corrispettivi dovuti ai professionisti (cfr. Cons. Stato, comm. speciale, parere, 30 marzo 2017, n. 782), evitando così che le stazioni appaltanti possano procedere a determinazioni dei corrispettivi professionali in via forfettaria, ma da ciò non può ricavarsi un divieto imperativo di non discostarsi dalle tabelle ministeriali.
Ben può applicarsi quivi il principio per cui in claris non fit interpretatio: la disposizione è chiara nell’imporre alle stazioni appaltanti di utilizzare i corrispettivi previsti dalle tabelle ministeriali solo quale parametro iniziale del calcolo del compenso da porre a base di gara, con possibilità di apportare riduzioni percentuali giustificate dalle ragioni che esse potranno discrezionalmente sviluppare (già vigente il nuovo codice dei contratti pubblici, il Consiglio di Stato, sez. V, 3 ottobre 2017 n. 4614, con argomentazioni di ampio respiro cui è possibile rinviare, ha ritenuto legittimo un bando di gara avente ad oggetto servizi tecnici che non prevedeva il corrispettivo per il professionista ma solo un rimborso delle spese ed ha affermato che “La garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, infatti, non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resti comunque a carico della Amministrazione appaltante: ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto”; la questione va ora esaminata alla luce dell’art. 24, comma 8-ter, introdotto dal correttivo al codice, che ha stabilito che il corrispettivo per i servizi di ingegneria ed architettura non può coincidere con il rimborso, ma restano valide le considerazioni sulla serietà dell’offerta ivi contenute; in precedenza sull’art. 92, comma 2, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 recante formulazione identica alla versione dell’art. 24, comma 8, antecedente alla modifica del correttivo, cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 agosto 2011, n. 4776 per il quale la disposizione “esprime in realtà, in primis, proprio la giuridica libertà delle PP.AA. di non porre le tariffe professionali a base di una procedura di evidenza pubblica, affidando il punto ad una loro motivata valutazione discrezionale caso per caso.”).
In sostanza, il dato normativo inclina nel senso di escludere che i corrispettivi posti dalle tabelle ministeriali costituiscano “minimi tariffari inderogabili” (…) se, infatti, è vero, come da questi evidenziato nelle memorie depositate in atti, che in questa sede non si discute delle tariffe professionali, ma dei corrispettivi posti a base di gara quali indicati nelle tabelle ministeriali, è indubbio che la conseguenza ultima cui conduce la tesi degli appellati è quella di reintrodurre, per via indiretta, nuovi “minimi tariffari inderogabili” corrispondenti a quelli indicati nelle tabelle ministeriali.

In ciò il ragionamento del giudice di primo grado nelle sue prime battute è condivisibile: l’art. 24, comma 8, non sancisce l’obbligo per le stazioni appaltanti di trasporre negli avvisi di gara i corrispettivi indicati nelle tabelle ministeriali, ma le lascia libere di stabilire il corrispettivo a base di gara; vero ciò, la questione si sposta necessariamente sul sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle ragioni a fondamento della decisione della stazione appaltante nella determinazione dei compensi ai professionisti (e che le linee guida A.N.A.C. – autorità nazionale anticorruzione n. 1 del 2016 Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria impongono siano esposte nella documentazione di gara ai fini di trasparenza e correttezza dell’azione amministrativa). Erra, allora, il giudice di primo grado quando, al termine del suo ragionamento, conclude affermando che la stazione appaltante avrebbe dovuto stabilire in concreto l’importo a base d’asta per le attività messe a gara “giustificandolo sulla base dell’importo risultante dall’applicazione dei soli parametri ministeriali”, poiché, in maniera contraddittoria, ristabilisce a carico delle amministrazioni appaltanti l’obbligo di attenersi ai parametri contenuti nelle tabelle ministeriali, in precedenza, con chiarezza, escluso.

Ingegneri ed architetti: competenza sulla progettazione di opere di viabilità ed idrauliche

L’attività di progettazione (art. 24 d.lgs. n. 50/2016) avente l’obiettivo di impattare sulla viabilità e sulle opere idrauliche come risultante dal progetto posto a gara rientra nella competenza esclusiva degli ingeneri, ai sensi degli artt. 51 e 54 del regio decreto 23 ottobre 1925, n. 2537, “Approvazione del regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto” (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 20.11.2018 n. 6552).
Si rammenta che il citato art. 51 stabilisce: “Sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo”; l’art. 54, secondo e terzo comma, prevede: “Coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea d’ingegnere-architetto presso gli istituti d’istruzione superiore indicati nell’art. 1 della legge entro il 31 dicembre 1924, ovvero lo conseguiranno entro il 31 dicembre 1925, giusta le norme stabilite dall’art. 6 del R.D. 31 dicembre 1923, n. 2909, sono autorizzati a compiere anche le mansioni indicate nell’art. 51 del presente regolamento, eccettuate le applicazioni industriali. La presente disposizione è applicabile anche a coloro che abbiano conseguito il diploma di architetto civile nei termini suddetti, ad eccezione però di quanto riguarda le applicazioni industriali e della fisica, nonché i lavori relativi alle vie, ai mezzi di comunicazione e di trasporto e alle opere idrauliche”.
Per altro verso esse sfuggono alla competenza degli architetti, non rientrando nel concetto di edilizia civile di cui all’art. 52 (“Formano oggetto tanto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad esse relative. Tuttavia le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla L. 20 giugno 1909, n. 364, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere”), ancorchè tale concetto sia considerato nella sua accezione più vasta, richiamata dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. VI, 15.03.2013 n. 1550: “si può affermare che il concetto di ‘opere di edilizia civile’ si estenda sicuramente oltre gli ambiti più specificamente strutturali, fino a ricomprendere l’intero complesso degli impianti tecnologici a corredo del fabbricato, e quindi non solo gli impianti idraulici ma anche quelli di riscaldamento compresi nell’edificazione”).
Deve al riguardo ancora rammentarsi che, nello stabilire l’ampiezza delle competenze riconosciute, rispettivamente, agli ingegneri e agli architetti ai sensi del combinato disposto degli articoli 51 e 52 dello stesso regio decreto n. 2537 del 1925, la giurisprudenza ha confermato l’orientamento tradizionale, in ordine alla ricomprensione nell’esclusivo appannaggio della professione di ingegnere delle opere di carattere più marcatamente tecnico-scientifico, di ingegneria idraulica, di ammodernamento e ampliamento della rete idrica comunale (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1550/2013 cit.).
Recentemente è stato affermato che “Il r.d. 23 ottobre 1925 n. 2537 recante il regolamento delle professioni di architetto e di ingegnere esclude per via degli artt. 51 e 54 comma 3 senza dubbi interpretativi la possibilità che un architetto possa, in luogo di un ingegnere, condurre i lavori relativi ad opere idrauliche” (Consiglio di Stato, sez. V, 19.05.2016 n. 2095).

 

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    Servizi di progettazione – RTP – Requisiti Decreto MIT n. 263/2016 – Giovane professionista – Occorre sottoscrizione del progetto o effettiva partecipazione alla progettazione – Non rilevano direzione lavori, misura e contabilità (art. 24 , art. 46 , art. 48 d.lgs. n. 50/2016)

    TRGA Trento, 02.11.2018 n. 242

    La ricorrente si duole che nell’offerta tecnica il raggruppamento temporaneo B. non ha previsto la partecipazione interna di almeno un giovane professionista all’attività di progettazione, in violazione della disposizione dettata dall’art. 4 del Decreto del ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 263 di data 2 dicembre 2016 (Regolamento recante definizione dei requisiti che devono possedere gli operatori economici per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria e individuazione dei criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ai bandi relativi a incarichi di progettazione, concorsi di progettazione e di idee, ai sensi dell’articolo 24, commi 2 e 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50).

    Invero l’art. 4 di detto decreto, espressamente richiamato nella lettera di invito fra i requisiti di idoneità professionale richiesti in capo ai concorrenti per la gara in esame, stabilisce – per la parte qui di interesse – che “ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 48 del codice, per i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui all’articolo 46, comma 1, lettera e) del codice i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 devono essere posseduti dai partecipanti al raggruppamento. I raggruppamenti temporanei, inoltre, devono prevedere la presenza di almeno un giovane professionista, laureato abilitato da meno di cinque anni all’esercizio della professione secondo le norme dello Stato membro dell’Unione europea di residenza, quale progettista”.
    La norma, rivestente finalità promozionale per consentire la maturazione di una significativa ed adeguata esperienza professionale al giovane professionista, è stata condivisibilmente interpretata ed applicata in termini rigorosi, conformemente alla dizione letterale (“quale progettista”), per l’attività partecipativa del giovane professionista nell’ambito dei raggruppamenti temporanei affidatari dei servizi di architettura e ingegneria, nel senso che tale partecipazione può essere assicurata dalla sottoscrizione del progetto (cfr. Consiglio di di Stato, sez. VI, 02.05.2016 n. 1680; sez. IV, 23.04.2015 n. 2048), o comunque dalla effettiva partecipazione del giovane professionista allo specifico servizio di progettazione (TAR Calabria Reggio Calabria 8.5.2013 n. 268), non potendosi invece ammettere che il rispetto della norma regolamentare possa essere garantito dalla partecipazione del giovane professionista alla diversa attività di direzione lavori, misura e contabilità, dato che queste attività professionali non possono equivalere, coincidere o sovrapporsi con l’attività di progettazione, ed anzi seguono – in successione – la fase progettuale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 10.02.2017 n. 578).

    Ciò posto, deve rilevarsi che nel caso in esame l’offerta inoltrata dal raggruppamento B. prevede sì la presenza di quattro giovani professionisti, coinvolti nella la partecipazione al “team di lavoro” (comunque non allo specifico individuato “team di progetto”), ma nessuno degli indicati nominativi risulta partecipe alla prevista attività (o al team) di progettazione, quest’ultima riservata nell’offerta a professionisti seniores.

    1) Servizi di progettazione – Mancata esecuzione dei lavori progettati per privati – Mancata approvazione dei lavori progettati per l’Amministrazione – Idoneità ai fini della dimostrazione sul possesso dei requisiti – Mancata riproduzione nel Codice della previgente disciplina del Regolamento – Riferimento alle Linee Guida ANAC n. 1 – Non sono vincolanti; 2) Studio professionale – Mancata iscrizione nel casellario ANAC delle società di ingegneria e professionali – Non comporta esclusione (art. 24 , art. 46 , art. 86 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Pescara, 05.09.2018 n. 259

    Relativamente all’affidamento di servizi di progettazione (art. 24 e art. 46 ad.lgs. n. 50/2016) quanto alla mancata esecuzione dei lavori progettati per privati e alla mancata approvazione di quelli progettati per l’Amministrazione, il Collegio ha rilevato quanto segue.
    Innanzitutto, si rileva che quanto disposto dall’articolo 263 comma 2 del dpr n. 207 del 2010 non è stato recepito nella nuova disciplina in materia di appalti pubblici (cfr. ora l’art. 86 comma 5 d.lgs. n. 50 del 2016 in relazione ai mezzi di prova di cui all’allegato XVII parte II).
    L’articolo 263 cit. è stato immediatamente abrogato dall’art. 217 del d.lgs. n. 50 del 2016, e del resto le Linee Guida n. 1 (non vincolanti) adottate in materia dall’ANAC non hanno affrontato la questione (cfr. Consiglio di Stato parere 1767 del 2016: “Non è stata invece affrontata la questione concernente i limiti entro i quali è possibile utilizzare a comprova del possesso di tali requisiti i servizi di progettazione svolti in favore dei committenti privati; profilo in precedenza disciplinato dall’art. 263, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, la cui ambigua formulazione ha dato luogo ad un contrasto di giurisprudenza in seno al Consiglio di Stato – Cons. Stato, V, 10 febbraio 2015, n. 692 e 25 maggio 2015, n. 2567 ”)
    Né tali disposizioni possono essere ritenute espressione di principi generali e quindi ultrattive, atteso che è appena il caso di rilevare che la previsione dell’approvazione per la progettazione per committenti pubblici e l’esecuzione dei lavori progettati nel caso di committenti privati rispondeva a una mera logica di certezza della prova dell’avvenuta attività di progettazione e non alla necessità della verifica della sua idoneità a conseguire l’aggiudicazione (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 4629 del 2016; Tar Trieste sentenza n. 64 del 2017).
    Ne consegue che, nel caso di progettazioni per conto di privati che però non restano in ambito privato in quanto funzionali all’ammissione a una gara pubblica, il requisito della prova dell’avvenuta progettazione deve essere rinvenuto nell’ammissione alla gara del committente privato, che postula appunto una valutazione di idoneità della medesima progettazione in relazione all’oggetto della gara; valutazione che è appunto verificabile al pari di qualsiasi approvazione poiché resta agli atti di gara.
    Del resto, come noto, durante la vigenza dell’articolo 263 comma 2 cit., v’erano due orientamenti che sostanzialmente non concordavano in ordine all’oggetto della prova da fornire in caso di progettazioni eseguite per conto di privati: se dovesse essere la progettazione stessa o se invece dovessero essere i lavori progettati (su tali distinti orientamenti cfr. Consiglio di Stato sentenza n. 2567 del 2015).
    Orbene, il Collegio in ogni caso condivide la tesi secondo cui la ratio di tale norma fosse appunto l’esigenza di provare solo l’avvenuta progettazione, atteso che l’idoneità di tale progettazione a fungere da requisito di partecipazione nel caso di committenti privati non si dimostra necessariamente con l’esecuzione dei lavori stessi.
    Ciò sia perché l’articolo 263 succitato, richiedendo la possibilità di una prova attraverso fatture e contratti, si è necessariamente dovuto riferire a documenti nella disponibilità dei progettisti (e non quindi degli esecutori dei lavori) sia perché, come già evidenziato, non necessariamente l’idoneità della progettazione è dimostrata dalla effettiva esecuzione dei lavori.
    Il rinvio al punto 2.2.2.3. (ora 2.2.2.4.) delle Linee Guida n. 1, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”, operato dalla ricorrente, non è poi pertinente.
    A parte la circostanza che le linee guida in questione hanno carattere non vincolante e quindi hanno funzione di mero indirizzo, analogamente alle circolari nell’ambito del potere di direzione; ed è quindi possibile per le stazioni appaltanti discostarsene, specie in casi in cui la scelta dell’Amministrazione appaia più conforme ai principi generali e più ragionevole (cfr. Consiglio di Stato parere 1767 del 2016), come sarebbe nel caso di specie alla luce della suesposta opzione ermeneutica preferita da questo Tribunale.
    In ogni caso, quanto richiamato dalla ricorrente e contenuto nelle linee guida si riferisce solo all’approvazione di varianti al progetto originariamente appaltato, e si suppone che con riferimento alle varianti la previsione della previa approvazione possa avere lo scopo di accertarne in modo oggettivo il contenuto e il relativo importo, trattandosi di una modifica a quanto posto a oggetto della gara originaria (mentre, coerentemente con l’opzione interpretativa qui seguita, nello stesso alinea si evidenzia che hanno rilievo ai fini della qualificazione anche l’esecuzione di prestazioni accessorie alla progettazione “purché l’esecuzione della prestazione, in mancanza della firma di elaborati progettuali, sia documentata mediante la produzione del contratto di conferimento dell’incarico e delle relative fatture di pagamento”).

    2. Con riferimento alla censura secondo cui lo Studio avrebbe dovuto essere escluso perché non sarebbe presente nel casellario ANAC delle società di ingegneria e professionali, come previsto dall’art.6, D.M. n.263 del 2.12.2016, si rileva che, come evidenziato anche nello stesso sito dell’ANAC (pagina delle FAQ relative a tale servizio), la mancata iscrizione rileva solo come inadempimento a un obbligo di comunicazione e non ha alcun effetto costitutivo della legittimazione a partecipare alle gare.

    Incarichi di progettazione – Progettisti affidatari – Incompatibilità e conflitto di interessi rispetto all’affidamento dei lavori – Ricognizione (art. 24 , art. 42 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 14.05.2018 n. 2853

    I. Il comma 7 dell’art. 24 del d.lgs. n. 50 del 2016 riproduce le incompatibilità previste dall’art. 90, comma 8 e 8 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, stabilendo che gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti o delle concessioni di lavori pubblici, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione, e prevedendo che il divieto non si applica “laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l’esperienza acquisita nell’espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori”.

    Si estende perciò alla norma attualmente vigente l’interpretazione seguita, riguardo alle corrispondenti previsioni del d.lgs. n. 163 del 2006, dalla prevalente giurisprudenza, la quale ha affermato, tra l’altro, che:

    – la disciplina è espressione di un principio generale in forza del quale ai concorrenti ad una procedura di scelta del contraente da parte della Pubblica Amministrazione deve essere riconosciuta un’omogenea posizione, ex se implicante la più rigorosa parità di trattamento, dovendo comunque essere valutato se lo svolgimento di pregressi affidamenti presso la stessa stazione appaltante possa aver creato, per taluno dei concorrenti stessi, degli speciali vantaggi incompatibili con i principi – propri non soltanto dell’ordinamento italiano, ma anche di quello comunitario – di libera concorrenza e di parità di trattamento (cfr. Cons. Stato, IV, 23 aprile 2012, n. 2402);

    la ratio dell’art. 90, comma 8, va individuata nell’esigenza di garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore esecutore dei lavori, potendo svolgere una funzione sostanziale di ausilio alla P. A. nella verifica di conformità tra il progetto e i lavori realizzati. Se le posizioni di progettista e di appaltatore -esecutore dei lavori coincidessero vi sarebbe il rischio di vedere attenuata la valenza pubblicistica della progettazione, con la possibilità di elaborare un “progetto su misura” per una impresa alla quale l’autore della progettazione sia legato, così agevolando tale impresa nell’aggiudicazione dell’appalto (cfr. Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3656; id., 2 dicembre 2015, n. 5454).

    Rileverebbe, altresì, l’art. 42 del d.lgs. n. 50 del 2016.

    Esso, che non ha un diretto precedente nel d.lgs. n. 163 del 2006, recepisce gli artt. 24 della direttiva 2014/24/UE, 42 della direttiva 2014/25/UE e 35 della direttiva 2014/23/UE, espressione della volontà di creare meccanismi di prevenzione dei fenomeni corruttivi anche mediante l’individuazione e la regolazione delle situazioni di conflitto di interessi (cfr. Corte Giust. UE, 12 marzo 2015, C- 538/131).

    Sebbene si tratti di una norma di programma, non immediatamente prescrittiva di obblighi e sanzioni, è tuttavia significativo che affidi alle stazioni appaltanti il compito e la responsabilità di prevedere “misure adeguate”, al fine, tra l’altro, di “prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici”.

    Né il legislatore euro-unitario, né quello interno hanno identificato gli strumenti (“misure adeguate”) di cui le stazioni appaltanti si potranno servire: non vi è dubbio che, in linea di massima, si tratterà di strumenti a portata generale e preventiva (piani anticorruzione, regolamenti di condotta e così via); ma è da ritenere che l’eventuale fallimento dello strumento preventivo debba indurre l’amministrazione aggiudicatrice ad adottare misure riparatorie, volte ad impedire che eventuali distorsioni della concorrenza già prodottesi vengano portate ad ulteriori conseguenze con definitiva lesione della parità di trattamento tra i concorrenti.

    Il secondo comma definisce il conflitto di interessi rilevante a questi fini (prevedendo, in particolare, che la fattispecie si concretizzi quando il personale di una stazione appaltante che possa influenzare, in qualsiasi modo, il risultato di un’aggiudicazione, “ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione”) ed il quarto comma lo estende alla fase di esecuzione dei contratti pubblici.

    L’interpretazione secondo la quale si tratterebbe di norma a rilevanza “interna” non tiene conto dell’estensione che il secondo comma – recependo la previsione delle direttive che si riferisce anche al prestatore di servizi che interviene per conto dell’amministrazione aggiudicatrice – fa al “prestatore di servizi”: nella previsione normativa certamente rientra il progettista esterno incaricato dalla stazione appaltante della redazione del progetto posto a base di gara il quale – per le più varie ragioni – abbia un interesse personale all’aggiudicazione in favore di un determinato operatore economico e sia in grado di condizionare tale aggiudicazione. Per questo aspetto, è indubitabile il collegamento tra l’art. 42 e l’art. 24, comma 7, del quale si è già detto.

    Quanto poi al mancato intervento del soggetto esterno nella procedura di aggiudicazione viene in rilievo la fattispecie alternativa configurata dall’art. 42, su menzionata, vale a dire la possibilità di “influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato”: l’ampia portata della norma consente di ricomprendere nel suo ambito di applicazione tutti coloro che, anche senza averne titolo, e con qualsiasi modalità, e non necessariamente per conto della stazione appaltante, senza intervenire nella procedura, ma, anche dall’esterno, siano in grado di influenzarne il risultato.

    Quanto all’interesse rilevante per l’insorgenza del conflitto, la norma va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio, per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare, a salvaguardia della genuinità della gara da assicurare (non solo mediante gli obblighi di astensione espressamente previsti dal terzo comma, ma anche) attraverso la prescrizione del divieto di partecipazione (cfr. Cons. Stato, V, 11 luglio 2017, n. 3415).

    Peraltro, quando la situazione di conflitto non sia altrimenti risolvibile, l’art. 80, comma 5, lett. d) dello stesso codice prevede, come extrema ratio, che sia l’operatore economico a sopportarne le conseguenze con l’esclusione dalla partecipazione alla procedura d’appalto.

    Il quarto comma dell’art. 42, infine, impone alla stazione appaltante un obbligo di vigilanza, sia in fase di aggiudicazione che in fase di esecuzione, specificamente in riferimento al rispetto dell’obbligo di astensione, ma è da ritenere che esso si estenda a tutte le possibili misure che possano ancora essere prese per prevenire o porre rimedio al conflitto.

    Neppure la circostanza per cui il progettista sia indicato come collaboratore esterno, per la fase esecutiva, è decisivo per escludere l’applicabilità dell’art. 24, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016.

    E’ vero che la lettera della norma stabilisce il divieto per “gli affidatari degli incarichi di progettazione” di essere, a loro volta e personalmente, “affidatari degli appalti”.

    E’ vero altresì che il testo dell’originario art. 90, comma 8, del d.lgs. n. 163 del 2006, che ne costituisce l’immediato precedente, prevedeva che gli affidatari degli incarichi di progettazione non potessero “partecipare agli appalti” e che venne modificato con l’art. 20, comma 1, della legge n. 161 del 2014 nel testo poi trasfuso nell’attuale art. 24, comma 7.

    Tuttavia, a questa vicenda normativa non conseguono affatto né l’irrilevanza dell’elaborazione giurisprudenziale formatasi sul testo precedente, né la necessaria interpretazione restrittiva.

    L’intento del legislatore del 2014 fu quello di coordinare la previsione del comma 8 con la previsione, contestualmente introdotta, del (nuovo) comma 8 bis. Quest’ultima è ora inserita nell’ultimo inciso dell’art. 24, comma 7, e consente al soggetto, che si trovi in una situazione che potrebbe astrattamente dare luogo ad incompatibilità, di fornire la prova contraria dimostrando “che l’esperienza acquisita nell’espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori”.

    In sostanza, a seguito della procedura di infrazione comunitaria Eu Pilot 4860/13/MARKT il legislatore del 2014 è intervenuto, non al fine di restringere la platea dei destinatari del divieto, ma piuttosto al fine di eliminare l’automatismo dell’originario divieto perché contrastante con i principi del diritto eurounitario, dando perciò al progettista partecipante alla gara la possibilità di fornire la prova contraria di cui sopra, consentendogli di divenire affidatario dell’incarico.

    II. – L’aggiudicataria fa leva, oltre che sugli esiti della procedura di infrazione comunitaria anzidetta e su quanto disposto dall’art. 57, comma 4, lett. e), della direttiva 2014/24/UE (che prevede che non si faccia luogo all’esclusione dalla gara dell’operatore economico quando la situazione di conflitto d’interessi in cui versa può essere risolta “efficacemente con altre misure meno intrusive” rispetto all’espulsione), sui pareri resi dalle commissioni speciali di questo Consiglio di Stato in data 21 marzo 2016 (sullo schema di decreto legislativo n. 50 del 2016) e 26 ottobre 2016, n. 1773 (laddove è detto, tra l’altro, che <<[…] secondo quanto previsto dalla disciplina comunitaria della materia […] ed in base a quanto è possibile desumere dal disposto degli artt. 24, comma 7 e 80, comma 5, lett. d) del codice- le cause di incompatibilità non dovrebbero consistere in divieti assoluti e aprioristici […] occorrendo viceversa verificare caso per caso la sussistenza di un conflitto di interesse e procedendo all’esclusione solo come extrema ratio, nell’ipotesi in cui il conflitto stesso non sia “diversamente risolvibile”>>).

    Si tratta di argomentazioni che trovano riscontro sia nell’art. 24, comma 7, ult. inciso, sia nell’art. 80, comma 5, lett. d), appunto entrambi citati nel parere, ma che non sono decisive per risolvere la questione di diritto posta, nel caso di specie, dalla prima delle due norme.

    La questione può essere riassunta nel quesito se l’incompatibilità dell’art. 24, comma 7, si ponga soltanto tra affidatario dell’incarico di progettazione ed affidatario dell’appalto di lavori per cui ha svolto progettazione (generalmente in RTI), ovvero si estenda al progettista che, pur non avendo partecipato alla gara quale concorrente o quale soggetto ausiliario o cooptato, sia tuttavia investito, da parte dell’operatore economico aggiudicatario, in forza di un rapporto di dipendenza o di collaborazione intrattenuto con quest’ultimo, di attività inerenti lo svolgimento dei lavori appaltati, indicate nell’offerta tecnica.

    Malgrado l’attuale testo di legge non preveda espressamente questa ipotesi, la Sezione è dell’avviso che essa ricada nei divieti ivi contemplati.

    In primo luogo, è significativo che i rapporti di dipendenza e di collaborazione rilevino se riferiti al progettista, in quanto i divieti “sono estesi ai dipendenti dell’affidatario dell’incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell’incarico e ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione e ai lori dipendenti”. Identica ratio legis sorregge l’estensione del divieto all’operatore economico affidatario che, avvalendosi dell’apporto del progettista, come dipendente o collaboratore, si conquisti una situazione di vantaggio idonea ad alterare la par condicio dei concorrenti.

    Questa conclusione trova riscontro nell’ampia portata della norma sul conflitto di interessi, che, come detto, attribuisce rilevanza ad ogni situazione di interesse, diretto od indiretto, di qualsivoglia natura, nonché a qualsivoglia posizione del soggetto in conflitto di interessi che gli consenta di influenzare il risultato dell’aggiudicazione.

    D’altronde si tratta di conclusione coerente con la ragion d’essere del divieto, come delineata dalla giurisprudenza sopra richiamata, dal momento che il divieto si fonda sul peculiare rilievo assunto dalla progettazione nell’esecuzione dei lavori pubblici (in quanto, oltre ad essere fase preliminare e strumentale alla realizzazione delle opere, “nell’attuale panorama della disciplina pubblicistica dei lavori e della realizzazione delle opere … , la progettazione costituisce il baricentro dell’attività posta a monte dell’esecuzione dei lavori: determina il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire, la fattibilità amministrativa e tecnica; predetermina i costi in relazione ai benefici previsti; descrive le caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare. A livello di progettazione definitiva individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare”, come efficacemente riassunto da Cons. Stato, V 21 febbraio 2017, n. 772). Da qui il rilievo assunto dal progettista dell’opera, sicché la sua partecipazione, anche per via indiretta, alla procedura dell’affidamento dell’appalto avente ad oggetto l’opera da lui progettata pone evidente la questione del rispetto della par condicio dei concorrenti, essendo la disposizione in commento “ espressione del principio generale di trasparenza e imparzialità la cui applicazione è necessaria per garantire la parità di trattamento che ha per suo indefettibile presupposto il fatto che i concorrenti ad una procedura ad evidenza pubblica debbano rivestire la medesima posizione” (così Cons. Stato, IV, 12 maggio 2016, n. 1918).

    Né vale, in senso contrario, richiamare, la giurisprudenza sull’ammissibilità dell’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva a colui che aveva redatto la progettazione preliminare, poiché è palese la diversità di situazioni (sulla quale è sufficiente fare rinvio, tra le altre, a Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5454, laddove, richiamando anche il precedente di Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3656, si evidenzia come la ratio del divieto di legge consiste “nell’esigenza di garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore-esecutore dei lavori”, quindi nell’evitare che coincidano le posizioni di progettista e di appaltatore-esecutore dei lavori; rischio, quest’ultimo che non ricorre nei rapporti tra progettazione preliminare e livelli ulteriori di progettazione).

    In conclusione deve riconoscersi che il progettista, già incaricato della stazione appaltante della predisposizione del progetto posto a base di gara, che sia stato indicato, nell’offerta tecnica di un operatore economico concorrente per l’affidamento dell’appalto dei lavori, quale consulente esterno dell’aggiudicatario, in fase esecutiva, con compiti di natura tecnica, è in posizione di incompatibilità ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, anche se non è legato all’aggiudicatario da un rapporto di dipendenza o di subordinazione.

    Una diversa lettura finirebbe per rendere più che agevole l’elusione dei divieti di cui all’art. 24, comma 7, mediante la partecipazione alla gara di enti dotati di personalità giuridica distinta da quella dei progettisti o dalla persona fisica dei progettisti, ove fosse consentito attribuire nella sostanza a questi ultimi un ruolo comunque rilevante in fase di esecuzione dei lavori.

    Conseguentemente, spetta all’operatore economico aggiudicatario dimostrare che l’esperienza acquisita nell’espletamento dell’incarico di progettazione dal suo consulente esterno non abbia determinato un vantaggio tale da falsare la concorrenza con gli altri operatori in fase di gara.

    Poiché si tratta di applicare direttamente la previsione normativa e non solo di trarre da essa il principio generale del divieto di partecipazione alla gara di chi abbia una posizione di vantaggio, non trova applicazione l’altro principio generale (Cons. Stato, V, 6 ottobre 2015 n. 4651, pronunciata in un caso di appalto di servizi, pacificamente escluso dall’ambito di applicazione diretta della norma), per il quale chi lamenta una violazione della par condicio ed attribuisce ad altri di versare in una condizione di indebito vantaggio competitivo deve dimostrare in concreto di quale vantaggio si tratti.

    Criteri Ambientali Minimi per impianti e servizi progettazione di illuminazione pubblica

    Criteri Ambientali Minimi per l’acquisizione di sorgenti luminose per illuminazione pubblica, l’acquisizione di apparecchi per illuminazione pubblica, l’affidamento del servizio di progettazione di impianti per illuminazione pubblica.

    Decreto 27.09.2017 del MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE pubblicato sulla GURI in data 18.10.2017

    TAR Bari disapplica Linee Guida ANAC n. 1 (SIA) – Servizi di progettazione – Categoria idraulica – Gradi di complessità maggiore qualificano anche per opere di complessità inferiore – Dato normativo D.M. n. 143/2006 – Prevalenza sulle Linee Guida – Servizi di punta – Ratio – Valutazione – Verifica dei requisiti – Mezzi di prova (art. 23 , art. 24 , art. 86 , art. 157 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Bari, 05.04.2017 n. 340

    Parte ricorrente negli atti successivi ha fondato la pretesa di esclusione dell’aggiudicataria sia sulla carenza del requisito economico finanziario di cui alla lett. B, punto 3 del disciplinare, sia sulle dichiarazioni non veritiere resa dalla medesima A.
    Quest’ultima ha replicato evidenziando che, in ogni caso, dalla documentazione versata in atti si evince che l’importo della progettazione esecutiva aggiornata, svolta per il servizio “Lame” è pari ad € 1.730.176,41 (a fronte dell’importo previsto per il progetto originario pari ad € 2.615.449,95). Ritiene per questo che, anche a voler considerare l’importo ribassato, in ogni caso esso sarebbe sufficiente a raggiungere la soglia minima di € 4.500.000,00, richiesta dal disciplinare di gara (€ 3.890.056,90, riferito al servizio di progettazione prestato in favore del Comune di Grumo Appula, + € 1.730.176,41).
    Il ricorrente ha controdedotto sul puto facendo riferimento alla produzione documentale della A., relativa alla certificazione rilasciata al Comune di Cassano delle Murge sul progetto rimodulato (doc. 9 depositato il 12.12.2016), per evidenziare che i lavori relativi alla categoria D.02 ammontano ad € 299.253,27, importo che, sommato ad € 3.890.056,90 (relativo al servizio svolto per il Comune di Grumo Appula), non sarebbe utile al raggiungimento della soglia minima fissata nel disciplinare, escludendo che possa essere computato anche l’importo riferito alla categoria D.04, pari ad € 457.976,35 in conformità alle Linee Guida Anac n. 1/2016. A., nella memoria del 18.03.2017, replica a sua volta richiamando l’art. 8 del D.M. 143/2013, ritenendo valido l’assunto per cui occorre tener conto “della categoria d’opera e del grado di complessità, fermo restando che gradi di complessità maggiore qualificano anche per opere di complessità inferiore all’interno della stessa categoria d’opera”. Ritiene, per questo, che andrebbero computati anche i servizi di progettazione riconducibili alla categoria D.04, in quanto categoria di complessità superiore a quella D.02, richiesta dal bando di gara. Il principio enunciato non sarebbe superato dalle Linee Guida dell’Anac, approvate con delibera n. 973 del 14.09.2016, contenente “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria“ che escluderebbe (solo in via tendenziale e senza superare il principio), dall’applicazione del suddetto principio alcune categorie tra le quali quella idraulica.
    16.1. – Il Collegio ritiene che la vicenda, come ulteriormente integrata in corso di causa, non sia comunque idonea a fondare la pretesa di parte ricorrente volta all’esclusione dell’ATI A. s.rl. e ciò non solo per quanto già sopra evidenziato, ma anche sulla base di ulteriori dirimenti considerazioni:
    16.1.a. – come già acclarato il servizio svolto dalla controinteressata non può ritenersi che non rilevi al fine della dimostrazione del possesso dei requisiti economico finanziari di cui alla lett. B del disciplinare di gara.
    L’annullamento in autotutela riferito da parte ricorrente ha riguardato solo la progettazione esecutiva che è stata rimodulata e regolarmente approvata prima dello svolgimento della procedura di gara per cui è causa.
    16.1.b. – Il sistema degli appalti pubblici si è evoluto in un’ottica sempre più orientata a una verifica sostanziale del possesso dei requisiti da parte dei concorrenti, espressione del principio di concorrenza, e sempre meno disponibile ad assecondare la logica della cosiddetta “caccia all’errore”.
    In tale senso la giurisprudenza secondo cui “la portata delle singole clausole che comminano l’esclusione in termini generali e onnicomprensivi va valutata alla stregua dell’interesse che la norma violata è destinata a presidiare, per cui, ove non sia ravvisabile la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, va accordata la preferenza al “favor partecipationis”, con applicazione del principio, di derivazione comunitaria e rilevante, anche nell’ordinamento interno, di sanabilità delle irregolarità formali , con conseguente attenuazione del rilievo delle prescrizioni formali della procedura concorsuale” (cfr. T.A.R. Aosta 38/2012, T.A.R. Catania, sez. III, sent. 1981 del 22.07.2015. Cons. Sato, Sez. III, sent. 2376 del 9.05.2014).
    16.1.c. – Applicando tali principi al caso in esame, deve ritenersi che comunque l’ATI A. non possa essere esclusa per mancanza del requisito di cui alla lett. B punto 3 del disciplinare.
    Dalla certificazione aggiornata del 31.05.2016 relativa al servizio svolto per il Comune di Cassano delle Murge, come prodotta dalla controinteressata in data 12.12.2016 (doc.9), risulta un importo complessivo riferito all’Advenco pari a € 1.730.176,41. Sotto la voce “classi e categorie”, nella parte riferita a quella “idraulica” sono indicati due distinti importi: uno relativo alla categoria D.02 pari ad € 299.253,27 e l’altro alla categoria D.04, per un importo pari ad € 457.976,35.
    Le parti controvertono su quale sia l’importo utile ai fine della dimostrazione del requisito di cui al punto 3 del disciplinare.

    Ad avviso del Collegio sono utilizzabili i due importi, per le considerazioni che seguono.
    Sul punto giova richiamare l’art. 8 del D.M. n. 143/2006 dove precisa che “gradi di complessità maggiore qualificano anche per opere di complessità inferiore all’interno della stessa categoria d’opera” e la Tavola Z-1 dove sono elencate le “Categorie delle opere – Parametro del grado di complessità – Classificazione dei servizi di corrispondenza”.
    Nella “Categoria Idraulica”, la voce relativa alle opere categoria “D.02” è attribuito un grado di complessità pari a 0,45, mentre alle opere categoria “D.04” è attribuito un grado di complessità pari a 0,65.
    La formulazione dell’art. 8 e la Tavola Z-1 sopra richiamate non lasciano margini di dubbio in ordine al fatto che – all’interno della medesima categoria di lavori (nel caso di specie quella “Idraulica”) – la qualificazione relativa a una destinazione funzionale per servizi di complessità superiore si estende anche alle destinazioni funzionali di livello inferiore. Come osservato in giurisprudenza, “Né, in tale quadro normativo, assume rilievo decisivo la deliberazione A.N.A.C., 25 febbraio 2015, n. 4, che ha messo in discussione l’applicabilità alla categoria “Idraulica” del principio secondo cui la qualificazione in una destinazione funzionale più complessa si estende a quelle di livello inferiore.
    Difatti, a prescindere dalla correttezza intrinseca di tale interpretazione del superiore dato normativo, nella stessa deliberazione A.N.A.C. si precisa che anche nell’ambito della Categoria “Idraulica” sono, comunque, da evitare esclusioni legate a motivi di pura forma e resta perciò necessario verificare l’esistenza di una “omogeneità sostanziale” tra le pregresse prestazioni svolte dal concorrente e quelle oggetto di gara” (T.A.R. Sardegna, sez. I, sent. 94 del 7.02.2017). Il fatto che l’Anac con Linee Guida n. 1 approvate il 14.09.2016 abbia ribadito quanto già affermato nella deliberazione n. 4/2015 non vale, comunque a superare il dato normativo di cui al D.M. 143/2013.
    Da ultimo, quand’anche si seguisse l’interpretazione più fedele alle suddette Linee Guida e si aderisse alla tesi per cui il servizio svolto per il Comune di Cassano delle Murge non sia idoneo, per come rimodulato, a raggiungere la soglia minima richiesta dal disciplinare di gara, più volte menzionato, deve ritenersi condivisibile quanto affermato dalla controinteressata nella memoria dell’11.03.2017, laddove ha sostenuto che, comunque, il requisito rispetto ai servizi di punta è stato dimostrato in quanto, oltre a quello in contestazione, essa ha indicato, nella domanda di partecipazione, altri servizi (n. 5), l’importo di ciascuno dei quali, sommato a quello non contestato riferito al Comune di Grumo Appula (pari ad € 3.890.056,90), è utile a raggiungere la soglia minima prevista dalla lex di gara per i due servizi di punta, pari ad € 4.500.000,00.
    Né convince la contestazione di parte ricorrente che qualifica l’argomentazione della controinteressata sopra riferita come pretesa di sostituzione del servizio di punta.
    Non è dato ravvisare alcun tentativo di modifica della domanda come presentata dalla controinteressata alla stazione appaltante. Inoltre, è la ratio sottesa alla richiesta di indicazione dei due servizi di punta a far ritenere comunque dimostrato il requisito di cui al punto 3, da parte della A. al momento della presentazione della domanda.
    La valutazione dei requisiti di capacità economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi al servizio di progettazione, in mancanza di un sistema di qualificazione formale analogo a quello presente per i lavori pubblici, avviene mediante la dimostrazione di avere svolto, in un determinato periodo temporale, specifiche attività indicate dalla legge, dal regolamento e dal bando di gara.
    La logica sottesa alla richiesta del servizio di punta è, infatti, quella di aver svolto singoli servizi di una certa entità complessivamente considerati (cfr. Cons. di Stato, n. 2464/2006, T.A.R. Abruzzo, sez. I, sent. 3 del 13.01.2016). Rileva, in sostanza, per potersi ritenere sussistente il requisito, che esistano due servizi che sommati tra loro raggiungano la soglia minima indicata dal disciplinare, non incidendo sul possesso del requisito la scelta di quale dei servizi sommare, quando ve ne siano più di due di considerevole entità.
    E’ il medesimo ricorrente a produrre l’elenco dei servizi di punta presentato in sede di gara da A. (doc. n. 6, depositato il 25.11.2016, unitamente al ricorso principale). Da tale documento si desume che ciascuno degli importi indicati sotto la categoria D.02, sommato a quello relativo al Comune di Grumo Appula, non contestato, contribuisce al raggiungimento della soglia minima pari ad € 4.500.000,00, prevista dal punto 3 del disciplinare di gara.