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Controllo dei requisiti generali su operatore estero extra UE

Quesito: La scrivente Stazione appaltante è nella fase di aggiudicazione di una procedura bandita ai sensi del d.lgs. 50/2016. L’offerente verso cui è stata disposta, da parte del RUP, la proposta di aggiudicazione è un operatore estero transfrontaliero extra UE, con sede legale in UK. Come noto, a partire dalla mezzanotte del 31 gennaio 2020, il Regno Unito non è più uno Stato membro dell’UE ed è pertanto considerato un “Paese terzo” anche in materia di appalti pubblici Corre l’obbligo di evidenziare, tuttavia, che il 1º gennaio 2021 il Regno Unito ha aderito all’accordo dell’OMC sugli appalti pubblici e che a norma di tale accordo “l’Unione europea e il Regno Unito si sono reciprocamente impegnati a garantire agli operatori, ai beni e ai servizi dell’altra parte l’accesso a determinate opportunità nel settore degli appalti pubblici”. Ciò premesso, la scrivente stazione appaltante si interroga sulle modalità di verifica circa l’effettivo possesso da parte del predetto operatore economico dei requisiti di partecipazione, atteso che l’art. 88 prevede espressamente che “Le stazioni appaltanti al fine di facilitare la presentazione di offerte transfrontaliere, le informazioni concernenti i certificati e altre forme di prove documentali… richiedono in primo luogo i tipi di certificati o le forme di prove documentali che sono contemplati da e-Certis”.  Risulta però che tale sistema non sia utilizzabile per operatori esterni all’UE, tanto che i certificati dei paesi con sede UK non sono selezionabili. Alla luce di tale problematica, si chiede con che modalità la scrivente Stazione appaltante può procedere con il controllo sull’effettivo possesso dei requisiti generali ex art. 80 del d.lgs. 50/2016 in capo all’operatore economico, atteso che anche il sistema E-certis non pare applicabile al caso di specie e che all’interno della normativa non pare delineata alcuna specifica procedura per la problematica de qua.

Risposta: Con riferimento al quesito posto, si rappresenta che, ai fini dello svolgimento delle verifiche sui requisiti di partecipazione, l’art. 86 del Codice reca un elenco tassativo di mezzi di prova che possono essere chiesti direttamente agli operatori economici, ponendo, per il resto, in capo alle stazioni appaltanti l’onere di ricercare i documenti probatori d’ufficio. Orbene, in assenza di disposizioni codicistiche specifiche in ordine alla verifica della sussistenza dei requisiti di partecipazione in capo agli operatori economici non aventi sede legale in uno dei Paesi membri dell’UE, si ritiene applicabile l’art. 3 del D.P.R. n. 445/2000: in particolare, gli stati, le qualità personali e i fatti, sono documentati mediante certificati o attestazioni rilasciati dalla competente autorità dello Stato estero, corredati di traduzione in lingua italiana autenticata dall’autorità consolare italiana che ne attesta la conformità all’originale, dopo aver ammonito l’interessato sulle conseguenze penali della produzione di atti o documenti non veritieri. In alternativa, si ritiene opportuno chiedere direttamente al soggetto interessato la produzione di una dichiarazione giurata resa dinanzi all’autorità giudiziaria o amministrativa competente, a un notaio o a un organismo professionale qualificato a riceverla nel Paese di origine o di provenienza. (Parere MIMS n. 1359/2022)

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    Prova sul possesso dei requisiti mediante documentazione presentata in giudizio dall’ operatore economico

    TAR Napoli, 07.01.2022 n. 132

    In proposito, soccorre la giurisprudenza amministrativa riguardante il possesso del requisito del “fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto” così attualmente codificato dall’art. 83, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016.
    Si è, in particolare, precisato che, “quando il bando prevede l’ammissione esclusivamente delle imprese che hanno prodotto negli anni precedenti un determinato fatturato non globale, ma specificamente attinente a rapporti identici o analoghi a quello da instaurare in esito al procedimento, la stazione appaltante non richiede un requisito di natura finanziaria (per la quale si provvede, ad esempio, con il richiamo al fatturato globale), ma un requisito di natura tecnica (consistente nel possesso di precedenti esperienze che consentono di fare affidamento sulla capacità dell’imprenditore di svolgere la prestazione richiesta)” (così, tra le altre, Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2015, n. 864), evidentemente finalizzato a garantire che la selezione venga svolta tra concorrenti che diano prova di adeguata affidabilità nell’espletamento di un determinato servizio, per aver avuto precedenti esperienze nel settore di attività oggetto di gara o in settori analoghi (cfr. Cons. Stato, V, 6 aprile 2017, n. 1608; nonché già Cons. Stato, V, 28 luglio 2015, n. 3717 e 25 giugno 2014, n. 3220); con la precisazione che, pur rilevando l’identità del settore imprenditoriale o professionale, il confronto va fatto in concreto tenendo conto del contenuto intrinseco delle prestazioni (Cons. Stato, V, 12 maggio 2017, n. 2227).
    Coerentemente con la finalità appena detta, lo stesso art. 83, al comma 7 prevede che la dimostrazione del requisito sia fornita utilizzando i mezzi di prova di cui all’art. 86, commi 4, vale a dire – per quanto qui rileva – mediante uno o più mezzi di prova indicati nell’allegato XVII, parte I, del codice.
    La prova del possesso dei requisiti può essere data, dagli operatori economici che per fondati motivi non siano in grado di presentare le referenze chieste dall’amministrazione aggiudicatrice, mediante ogni documento ritenuto idoneo dalla stazione appaltante, sebbene tale possibilità non obliteri l’esigenza che tale prova debba vertere sui requisiti così come definiti ed individuati negli atti di gara dalla stazione appaltante: quest’ultima, invero, rimane titolare del potere discrezionale di individuare, in relazione all’oggetto della gara, i requisiti di capacità per l’ammissione alle gara stessa, e di conseguenza la massima concessione che può essere riconosciuta allo scopo di favorire la più ampia partecipazione delle imprese non in grado di produrre proprio la documentazione richiesta dal bando consiste nell’ammettere le stesse a dimostrare, con documenti di natura diversa, le medesime circostanze che i documenti indicati dalla stazione appaltante sono in grado di dimostrare. Pertanto, se – come nel caso di specie – gli atti di gara indicano tra i requisiti di capacità economica e finanziaria il possesso di un determinato fatturato correlato ad un determinato periodo di tempo, si deve ammettere che la partecipante dimostri il possesso del requisito avvalendosi di tutti quei documenti idonei a dimostrare l’effettivo conseguimento di ricavi utili ad integrare il fatturato specifico richiesto (cfr.: Consiglio di Stato, sez. V, 10/12/2018, n. 6943).
    Applicando i riportati principi all’odierna fattispecie, la documentazione presentata, anche nella presente fase contenziosa, dall’aggiudicataria, vale a dire le fatture emesse per i servizi precedentemente eseguiti al fine di dimostrare il conseguimento del fatturato specifico e le corrispondenti dichiarazioni rese ai fini del pagamento dell’IVA, è pienamente idonea a comprovare il possesso del contestato requisito di capacità economico-finanziaria con riguardo al triennio anteriore all’indizione della gara, non rilevando in senso contrario la mancata approvazione, al momento della presentazione della domanda di partecipazione, del bilancio di esercizio relativo all’anno solare 2019.

    Referenze bancarie : interpretazione del requisito (art. 86 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Napoli, 17.12.2021 n. 8054 

    Il Collegio ritiene che il requisito delle referenze bancarie vada interpretato in modo non restrittivo in accordo con il principio del “favor partecipationis”. Del resto, l’art. 86 co. 4 d.lgs. 50/2016 (cd. codice appalti) in combinato disposto con la parte I dell’allegato XVII al medesimo codice appalti prevede che “di norma” la solidità finanziaria vada dimostrata mediante alcuni mezzi di prova e, in particolare, con: “a) idonee dichiarazioni bancarie o, se del caso, comprovata copertura assicurativa contro i rischi professionali; b) presentazione dei bilanci o di estratti di bilancio, qualora la pubblicazione del bilancio sia obbligatoria in base alla legislazione del paese di stabilimento dell’operatore economico; c) una dichiarazione concernente il fatturato globale e, se del caso, il fatturato del settore di attività oggetto dell’appalto, al massimo per gli ultimi tre esercizi disponibili in base alla data di costituzione o all’avvio delle attività dell’operatore economico, nella misura in cui le informazioni su tali fatturati siano disponibili”.
    La disposizione, peraltro, va intesa nel senso che “di norma” debba essere impiegato solo uno dei mezzi di prova richiesti e tanto ha condotto la giurisprudenza a consentire la presentazione di un mezzo alternativo persino in mancanza di un’espressa previsione del bando (v. T.A.R. Palermo sez. III, 04/08/2020, n.1753 nonché T.A.R. Roma, sez. III, 15/03/2021, n.3103) o di ritenere dimostrata la solidità finanziaria sulla scorta dei bilanci anche in mancanza di una delle due referenze bancarie richieste (C.d.S., sez. III, Sent. n. 5294 del 13.7.2021).
    […]
    In secondo luogo, anche volendo prescindere dalla conclusione appena raggiunta, va rammentato che le “idonee referenze bancarie” vanno “intese nel senso che gli istituti creditizi devono riferire sulla qualità dei rapporti in atto con le società, per le quali le referenze sono richieste, quali la correttezza e la puntualità di queste nell’adempimento degli impegni assunti con l’istituto, l’assenza di situazioni passive con lo stesso istituto o con altri soggetti, sempre che tali situazioni siano desumibili dai movimenti bancari o da altre informazioni in loro possesso; tali referenze possono essere richieste dalle stazioni appaltanti agli operatori in considerazione della circostanza che hanno una sicura efficacia probatoria dei requisiti economico-finanziari necessari per l’aggiudicazione di contratti pubblici: e ciò in base al fatto notorio che il sistema bancario eroga credito a soggetti affidabili sotto tali profili” (C.d.S., sez. V, n. 2910/2020; v. anche C.d.S., sez. III, Sent. n. 2507/2021).

    Libro unico del lavoro – Assegnazione maggior punteggio – Mancanza – Soccorso istruttorio o chiarimenti – Inapplicabililità (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 03.11.2021 n. 7335

    Piuttosto, oggetto del thema decidendum è l’onere documentale imposto dalla legge di gara per l’attribuzione di un maggior punteggio all’offerta tecnica. Le norme di riferimento non sono tanto quelle che disciplinano la selezione delle offerte relativamente ai requisiti di partecipazione degli operatori economici (sezione II del capo III del titolo III del d.lgs. n. 50 del 2016, in particolare gli artt. 86, in tema di mezzi di prova, e 83, in tema di soccorso istruttorio) quanto quelle che attengono ai criteri di valutazione dell’offerta e di aggiudicazione dell’appalto (titolo IV, in specie artt. 94 e 95, del d.lgs. n. 50 del 2016). In particolare, ai sensi dell’art. 95, comma 1, i criteri di aggiudicazione sono accompagnati da specifiche che consentono “l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, essendo inoltre rimessa alle stazioni appaltanti la verifica della “accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti”.
    Nella procedura di gara oggetto del presente contenzioso – così come in quella oggetto del precedente di questa Sezione V, 17 luglio 2020, n. 4603, correttamente citato in sentenza perché riguardante un caso analogo, al contrario di quanto si assume con l’appello – il disciplinare di gara indicava la tipologia di documentazione che gli operatori economici avrebbero dovuto produrre a comprova della disponibilità offerta per l’esecuzione contemporanea di più cantieri, e specificava (per di più con l’impiego del grassetto, dato questo non contestato) che l’allegazione del documento era necessaria “al fine dell’attribuzione del punteggio”.
    I concorrenti erano, dunque, avvertiti che sarebbe stata ritenuta prova adeguata esclusivamente la predetta documentazione, e non altra, per verificare le informazioni rilevanti ai fini dell’attribuzione del punteggio.
    La commissione giudicatrice ha attribuito zero punti al r.t.i. -Omissis- per il criterio relativo proprio perché non ha potuto effettuare tale verifica con le modalità richieste dalla legge di gara.
    In definitiva si è trovata nell’impossibilità di valutare “la coerenza del libro matricola col numero di cantieri contemporaneamente offerti”, quindi dell’impegno del concorrente a garantire “per ognuno dei cantieri eseguiti in contemporanea …il rispetto di tutte le prescrizioni contrattuali nonché delle prestazioni offerte in sede di partecipazione alla procedura di affidamento” (come da criterio B.4).
    A questa impossibilità non è certo seguita l’esclusione del concorrente – sicché non appaiono pertinenti i precedenti giurisprudenziali richiamati in tema di fattispecie escludenti – bensì la mancata attribuzione del punteggio corrispondente, nel rispetto peraltro del principio di parità di trattamento dei concorrenti.
    In proposito va tenuto presente quanto chiarito dalla commissione giudicatrice nel corso della seduta del 24 aprile 2020, costituente – come osserva la difesa della controinteressata – ragionevole applicazione del principio dell’auto-vincolo, peraltro del tutto conforme alla prescrizione della legge di gara.
    4.2. L’omissione nella quale è incorso il r.t.i. -Omissis- non avrebbe potuto essere colmata mediante la valutazione di altra parte dell’offerta, specificamente del modulo B.7, perché la scelta, chiaramente effettuata dalla stazione appaltante, di collegare l’attribuzione del punteggio non ad una auto-dichiarazione del concorrente bensì ad un documento da tenersi obbligatoriamente da parte degli operatori del settore è funzionale proprio ad evitare le situazioni di incertezza (ivi comprese eventuali contestazioni proprio ai sensi degli artt. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 e 77 bis del d.P.R. n. 445 del 2000, citati dall’appellante) e di disparità di trattamento che sarebbero potute derivare da un giudizio della commissione basato su auto-dichiarazioni. Efficace, sul punto, è l’obiezione dell’avvocatura civica per la quale si è voluto evitare che l’auto-dichiarazione di impegno all’esecuzione contemporanea di più cantieri fosse comprovata da un’altra auto-dichiarazione.
    Per contro, il l.u.l. è un documento obbligatorio, il cui contenuto è fissato per legge e quindi uguale per tutti gli operatori economici obbligati alla sua tenuta, secondo quanto prescritto 39 (Adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro) del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (“Il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative.
    Nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni annotazione relativa a dazioni in danaro o in natura corrisposte o gestite dal datore di lavoro, compresi le somme a titolo di rimborso spese, le trattenute a qualsiasi titolo effettuate, le detrazioni fiscali, i dati relativi agli assegni per il nucleo familiare, le prestazioni ricevute da enti e istituti previdenziali. Le somme erogate a titolo di premio o per prestazioni di lavoro straordinario devono essere indicate specificatamente. Il libro unico del lavoro deve altresì contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l’indicazione delle ore di straordinario, delle eventuali assenze dal lavoro, anche non retribuite, delle ferie e dei riposi. Nella ipotesi in cui al lavoratore venga corrisposta una retribuzione fissa o a giornata intera o a periodi superiori è annotata solo la giornata di presenza al lavoro.”).
    Va perciò confermata la statuizione della sentenza secondo cui il l.u.l. non è surrogabile con il contenuto del modulo B.7; né, occorre aggiungere, con altre auto-dichiarazioni del concorrente, sicché nemmeno è condivisibile l’assunto dell’appellante che la stazione appaltante avrebbe potuto – ed anzi dovuto – chiedere chiarimenti.
    Le considerazioni che precedono sono sufficienti ad esonerare il collegio dalla verifica in concreto della idoneità delle informazioni contenute nel modulo B7 e/o della loro coincidenza con quelle risultanti dal libro unico del lavoro depositato in atti dall’appellante, dato che nella presente vicenda non solo un’altra parte dell’offerta, ma nemmeno la dichiarazione sostitutiva, era idonea perché non era quanto richiesto dalla legge di gara.
    4.3. Dal momento che la quaestio iuris non attiene all’ambiguità dell’offerta, né a carenze documentali concernenti i requisiti di partecipazione delle imprese in r.t.i. sono infondate le censure dell’appellante concernenti sia la richiesta di chiarimenti che l’attivazione del soccorso istruttorio.
    Va escluso, come detto, che la legge di gara lasciasse spazio alcuno per la richiesta di chiarimenti. Questi servono ad interpretare la volontà dell’offerente od a superare fraintendimenti o imprecisioni che riguardano elementi dell’offerta, mentre l’onere documentale in contestazione aveva tutt’altro contenuto e diversa finalità.
    Unica soluzione praticabile per l’attribuzione del punteggio sarebbe stata quella di consentire al concorrente di produrre tardivamente il libro unico del lavoro delle imprese componenti il raggruppamento, di cui era stata omessa l’allegazione all’offerta tecnica.
    Si sarebbe venuto con ciò a determinare un aggravio dell’operato della commissione di gara, non nella fase delle verifiche amministrative (cui è riferito il disposto dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016), bensì nella fase di valutazione delle offerte tecniche e di attribuzione del relativo punteggio, con inevitabili e palesi ripercussioni sulla efficacia, tempestività e correttezza della procedura di gara (arg. ex art. 30, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016), nonché sulla certezza e parità di trattamento nel compimento delle operazioni della commissione giudicatrice, che la stazione appaltante aveva inteso salvaguardare dettando la contestata disposizione della legge di gara (come bene evidenziato dal T.a.r. nella motivazione sopra riportata).
    4.3.1. I precedenti giurisprudenziali richiamati dall’appellante, sia nell’atto di appello che negli scritti successivi, non sono pertinenti, dal momento che attengono:
    – o alla richiesta di chiarimenti per superare le ambiguità dell’offerta (Cons. Stato, n.680/2020) ovvero a situazioni in cui i dati mancanti riguardano l’offerta in sé considerata, sì da poter essere completati con altre parti della stessa offerta o con i documenti prodotti a comprova delle dichiarazioni effettuate (Cons. di Stato, n. 3539/2021);
    – o al soccorso istruttorio, anche in relazione ad elementi dell’offerta, ma qualora le carenze documentali nelle quali sia incorso l’operatore economico non costituiscono imprecisioni dell’offerta o difformità di essa rispetto alle prescrizioni del capitolato prestazionale, quanto, piuttosto, inesattezze documentali frutto di meri errori materiali (id est, insiti all’offerta stessa e resi manifesti dal suo medesimo contenuto) o di imprecisioni imputabili alla formulazione degli atti di gara (Cons. Stato, n. 2146/2020) ovvero danno luogo a situazioni di irregolarità non essenziale (come nel caso della certificazione scaduta di cui a Cons. Stato, n. 5850/2021);
    – o, infine, a mezzi di prova richiesti per la verifica funzionale dell’offerta, ma la cui presentazione non era imposta dalla legge di gara unitamente a quella dell’offerta medesima, bensì successivamente per attestare la conformità ai CAM dei prodotti offerti (Cons. Stato, n. 3166/2021).
    Vale sottolineare che la condotta della stazione appaltante nel caso oggetto del presente giudizio non è in sé contraria al principio del favor partecipationis, perché il mancato rispetto dell’onere documentale in contestazione, a differenza dei casi giurisprudenziali citati, non comportava l’esclusione del concorrente, ma soltanto la mancata attribuzione del punteggio corrispondente ad uno dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica, laddove il suo rispetto era assolutamente esigibile ed agevole per il concorrente, trattandosi di documento nella sua certa disponibilità.
    4.3.2. Alla luce di quanto già precedentemente evidenziato, non vengono qui in rilievo carenze documentali dovute a imprecisioni imputabili alla formulazione degli atti di gara, o frutto di meri errori materiali nella compilazione dell’offerta, bensì l’omessa produzione dell’unico documento chiaramente richiesto per l’attribuzione di uno dei punteggi relativi all’offerta tecnica.
    In proposito, è pertinente la giurisprudenza sul principio di auto-responsabilità, per il quale ciascuno sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione, anche perché, in presenza dell’inosservanza di oneri documentali imposti chiaramente a tutti i concorrenti, l’invito all’integrazione nei confronti di uno soltanto costituirebbe una palese violazione della par condicio (cfr. Cons. Stato, III, 22 maggio 2019, n. 3331, richiamata dalla difesa comunale).
    4.3.3. L’interpretazione di cui sopra è in linea con l’art. 56 della direttiva 2014/24/UE, in specie col comma 3 (Se le informazioni o la documentazione che gli operatori economici devono presentare sono o sembrano essere incomplete o non corrette, o se mancano documenti specifici, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere, salvo disposizione contraria del diritto nazionale che attua la presente direttiva, agli operatori economici interessati di presentare, integrare, chiarire o completare le informazioni o la documentazione in questione entro un termine adeguato, a condizione che tale richiesta sia effettuata nella piena osservanza dei principi di parità di trattamento e trasparenza). Nel caso in esame la richiesta di integrazione documentale avrebbe violato il principio della parità di trattamento, in quanto avrebbe consentito di sopperire ad un comportamento negligente del concorrente, nonostante la chiara formulazione della lex specialis.
    Conforme è la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in tema di chiarimenti che possano essere richiesti dalle stazioni appaltanti, trattando i candidati “in maniera uguale e leale” e comunque mai per ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, poiché l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad osservare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati (cfr. C.G.U.E. 10 maggio 2017, in C-131/16, nonché a contrario, C.G.U.E., 2 giugno 2016, in causa C-27/15).

    Lavori – Qualificazione – Possesso CEL al momento della partecipazione alla gara – Necessità – Non è sufficiente l’avvenuta esecuzione (art. 83 , art. 84 , art. 86 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 15.12.2020 n. 8025

    8. La sentenza appellata ha correttamente ritenuto la legittimità del provvedimento di esclusione dalla procedura, motivato sull’insussistenza del requisito tecnico-organizzativo di cui all’art. 90 del d.P.R. 207/2010, per complessiva insufficienza dei lavori presentati, a comprova del requisito prescritto, in quanto inferiori ad € 150.000,00.
    8.1. La Stazione appaltante ha, infatti, a ragione valutato che l’impresa concorrente dovesse essere in possesso, già al momento della partecipazione, del certificato di esecuzione lavori comprovante i requisiti dichiarati in fase di ammissione e che tali certificati dovessero avere una data antecedente alla pubblicazione del bando: con ciò non è incorsa in alcuna confusione tra la qualificazione e il relativo mezzo di prova.
    8.2. Come affermato da questo Consiglio di Stato, “non vi è dubbio che altro è l’esecuzione dei lavori e altro è ancora la documentazione dei lavori eseguiti: tuttavia, la lettura sistematica delle disposizioni normative sul Certificato di esecuzione lavori induce a ritenere che solamente l’impresa che sia in possesso, al momento della presentazione della domanda, del CEL può dichiarare il possesso del requisito, poiché solo quell’impresa è in grado di comprovarlo. In ultimo, allora il requisito dell’esecuzione dei lavori coincide con quello del possesso del Certificato di esecuzione dei lavori” (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 28 dicembre 2017, n. 6135).
    8.3. Non può, pertanto, condividersi la tesi dell’appellante secondo la quale era sufficiente l’esecuzione, nel quinquennio di riferimento, dei lavori appartenenti alla categoria richiesta dal bando, senza alcuna garanzia circa il buon esito degli stessi, potendo la concorrente produrre tale attestazione anche in un momento successivo alla partecipazione.
    8.4. Come bene rilevato dal primo giudice, il principale tra gli argomenti posti a fondamento del ricorso, ovvero che andrebbero distinte la effettiva qualificazione (derivante dallo svolgimento dei lavori) dalla certificazione degli stessi (che costituirebbe solo un mezzo di prova della precedente), si rivela artificiosamente volto a scindere due elementi che, nell’economia della gara, devono coesistere e devono essere posseduti alla data di presentazione della domanda.
    8.5. La certificazione dei lavori regolarmente eseguiti è, difatti, elemento essenziale, in quanto attiene alla tutela della necessità che il requisito esperienziale sia certo e validato da parte dell’Autorità munita del potere di verificarne il presupposto e, quindi, deve sussistere al momento della presentazione della domanda: altrimenti, l’ammissione della concorrente perderebbe qualunque predicato di stabilita e certezza, risultando condizionato non già soltanto alla mera prova di quanto dichiarato, ma della stessa regolare esecuzione dei lavori che attiene alla dimensione sostanziale della qualificazione della concorrente; dal che la violazione della par condicio tra tutte le concorrenti e della speditezza del procedimento di gara.
    Tali principi devono infatti essere garantiti mediante il rispetto di un termine certo entro il quale il partecipante deve possedere i requisiti di qualificazione (che, dichiarati dal concorrente nella domanda di partecipazione, devono essere mantenuti per tutta la gara, sino all’esecuzione dell’affidamento) e le relative complete attestazioni: termine che non può che coincidere con quello della scadenza per la presentazione delle offerte.
    Pertanto, già in data anteriore alla scadenza del termine di presentazione della domanda, ciascun concorrente doveva disporre dell’attestazione con la prova del buon esito delle lavorazioni pregresse: in caso contrario, come qui avvenuto, l’impresa non risultava né qualificata nel requisito previsto dal bando né in possesso del relativo mezzo di prova.
    La riserva di prova cui accenna l’appellante va riferita, pertanto, esclusivamente all’attività di controllo che la Stazione appaltante svolge sui requisiti dichiarati dai concorrenti al momento della presentazione della domanda, senza con ciò implicare la possibilità per il concorrente di qualificarsi sino al compimento di tale attività e, dunque, anche in data successiva alla presentazione della domanda.
    8.5. La tesi sostenuta dall’appellante contrasta con le disposizioni normative in tema di certificato di esecuzione lavori ed è smentita dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (puntualmente richiamata dalla sentenza appellata: cfr. Cons. di Stato, V, 28 dicembre 2017, n. 6135), i cui principi, che il Collegio condivide e al quale intende dare continuità, sono stati correttamente applicati dal Tribunale amministrativo alla fattispecie oggetto di giudizio.
    8.6. Come rammentato in quest’ultima decisione, l’art. 86, comma 5-bis, D.Lgs. 50/2016 stabilisce che: “l’esecuzione dei lavori è documentata dal certificato di esecuzione dei lavori redatto secondo lo schema predisposto dall’ANAC con le linee guida di cui all’articolo 83, comma 2”.
    L’art. 84, comma 4, del medesimo D.Lgs. 50/2016 prevede espressamente che “tra i requisiti tecnico-organizzativi rientrano i certificati rilasciati alle imprese esecutrici dei lavori pubblici da parte delle stazioni appaltanti”.
    L’art. 79, comma 6, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 – tuttora applicabile in virtù di quanto previsto dagli artt. 83, co. 2 ult. periodo e 216, co. 14, D.Lgs. 50/2016 – stabilisce che: “l’esecuzione dei lavori è documentata dai certificati di esecuzione dei lavori previsti dagli articoli 83, comma 4 e 84, indicati dall’impresa e acquisiti dalla SOA ai sensi dell’articolo 40, comma 3, lettera b), del codice, nonché secondo quanto previsto dall’articolo 86”.
    Il CEL è previsto, poi, dall’art. 83, comma 4, d.P.R. cit. tra i documenti che consentono di provare la sussistenza dei requisiti tecnico – organizzativi ovvero economico – finanziari necessari per l’emissione delle attestazioni SOA.
    Il comma 2 del medesimo articolo precisa inoltre che, ai fini del rilascio delle attestazioni richieste, “I lavori da valutare sono quelli eseguiti regolarmente e con buon esito…”.
    Il comma 4 specifica, poi, che “I certificati di esecuzione lavori sono redatti in conformità allo schema di cui all’allegato B e contengono la espressa dichiarazione dei committenti che i lavori eseguiti sono stati realizzati regolarmente e con buon esito”.
    Alla luce delle disposizioni su riportate nonché di quanto previsto dal già richiamato art. 90 del d.P.R. 207/2010, deve dunque evidenziarsi che sia il dato normativo sia la lex specialis di gara, utilizzando le locuzioni “importo dei lavori analoghi eseguiti direttamente” e “aver eseguito direttamente, […], lavori analoghi”, si riferiscono ad una corretta e “certificata” esecuzione dei lavori appaltati.
    8.7. Il documento attraverso il quale il committente accerta e dimostra la regolare esecuzione dei lavori e, nel complesso, il buon esito dell’appalto, e, dunque, l’affidabilità e la professionalità dell’appaltatore, è il certificato di esecuzione dei lavori, che, nel caso di lavorazioni in OG 2 “restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela”, deve essere altresì munito, ai sensi dell’art. 12 del Decreto MiBACT del 22 agosto 2017 n. 154, del visto della Autorità preposta alla tutela del vincolo territorialmente competente. Sotto questo profilo, come ha evidenziato il giudice di prime cure, si tratta di una prescrizione non irragionevole, né meramente formale, in quanto concorre a rendere certa la regolare esecuzione dei lavori anche con riguardo all’Autorità preposta al vincolo di tutela.
    8.8. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’operatore economico acquista il possesso del requisito di qualificazione tecnico-organizzativo solo a seguito dell’accertamento della regolare esecuzione dei lavori e del buon esito dell’appalto tramite l’emissione del certificato di esecuzione dei lavori. In detto certificato si dà, infatti, atto dell’avvenuta esecuzione in maniera regolare e con buon esito dei lavori, nonché del risultato delle contestazioni reciprocamente mosse dalle parti contrattuali in seguito all’esecuzione dei lavori.
    Del resto, come evidenziato dalla difesa dell’-OMISSIS-, anche la Delibera ANAC n. 681 del 17 luglio 2019 afferma claris verbis che per gli appalti di lavoro pari o inferiore a 150.000,00 €, in assenza di qualificazione SOA, la partecipazione alle gare è subordinata al possesso dei requisiti previsti dall’art. 90 del d.P.R. n. 207/2010 e che il requisito dell’esecuzione diretta dei lavori analoghi nel quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando “può ritenersi integrato non dalla mera esecuzione dei lavori nel periodo di riferimento, ma dalla esecuzione regolare e con buon esito dei lavori, così come certificata dalla stazione appaltante”.
    8.9. Insomma, contrariamente a quanto sostiene parte appellante, il certificato di regolare esecuzione non ha valenza meramente probatoria, ma valore costitutivo del requisito di partecipazione e pertanto deve essere conseguito dal concorrente prima della scadenza del termine per la presentazione della domanda: invero, l’emissione del certificato di esecuzione dei lavori contribuisce in modo determinante ad integrare, anche dal punto di vista strettamente sostanziale, il possesso del requisito di qualificazione, poiché solo a seguito dell’accertamento da parte della committenza della regolare esecuzione dei lavori e del buon esito dell’appalto, esso può ritenersi definitivamente costituito.
    In applicazione dei su riportati principi giurisprudenziali, la sentenza appellata, meritando piena conferma, ha dunque accolto il ricorso e annullato l’aggiudicazione sul rilievo per cui l’impresa ricorrente, alla data di presentazione della domanda, aveva contabilizzato i lavori, ma non ancora ottenuto il Certificato di esecuzione dei lavori, sicché non era in possesso del requisito richiesto dal bando, ai fini dell’ammissione alla procedura: risulta, infatti, per quanto finora detto, priva di base la distinzione, prospettata da parte appellante, tra effettuazione dei lavori e certificazioni, in quanto la comprova dei requisiti deve avvenire in relazione al possesso di quanto dichiarato ai fini dell’ammissione alla gara”.

    Bilanci o estratti – Mezzi di prova – Pubblicazione necessaria (art. 86 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Lecce, 16.03.2020 n. 329

    Le norme statali specificamente richiamate dalla “lex specialis” di gara, a loro volta, dispongono:
    – l’art. 86 (“Mezzi di prova”), comma 4 del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 che:
    “4. Di norma, la prova della capacità economica e finanziaria dell’operatore economico può essere fornita mediante uno o più mezzi di prova indicati nell’allegato XVII, parte I. L’operatore economico, che per fondati motivi non è in grado di presentare le referenze chieste dall’amministrazione aggiudicatrice, può provare la propria capacità economica e finanziaria mediante un qualsiasi altro documento considerato idoneo dalla stazione appaltante”;
    – l’Allegato XVII (“Mezzi di prova dei criteri di selezione”) – “Parte I: Capacità economica e finanziaria”, per quanto di riferimento, che:
    “Di regola, la capacità economica e finanziaria dell’operatore economico può essere provata mediante una o più delle seguenti referenze:
    …. b) presentazione dei bilanci o di estratti di bilancio, qualora la pubblicazione del bilancio sia obbligatoria in base alla legislazione del paese di stabilimento dell’operatore economico”.
    4.3.2 – Il combinato disposto degli artt. 86 e dell’Allegato XVII del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (richiamati nel Disciplinare di gara) prevede, quindi, la presentazione del bilancio di esercizio quale mezzo di prova dei richiesti requisiti economico-finanziari nelle ipotesi in cui l’ordinamento nazionale stabilisca l’obbligatorietà della pubblicazione del bilancio di esercizio.
    La “ratio legis” delle suddette previsioni normative va rinvenuta nell’oggettivo rilievo che solo con l’avvenuta pubblicazione il bilancio di esercizio perde il valore di atto societario meramente interno per divenire idoneo a provare (all’esterno) la situazione economico-finanziaria della società (in quanto cristallizzata, almeno tendenzialmente, al momento della pubblicazione medesima), con il correlato (e derivato) effetto di affidamento/conoscibilità/verificabilità da parte dei terzi, ivi incluse le Amministrazioni aggiudicatrici (ai fini della certa e consapevole valutazione della solidità economico-finanziaria dei partecipanti alla procedura selettiva) e gli altri operatori economici concorrenti (“par condicio”).
    (…) Vale la pena precisare, per mera completezza espositiva (…), che il bilancio di esercizio è documento del tutto differente rispetto al bilancio sociale di cui all’art. 9, comma 2 del Decreto Legislativo 3 luglio 2017, n. 112 (“Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera c) della legge 6 giugno 2016, n. 106”), e che solo rispetto al bilancio sociale sussiste la facoltatività del deposito presso la C.C.I.A.A., secondo le indicazioni delle Linee Guida di cui al citato art. 9, comma 2 (poi emanate con D.M. 4 luglio 2019).

    1) Grave infrazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro – Accertamento – Mezzi di prova; 2) Gravi illeciti professionali – Omessa dichiarazione – Non sussiste quando la Stazione Appaltante ha avuto comunque conoscenza della pregressa vicenda professionale (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 28.10.2019 n. 7387

    1. E’ consentita l’esclusione dell’operatore dalla procedura di gara qualora la presenza di una grave infrazione sia stata “debitamente accertata”; per espressa previsione normativa, l’accertamento può avvenire “con qualunque mezzo adeguato”.
    Per disporre l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara la stazione appaltante è onerata, dunque, di accertare, con ogni mezzo di prova a sua disposizione, non solo che la violazione sia accaduta, ma, specialmente, che di essa ne abbia responsabilità il concorrente.
    La giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni affrontato la questione dei mezzi di prova dai quali la stazione appaltante può trarre convincimento nel senso della responsabilità dell’operatore economico della grave infrazione verificatasi ritenendo valido mezzo di prova una sentenza penale non ancora passata in giudicato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 agosto 2012, n. 4519 per una vicenda disciplinata dal vecchio codice dei contratti pubblici), come pure il “verbale ispettivo dell’Ispettorato del lavoro” (cfr. Cons. giust. amm. Reg. Sicilia 13 giugno 2019, n. 547; 1 febbraio 2018, n. 52; Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2018, n. 3876).
    Dall’esame della giurisprudenza amministrativa che si è occupata dalla questione si trae il principio per cui può essere considerato “mezzo adeguato” all’accertamento della “grave infrazione” delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a) del codice dei contratti pubblici, ogni documento, anche se proveniente dall’autorità amministrativa (e non solo dall’autorità giudiziaria), che consenta un giudizio sulla responsabilità dell’impresa nella causazione dell’evento alla luce della qualificata ricostruzione dei fatti ivi contenuta. (…)
    Nell’odierno giudizio non è posta tanto la questione dell’idoneità dei documenti citati ad essere considerati “adeguati mezzi di prova” – che la stessa stazione appaltante sembra riconoscere in linea teorica – quanto, piuttosto, quella della possibilità, alla luce del loro contenuto, di esprimere un giudizio di responsabilità dell’operatore economico per la “grave infrazione” contestata. (…)
    Ad ogni buon conto, la decisione della stazione appaltante trova ora conforto nella sentenza conclusiva del giudizio penale, ove è esclusa la responsabilità del datore di lavoro, dando espressamente atto dell’adeguata formazione svolta dalla società a favore del dipendente sui rischi relativi alla mansione, come pure dell’uso dei dispositivi di protezione individuale (…).

    2. Passando alla seconda contestazione, ritiene il Collegio che non sia neppure possibile affermare che l’operatore economico abbia presentato “documentazioni o dichiarazioni non veritiere” così che fosse dovuta la sua esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del codice dei contratti pubblici.
    Al riguardo, occorre preliminarmente precisare che questa Sezione, con la sentenza 12 aprile 2019, n. 2407 (seguita dalla sentenza 22 luglio 2019, n. 5171) ha stabilito che “la dichiarazione resa dall’operatore economico nella domanda di partecipazione circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare “gravi illeciti professionali” può essere omessa, reticente o completamente falsa. V’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come “grave illecito professionale”; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero”, ulteriormente aggiungendo che: “solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso”. (…)
    Senonchè, va esclusa anche la condotta omissiva perché, come riferito dalla stessa ricorrente, dell’episodio v’era menzione nel Patto etico in cui espressamente si riferisce della pendenza del procedimento penale a carico dei legali rappresentati della società e della stessa per responsabilità amministrativa ex d.lgs. n. 231 del 2001, con precisa indicazione dei reati contestati in sede di chiusura delle indagini preliminari.
    La circostanza che tale episodio non sia richiamato nell’autodichiarazione allegata alla domanda di partecipazione è irrilevante; può darsi che la società non l’abbia reputato idoneo ad integrare un “grave illecito professionale” o che vi sia altra ragione, pure di convenienza, quel che è decisivo, ai fini del presente giudizio, è che la stazione appaltante ha avuto conoscenza della pregressa vicenda professionale, peraltro dalla stessa società interessata, e che sia stata, così posta nelle condizioni di farne oggetto di apprezzamento in ordine all’affidabilità e all’integrità dell’operatore economico (cfr. punto 4.2. della citata sentenza n. 2407 del 2019).

    Requisiti speciali – Mezzi di prova diversi da quelli previsti dal Codice – Nullità (art. 83 , Allegato XVII d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Lecce, 09.10.2019 n. 1538

    In conformità al principio di tassatività delle cause di esclusione ex art. 83, comma 8 del D. Lgs. n. 50/2016, le Stazioni Appaltanti non possono richiedere mezzi di prova diversi da quelli di cui all’articolo ed Allegato XVII (…). Quest’ultimo, alla lettera a), punto ii), prescrive che la dimostrazione in questione possa essere fornita mediante “un elenco delle principali forniture o dei principali servizi effettuati negli ultimi tre anni, con indicazione dei rispettivi importi, date e destinatari, pubblici o privati”. Le attestazioni fornite dall’ATI – omissis – contengono tutti i suddetti elementi, con soddisfazione, quindi, della dimostrazione del requisito richiesto e che, si ripete, ai sensi del principio di tassatività delle cause di esclusione, non poteva essere che quello di cui alle norme citate. (…)
    Non vi è dubbio circa il fatto che i certificati rilasciati da altre stazioni appaltanti (…) non [possono] essere comprensivi di un giudizio circa la qualità del servizio svolto (…) in quanto ciò realizzerebbe un’ipotesi di nullità della prescrizione del Disciplinare per violazione del principio di tassatività delle ipotesi di esclusione dalle gare pubbliche.

    Fatturato specifico – Natura – Finalità – Mezzi di prova – Verifica del requisito (art. 32 , art. 83 , art. 86 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 10.12.2018 n. 6943

    La giurisprudenza amministrativa riguardante il possesso del requisito del “fatturato minimo nel settore di attività oggetto dell’appalto” così attualmente codificato dall’art. 83, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 50 del 2016 ha precisato che “quando il bando prevede l’ammissione esclusivamente delle imprese che hanno prodotto negli anni precedenti un determinato fatturato non globale, ma specificamente attinente a rapporti identici o analoghi a quello da instaurare in esito al procedimento (…) la stazione appaltante non richiede un requisito di natura finanziaria (per la quale si provvede, ad esempio, con il richiamo al fatturato globale), ma un requisito di natura tecnica (consistente nel possesso di precedenti esperienze che consentono di fare affidamento sulla capacità dell’imprenditore di svolgere la prestazione richiesta (…)” (così, tra le altre, Consiglio di Stato, sez. V, 23.02.2015 n. 864), evidentemente finalizzato a garantire che la selezione venga svolta tra concorrenti che diano prova di adeguata affidabilità nell’espletamento di un determinato servizio, per aver avuto precedenti esperienze nel settore di attività oggetto di gara o in settori analoghi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 06.04.2017 n. 1608; nonché già sez. V, 28.07.2015 n. 3717 e 25.06.2014 n. 3220); con la precisazione che, pur rilevando l’identità del settore imprenditoriale o professionale, il confronto va fatto in concreto tenendo conto del contenuto intrinseco delle prestazioni (Consiglio di Stato, V, 12.05.2017 n. 2227).
    Coerentemente con la finalità appena detta, lo stesso art. 83, al comma 7 prevede che la dimostrazione del requisito sia fornita utilizzando i mezzi di prova di cui all’art. 86, commi 4 e 5, vale a dire – per quanto qui rileva – mediante uno o più mezzi di prova indicati nell’allegato XVII, parte I, del Codice. (…)
    Nondimeno, tenuto conto delle regole della procedura ad evidenza pubblica seguita per la selezione del concessionario, non si può ritenere che la pubblica amministrazione che l’ha indetta possa, o addirittura debba svolgere in corso di gara (in fase di ammissione o in fase di verifica del possesso dei requisiti ai sensi dell’art. 32, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016) un’istruttoria volta ad appurare le attività in concreto esercitate, andando oltre le dichiarazioni rese dalla stessa concorrente ed oltre la produzione documentale posta a disposizione del seggio di gara e del RUP.

    Aggiornamento Linee Guida n. 6 sui mezzi di prova: parere CDS

    Il Consiglio di Stato, parere 13.11.2018 n. 2616, si è espresso sull’aggiornamento alle Linee Guida ANAC n. 6 recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice».
    Il documento di aggiornamento reca talune modificazioni alle vigenti linee guida approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016 e già una prima volta aggiornate, alla luce del decreto legislativo correttivo e integrativo del codice dei contratti pubblici n. 56 del 19 aprile 2017, con successiva deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017 (sulle quali delibere il Consiglio di Stato si è espresso con pareri, rispettivamente, n. 02286/16 del 3 novembre 2016 e n. 01503/17 del 25 settembre 2017, resi da apposite Commissioni speciali).

    1) Servizi di progettazione – Mancata esecuzione dei lavori progettati per privati – Mancata approvazione dei lavori progettati per l’Amministrazione – Idoneità ai fini della dimostrazione sul possesso dei requisiti – Mancata riproduzione nel Codice della previgente disciplina del Regolamento – Riferimento alle Linee Guida ANAC n. 1 – Non sono vincolanti; 2) Studio professionale – Mancata iscrizione nel casellario ANAC delle società di ingegneria e professionali – Non comporta esclusione (art. 24 , art. 46 , art. 86 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Pescara, 05.09.2018 n. 259

    Relativamente all’affidamento di servizi di progettazione (art. 24 e art. 46 ad.lgs. n. 50/2016) quanto alla mancata esecuzione dei lavori progettati per privati e alla mancata approvazione di quelli progettati per l’Amministrazione, il Collegio ha rilevato quanto segue.
    Innanzitutto, si rileva che quanto disposto dall’articolo 263 comma 2 del dpr n. 207 del 2010 non è stato recepito nella nuova disciplina in materia di appalti pubblici (cfr. ora l’art. 86 comma 5 d.lgs. n. 50 del 2016 in relazione ai mezzi di prova di cui all’allegato XVII parte II).
    L’articolo 263 cit. è stato immediatamente abrogato dall’art. 217 del d.lgs. n. 50 del 2016, e del resto le Linee Guida n. 1 (non vincolanti) adottate in materia dall’ANAC non hanno affrontato la questione (cfr. Consiglio di Stato parere 1767 del 2016: “Non è stata invece affrontata la questione concernente i limiti entro i quali è possibile utilizzare a comprova del possesso di tali requisiti i servizi di progettazione svolti in favore dei committenti privati; profilo in precedenza disciplinato dall’art. 263, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, la cui ambigua formulazione ha dato luogo ad un contrasto di giurisprudenza in seno al Consiglio di Stato – Cons. Stato, V, 10 febbraio 2015, n. 692 e 25 maggio 2015, n. 2567 ”)
    Né tali disposizioni possono essere ritenute espressione di principi generali e quindi ultrattive, atteso che è appena il caso di rilevare che la previsione dell’approvazione per la progettazione per committenti pubblici e l’esecuzione dei lavori progettati nel caso di committenti privati rispondeva a una mera logica di certezza della prova dell’avvenuta attività di progettazione e non alla necessità della verifica della sua idoneità a conseguire l’aggiudicazione (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 4629 del 2016; Tar Trieste sentenza n. 64 del 2017).
    Ne consegue che, nel caso di progettazioni per conto di privati che però non restano in ambito privato in quanto funzionali all’ammissione a una gara pubblica, il requisito della prova dell’avvenuta progettazione deve essere rinvenuto nell’ammissione alla gara del committente privato, che postula appunto una valutazione di idoneità della medesima progettazione in relazione all’oggetto della gara; valutazione che è appunto verificabile al pari di qualsiasi approvazione poiché resta agli atti di gara.
    Del resto, come noto, durante la vigenza dell’articolo 263 comma 2 cit., v’erano due orientamenti che sostanzialmente non concordavano in ordine all’oggetto della prova da fornire in caso di progettazioni eseguite per conto di privati: se dovesse essere la progettazione stessa o se invece dovessero essere i lavori progettati (su tali distinti orientamenti cfr. Consiglio di Stato sentenza n. 2567 del 2015).
    Orbene, il Collegio in ogni caso condivide la tesi secondo cui la ratio di tale norma fosse appunto l’esigenza di provare solo l’avvenuta progettazione, atteso che l’idoneità di tale progettazione a fungere da requisito di partecipazione nel caso di committenti privati non si dimostra necessariamente con l’esecuzione dei lavori stessi.
    Ciò sia perché l’articolo 263 succitato, richiedendo la possibilità di una prova attraverso fatture e contratti, si è necessariamente dovuto riferire a documenti nella disponibilità dei progettisti (e non quindi degli esecutori dei lavori) sia perché, come già evidenziato, non necessariamente l’idoneità della progettazione è dimostrata dalla effettiva esecuzione dei lavori.
    Il rinvio al punto 2.2.2.3. (ora 2.2.2.4.) delle Linee Guida n. 1, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50 “Indirizzi generali sull’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria”, operato dalla ricorrente, non è poi pertinente.
    A parte la circostanza che le linee guida in questione hanno carattere non vincolante e quindi hanno funzione di mero indirizzo, analogamente alle circolari nell’ambito del potere di direzione; ed è quindi possibile per le stazioni appaltanti discostarsene, specie in casi in cui la scelta dell’Amministrazione appaia più conforme ai principi generali e più ragionevole (cfr. Consiglio di Stato parere 1767 del 2016), come sarebbe nel caso di specie alla luce della suesposta opzione ermeneutica preferita da questo Tribunale.
    In ogni caso, quanto richiamato dalla ricorrente e contenuto nelle linee guida si riferisce solo all’approvazione di varianti al progetto originariamente appaltato, e si suppone che con riferimento alle varianti la previsione della previa approvazione possa avere lo scopo di accertarne in modo oggettivo il contenuto e il relativo importo, trattandosi di una modifica a quanto posto a oggetto della gara originaria (mentre, coerentemente con l’opzione interpretativa qui seguita, nello stesso alinea si evidenzia che hanno rilievo ai fini della qualificazione anche l’esecuzione di prestazioni accessorie alla progettazione “purché l’esecuzione della prestazione, in mancanza della firma di elaborati progettuali, sia documentata mediante la produzione del contratto di conferimento dell’incarico e delle relative fatture di pagamento”).

    2. Con riferimento alla censura secondo cui lo Studio avrebbe dovuto essere escluso perché non sarebbe presente nel casellario ANAC delle società di ingegneria e professionali, come previsto dall’art.6, D.M. n.263 del 2.12.2016, si rileva che, come evidenziato anche nello stesso sito dell’ANAC (pagina delle FAQ relative a tale servizio), la mancata iscrizione rileva solo come inadempimento a un obbligo di comunicazione e non ha alcun effetto costitutivo della legittimazione a partecipare alle gare.

    Avvalimento del fatturato mediante impresa estera – Mezzi di prova alternativi (art. 89 d.lgs. n. 50/2016)

    TAR Roma, 27.11.2017 n. 11746

    Il contratto di avvalimento non può valere per integrare il requisito di capacità tecnica del fatturato nel caso in cui l’Impresa ausiliaria ha la sede legale in un Paese non aderente all’Accordo sugli Appalti Pubblici né ad altri accordi internazionali che assicurino condizioni di reciprocità concorrenziale agli operatori economici dell’Unione Europea nel settore degli appalti in India (cfr. art. 49 del d.lgs. n. 50 del 2016 e, in ultimo, TAR Emilia-Romagna, n. 126 del 2017).
    Occorre rilevare inoltre che, allorquando si tratti di Società di nuova costituzione, la stessa ben può comprovare la propria capacità tecnica tramite documentazione alternativa, soggetta alla valutazione di idoneità della stazione appaltante, ex art.86 e all. XVII del d.lgs. n. 50 del 2016, non già tuttavia pretendere di modificare i relativi requisiti fissati dal Bando di gara (cfr., tra le altre, CGA, n.1290 del 2010, TAR Piemonte, n. 793 del 2017).

    Linee Guida ANAC n. 6 (aggiornate): “Mezzi di prova e carenze nell’esecuzione”

    Determinazione n. 1008 del 11.10.2018 

    Relazione illustrativa 

    Linee guida n. 6, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016,  n. 50 recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze  nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi  significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui  all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice».

    Approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016.

    Aggiornate al d.lgs. 56 del 19/4/2017 con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017.

    Le Linee guida entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica Italiana.

    Linee Guida ANAC n. 6 (pre vigenti) 

    Parere CDS: Linee Guida ANAC n. 6 sui mezzi di prova (in aggiornamento)

    Il Consiglio di Stato ha reso il parere sulle Linee guida Anac sull’ indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici.

    Consiglio di Stato, comm. spec., 25.09.2017 n. 2042

    Attestazione di buon esito: è necessaria se i servizi sono stati svolti nei confronti della stessa Stazione Appaltante?

    L’attestazione del “buon esito” dei servizi svolti non è necessaria allorquando questi sono stati prestati nei confronti della stessa Stazione Appaltante (Comune) che ha bandito la gara.
    Ed infatti, ai sensi dell’art. 18, comma 2, della legge n. 241 del 1990, le Amministrazioni che bandiscono una gara pubblica devono acquisire d’ufficio i documenti necessari all’istruttoria già in loro possesso, in coerenza con le esigenze di semplificazione amministrativa ed in ossequio al divieto di aggravamento del procedimento (Cons. Stato, V, 28 dicembre 2011, n. 6947; IV, 16 luglio 2007, n. 4011). Né può fondatamente sostenersi che l’esigenza del rispetto della par condicio che informa il procedimento di gara sia incompatibile con l’applicazione del menzionato art. 18 (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. V, 27.07.2017 n. 3698).

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