Consiglio di Stato, sez. III, 20.03.2023 n. 2795
3.4. Osserva al riguardo preliminarmente la Sezione che, nell’ottica del perseguimento di obiettivi per uno sviluppo sostenibile, il legislatore ha introdotto principi immanenti al sistema delle procedure di evidenza pubblica, che ogni stazione appaltante ha l’obbligo di rispettare (Consiglio di Stato, Sezione III, n. 8773/2022).
L’articolo 34 del decreto legislativo 28 aprile 2016, n. 50, stabilisce quanto segue:
“1. Le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e conformemente, in riferimento all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto nell’articolo 144.
2. I criteri ambientali minimi definiti dal decreto di cui al comma 1, in particolare i criteri premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 95, comma 6. Nel caso dei contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi di cui al comma 1, sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
3. L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”.
Le procedure di scelta del contraente sono indette mediante bandi di gara, che, redatti in conformità di quelli tipo adottati da ANAC, devono contenere, ai sensi dell’articolo 71 del codice dei contratti pubblici, “altresì i criteri ambientali minimi di cui all’articolo 34”.
In questa prospettiva, indipendentemente dalla classificazione sub A o B del modello contenuto nel decreto CAM, non residua alcun dubbio che i criteri ambientali minimi debbano ab origine essere contenuti nei bandi di gara, data la natura cogente delle disposizioni che ne impongono l’introduzione.
Non assume rilievo, infatti, la circostanza che il d.m. 7 marzo 2012, nel dettare i criteri ambientali minimi da inserire nei bandi di gara della Pubblica Amministrazione per l’acquisto di servizi energetici per gli edifici, abbia anche introdotto una individuazione differenziata tra criteri applicabili, distinguendo un “caso A”, ricorrente quando “la stazione appaltante pubblica non dispone di dati e informazioni, sugli impianti e gli edifici che utilizzano, sufficienti a stabilirne la conformità alle leggi vigenti ed i livelli di prestazione energetica ed a consentire la valutazione tecnico-economica di interventi di riduzione dei consumi di energia e più in generale degli impatti ambientali” ed un “caso B”, che ricorre quando “la stazione appaltante pubblica dispone già di diagnosi e certificazioni energetiche degli impianti e degli edifici e la procedura d’appalto è finalizzata a stipulare un contratto servizio energia o un contratto servizio energia plus”.
Né, da questo punto di vista, può indurre a conclusioni differenti il rilievo che, nel caso in esame, la gara sia stata bandita sulla base dell’articolo 3, comma 1, lettera ccc), del decreto legislativo n. 50/2016, a mente del quale “rientrano tra gli strumenti di acquisto:
1) le convenzioni quadro di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate, ai sensi della normativa vigente, da CONSIP S.p.A. e dai soggetti aggregatori;
2) gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza quando gli appalti specifici vengono aggiudicati senza riapertura del confronto competitivo;
3) il mercato elettronico realizzato da centrale di committenza nel caso di acquisti effettuati a catalogo”.
[…]
3.5. Il mancato inserimento della relativa documentazione nella documentazione di gara fin dal momento della sua indizione costituisce un obbligo indefettibile per la stazione appaltante, il cui mancato assolvimento determina l’illegittimità del bando e dell’intera procedura.
[…]
La Sezione ha già osservato che la ratio dell’intero impianto normativo risiede nel duplice obiettivo di consentire agli operatori economici di formulare un’offerta consapevole ed adeguata sulla base di tutti gli elementi, compresi i CAM, che la stazione appaltante deve mettere a disposizione, e di garantire, al contempo, che la norma di cui all’articolo 34 del codice dei contratti pubblici e l’istituto da essa disciplinato contribuiscano “a connotare l’evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, come affermato in dottrina, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un ” (Consiglio di Stato, Sezione III, 14 ottobre 2022, n. 8773), atteso che, come rilevato da questo Consiglio con la citata sentenza n. 972/2021, le disposizioni in materia di C.A.M., “lungi dal risolversi in mere norme programmatiche, costituiscono in realtà obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti, come si desume plasticamente dal terzo comma dell’art. 34, il quale sancisce che “L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”” e che “la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde”” (Consiglio di Stato, Sezione V, 5 agosto 2022, n. 6934).