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Rinnovo senza gara e proroga tecnica : limiti all’ autonomia contrattuale delle parti

Consiglio di Stato, sez. V, 12.09.2023 n. 8292

Ai sensi dell’art. 106, comma 11, d.lgs. n. 50 del 2016, “La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante”.
Secondo consolidata giurisprudenza, dalla quale non vi è evidente ragione di discostarsi, nel caso di specie, “in materia di rinnovo o proroga dei contratti pubblici di appalto di servizi non vi è alcuno spazio per l’autonomia contrattuale delle parti in quanto vige il principio inderogabile, fissato dal legislatore per ragioni di interesse pubblico, in forza del quale, salve espresse previsioni dettate dalla legge in conformità della normativa eurounitaria, l’amministrazione, una volta scaduto il contratto, deve, qualora abbia ancora la necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, effettuare una nuova gara pubblica” (Cons. Stato, V, n. 4192 del 2013).
Al riguardo, all’affidamento senza una procedura competitiva deve essere equiparato il caso in cui all’aggiudicazione della gara segua, dopo scadenza dell’appalto, un regime di proroga diretta che non trovi fondamento nel quadro normativo (come finirebbe per essere il caso in esame, a voler seguire le argomentazioni di parte appellante): le proroghe dei contratti affidati con gara, infatti, sono consentite se già previste ab origine e comunque entro termini determinati, mentre una volta che il contratto scada e si proceda ad una proroga non prevista originariamente, o oltre i limiti temporali consentiti (ovvero senza limiti predeterminati ed espliciti), la stessa proroga dovrebbe essere equiparata ad un affidamento senza gara (Consiglio Stato, III, n. 1521 del 2017, secondo cui “La proroga, anzi, come giustamente evidenziato dal primo giudice, costituisce strumento del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali”).
La proroga, nella sua accezione tecnica, ha carattere di temporaneità e di strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale ad un altro; una volta scaduto un contratto, quindi, l’amministrazione, qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazione, deve effettuare una nuova gara (Cons. Stato, V, n. 3391 del 2008): si tratta pertanto di un istituto ammissibile ove ancorato al principio di continuità dell’azione amministrativa (ex art. 97 Cost.) e comunque nei soli limitati ed eccezionali casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’amministrazione) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente (ex multis, Cons. Stato, V, n. 2882 del 2009).
La natura eccezionale dell’istituto (ex multis, Cons. Stato, V, 29 maggio 2019, n. 3588) impedisce di estenderne la portata al di là dell’immediata formulazione testuale dell’art. 106, comma 11 cit., di talché va respinta la tesi, propugnata dall’appellante, secondo cui il differimento dell’efficacia del contratto (ormai scaduto) avrebbe costituito un “ponte” nell’attesa del suo rinnovo: i due istituti sono infatti alternativi (potendo l’amministrazione scegliere, sussistendone i presupposti, tra rinnovo senza gara e proroga nelle more della gara), non già complementari.

Revisione prezzi – Delibere ANAC – Applicabilità automatica – Esclusione – Rivalutazione ISTAT – Cumulo inammissibile (art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Torino, 24.07.2023 n. 718

Le delibere ANAC di rilevazione prezzi sono approvate in applicazione dell’art. 17 co. 1 lett a) del d.l. n. 98/2011, norma la cui funzione non è e non è mai stata quella di garantire riequilibri contrattuali, bensì, come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione, piuttosto di sopperire alla mancanza di definizione di costi standard, in un’ottica di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica; per la natura indicativa e non vincolante dei prezzi indicati nelle delibere ANAC si veda inoltre Consiglio di Stato, Sez. III, 28/12/2020, n. 8359. Pertanto l’automatica applicazione dei parametri dettati dalla delibera ANAC non è certamente predicabile.

Per contro è evincibile dal tenore della delibera ANAC (in cui si legge: “considerata la situazione eccezionale verificatesi nei mercati nazionale e internazionale in particolare per ciò che attiene l’approvvigionamento delle materie prime che ha reso necessario un ulteriore aggiornamento dei prezzi, agendo in via straordinaria attraverso una revisione della metodologia di calcolo dell’indice dei prezzi di riferimento in parola”) che, in una sorta di eterogenesi dei fini, l’ANAC ha, nella sostanza e nell’acclarata e diffusa situazione critica di instabilità dei prezzi, fornito alle amministrazioni un ausilio indicando i rincari ragionevolmente reclamabili dai contraenti (prevedendone l’applicabilità anche ai contratti in corso purché corredati di clausola di revisione prezzi), senza evidentemente che ciò si possa tradurre in un automatico obbligo per le amministrazioni di applicarli nei termini ivi prospettati, quanto piuttosto con fini di orientamento e pur sempre omogeneizzazione dell’attività contrattuale dell’amministrazione. D’altro canto che nell’attuale realtà economica il riequilibrio contrattuale risponda anche ad un interesse dell’amministrazione, per evitare fallimenti contrattuali in alcun modo imputabili al contraente privato ed altresì dannosi per lo stesso interesse pubblico resta ormai cristallizzato anche nell’art. 9 del nuovo codice dei contratti d.lgs. n. 36/2023, ancorché non applicabile alla presente procedura. Tuttavia, come più volte detto, non è contemplato, ad anzi è escluso dalla delibera ANAC il cumulo tra gli aggiornamenti dei prezzi ivi accertati e la rivalutazione ISTAT.

Revisione prezzi d.l. n. 4/2022 – Non si applica ai contratti di forniture – Variante in corso d’opera – Non utilizzabile per il mero equilibrio economico contrattuale (art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. VI, 23.02.2023 n. 1844

3.3 Non può, poi, neppure predicarsi l’applicazione al caso in scrutinio delle norme in tema di revisione previste dalla legislazione speciale (e, segnatamente, dal D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito nella legge 28 marzo 2022, n. 25 e dal D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito nella legge 27 aprile 2022, n. 34 e dal D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito nella legge 15 luglio 2022, n. 91 in tema di emergenza da Covid-19).
Detta operazione ermeneutica si tradurrebbe, infatti, come condivisibilmente statuito in primo grado, in una vera e propria estensione in via analogica della disciplina, vietata ex art. 14 disp. prel. c.c. in ragione della natura eccezionale delle previsioni in parola. Ciò in quanto è fuori di dubbio che queste ultime si riferiscano testualmente ai soli appalti di lavori (così, in particolare, la rubrica dell’art. 26 del D.L. n. 50 del 2022 – “Disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici di lavori” – nonché l’inciso di cui al suo comma 1 che specifica che la norma si applica “agli appalti pubblici di lavori” e l’impiego in essa della inequivoca locuzione “materiali di costruzione”) e non anche alla diversa fattispecie, che qui viene in rilievo, della fornitura.
3.4 In ultimo, appaiono irrilevanti per quanto sopra detto in punto di fatto e, comunque, manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale agitate da parte appellante.
Recita, infatti, l’art 26 comma 1 del D.L. n. 50 del 2022, unica tra le previsioni eccezionali invocate dall’appellante che sarebbe in teoria ratione temporis applicabile alla vicenda de qua, che “Per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori, ivi compresi quelli affidati a contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022, è adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari aggiornati ai sensi del comma 2 ovvero, nelle more del predetto aggiornamento, quelli previsti dal comma 3”.
Ebbene, sotto il profilo della rilevanza della prospettata questione di costituzionalità è sufficiente osservare che la disposizione in parola, anche ove fosse espressamente riferita anche ai contratti di fornitura (e non solo di lavori), non sarebbe comunque destinata a trovare applicazione al caso specifico oggetto di giudizio. Ciò in quanto gli “aumenti eccezionali dei prezzi” cui si riferisce l’art. 26 comma1 del D.L. n. 50 del 2022 sono, in maniera del tutto evidente, solo quelli che si siano verificati dopo la stipula del contratto (come evincibile dalla circostanza che si richiama lo “stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate”) e non anche gli aumenti noti alle parti prima della conclusione dello stesso (e dalle stesse accettati a mezzo di firma) quali quelli vengono in rilievo, per le ragioni analiticamente esposte al precedente punto 2.2., nella fattispecie qui in scrutinio.
In ogni caso preme rilevare che la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’appellante per disparità di trattamento e violazione del principio di uguaglianza formale ex art. 3 comma 1 Cost. appare manifestamente infondata.
Sul punto il Collegio, infatti, oltre a condividere le considerazioni svolte da T.A.R. per il Lazio, Roma Sez. III, sentenza 3 giugno 2022, n. 7216 nel disattendere analoga questione di costituzionalità portata con riguardo all’art. 1-septies del D.L. n. 73 del 2021 (disposizione dal tenore letterale quasi identico a quello dell’art. 26 comma1 del D.L. n. 50 del 2022), ritiene che la diversità di disciplina riscontrabile, in tema di revisione prezzi, tra appalti di fornitura e appalti di lavori, sia giustificata dalle peculiarità proprie di quest’ultima.
In questo senso, se è vero che la stessa sentenza impugnata auspica una novella normativa ed in disparte da quelle che potranno essere le successive evoluzioni ordinamentali, non può mancarsi di osservare che l’appalto di lavori ha sempre storicamente trovato un suo statuto giuridico specifico a livello di legislazione speciale in ragione delle caratteristiche intrinseche della prestazione qualificante detto tipo contrattuale (id est un “facere” complesso da eseguire lungo un lasso di tempo dilatato e non un “dare” ad esecuzione immediata, meno esposto al rischio di sopravvenienze negative) e che, a conferma della ragionevolezza di questa differenziazione disciplinatoria, pare deporre lo stesso diritto comune. Non è, infatti, un caso che il codice civile si preoccupi di prevedere, all’art. 1664 c.c., un meccanismo legale di revisione solo per il contratto tipico dell’appalto (avente ad oggetto ex art. 1655 c.c. “il compimento di un’opera o di un servizio”) e non anche per quello di somministrazione (relativo a “prestazioni periodiche o continuative di cose” e che costituisce il modello della “fornitura” ex D.lgs. n. 50 del 2016).

[…]

Ebbene, dette richieste variazioni, tutte connesse al lamentato squilibrio contrattuale dovuto all’aumento dei costi di approvvigionamento del sale, non sono, neppure in astratto, in grado di determinare il mutamento del tipo contrattuale o della sua struttura. Esse, infatti non incidono in alcun modo sullo schema di base del negozio (che resta quello proprio dell’appalto di forniture costituito dallo scambio di una prestazione di dare verso il corrispettivo di un prezzo monetario) né del suo oggetto (con ciò intendendosi la prestazione corrispettiva qualificante il tipo contrattuale, nel caso di specie, trattandosi di fornitura, quella di “dare”).
Da ciò consegue l’inapplicabilità al caso che occupa anche dell’art. 106, comma 1, lett. c), D.lgs. 50/2016 il quale, per costante insegnamento pretorio, si riferisce, invece, alle sole varianti in corso d’opera che si sostanziano “in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 gennaio 2022, n. 48; id: Sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8180; Sez. V, 15 novembre 2021, n. 7602 e Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5505).
Nel medesimo solco si è espresso con riguardo ad analoga censura, di recente, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 9426 del 31/10/2022 chiarendo che “Le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell’ambito della fattispecie di cui alla lettera a) [dell’art. 106, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016 – n.d.r.], che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle «variazioni dei prezzi e dei costi standard»”.

Distinzione tra proroga e rinnovo contrattuale

Consiglio di Stato, sez. V, 16.02.2023 n. 1635

La distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo deve essere fatta guardando agli effetti dell’atto: mentre la proroga del contratto, infatti, ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti, con un rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 8 agosto 2018, n. 4867).
Come chiarito dalla costante giurisprudenza che si è occupata del tema, si verte in ipotesi di proroga contrattuale allorquando vi sia una integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall’atto originario; mentre ricorre l’ipotesi di rinnovo, quando interviene una nuova negoziazione tra i medesimi soggetti che si conclude con una modifica delle precedenti condizioni (ex multis Cons. Stato, sez. III, n. 5059 del 2018; Cons. Stato, sez. VI, n. 3478 del 2019; Cons. Stato, sez. VI, n. 8219 del 2019; Cons. Stato, sez. V, n. 3874 del 2020).
Il rinnovo, dunque, in disparte il dato non determinante del nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorchè di contenuto analogo a quello originario. In assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto (Cons. Stato, sez. V, 3874 del 2020, Cons. Stato, sez. III, 24.3.2022, n. 2157).
E’ stato, infatti, precisato che: “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorchè di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157).

Divieto di rinnovo tacito dei contratti per servizi e forniture

Consiglio di Stato, sez. V, 16.02.2023 n. 1626

L’art. 6 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (come sostituito dall’art. 44 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 ed il comma 2 è stato modificato dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62, poi abrogato dall’art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006), nel vietare il rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, comminandone la nullità, e nel consentire (fino alla modificazione introdotta dalla citata legge n. 62 del 2005) la rinnovazione espressa in presenza di ragioni di pubblico interesse (comma 2) dispone che “E’ vietato il rinnovo tacito dei contratti per la fornitura di beni e servizi, ivi compresi quelli affidati in concessione a soggetti iscritti in appositi albi. I contratti stipulati in violazione del predetto divieto sono nulli”. In ordine al divieto di rinnovo tacito, si è precisato che tale divieto non è stato introdotto per la prima volta dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994, “ma era già previsto dalla disposizione di cui all’art. 6 della l. n. 537/1993 che altrettanto disponeva espressamente il ‘divieto del rinnovo tacito dei contratti con le P.A. per la fornitura di beni e servizi “(Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2002, n. 5116).
Lo scopo della norma è evidentemente quello di tutelare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni: è stato, pertanto, ad essa riconosciuta natura di norma imperativa alla quale si applicano gli artt. 1339 (inserzione automatica di clausole) e 1419 (nullità parziale) del codice civile (Cons. Stato, sez. V, 2 novembre 2009, n. 6709; Cons. Stato, sez. III, 1 febbraio 2012, n. 504; Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275; Cons. Stato, sez. V, 21 luglio 2015, n. 3594).
La disposizione è stata ritenuta espressiva di un precetto di portata generale in base al quale il rinnovo dei contratti pubblici scaduti deve essere considerato alla stregua di un contratto originario, necessitante della sottoposizione ai canoni dell’evidenza pubblica, atteso che la procrastinazione meccanica del termine originario di durata del contratto ha l’effetto di sottrarre, in maniera intollerabilmente lunga, un bene economicamente contenibile alle dinamiche fisiologiche del mercato.
Sul punto, questo Consiglio di Stato (sez. IV, sent. n. 6458 del 31 ottobre 2006) ha affermato che l’eliminazione della possibilità di provvedere al rinnovo dei contratti scaduti “ha valenza generale e portata preclusiva di opzioni ermeneutiche ed applicative di altre disposizioni dell’ordinamento che si risolvono, di fatto, nell’elusione del divieto di rinnovazione dei contratti pubblici”.
Non convince lo sforzo ermeneutico delle appellanti finalizzato a sostenere che la proroga sarebbe intervenuta per evitare l’interruzione del servizio e i danni all’utenza, tenuto conto che, come risulta dalle emergenze processuali, gli impugnati provvedimenti hanno consentito alla -OMISSIS- fino al 2016, senza il previo espletamento di alcuna procedura ad evidenza pubblica, la gestione esclusiva di tutte le strutture di approdo destinate al servizio di trasporto pubblico nella laguna veneta, con assegnazione ad un unico operatore. Come è noto, secondo la giurisprudenza prevalente, nel vigente quadro ordinamentale, è consentita solo la ‘proroga tecnica’, l’unica ammessa in materia di pubblici contratti, avente ‘carattere eccezionale’ (ex multis Cons. Stato, sez. III, 3 aprile 2017, n. 1521; Cons. Stato, sez. V, 17 gennaio 2018, n. 274), la quale deve essere fondata su ‘oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della nuova gara non imputabili alla stazione appaltante’ (Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2019, n. 3588).
Il fondamento del divieto del rinnovo tacito si ricollega ad una molteplicità di esigenze: da un lato la norma tende anzitutto a conferire effettività al principio generale della concorrenza e della gara formale ad evidenza pubblica, quale canone fondamentale dell’attività contrattuale della P.A., contribuendo in tal modo alla dinamicità e trasparenza del mercato; dall’altro, si consente all’amministrazione di assumere obbligazioni di pagamento di somme di denaro unicamente con l’adozione di un provvedimento formale di impegno, previo il positivo riscontro delle relative disponibilità.

Clausola di revisione prezzi anche nell’ affidamento diretto

Quesito: l’ art. 29 del dl 4/2022 prescrive, al comma 1, l’obbligatorieta’ dell’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione prezzi di cui all’art. 106 del d. lgs. 50/2016 per le procedure di affidamento avviate dopo l’entrata in vigore del decreto medesimo. alla luce del summenzionato articolo si chiede: quesito n. 1 se il mancato inserimento delle clausole suddette nei documenti di gara preclude in senso assoluto la possibilita’ di riconoscere la revisione dei prezzi o se e’ possibile sanare l’eventuale mancanza in sede di stipula contrattuale quesito n. 2 in assenza di specifiche previsioni con riguardo agli affidamenti diretti ex art. 36, comma 2, lett. a) e b), del d. lgs. 50/2016, senza previa consultazione di piu’ operatori economici, si chiede se si possa ritenere che la clausola di revisione prezzi debba essere inserita nel contratto (stipulato dopo l’entrata in vigore del dl 4/2022) o se, pur in presenza di un solo operatore economico consultato, debba essere richiamata nella lettera di invito a formulare un ribasso.

Risposta: Con riferimento al quesito posto, si rappresenta che, alla stregua dell’art. 29 del D.L. n. 4/2022, conv. in L. n. 25/2022, fino al 31 dicembre 2023, al fine di incentivare gli investimenti pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative derivanti dall’emergenza sanitaria globale SARS-COV-2, in relazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, i cui bandi o avvisi siano pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (27 gennaio 2022), è obbligatorio l’inserimento, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi previste dall’art. 106 del D.lgs. n. 50/2016. Tanto premesso, si evidenzia che con Atto del Presidente del 28 settembre 2022, l’ANAC, prendendo atto dell’annullamento d’ufficio della procedura di affidamento disposto da una Stazione Appaltante a causa dell’omesso inserimento, nella documentazione di gara, della clausola di revisione dei prezzi, già in vigore alla data di indizione della gara di appalto, ha ricordato che, per le procedure di affidamento dei contratti pubblici indette fino al 31 dicembre del 2023, le stazioni appaltanti sono tenute all’inserimento della clausola revisionale prevista dalla normativa succitata.

Con riguardo, invece, all’ipotesi di affidamento diretto senza previa consultazione di più operatori economici, in ossequio ad un’interpretazione letterale dell’art. 29 del D.L. n. 4/2022, conv. in L. n. 25/2022, si ritiene obbligatorio l’inserimento anche nell’invito a presentare offerta della clausola revisionale di cui all’art. 106, comma 1, lett. a). (Parere MIMS n. 1529/2022)

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    Direttore dei lavori : compenso aggiuntivo per attività relative ad adeguamento prezzi

    Quesito: Premesso che l’art. 26 del D.L. 18 maggio 2022, n. 50 con riferimento al direttore dei lavori prevede che: – “Per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori, ivi compresi quelli affidati a contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022, è
    adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari aggiornati” secondo quanto previsto dai commi 2 e 3 del medesimo art. 26” (comma 1); – “Qualora il direttore dei lavori abbia già adottato lo stato di avanzamento dei lavori e il responsabile unico del procedimento abbia emesso il certificato di pagamento, relativamente anche alle lavorazioni effettuate tra il 1° gennaio 2022 e la data di entrata in vigore del presente decreto, è emesso, entro trenta giorni dalla medesima data, un certificato di pagamento straordinario recante la determinazione […] dell’acconto del corrispettivo di appalto relativo alle lavorazioni effettuate e contabilizzate a far data dal 1° gennaio 2022” (comma 1); – “Per le finalità di cui al comma 1, qualora, all’esito dell’aggiornamento dei prezzari ai sensi del comma 2, risulti nell’anno 2022 una variazione di detti prezzari rispetto a quelli approvati alla data del 31 dicembre 2021 inferiore ovvero superiore alla percentuale di cui al primo periodo del presente comma, le stazioni appaltanti procedono al conguaglio degli importi riconosciuti ai sensi del medesimo comma 1, in occasione del pagamento degli stati di avanzamento dei lavori afferenti alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure successivamente all’adozione del prezzario aggiornato” (comma 3).
    Premesso, altresì, che ai fini di procedere alle compensazioni per i maggiori costi derivanti dall´aggiornamento dei prezziari secondo quanto previsto dai commi 2 e 3 del cit. art. 26 DL 50/2022, in caso di insufficienza delle risorse indicate al comma 1 del medesimo articolo, ai sensi del comma 4 è prevista la possibilità per le Stazioni appaltanti di richiedere l´accesso ai Fondi di cui alle lettere a) o b), a copertura esclusivamente dei maggiori oneri derivanti alle Stazioni appaltanti per compensare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nulla prevedendosi in merito alla copertura di eventuali costi derivanti a titolo di corrispettivo per l´attività di contabilizzazione demandata a tal fine al Direttore Lavori. Un tanto premesso, si chiede di voler chiarire se l´attività espletata dal Direttore Lavori ai sensi del citato art. 26 DL 50/2022, concretizzandosi in sostanza in un´attività di contabilizzazione, rientri nell´attività ordinaria di controllo contabile e di predisposizione dei documenti contabili demandate per legge al Direttore Lavori, in particolare ai sensi del Decreto 07 marzo 2018 n. 49 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (cfr. art. 13 e 14), e che, pertanto, per tale prestazione al Direttore Lavori non spetti alcun compenso aggiuntivo. Tale impostazione appare in linea con il parere del 21 giugno 2022, n. 1371 con cui Codesto Ministero ha escluso la sussistenza di alcun meccanismo legislativo automatico di revisione dei compensi del DL in relazione alle compensazioni previste per gli appalti di lavori dall’art. 26 del d.l. 50/2022. Nell´ipotesi in cui si ritenga, invece, che l’attività di contabilizzazione richiesta dalla sopra citata disposizione esuli dalle normali attività pertinenti la direzione lavori e che, quindi, al Direttore Lavori spetti un compenso aggiuntivo si chiede: 1. se l´onorario per tale attività possa essere liquidato a vacazione, previa stima da parte del Direttore Lavori delle ore e delle spese necessarie per svolgere la predetta prestazione ed attestazione da parte del RUP della congruità delle ore lavorative impegnate, e con applicazione del ribasso d’asta; 2. in caso di insufficienza delle risorse finanziarie per garantire la copertura del predetto onorario a quale fondo ed entro quali termini la stazione appaltante può presentare apposita istanza di accesso ?

    Risposta: Le disposizioni legislative riguardanti la revisione e/o l’adeguamento dei prezzi (citate nel quesito) riguardano i lavori oggetto di appalto. In relazione alle attività di servizi connesse all’appalto, dette norme non disciplinano un regime speciale e derogatorio. E’ pertanto applicabile l’art. 106 del Codice dei contratti pubblici, nei limiti e nelle condizioni dello stesso. Detta valutazione è, quindi, rimessa al RUP che dovrà valutare, caso per caso, in base al contratto specifico di servizi tecnici ed in base alla concreta situazione dell’affidamento. Vedasi al riguardo il Comunicato del Presidente dell’ANAC 8 novembre 2022 “Ulteriori Indicazioni sulle modalità di determinazione dei corrispettivi nell’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria – ad integrazione del comunicato del Presidente del 3 febbraio 2021”. (Parere MIMS n. 1496/2022)

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      Compensazione prezzi per appalti misti di forniture e lavori

      Quesito: In relazione alle previsioni di cui all’articolo 26 del D.L. 50/2022 “Aiuti” in materia di compensazione dei prezzi per “[…] fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori […]” si richiede a codesta Amministrazione di voler meglio precisare i limiti applicativi per tipologia di appalto. Nello specifico se le previsioni del prefato articolo sono da ritenersi di stretta interpretazione o se possono trovare applicazione anche per gli appalti di forniture o per quegli appalti misti di forniture e lavori (nello specifico fornitura con lavori di posa in opera) ove la prestazione principale sia la fornitura. Appare sicuramente illogica l’eventuale esclusione di dette tipologie d’appalto dal perimetro di applicazione della norma in quanto ciò non permetterebbe di compensare i prezzi pur aumentati di determinati beni. […]
      Ove si ritenesse non applicabile la disciplina in parola, si chiede se invece possa trovare applicazione, in corso di esecuzione del contratto di fornitura, quanto previsto dall’art. 106, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 50/2016, come interpretato dall’art. 7, comma 2-ter e 2-quater, della Legge 79/2022, per quelle procedure di gara bandite prima dell’entrata in vigore del D.L. 4/2022 che ha introdotto l’obbligatorietà della clausola di revisione dei prezzi e la cui legge speciale di gara comunque non la contenga. Infine, si chiede quale strumento sia a disposizione delle Stazioni Appaltanti, alla luce del quadro normativo attuale, per permettere la compensazione/revisione dei prezzi per quegli appalti sia di lavori che di forniture e/o servizi banditi prima dell’entrata in vigore del citato D.L. 4/2022 e che, alla data attuale, siano stati aggiudicati ma non ancora contrattualizzati e per i quali il prezzo offerto dall’aggiudicatario non risulti più congruo tanto da garantirgli la giusta remuneratività. Ad esempio, se sia astrattamente possibile la
      stipula del contratto al prezzo offerto in sede di gara esplicitando una riserva in sede contrattuale o in sede di verbale di consegna dei lavori/fornitura o, ancora, se dopo la stipula del contratto, pur a condizioni non attualmente remunerative, risulterebbe applicabile il richiamato articolo 106 del D.lgs. 50/2016. Ciò in quanto sembrerebbe che la normativa attuale, anche emergenziale, sia unicamente applicabile a quegli appalti già in fase esecutiva così residuando alla S.A., se non disponibili altri strumenti, unicamente la possibilità di valutare la revoca dell’aggiudicazione e quindi dell’intera procedura di gara per sopravvenuti motivi di interesse pubblico.

      Risposta: In merito al primo quesito posto, si rileva che la disciplina emergenziale introdotta dal Legislatore in materia di adeguamento dei prezzi all’art. 26 del D.L. 50/2022, convertito con L. 91/2022, e ss.mm.ii., si applica unicamente “in relazione agli appalti pubblici di lavori”, come indicato dal comma 1 dell’articolo in esame e anche confermato dalle FAQ del MIMS inerenti all’accesso al Fondo per l’adeguamento prezzi ex art. 26, comma 4, lett. b), del D.L. 50/2022, convertito con L. 91/2022, consultabile all’indirizzo https://adeguamentoprezziart26b.mit.gov.it/login. Tanto premesso, con riguardo all’appalto oggetto del quesito, si rileva che per giurisprudenza maggioritaria l’appalto che preveda l’acquisto di beni e l’esecuzione dei lavori di posa in opera accessori all’indicata fornitura si qualifica come appalto di fornitura e non come appalto misto, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. tt) del D.Lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii. Per tale ragione, nel caso in cui l’appalto rientri nella categoria di appalto di fornitura con posa in opera come indicato nel quesito, non risulta applicabile l’indicata disciplina emergenziale in materia di adeguamento dei prezzi.

      In merito al secondo quesito, si rileva l’art. 7 del D.L. n. 36/2022 convertito con modificazioni con la Legge n. 79/2022, introduce una disposizione di interpretazione autentica dell’art. 106, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 50/2016, avente quindi efficacia retroattiva. Si rappresenta tuttavia che la disposizione fa riferimento unicamente al costo dei materiali necessari alla realizzazione di “opere”, circoscrivendo in tal modo l’ambito di applicazione delle novità così introdotte ai soli appalti di lavori, con esclusione quindi degli appalti di servizi e forniture, atteso che ai sensi dell’art. 3, lett. pp) del D.Lgs. 50/2016 per «opera» deve intendersi “il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica”.

      In merito al terzo quesito, si conferma che l’adeguamento dei prezzi previsto dal comma 1 dell’art. 26 del D.L. 50/2022 e ss.mm.ii. si applica con riguardo agli appalti di lavori aggiudicati sulla base di offerte presentate entro il 31 dicembre 2021 e con riguardo alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori, ovvero annotate sotto la responsabilità dello stesso nel libretto delle misure, dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022 e che la revisione dei prezzi presuppone un contratto ad esecuzione continuata e periodica in corso di esecuzione. Dunque, successivamente alla stipula del contratto, risulterebbe applicabile all’appalto in corso di esecuzione la disciplina di cui all’art. 106 del D.Lgs. 50/2016 ss.mm.ii. Si precisa, tuttavia, che poiché la disposizione di cui all’art. 7, comma 2-ter del D.L. n. 36/2022 convertito con modificazioni con la Legge n. 79/2022 e ss.mm.ii. fornisce una interpretazione autentica delle circostanze impreviste ed imprevedibili dell’articolo 106, comma 1, lettera c), numero 1) circoscritta agli appalti di lavori, in caso di appalti di servizi e forniture la revisione dei prezzi appare consentita entro i limiti stabiliti dall’art. 106, comma 1, lett. a) del Codice, dunque disposta nei casi in cui sono state previste nei documenti di gara iniziali in “clausole chiare, precise e inequivocabili”, come di recente confermato dall’ANAC nel parere FUNZ CONS 20/2022.

      Infine, si conferma, come rilevato dalla recente giurisprudenza, che la Stazione appaltante possa valutare la revoca dell’aggiudicazione nel caso in cui l’aumento del costo dell’opera per effetto dell’aumento dei prezzi determini un giudizio di “non sostenibilità” dell’opera stessa. (Parere MIMS n. 1465/2022)

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        Proroga tecnica – Presupposti – La nuova gara deve essere già stata avviata (art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

        TAR Milano, 17.11.2022 n. 2552

        Risulta quindi che il contratto ha specificato il rapporto tra rinnovo e proroga, già delineato nel disciplinare, nel senso dell’alternatività tra le due forme di prolungamento della durata del medesimo e quindi ha reso illegittima la proroga successiva al rinnovo.
        2.3 Il motivo è fondato anche nella parte in cui contesta che la proroga sia stata disposta prima dell’avvio della nuova gara.
        Più in dettaglio, in base all’interpretazione della norma fornita dall’Anac e dalla giurisprudenza amministrativa (in tal senso ex plurimis TAR Campania, Napoli, VIII, 10/02/2022 n. 891), affinché la proroga tecnica sia legittima, devono ricorrere i seguenti presupposti: – la proroga deve rivestire carattere eccezionale, utilizzabile solo quando non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali, nei soli e limitati casi in cui vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente (Cfr. Cons. St., V, 11.5.2009 n. 2882; delibere Anac n. 36 del 10.9.2008; n. 86/2011; n. 427 del 2.5.2018); – la nuova gara deve essere già stata avviata al momento della proroga (Parere Anac AG n. 33/2013). […]
        3. Il ricorso è invece infondato nella parte in cui contesta che la proroga sarebbe illegittima per la mancanza della copertura della spesa nel bando di gara, in quanto, come affermato condivisibilmente dall’ANAC nella Relazione AIR al bando tipo n. 1, non è possibile inserire il valore della proroga tecnica nella quantificazione dell’appalto, in quanto la durata e l’importo non sono né prevedibili né quantificabili alla data di pubblicazione del bando.

        Istanza adeguamento corrispettivo del servizio formulata prima della stipulazione del contratto di appalto : inquadramento e ammissibilità alla luce delle sentenze della Corte di Giustizia Europea

        Consiglio di Stato, sez. IV, 31.10.2022 n. 9426

        8.6. La ditta sostiene che alla sua istanza di adeguamento del corrispettivo dei servizi da svolgere, formulata prima della stipulazione del contratto di appalto, si debba applicare la fattispecie della lettera c), piuttosto che la fattispecie di cui alla lettera a).
        8.6.1. La tesi di parte è però infondata.
        8.6.2. Già solo la mera lettura delle due disposizioni consente di evidenziare come le norme che se ne ricavano abbiano differenti ambiti applicativi e come l’istanza di parte non possa che essere sussunta nell’ambito di applicazione della fattispecie delineata dalla lettera a), così come correttamente affermato dal T.a.r., senza che sia necessario per il Collegio l’impiego di più raffinati criteri ermeneutici.
        8.6.3. Mentre la lettera a) prende in esame e disciplina le “variazioni dei prezzi e dei costi standard” e risulta dunque immediatamente attinente alla fattispecie concreta, la lettera c) fa testuale ed espresso riferimento a quelle “modifiche dell’oggetto del contratto” che si correlano alle “varianti in corso d’opera”.
        8.6.4. Quest’ultime sono quelle modifiche che riguardano l’oggetto del contratto sul versante dei lavori da eseguire, (arg. da Cons. Stato Sez. II, 28 agosto 2020, n. 5288; Sez. V, 02 agosto 2019, n. 5505; Sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2969; ma, in linea generale, nulla preclude di riferire la disciplina in questione anche alle forniture da erogare o ai servizi da svolgere).
        8.6.5. Le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell’ambito della fattispecie di cui alla lettera a), che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle “variazioni dei prezzi e dei costi standard”.
        8.7. Va soggiunto, inoltre, che, in linea generale, come messo in evidenza dal T.a.r., le modifiche previste dall’art. 106, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 sono riferite ai “contratti”, dal che può dedursi che il contratto debba essere stato già stipulato, perché se ne possa prospettare una sua modifica.
        Nel caso di specie, la società istante ha invece domandato la modifica delle pattuizioni prima di procedere alla stipulazione del contratto.
        9. Non può poi essere accolta l’articolata prospettazione di parte, secondo cui si potrebbe trarre dai principi generali dell’ordinamento euro-unitario e, in particolare, dal considerando n. 109 un principio di ordine generale che dovrebbe favorire l’impiego di rimedi manutentivi e perequativi da parte delle stazioni appaltanti.
        9.1. Invero, con la sentenza 19 aprile 2018, C-152/17, la Corte di giustizia ha stabilito che:
        1) poiché la stessa direttiva n. 18/2004/CE non stabilisce, a carico degli Stati membri, alcun obbligo specifico di prevedere la revisione al rialzo del prezzo dopo l’aggiudicazione di un appalto, la mancata previsione nel combinato disposto degli artt. 115 e 206 del d.lgs. n. 163 del 2006 – quanto agli appalti dei settori speciali – del compenso revisionale non è in contrasto con l’ordinamento UE;
        2) parimenti, nemmeno i principi di parità di trattamento e di trasparenza sanciti dall’articolo 10 di tale direttiva, ostano a siffatte norme;
        3) poiché il prezzo dell’appalto costituisce un elemento di grande rilievo nella valutazione delle offerte da parte di un ente aggiudicatore, così come nella scelta del privato contraente, è proprio attraverso la mancata previsione del compenso revisionale – e non già con la sua obbligatorietà – che le norme di diritto nazionale si pongono in linea con il rispetto dei suddetti principi.
        9.1.1. Con la sentenza del 7 settembre 2016, (C-549-14 – Finn Frogne), la Corte di giustizia, sia pure con riferimento alla direttiva 2004/18/CE, ma con principi che il Collegio ritiene estensibili alla direttiva n. 2014/24/UE, ha chiarito che:
        a) “Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che dette disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale. È quanto avviene se le modifiche previste hanno per effetto o di estendere l’appalto, in modo considerevole, a elementi non previsti, o di alterare l’equilibrio economico contrattuale in favore dell’aggiudicatario, oppure ancora se tali modifiche sono atte a rimettere in discussione l’aggiudicazione dell’appalto, nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un’altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi (v., in tal senso, in particolare, sentenza del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur, C-454/06, EU:C:2008:351, punti da 34 a 37).” (§ 28);
        b) “né il fatto che una modifica sostanziale dei termini di un appalto pubblico sia motivata […] dalla […] volontà di trovare una composizione transattiva a fronte di difficoltà oggettive incontrate nell’esecuzione di detto appalto, né il carattere obiettivamente aleatorio di talune realizzazioni possono giustificare il fatto che tale modifica sia decisa senza rispettare il principio di parità di trattamento di cui devono potersi giovare tutti gli operatori potenzialmente interessati a un appalto pubblico.” (§ 32);
        c) “…il fatto stesso che, a causa del loro oggetto, taluni appalti pubblici possono essere a priori considerati aventi un carattere aleatorio rende prevedibile il rischio di sopravvenienza di difficoltà in fase di esecuzione. Pertanto, per un appalto del genere, spetta all’amministrazione aggiudicatrice non solo ricorrere alle procedure di aggiudicazione più adeguate, ma anche definire l’oggetto di tale appalto con cautela. Inoltre, come risulta dal punto 30 della presente sentenza, l’amministrazione aggiudicatrice può riservarsi la possibilità di apportare talune modifiche, anche sostanziali, all’appalto, dopo la sua aggiudicazione, a condizione che lo abbia previsto nei documenti che hanno disciplinato la procedura di aggiudicazione.” (§ 36).
        9.2. Dalle richiamate sentenze della Corte di giustizia, si trae, dunque, una sostanziale neutralità dell’ordinamento europeo per gli aspetti relativi agli eventuali rimedi manutentivi che gli ordinamenti approntano per fronteggiare le sopravvenienze che incidono sugli aspetti economici del contratto.
        9.3. Se poi si tiene conto, in particolar modo, di quanto stabilito dall’art. 46 del capitolato speciale dell’appalto risulta evidente che l’amministrazione ha voluto escludere o comunque circoscrivere in maniera stingente il rilievo giuridico delle sopravvenienze di carattere economico (relative ai “costi unitari afferenti lo smaltimento e trattamento rifiuti a carico dell’impresa aggiudicataria”) rispetto al rapporto contrattuale che ha inteso far sorgere.
        9.4. Le doglianze esaminate vanno pertanto respinte.

        Revisione prezzi – Clausola obbligatoria – Non comporta il diritto dell’ Appaltatore ad automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale

        Consiglio di Stato, sez. V, 06.09.2022 n. 7756

        12. La disciplina della revisione del prezzo dei contratti pubblici di appalto di fornitura di beni e di servizi prevista dal comma 4, art. 6, della legge n. 537/1993, come sostituito dall’art. 44 della 1egge n. 724/1994 (applicabile ratione temporis al contratto di cui è causa) ha previsto l’obbligo di inserimento nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa della clausole di revisione prezzi, indicando quale parametro di riferimento per il calcolo del quantum il miglior prezzo di mercato tra quelli rilevati ed elaborati dall’ISTAT per i principali beni e servizi acquisiti dalle pubbliche amministrazioni. Non avendo, tuttavia, l’ISTAT provveduto alla rilevazione ed elaborazione dei prezzi di mercato, l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) determinato dall’ISTAT è stato individuato quale parametro di riferimento per supplire a tale carenza (Consiglio di Stato, sez. V, 8 maggio 2002, n. 2461; Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3373; Consiglio di Stato, sez. V, 14 dicembre 2006, n. 7461).
        Analogamente il successivo art. 115 del D. Lgs. n. 163/2006 ha previsto l’obbligo di introdurre nei contratti ad esecuzione periodica o continuativa una clausola di revisione periodica del prezzo, da attivare a seguito di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili sulla base dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura pubblicati annualmente a cura dell’Osservatorio dei contratti pubblici.
        Subentrata la nuova norma, in mancanza della prevista pubblicazione dei costi standardizzati di cui all’art. 115, si è del pari ritenuto che la revisione di cui all’art. 115 possa ragionevolmente essere ancora effettuata sulla base dell’indice FOI pubblicato dall’ISTAT, che viene però considerato (salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa) come un limite massimo posto a tutela degli equilibri finanziari della pubblica amministrazione, e che pertanto non esime la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale.
        12.1. I risultati del procedimento di revisione prezzi, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa, sono quindi espressione di una facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2015 n. 5375, Consiglio di Stato sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012 n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU. 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285).
        Dunque, la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell’istruttoria (Cons. Stato, Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 24 gennaio 2013 n. 465), in presenza di una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (Cass. SS.UU. 31 ottobre 2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l’interesse dell’appaltatore alla revisione e l’interesse pubblico connesso sia al risparmio di spesa, sia alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato.
        A tale riguardo questo Consiglio di Stato ha chiarito (ex multis Cons. Stato, Sez. III, 9/01/2017, n. 25) che “la finalità dell’istituto è da un lato quella di salvaguardare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni e servizi alle pubbliche amministrazioni non siano esposte col tempo al rischio di una diminuzione qualitativa, a causa dell’eccessiva onerosità sopravvenuta delle prestazioni stesse, e della conseguente incapacità del fornitore di farvi compiutamente fronte (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015 n. 2295; Consiglio di Stato, Sez. V, 20 agosto 2008 n. 3994), dall’altro di evitare che il corrispettivo del contratto di durata subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto” (nello stesso senso cfr. anche Cons. Stato, Sez. V. 23 aprile 2014, n. 2052; Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1074; Sez. V, 19 giugno 2009, n. 4079; Sez. III, 9 maggio 2012, n.2682).
        Lo scopo principale dell’istituto pertanto è quello di tutelare l’interesse pubblico ad acquisire prestazioni di servizi qualitativamente adeguate; solo in via mediata e indiretta la disciplina realizza anche l’interesse dell’impresa, a non subire l’alterazione dell’equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi che si verificano durante l’arco del rapporto” (Consiglio di Stato, Sez. III, Sentenza n. 4362 del 19-07-2011; conforme Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6275; id., 24 gennaio 2013 n. 465)”.
        Alla stregua di tali considerazioni, la determinazione della revisione prezzi viene effettuata dalla stazione appaltante all’esito di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi (Consiglio di Stato, sez. III, 9/1/2017, n. 25 cit.) secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, che sottende l’esercizio di un potere autoritativo di carattere discrezionale dell’amministrazione nei confronti del privato contraente, potendo quest’ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l’amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa.
        E’ pertanto da escludere che la pretesa vantata dall’appaltatore abbia la consistenza di un diritto soggettivo perfetto suscettibile di accertamento e condanna da parte del giudice amministrativo; infatti, le citate disposizioni prescrivono che la determinazione sia effettuata dalla stazione appaltante all’esito di un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi.
        Di conseguenza, la posizione del privato contraente si articolerà nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’ an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo con riguardo al quantum, ma solo una volta che sarà intervenuto il riconoscimento della spettanza di un compenso revisionale; tale costruzione, ormai del tutto ininfluente ai fini del riparto di giurisdizione, per effetto dell’art. 133, lett. e), punto 2), c.p.a., che assoggetta l’intera disciplina della revisione prezzi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mantiene inalterata la sua rilevanza con riferimento alle posizioni giuridiche soggettive del contraente dell’amministrazione.
        La qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, comporta che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo. Ne deriva che sarà sempre necessaria l’attivazione – su istanza di parte – di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l’attività istruttoria volta all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell’adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l’importo. In caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all’amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 24 gennaio 2013 n. 465).
        12.2. Di conseguenza, secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale, la periodicità della revisione non implica affatto che si debba azzerare o neutralizzare l’alea riconosciuta dal codice civile per i contratti commutativi di durata, come confermata dalla disciplina di cui all’art. 1664 c.c. (applicabile in via generale a tutti gli appalti, con esclusione dei contratti pubblici secondo il principio di specialità) che impone alle parti di provare la sussistenza di eventuali circostanze imprevedibili che abbiano determinato aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, e che accorda la revisione solo per la differenza che ecceda il decimo del prezzo complessivo convenuto, di modo che risulterebbe ben singolare una interpretazione che esentasse del tutto, in via eccezionale, l’appaltatore dall’alea contrattuale, sottomettendo in via automatica ad ogni variazione di prezzo solo le stazioni appaltanti pubbliche, pur destinate a far fronte ai propri impegni contrattuali con le risorse finanziarie provenienti dalla collettività (in tal senso Consiglio di Stato sez. III, 25 marzo 2019 n. 1980).
        Pertanto la circostanza che il disposto dell’art. 1664 c.c. non sia direttamente applicabile ai contratti pubblici non implica affatto l’automaticità della revisione prezzi, ancorata pur sempre ad un sopravvenuto squilibrio del rapporto contrattuale, dovendo la ratio della revisione prezzi, come innanzi osservato, ravvisarsi nell’esigenza di coniugare l’obiettivo di contenimento della spesa pubblica con quella di garantire che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle Amministrazioni pubbliche non subiscano con il tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell’offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni.
        Con la previsione dell’obbligo della revisione periodica del prezzo di un appalto di durata il legislatore ha infatti inteso munire i contratti di forniture e di servizi di un meccanismo che, a cadenze determinate, verifichi la congruità del corrispettivo, con beneficio, incidente sull’equilibrio contrattuale, per entrambi i contraenti, sia perché l’appaltatore vede ridotta, ma non certo eliminata, l’alea propria dei contratti di durata, sia perché la stazione appaltante vede diminuito il pericolo di un peggioramento della qualità o quantità di una prestazione divenuta per l’appaltatore eccessivamente onerosa o, comunque, non remunerativa.
        L’obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’Amministrazione, non comporta pertanto anche il diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l’Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (Consiglio di Stato sez, III, 6/08/2018 n. 4827).

        Aggiornamento prezzi e varianti in corso d’opera anche per appalti non riferibili al PNRR

        L’aumento significativo del costo dei materiali necessari alla realizzazione di un’opera causato da circostanze impreviste e imprevedibili può determinare modifiche dei contratti d’appalto in corso di validità anche se non specificamente riferiti all’attuazione del PNRR.
        Lo chiarisce Anac in due note a firma del Presidente inviate a due consorzi di bonifica che hanno chiesto un parere sulla possibilità di procedere a una variazione di prezzi di alcuni materiali da costruzione non inclusi nei decreti adottati dal ministero delle Infrastrutture (Mims).

        Il decreto del Mims è stato adottato in seguito all’approvazione del decreto 73/2022 “Disposizioni urgenti in materia di revisione dei prezzi dei materiali nei contratti pubblici” che, in riferimento ai contratti in corso, con l’obiettivo di mitigare l’eccezionale aumento dei prezzi di alcuni materiali da costruzione verificatosi nel corso del 2021, ha introdotto un meccanismo di compensazione a favore delle imprese appaltatrici delle opere pubbliche. Il Mims rileva le variazioni superiori all’8% dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi ma se un materiale non è compreso nell’elenco non si può procedere alle compensazioni previste dalla norma: l’elenco è tassativo.

        Invece, quanto alla possibilità, invocata nell’istanza di parere, di applicare l’articolo 106 del codice ai fini della revisione dei prezzi dei materiali nei contratti d’appalto in corso di esecuzione, Anac ricorda l’intervento del legislatore con il decreto 36/2022 sul Pnrr che include tra le circostanze impreviste che possono determinare la modifica dell’appalto anche quelle che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera. “Ancorché si tratti di una previsione specificamente riferita all’attuazione del Pnrr alla stessa può essere assegnata valenza generale”, si legge nell’atto del Presidente. Quindi può essere invocata nel caso di circostanze “impreviste ed imprevedibili che alterano in maniera significativa il costo dei materiali necessari alla realizzazione dell’opera”, anche in relazione a contratti d’appalto non specificamente riferiti all’attuazione del Pnrr, fermi in ogni caso i limiti imposti dall’art. 106 del Codice sul divieto di modifiche sostanziali al contratto d’appalto.

        fonte: sito ANAC

        Revisione dei prezzi solo se prevista nei documenti di gara per servizi e forniture in corso di esecuzione

        La revisione dei prezzi negli appalti di servizi e forniture è consentita solo se prevista nei documenti di gara “in clausole chiare, precise e inequivocabili”. Lo ricorda l’Anac nell’Atto del presidente su una richiesta di parere da parte dell’Arma dei Carabinieri relativa alla possibilità di procedere a modifiche, anche relative ai prezzi, dei contratti di appalto in corso di esecuzione – nello specifico per la fornitura di risme di carta formato A4 – a causa dell’attuale situazione internazionale e della persistente emergenza sanitaria da Covid-19.

        Cosa dicono le leggi
        Anche i più recenti interventi normativi in materia, osserva Anac, confermano tale possibilità. Il riferimento è all’articolo 29 del decreto 4/2022 che con riguardo alle procedure di affidamento indette successivamente alla sua entrata in vigore, stabilisce “fino al 31 dicembre 2023, al fine di incentivare gli investimenti pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale derivante dalla diffusione del virus Covid” l’obbligo di inserire, nei documenti di gara iniziali, delle clausole di revisione dei prezzi.

        Quanto ai contratti in corso invece il legislatore è intervenuto al fine di mitigare gli effetti dell’eccezionale aumento dei prezzi di alcuni materiali da costruzione con il decreto 73/2021 solo ed esclusivamente per gli appalti di lavori e non per quelli di servizi e forniture: il provvedimento introduce un meccanismo di compensazione a favore delle imprese appaltatrici di opere pubbliche e prevede l’emanazione di un apposito decreto del Ministero delle Infrastrutture che rilevi le variazioni percentuali, in aumento o in diminuzione, superiori all’otto per cento dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.

        Le richieste di Anac a governo e Parlamento
        Lo stesso legislatore non ha invece adottato specifiche misure per gli appalti di servizi e forniture. L’assenza di un meccanismo di compensazione/ revisione dei prezzi anche per gli appalti di servizi e forniture, analogo a quello disciplinato per i lavori, è stata evidenziata anche dall’Anac, che ha chiesto al Governo e al Parlamento un urgente intervento normativo per consentire “la revisione dei prezzi negli appalti per far fronte agli esorbitanti incrementi delle materie prime nei contratti in corso di esecuzione riguardanti servizi e forniture”.

        Il vademecum
        Pertanto, allo stato, con riguardo ai contratti di servizi e forniture, le stazioni appaltanti, a seguito dell’emergenza sanitaria in corso, possono procedere a modifiche dei rapporti contrattuali in corso, nei limiti indicati dall’art. 106 del codice appalti, cioè solo se le modifiche sono previste chiaramente nei documenti di gara.

        In ottica collaborativa l’Anac ricorda che con riferimento all’emergenza epidemiologica da Covid-19 l’Autorità ha adottato diversi atti, pubblicati sul sito istituzionale nella sezione “Emergenza Covid-19”. Tra questi, il “Vademecum per velocizzare e semplificare gli appalti pubblici” evidenzia la possibilità, per la stazione, per far fronte all’emergenza sanitaria, di procedere alle eventuali e conseguenti variazioni dei contratti in corso di esecuzione, nei limiti previsti dall’art. 106 del codice appalti.

        fonte: sito ANAC

        Decreto MIMS : “Fondo adeguamento prezzi materiali da costruzione – Modalità accesso”

        In Gazzetta Ufficiale n. 179 del 2 agosto 2022 è stato pubblicato il Decreto 17 giugno 2022 del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili recante “Modalità di utilizzo del Fondo adeguamento prezzi di cui all’articolo 26, comma 4, lettera a), del decreto legge 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n. 91”.

        Il Decreto definisce le modalità di richiesta di accesso al fondo di cui all’art. 26, comma 4, lettera a) del decreto legge n. 50/2022, recante “Misure urgenti in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese e attrazione degli investimenti, nonchè in materia di politiche sociali e di crisi ucraina” da parte delle stazioni appaltanti, nel rispetto dei presupposti e delle condizioni ivi previste.

        In particolare, l’art. 26, del citato decreto legge n. 50/22 è finalizzato a fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonchè dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori, ivi compresi quelli affidati a contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021.
        Il medesimo art. 26, comma 4, lettera a), prevede che in caso di insufficienza delle risorse di cui al comma 1 del citato art. 26, alla copertura degli oneri aggiuntivi, si provvede, in relazione agli interventi finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 febbraio 2021, e dal regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, dal Piano nazionale per gli investimenti complementari al Piano nazionale di ripresa e resilienza, di seguito denominato «PNRR», di cui all’art. 1 del decreto legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 luglio 2021, n. 101, ovvero in relazione ai quali siano nominati Commissari straordinari ai sensi dell’art. 4 del decreto legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, a valere sulle risorse del Fondo di cui all’art. 7, comma 1, del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, limitatamente alle risorse autorizzate dall’art. 23, comma 2, lettera a), del decreto legge 21 marzo 2022, n. 21, nonche’ dalla lettera a) del comma 5 del medesimo art. 26.
        Il medesimo comma 4 prevede che le istanze di accesso al Fondo sono presentate: entro il 31 agosto 2022, relativamente agli stati di avanzamento concernenti le lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1 gennaio 2022 e fino al 31 luglio 2022; entro il 31 gennaio 2023, relativamente agli stati di avanzamento concernenti le lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1 agosto 2022 e fino al 31 dicembre 2022.
        Sempre il comma 4 prevede, ai fini dell’accesso alle risorse del Fondo, che le stazioni appaltanti trasmettono telematicamente l’istanza al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, ai sensi e per gli effetti dell’art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e secondo le modalità definite dal medesimo Ministero entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

        Aumento prezzo materiali – Mancata aggiudicazione per insostenibilità ed anti economicità dell’ opera – Compensazione e revisione prezzi – Meccanismi eccezionali – Non incidenza (art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

        TAR Firenze, 04.07.2022 n. 885

        1.7 Con riferimento alle censure dedotte va preliminarmente chiarito che la valutazione di “anti economicità” dell’opera, prescinde dall’applicazione degli strumenti di adeguamento e compensazione dei prezzi previsti dalla normativa vigente, in quanto si pone in una fase necessariamente antecedente, avendo a riferimento l’esame della situazione in quel momento esistente e le circostanze sopravvenute rispetto alla delibera di indizione.
        1.8 I meccanismi introdotti di recente dal Legislatore, tra i quali la modifica dell’art. 113 bis del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (consentendo di emettere fattura al momento dell’adozione dello stato di avanzamento dei lavori senza il rilascio del certificato di pagamento da parte del RUP), unitamente alla compensazione prezzi straordinaria (estesa di recente al 2022 dal D.L. del 1° marzo 2022 n. 17), costituiscono degli strumenti eccezionali per fronteggiare l’incremento dei costi delle materie, consentendo alla stazione appaltante di mantenere gli standard di sicurezza e garantendo la prosecuzione dei lavori e l’ultimazione dell’opera.
        1.9 In particolare il riconoscimento di compensazioni, in aumento o in diminuzione, anche in deroga al meccanismo della revisione prezzi, consente all’impresa affidataria di presentare singole istanze di compensazione che, comunque, sono suscettibili di coprire solo parte dei costi sostenuti dalla stazione appaltante.
        2. Anche il meccanismo della revisione prezzi, di cui all’art. 106 del D.lgs. 50/2016, è suscettibile di essere applicato nell’ipotesi di eventuali “modifiche” e di varianti dei contratti di appalto già stipulati e in corso di validità, essendo comunque sottoposta ad autorizzazione del RUP in presenza (come nel caso di specie) di incrementi sostanziali.
        2.1 L’incremento del costo dell’opera, pari ad un terzo di quanto in origine preventivato, non solo costituiva una circostanza sopravvenuta e non prevista, ma era suscettibile di incidere (in considerazione dell’entità dell’incremento) sulle stesse ragioni che avevano portato l’Amministrazione a decidere per la realizzazione dell’opera.
        2.2 Una verifica sulla sostenibilità dell’opera non poteva che risultare obbligata per l’Amministrazione, circostanza quest’ultima ancora più condivisibile considerando che, nel caso di specie, si era nella fase della “proposta di aggiudicazione”, nell’ambito della quale la Commissione si era limitata a certificare gli esiti dell’esame delle offerte pervenute, rimettendo ogni valutazione definitiva alla stazione appaltante.
        2.3 È evidente che il giudizio di “non sostenibilità” e di anti economicità di un’opera non poteva essere condizionato (se non in minima parte) dall’introduzione di detti strumenti eccezionali che prevedono, peraltro, l’accesso a fondi limitati e sono destinati ad assolvere a necessità impreviste e sopravvenute nel corso dell’esecuzione del contratto (Cons. Stato, Sez. V, 11.1.2022, n.202).
        2.4 Detta valutazione, inoltre, non poteva che investire direttamente la stazione appaltante e non poteva che incidere entro la fase dell’aggiudicazione provvisoria, dove la stessa stazione appaltante aveva acquisito i risultati della commissione, competente quest’ultima unicamente per quanto attiene l’esame delle offerte e della regolarità delle domande presentate.