Revisione prezzi d.l. n. 4/2022 – Non si applica ai contratti di forniture – Variante in corso d’opera – Non utilizzabile per il mero equilibrio economico contrattuale (art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. VI, 23.02.2023 n. 1844

3.3 Non può, poi, neppure predicarsi l’applicazione al caso in scrutinio delle norme in tema di revisione previste dalla legislazione speciale (e, segnatamente, dal D.L. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito nella legge 28 marzo 2022, n. 25 e dal D.L. 1 marzo 2022, n. 17, convertito nella legge 27 aprile 2022, n. 34 e dal D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito nella legge 15 luglio 2022, n. 91 in tema di emergenza da Covid-19).
Detta operazione ermeneutica si tradurrebbe, infatti, come condivisibilmente statuito in primo grado, in una vera e propria estensione in via analogica della disciplina, vietata ex art. 14 disp. prel. c.c. in ragione della natura eccezionale delle previsioni in parola. Ciò in quanto è fuori di dubbio che queste ultime si riferiscano testualmente ai soli appalti di lavori (così, in particolare, la rubrica dell’art. 26 del D.L. n. 50 del 2022 – “Disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici di lavori” – nonché l’inciso di cui al suo comma 1 che specifica che la norma si applica “agli appalti pubblici di lavori” e l’impiego in essa della inequivoca locuzione “materiali di costruzione”) e non anche alla diversa fattispecie, che qui viene in rilievo, della fornitura.
3.4 In ultimo, appaiono irrilevanti per quanto sopra detto in punto di fatto e, comunque, manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale agitate da parte appellante.
Recita, infatti, l’art 26 comma 1 del D.L. n. 50 del 2022, unica tra le previsioni eccezionali invocate dall’appellante che sarebbe in teoria ratione temporis applicabile alla vicenda de qua, che “Per fronteggiare gli aumenti eccezionali dei prezzi dei materiali da costruzione, nonché dei carburanti e dei prodotti energetici, in relazione agli appalti pubblici di lavori, ivi compresi quelli affidati a contraente generale, aggiudicati sulla base di offerte, con termine finale di presentazione entro il 31 dicembre 2021, lo stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate, sotto la responsabilità dello stesso, nel libretto delle misure dal 1° gennaio 2022 fino al 31 dicembre 2022, è adottato, anche in deroga alle specifiche clausole contrattuali, applicando i prezzari aggiornati ai sensi del comma 2 ovvero, nelle more del predetto aggiornamento, quelli previsti dal comma 3”.
Ebbene, sotto il profilo della rilevanza della prospettata questione di costituzionalità è sufficiente osservare che la disposizione in parola, anche ove fosse espressamente riferita anche ai contratti di fornitura (e non solo di lavori), non sarebbe comunque destinata a trovare applicazione al caso specifico oggetto di giudizio. Ciò in quanto gli “aumenti eccezionali dei prezzi” cui si riferisce l’art. 26 comma1 del D.L. n. 50 del 2022 sono, in maniera del tutto evidente, solo quelli che si siano verificati dopo la stipula del contratto (come evincibile dalla circostanza che si richiama lo “stato di avanzamento dei lavori afferente alle lavorazioni eseguite e contabilizzate dal direttore dei lavori ovvero annotate”) e non anche gli aumenti noti alle parti prima della conclusione dello stesso (e dalle stesse accettati a mezzo di firma) quali quelli vengono in rilievo, per le ragioni analiticamente esposte al precedente punto 2.2., nella fattispecie qui in scrutinio.
In ogni caso preme rilevare che la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’appellante per disparità di trattamento e violazione del principio di uguaglianza formale ex art. 3 comma 1 Cost. appare manifestamente infondata.
Sul punto il Collegio, infatti, oltre a condividere le considerazioni svolte da T.A.R. per il Lazio, Roma Sez. III, sentenza 3 giugno 2022, n. 7216 nel disattendere analoga questione di costituzionalità portata con riguardo all’art. 1-septies del D.L. n. 73 del 2021 (disposizione dal tenore letterale quasi identico a quello dell’art. 26 comma1 del D.L. n. 50 del 2022), ritiene che la diversità di disciplina riscontrabile, in tema di revisione prezzi, tra appalti di fornitura e appalti di lavori, sia giustificata dalle peculiarità proprie di quest’ultima.
In questo senso, se è vero che la stessa sentenza impugnata auspica una novella normativa ed in disparte da quelle che potranno essere le successive evoluzioni ordinamentali, non può mancarsi di osservare che l’appalto di lavori ha sempre storicamente trovato un suo statuto giuridico specifico a livello di legislazione speciale in ragione delle caratteristiche intrinseche della prestazione qualificante detto tipo contrattuale (id est un “facere” complesso da eseguire lungo un lasso di tempo dilatato e non un “dare” ad esecuzione immediata, meno esposto al rischio di sopravvenienze negative) e che, a conferma della ragionevolezza di questa differenziazione disciplinatoria, pare deporre lo stesso diritto comune. Non è, infatti, un caso che il codice civile si preoccupi di prevedere, all’art. 1664 c.c., un meccanismo legale di revisione solo per il contratto tipico dell’appalto (avente ad oggetto ex art. 1655 c.c. “il compimento di un’opera o di un servizio”) e non anche per quello di somministrazione (relativo a “prestazioni periodiche o continuative di cose” e che costituisce il modello della “fornitura” ex D.lgs. n. 50 del 2016).

[…]

Ebbene, dette richieste variazioni, tutte connesse al lamentato squilibrio contrattuale dovuto all’aumento dei costi di approvvigionamento del sale, non sono, neppure in astratto, in grado di determinare il mutamento del tipo contrattuale o della sua struttura. Esse, infatti non incidono in alcun modo sullo schema di base del negozio (che resta quello proprio dell’appalto di forniture costituito dallo scambio di una prestazione di dare verso il corrispettivo di un prezzo monetario) né del suo oggetto (con ciò intendendosi la prestazione corrispettiva qualificante il tipo contrattuale, nel caso di specie, trattandosi di fornitura, quella di “dare”).
Da ciò consegue l’inapplicabilità al caso che occupa anche dell’art. 106, comma 1, lett. c), D.lgs. 50/2016 il quale, per costante insegnamento pretorio, si riferisce, invece, alle sole varianti in corso d’opera che si sostanziano “in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 7 gennaio 2022, n. 48; id: Sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8180; Sez. V, 15 novembre 2021, n. 7602 e Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5505).
Nel medesimo solco si è espresso con riguardo ad analoga censura, di recente, il Consiglio di Stato con la sentenza n. 9426 del 31/10/2022 chiarendo che “Le modifiche dell’oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l’appaltatore va a trarre dall’esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell’ambito della fattispecie di cui alla lettera a) [dell’art. 106, comma 1, del D.Lgs. n. 50 del 2016 – n.d.r.], che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle «variazioni dei prezzi e dei costi standard»”.