Al riguardo, il Collegio osserva che – secondo la consolidata giurisprudenza – l’esclusione dalla gara di un’impresa autrice di un’offerta giudicata inidonea dal punto di vista tecnico non si pone in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, atteso che quest’ultimo riguarda il mancato rispetto di adempimenti relativi alla partecipazione alla gara che non abbiano base normativa espressa, e non già l’accertata mancanza dei necessari requisiti dell’offerta che erano stati richiesti per la partecipazione alla gara (Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2016, n. 1809).
In materia la Sezione (sentenza 21 aprile 2022, n. 3024), ha rilevato che:
a) già nella fase antecedente all’introduzione nell’ordinamento dei contratti pubblici del principio di tassatività delle cause di esclusione (nell’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, quale risultante dalla novella introdotta dall’art. 4, co. 2, lett. d), d.l. n. 70 del 2011), non si è mai dubitato dell’ampia facoltà intestata all’Amministrazione di individuare, nel rispetto della legge, il contenuto della disciplina delle procedure selettive (c.d. lex specialis della gara), quale ne fosse l’oggetto: reclutamenti di personale, contratti attivi e passivi, affidamento di beni e risorse pubbliche (così, Cons. Stato, Ad. plen. 25 febbraio 2014 n. 9, § 6.1);
b) successivamente all’introduzione della regola della tassatività delle cause di esclusione nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici, si è statuito che fossero legittime le clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione (in senso sostanziale, perché posti a tutela di interessi imperativi, c.d. tassatività attenuata), anche di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dall’art. 46, comma 1 bis del d.lgs. n. 163 del 2006, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali (Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9, § 6.4; successivamente 16 ottobre 2020, n. 22);
c) conseguentemente, la norma contenuta nell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 non ha posto un divieto per la stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione e i mezzi di prova, al fine di consentire la verifica, in via formale e sostanziale, delle capacità realizzative dell’impresa, nonché le competenze tecnico-professionali e le risorse umane, organiche all’impresa medesima, bensì ha regolamentato questo potere (Cons. Stato, Ad. plen., 16 ottobre 2020 n. 22, § 7).
Alla medesima conclusione conduce anche l’analisi della giurisprudenza che esclude l’ammissibilità del soccorso istruttorio in caso di mancanza di elementi essenziali dell’offerta tecnica, ponendosi in questo senso:
a) sia la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo cui, mediante il soccorso istruttorio, non è consentito all’amministrazione aggiudicatrice di ammettere qualsiasi rettifica a omissioni che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, devono portare all’esclusione dell’offerente, non potendosi in questo modo né ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione fosse richiesta dai documenti dell’appalto, né giungere alla presentazione, da parte dell’offerente interessato, di quella che in realtà sarebbe una nuova offerta (Corte di giustizia UE, sez. VIII, sentenza 28 febbraio 2018, nelle cause riunite C- 523/16 e C-536/16, MA.T.I. SUD Spa/Centostazioni Spa e Duemme SGR Spa/CNPR; id., sez. VIII, sentenza 10 maggio 2017, C-131/16, Archus);
b) sia la giurisprudenza nazionale, sviluppatasi in particolare sulla inapplicabilità del soccorso istruttorio alla fattispecie della esclusione dalla gara per mancata separata indicazione degli oneri di sicurezza aziendale interni (Cons. Stato, Ad. plen., 20 marzo 2015, n. 3; successivamente alla previsione di puntuale disciplina di cui al combinato disposto degli artt. 95, comma 10 e 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016, cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 febbraio 2018, n. 815 e sez. V, 28 febbraio 2018, n. 1228). 7.1. A tale consolidata giurisprudenza ha dato seguito anche il d.lgs. n. 36 del 2023 che all’art. 10 prevede espressamente che “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese” (comma 3). Pertanto, le caratteristiche indefettibili (ossia i requisiti minimi) delle prestazioni o del bene previste dalla lex specialis di gara costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva. Le difformità dell’offerta tecnica che rivelano l’inadeguatezza del progetto proposto dall’impresa offerente rispetto a essi, legittimano l’esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, in quanto determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo negoziale.
In tal senso, già il richiamato art. 46, comma 1- bis del d.lgs. n. 163 del 2006 – cha ha introdotto il principio di tassatività delle cause di esclusione – esordiva affermando che “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali […].
7.2. Tenuto conto della effettiva portata del principio invocato dalla società appellante, correttamente il primo giudice ha rilevato che nello spettro morfologico delle clausole escludenti enucleate dalla giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 26 aprile 2018, n.4), con conseguente onere di impugnazione immediata del bando di gara, rientrano anche le “clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale” (si veda Cons. Stato sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5671), “regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (così l’Adunanza plenaria n. 3 del 2001)”, “disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (cfr. Cons. Stato sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980)”, e “condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2011 n. 6135; Cons. Stato, sez. III, 23 gennaio 2015 n. 293)”.
L’appellante ha, in particolare, censurato la decisione in quanto l’inserimento nella busta “economica” del ribasso offerto viola la legge di gara, che non è nulla sul punto in quanto non viola il principio di tassatività delle cause di esclusione, è in contrasto con il principio di autoresponsabilità e viola il principio di segretezza.
10.1. La legge di gara stabilisce che:
– il plico telematico è composto dalle “buste interne relative alla documentazione amministrativa ed all’ offerta economica” (par. 1.2 del disciplinare);
– “l’inserimento di elementi concernenti il prezzo in documenti non contenuti nella “Busta economica”, costituisce causa di esclusione” (par. 1.2 del disciplinare);
– “nel caso vi sia all’interno della Busta Amministrativa, elementi o riferimenti ad aspetti economici riguardante l’offerta, gli operatori economici verranno esclusi dalla procedura di gara” (capo 3 del disciplinare).
Entrambe le clausole da ultimo richiamate comminano l’esclusione per l’inserimento di elementi dell’offerta economica nella “busta amministrativa”.
10.2. Il Tar le ha ritenute invalide per violazione del principio di tassatività di cui all’art. 10 comma 2 del d. lgs. n. 36 del 2023, dal momento che non trovano riscontro negli art. 94 e 95 del d. lgs. n. 36 del 2023.
10.3. Le suddette clausole del bando non violano il principio di tassatività di cui all’art. 10 comma 2 del d. lgs. n. 36 del 2023.
Con l’art. 10 del d. lgs. n. 36 del 2023 si dispone che:
– “I contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite dal codice” (comma 1);
– “Le cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 sono tassative e integrano di diritto i bandi e le lettere di invito; le clausole che prevedono cause ulteriori di esclusione sono nulle e si considerano non apposte” (comma 2);
– “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all’esercizio dell’attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese” (comma 3). La disposizione non stabilisce che i partecipanti alla gara possono essere esclusi solo in ragione delle cause escludenti di cui agli artt. 94 e 95 del d. lgs. n. 36 del 2023, riguardanti le cause di esclusione automatica e non automatica per mancanza dei requisiti generali, nel senso che queste esauriscono il novero delle possibili cause di esclusione. Osta a una tale interpretazione lo stesso decreto, laddove stabilisce altre cause di esclusione in articoli diversi dai richiamati artt. 94 e 95 (ad esempio per mancanza dei requisiti di ordine speciale di cui all’art. 100), che sono richiamati per relationem nel comma 1 (“I contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite dal codice”).
In tale contesto va inquadrato il comma 2, in base al quale “Le cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 sono tassative”. La previsione, riferita, anche quanto a formulazione letterale, alle sole cause escludenti di cui all’art. 94 e 95 del d. lgs. n. 36 del 2023, vuole significare che detti articoli contengono la completa attuazione dell’art. 57 della direttiva n. 2014/24/UE (al quale si riferisce la relazione), inibendo la previsione di ulteriori cause escludenti e la diversa configurazione delle stesse a presidio dei requisiti di ordine generale. E ciò in coerenza con il divieto di gold plating di cui all’art. 1 comma 2 lett. a) della legge di delega n. 78 del 2022, attuata dal d. lgs. n. 36 del 2023, in base alla quale, fra gli obiettivi del decreto legislativo di attuazione, è previsto quello del “perseguimento di obiettivi di stretta aderenza alle direttive europee, mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse”.
E l’obiettivo di stretta aderenza alle direttive ha imposto di considerare che l’art. 57 della direttiva n. 2014/24/UE riconosce allo Stato membro solamente il potere di prevedere, o meno, le cause di esclusione di cui al par. 4 e di specificare le condizioni di applicazione del presente articolo (par. 7), così vincolandolo a non introdurne di ulteriori.
L’inibizione all’introduzione di cause di esclusione poste a presidio dei requisiti di ordine generale, che deriva dalla previsione di tassatività delle stesse, è volta altresì a “invitare” il “legislatore in futuro” a non “giustapporre in ogni momento norme speciali e asistematiche alla disciplina codicistica” (così la relazione) e a vietare alla stazione appaltante di introdurne di ulteriori (“le clausole che prevedono cause ulteriori di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”, così l’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 10 del d. lgs. n. 36 del 2023).
Ma la tassatività dettata nel comma 2 con riferimento alle cause escludenti di cui agli artt. 94 e 05 del d. lgs. n. 36 del 2023 non ha impedito al legislatore di prevedere, nell’ultimo comma dell’art. 10 del d. lgs. n. 36 del 2023, la facoltà della stazione appaltante di “introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto”, sicché la tassatività elle cause di esclusione di cui agli artt. 94 e 95 non si riverbera su ogni aspetto della disciplina di gara, principiando dai requisiti di ordine speciale.
Atteso che le previsioni della legge di gara che vengono qui in evidenza non attengono ai requisiti di ordine generale di cui all’art. 57 della direttiva n. 2014/24/UE, così come attuata dagli artt. 94 e 95 del d. lgs. n. 36 del 2023, esse non possono essere ritenuto invalide per violazione della regola di tassatività dettata dall’art. 10 comma 2 del d. lgs. n. 36 del 2023.
Del resto, per quanto di interesse in questa sede, l’art. 107 del d. lgs. n. 36 del 2023 stabilisce che gli appalti sono aggiudicati previa verifica, fra l’altro, che “l’offerta è conforme alle previsioni contenute nel bando di gara o nell’invito a confermare l’interesse nonché nei documenti di gara” (comma 1 lett. a).
Tanto basta per riformare sul punto la sentenza impugnata, con la quale il Tar ha accolto il ricorso ritenendo che le “clausole della lex specialis di gara secondo cui «l’inserimento di elementi concernenti il prezzo in documenti non contenuti nella “Busta economica”, costituisce causa di esclusione» e «nel caso vi sia all’interno della Busta Amministrativa, elementi o riferimenti ad aspetti economici riguardante l’offerta, gli operatori economici verranno esclusi dalla procedura di gara», non trovando riscontro negli art. 94 e 95 del d. lgs. n. 36 del 2023, devono ritenersi affette da nullità” per violazione del principio di tassatività di cui all’art. 10 comma 2 del d. lgs. n. 36 del 2023, e in ogni caso, “essendo state, come sopra rilevato, ritualmente impugnate da parte ricorrente, devono ritenersi illegittime perché contrastanti con la disposizione richiamata”. In presenza di una siffatta legge di gara non è invece necessario giustificare la sanzione espulsiva facendo riferimento a principi generali come quello di fiducia, del risultato e di segretezza (che quindi non necessitano di essere spesi a tal fine e approfonditi), soccorrendo sul punto specifiche disposizioni del disciplinare.
Infondata è la censura con cui si deduce che tale clausola della lex specialis sarebbe nulla/illegittima perché contra legem rispetto alla previsione normativa dell’art. 10, comma 2, D.lgs. 36/2023 secondo cui “le clausole che prevedono cause ulteriori di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”. Nel caso di specie, infatti, l’amministrazione, nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, ha ritenuto che il sopralluogo “assistito” fosse indispensabile alla formulazione di un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto, basata su una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi. In tale prospettiva, quindi, il sopralluogo è strettamente connesso alla formulazione dell’offerta e ne costituisce un elemento essenziale. Qualora la lex specialis contempli, come nella specie, l’obbligatorietà del sopralluogo, con le modalità indicate, ai fini della presentazione dell’offerta, l’omissione di tale adempimento si configura, invero, più che come una causa di esclusione di natura formale, come un’ipotesi di carenza sostanziale dell’offerta e del suo contenuto.
E ciò trova conferma anche nella disposizione di cui all’art. 92, comma 1, del D.Lgs. n. 36 del 2023, secondo cui “Le stazioni appaltanti, fermi quelli minimi di cui agli articoli 71, 72, 73, 74, 75 e 76, fissano termini per la presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte adeguati alla complessità dell’appalto e al tempo necessario alla preparazione delle offerte, tenendo conto del tempo necessario alla visita dei luoghi, ove indispensabile alla formulazione dell’offerta, e di quello per la consultazione sul posto dei documenti di gara e dei relativi allegati”. […]
L’obbligo imposto dalla lex specialis di gara di effettuazione del sopralluogo, con le modalità indicate all’art. 11 del disciplinare, preliminare alla presentazione dell’offerta, è, invero, da ritenersi strumentale a garantire una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi funzionale alla miglior valutazione dei servizi da effettuare, non potendosi ritenere a tal fine sufficiente la descrizione riportata negli atti di gara; e la presenza del rappresentante dell’amministrazione al sopralluogo, espressamente richiesta dal disciplinare di gara, non può ritenersi adempimento inutile e meramente formale essendo ragionevolmente finalizzato a garantire la serietà del sopralluogo e la effettiva visione di tutti i luoghi necessari, anche delle zone non accessibili perché chiuse a chiave; così garantendo l’interesse al miglior esito della procedura e alla serietà ed affidabilità delle offerte presentate dalle concorrenti (in tal senso, cfr. Cons. Stato, sent. n. 1037 del 2018; sent. n.3675 del 2024).
– con la prima censura parte ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 23 Cost., 1, 2, 5, 10 co. 2, 92 co. 1 e 101 d. lgs. n. 36/23, 1 l. n. 241/90 e del paragrafo 10 del disciplinare di gara, violazione dei principi generali in materia di massima partecipazione e di divieto di aggravio del procedimento, proporzionalità, correttezza e buona amministrazione ed eccesso di potere sotto vari profili evidenziando l’illegittimità dell’esclusione per mancato espletamento del sopralluogo che, in realtà, sarebbe stato, in concreto, effettuato anche se non attestato dal modello 4 relativo alla presa visione dei luoghi con ivi apposto il timbro del Comune di Fonte Nuova. Inoltre, la clausola che prescrive l’esclusione per mancato espletamento del sopralluogo sarebbe nulla perché violativa del principio di tassatività, dei principi di massima partecipazione e di divieto di aggravamento del procedimento e dell’art. 92 d. lgs. n. 36/23 il quale si limiterebbe a prevedere la necessità che i termini per la presentazione delle offerte siano calibrati in modo tale che gli operatori interessati possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte, senza, dunque, che ne derivino effetti espulsivi automatici in caso di mancato adempimento. In ogni caso, la clausola del bando dovrebbe essere interpretata restrittivamente nel senso di consentire il soccorso istruttorio in casi, come quello in esame, in cui il sopralluogo sarebbe stato realmente effettuato anche se non con la modalità “assistita” prescritta dalla stazione appaltante e, comunque, nell’ipotesi in esame il sopralluogo non sarebbe essenziale ai fini della formulazione dell’offerta anche perché i relativi elementi di fatto sarebbero presenti nel progetto definitivo posto dalla stazione appaltante a base di gara;
– il motivo è fondato secondo quanto in prosieguo specificato;
– la procedura oggetto di causa è stata indetta con determina a contrarre n. 1090 del 01/09/23, con successiva pubblicazione del relativo bando, e, pertanto, è assoggettata alla disciplina del d. lgs. n. 36/23 così come previsto dall’art. 229 del testo normativo in questione; – nessuna disposizione del d. lgs. n. 36/23 prevede il sopralluogo quale adempimento necessario per la formulazione dell’offerta; – in questo senso, non può essere utilmente invocato l’art. 92 comma 1 d. lgs. n. 36/23, secondo cui “le stazioni appaltanti, fermi quelli minimi di cui agli articoli 71, 72, 73, 74, 75 e 76, fissano termini per la presentazione delle domande di partecipazione e delle offerte adeguati alla complessità dell’appalto e al tempo necessario alla preparazione delle offerte, tenendo conto del tempo necessario alla visita dei luoghi, ove indispensabile alla formulazione dell’offerta, e di quello per la consultazione sul posto dei documenti di gara e dei relativi allegati”; – infatti, la disposizione non può essere interpretata nel senso di consentire alla stazione appaltante di prescrivere il sopralluogo a pena di esclusione dalla gara ma va intesa semplicemente come precetto indirizzato esclusivamente all’amministrazione al fine di vincolarla a parametrare i termini di partecipazione alla gara agli adempimenti propedeutici alla formulazione dell’offerta; – ciò è confermato dal titolo dell’articolo 92 che recita “fissazione dei termini per la presentazione delle domande e delle offerte”;
– tale opzione ermeneutica è coerente con il principio dell’accesso al mercato previsto dall’art. 3 d. lgs. n. 36/23 secondo cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”, il quale, ai sensi dell’art. 4 del medesimo testo normativo, costituisce criterio primario per l’applicazione e l’interpretazione delle altre disposizioni del vigente codice degli appalti;
– del resto, l’art. 92 comma 1 d. lgs. n. 36/23 presenta una disciplina simile a quella del previgente art. 79 d. lgs. n. 50/16 il quale, secondo il giudice di appello, non era idoneo a costituire il supporto normativo legittimante l’esclusione per mancato espletamento del sopralluogo e ciò “per la formulazione dell’art. 79, comma 2, che fa sì riferimento alle ipotesi in cui “le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara”, ma solo per farne conseguire la necessità che i termini per la presentazione delle offerte siano calibrati in modo che gli operatori interessati “possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte”, senza, dunque, derivarne effetti espulsivi automatici in caso di mancato compimento” (Cons. Stato n. 575/21; nello stesso senso Cons. Stato n. 3581/19 ivi richiamata);
– se nessuna prescrizione del codice o, comunque, di altra legge riconosce alla stazione appaltante la possibilità di imporre il sopralluogo a pena di esclusione ne deriva che il paragrafo 10 del disciplinare di gara che tale conseguenza prevede è nullo per violazione del principio di tassatività disciplinato dall’art. 10 commi 1 e 2 d. lgs. n. 36/23 secondo cui:
“1. I contratti pubblici non sono affidati agli operatori economici nei confronti dei quali sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione espressamente definite dal codice.
2. Le cause di esclusione di cui agli articoli 94 e 95 sono tassative e integrano di diritto i bandi e le lettere di invito; le clausole che prevedono cause ulteriori di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”;
– va, in proposito, rilevato che, nel nuovo codice, il principio di tassatività ha una valenza ed un ambito applicativo più stringenti rispetto alla disciplina del previgente art. 83 comma 8 d. lgs. n. 50/16 il quale stabiliva che “le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite…I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”;
– ciò è desumibile dalla collocazione del principio di tassatività tra i principi generali del nuovo codice (a differenza della disciplina previgente in cui la tassatività era trattata nell’ambito della disciplina concernente i requisiti di ordine speciale) e dalla strumentalità della tassatività rispetto al fondamentale principio dell’accesso al mercato, di cui all’art. 3 d. lgs. n. 36/23;
– ne deriva che, nel nuovo codice, le deroghe al principio di tassatività devono essere interpretate restrittivamente e con maggior rigore rispetto alla disciplina previgente;
– nello stesso senso, va riguardato il tenore letterale dell’art. 10 d. lgs. n. 36/23 che, nel ribadire espressamente la valenza necessariamente eterointegrativa delle cause di esclusione previste dagli artt. 94 e 95, attribuisce ad esse i requisiti di tassatività ed esclusività tanto che “le clausole che prevedono cause ulteriori [rispetto, appunto, a quelle degli artt. 94 e 95] di esclusione sono nulle e si considerano non apposte”. In tal modo, il d. lgs. n. 36/23 prevede una disciplina più rigorosa rispetto a quella del previgente art. 83 comma 8 d. lgs. n. 50/16 il quale escludeva, dalla nullità per violazione del principio di tassatività, anche le prescrizioni previste “da altre disposizioni di legge vigenti”, inciso che non è rinvenibile nel nuovo codice;
– per queste ragioni non può, nel vigente quadro normativo, essere condiviso l’orientamento giurisprudenziale (per il quale, da ultimo, TAR Lazio – Latina n. 414/23), formatosi in relazione all’abrogato art. 83 d. lgs. n. 50/16, secondo cui l’obbligo di sopralluogo riveste un ruolo sostanziale e non meramente formale, consentendo ai concorrenti di formulare un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto;
– quanto fin qui evidenziato induce il Collegio a ritenere che, nella vigenza del d. lgs. n. 36/23, il sopralluogo non possa essere previsto dalla stazione appaltante come adempimento a pena di esclusione dalla gara;
– ne consegue l’illegittimità, per violazione del principio di tassatività, del profilo motivazionale del gravato provvedimento del 15/11/23 laddove prevede, quale causa di esclusione della ricorrente dalla gara, il mancato espletamento del sopralluogo nelle forme prescritte dalla lex specialis e ciò a prescindere dalla circostanza, pure prospettata nella censura e meritevole di adeguata considerazione, circa l’effettività dell’avvenuto espletamento del sopralluogo anche se con modalità diverse da quelle “assistite” prescritte dalla stazione appaltante;
Vanno richiamati, inoltre, i principi più volte affermati da questo Consiglio sui limiti dimensionali imposti alla formulazione della relazione tecnica allegata all’offerta, in base ai quali, da un lato, “la prescrizione sul numero massimo delle pagine della relazione tecnica allegata all’offerta deve essere interpretata cum grano salis” (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 18 agosto 2023, n. 7815) e, dall’altro, “il ricorrente, che intenda valorizzare la violazione [del limite di pagine imposto dalla lex specialis], deve fornire prova – anche solo presuntiva – che la violazione si sia (non solo effettivamente, ma anche specificamente: cioè a dire con riguardo alla puntuale incidenza dello sforamento quantitativo sul margine di valutazione della proposta negoziale) tradotta in un indebito vantaggio per il concorrente a danno dell’altro” (Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2021 n. 5112; Id., 9 novembre 2020, n. 6857; Id., 2 ottobre 2020, n. 5777; Id., sez. III, 25 marzo 2021, n. 2516).
Va appurato se quanto richiesto dal paragrafo 17.2 del disciplinare di gara costituisca un elemento essenziale afferente all’offerta economica, in quanto tale ineludibilmente necessario per qualificarla e informarla e, pertanto, legittimo perché rientrante nel perimetro delle tassative cause di esclusione di cui all’articolo 83 del d.lgs. n. 50/2016, o se, al contrario, si tratti una clausola volta a permettere alla stazione appaltante una calibrata valutazione di congruità dell’offerta presentata dalle partecipanti alla gara, altresì preordinata a consentire una dissimulata forma di verifica preventiva della sua eventuale anomalia.
Dal combinato disposto dei paragrafi 17.1 e 17.2 del disciplinare di gara si evince che, mentre oggetto dell’offerta economica sono, nell’ordine, il costo unitario “posto bambino”, i costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, la dichiarazione conforme al Modulo OE1 contiene i costi degli elementi di calcolo del prezzo offerta, “che devono risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche del servizio oggetto di offerta”.
Il paragrafo 17.1 appare, pertanto, pienamente coerente con la previsione normativa di cui all’articolo 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, la quale individua gli elementi essenziali che devono accompagnare l’offerta economica (richiedendo proprio l’indicazione dei costi della manodopera e degli oneri aziendali in materia di salute e sicurezza). Il paragrafo 17.2, di contro, non trova nelle disposizioni normative settoriali alcun appiglio normativo, dovendosi ritenere che gli elementi aggiuntivi richiesti dall’amministrazione resistente fossero prodromici, come espressamente indicato dallo stesso disciplinare di gara, a consentire una specifica valutazione di congruità del costo unitario per posto/bambino dell’Asilo nido comunale offerto dalle imprese concorrenti, già peraltro specificatamente riportato all’interno dell’offerta economica regolarmente presentata in ottemperanza a quanto previsto dal paragrafo 17.1 del disciplinare.
È conseguentemente fondata la prospettazione di parte ricorrente, secondo cui, “non esistendo una norma di legge, né nel Codice dei Contratti, né altrove che richieda, a pena di esclusione, che l’offerta economica sia accompagnata da un documento ulteriore che contenga le giustificazioni del prezzo offerto, non è consentito alla stazione appaltante imporne la produzione all’operatore economico partecipante alla gara a pena di esclusione, e ciò sia tenuto conto della natura di tale atto, sia del principio generale di tassatività delle cause di esclusione dalle gare”.
Invero, qualificando il contenuto del paragrafo 17.2 del disciplinare di gara come una impropria forma di richiesta di “giustificazioni preventive” – il che non appare controvertibile alla luce del riferimento espresso che lo stesso disciplinare fa alla valutazione di congruità a cui esso è funzionale – trova applicazione il principio affermato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui “le giustificazioni preventive, originariamente previste dall’art. 87, d.lgs. n. 163 del 2006, non devono più essere richieste in sede di presentazione delle offerte, ma vengono in rilievo, solo in via eventuale, nella fase successiva di verifica dell’anomalia, se e in quanto l’offerta ne risulti sospetta, occorrendo quindi un segmento procedimentale successivo per la valutazione di congruità” (Cons. Stato, Sez. V, 15.03.2016, n. 1029, TAR Campania, Napoli, Sez. V, 23/10/2015, n. 5021). È di tutta evidenza che la valutazione di “congruità” appartenga quindi ad un segmento procedimentale successivo alla presentazione dell’offerta, e che la richiesta in sede di bando di gara di elementi volti a consentirla preventivamente si ponga in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione e con il correlato favor partecipationis a cui esso si ispira. Come invero recentemente ribadito dal Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26.05.2023, n. 5216), un consolidato principio giurisprudenziale “impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale; e dell’ulteriore principio di tassatività delle cause di esclusione dal quale deriva la necessità di interpretazione restrittiva di dette clausole”.
Il Collegio ritiene, quindi, che l’amministrazione appaltante abbia ecceduto il limite della propria discrezionalità nel qualificare come elemento necessario ai fini dell’offerta economica quanto previsto dal paragrafo 17.2 del disciplinare di gara, in violazione del sopra richiamato principio sancito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 22 del 2020. La clausola oggetto di censura è da ritenersi conseguentemente nulla, in quanto il principio di tassatività delle clausole di esclusione colpisce le clausole con le quali l’amministrazione impone ai concorrenti determinati adempimenti o prescrizioni ai fini dell’ammissione alla procedura di gara che non trovano alcuna base giuridica nelle norme che prevedono cause di esclusione (Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2022, n. 199 e giurisprudenza ivi richiamata, Cons. Stato, Sez. III, 7 luglio 2017, n. 3352; id., Sez. V, 23 agosto 2019, n. 5828; Cons. Stato, Sez. V, 4 agosto 2021, n. 5750; Cons. Stato, Sez. V, 23 novembre 2020, n. 7257 e giurisprudenza ivi richiamata, Ad. plen. 7 giugno 2012, n. 21; 16 ottobre 2013, n. 23; 25 febbraio 2014, n. 9).
Deve in primo luogo osservarsi che la previsione del suindicato onere documentale, distinto ed autonomo rispetto a quello da rispettare in sede di presentazione da parte dell’aggiudicatario dei documenti necessari all’esecuzione dell’intervento conforme alle migliorie offerte, ha una sua propria ragion d’essere, correlata all’esigenza della stazione appaltante di disporre già in sede di gara, ed ai fini della valutazione delle offerte, di sufficienti garanzie (come appunto quella rappresentata dalla sottoscrizione degli elaborati descrittivi delle proposte migliorative da parte di un tecnico abilitato) di attendibilità, fattibilità e funzionalità delle prestazioni migliorative proposte.
9. Né tale requisito documentale può considerarsi assorbito e/o reso superfluo dalla sottoscrizione dell’offerta tecnica da parte del concorrente (ovvero, nel caso di partecipazione collettiva, da parte delle imprese costituenti il RTI offerente), assolvendo i due adempimenti a distinte e non sovrapponibili finalità.
Mentre infatti la sottoscrizione dell’offerta da parte del concorrente costituisce la manifestazione volitiva dell’impegno dallo stesso assunto in ordine agli obblighi che da essa discendono, a garanzia della serietà e della vincolatività della medesima offerta, la sottoscrizione degli elaborati tecnici da parte di soggetto all’uopo qualificato ed abilitato rappresenta l’attestazione da parte di soggetto in possesso della necessaria competenza professionale e specialistica della rispondenza dei contenuti migliorativi – e quindi intrinsecamente innovativi rispetto al progetto esecutivo posto a base di gara – dell’offerta alle pertinenti norme tecniche, quale solo un soggetto in possesso della prescritta abilitazione è in grado di formulare: distinzione che trova riscontro nello stesso art. 16 del disciplinare, laddove richiede, come si è detto, la sottoscrizione sia del concorrente sia (“anche”) del tecnico abilitato.
10. Non rileva, da tale punto di vista, che l’impresa offerente sia in possesso delle attestazioni necessarie a qualificarla ai fini della partecipazione alle procedure di gara che abbiano ad oggetto l’esecuzione di una attività di progettazione, rispetto alle quali quella in discorso (che ha ad oggetto la sola esecuzione dell’intervento) rappresenterebbe un “minus”, attenendo la stessa, come si evince dalle stesse disposizioni richiamate dalla appellante, alla dimostrazione dei requisiti necessari (ergo, al possesso delle idonee dotazioni professionali e strumentali) ai fini della successiva realizzazione della suddetta attività di progettazione, fermo restando che la concreta esecuzione dell’incarico di progettazione deve avvenire ad opera – ed attraverso la sottoscrizione dei documenti nella cui elaborazione è destinato a tradursi – di professionista abilitato: ciò che trova conferma nella disposizione (art. 24, comma 5, primo periodo d.lvo n. 50/2016) richiamata dal giudice di primo grado, ai sensi della quale “indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario l’incarico è espletato da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, personalmente responsabili e nominativamente indicati già in sede di presentazione dell’offerta, con la specificazione delle rispettive qualificazioni professionali”.
Del resto, proprio il fatto che la gara di cui si tratta non ha ad oggetto l’attività di progettazione e non richiede, coerentemente, alcuna specifica qualificazione sul punto in capo ai concorrenti rende irrilevante il possesso in capo alla appellante dei relativi requisiti, esaltando invece la funzionalità della richiesta sottoscrizione delle relazioni sulle proposte migliorative da parte di un tecnico abilitato (non ai requisiti di partecipazione alla gara, ma) alla attendibilità e validità dell’offerta.
In tale ottica, non è ravvisabile alcun contrasto della interpretazione fatta propria dal T.A.R. con il principio eurounitario di neutralità della forma giuridica prescelta dal partecipante alla gara, essendo il suddetto onere documentale prescritto indipendentemente dalla forma partecipativa (in linea con il citato art. 24, comma 5, d.lvo n. 50/2016, il cui incipit è appunto formulato: “Indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto affidatario…”), in quanto rispondente ad una esigenza di carattere “trasversale” attinente ai requisiti di affidabilità e serietà dell’offerta (piuttosto che alla qualificazione del concorrente).
11. Ugualmente non dirimente, in presenza di una chiara – e non impugnata – prescrizione della lex specialis intesa a riferire il suddetto onere documentale agli elaborati descrittivi delle proposte migliorative indipendentemente dal relativo effetto modificativo del progetto a base di gara, è lo specifico contenuto (progettuale o meno) degli elaborati concretamente prodotti dalla appellante.
In primo luogo, invero, deve ritenersi che anche elaborati non aventi natura strettamente progettuale né, quindi, finalità o valenza modificativa del progetto posto a base di gara richiedano adeguate garanzie circa la conformità delle soluzioni proposte alle pertinenti norme tecniche e la loro funzionalità all’obiettivo migliorativo complessivamente perseguito, in linea con i criteri di valutazione qualitativa prefissati dalla stazione appaltante: garanzia che appunto rinviene il suo momento fondante, secondo le non irragionevoli valutazioni della stazione appaltante tradotte nelle corrispondenti previsioni della lex specialis, nella sottoscrizione dei medesimi elaborati da parte di soggetto abilitato.
Inoltre, la circostanza – evidenziata dalla parte appellante – per la quale non erano previste (ma anzi espressamente vietate) varianti progettuali non esclude che potessero rivestire rilievo progettuale le migliorie proposte, incidendo comunque le stesse sui corrispondenti aspetti della progettazione esecutiva posta a base di gara ed essendo quindi destinate – mediante gli elaborati da presentare in sede di stipulazione del contratto – a specificarli e/o ad integrarsi armonicamente con gli stessi: ne consegue che così come il progetto esecutivo deve essere redatto da tecnici abilitati, un elementare principio di simmetria esige che analoga qualificazione debba richiedersi in capo all’ideatore degli interventi migliorativi destinati ad incidere ed integrarsi con il progetto medesimo, attesa l’evidente equivalenza dei titoli occorrenti ai fini della predisposizione del documento originario e di quelli necessari ai fini della sua modifica/integrazione.
12. Né a diversa conclusione potrebbe pervenirsi facendo leva sulla distinzione, prefigurata dalla parte appellante ed a suo dire rimessa alla scelta del concorrente, tra la produzione di proposte migliorative che, senza modificarlo, affiancassero il progetto già approvato contenendo nuove soluzioni aventi comunque natura progettuale, per le quali soltanto sarebbe stata necessaria la sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato, e proposte migliorative che non avessero tale natura e non richiedessero pertanto la sottoscrizione di un progettista, come quelle da essa asseritamente proposte: basti osservare in senso contrario che, come anche evidenziato dal T.A.R., l’art. 16 del disciplinare non reca alcuna distinzione siffatta, ma àncora l’onere documentale in discorso alle proposte migliorative tout court.
Infondata, da tale punto di vista, è anche la deduzione di parte appellante secondo cui l’onere in questione sarebbe prescritto solo “ove previsto”, trovando in realtà tale inciso giustificazione nel fatto che l’applicazione della sanzione consistente nella mancata valutazione degli aspetti migliorativi dell’offerta tecnica non correttamente documentati è circoscritta agli elaborati per i quali quella sottoscrizione è prevista dalla lex specialis e non, come ritenuto dalla parte appellante, nella pretesa volontà della stazione appaltante di discernere tra i casi in cui la proposta migliorativa avesse valenza progettuale da quelli in cui non la possedesse.
A tanto deve aggiungersi che il disciplinare di gara non richiedeva che le proposte migliorative venissero rappresentate mediante specifici elaborati progettuali, ma attraverso apposite “relazioni tecniche”, essendo riservata alla fase della stipulazione la presentazione da parte dell’aggiudicatario delle relative trasposizioni progettuali: sì che la tesi della parte appellante, secondo la quale la natura non progettuale delle proposte migliorative le sottrarrebbe al rispetto del requisito in discorso, si tradurrebbe in una forma di indiretta (e non consentita) disapplicazione della clausola suindicata.
Né può trascurarsi che proprio il già sottolineato carattere innovativo delle proposte migliorative rispetto alle soluzioni progettuali poste dalla stazione appaltante a base di gara richiedeva che le stesse fossero adeguatamente descritte e documentate con i requisiti di attendibilità e fattibilità previsti dalla lex specialis, cui è riconducibile la previsione de qua.
[…] 14. Né del resto può ritenersi che quello di cui si discute integri un onere sproporzionato e come tale incompatibile con l’esigenza di favorire la partecipazione alla gara, non essendo meritevole di tale qualificazione, a fronte della obiettiva finalità che l’adempimento in discorso è inteso a realizzare come innanzi evidenziata, la mera sottoscrizione del documento rappresentativo delle migliorie offerte da parte di un tecnico abilitato (tanto più in quanto la stessa appellante ne dichiara la presenza all’interno del suo staff, ciò che rende a fortiori inescusabile la relativa omissione).
Quanto poi al dedotto contrasto della suindicata previsione del disciplinare con il principio di tassatività delle cause di esclusione, deve osservarsi che essa, così come interpretata dal T.A.R., non comporta l’espulsione del concorrente inosservante dalla gara, ma la mancata valutazione degli aspetti qualitativi della sua offerta non correttamente (recte, mediante relazioni tecniche sottoscritte anche da tecnico abilitato) esternati.
Nemmeno sono pertinentemente invocati i precedenti giurisprudenziali in base ai quali l’esclusione dell’offerta è ammessa solo quando sussista l’incertezza assoluta in ordine alla sua riconducibilità al concorrente, essendo i relativi principi applicabili solo quando la lex specialis non contenga specifiche disposizioni intese a dettagliare gli oneri formali (ma aventi, come si è detto, una chiara motivazione sostanziale) dell’offerta medesima.
15. Deve solo aggiungersi che la soluzione raggiunta è in linea con le pregresse pertinenti statuizioni giurisprudenziali.
Si è infatti affermata, in presenza di clausole della lex specialis prescriventi il suddetto requisito, la necessità di “valorizzare la valenza della sottoscrizione del professionista abilitato in materie caratterizzate da elevata tecnicità”, atteso che “qualora la relazione di calcolo (come, ad altro fine, il progetto) rappresenta elemento costitutivo dell’offerta tecnica, la sua mancata sottoscrizione da parte di un tecnico abilitato si traduce nella mancanza di un suo elemento essenziale, costituendo la sottoscrizione un’imprescindibile garanzia a tutela della serietà e sostenibilità delle soluzioni tecniche proposte, in quanto comporta un’assunzione di responsabilità tecnica da parte del progettista. Tale aspetto, al contrario, non è ravvisabile nella sottoscrizione delle relazioni di calcolo da parte del legale rappresentante dell’impresa, seppure qualificata al rilascio delle relazioni di calcolo ex d.m. n. 37 del 2000, in quanto differente è il titolo speso sotto il profilo dello status professionale”, aggiungendosi che la circostanza per la quale la relazione “attenga alla dimostrazione delle caratteristiche termiche ed igrometriche migliorative, nulla sposta circa la questione, formale e funzionale, della sottoscrizione da parte di professionista abilitato” (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 maggio 2021, n. 3833).
A giudizio della parte ricorrente, il punto 5.5 dell’Avviso esplorativo pubblicato dal Conservatorio di Milano, nella parte in cui consente la partecipazione alla gara soltanto a coloro che dimostrino “di non avere debiti o morosità e neppure liti pendenti nei confronti di Amministrazioni Pubbliche a qualsiasi titolo o comunque di provvedere a sanare la propria posizione debitoria entro il termine di scadenza del bando”, risulterebbe nullo per violazione dell’art. 83, comma 8, del D. Lgs. n. 50 del 2016, rientrando tale prescrizione nella categoria dei requisiti di ordine generale non previsti dalla legge e la cui introduzione in sede di lex specialis non risulterebbe ammessa.
Tale conclusione non è condivisa dal Collegio che – re melius perpensa rispetto alla decisione assunta in fase cautelare – ritiene di aderire all’orientamento del Giudice d’appello, secondo il quale «il principio di tassatività delle cause di esclusione si applica unicamente alle procedure di gara disciplinate dal Codice dei contratti pubblici in via diretta ovvero per autovincolo dell’amministrazione procedente (Cons. Stato, V, 9 giugno 2015, n. 2839);
– allo stato, il vigente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016 stabilisce all’art. 164 comma 2 che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”;
– la norma di attuale riferimento della questione individua dunque la normativa applicabile alle procedure di aggiudicazione delle concessioni tramite un rinvio per “temi” e non per articoli, e postula altresì l’espressione di un giudizio di compatibilità della relativa disciplina con l’oggetto di regolazione tramite rinvio» (Consiglio di Stato, V, 17 maggio 2022, n. 3861).
Di conseguenza non è possibile applicare, de plano, alle concessioni di beni pubblici o di servizi l’art. 83, comma 8, considerato che si è al cospetto di una figura peculiare attraverso la quale si determina «l’assunzione in capo all’affidatario del rischio operativo legato alla sua gestione [art. 3 comma 1 lettera zz) e art. 165 comma 1 Codice contratti; Cons. Stato, III, 3 agosto 2020, n. 4910; 18 giugno 2020, n. 3905; VI, ordinanza 6 dicembre 2019, n. 6073; V, 28 marzo 2019, n. 2065; III, 11 gennaio 2018, n. 127; VI, 16 luglio 2015, n. 3571; 14 ottobre 2014, n. 5065], nell’ambito dell’equilibrio economico finanziario proprio dell’istituto [art. 3 comma 1 lett. fff) e art. 165 comma 2 Codice contratti].
Agli espressi fini del raggiungimento di tale equilibrio, l’art. 165 comma 2 del Codice contratti prevede, tra altro, che l’amministrazione aggiudicatrice possa stabilire in sede di gara “un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili. Il contributo, se funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario, può essere riconosciuto mediante diritti di godimento su beni immobili nella disponibilità dell’amministrazione aggiudicatrice la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all’opera affidata in concessione”.
Indi, accanto all’affidamento del servizio, l’amministrazione può concedere l’utilizzo dei beni necessari all’esercizio dell’attività, così integrando anche una concessione di bene pubblico (C.G.A.R.S., 24 marzo 2021, n. 247).
A sua volta, l’art. 172 comma 1 del Codice contratti, nel disporre in linea generale le regole di selezione e valutazione qualitativa degli aspiranti concessionari, prevede che le stazioni appaltanti verifichino le condizioni di partecipazione anche sotto il profilo della loro “capacità finanziaria ed economica” e ciò “sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova”.
Si tratta di una potestà non illimitata: l’art. 172 comma 1, con una disposizione non dissimile a quella dettata dal precedente art. 83 comma 2 per i contratti di appalto, stabilisce che “Le condizioni di partecipazione sono correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione e dell’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva”» (Consiglio di Stato, V, 17 maggio 2022, n. 3861).
Tenuto conto che la prescrizione di cui al punto 5.5 dell’Avviso pubblico è inserita nell’ambito di una lex specialis che non si è vincolata in linea generale all’applicazione delle norme del Codice dei contratti pubblici, e avendo la Stazione appaltante ritenuto di procedere alla verifica dell’affidabilità dei partecipanti alla gara non solo da un punto di vista formale, ma anche sostanziale, attraverso un accertamento della capacità finanziaria ed economica dei partecipanti alla procedura, ne risulta un diretto collegamento con l’oggetto dell’affidamento, costituito dalla cessione (anche) di un bene pubblico, a fronte del pagamento di un canone predeterminato. Ciò risulta coerente con la previsione di cui all’art. 172, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, secondo la quale è assolutamente proporzionato pertinente all’oggetto della concessione procedere a una verifica delle capacità dell’operatore economico di gestire la predetta concessione, unitamente alla sua affidabilità e integrità.
Ne risulta l’inapplicabilità del disposto di cui all’art. 83, comma 8, del D. Lgs. n. 50 del 2016 alla procedura de qua. Pertanto, legittimamente l’Ente resistente ha introdotto la clausola di cui punto 5.5 dell’Avviso esplorativo di manifestazione di interesse, cui poi ha fatto seguito, quale atto dovuto, l’esclusione della ricorrente dalla procedura, in ragione della morosità accumulata da quest’ultima nel corso del pregresso rapporto concessorio (relativo al periodo 2015-2021).
9. A monte, tuttavia, il Tribunale ritiene che la clausola di cui trattasi – come il corrispondente requisito previsto dall’art. 5, par. 5 del Disciplinare – sia nulla e debba essere quindi disapplicata (Cons. St., A.P., 22 ottobre 2020, n. 22), perché contrastante con il principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 83, comma 8, del Codice dei contratti pubblici). Come correttamente rappresentato dalla difesa del RTI controinteressato, infatti, la clausola recepisce una previsione di legge (l’art. 47, comma 4 del d.l. 77 del 2021, conv. in l. 108 del 2021) non applicabile alla procedura di cui trattasi.
9.1. L’art. 47 del d.l. 77 del 2021 limita il perimetro applicativo delle sue disposizioni (comma 1, “delle disposizioni seguenti”) “in relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal Regolamento (UE) 2021/240 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 febbraio 2021 e dal Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, nonché dal PNC”. Deve trattarsi, quindi, di investimenti correlati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) o al Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC), cui non appartiene il servizio oggetto della procedura in esame (di assistenza “all’esercizio delle funzioni dell’Autorità di Gestione regionale del Piano strategico della PAC 2023-2027”).
9.2. È opportuno evidenziare che la Regione, nel decreto con cui ha indetto la procedura (n. 2650 del 20.05.2022), si è espressa a favore dell’applicabilità degli obblighi previsti dall’art. 47 del d.l. 77 del 2021, pur dando atto della scarsa chiarezza del quadro normativo. La scelta è motivata in forza dell’ampia espressione contenuta nel successivo art. 48, comma 1, del medesimo d.l., secondo cui “le disposizioni del presente titolo” – cioè del Titolo IV della legge, rubricato “Contratti pubblici” e comprensivo anche dell’art. 47 – si applicano (oltre che agli investimenti del PNRR e del PNC) anche “alle procedure afferenti agli investimenti pubblici … finanziati, in tutto o in parte … dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea e delle infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse”. A queste è riconducibile, secondo la Regione, il servizio di cui trattasi, finanziato ad un tempo “con risorse del bilancio dell’Amministrazione contraente aderente all’Accordo quadro, nonché con risorse statali e dei fondi comunitari dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea”. 9.3. La tesi non è condivisibile. In presenza di due norme giuridiche dal contenuto evidentemente antinomico – quella derivante dall’art. 47, comma 1, nel suo riferirsi alle “disposizioni seguenti” dello stesso articolo, e quella che si trae dall’art. 48, comma 1, che ha ad oggetto tutte le “disposizioni del presente titolo” – deve attribuirsi prevalenza alla norma di carattere speciale e, quindi, all’art. 47. Quest’ultima disposizione, nell’individuare essa stessa il campo applicativo suo proprio, esclude che una disciplina difforme possa essere dettata ab externo, da altre norme e prevale quindi, senz’altro, sull’art. 48 che, nell’indistinto riferimento ad una pluralità di articoli (l’intero titolo), assume portata più generale. 9.4. Il criterio di risoluzione delle antinomie applicato (“lex specialis derogat generali”) di carattere strettamente logico, non può essere permeato da considerazioni valoriali, quale quelle operate dalla Regione a supporto di una interpretazione estensiva dell’art. 47 – attinenti alla ratio della disposizione e al suo perseguire apprezzabili “finalità relative alle pari opportunità generazionali e di genere” – che devono quindi respingersi. 9.5. In definitiva, non essendo la procedura relativa ad interventi finanziati con fondi del PNRR e del PNC ma a “programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea”, non poteva ad essa applicarsi l’art. 47 del d.l. 77 del 2021 e, con esso, la disposizione (comma 4) che impone le prescritte quote di occupazione giovanile e femminile. L’art. 5, par. 5 del Disciplinare, privato della sua base legislativa, viene dunque a costituire una condizione di partecipazione “a pena di esclusione” atipica, non prevista dal Codice o da altre disposizioni di legge, e pertanto nulla ai sensi dell’art. 83, comma 8 del Codice dei contratti pubblici.
7.1. Giova anzitutto ricordare che il Mercato Elettronico – secondo la definizione che ne offre il Codice dei Contratti – si pone come “uno strumento di acquisto e di negoziazione che consente acquisti telematici per importi inferiori alla soglia di rilievo europeo, basati su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via telematica” (v. art. 3, comma 1, lett. b)).
L’art. 36, comma 6, dello stesso codice prevede, in relazione ai contratti sotto soglia, che “le stazioni appaltanti possono procedere attraverso un mercato elettronico che consenta acquisti telematici basati su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via elettronica. Il Ministero dell’economia e delle finanze, avvalendosi di CONSIP S.p.A., mette a disposizione delle stazioni appaltanti il mercato elettronico delle pubbliche amministrazioni”.
Trattasi, come è evidente, di un sistema telematico del tutto innovativo nella realtà del nostro ordinamento giuridico, che coniuga le esigenze delle amministrazioni alle dinamiche del mercato, in un’ottica di massima trasparenza ed efficacia delle iniziative di acquisto di beni e di servizi.
Ed invero, lo strumento del MEPA è stato concepito nel nostro ordinamento al fine di assicurare la semplicità e la celerità delle procedure concorsuali, nonché la maggiore economicità, consentendo di ampliare la platea dei fornitori e riducendo, al contempo, i tempi e i costi della procedura concorsuale. L’iscrizione al MEPA, quindi, fornisce agli operatori economici la possibilità di interagire con le stazioni appaltanti pubbliche, secondo criteri di semplificazione e di tracciabilità, su una piattaforma digitale, alla quale peraltro è possibile accreditarsi attraverso un procedimento di abilitazione fondato su dati autocertificati dalla stessa impresa richiedente l’abilitazione. Tale iscrizione però, oltre a non poter surrogare né integrare il sistema di qualificazione professionale delle imprese (non sussistendo, all’evidenza, alcun nesso tra la dimostrazione del possesso di un requisito di idoneità professionale e la mera iscrizione su una piattaforma informatica), non può tradursi in uno strumento restrittivo della partecipazione alla gara, contravvenendo alle sue stesse finalità (id est: di semplificare e rendere più convenienti le procedure di acquisto delle Pubbliche Amministrazioni).
7.2. Tanto premesso in linea generale, il Collegio ritiene che, a prescindere dal fatto che l’iscrizione alla piattaforma informatica Me.PA sia stata qui intesa quale mera modalità procedimentale ovvero come requisito di qualificazione o di idoneità professionale, va comunque sempre data sostanziale prevalenza, rispetto alla mera procedimentalizzazione formale, alla garanzia della piena concorrenzialità e massima partecipazione alle gare, cui la stessa digitalizzazione è preordinata.
In altri termini la gara telematica e la digitalizzazione della procedura che essa presuppone (digitalizzazione che, come noto, è prevista dalla legge- ex artt. 40, comma 2, e 58 del d.lgs. 50/2016– salvo casi eccezionali dal 18 ottobre 2018) non è il fine ultimo della disciplina in materia di pubblici affidamenti: fine ultimo è e resta sempre quello di attuare la massima concorrenza nel mercato, selezionando la migliore offerta in rapporto alle concrete esigenze della stazione appaltante.
Altrimenti opinando, la gara telematica, da mezzo strumentale ad assicurare tali fondamentali finalità, si presterebbe a diventare una modalità restrittiva di partecipazione alle procedure di affidamento dei pubblici contratti, in frontale contrasto con l’interesse unitario di massima partecipazione e concorrenzialità che, nella ponderata gerarchia degli interessi tutelati dall’ordinamento in subiecta materia, è a fondamento dell’intero sistema normativo in materia di pubbliche gare di appalto.
7.3. È dunque fondato il secondo motivo del ricorso introduttivo, correttamente accolto dalla sentenza appellata, sull’illegittimità per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione dell’art. 15 del disciplinare di gara, che, per come interpretato e applicato dalla stazione appaltante, non trova fondamento in una norma primaria, non ha adeguata copertura normativa ed è in violazione del principio di concorrenza.
7.4. Il raggruppamento ricorrente è stato, infatti, escluso dalla partecipazione alla gara di appalto in ragione della previsione dell’art. 15 del disciplinare, disposizione che imponeva a tutti gli operatori partecipanti alla procedura in forma associata di essere abilitati al Me.PA. al momento della presentazione dell’offerta, pena l’esclusione dal procedimento, in quanto la mandante -OMISSIS- S.r.l. non risultava aver dato corso a detta iscrizione.
7.5. Al riguardo occorre anzitutto rilevare che, come evidenziato dalla sentenza appellata, la menzionata previsione del disciplinare non corrisponde alla lettera dell’art. 51, comma 4, del regolamento e dell’art. 2 del capitolato d’oneri della Consip, i quali non indicano che tale formalità debba essere rispettata a pena di esclusione dalla procedura di selezione: si tratta, dunque, di una disposizione che non trae fondamento da nessuna previsione del codice dei contratti pubblici, né da altre disposizioni di legge vigenti.
Inoltre, è incontestato che alla mancata ottemperanza a tale prescrizione, di carattere formale, non corrisponde anche una carenza, sul piano sostanziale, dei requisiti di partecipazione alla gara, essendo, al contrario, pacifico tra le parti il possesso in capo alla mandante della categoria specialistica OS18-B (attestata da certificato SOA nonché dalla visura camerale). Neppure è stato evidenziato che l’omissione in parola ha impedito all’Amministrazione di effettuare i controlli dovuti, ovvero di consultare la documentazione prodotta dal raggruppamento: il provvedimento di esclusione è, infatti, motivato solo in riferimento alla mancata abilitazione al Me.Pa. della mandante del RTI; mentre solo nel corso del giudizio è stato dedotto che da tale circostanza sia altresì conseguita la non corretta osservanza della procedura prevista dal sistema informatico per la presentazione dell’offerta in forma associata ovvero che l’offerta non sarebbe stata sottoscritta dalla mandante, circostanza quest’ultima di cui però non solo non vi è traccia nel provvedimento di esclusione, che è antecedente allo scrutinio dell’offerta, ma che è stata anche adeguatamente confutata dall’appellata mediante la produzione documentale versata in atti).
7.5.1. Sotto altro concorrente profilo, se l’iscrizione in parola costituisce, come riconosciuto dalle stesse appellanti, una mera “presenza” o “chiave di accesso” nello “scenario” del mercato elettronico MEPA, la sua mancanza (nel caso di specie, per la sola mandante) non può assurgere a ulteriore causa di esclusione, in assenza di una previsione di legge: infatti, neanche le norme menzionate dall’appellante – di cui segnatamente agli artt. 12, comma 5 e art. 52, comma 3 delle Regole di sistema di E-Procurement della P.A., 40, comma 2 e 58 del D.Lgs. 50/2016, 22 della direttiva 2014/24/UE- comminano l’esclusione per la mancata registrazione sulla piattaforma ME.PA. degli operatori economici.
7.6. Pertanto, correttamente la sentenza appellata ha concluso che l’esclusione dalla gara in mancanza dell’adempimento di carattere formale in discorso, siccome previsto dall’art. 15 del disciplinare, integra una violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, posto dall’art. 83, comma 8, [d.lgs. n. 50/2016] a mente del quale: «Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite. […] I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle».
7.6.1. Con l’introduzione nel nostro ordinamento – sotto l’influenza delle norme e dei principi europei, nonché della giurisprudenza della Corte di giustizia – del principio di tassatività delle cause di esclusione, la sentenza resa da Ad. Plen. n. 9 del 25 febbraio 2014 ha rimarcato che la disposizione dell’art. 46, co. 1-bis, del D. Lgs. n. 163/2006 (primo codice dei contratti pubblici) «deve essere intesa nel senso che l’esclusione dalla gara è disposta sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione ma sempre nella logica del numerus clausus».
In tale contesto, la sopra citata sentenza ha chiarito che la sanzione della nullità, in luogo di quella classica dell’annullabilità dell’atto amministrativo, è riferita letteralmente alle singole clausole della legge di gara esorbitanti dai casi tipici, rispetto alle quali si dovrà fare applicazione dei principi in tema di nullità parziale e segnatamente dell’art. 1419, co. 2, c.c.
Pertanto, qualora la legge di gara, in violazione del principio di tassatività, introduca cause di esclusione non previste dal codice, dal regolamento attuativo o da altre leggi statali, la relativa clausola escludente è da considerarsi nulla, priva di efficacia e dunque disapplicabile da parte della stessa stazione appaltante, ovvero da parte del giudice.
7.6.2. Infine, con la recente sentenza n. 22 del 16 ottobre 2020, la stessa Adunanza Plenaria ha integrato i principi sanciti dalla prefata sentenza n. 9/2014, specificando che l’operatività del regime di nullità ex art. 83, comma 8, del vigente Codice degli appalti (D. Lgs. n. 50 del 2016), deve essere riferita al caso della “clausola escludente contra legem”; e ciò in ragione della composita ratio di detta norma, consistente nella individuazione di “un equilibrio tra radicale invalidità della clausola per contrasto con norma imperativa, ordinaria autoritatività dei provvedimenti amministrativi e interesse del ricorrente a far valere l’invalidità, in termini di nullità, quando essa si traduca in un provvedimento applicativo (esclusione o aggiudicazione) lesivo in concreto della sua situazione soggettiva tutelata”.
Tale ultima pronuncia dell’Adunanza Plenaria ha, dunque, ritenuto che sia sanzionata con la nullità la clausola escludente contra legem e che detta nullità vada intesa come nullità in senso tecnico, con conseguente improduttività dei suoi effetti: tale nullità, se da un lato non si estende al provvedimento nel suo complesso (vitiatur sed non vitiat), d’altro canto impedisce all’amministrazione di porre in essere atti ulteriori che siano sorretti da quella clausola, rendendoli altrimenti illegittimi.
7.7. La sentenza appellata ha correttamente applicato i sopra riportati principi; e tali statuizioni, fondate sul condivisibile rilievo di violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, sono rimaste prive di sostanziale confutazione nel giudizio di appello.
7.7.1. Va poi evidenziato che, contrariamente a quanto assumono le parti appellanti, la giurisprudenza richiamata dalla sentenza appellata ha esaminato una fattispecie sovrapponibile a quella odierna, testualmente osservando che: “Con questo provvedimento (nota di prot. n. 20296 del 24 aprile 2017) la Provincia di Avellino ha confermato l’esclusione dell’odierna appellante, per avere fatto ricorso ad un’ausiliaria (-OMISSIS- s.r.l.) non ammessa al sistema di e-procurement della pubblica amministrazione (mercato elettronico della pubblica amministrazione – Me.PA) organizzato dalla Consip s.p.a., nell’ambito del quale si colloca la presente procedura di gara. 10. Sennonché anche con riguardo a tale ulteriore ragione di esclusione dalla gara devono essere accolte le censure della -OMISSIS- volte ad evidenziarne l’illegittimità. Innanzitutto perché non prevista dalla lettera di invito. In secondo luogo perché in ogni caso, quand’anche fosse ravvisabile, nemmeno conforme al principio di tassatività delle cause di esclusione, ribadito nel nuovo codice dei contratti pubblici all’art. 83, comma 8, e di certezza e trasparenza nelle procedure di affidamento di tali contratti, affermato a livello euro-unitario (sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea 2 giugno 2016, C-27/15)” (cfr. Cons. St., V, nr.5687/2017, cit).
7.7.2. Non sono invece pertinenti i precedenti richiamati dall’appellante: l’uno (Cons. Stato, n. 4645/2016) riguardante l’inopponibilità verso terzi delle limitazioni del potere di rappresentanza dell’institore e procuratore speciale non trascritte nella visura camerale; l’altro (TAR Bari, n. 1609/2018) concernente l’esclusione dell’operatore economico per la non leggibilità dell’offerta tecnica conseguente a un suo errore nel caricamento sulla piattaforma.
7.8. Ne consegue che la previsione della iscrizione del concorrente al MEPA, per come congegnata dal disciplinare di gara e, soprattutto, per come applicata dal provvedimento di esclusione, integra una clausola impositiva di un obbligo contra ius, in quanto, in assenza di una norma di rango primario, impone, a pena di esclusione, un ulteriore adempimento formale ai fini della partecipazione al confronto selettivo. Invero, la discrezionalità della Pubblica Amministrazione nel disporre ulteriori limitazioni alla partecipazione, integranti speciali requisiti di capacità che siano coerenti e proporzionati all’appalto, è potere ben diverso dalla facoltà, non ammessa dalla legge, di imporre adempimenti che, in modo generalizzato, ostacolino la partecipazione alla gara – come è avvenuto nel presente caso per l’iscrizione al MEPA -, senza adeguata copertura normativa e in violazione del principio della concorrenza.
In definitiva, la prescrizione di gara – se intesa, come ha fatto la P.A., nel senso che il possesso di detta iscrizione per tutte le imprese del RTI sia prescritto ai fini della partecipazione alla gara di appalto è nulla, ponendosi in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione cristallizzato nell’art. 83, comma 8, D. Lgs. n. 50 cit., e da tale nullità deriva che i provvedimenti qui gravati, in quanto applicativi della clausola nulla, sono anch’essi illegittimi.
7.9. In ogni caso, come dedotto, a fronte della mancata previsione dell’iscrizione per la categoria specialistica richiesta dal bando e posseduta dalla mandante, idonea a ingenerare nell’operatore economico un ragionevole affidamento sulla non applicabilità alla fattispecie nei termini sopra esposti, l’Amministrazione appaltante avrebbe dovuto consentire alla ricorrente di emendare tale carenza meramente formale, mediante soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83, comma 9, del D. Lgs. n. 50/2016.
La giurisprudenza di questa Sezione è ormai costante nel rilevare che l’iscrizione nel sistema AVCPass e l’indicazione del PassOE non sono richieste a pena di esclusione da alcuna norma di legge (l’art. 216 comma 13 del d.lgs. 50/2016si limita a stabilire che le stazioni appaltanti e gli operatori economici utilizzano la banca dati AVC Pass istituita presso l’Anac), e che non è consentito alla stazione appaltante imporne il possesso all’operatore economico partecipante alla gara a pena di esclusione, e ciò sia tenuto conto della natura di tale atto, sia del principio generale di tassatività delle cause di esclusione. Il PassOE non costituisce infatti un “pre-requisito” dell’operatore economico, secondo il modello erroneamente considerato dal primo giudice sulla base di una giurisprudenza che non può trovare conferma, bensì rappresenta solo uno strumento di controllo del possesso dei requisiti auto-dichiarati dai concorrenti, che, in mancanza dell’esplicita previsione normativa della sua essenzialità, non si configura, sotto il profilo operativo e funzionale, come elemento essenziale incidente sulla par condicio dei concorrenti (Cons. Stato, V, 30 dicembre 2020, n. 8505; 21 agosto 2020, n. 5164; 4 maggio 2017, n. 2036; 26 settembre 2017, n. 4506; in diversa prospettiva, 16 marzo 2020, n. 1863). […]
Pertanto, bene ha fatto la stazione appaltante a consentire ad -Omissis- la produzione del PassOE in sede di soccorso istruttorio [art. 83 d.lgs. n. 50/2016]: la sua mancata produzione nell’ambito della domanda di partecipazione, rappresentando una mera carenza documentale e non una irregolarità essenziale, non poteva costituire causa di esclusione dalla gara della società, potendo essere sanata successivamente, né vi era necessità, a tal fine, di acquisire la prova che la sottesa iscrizione fosse avvenuta nel termine previsto per la presentazione delle offerte.
La consolidata giurisprudenza ha da tempo chiarito che “la prescrizione sul numero massimo delle pagine della relazione tecnica allegata all’offerta deve essere interpretata cum grano salis”, dando rilievo, nella specie, alla circostanza che “le ipotetiche violazioni (un’eccedenza di tre o quattro pagine) non [avevano] in concreto determinato alcuna alterazione valutativa dell’offerta” (cfr. Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3677).
In tale prospettiva, la prescrizione inerente al numero massimo di pagine, oltre a poter dar luogo a esclusione solo se espressamente previsto dalla lex specialis (cfr. Cons. Stato, V, 8 gennaio 2021, n. 298; 9 novembre 2020, n. 6857; 2 ottobre 2020, n. 5777), richiede, negli altri casi – in relazione alla valutazione dell’offerta -, un’apposita prova sull’effettiva rilevanza a fini valutativi, e cioè sul vantaggio conseguito da un concorrente in danno degli altri per effetto dell’eccedenza dimensionale dell’offerta (cfr. Cons. Stato, n. 6857 del 2020, cit.; V, 3 febbraio 2021, n. 999); a ciò si aggiunga, ai fini della stessa valutazione dell’eccedenza, la necessità di considerare i margini di discrezionalità eventualmente rimessi ai medesimi operatori economici su alcuni dei parametri redazionali laddove non puntualmente definiti dalla lex specialis (Cons. Stato, n. 5777 del 2020, cit.).
Si è anche osservato che “lo stralcio di una parte dell’offerta … rappresenta una vera e propria sanzione espulsiva, in contrasto con il divieto di aggravamento degli oneri procedimentali nonché con l’interesse della stessa Amministrazione a selezionare l’offerta migliore. Pertanto, (…), una tale clausola, ove interpretata nel senso che la mancata osservanza di un parametro solo formale, riferito ad una mera modalità redazionale di formulazione del testo, comporta l’esclusione dell’offerta indipendentemente dai suoi contenuti, è radicalmente nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione ma, prima ancora, per violazione del principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., potendo consentire ad un’offerta qualitativamente peggiore o maggiormente onerosa di prevalere sull’offerta migliore per motivi che nulla hanno a che fare con l’interesse pubblico alla tutela della salute dei pazienti del Servizio sanitario pubblico ed alla ottimale allocazione delle risorse pubbliche né con il rispetto della libertà d’iniziativa economica privata e di concorrenza ma solo alla “comodità” d’esame dell’amministrazione” (Cons. Stato, sez. III, 8 giugno 2021, n. 4371).
Presso ogni Prefettura è istituito l’elenco, ex l. 190/2012, dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori, non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa e operanti nei settori speciali e maggiormente esposti a rischio. La ratio delle cd. white list, in particolare, è quello di rendere più efficaci ed immediati i controlli antimafia, con riferimento ad attività imprenditoriali, considerate a rischio d’infiltrazione mafiosa.
Ai sensi dell’art. 1, comma 53, della l. 6.11.2012, n. 190 “Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:
[a)] [b)] (abrogate)
c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
e) noli a freddo di macchinari;
f) fornitura di ferro lavorato;
g) noli a caldo;
h) autotrasporti per conto di terzi;
i) guardiania dei cantieri;
i-bis) servizi funerari e cimiteriali;
i-ter) ristorazione, gestione delle mense e catering;
i-quater) servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti”. Tale elenco deve intendersi tassativo e di stretta interpretazione, con la conseguenza che non deve essere esclusa dalla procedura di gara l’aggiudicataria che, in sede di compilazione della modulistica predisposta dalla stazione appaltante, abbia reso una dichiarazione non corrispondente al vero in ordine all’iscrizione / presentazione di domanda di iscrizione all’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cd. white list), istituito presso la Prefettura della provincia presso cui la stessa ha sede, laddove l’attività oggetto dell’appalto non rientri nelle categorie individuate dall’ art. 1 comma 53, l. 6 novembre 2012 n. 190 , per le quali è prevista la suddetta iscrizione (cfr. TAR Latina, 19.12.2020 n. 484 e TAR Salerno, 15.11.2021 n. 2439).
Sarebbe nulla, pertanto, una clausola che imponesse ai concorrenti un ulteriore requisito, non richiesto dalla legge per attività diverse da quelle di cui al richiamato art. 1, comma 53, della l. 190/2021.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito che “la prescrizione sul numero massimo delle pagine della relazione tecnica allegata all’offerta deve essere interpretata cum granu salis”, e ha dato rilievo nella specie alla circostanza che “le ipotetiche violazioni (un’eccedenza di tre o quattro pagine) non [avevano] in concreto determinato alcuna alterazione valutativa dell’offerta” (Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3677).
In tale prospettiva, la prescrizione inerente al numero massimo di pagine, oltre a poter dar luogo a esclusione solo se espressamente previsto dalla lex specialis (Cons. Stato, V, 8 gennaio 2021, n. 298; 9 novembre 2020, n. 6857; 2 ottobre 2020, n. 5777), richiede negli altri casi – in relazione alla valutazione dell’offerta – un’apposita prova sull’effettiva rilevanza a fini valutativi, e cioè sul vantaggio conseguito da un concorrente in danno degli altri per effetto dell’eccedenza dimensionale dell’offerta (Cons. Stato, n. 6857 del 2020, cit.; V, 3 febbraio 2021, n. 999); a ciò si aggiunga, ai fini della stessa valutazione dell’eccedenza, la necessità di considerare i margini di discrezionalità eventualmente rimessi ai medesimi operatori economici su alcuni dei parametri redazionali laddove non puntualmente definiti dalla lex specialis (Cons. Stato, n. 5777 del 2020, cit.).
8.1 – Secondo la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato (Sez. Terza, sent. nn. 7967/2020, 7787/2020 e Sez. V, n. 1451/2020), lo stralcio di una parte dell’offerta (…) rappresenta una vera e propria sanzione espulsiva, in contrasto con il divieto di aggravamento degli oneri procedimentali nonché con l’interesse della stessa Amministrazione a selezionare l’offerta migliore. Pertanto, al contrario di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, una tale clausola, ove interpretata nel senso che la mancata osservanza di un parametro solo formale riferito ad una mera modalità redazionale di formulazione del testo, comporta l’esclusione ell’offertaindipendentemente dai suoi contenuti, è radicalmente nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione ma, prima ancora, per violazione del principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost., potendo consentire ad un’offerta qualitativamente peggiore o maggiormente onerosa di prevalere sull’offerta migliore per motivi che nulla hanno a che fare con l’interesse pubblico alla tutela della salute dei pazienti del Servizio sanitario pubblico ed alla ottimale allocazione delle risorse pubbliche né con il rispetto della libertà d’iniziativa economica privata e di concorrenza ma solo alla “comodità” d’esame dell’amministrazione;
[…]
9 – Considera altresì il Collegio che, così come evidenziato dall’appellante principale, le predette conclusioni sono confermate dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato e anche dall’ANAC, con la Delibera n. 323 del 21 aprile 2021, resa in sede di precontenzioso e riguardante una fattispecie sovrapponibile a quella in esame.
In generale, secondo l’ANAC la limitazione dimensionale dell’offerta tecnica deve rappresentare “una mera indicazione ai concorrenti e non può costituire causa di esclusione dalla gara”. In relazione al predetto caso analogo a quello in esame, l’ANAC osserva poi che “nella fattispecie in esame la stazione appaltante aveva fornito indicazioni esclusivamente rispetto alle dimensioni del carattere e al numero di facciate, senza fornire ulteriori indicazioni in ordine al tipo di carattere da utilizzare e alla spaziatura e che tali indicazioni erano rispettate dall’aggiudicatario”; e pertanto ritiene, in conformità ai richiamati i principi di certezza, trasparenza e tutela della concorrenza, che “rispettate le indicazioni del disciplinare di gara, il concorrente avesse facoltà di scegliere un tipo di carattere piuttosto che un altro così come la relativa spaziatura anche al fine di valorizzare i contenuti dell’offerta tecnica presentata”.
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