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White list e Anagrafe antimafia : equivalenza iscrizioni espressamente sancita da art. 119 d.lgs. 36/2023

Consiglio di Stato, sez. V, 14.05.2023 n. 4308

11. L’appellante, come si può evincere dalla sintesi delle molteplici critiche mosse alla sentenza impugnata, in sostanza, sottopone a questo Collegio due questioni:
a) l’asserita non veridicità delle dichiarazioni di -OMISSIS-;
b) l’asserita non equivalenza delle due iscrizioni (quella prevista dall’articolo 30 D.L. 189/16 e quella alla white list prevista dalla 6 novembre 2012, n. 190).
12. Quanto al primo punto va osservato che tutto l’argomentare circa il comportamento asseritamente scorretto di -OMISSIS- si rende irrilevante alla luce, come si vedrà, della evidente equivalenza delle due iscrizioni su cui si controverte, equivalenza peraltro espressamente sancita più volte dal legislatore (da ultimo, anche dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, all’art. 119 comma 2).
[…]
13. In ordine alla seconda questione, intorno alla quale ruota tutta la controversia, è utile riportare integralmente l’art. 30 comma 6 del D.L. 189 del 17 ottobre 2016: “6. Gli operatori economici interessati a partecipare, a qualunque titolo e per qualsiasi attività, agli interventi di ricostruzione, pubblica e privata, nei Comuni di cui all’articolo 1, devono essere iscritti, a domanda, in un apposito elenco, tenuto dalla Struttura e denominato Anagrafe antimafia degli esecutori, d’ora in avanti «Anagrafe». Ai fini dell’iscrizione è necessario che le verifiche di cui agli articoli 90 e seguenti del citato decreto legislativo n. 159 del 2011, eseguite ai sensi del comma 2 anche per qualsiasi importo o valore del contratto, subappalto o subcontratto, si siano concluse con esito liberatorio o con la prescrizione delle misure di cui all’articolo 94-bis del citato decreto legislativo n. 159 del 2011. Tutti gli operatori economici interessati sono comunque ammessi a partecipare alle procedure di affidamento per gli interventi di ricostruzione pubblica, previa dimostrazione o esibizione di apposita dichiarazione sostitutiva dalla quale risulti la presentazione della domanda di iscrizione all’Anagrafe. Resta fermo il possesso degli altri requisiti previsti dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dal bando di gara o dalla lettera di invito. Qualora al momento dell’aggiudicazione disposta ai sensi dell’articolo 32, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, l’operatore economico non risulti ancora iscritto all’Anagrafe, il Commissario straordinario comunica tempestivamente alla Struttura la graduatoria dei concorrenti, affinché vengano attivate le verifiche finalizzate al rilascio dell’informazione antimafia di cui al comma 2 con priorità rispetto alle richieste di iscrizione pervenute. A tal fine, le linee guida di cui al comma 3 dovranno prevedere procedure rafforzate che consentano alla Struttura di svolgere le verifiche in tempi celeri” (comma modificato dall’articolo 8, comma 1, lettera b), del D.L. 9 febbraio 2017 n. 8, convertito con modificazioni dalla Legge 7 aprile 2017, n. 45 e poi dall’articolo 14, comma 6 ter, lettera a) del D.L. 22 aprile 2023, n. 44, convertito con modificazioni dalla Legge 21 giugno 2023, n. 74).
13.1. Come si ricava dalla piana lettura della disposizione sopra riportata, condizione per l’iscrizione all’anagrafe antimafia degli operatori economici che intendono acquisire commesse pubbliche destinate alla ricostruzione post sisma, è la verifica dei presupposti per il rilascio di informazione antimafia liberatoria, ai sensi degli artt. 90 e ss., D.lgs. n. 159/2011.
13.2. Si tratta di comprendere, a questo punto, la natura dell’iscrizione nel registro di cui all’art. 1, comma 52, L. n. 190/2012. Tale disposizione così recita: “52. Per le attività imprenditoriali di cui al comma 53 la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria da acquisire indipendentemente dalle soglie stabilite dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è obbligatoriamente acquisita dai soggetti di cui all’ articolo 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. Il suddetto elenco è istituito presso ogni prefettura. L’iscrizione nell’elenco è disposta dalla prefettura della provincia in cui il soggetto richiedente ha la propria sede. Si applica l’articolo 92, commi 2 e 3, del citato decreto legislativo n. 159 del 2011. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei tentativi di infiltrazione mafiosa e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco”.
13.3. La white list, semplicemente, si risolve in una modalità particolare di effettuazione delle verifiche antimafia. L’iscrizione è un requisito di ordine generale che deve essere posseduto con continuità dal momento della presentazione della domanda per tutta la durata della procedura e nel corso della fase di esecuzione del contratto.
13.4. Questo Consiglio ha affermato che “le disposizioni relative all’iscrizione nella c.d. white list formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia per le misure antimafia (comunicazioni ed informazioni), tanto che, come chiarisce l’art. 1, comma 52-bis, della l. n. 190 del 2012 introdotto dall’art. 29, comma 1, d.l. n. 90 del 2014 conv., con modificazioni, dalla l. n. 114 del 2014, “l’iscrizione nell’elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta” e ha altresì avvertito che “l’unicità e l’organicità del sistema normativo antimafia vietano all’interprete una lettura atomistica, frammentaria e non coordinata dei due sottosistemi – quello della c.d. white list e quello delle comunicazioni antimafia – che, limitandosi ad un criterio formalisticamente letterale e di c.d. stretta interpretazione, renda incoerente o addirittura vanifichi il sistema dei controlli antimafia …” (Consiglio di Stato, Sez. III, 24 gennaio 2018, n. 492). Del resto, “l’iscrizione nella white list è ricollegata ad attività istruttoria della medesima tipologia e contenuto di quelle previste ai fini della relazione delle informative antimafia” (Consiglio di Stato, Sez. I, 1 febbraio 2019, n. 337).
13.5. Le due previsioni di cui si controverte, in definitiva, assolvono a identica funzione: la prevenzione di infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore degli appalti.
13.6. Ebbene, posto che ai fini dell’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 30 comma 6, del D.L. 189/2016 è necessario che le verifiche di cui agli articoli 90 e seguenti del D.lgs. n. 159/2011 si siano concluse con esito liberatorio è evidente che il requisito richiesto dalla lex specialis di gara (iscrizione in white list) era, nella sostanza, posseduto dall’operatore economico poi divenuto aggiudicatario.
13.7. Come tutte le norme giuridiche (eccetto le norme di abrogazione espressa nominata e le norme di interpretazione autentica) le previsioni sopra riportate presentano una forma logica (una struttura sintattica) condizionale, con un antecedente (la parte dell’enunciato che determina la condizione) e un conseguente (la parte dell’enunciato che statuisce la conseguenza).
13.8. In tutti e due i casi, l’antecedente è costituito dalle verifiche di cui al D.lgs. 159 del 2011 e il conseguente è costituito dall’iscrizione all’elenco con effetto liberatorio ai fini della partecipazione alle gare.
13.9. È quindi da condividere tutta la ricostruzione del primo Giudice, in particolare, laddove si conclude: (…) “dalla lettura della normativa vigente si ricavano chiari elementi a sostegno della tesi della sostanziale assimilazione sotto il profilo funzionale tra l’iscrizione presso l’Anagrafe antimafia e quella c.d. white list: la finalità sottesa appare assolutamente identica, poiché mediante entrambi detti strumenti si assolve alla funzione di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore degli appalti”.
13.10. Preme ancora osservare che l’art. 83 bis del D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136) espressamente prevede che “L’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui all’articolo 1, commi 52 e seguenti, della legge 6 novembre 2012, n. 190, nonché l’iscrizione nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’articolo 30 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, equivale al rilascio dell’informazione antimafia”.

Iscrizione nella “white list” : requisito obbligatorio anche se una quota qualsiasi delle prestazioni in appalto è costituita da attività individuate dall’ art. 1, commi 52, legge n. 190/2012

TAR Salerno, 27.12.2023 n. 3106

2.1. In ordine al primo e secondo motivo di ricorso, che vanno esaminati congiuntamente data la loro stretta connessione, va ricordato che costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui «la disciplina delle white list introdotta dall’articolo 1, commi 52 e segg., della legge 6 novembre 2012, n. 190, fa tutt’uno con quella delle informative interdittive antimafia e la integra» (cfr. Consiglio di Stato, sezione III, 3 aprile 2019, n. 2211; id., 20 febbraio 2019, n. 1182). Ed ancora, è stato ulteriormente affermato che «le disposizioni relative all’iscrizione nella c.d. white list formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia per le misure antimafia (comunicazioni ed informazioni), tanto che la predetta iscrizione tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta» (si v. Consiglio di Stato, sezione I, 18 giugno 2021, n. 1060). L’assimilazione dei due documenti antimafia (la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia) non si limita, però, ai soli effetti interdittivi, ma si estende anche alla sua natura di requisito soggettivo di partecipazione alle gare, sicchè la giurisprudenza ha chiarito che «non è dirimente che l’articolo 80, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, richiami solo le informative “classiche”, dovendosi tener conto del disposto del comma 52 dell’articolo 1, l. n. 190/2012, da cui emerge chiaramente che la white list altro non è che una modalità particolare di effettuazione delle verifiche antimafia, prevista dalla legge in relazione a particolari settori, di modo che il richiamo alle informative prefettizie deve intendersi sempre riferito anche alla iscrizione a tali liste». In applicazione di tale principio, le stazioni appaltanti non possono «sottrarsi alla forza cogente della previsione, e segnatamente nella parte in cui viene richiesto a pena di esclusione che gli operatori economici fossero iscritti – o avessero presentato domanda di iscrizione prima della presentazione della domanda di partecipazione – in appositi elenchi (cd. white list) istituiti presso la Prefettura del luogo in cui l’impresa ha la propria sede legale così come indicato dall’articolo 1, comma 52, della Legge n. 190/2012 e dal d.P.C.M. del 18 aprile 2013 pubblicato in G.U. il 15 luglio 2013. Né è possibile ritenere […] che tale esegesi normativa concreti una violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione ex articolo 83, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016». Ne discende che “la necessità di ricorrere alla eterointegrazione dalla legge di gara, presidiata dalla sanzione espulsiva, si rivela funzionale ad esigenze di prevenzione che permeano, alla stregua della legislazione di settore, anche la disciplina della gara e che condizionano la possibilità di aggiudicazione e di stipula dei contratti pubblici” (in questi termini, v. Consiglio di Stato, sezione III, 14 dicembre 2022, n. 10935). Si tratterebbe di una legittima eterointegrazione della lex specialis che ha omesso di prevedere elementi considerati come obbligatori dall’ordinamento giuridico (Consiglio di Stato, Sezione V, 6 ottobre 2022, n. 8558; Consiglio di Stato, sezione III, 24 ottobre 2017, n. 4903).
2.2. Una volta chiarita la portata cogente di tale disciplina, va individuata la sua portata applicativa. Occorre, infatti, precisare che l’articolo 1, comma 53, della legge 190/2012 elenca analiticamente quali sono le attività “maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa” che richiedono la preventiva consultazione da parte delle stazioni appaltanti della menzionata “white list”, con l’ulteriore precisazione che l’iscrizione in tale “white list” è operata a cura della Prefettura della Provincia in cui ha sede il soggetto richiedente. Nel dettaglio, il sopra richiamato comma 53, alla lettera i-bis), introdotta dall’articolo 4-bis del d.l. 23/2020, conv. in L. 40/2020, individua i “servizi funerari e cimiteriali”.
2.3. Orbene, la procedura di gara indetta dal Comune di Mercogliano ha ad oggetto l’affidamento dei “servizi cimiteriali, di manutenzione e cura delle aree a verde del cimitero comunale” e, come tali, attengono a pieno titolo ai “servizi funerari e cimiteriali”, ricompresi nell’elenco del sopra richiamato comma 53 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2012.
2.4. Ed invero, non persuade la tesi avanzata dalla ricorrente della non riconducibilità dei servizi oggetto dell’appalto in questione alla lettera i-bis), in quanto relativi anche alla manutenzione e cura delle aree a verde del cimitero comunale. Per confutare tale tesi è sufficiente precisare che proprio la funzione svolta dall’elenco contenuta nella citata normativa di cui al comma 53- in quanto strumento di contrasto al fenomeno criminale mafioso, con funzione preventiva – conduce a ritenere che «alcuna graduazione possa ammettersi – neppure in via interpretativa – rispetto alla “quantità di attività” ricomprese nell’elenco di cui all’articolo 1 comma 53 della legge n. 190 del 2012; bastando, all’evidenza, che una quota qualsiasi del totale delle lavorazioni richieste dalla commessa sia costituita anche da una sola delle attività individuate dalla norma di contrasto al fenomeno criminale” (T.A.R. Veneto, Venezia, sezione I, 27 luglio 2023, n. 1127; T.A.R. Lazio, Roma, sezione II, 18 gennaio 2022, n. 535; cfr., altresì, T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sezione I, 16 maggio 2022, n. 230, confermata sul punto da Consiglio di Stato, sezione III, 14 dicembre 2022, n. 10935).
2.5. Ne deriva che la lex specialis risulta affetta da una vera e propria “lacuna” consistente nella mancata previsione del requisito di ordine generale dell’iscrizione nella “white list” della Prefettura per la partecipazione ad una gara avente ad oggetto l’affidamento di servizi certamente ricompresi nell’elenco di cui al comma 53 dell’articolo 1 della legge 190/2012. Tale lacuna, però, può essere legittimamente eterointegrata secondo il meccanismo previsto dalla giurisprudenza sopra richiamata.
3. Alla luce del quadro normativo e dei principi giurisprudenziali formatisi in relazione allo stesso, deve ritenersi pienamente legittimo l’operato della stazione appaltante di verifica del possesso del requisito dell’iscrizione della ditta individuale ricorrente nella “white list” della Prefettura di Avellino e, quindi, di successiva esclusione dalla gara, proprio per l’assenza del requisito in questione.
3.1. Né risulta fondata la censura in ordine al momento in cui la stazione appaltante ha disposto l’esclusione dalla gara, ovverossia dopo che la Commissione di gara l’aveva graduata al primo posto e ne aveva proposto l’aggiudicazione, in quanto, come sostenuto dalla giurisprudenza «la mancanza, al momento della presentazione della domanda di partecipazione ad una procedura di gara concernente un settore sensibile, dell’iscrizione alla white list prefettizia (ovvero anche soltanto della presentazione della domanda di iscrizione prima della presentazione della domanda di partecipazione) concreta una legittima causa di esclusione, giacché si tratta di un requisito di ordine generale considerato come obbligatorio dall’ordinamento giuridico, che deve essere posseduto con continuità dal momento della presentazione della domanda e per tutta la fase di esecuzione del contratto» (T.A.R. Liguria, Sezione I, 8 maggio 2023, n. 490; cfr., altresì, T.A.R. Sardegna, Sezione II, 20 aprile 2022, n. 259; id., 3 novembre 2020, n. 609; T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, 18 gennaio 2022, n. 535).
3.2. Parimenti infondata è la censura relativa alla asserita violazione dei principi di affidamento, correttezza e imparzialità della P.A., per non aver la stazione appaltante richiesto il requisito dell’iscrizione nella “white list” prefettizia per l’affidamento dei medesimi servizi negli anni precedenti. Non poteva, infatti, costituire vincolo per la stazione appaltante l’esempio di altre procedure di gara, caratterizzate da illegittimità sotto il profilo della mancata verifica del possesso di un requisito di ordine generale da parte degli operatori economici che vi avevano preso parte, né, tantomeno, oggetto di un legittimo affidamento da parte di questi ultimi.
3.3. Sul punto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, con affermazione di carattere generale, ha statuito che l’affidamento «è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività» (Consiglio di Stato, sezione VI, 13 agosto 2020, n. 5011). Tale affidamento, però, per essere tutelabile deve essere ragionevole, id est incolpevole. Secondo una regola di carattere generale in ambito civile la buona fede “non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave” (articolo 1147, comma 2, cod. civ.), per cui un affidamento incolpevole non è pertanto predicabile se l’illegittimità del provvedimento era evidente ed avrebbe pertanto potuto essere facilmente accertata dal suo beneficiario (così Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 29 novembre 2021, n. 19). Nel caso in esame, non possono, infatti, sorgere dubbi sulla cogenza della disciplina antimafia ad una attività inerente servizi cimiteriali, individuata quale attività a rischio di infiltrazione mafiosa sin dal 2020, a seguito dell’inserimento operato nell’articolo 1, comma 53, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dall’articolo 4-bis del d.l. 23/2020, convertito con modificazioni in Legge 5 giugno 2020, n. 40.

Cumulo alla rinfusa : non opera per iscrizione alla white list (art. 47 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V,  04.07.2023 n. 6530

7.6. Alla luce delle richiamate disposizioni normative e della lex specialis di gara che regolano la fattispecie, non può dunque condividersi la tesi del Consorzio appellante secondo cui non sarebbe necessaria- e anzi neppure ammessa- la sua iscrizione alla white list, in quanto, stante la peculiare relazione fra Consorzio e consorziata, risulterebbe idonea e sufficiente il possesso di tale iscrizione in capo alla consorziata individuata come esecutrice dei lavori.

7.6.1. Infatti, trattandosi di un requisito di ordine generale l’iscrizione alla white list doveva essere posseduta a pena di esclusione dal concorrente, cioè il Consorzio, e non poteva essere “mutuato” dalla consorziata esecutrice: e ciò a prescindere da chi esegua le lavorazioni in parola, non operando per i requisiti di partecipazione morale, connotati da irrinunciabili elementi soggettivi, il meccanismo del c.d. cumulo alla rinfusa ex art. 47 del Codice dei contratti pubblici, che rileva per i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria.

7.6.2. Infatti, in linea generale deve rammentarsi che il modulo associativo del “consorzio stabile”, attualmente disciplinato dall’art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, dà vita ad un soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base a uno stabile rapporto organico con le imprese consorziate, in forza del quale, anche nell’attuale quadro normativo, è previsto che detto Consorzio possa giovarsi, senza dover ricorrere all’avvalimento, degli stessi requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del c.d. “cumulo alla rinfusa”, cosicché il medesimo può scegliere di provare il possesso dei requisiti medesimi con attribuzioni proprie e dirette oppure con quelle dei consorziati.

7.6.3. Il consorzio stabile stipula il contratto in nome proprio, anche se per conto delle consorziate alle quali affida i lavori, sicché l’attività compiuta dall’impresa consorziata si imputa al consorzio, qualificandosi questo come soggetto giuridico autonomo che opera in base ad uno stabile rapporto organico con le imprese che ne fanno parte. Conseguentemente, è il Consorzio e non il singolo consorziato l’interlocutore contrattuale della stazione appaltante ed unico soggetto responsabile nei confronti di quest’ultima dell’esecuzione dell’appalto “anche quando esegue le prestazioni non in proprio ma avvalendosi delle imprese consorziate” (Cons. di Stato, III, 22 febbraio 2018, n. 1112).

7.6.4. Pertanto, nel caso in cui il Consorzio designi una consorziata quale impresa esecutrice, tale designazione è un atto meramente interno al Consorzio, che non vale ad instaurare un rapporto contrattuale tra la consorziata e la stazione appaltante. Insomma, il consorzio, incentrato sullo stabile apporto di capacità e mezzi aziendali in una “comune struttura di impresa”, destinata a operare nel settore dei contratti pubblici, è l’unica controparte contrattuale delle stazioni appaltanti, secondo quanto previsto dall’art. 47, comma 2, del Codice.

7.6.5. Sulla base di quanto finora detto deve concludersi che nel caso in esame concorrente è il Consorzio XXXX, quale consorzio stabile partecipante alla gara, il quale deve direttamente possedere il requisito di idoneità morale comprovato dall’iscrizione alla white list.

White list – Iscrizione come requisito di partecipazione alla gara a pena di esclusione – Legittimità (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 14.12.2022 n. 10935

7. Come brevemente esposto in fatto, la decisione appellata non resiste alle doglianze veicolate con l’appello in epigrafe, avendo il giudice di prime cure non applicato del tutto correttamente i principi predicabili in subiecta materia.
7.1. E’, infatti, ius receptum nella giurisprudenza anche di questa Sezione “la pacifica vigenza del principio per il quale la disciplina delle white list introdotta dall’articolo 1, commi 52 e segg., della legge 6 novembre 2011, n. 190, fa tutt’uno con quella delle informative interdittive antimafia e la integra” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 3 aprile 2019, n. 2211; id., 20 febbraio 2019, n. 1182).
7.2. Tale conclusione riguardante l’assimilazione dei due documenti antimafia (la comunicazione antimafia e l’informazione antimafia) non si limita, invero, ai soli effetti interdittivi, ma si estende anche alla sua natura di requisito soggettivo di partecipazione alle gare.
7.3. Ciò malgrado ad avviso del Collegio non è dirimente che l’articolo 80, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, richiami solo le informative “classiche”, dovendosi tener conto del disposto del comma 52 dell’articolo 1, l. n. 190/2012, da cui emerge chiaramente che la white list altro non è che una modalità particolare di effettuazione delle verifiche antimafia, prevista dalla legge in relazione a particolari settori, di modo che il richiamo alle informative prefettizie deve intendersi sempre riferito anche alla iscrizione a tali liste.
7.4. In applicazione del suindicato principio l’Autorità procedente non poteva sottrarsi alla forza cogente della previsione, e segnatamente nella parte in cui viene richiesto a pena di esclusione che gli operatori economici fossero iscritti – o avessero presentato domanda di iscrizione prima della presentazione della domanda di partecipazione – in appositi elenchi (cd. white list) istituiti presso la Prefettura del luogo in cui l’impresa ha la propria sede legale così come indicato dall’art. 1, comma 52, della Legge n. 190/2012 e dal d.P.C.M. del 18 aprile 2013 pubblicato in G.U. il 15 luglio 2013.
7.5. Né è possibile ritenere, contrariamente a quanto adombrato dal Tribunale, che tale esegesi normativa concreti una violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione ex art. 83, comma 8, del Dl.gs. n. 50/2016, a mente del quale “Le stazioni appaltanti indicano le condizioni di partecipazione richieste, che possono essere espresse come livelli minimi di capacità, congiuntamente agli idonei mezzi di prova, nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse ed effettuano la verifica formale e sostanziale delle capacità realizzative, delle competenze tecniche e professionali, ivi comprese le risorse umane, organiche all’impresa, nonché delle attività effettivamente eseguite”.
7.6. Nel solco delle tracciate coordinate coglie nel segno la statuizione del giudice di prime cure nella parte in cui respinge (primo motivo di ricorso) la pretesa della ricorrente di escludere l’attività di somministrazione pasti prestata nel contesto di un servizio unitario (la gestione dell’attività di riposo) dal novero delle attività imprenditoriali “maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa”. L’art. 1, comma 53, della L. n. 190/2012, infatti, elenca una serie di attività, tra cui quella di “ristorazione, gestione delle mense e catering”, senza in alcun modo differenziare a seconda del carattere principale o secondario di essa nell’ambito delle prestazioni oggetto dell’affidamento.
7.7. In estrema sintesi la necessità di ricorrere alla eterointegrazione dalla legge di gara, presidiata dalla sanzione espulsiva, si rivela funzionale ad esigenze di prevenzione che permeano, alla stregua della legislazione di settore, anche la disciplina della gara e che condizionano la possibilità di aggiudicazione e di stipula dei contratti pubblici.
7.8. Sul punto specifico ha chiarito la consolidata giurisprudenza che i requisiti di ordine generale per la partecipazione alle gare per l’affidamento di appalti pubblici debbono essere posseduti con continuità non solo al momento della presentazione della domanda, ma per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e per tutta la fase di esecuzione del contratto, senza soluzione di continuità. L’eterointegrazione della lex specialis è da limitarsi alle ipotesi in cui si individui una vera e propria “lacuna” nella disciplina di gara, la quale abbia omesso di prevedere elementi considerati come obbligatori dall’ordinamento giuridico (Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 6 ottobre 2022, n. 8558; Consiglio di Stato, sez. III, 24 ottobre 2017, n. 4903).
7.9. Vale soggiungere che i commi 52, 52 bis e 53 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2012 prevedono per determinati settori sensibili, tra i quali anche quello qui in rilievo, l’iscrizione nella white list quale meccanismo sostitutivo della documentazione antimafia.
7.10. Da parte sua, il d.P.C.M. del 18 aprile 2013 prescrive che la consultazione del relativo elenco è la modalità obbligatoria per l’acquisizione della documentazione antimafia necessaria in vista del perfezionamento dell’accordo, attuando in tal modo una tutela dell’ordine e sicurezza pubblica anticipata e più incisiva nei cd. settori sensibili.
7.11. Ne discende che non può dubitarsi del fatto che il suindicato reticolo normativo costituisca una valida base giustificativa a supporto della previsione degli adempimenti prescritti – tra cui quello della iscrizione alla white list – come requisito di partecipazione alla procedura di gara a pena di esclusione (in tal senso cfr. delibera ANAC -OMISSIS-)

White List : finalità e scopo dell’iscrizione

TAR Trieste, 16.05.2022 n. 230

8.1. Si rileva, in primo luogo, che l’obbligo di iscrizione nella white list (“elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa”, disciplinato dai commi 52, 52-bis e 53 dell’art. 1 della l. 190 del 2012) ai fini della partecipazione alla procedura non è espressamente previsto dal Disciplinare di gara (doc. 6 allegato al ricorso). Il documento, al par. 6.1 fa riferimento – tra i requisiti generali di partecipazione – alle cause di esclusione contemplate dall’art. 80 del codice dei contratti pubblici, che non contemplano alcun riferimento al sistema della white list e alla relativa legge. Il comma 2 dell’art. 80 considera infatti motivo di esclusione, circostanze di natura sostanziale – l’intervenuta applicazione di misure di prevenzione (art. 67 del d.lgs. 159 del 2011) a carico di soggetti con ruoli apicali o l’avere l’operatore economico subito tentativi di infiltrazione mafiosa – e la disciplina della documentazione antimafia (contenuta sempre nel d.l. 159 del 2011), in grado di inibire i rapporti negoziali con l’amministrazione.
8.2. Al contempo l’obbligo di iscrizione nella white list non può essere ricavato indirettamente da altre previsioni del Disciplinare, che prevedano in capo al concorrente oneri dichiarativi o di produzione documentale. Nulla è previsto al par. 14.3, che contempla una lunga serie di dichiarazioni cui era tenuto l’operatore partecipante (alcune parimenti riconducibili all’ambito dei requisiti generali di moralità di cui all’art. 80), né il par. 14.4, nel disciplinare la documentazione da allegare all’istanza, fa riferimento ad atti relativi alla white list.
[…]
9. Esclusa, dunque, la possibilità di rinvenire direttamente nella lex specialis il requisito dell’iscrizione alla white list ai fini della partecipazione, neppure può affermarsi la diretta applicabilità alla gara delle previsioni di legge contenute nell’art. 1, commi 52, 52-bis e 53 della l. 190 del 2012. Tali disposizioni, se certo possono fornire idonea base legale ad una clausola del Disciplinare di gara che, in forma chiara ed espressa, elevi l’iscrizione nella white list a condizione di partecipazione (previsione che non potrebbe quindi ritenersi contrastante con il principio di necessaria “tipicità” delle cause di esclusione, previsto dall’art. 83, comma 7), non hanno tuttavia i caratteri necessari per assumere valore etero-integrativo del bando, nel senso prospettato da ANAC e dalla Stazione appaltante. Il Tribunale ritiene pertanto di discostarsi dal precedente espresso da Tar Piemonte, sez. I, 4 gennaio 2019, n. 19, citato dal Comune a supporto delle proprie tesi.
9.1. Occorre, a tale proposito, ricordare che l’etero-integrazione della lex specialis, potendo anch’essa – alla pari di una lex specialis dalla formulazione oscura – frustrare le esigenze di certezza e conoscibilità delle condizioni di partecipazione e l’affidamento dei partecipanti alla loro completezza ed esaustività, costituisce evenienza del tutto eccezionale (Cons. St., sez. V, 27 luglio 2017, n. 3699), da limitarsi alle ipotesi in cui si individui una vera e propria “lacuna” nella disciplina di gara, la quale abbia omesso di prevedere elementi considerati come obbligatori dall’ordinamento giuridico (Cons. St., sez. III, 24 ottobre 2017, n. 4903). Il funzionamento dell’etero-integrazione si presenta quindi analogo – come ratio e presupposto applicativo – a quello civilistico dell’inserzione automatica di clausole contrattuali rispondenti a norme imperative, prevista dall’art. 1339 c.c. (Cons. St., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303). L’operatività del meccanismo si giustifica, inoltre, solo quando “il rispetto della norma etero-integrante sia indispensabile al fine di garantire il raggiungimento del risultato di interesse pubblico cui è preordinato lo svolgimento della gara” (così Cons. St., sez. III, 12 dicembre 2018, n. 7023).
9.2. Ciò premesso, i commi 52, 52-bis e 53 dell’art. 1 della l. 190 del 2012 si limitano a prevedere, per determinati settori sensibili (le attività “maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa” elencate nel comma 53), il meccanismo della white list (“elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa” tenuto dalla Prefettura), quale strumento che sostituisce la documentazione antimafia di cui al d.lgs. 159 del 2011. In particolare, per le attività di cui al comma 53, l’iscrizione nella white list, nei rapporti negoziali con la pubblica amministrazione, tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria “ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti”, come si desume dal comma 52-bis (che, invero, si occupa di estendere il valore certificativo – equivalente a quello della documentazione antimafia – della white list ad “attività diverse” da quelle per le quali essa è stata disposta, con ciò presupponendo tale valore con riferimento alle attività tipiche).
9.3. Ugualmente, il D.P.C.M. attuativo 18 aprile 2013 (come aggiornato da successivo D.P.C.M. 24 novembre 2016) afferma che “la consultazione dell’elenco, secondo le modalità stabilite dall’art. 7, è la modalità obbligatoria attraverso la quale i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, del Codice antimafia acquisiscono la comunicazione e l’informazione antimafia ai fini della stipula, dell’approvazione o dell’autorizzazione di contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici aventi ad oggetto le attività di cui all’art. 2, comma 1, indipendentemente dal loro valore”. L’art. 7 definisce proprio in termini di “equipollenza” con la documentazione antimafia dell’iscrizione nella white list, sia per le attività che hanno giustificato tale iscrizione che per le attività diverse.
9.4. Dalle norme citate si evince, dunque, una sostanziale assimilazione tra l’iscrizione nella white list e la documentazione antimafia, quanto a controlli sottesi e meccanismo di funzionamento, essendo entrambe configurate quali fattispecie condizionanti l’ingresso in un rapporto contrattuale con l’amministrazione e non invece la mera partecipazione alla procedura di evidenza pubblica. Il dettato normativo, in altri termini, lascia intendere che anche l’iscrizione alla white list debba essere obbligatoriamente controllata dal soggetto pubblico solo in una fase pre-negoziale, come avviene per la documentazione antimafia, e non invece considerata in termini di condizione di partecipazione. Né può farsi riferimento, a tale scopo, alla condizione di cui all’art. 80, comma 4 del d.lgs. 50 del 2016, che è riferita all’elemento sostanziale sottostante (l’infiltrazione mafiosa, di cui deve riscontrarsi l’assenza) e non alla produzione di un determinato documento atto a comprovare tale elemento.
9.5. Non si discute che, come ben argomenta il Comune, la funzione della white list sia quella di approntare una tutela anticipata e più incisiva in determinati sensori sensibili, obbligando le imprese interessate ad acquisire commesse pubbliche a sottoporsi di propria iniziativa ai controlli circa l’assenza di possibili infiltrazioni mafiose, e che sia proprio questa caratteristica a giustificare il nuovo strumento (altrimenti mero “doppione” della preesistente documentazione antimafia). Si tratta, tuttavia, di una ratio legis non chiaramente espressa dal tenore testuale delle disposizioni di legge, che non elevano l’iscrizione alla white list a condizione di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica (costringendo, quindi, tutti gli aspiranti contraenti a dotarsene e così allargando la platea dei soggetti controllati) ma la considerano solo “ai fini della stipula, dell’approvazione o dell’autorizzazione di contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici”.
9.6. Pertanto, pur ribadendosi che la stazione appaltante avrebbe potuto senz’altro prevedere nel disciplinare l’iscrizione alla white list alla stregua di condizione di partecipazione, l’omissione di una clausola siffatta non costituisce una lacuna della lex specialis rispetto ad una regola imperativa chiara ed inequivoca (che, come visto, non si rinviene), che sia necessario colmare attraverso il meccanismo dell’etero-integrazione, né comunque impedisce il raggiungimento del risultato di interesse pubblico cui è preordinato lo svolgimento della specifica gara (giacché, pur in assenza di clausola escludente, i controlli anti-mafia saranno pur sempre effettuati nei confronti dell’impresa aggiudicataria, così garantendo l’amministrazione circa la qualità del proprio contraente).
9.7. Quanto alle pronunce citate dalla ricorrente (Cons. St., sez. V, 25 marzo 2021, n. 2532 e 22 febbraio 2022, n. 1273), è vero che in quei casi la mancanza del requisito di partecipazione costituito dall’iscrizione nella white list viene giustificata non in assoluto ma solo in quanto riferita a soggetti indicati come subappaltatori o subaffidatari. È altrettanto vero, però, che in entrambe le suddette ipotesi l’obbligo di iscrizione non era ricavato direttamente dalla legge, ma previsto, a pena di esclusione, da apposita clausola del disciplinare, come detto non rinvenuta nel caso di specie.

Il requisito dell’iscrizione nella White List non può essere “prestato” da una Consorziata al Consorzio

TAR Cagliari, 20.04.2022 n. 259

L’iscrizione nelle white list rientra tra i requisiti soggettivi e la sua carenza determina l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
L’art. 1, comma 52, della L. 190 del 6 novembre 2012 ha previsto l’istituzione presso le Prefetture di un elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori pubblici non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei settori maggiormente esposti a rischio di infiltrazione mafiosa, espressamente indicati nel successivo comma 53 (estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti; confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume; noli a freddo di macchinari; fornitura di ferro lavorato; noli a caldo; autotrasporti per conto di terzi; guardianìa dei cantieri; servizi funerari e cimiteriali; ristorazione, gestione delle mense e catering; servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti).
ANAC, nei pareri di precontenzioso di cui alle delibere del 14 novembre 2018 n. 1071 e n. 1072, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 1, comma 52, della legge 190/2012 e secondo quanto indicato dal dpcm 18 aprile 2013, come aggiornato dal dpcm 24 novembre 2016, l’iscrizione alla white list è un requisito obbligatorio per la partecipazione alle gare e l’affidamento di appalti pubblici nei settori individuati come a maggior rischio di infiltrazione mafiosa. Conseguentemente, ai fini della partecipazione a procedure ad evidenza pubblica è necessario o essere iscritti alla white list oppure aver presentato domanda di iscrizione al predetto elenco.
Gli operatori economici che intendono “concorrere” all’affidamento dei contratti pubblici debbono possedere non solo le specifiche “capacità tecniche-professionali” ed “economico-finanziarie” necessarie per eseguire il contratto e disciplinate dall’art. 83 del d.lgs. 50/2016 (rispetto ai quali sono applicabili gli istituti del cumulo alla rinfusa, per i Consorzi, e dell’ avvalimento per partecipazioni collegate in modo estemporaneo), ma anche i “requisiti di moralità”, individuati dall’art. 80 del d.lgs. 50/2016.
Tra i quali rientrano anche la “comunicazione” antimafia, “informazione” antimafia e l’iscrizione White list:
– la prima consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di contrarre con la pubblica amministrazione di cui all’art. 67 del medesimo decreto (art. 84, comma 2) ed ha validità di sei mesi dalla data di acquisizione (art. 86, comma 2);
– la seconda contiene anche l’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa, tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese “raggiunte” (art. 86, comma 3) ed ha validità di dodici mesi dalla data di acquisizione (art. 86, comma 2).
I requisiti di partecipazione devono essere posseduti al momento della presentazione dell’offerta e devono persistere per tutta la durata della procedura, fino alla stipula del contratto e alla sua successiva esecuzione.
Con delibera n. 97 del 7 febbraio 2018, l’ANAC ha sottolineato che sussiste l’obbligo di escludere il concorrente dalla gara, qualora, in fase di comprova, risulti che questo, alla data della presentazione dell’offerta, fosse privo di un requisito di partecipazione, avendolo acquisito solo in un momento successivo.
L’aspetto della moralità è garantito sia dalla mancanza di precedenti penali, sia dall’iscrizione alla white list, con necessità di sussistenza dei requisiti, sia da parte del “concorrente-consorzio”, sia da parte (ovviamente) della consorziata esecutrice.
Senza che sia possibile ipotizzare “un riverbero” favorevole (in termini di “ultrattività”) dalla consorziata al Consorzio, in quanto il Consorzio non può avvalersi di requisiti morali di altri soggetti.
Il Consorzio assume il ruolo, prima, di “concorrente” e , poi, di “parte contrattuale” con la PA (se ottiene l’aggiudicazione).
Le disposizioni dell’art. 80, comma 1 e comma 2, apprestano uno strumento differenziato di tutela dell’amministrazione anche nei confronti dei fenomeni mafiosi:
– mentre il primo comma dell’art. 80 richiede che i fatti delittuosi ivi contemplati siano stati accertati dall’autorità giudiziaria con sentenza definitiva o decreto penale divenuto irrevocabile,
– per il secondo comma è sufficiente una considerazione unitaria degli elementi di fatto che, “valutati nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio”.
[…]
Quindi, da un lato, si possono cumulare i requisiti tecnico-professionali, per favorire l’attività del consorzio stabile e delle singole consorziate (titolari di SOA inferiori e insufficienti per eseguire il contratto autonomamente).
Ma, dall’altro, il requisito morale del concorrente è imprescindibile proprio in considerazione del ruolo del Consorzio, che si pone, partecipando, non in una posizione secondaria o defilata, ma quale principale protagonista, nel ruolo di “concorrente” a pieno titolo (anche quando non esegue direttamente le opere), a prescindere, cioè, dalla scelta imprenditoriale di non realizzare, in proprio, i lavori affidandoli alle sue consorziate.
Il riscontro del requisito morale, compresa la white list, è obbligatorio e non può essere “prestato” da una consorziata al Consorzio (come è legittimo per i requisiti tecnico-professionali-operativi).
Il Consorzio può cumulare (per imputazione), ai fini della partecipazione alle gare, gli importi-soglie delle consorziate (con le singole SOA), con l’effetto di consentire l’esecuzione dei lavori da parte della consorziata “indicata” come esecutrice, pur titolare di una SOA ridotta (non sufficiente per la partecipazione individuale).
Il Consorzio stabile è e rimane l’unico “concorrente” (con responsabilità solidale in caso di eventuali carenze inefficienze dell’esecutrice, per garantire la stazione appaltante alla corretta e tempestiva esecuzione dei lavori ).
Con necessità di “propria” white list (non suscettibile di acquisizione/avvalimento, tramite ultrattività di quella della consorziata indicata).

White list : quando va richiesta l’ iscrizione agli operatori economici ?

Presso ogni Prefettura è istituito l’elenco, ex l. 190/2012, dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori, non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa e operanti nei settori speciali e maggiormente esposti a rischio. La ratio delle cd. white list, in particolare, è quello di rendere più efficaci ed immediati i controlli antimafia, con riferimento ad attività imprenditoriali, considerate a rischio d’infiltrazione mafiosa.
Ai sensi dell’art. 1, comma 53, della l. 6.11.2012, n. 190 “Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:
[a)] [b)] (abrogate)
c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
e) noli a freddo di macchinari;
f) fornitura di ferro lavorato;
g) noli a caldo;
h) autotrasporti per conto di terzi;
i) guardiania dei cantieri;
i-bis) servizi funerari e cimiteriali;
i-ter) ristorazione, gestione delle mense e catering;
i-quater) servizi ambientali, comprese le attività di raccolta, di trasporto nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, di trattamento e di smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento e di bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti”.
Tale elenco deve intendersi tassativo e di stretta interpretazione, con la conseguenza che non deve essere esclusa dalla procedura di gara l’aggiudicataria che, in sede di compilazione della modulistica predisposta dalla stazione appaltante, abbia reso una dichiarazione non corrispondente al vero in ordine all’iscrizione / presentazione di domanda di iscrizione all’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cd. white list), istituito presso la Prefettura della provincia presso cui la stessa ha sede, laddove l’attività oggetto dell’appalto non rientri nelle categorie individuate dall’ art. 1 comma 53, l. 6 novembre 2012 n. 190 , per le quali è prevista la suddetta iscrizione (cfr. TAR Latina, 19.12.2020 n. 484 e TAR Salerno, 15.11.2021 n. 2439).
Sarebbe nulla, pertanto, una clausola che imponesse ai concorrenti un ulteriore requisito, non richiesto dalla legge per attività diverse da quelle di cui al richiamato art. 1, comma 53, della l. 190/2021.

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    White List – Iscrizione – Necessaria soltanto per le attività individuate dall’art. 1, comma 53, Legge n. 190/2012

    TAR Latina, 19.12.2020 n. 484

    Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura di gara per aver reso, in sede di compilazione della modulistica predisposta dalla stazione appaltante (modello “A1”), una dichiarazione non corrispondente al vero in ordine all’iscrizione/presentazione di domanda di iscrizione della Biemme Engineering all’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cd. white list), istituito presso la Prefettura della provincia presso cui la stessa ha sede.
    In realtà, l’indicazione relativa all’iscrizione della -Omissis- nella cd. white list che l’aggiudicataria imputa a un mero errore di battitura, è ininfluente posto che l’aggiudicataria non rientra nelle categorie individuate dall’art. 1, co. 53 della legge n. 190/2012, per le quali è prevista la suddetta iscrizione.
    Lo stesso disciplinare, come richiamato dalla ricorrente, coerentemente col dettato normativo specifica che l’onere di specificazione di essere iscritto alla c.d. white list era previsto “limitatamente ai settori indicati dalla normativa vigente”.
    Pertanto, appare condivisibile la nota del 4.8.2020 con cui la Stazione Appaltante ha respinto la richiesta di annullamento in autotutela, confermando che “l’iscrizione alla White List di cui al punto 5 della sezione D del modello A1 non è necessaria per l’esecuzione dei lavori di cui all’oggetto in quanto le attività imprenditoriali iscrivibili nell’elenco della Prefettura sono quelle espressamente individuate nell’art. 1, comma 53, della legge n. 190/2012”.

    [rif. art. 80 d.lgs. n. 50/2016]

     

    Nuove attività a maggior rischio di infiltrazione mafiosa e white list: Circolare Ministero Interno

    Decreto Legge 8 aprile 2020, convertito con modificazioni dalla Legge 5 giugno 2020 n. 40 – Inserimento di nuove attività nella lista dei settori di maggior rischio di infitrazione mafiosa negli appalti di lavori.

    Il Ministero dell’Interno, con la circolare n. 11001/119/12(5)IV parte del 28 luglio 2020, ha comunicato che l’art. 4 bis del decreto legge 8 aprile 2020, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020 n. 40, ha variato l’elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori operanti in settori sensibili non soggetti a rischio di infiltrazione mafiosa, in modo da rendere più penetranti i controlli antimafia negli appalti relativi ai settori economici più attrattivi per la criminalità organizzata.
    Con l’obiettivo delle recenti modifiche normative tese a rafforzare l’attività di prevenzione contro le aggressioni criminali all’economia legale, si è proceduto alla rimodulazione e all’ampliamento dei settori di attività considerati “sensibili” nei quali si articola ciascuna white list tenuta da ogni Prefettura, che contiene l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori che operano in certi settori e non considerati soggetti economici a rischio di infiltrazione mafiosa.
    Con l’anzidetta circolare ministeriale, sono state diramate le indicazioni operative per adeguare le white list alle innovazioni introdotte dal decreto legge n. 23/2020 (convertito dalla legge 401/2020), che ha individuato nuove attività a maggior rischio di infiltrazione mafiosa: servizi funerari e cimiteriali, ristorazione, gestione delle mense, catering e servizi ambientali.
    Si fa presente che in quest’ultima categoria confluiscono le attività già previste di trasporto di materiali a discarica per conto terzi, nonché di trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi, trasporto sia nazionale che transfrontaliero, anche se svolto per conto di terzi, di raccolta, trasporto (sia nazionale che transfrontaliero, anche se svolto per conto di terzi), trattamento e smaltimento dei rifiuti, le attività di risanamento, bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.
    Al riguardo si rappresenta che questa Prefettura sta procedendo alla modifica dei modelli pubblicati sul sito istituzionale che le imprese possono utilizzare per la presentazione delle istanze in argomento, indicando i nuovi settori nei quali si articolano le white list.


    Rendere più penetranti i controlli antimafia negli appalti relativi ai settori economici più attrattivi per la criminalità organizzata.
    È l’obiettivo delle modifiche normative apportate di recente per rafforzare l’attività di prevenzione contro le aggressioni criminali all’economia legale: si tratta di una rimodulazione e un ampliamento dei settori di attività considerati “sensibili” nei quali si articola ciascuna white list tenuta da ogni prefettura.
    Questa ultima contiene l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori che operano in certi settori e che, a seguito degli accertamenti effettuati preliminarmente all’iscrizione e ai controlli che seguono, non sono considerati soggetti economici a rischio di infiltrazione mafiosa.
    Con una circolare ai prefetti il Viminale fornisce ora le indicazioni operative per adeguare le white list alle innovazioni introdotte dal decreto legge n. 23/2020 (convertito dalla legge n.401/2020), che ha individuato nuove attività a maggior rischio di infiltrazione mafiosa: servizi funerari e cimiteriali, ristorazione, gestione delle mense e catering, servizi ambientali.
    In quest’ultima categoria, spiega la circolare, confluiscono le attività gia previste di trasporto di materiali a discarica per conto terzi, di trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto terzi, e sono ora ricomprese raccolta, trasporto (sia nazionale che transfrontaliero, anche se svolto per conto di terzi), trattamento e smaltimento dei rifiuti, risanamento, bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.
    Alla circolare è allegato lo schema per adeguare l’articolazione dell’elenco. Anche i modelli per le domande di iscrizione alle white list da parte delle imprese dovranno essere modificati di conseguenza.


    Circolare n. 11001/119/12(5)IV parte del 28 luglio 2020

    Diniego di iscrizione nella ” white list ” per frequentazione con soggetti vicini alla criminalità organizzata (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, 03.04.2019 n. 2211

    Al fine del decidere va preliminarmente chiarito che il diniego di iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cd. white list) é disciplinato dagli stessi principi che regolano l’interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica amministrazione (Cons. St., sez. I, 1 febbraio 2019, n. 337; id. 21 settembre 2018, n. 2241).
    Ha chiarito la Sezione (20 febbraio 2019, n. 1182; 24 gennaio 2018, n. 492) che le disposizioni relative all’iscrizione nella cd. white list formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia per le relative misure antimafia (comunicazioni ed informazioni) tanto che, come chiarisce l’art. 1, comma 52-bis, l. n. 190 del 2012, introdotto dall’art. 29, comma 1, d.l. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114 del 2014, “l’iscrizione nell’elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta”; “l’unicità e l’organicità del sistema normativo antimafia vietano all’interprete una lettura atomistica, frammentaria e non coordinata dei due sottosistemi – quello della cd. white list e quello delle comunicazioni antimafia – che, limitandosi ad un criterio formalisticamente letterale e di cd. stretta interpretazione, renda incoerente o addirittura vanifichi il sistema dei controlli antimafia”.
    Come di recente ribadito dalla Sezione (30 gennaio 2019, n. 758, riprendendo un ormai consolidato orientamento del giudice di appello), l’informazione antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa. Tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.
    Ha aggiunto la Sezione (n. 758 del 2019) che lo stesso legislatore – art. 84, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011 – ha riconosciuto quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle -OMISSIS- o imprese interessate”. Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell’impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.
    Il pericolo di infiltrazione mafiosa è, dunque, la probabilità che si verifichi l’evento.
    L’introduzione delle misure di prevenzione, come quelle qui in esame, è stata dunque la risposta cardine dell’Ordinamento per attuare un contrasto all’inquinamento dell’economia sana da parte delle imprese che sono strumentalizzate o condizionate dalla criminalità organizzata.
    Una risposta forte per salvaguardare i valori fondanti della democrazia.
    La sopra richiamata funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758).
    In tale direzione la verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343).
    Ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l’intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata; d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343).
    Da quanto sopra esposto consegue che anche in relazione al diniego di iscrizione nella white list – iscrizione che presuppone la stessa accertata impermeabilità alla criminalità organizzata – è sufficiente il pericolo di infiltrazione mafiosa fondato su un numero di indizi tale da rendere logicamente attendibile la presunzione dell’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata. (…)
    In conclusione, correttamente il coacervo di elementi è stato ritenuto dal Prefetto di -OMISSIS- sufficiente ad evidenziare il pericolo di contiguità con la mafia, con un giudizio peraltro connotato da ampia discrezionalità di apprezzamento, con conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale delle conclusioni alle quali l’autorità perviene solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell’informativa antimafia rimane estraneo l’accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (Cons. St. n. 4724 del 2001). Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. St. n. 7260 del 2010).