TAR Trieste, 16.05.2022 n. 230
8.1. Si rileva, in primo luogo, che l’obbligo di iscrizione nella white list (“elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa”, disciplinato dai commi 52, 52-bis e 53 dell’art. 1 della l. 190 del 2012) ai fini della partecipazione alla procedura non è espressamente previsto dal Disciplinare di gara (doc. 6 allegato al ricorso). Il documento, al par. 6.1 fa riferimento – tra i requisiti generali di partecipazione – alle cause di esclusione contemplate dall’art. 80 del codice dei contratti pubblici, che non contemplano alcun riferimento al sistema della white list e alla relativa legge. Il comma 2 dell’art. 80 considera infatti motivo di esclusione, circostanze di natura sostanziale – l’intervenuta applicazione di misure di prevenzione (art. 67 del d.lgs. 159 del 2011) a carico di soggetti con ruoli apicali o l’avere l’operatore economico subito tentativi di infiltrazione mafiosa – e la disciplina della documentazione antimafia (contenuta sempre nel d.l. 159 del 2011), in grado di inibire i rapporti negoziali con l’amministrazione.
8.2. Al contempo l’obbligo di iscrizione nella white list non può essere ricavato indirettamente da altre previsioni del Disciplinare, che prevedano in capo al concorrente oneri dichiarativi o di produzione documentale. Nulla è previsto al par. 14.3, che contempla una lunga serie di dichiarazioni cui era tenuto l’operatore partecipante (alcune parimenti riconducibili all’ambito dei requisiti generali di moralità di cui all’art. 80), né il par. 14.4, nel disciplinare la documentazione da allegare all’istanza, fa riferimento ad atti relativi alla white list.
[…]
9. Esclusa, dunque, la possibilità di rinvenire direttamente nella lex specialis il requisito dell’iscrizione alla white list ai fini della partecipazione, neppure può affermarsi la diretta applicabilità alla gara delle previsioni di legge contenute nell’art. 1, commi 52, 52-bis e 53 della l. 190 del 2012. Tali disposizioni, se certo possono fornire idonea base legale ad una clausola del Disciplinare di gara che, in forma chiara ed espressa, elevi l’iscrizione nella white list a condizione di partecipazione (previsione che non potrebbe quindi ritenersi contrastante con il principio di necessaria “tipicità” delle cause di esclusione, previsto dall’art. 83, comma 7), non hanno tuttavia i caratteri necessari per assumere valore etero-integrativo del bando, nel senso prospettato da ANAC e dalla Stazione appaltante. Il Tribunale ritiene pertanto di discostarsi dal precedente espresso da Tar Piemonte, sez. I, 4 gennaio 2019, n. 19, citato dal Comune a supporto delle proprie tesi.
9.1. Occorre, a tale proposito, ricordare che l’etero-integrazione della lex specialis, potendo anch’essa – alla pari di una lex specialis dalla formulazione oscura – frustrare le esigenze di certezza e conoscibilità delle condizioni di partecipazione e l’affidamento dei partecipanti alla loro completezza ed esaustività, costituisce evenienza del tutto eccezionale (Cons. St., sez. V, 27 luglio 2017, n. 3699), da limitarsi alle ipotesi in cui si individui una vera e propria “lacuna” nella disciplina di gara, la quale abbia omesso di prevedere elementi considerati come obbligatori dall’ordinamento giuridico (Cons. St., sez. III, 24 ottobre 2017, n. 4903). Il funzionamento dell’etero-integrazione si presenta quindi analogo – come ratio e presupposto applicativo – a quello civilistico dell’inserzione automatica di clausole contrattuali rispondenti a norme imperative, prevista dall’art. 1339 c.c. (Cons. St., sez. V, 5 luglio 2017, n. 3303). L’operatività del meccanismo si giustifica, inoltre, solo quando “il rispetto della norma etero-integrante sia indispensabile al fine di garantire il raggiungimento del risultato di interesse pubblico cui è preordinato lo svolgimento della gara” (così Cons. St., sez. III, 12 dicembre 2018, n. 7023).
9.2. Ciò premesso, i commi 52, 52-bis e 53 dell’art. 1 della l. 190 del 2012 si limitano a prevedere, per determinati settori sensibili (le attività “maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa” elencate nel comma 53), il meccanismo della white list (“elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa” tenuto dalla Prefettura), quale strumento che sostituisce la documentazione antimafia di cui al d.lgs. 159 del 2011. In particolare, per le attività di cui al comma 53, l’iscrizione nella white list, nei rapporti negoziali con la pubblica amministrazione, tiene luogo della comunicazione e dell’informazione antimafia liberatoria “ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti”, come si desume dal comma 52-bis (che, invero, si occupa di estendere il valore certificativo – equivalente a quello della documentazione antimafia – della white list ad “attività diverse” da quelle per le quali essa è stata disposta, con ciò presupponendo tale valore con riferimento alle attività tipiche).
9.3. Ugualmente, il D.P.C.M. attuativo 18 aprile 2013 (come aggiornato da successivo D.P.C.M. 24 novembre 2016) afferma che “la consultazione dell’elenco, secondo le modalità stabilite dall’art. 7, è la modalità obbligatoria attraverso la quale i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, del Codice antimafia acquisiscono la comunicazione e l’informazione antimafia ai fini della stipula, dell’approvazione o dell’autorizzazione di contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici aventi ad oggetto le attività di cui all’art. 2, comma 1, indipendentemente dal loro valore”. L’art. 7 definisce proprio in termini di “equipollenza” con la documentazione antimafia dell’iscrizione nella white list, sia per le attività che hanno giustificato tale iscrizione che per le attività diverse.
9.4. Dalle norme citate si evince, dunque, una sostanziale assimilazione tra l’iscrizione nella white list e la documentazione antimafia, quanto a controlli sottesi e meccanismo di funzionamento, essendo entrambe configurate quali fattispecie condizionanti l’ingresso in un rapporto contrattuale con l’amministrazione e non invece la mera partecipazione alla procedura di evidenza pubblica. Il dettato normativo, in altri termini, lascia intendere che anche l’iscrizione alla white list debba essere obbligatoriamente controllata dal soggetto pubblico solo in una fase pre-negoziale, come avviene per la documentazione antimafia, e non invece considerata in termini di condizione di partecipazione. Né può farsi riferimento, a tale scopo, alla condizione di cui all’art. 80, comma 4 del d.lgs. 50 del 2016, che è riferita all’elemento sostanziale sottostante (l’infiltrazione mafiosa, di cui deve riscontrarsi l’assenza) e non alla produzione di un determinato documento atto a comprovare tale elemento.
9.5. Non si discute che, come ben argomenta il Comune, la funzione della white list sia quella di approntare una tutela anticipata e più incisiva in determinati sensori sensibili, obbligando le imprese interessate ad acquisire commesse pubbliche a sottoporsi di propria iniziativa ai controlli circa l’assenza di possibili infiltrazioni mafiose, e che sia proprio questa caratteristica a giustificare il nuovo strumento (altrimenti mero “doppione” della preesistente documentazione antimafia). Si tratta, tuttavia, di una ratio legis non chiaramente espressa dal tenore testuale delle disposizioni di legge, che non elevano l’iscrizione alla white list a condizione di partecipazione alle procedure di evidenza pubblica (costringendo, quindi, tutti gli aspiranti contraenti a dotarsene e così allargando la platea dei soggetti controllati) ma la considerano solo “ai fini della stipula, dell’approvazione o dell’autorizzazione di contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici”.
9.6. Pertanto, pur ribadendosi che la stazione appaltante avrebbe potuto senz’altro prevedere nel disciplinare l’iscrizione alla white list alla stregua di condizione di partecipazione, l’omissione di una clausola siffatta non costituisce una lacuna della lex specialis rispetto ad una regola imperativa chiara ed inequivoca (che, come visto, non si rinviene), che sia necessario colmare attraverso il meccanismo dell’etero-integrazione, né comunque impedisce il raggiungimento del risultato di interesse pubblico cui è preordinato lo svolgimento della specifica gara (giacché, pur in assenza di clausola escludente, i controlli anti-mafia saranno pur sempre effettuati nei confronti dell’impresa aggiudicataria, così garantendo l’amministrazione circa la qualità del proprio contraente).
9.7. Quanto alle pronunce citate dalla ricorrente (Cons. St., sez. V, 25 marzo 2021, n. 2532 e 22 febbraio 2022, n. 1273), è vero che in quei casi la mancanza del requisito di partecipazione costituito dall’iscrizione nella white list viene giustificata non in assoluto ma solo in quanto riferita a soggetti indicati come subappaltatori o subaffidatari. È altrettanto vero, però, che in entrambe le suddette ipotesi l’obbligo di iscrizione non era ricavato direttamente dalla legge, ma previsto, a pena di esclusione, da apposita clausola del disciplinare, come detto non rinvenuta nel caso di specie.
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