21.5. Scontato che, nel caso che qui occupa il Collegio, non vi è stato alcun automatismo espulsivo, nonostante l’appellante abbia ripetuto il contrario più volte sia nell’atto di appello sia nella memoria depositata il 1° dicembre 2023, si tratta di verificare se, nel contesto della valutazione che spettava all’amministrazione, questa ha in concreto dato peso all’omissione di informazioni rilevanti, previste dalla legge e dalla normativa di gara, e, evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità dell’operatore economico nella particolarissima vicenda qui all’esame.
21.6. Tale complessiva valutazione si evince dall’articolato procedimento e dal provvedimento impugnato in primo grado che, pur succintamente motivato sul punto decisivo della vicenda, contiene un giudizio sulla inaffidabilità dell’operatore economico.
21.7. -OMISSIS-, nonostante abbia argomentato diffusamente la propria tesi, omette di considerare che, in coerenza con l’obbligo di mantenere il possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della gara e successivamente alla sua conclusione, sussiste in capo ai concorrenti l’onere di comunicare alla stazione appaltante tutte le vicende attinenti lo svolgimento della propria attività professionale al fine di consentire di valutare la loro eventuale incidenza sulla reale affidabilità, morale e professionale. 21.8. L’omissione di -OMISSIS- è stata particolarmente grave ed è questo il punto decisivo che si evince dal provvedimento della stazione appaltante. La legge di gara, lungi dal prevedere una nuova causa di esclusione, ha semplicemente vincolato la stazione appaltante a connettere un reale peso a informazioni incomplete e condotte reticenti. 21.9. La lex specialis, in altre parole, poneva una regola di condotta che, semplicemente, è riconnessa al dovere di operare in modo leale, evitando comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza. 21.10. Va peraltro osservato che l’amministrazione è mossa, nelle procedure selettive, dal bisogno attuale e concreto di acquisire i servizi di cui necessita; le procedure selettive postulano un dovere particolarmente intenso in capo alle imprese partecipanti di chiarezza e completezza espositiva sia nella presentazione della documentazione volta alla verifica dei requisiti di ordine generale e di ordine speciale sia nella formulazione e presentazione delle offerte. L’operatore economico reticente, oltre a violare i doveri di correttezza e buona fede cui è vincolato, arreca un oggettivo intralcio allo svolgimento della procedura che non può non essere tenuto nella debita considerazione, come in questo caso è avvenuto, dalla stazione appaltante.
21.11. Giustamente, il TAR ha rilevato, senza procedere ad alcuna integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato, quel che era evidente e cioè che -OMISSIS- ha taciuto il rinvio a giudizio dei suoi dirigenti di vertice per ben due volte […].
L’art. 95, comma 10, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 recita: “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”.
Per consolidato orientamento, la citata disposizione fissa (con l’espressa eccezione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a)) un obbligo dichiarativo a pena di esclusione, la cui complessiva ratio è esplicitata nell’ultimo periodo della stessa previsione normativa.
L’obiettivo perseguito dal legislatore, con ogni evidenza, è quello della tutela delle condizioni dei lavoratori sotto il duplice e concorrente profilo dell’adeguatezza del trattamento retributivo, in proporzione alla quantità ed alla qualità delle prestazioni ex art. 36 Cost., e del rispetto degli obblighi di salvaguardia dell’integrità fisica e della personalità morale sui luoghi di lavoro ex art. 2087 cod. civ.
“Per tali motivi, l’indicazione separata e distinta dei propri costi della manodopera (così come degli oneri interni) è strutturata (proprio in ragione della specifica responsabilizzazione dichiarativa del concorrente e della agevolazione delle corrispondenti verifiche rimesse alla stazione appaltante) come una componente essenziale dell’offerta economica, presidiata da una clausola espulsiva” (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. V, 6 settembre 2022, n. 7743; Consiglio di Stato, sez. V, 8 aprile 2021, n. 2189).
8.1. Giova inoltre rilevare come la Corte di Giustizia UE sez. IX, con sentenza 2 maggio 2019, abbia considerato conforme all’ordinamento euro unitario il combinato disposto degli artt. 95, comma 10, e 83, comma 9, del D.lgs. n. 50/2016.
Con il citato pronunciamento è stato infatti chiarito che “…I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici…devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale…secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”.
È successivamente intervenuta sulla disciplina in esame anche l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con sentenze 2 aprile 2020, nn. 7 ed 8, nell’evocare la richiamata giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha ribadito che la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, a meno che le disposizioni della gara d’appalto non consentano agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche. In questo caso i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione, e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.
Da ultimo, i principi in materia sono stati ribaditi dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che, con sentenza 28 febbraio 2023, n. 162, ha evidenziato come “…negli appalti ad alta intensità di manodopera…il concorrente che formuli un’offerta economica omettendo del tutto di specificare quali siano gli oneri connessi alle prestazioni lavorative non commette soltanto una violazione di carattere formale, ma presenta un’offerta economica di fatto indeterminata nella sua parte più rilevante, in tal modo mostrando un contegno certamente incompatibile con l’onere di diligenza particolarmente qualificata che ci si può ragionevolmente attendere da un operatore professionale…”, ribadendo che “…la giurisprudenza che ha avuto modo di occuparsi dello specifico tema…ha…affermato che: a) la mancata separata indicazione dei costi della manodopera (dunque anche della sicurezza) comporta l’esclusione dell’impresa dalla gara; b) tale omissione non può essere sanata mediante la procedura del soccorso istruttorio (dunque neppure mediante giustificativi presentati in sede di verifica di congruità dell’offerta); c) l’esclusione dalla gara va spiccata anche in assenza di specificazione ossia di espressa comminatoria, in tal senso, ad opera della “legge di gara…”.
8.2. Applicando le esposte coordinate normative e giurisprudenziali alla vicenda all’esame non può che concludersi che, non avendo l’operatore economico aggiudicatario espressamente indicato nell’offerta economica presentata i propri costi della manodopera, la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere all’automatica esclusione della medesima offerta, senza possibilità di soccorso istruttorio.
Il Collegio ritiene inoltre che non sussistano, nel caso in esame, gli elementi sopra sinteticamente richiamati in grado di dar vita, in base al richiamato e costante orientamento giurisprudenziale, all’eccezione alla regola generale come sopra enucleata atteso che, come rilevato dalla ricorrente, il modulo predisposto dalla stazione appaltante era stato rilasciato nel formato word, notoriamente suscettibile di essere liberamente modificabile ad opera dell’offerente. In altri termini, il modello predisposto dalla stazione appaltante era editabile e non era perciò tale da rendere materialmente impossibile l’effettivo inserimento dei dati in questione, non potendosi, dunque, postulare una obiettiva impossibilità pratica di modulare, integrare e personalizzare i contenuti dell’offerta (cfr., per una recente applicazione, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II bis, 28 febbraio 2023, n. 3422), né è stata rilevata o anche solo ipotizzata l’esistenza di una chiara preclusione prescrittiva che, espressamente, vietasse la modifica dei documenti unilateralmente predisposti.
E’ necessario inquadrare la questione nella cornice normativa complessiva.
E’ evidente che la questione attiene al perimetro degli obblighi dichiarativi in capo al concorrente di una procedura di gara; in particolare, occorre definire se tra i pregressi episodi professionali da riferire alla stazione appaltante in quanto suscettibili di integrare una delle cause di esclusione dalla procedura previste dall’art. 80, comma 5, lett. c) e ss. del d.lgs. n. 50 del 2016 rientri anche una c.d. risoluzione consensuale.
L’interpretazione da dare al quadro legislativo nazionale non può prescindere dalle disposizioni eurounitarie di riferimento e, in particolare, dall’art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/UE che stabilisce che le stazioni appaltanti possono escludere gli operatori economici “se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità”.
Il ruolo centrale delle amministrazioni aggiudicatrici nel valutare l’affidabilità degli operatori, deducendola dall’insieme delle condotte attuali o pregresse dei medesimi trova conferma nel considerando 101 della direttiva che, in relazione alla valenza della grave violazione dei doveri professionali ai fini dell’esclusione da una procedura di gara, stabilisce che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi (in tal senso v. anche C.G.U.E., sez. IV, 19 giugno 2019, n. 41). In tal senso, la Corte di Giustizia dell’U.E. ha escluso che la stazione appaltante possa essere vincolata dalla valutazione effettuata, nell’ambito di un precedente appalto, da un’altra amministrazione aggiudicatrice, per cui l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a procedere a una propria valutazione del comportamento dell’operatore economico interessato dalla risoluzione di un precedente contratto di appalto pubblico (cfr. C.G.U.E., sez. IV, 3 ottobre 2019, n. 267).
In questo quadro, va riconosciuto quindi un ruolo precipuo all’apprezzamento da parte dell’amministrazione aggiudicatrice di tutte le condotte rilevanti degli operatori economici.
Come si è visto, l’art. 80 (Motivi di esclusione), comma 5, lettera c) ss. del d.lgs. n. 50 del 2016, prevede che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; c-ter) l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa.
Il provvedimento di risoluzione è, dunque, considerato dalla lettera c-ter) del comma 5 dell’art. 80 in quanto conseguente a un inadempimento nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione.
L’ Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella sentenza 28 agosto 2020, n. 16 , trattando degli obblighi dichiarativi al momento della partecipazione a una procedura di gara, ha chiarito che si tratta di “obbligo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione”, precisando che “l’obbligo dovrebbe essere previsto a livello normativo o dell’amministrazione, attraverso le norme speciali regolatrici della gara. Nondimeno, (…) deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lettera c), ora lett. c-bis), è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee guida emanate in materia dall’ANAC, ai sensi del comma 13 del medesimo art. 80”.
14. Il Collegio ritiene che non possa essere data una lettura formalistica del contenuto della lettera c-ter), se non a costo di pregiudicare il ruolo infungibile dell’amministrazione nella valutazione dell’affidabilità dei concorrenti.
Il Collegio ritiene, al contrario, di dovere aderire alle diverse conclusioni rassegnate in materia dalla più recente giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 4708 del 2022; similmente, Cons. Stato, sez. V, n. 2922 del 2021).
L’art. 1372 c.c. prevede che il contratto ha forza di legge tra le parti e “non può essere sciolto che per mutuo consenso”.
Il mutuo dissenso costituisce non un “contro-negozio” ma una forma di risoluzione contrattuale basata su una scelta di autonomia negoziale delle parti. La fattispecie in esame si caratterizza per il fatto che le parti possono decidere di caducare il vincolo contrattuale per qualunque ragione. Nell’ambito applicativo della disposizione può, pertanto, rientrare, tra l’altro, sia la libera volontà di non proseguire la fase esecutiva del rapporto negoziale sia la sussistenza di una causa di inadempimento del contratto. Nel perimetro degli obblighi dichiarativi rientra, pertanto, anche una precedente risoluzione consensuale intervenuta con altra stazione appaltante in fase di esecuzione di una procedura di gara quante volte la stessa sia dipesa da una condotta astrattamente idonea a fare dubitare dell’integrità ed affidabilità dell’operatore economico in vista dell’affidamento dell’appalto. Occorre aderire a una lettura sostanzialista delle cause di esclusione, che non sia circoscritta al mero nomen iuris.
Lo scioglimento dal contratto è certo frutto di un accordo – e non invece di un provvedimento unilaterale dell’amministrazione – ma potrebbe essere pur sempre dovuto ad un precedente inadempimento dell’appaltatore; tale inadempimento costituisce pregressa vicenda professionale della quale la stazione appaltante deve essere edotta poiché suscettibile di far dubitare dell’affidabilità ed integrità del concorrente (Cons. Stato, sez. V, n. 4708 del 2022).
Come già precisato in giurisprudenza in relazione all’obbligo dichiarativo di precedente provvedimento di esclusione da altra procedura di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 settembre 2021, n. 6407), viene comunque in luce il fatto storico in sé, con le sue connotazioni specifiche per le quali si è giunti alla risoluzione consensuale in fase di esecuzione, mentre non può essere riconosciuto un rilievo esclusivo alla tipologia di atto negoziale o provvedimento amministrativo che ne sia seguito (in tal senso, cfr. Cons. Stato, sez. III, 22 dicembre 2020, n. 8211, in particolare par. 7.3); ciò proprio in ragione della necessità che ogni episodio professionale critico del concorrente sia autonomamente apprezzato da ciascuna stazione appaltante.
La garanzia per i concorrenti, al fine di evitare che il rilievo sostanzialista dell’inadempimento al di là della qualificazione della risoluzione o scioglimento del precedente contratto, trasmodi in arbitrio dell’amministrazione aggiudicatrice, risiede nell’obbligo di motivazione in capo alla stazione appaltante, che è formalmente rispettato se l’atto reca l’esternazione del percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione per giungere alla decisione adottata e il destinatario sia in grado di comprendere le ragioni di quest’ultimo e, conseguentemente, di utilmente accedere alla tutela giurisdizionale (così, Cons. Stato, sez. V, 21 luglio 2020, n. 4668; sez. V, n. 2922 del 2021).
15. Nel caso di specie, indipendentemente dalla causa specifica che ha condotto alla risoluzione consensuale del contratto tra la società -OMISSIS- s.r.l. e il Comune di Cori (l’impossibilità di reperire gli automezzi elettrici), non si è a tutta evidenza trattato di una risoluzione per impossibilità sopravvenuta ma, dopo che il Comune aveva in un primo momento qualificato la fattispecie come inadempimento, si è infine pervenuti, su proposta della società, a una risoluzione consensuale ai sensi dell’art. 1372, primo comma, c.c.) alla cui base permane comunque il fatto storico del mancato adempimento agli obblighi contratti con la stipula del contratto di appalto da parte della società appellante. Non si può negare il potere dell’amministrazione aggiudicatrice di qualificare tale fatto storico, riconducendo alla fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lettera c-ter), la condotta dell’operatore economico nei confronti di altro Comune.
3.2. L’art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 dispone che: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’art. 105, comma 6, qualora: …c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
L’Adunanza plenaria, nella sentenza 28 agosto 2020, n. 16, trattando degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici al momento della partecipazione ad una procedura di gara, ha precisato che si tratta di “(…) obbligo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione. Rispetto alle esigenze di trasparenza che si pongono tra i preminenti valori giuridici che presiedono alle procedure di affidamento di contratti pubblici (art. 30, 1° comma, d.leg. n. 50 del 2016), l’obbligo dovrebbe essere previsto a livello normativo o dall’amministrazione, attraverso le norme speciali regolatrici della gara. Nondimeno, come ricordato dalla sezione rimettente, deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, 5° comma, lett. c) [ora lett. c bis)], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee guida emanate in materia dall’Anac, ai sensi del 13° comma del medesimo art. 80” (…); aggiungendo che: “Sennonché, in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni «a sorpresa» a carico dello stesso”. 3.3. Nel perimetro degli obblighi dichiarativi rientra anche un provvedimento di esclusione subito dall’operatore concorrente in altra procedura di gara da altra stazione appaltante in quanto sia scaturito da condotta astrattamente idonea a far dubitare dell’integrità ed affidabilità dell’operatore economico per l’esecuzione del contratto in affidamento.
Il punto va meglio specificato, anche al fine di dar risposta alle argomentazioni esposte dall’appellante che evocano precedenti giurisprudenziali, anche di questa Sezione (anche recenti, cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2021, n. 6212), nei quali si è affermato che una precedente esclusione non rientra nel novero delle circostanze da portare a conoscenza della stazione appaltante che indice la nuova gara, perché la causa di esclusione si riferisce – e si conchiude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata, pena il rischio di realizzare una indefinita protrazione di efficacia “a strascico” del primo provvedimento per cui l’esclusione da una gara genera l’esclusione dall’altra e così via in un ribalzo continuo da una procedura all’altra (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2019, n. 6490; rammenta i precedenti sulla questione, Cons. Stato, sez. V, 17 marzo 2020, n. 1906 alla quale quindi è fatto rinvio).
3.4. In realtà, il provvedimento di esclusione – come una pronuncia civile (es. di risoluzione di precedente contratto di appalto per inadempimento) o penale (es. che accerti la commissione di un reato da parte di amministratori della società partecipante alla procedura anche solo allo scopo di applicare una misura cautelare o solamente la prospetti all’esito dell’attività di indagine disponendo il rinvio a giudizio) – va dichiarato allo scopo di informare la stazione appaltante della vicenda all’esito della quale è stato adottato; è quest’ultima che la stazione appaltante è tenuta ad apprezzare per dire se il concorrente abbia commesso un “grave illecito professionale”, inteso come comportamento contrario ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, incidente sulla sua affidabilità professionale.
Il provvedimento di esclusione – ma, lo si ripete, come qualsiasi altra pronuncia civile o penale – vale al più come “adeguato mezzo di prova” per le circostanze ivi rappresentate e la documentazione cui è fatto rinvio per dirle provate.
Dire, allora, che il concorrente è onerato di dichiarare una “precedente esclusione”, è formula sintetica per dire che il concorrente è tenuto a dichiarare quella pregressa vicenda professionale astrattamente in grado di far dubitare della sua integrità e affidabilità professionale come operatore chiamato all’esecuzione di un contratto d’appalto (che abbia condotto la stazione appaltante ad adottare un provvedimento di esclusione).
3.5. Non è un caso, del resto, che nei precedenti ricordati, il fatto generatore dell’esclusione era costituito dall’accertamento dell’irregolarità fiscale del concorrente (causa di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; così nella citata sentenza di questa Sezione 6490 del 2019, ma anche nella sentenza 28 dicembre 2020, n. 8406) e ben si può capire che tale vicenda professionale – e il relativo provvedimento di esclusione – sia detto non oggetto di necessaria conoscenza da parte di altra stazione appaltante in successiva procedura di gara: la regolarità tributaria e contributiva del concorrente va, infatti, accertata da ciascuna stazione appaltante per ogni singola gara cui l’operatore abbia richiesto di partecipare, di modo che quel concorrente, prima irregolare e per questo già escluso, ove abbia poi regolarizzato poi la sua posizione fiscale, e si presenti in regola di fronte ad altra stazione appaltante, potrà, ed anzi dovrà, essere ammesso in gara. 3.6. Per concludere: è certamente vero che l’ “esclusione” da una procedura – o per meglio dire il provvedimento di esclusione – è altro rispetto al “grave illecito professionale”, come pure che un’esclusione si genera e si consuma all’interno della procedura di gara nella quale è stata adottata dalla stazione appaltante, ed è corretto affermare che l’uno, il “grave illecito professionale” e non l’altra “l’esclusione”, può comportare esclusione dell’operatore dalla procedura di gara (se ritenuto non integro né affidabile), ma i due elementi posti a rapporto sono in nesso logico – consequenziale tra loro nel senso che il “grave illecito professionale” può essere causa dell’ “esclusione” che, dunque, della prima è l’effetto, onde è sempre il primo e non il secondo ad avere rilievo nel giudizio cui è chiamata la stazione appaltante.
Deve, a tal fine, distinguersi tra due vicende che il Codice [art. 80] ha cura di tenere distinte:
a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico;
b) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui di regola consegue, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso).
La distinzione va precisata con l’osservazione che l’ordito normativo – peraltro frutto di vari interventi correttivi, integrativi e, nel caso della lettera c), anche diairetici stratificati nel tempo – fa variamente riferimento:
a) alla falsità di “informazioni” fornite (lettera c-bis), di “dichiarazioni” rese e di “documentazione” presentata (lettere f-bis, f- ter e g, nonché il comma 12), talora, peraltro, dando rilevanza alla mera (ed obiettiva) “non veridicità”, talaltra ai profili di concreta “rilevanza o gravità” ovvero ai profili soggettivi di imputabilità (evocati dal riferimento alla negligenza, alla colpa, anche grave, o addirittura al dolo);
b) alla attitudine “fuorviante” delle informazioni (intesa quale suscettibilità di influenzare il processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione);
c) alla mera “omissione” (di informazioni dovute).
Inoltre, si distingue, con esclusivo riguardo alle falsità dichiarative e documentali, secondo che le stesse rimontino a condotte (attive od omissive), a loro volta poste in essere (cfr. comma 6), prima ovvero nel corso della procedura.
In altri termini, è un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali).
E se si considera che la reticenza corrisponde, in definitiva, alla c.d. mezza verità (la cui attitudine decettiva opera, quindi, in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale), le informazioni fuorvianti son quelle che manifestano attitudine decettiva in positivo, per il contenuto manipolatorio di dati reali: una sorta di mezza falsità).
La distinzione è, già sul ridetto piano normativo, legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’ANAC gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione).
Con il che la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano.
Risulta evidente che in siffatta prospettiva ermeneutica l’omissione (e la reticenza) dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
3.2.- Alla luce delle considerazioni che precedono, deve allora evidenziarsi (in coerenza alle puntualizzazioni di Cons. Stato, ad. plen. n. 16/2020 cit.): a) che la reticenza dichiarativa (nella specie correlata all’omessa allegazione di precedenti esclusioni) – seppure non legittimi di per sé l’attivazione di un automatismo espulsivo – può e deve essere apprezzata dalla stazione appaltante in quanto si riveli idonea ad occultare “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” in ordine alle valutazioni “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (art. 80, comma 5 lettera c-bis) d. lgs. n. 50/2016), risultando sintomaticamente, nella sua attitudine decettiva ed in relazione alla posizione dell’operatore economico, idonea a “rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (comma 5, lettera c); b) che l’ipotesi va, perciò, tenuta distinta dalla più grave falsità dichiarativa o documentale di cui alla lettera f-bis, correlata alla obiettiva (e perciò verificabile e sindacabile) non veridicità dei fatti allegati a supporto della domanda di partecipazione: che, in quanto espressiva di inaffidabilità in re ipsa, costituisce ragione di automatica esclusione, sottratta al concreto e motivato vaglio di rilevanza; c) che, sotto distinto profilo, entrambe le ipotesi – in ogni caso riferite ad illeciti dichiarativi endoprocedimentali, vale a dire maturati “nella procedura di gara in corso” (comma 5, lettera f-bis) – vanno tenute separate dall’ulteriore fattispecie escludente di cui all’art. 80, comma 12 (in correlazione alle lettere f-ter e g del comma 5), che si riferisce alla eventualità – operante pro futuro ed in relazione a procedure diverse e successive a quelle in cui sia maturato l’illecito – che l’ANAC, su segnalazione delle stazioni appaltanti, abbia accertato l’imputabilità soggettiva (in termini di “dolo o colpa grave”) e la concorrente gravità obiettiva dei fatti oggetto “di falsa dichiarazione o falsa documentazione”, procedendo alla “iscrizione nel casellario informatico”, di per sé obiettivamente ed automaticamente preclusiva, sia pure ad tempus e cioè “fino a due anni”, di ulteriori partecipazioni.
Va con ciò chiarito che l’iscrizione nel casellario informatico è bensì condizione sufficiente per disporre l’esclusione (per giunta, in questo caso, automatica) dalla gara (avuto riguardo alla efficacia ultrattiva delle false dichiarazioni rese con dolo o colpa grave in precedenti procedure evidenziali), ma non ne è affatto, come pretende l’appellante, condizione necessaria (le quante volte la stazione appaltante, in relazione alle procedure in corso, ne apprezzi la concreta rilevanza sotto il profilo della inaffidabilità dell’operatore economico che se ne sia reso responsabile).
Ciò che, in questo secondo caso, deve ritenersi perclusa è, cioè, solo l’esclusione automatica, che non passi per il concreto vaglio di effettiva incidenza sulla affidabilità professionale del concorrente (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 31 marzo 2021, n. 2708).
Erra, perciò, l’appellante a sovrapporre le due fattispecie escludenti, traendone il non plausibile corollario che solo la previa iscrizione nel casellario informatico legittimi la valorizzazione, a fini escludenti, di ogni, pur concretamente rilevante, omissione dichiarativa.
3.3- Relativamente al distinto (e, per sé, logicamente gradato) profilo della risalenza temporale ultratriennale della vicenda oggetto della contestata omissione dichiarativa, osserva il Collegio che non sussistono dubbi sul fatto che si tratti di un limite generale, la cui operatività deriva già dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ne ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale.
Coerentemente, la più recente giurisprudenza si è allineata (prima ancora che la regola fosse recepita nel corpo dell’art. 80, comma 10 bis, ad opera dell’art. 1 del d.l. n. 32/2019, conv., dalla l. n. 55/2019 e formalmente vigente dal 18 giugno 2019) alla tesi della postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605).
Deve, perciò, convenirsi sul principio per cui – stante la irrilevanza degli illeciti professionali temporalmente anteriori al triennio – non sussiste, a carico degli operatori economici concorrenti, alcun obbligo dichiarativo in proposito.
Cionondimeno, nel caso di specie l’omissione dichiarativa non risulta, in realtà, ancorata alla condanna penale a suo tempo irrogata all’amministratore pro tempore, nel frattempo cessato dalla carica, ma alle precedenti esclusioni da procedure evidenziali di analogo rilievo, disposte, in arco temporale recente, da altre stazioni appaltanti (per quanto geneticamente ancorate alla originaria vicenda penale, sulla quale si è, altresì, incentrato l’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante).
La fattispecie, perciò, non va confusa con quella relativa alla differente ipotesi di esclusione ex art. 80, commi 1 e 2 (esclusione per condanna sentenza definitiva), per cui avrebbe invece avuto rilievo la cessazione della carica del socio da oltre un anno, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo che prevede che l’esclusione di cui i commi 1 e 2 opera “nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara”.
Il partecipante ad una gara di appalto non è tenuto a dichiarare le esclusioni comminate nei suoi confronti in precedenti gare per aver dichiarato circostanze non veritiere, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione dell’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata (in termini, Cons. Stato, V, 9 gennaio 2019, n. 196; V, 21 novembre 2018, n. 6576; V, 13 settembre 2018, n. 5365; V, 26 luglio 2018, n. 4594). D’altro canto, a rimanere nell’ambito del quinto comma dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, non ricorrono neppure i presupposti di applicazione della fattispecie di cui alla lettera f-bis), integrata in presenza di un mendacio, laddove quella addebitata dall’appellante a -Omissis- s.r.l. sarebbe, al più, un’omissione dichiarativa, né quelli di cui alla lettera c-bis), non risultando che l’aggiudicataria abbia attivamente “tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, né – per le ragioni viste in precedenza – “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
Considerato: […] che il Codice di contratti, per quanto di più diretto interesse, come modificato dal D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 (convertito con modificazioni dalla Legge 11 febbraio 2019, n. 12), ha novellato l’articolo 80, comma 5 lettera c)del D. Lgs. 50/2016 prevedendo che integrino distinte cause di esclusione le seguenti circostanze: “c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità; c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; c-ter) l’operatore economico abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili; su tali circostanze la stazione appaltante motiva anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa.”. Tale novella legislativa chiarisce bene che la valutazione di inidoneità professionale deriva da un apprezzamento discrezionale della Stazione appaltante, che non è necessariamente vincolata alla definitività degli addebiti relativi a pregressi inadempimenti contrattuali; che la successiva lettera f-bis) correla l’applicazione della suddetta sanzione dell’esclusione della gara al fatto de ” l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”; che, com’è noto, il citato art. 80, comma 5 si pone a presidio dell’esigenza di verificare l’affidabilità morale e professionale dell’operatore economico che andrà a contrarre con la P.A., prova ne sia che la declinazione applicativa dei suindicati principi regolatori ha trovato chiara esplicazione nelle linee guida all’uopo confezionate dall’ANAC, che, al punto 4.2., precisano, tra l’altro, che “la sussistenza delle cause di esclusione in esame deve essere autocertificata dagli operatori economici mediante utilizzo del DGUE. La dichiarazione sostitutiva ha ad oggetto tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico. È infatti rimesso in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla rilevanza in concreto dei comportamenti accertati ai fini dell’esclusione”; che, come evidenziato dal Consiglio di Stato in sede di parere (numero 02042/2017) licenziato a seguito dell’Adunanza del 14 settembre 2017, la differenza tra le due ipotesi è sostanziale, atteso che, nell’ipotesi di cui al comma 5, lett. c), la valutazione in ordine alla rilevanza in concreto ai fini dell’esclusione dei comportamenti accertati è rimessa alla Stazione appaltante, mentre nel caso del comma 5, lett. f-bis) l’esclusione dalla gara è atto vincolato, discendente direttamente dalla legge, che ha la sua fonte nella mera omissione da parte dell’operatore economico. Resta fermo che, da un punta di vista strutturale, anche l’omessa dichiarazione può concretare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera, ragion per cui il discrimen tra le due fattispecie sembra doversi incentrare sull’oggetto della dichiarazione, che assumerà rilievo, ai sensi e per gli effetti di cui alla lettera f-bis), nei soli casi di mancata rappresentazione di circostanze specifiche, facilmente e oggettivamente individuabili e direttamente qualificabili come cause di esclusione a norma della disciplina in commento, ricadendosi altrimenti – alle condizioni previste dalla corrispondete disposizione normativa – nella previsione di cui alla fattispecie prevista al comma 5, lett.c) (Cons. Stato, III, 23/08/2018, n. 5040); che, ai fini della conclusiva reiezione del ricorso, la Sezione – preso atto della omessa dichiarazione da parte dell’aggiudicataria della pregressa revoca di aggiudicazione disposta nei suoi confronti per il mancato allestimento dell’automezzo adibito al servizio oggetto di gara – ritiene di confermare il proprio orientamento (ex multis, 23.4.2020, n.1426) in linea con quella giurisprudenza (T.A.R. Puglia, Bari, III, 12/02/2019, n.230; Cons. Stato, V, 9/1/2019, n.196) secondo la quale, in merito alla causa di esclusione di cui alla lettera f-bis) del citato comma 5, in quanto di stretta interpretazione perché derogatoria al generale principio di massima partecipazione alle gare d’appalto, va affermato che tale disposizione si riferisce (testualmente) all’ipotesi in cui venga resa una dichiarazione espressa “non veritiera”, ossia falsa, laddove ipotesi affatto diversa è – come appunto nella fattispecie – la semplice omissione dichiarativa di mera esclusione non incidente sulla affidabilità ed integrità morale dell’operatore economico, dal momento che un’omissione dichiarativa giammai potrebbe integrare gli estremi della “falsa dichiarazione” o del grave illecito disciplinare in presenza di violazione di una norma civile, penale o amministrativa; che, dunque, non si tratta né di esclusione dalla medesima gara nel cui ambito è avvenuta la produzione né di esclusione cui sia seguita l’iscrizione nel Casellario informatico tenuto dall’Osservatorio dell’ANAC;
Il Consiglio di Stato ha precisato che “In materia di esclusione dalle gare pubbliche la dichiarazione resa dall’operatore economico nella domanda di partecipazione circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare “gravi illeciti professionali” può essere omessa, reticente o completamente falsa. V’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come “grave illecito professionale”; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente; è, infine, configurabile la falsa dichiarazione se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (sez. V, n. 7492/2019 e 5171/2019). Fatta tale distinzione, lo stesso giudice d’appello ha rassegnato le possibili conseguenze sul piano degli effetti giuridici, precisando che “solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso.” (Cons. Stato, V, 5171/2019). Orbene, applicando i citati principi alla vicenda qui in esame va ricordato che la società controinteressata – con riguardo alle gare indette (…) indicate nella propria domanda di partecipazione – si era limitata a menzionare lo scioglimento unilaterale del rapporto, le penalità e le decurtazioni subite, senza fornire alcuna indicazione circa le ragioni che hanno determinato l’adozione dei citati provvedimenti, e senza quindi consentire al Comune di Taormina di poter effettuare quelle valutazioni funzionali ad apprezzare l’affidabilità del concorrente. In altre parole, non ricorre l’ipotesi della “dichiarazione falsa”, che dà luogo all’automatica esclusione, ma piuttosto quella della dichiarazione incompleta (o reticente) che postula l’esercizio di una attività valutativa da parte della stazione appaltante. Ed infatti, proprio con riferimento alla stessa impresa, ma a diversa gara d’appalto, questo Tribunale (Sez. I, sentenza n. 2235/2018) ha già avuto modo di specificare che “avuto riguardo alle plurime risoluzioni subite dalla controinteressata (ancorché sub iudice) e delle penali contrattuali dichiarate (le quali non risultano tutte giudizialmente contestate), ritiene il Collegio che la stazione appaltate era tenuta a compiere una doverosa valutazione sulla moralità professionale, di cui però non v’è traccia nel verbale di gara. (…) Inoltre, ai fini dell’art. 80, co. 5, lett. c), è necessaria una attività di giudizio della commissione che deve consistere, alla luce della documentazione in atti e di quella che eventualmente è necessario acquisire ai fini di una piena contezza dei fatti e della loro rilevanza, nel valutare se sussista o meno il grave illecito professionale, tale da rendere dubbia l’integrità o affidabilità dell’operatore economico; questa valutazione discrezionale si deve concludere con un giudizio di sussistenza o insussistenza del grave illecito professionale supportato da motivazione, che, in caso di esclusione, deve essere congrua e in alcuni casi (individuati dalla giurisprudenza) rafforzata; il potere discrezionale si arresta a tale momento valutativo, in quanto, ove si accerti a seguito della detta attività, che il grave illecito professionale sussista, allora l’esclusione costituisce atto vincolato e dovuto. Orbene, in assenza di qualsivoglia riferimento anche alla sola valutazione effettuata dall’amministrazione sulla gravità e rilevanza nella gara in questione dei fatti dichiarati – valutazione che, giova ricordare, compete in via esclusiva all’amministrazione – rimane incontestata l’affermazione di parte ricorrente che la “valutazione è totalmente mancata”.”.
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