21.5. Scontato che, nel caso che qui occupa il Collegio, non vi è stato alcun automatismo espulsivo, nonostante l’appellante abbia ripetuto il contrario più volte sia nell’atto di appello sia nella memoria depositata il 1° dicembre 2023, si tratta di verificare se, nel contesto della valutazione che spettava all’amministrazione, questa ha in concreto dato peso all’omissione di informazioni rilevanti, previste dalla legge e dalla normativa di gara, e, evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità dell’operatore economico nella particolarissima vicenda qui all’esame.
21.6. Tale complessiva valutazione si evince dall’articolato procedimento e dal provvedimento impugnato in primo grado che, pur succintamente motivato sul punto decisivo della vicenda, contiene un giudizio sulla inaffidabilità dell’operatore economico.
21.7. -OMISSIS-, nonostante abbia argomentato diffusamente la propria tesi, omette di considerare che, in coerenza con l’obbligo di mantenere il possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della gara e successivamente alla sua conclusione, sussiste in capo ai concorrenti l’onere di comunicare alla stazione appaltante tutte le vicende attinenti lo svolgimento della propria attività professionale al fine di consentire di valutare la loro eventuale incidenza sulla reale affidabilità, morale e professionale. 21.8. L’omissione di -OMISSIS- è stata particolarmente grave ed è questo il punto decisivo che si evince dal provvedimento della stazione appaltante. La legge di gara, lungi dal prevedere una nuova causa di esclusione, ha semplicemente vincolato la stazione appaltante a connettere un reale peso a informazioni incomplete e condotte reticenti. 21.9. La lex specialis, in altre parole, poneva una regola di condotta che, semplicemente, è riconnessa al dovere di operare in modo leale, evitando comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l’ordinaria diligenza. 21.10. Va peraltro osservato che l’amministrazione è mossa, nelle procedure selettive, dal bisogno attuale e concreto di acquisire i servizi di cui necessita; le procedure selettive postulano un dovere particolarmente intenso in capo alle imprese partecipanti di chiarezza e completezza espositiva sia nella presentazione della documentazione volta alla verifica dei requisiti di ordine generale e di ordine speciale sia nella formulazione e presentazione delle offerte. L’operatore economico reticente, oltre a violare i doveri di correttezza e buona fede cui è vincolato, arreca un oggettivo intralcio allo svolgimento della procedura che non può non essere tenuto nella debita considerazione, come in questo caso è avvenuto, dalla stazione appaltante.
21.11. Giustamente, il TAR ha rilevato, senza procedere ad alcuna integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato, quel che era evidente e cioè che -OMISSIS- ha taciuto il rinvio a giudizio dei suoi dirigenti di vertice per ben due volte […].
Questo TAR non ignora l’esistenza di statuizioni giurisdizionali, in forza delle quali i concorrenti “devono dichiarare ogni episodio della vita professionale astrattamente rilevante ai fini della esclusione, pena la impossibilità per la stazione appaltante di verificare l’effettiva rilevanza di tali episodi sul piano della ‘integrità professionale’ dell’operatore economico” (CdS, III, 22 maggio 2019, n. 3331; CdS, V, 24 gennaio 2019, n. 591; Id. id., 3 settembre 2018, n. 5142); di talché “non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza (cfr. Cons. Stato, V, n. 4532/2018; n. 3592/2018; n. 6530/2018); vale a dire, non è possibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione (cfr. Cons. Stato, V, n. 1935/2018), così da nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara (cfr. Cons. Stato, III, n. 4192/2017; n. 6787/2018); al contrario, affinché la valutazione della stazione appaltante possa essere effettiva è necessario che essa abbia a disposizioni quante più informazioni possibili, e di ciò deve farsi carico l’operatore economico, il quale, se si rende mancante in tale onere, può incorrere in un grave errore professionale endoprocedurale” (CdS, V, n. 5142/2018).
E, tuttavia, va in questa sede affermato, coerentemente con quanto sopra esposto, che la latitudine ed intensità degli obblighi di collaborazione del partecipante alla gara – funzionali pur sempre a consentire l’esercizio della potestà discrezionale di esclusione, condizionato alla prova di gravi illeciti professionali pur sempre gravante in capo alla stazione appaltante -, che si inscrivono nell’alveo dei generali principi di buona fede, correttezza, lealtà e trasparenza, non può che attestarsi alle soglie della ragionevole “esigibilità” del contegno, da escludersi in nuce nel caso in cui la esistenza stessa dell’obbligo sia oggettivamente non percepibile, in quanto non discendente dalle norme né, tampoco, individuata o lumeggiata nella lex specialis (in tal senso questo T.A.R. Campania, sez. VI, n. 1301/2021 cit.).
Ed invero, quanto all’omessa dichiarazione di precedenti esclusioni di cui ai primi due motivi di ricorso, avvenute per non avere la ricorrente dichiarato in precedenti gare la condanna (non definitiva) adottata a carico dell’ex socio di maggioranza per il reato di estorsione, deve evidenziarsi come ad avviso della Sezione non ricorresse alcun onere dichiarativo, avuto riguardo a quell’orientamento giurisprudenziale, condiviso della Sezione, secondo il quale il partecipante ad una gara di appalto non è tenuto a dichiarare le esclusioni comminate nei suoi confronti in precedenti gare per aver dichiarato circostanze non veritiere, poiché, al di là dei provvedimenti sanzionatori spettanti all’ANAC in caso di dolo o colpa grave nel mendacio, la causa di esclusione dell’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione si riferisce – e si conclude – all’interno della procedura di gara in cui è maturata (in termini, da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 3/02/2021 n. 1000: in senso analogo, Cons. Stato, V, 9 gennaio 2019, n. 196; V, 21 novembre 2018, n. 6576; V, 13 settembre 2018, n. 5365; V, 26 luglio 2018, n. 4594).
Opinando diversamente sarebbe ravvisabile un onere dichiarativo rilevante ex se, con una indefinita protrazione di efficacia “a strascico” del primo provvedimento, per cui l’esclusione da una gara potrebbe generare l’esclusione dall’altra e così via in un rimbalzo continuo da una procedura all’altra (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2019, n. 6490; rammenta i precedenti sulla questione, Cons. Stato, sez. V, 17 marzo 2020, n. 1906).
In realtà, il provvedimento di esclusione – come una pronuncia civile (es. di risoluzione di precedente contratto di appalto per inadempimento) o penale (es. che accerti la commissione di un reato da parte di amministratori della società partecipante alla procedura anche solo allo scopo di applicare una misura cautelare o solamente la prospetti all’esito dell’attività di indagine disponendo il rinvio a giudizio) – andrebbe dichiarato non tanto ex se ma allo scopo di informare la stazione appaltante della vicenda all’esito della quale è stato adottato; è quest’ultima che la stazione appaltante è tenuta ad apprezzare – avuto riguardo alla funzione ancillare dell’informazione omessa nell’ipotesi di esclusione determinata da omissione dichiarativa – per dire se il concorrente abbia commesso un “grave illecito professionale”, inteso come comportamento contrario ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa, incidente sulla sua affidabilità professionale.
Il provvedimento di esclusione vale pertanto al più come “adeguato mezzo di prova” per le circostanze ivi rappresentate e la documentazione cui è fatto rinvio per dirle provate.
Pertanto l’omessa dichiarazione relativa ad una precedente esclusione derivata a sua volta da omissione dichiarativa, ad avviso della Sezione – fermo restando il richiamo a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale non vanno dichiarate le precedenti esclusioni fondate su omissioni dichiarative – non assume comunque alcuna rilevanza, avuto riguardo al carattere ancillare dell’informazione omessa, laddove:
– Il fatto che non era stato dichiarato nella precedente gara – conducendo pertanto all’esclusione – è stato per contro dichiarato nella gara di cui si controverte;
– Il fatto non dichiarato nella precedente gara e che in tale sede assumeva rilevanza ai fini della valutazione dell’affidabilità professionale, tanto da determinare l’esclusione, nella gara di cui si controverte non doveva essere dichiarato, in quanto fuori dall’ambito temporale di rilevanza dell’illecito professionale.
Nella sua prima formulazione, l’art. 80, comma 5, lett. c) stabiliva che: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: (…):c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”; la lett. f – bis) prevedeva: “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
Con la modifica legislativa del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 le diverse condotte, già unitariamente previste dalla lett. c) del comma 5, sono state distinte e meglio specificate nelle lettere da c) a c – ter); inalterato è rimasta la previsione di cui alla lett. f – bis).
Precisato che è onere degli operatori economici portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione, così da consentire loro un’adeguata e ponderata valutazione sulla affidabilità ed integrità, a prescindere dalla fondatezza, gravità e pertinenza di detti episodi (principio definitivamente sancito dall’Adunanza plenaria 28 agosto 2020, n. 16), la giurisprudenza si è impegnata a definire gli esatti limiti di operatività di un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, dato che l’ampia interpretazione in precedenza ricordata “potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142, richiamata da Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6615; V14 aprile 2020, n. 2389; V, 22 luglio 2019, n. 5171; cfr. inoltre Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4314).
In questa ottica, per evitare di gravare eccessivamente il concorrente, va ritenuta vicenda non (ancora) rilevante, e come tale non rientrante negli obblighi dichiarativi a suo carico, la comunicazione di avvio di un procedimento di risoluzione di un contratto di appalto stipulato con altra stazione appaltante, sia pure qualora abbia ad oggetto il medesimo servizio per il quale si concorre (Cons. St., 24.11.2021 n. 7887).
La comunicazione di avvio di un procedimento di risoluzione, per quanto circostanziata con l’indicazione degli inadempimenti contestati, non contiene (né potrebbe per sua stessa natura contenere) alcun giudizio definitivo sull’imputabilità dei fatti al concorrente, chè a dir questo la stazione appaltante potrà giungere solo all’esito del procedimento dopo aver acquisito anche le ragioni (e le difese) dell’impresa; al fine di evitare che i due procedimenti – quello finalizzato alla risoluzione del contratto e quello all’ammissione del concorrente ad altra procedura di gara – si condizionino indebitamente l’uno con l’altro, è opportuno che il giudizio sull’affidabilità e sulla integrità del concorrente segua la conclusione del procedimento di risoluzione e si confronti con la valutazione di responsabilità dell’impresa ivi contenuta.
Non dissimile è la conclusione relativamente agli atti di contestazione di “plurimi inadempimenti sottoposti all’applicazione di sanzioni”.
In definitiva, vale qui ripetere quanto la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare affrontando la questione dell’obbligo di dichiarare le penali eventualmente applicate da altre stazioni appaltanti (così Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2020, n. 5967; III, 24 settembre 2020, n. 5564): contestazioni della committenza sulla condotta esecutiva dell’impresa sono evenienze fisiologiche nella conduzione di un contratto di appalto, specialmente se ha ad oggetto servizi e se di lunga durata, onde fino a quando alle contestazioni non seguono atti sanzionatori come (penali di significativo importo ovvero) provvedimenti di risoluzione contrattuale, non può dirsi già in prospettazione commesso un “grave illecito professionale” meritevole di essere conosciuto da altra stazione appaltante per fondarvi un giudizio di sua inaffidabilità presunta nell’esecuzione del futuro appalto.
13.1. – L’art. 80, comma 1, D.lgs. 50/2016 individua quale motivo di esclusione da una procedura di appalto o concessione di un operatore economico “la condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale”, sennonché al comma 3 del medesimo art. 80 si chiarisce che “l’esclusione non va disposta e il divieto non si applica […] quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna ovvero in caso di revoca della condanna medesima”.
13.2. – Sebbene, quindi, il disposto in esame non contempli l’originale previsione contenuta nell’art. 38, comma 2, del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 – in cui veniva precisato che “il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione” – l’insussistenza dell’obbligo dichiarativo sul punto viene, comunque, desunta dalle disposizioni sopra citate. Nello specifico, l’effetto estintivo dell’abrogatio criminis posto in essere con il provvedimento di estinzione del reato determina il venir meno di “ogni effetto penale” (art. 460, comma 5, c.p.p.) della condanna e della portata preclusiva della stessa. Sul punto, il Collegio non può che allinearsi a quanto chiarito dal Consiglio di Stato secondo cui “l’obbligo del partecipante di dichiarare le condanne penali per “reati gravi” non ricomprende le condanne per reati estinti o depenalizzati, non già per il fatto che quei fenomeni estintivi siano “ex se” sintomatici della “non gravità” dei reati, quanto piuttosto in ragione dell’effetto privativo che l’abrogatio criminis (ovvero il provvedimento giudiziale dichiarativo della estinzione del reato) opera sul potere della stazione appaltante di apprezzare la incidenza, ai fini partecipativi, delle sentenze di condanna cui si riferiscono quei fatti di reato” (Cons. Stato sez VI, n. 4392/2013). L’estinzione del reato prevista al comma 3 dell’art. 80 esclude, pertanto, l’applicazione del comma 1 ponendosi in un rapporto di specialità con la disposizione generale.
14. – Va, quindi, condiviso il principio secondo il quale “l’obbligo del partecipante di dichiarare le condanne penali «non ricomprende le condanne per reati estinti o depenalizzati […] in ragione dell’effetto privativo che l’abrogatio criminis (ovvero il provvedimento giudiziale dichiarativo della estinzione del reato) opera sul potere della stazione appaltante di apprezzare la incidenza, ai fini partecipativi, delle sentenze di condanna cui si riferiscono quei fatti di reato” (Tar Napoli, 3518/16).
[…]
15. – Ne consegue che, nel caso di specie, essendo incontestata la sopravvenuta declaratoria di estinzione del reato, si è prodotto l’effetto esonerativo dall’obbligo informativo, quantomeno con riferimento alle cause di esclusione di cui al comma 1. Senonché, ad avviso del Collegio, deve opinarsi che siffatto effetto esonerativo non può non estendersi anche alle ipotesi di esclusione elencate al comma 5 del medesimo art. 80 laddove esse presuppongono una condanna penale, venendo in special modo in rilievo la figura del grave illecito professionale da sottoporsi all’apprezzamento discrezionale dell’Amministrazione che ne valuterà l’incidenza pregiudizievole sull’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico. Se, infatti, la declaratoria di estinzione del reato paralizza gli effetti escludenti previsti dal comma 1 per il numero chiuso di reati ivi elencati, sollevando l’operatore economico dall’onere dichiarativo, mutatis mutandis, per un rapporto logico di continenza, nella fattispecie del grave illecito professionale, che è a struttura elastica e ampia, contemplando un ventaglio aperto di figure illecito tra cui rientrano sicuramente le condanne per reati diversi da quelli di cui al comma 1 (cfr. Cons. Stato, 29 ottobre 2020, n. 6615), l’estinzione del reato non potrà non sortire lo stesso effetto esonerativo circa gli obblighi dichiarativi gravanti generaliter sull’operatore economico.
16. – In altre parole, il cono degli effetti della declaratoria di estinzione deve ragionevolmente rifrangersi per l’intero prisma del sistema normativo delle cause di esclusione, sia nelle ipotesi tipizzate di automatismo espulsivo, sia nelle fattispecie più articolate rimesse all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante: diversamente opinando, si addiverrebbe all’esito paradossale che l’estinzione di reati di minor disvalore verrebbe a pesare in senso pregiudizievole attraverso il filtro discrezionale dell’Amministrazione, mentre sarebbe inibita ogni determinazione espulsiva nell’ipotesi di estinzione di fatti di reato ben più gravi come quelli al comma 1.
17. – Tali cadenze argomentative, ispirate ad un’ermeneutica logico-sistematica stringente, sono fatte proprie dalla giurisprudenza amministrativa anche in recenti pronunce: “Le condanne inflitte gli operatori economici non possono costituire motivo di esclusione dalle gare, in caso di estinzione del reato. Dall’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 si evince che, in caso di estinzione del reato, neppure le più gravi condanne inflitte ai sensi del precedente comma 1 possono costituire motivo di esclusione. Ciò dovrà perciò valere a maggior ragione per le ulteriori ipotesi di reato, valorizzabili ai sensi del comma 5” (cfr. T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 28/07/2020, n.8821).
La falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lett. c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50; in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico; la lett. f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lett. c) [ora c-bis)] della medesima disposizione.
La questione era stata rimessa all’Adunanza plenaria dalla sez. V con ord. 9 aprile 2020, n. 2332. Ha chiarito l’Adunanza Plenaria che all’ipotesi prevista dalla falsità dichiarativa (o documentale) di cui alla lettera f-bis) quella relativa alle «informazioni false o fuorvianti» ha un elemento specializzante, dato dalla loro idoneità a «influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione» della stazione appaltante. Ai fini dell’esclusione non è dunque sufficiente che l’informazione sia falsa ma anche che la stessa sia diretta ed in grado di sviare l’amministrazione nell’adozione dei provvedimenti concernenti la procedura di gara. Coerentemente con tale elemento strutturale, la fattispecie equipara inoltre all’informazione falsa quella fuorviante, ovvero rilevante nella sua «attitudine decettiva, di “influenza indebita”», secondo la definizione datane dall’ordinanza di rimessione, ovvero di informazione potenzialmente incidente sulle decisioni della stazione appaltante, e che rispetto all’ipotesi della falsità può essere distinta per il maggior grado di aderenza al vero. La ragione della descritta equiparazione si può desumere dalle considerazioni svolte in precedenza e cioè dal fatto che le informazioni sono strumentali rispetto ai provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativamente alla procedura di gara, i quali sono a loro volta emessi non solo sulla base dell’accertamento di presupposti di fatto ma anche di valutazioni di carattere giuridico, opinabili tanto per quest’ultima quanto per l’operatore economico che le abbia fornite. Ne segue che, in presenza di un margine di apprezzamento discrezionale, la demarcazione tra informazione contraria al vero e informazione ad essa non rispondente ma comunque in grado di sviare la valutazione della stazione appaltante diviene da un lato difficile, con rischi di aggravio della procedura di gara e di proliferazione del contenzioso ad essa relativo, e dall’altro lato irrilevante rispetto al disvalore della fattispecie, consistente nella comune attitudine di entrambe le informazioni a sviare l’operato della medesima amministrazione. Nella medesima direzione si spiega la circostanza che l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora c-bis)] d.lgs. n. 50 del 2016 preveda anche «l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione», quale ulteriore fattispecie di grave illecito professionale, a completamento e chiusura di quella precedente, ma rispetto a questa tipizzata in termini più ampi, con il riferimento al «corretto svolgimento della procedura di selezione», ed in cui il disvalore si polarizza sull’«elemento normativo della fattispecie» (così l’ordinanza di rimessione), ovvero sul carattere doveroso dell’informazione. L’ipotesi presuppone un obbligo il cui assolvimento è necessario perché la competizione in gara possa svolgersi correttamente e il cui inadempimento giustifica invece l’esclusione. Rispetto alle esigenze di trasparenza che si pongono tra i preminenti valori giuridici che presiedono alle procedure di affidamento di contratti pubblici (art. 30, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016), l’obbligo dovrebbe essere previsto a livello normativo o dall’amministrazione, attraverso le norme speciali regolatrici della gara. Nondimeno, come ricordato dalla Sezione rimettente, deve darsi atto che è consolidato presso la giurisprudenza il convincimento secondo cui l’art. 80, comma 5, lett. c) [ora lett. c-bis)], è una norma di chiusura in grado di comprendere tutti i fatti anche non predeterminabili ex ante, ma in concreto comunque incidenti in modo negativo sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, donde il carattere esemplificativo delle ipotesi previste nelle linee-guida emanate in materia dall’ANAC, ai sensi del comma 13 del medesimo art. 80 (linee-guida n. 6 del 2016; al riguardo si rinvia al parere reso dalla commissione speciale di questo Consiglio di Stato appositamente costituita sull’ultimo aggiornamento alle più volte richiamate linee-guida: parere del 13 novembre 2018, n. 2616; § 7.1; cfr. inoltre: Cons. Stato, V, 5 maggio 2020, n. 2850, 12 marzo 2020, n. 1774, 12 aprile 2019, n. 2407, 12 febbraio 2020, n. 1071; VI, 4 giugno 2019, n. 3755). Sennonché in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può essere ammessa, in quanto si tratti di casi evidentemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono configurabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso. L’elemento comune alle fattispecie dell’omissione dichiarativa ora esaminata con quella relativa alle informazioni false o fuorvianti suscettibili di incidere sulle decisioni dell’amministrazione concernenti l’ammissione, la selezione o l’aggiudicazione, è dato dal fatto che in nessuna di queste fattispecie si ha l’automatismo espulsivo proprio del falso dichiarativo di cui alla lettera f-bis). Infatti, tanto «il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione», quanto «l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione» sono considerati dalla lettera c) quali «gravi illeciti professionali» in grado di incidere sull’«integrità o affidabilità» dell’operatore economico. E’ pertanto indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante, come per tutte le altre ipotesi previste dalla medesima lettera c) [ed ora articolate nelle lettere c-bis), c-ter) e c-quater), per effetto delle modifiche da ultimo introdotte dalla legge decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 – Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici; convertito dalla l. 14 giugno 2019, n. 55]. Nel contesto di questa valutazione l’amministrazione dovrà pertanto stabilire se l’informazione è effettivamente falsa o fuorviante; se inoltre la stessa era in grado di sviare le proprie valutazioni; ed infine se il comportamento tenuto dall’operatore economico incida in senso negativo sulla sua integrità o affidabilità. Del pari dovrà stabilire allo stesso scopo se quest’ultimo ha omesso di fornire informazioni rilevanti, sia perché previste dalla legge o dalla normativa di gara, sia perché evidentemente in grado di incidere sul giudizio di integrità ed affidabilità. Qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo. Osta a ciò, nel caso in cui tale valutazione sia mancata, il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo (secondo cui il giudice non può pronunciare «con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati»). Laddove invece svolta, operano per essa i consolidati limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale in cui l’amministrazione sola è chiamata a fissare «il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente» [Cassazione, sezioni unite civili, nella sentenza del 17 febbraio 2012, n. 2312, che ha annullato per eccesso di potere giurisdizionale una sentenza di questo Consiglio di Stato che aveva a sua volta ritenuto illegittimo il giudizio di affidabilità professionale espresso dall’amministrazione in relazione all’allora vigente art. 38, comma 1, lett. f), dell’abrogato codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163]; limiti che non escludono in radice, ovviamente, il sindacato della discrezionalità amministrativa, ma che impongono al giudice una valutazione della correttezza dell’esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall’amministrazione. Il sistema così descritto ha carattere completo e coerente con la causa di esclusione “facoltativa” prevista a livello sovranazionale, consistente nella commissione di «gravi illeciti professionali» tali da mettere in dubbio l’integrità dell’operatore economico e da dimostrare con «mezzi adeguati», ai sensi dell’art. 57, par. 4, lett. c), della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, poi attuata con il codice dei contratti pubblici attualmente vigente. Nondimeno, su di esso è intervenuto il sopra menzionato “correttivo”, di cui al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, con l’aggiunta all’art. 80, comma 5, del codice della lettera f-bis), e dunque della causa di esclusione relativa all’operatore economico che presenti nella procedura di gara (o negli affidamenti di subappalti; ipotesi che qui non rileva) «documentazione o dichiarazioni non veritiere». Non «informazioni» dunque, come invece previsto dalla lettera c), ma documenti o dichiarazioni. Al riguardo, è innanzitutto da escludere che i diversi termini impiegati rivestano una rilevanza pratica, poiché documenti e dichiarazioni sono comunque veicolo di informazioni che l’operatore economico è tenuto a dare alla stazione appaltante e che quest’ultima a sua volta deve discrezionalmente valutare per assumere le proprie determinazioni nella procedura di gara. Affermata dunque un’identità di oggetto tra le lettere c) e f-bis) in esame, dall’esame dei rispettivi elementi strutturali si ricava anche una parziale sovrapposizione di ambiti di applicazione, derivante dal fatto che entrambe fanno riferimento a ipotesi di falso. Per dirimere il conflitto di norme potenzialmente concorrenti sovviene allora il criterio di specialità (art. 15 delle preleggi), in applicazione del quale deve attribuirsi prevalenza alla lettera c), sulla base dell’elemento specializzante consistente nel fatto che le informazioni false, al pari di quelle fuorvianti, sono finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante «sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione» e concretamente idonee ad influenzarle. Per effetto di quanto ora considerato, diversamente da quanto finora affermato dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, l’ambito di applicazione della lettera f-bis) viene giocoforza a restringersi alle ipotesi – di non agevole verificazione – in cui le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità, e non siano finalizzate all’adozione dei provvedimenti di competenza dell’amministrazione relativi all’ammissione, la valutazione delle offerte o l’aggiudicazione dei partecipanti alla gara o comunque relativa al corretto svolgimento di quest’ultima, secondo quanto previsto dalla lettera c).
Quello che difetta in definitiva è quell’immutatio veri potenzialmente in grado di incidere sul processo decisionale della stazione appaltante, che aveva al contrario tutti gli elementi per valutare se l’adempimento da parte dell’appellata fosse corretto o meno. Da qui si desume come non si sia in presenza di una “falsa dichiarazione”. Del resto questo Consiglio (Cons. St., 12 maggio 2020, n. 2976) ha già avuto modo di precisare che: “In tema di false dichiarazioni rese dall’operatore economico nell’ambito delle gare di appalto, va precisato che il concetto di “falso”, nell’ordinamento vigente, si desume dal codice penale, nel senso di attività o dichiarazione consapevolmente rivolta a fornire una rappresentazione non veritiera. Dunque, il falso non può essere meramente colposo, ma deve essere doloso”.
7.1. Il primo giudice ha ritenuto legittima l’ammissione alla gara di -OMISSIS-pur in presenza del predetto precedente penale carico del presidente del collegio sindacale della società, non risultante dal casellario giudiziale, valorizzando i seguenti elementi: che la società, incolpevolmente, ne aveva appreso l’esistenza solo dopo aver presentato la domanda di partecipazione alla gara e ne aveva dato immediata informazione al seggio di gara; che la società aveva adottato adeguate misure di dissociazione dalla condotta penalmente rilevante, estranea alla società; che la società, in quanto partecipata totalitariamente da una s.p.a., a sua volta avente come socio unico altra s.p.a. quotata in borsa, “è dotata del massimo livello delle procedure di verifica e controllo dei propri partecipanti”. 7.2. Le censure che -OMISSIS- ha formulato avverso tali argomentazioni sono fondate. 7.3. Il primo giudice ha ritenuto che gli elementi rappresentati da -OMISSIS-fossero rispondenti a quanto richiesto dal comma 7 dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 (che stabilisce che “Un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a 18 mesi ovvero abbia riconosciuto l’attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”). Ma la fattispecie era estranea all’istituto della dissociazione considerato dal primo giudice. E’ infatti principio ripetuto nella giurisprudenza formatasi nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici, e ribadito anche con riferimento al nuovo Codice, che nelle procedure a evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate (sempreché per le stesse non sia già intervenuta una formale riabilitazione), anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, può giustificare senz’altro l’esclusione dalla gara, traducendosi in un impedimento per la stazione appaltante di valutarne la gravità (Cons. Stato, 13 marzo 2019, n. 1649, che cita, ex multis, Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 834; V, 29 aprile 2016, n. 1641; 27 luglio 2016, n. 3402; 2 dicembre 2015, n. 5451; III, 28 settembre 2016, n. 4019). La mancata indicazione delle condanne rilevanti ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 costituisce indi autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente, che opera per il tramite dei suoi organi, e di dare in tal modo applicazione alla regola che impone la presenza del requisito dell’onorabilità sin dalla proposizione dell’offerta e per tutta la durata della gara e del rapporto (in caso di aggiudicazione), senza soluzione di continuità. Per converso, l’attività di dissociazione non può giammai assumere valore esimente con riferimento agli amministratori in carica al momento di presentazione della domanda di partecipazione (Cons. Stato, V, 7 giugno 2017, n. 2727; III, 1° luglio 2015, n. 3274). Non è poi significativa l’assenza di coscienza e volontà da parte di -OMISSIS- nell’omissione dichiarativa, pure valorizzata dal primo giudice: ai fini della sussistenza o meno della fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 rileva infatti esclusivamente il fatto materiale e oggettivo del falso, a prescindere dunque dall’animus soggettivo che l’ha ispirato, tant’è che la disposizione attribuisce attribuito al dolo o alla colpa ai soli fini dell’ulteriore adozione, da parte dell’Anac, di sanzioni di carattere interdittivo (art. 80, comma 12). Non trovano pertanto applicazione in materia gli istituti – di derivazione penalistica – del falso innocuo e del falso inutile (ex multis, Cons. Stato, IV, 7 luglio 2016, n. 3014), la completezza delle dichiarazioni costituendo, in materia di pubblici appalti, un autonomo valore da perseguire, in quanto strumentale alla celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla procedura: proprio per tale motivo, ai sensi dell’art. 80, una dichiarazione falsa o incompleta è di per sé inaffidabile, anche al di là delle effettive intenzioni del suo autore; non è pertanto decisivo ai fini di cui si discute che la società, nel rendere a suo tempo la dichiarazione per cui è causa, abbia fatto incolpevolmente affidamento sul certificato del casellario giudiziale dell’ex presidente del collegio sindacale, dal quale non risultava alcun precedente. Da quanto sopra deriva l’infondatezza delle difese con cui il -OMISSIS- sostiene che, siccome la condanna in parola consiste in una pena non superiore ai 18 mesi, e considerando ulteriormente che l’esistenza del precedente penale (volutamente celato dall’interessato) è stata comunicata da -OMISSIS-non appena questa ne è venuta a conoscenza, la società era ammessa a provare, ai sensi del combinato disposto dei commi 7 e 8 dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici e al fine di evitare l’esclusione dalla gara, di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.
(…)
7.5. Non appare però superfluo segnalare che la sentenza appellata, illustrati al capo 5.2 i già citati elementi difensivi rappresentati da -OMISSIS- li ha fatti propri al capo successivo, con la locuzione “sulla scorta di tali elementi…” che precede la valutazione di infondatezza delle censure di -OMISSIS-, e che così facendo, il primo giudice è incorso, innanzitutto, in un errore sul fatto, validando, mediante la descritta tecnica espositiva, l’affermazione di -OMISSIS-di aver “risolto” il rapporto con il presidente del suo collegio sindacale non appena conosciuto il precedente penale: emerge infatti incontestatamente dal fascicolo di causa e costituisce fatto esposto anche nella comunicazione 18 settembre 2018 che quest’ultimo ha presentato le dimissioni dalla carica rivestita in seno alla società il 9 agosto 2018. Da tale errore discende un errore ulteriore, che colpisce quella che, nella rappresentazione della sentenza (nella parte in cui, come detto, recepisce acriticamente le argomentazioni di -OMISSIS-, è la principale misura dissociativa che è stata (erroneamente) attribuita alla società: la “risoluzione” del rapporto con il predetto soggetto e l’adozione delle “misure organizzative necessarie alla ricostituzione dell’organo” cui egli precedentemente partecipava. Infatti, per quanto sopra, non è ravvisabile il ruolo attivo esercitato dalla società nell’allontanamento di tale soggetto evocato dalla medesima (anche nelle memorie difensive qui proposte) con il riferimento a una “risoluzione” giammai avvenuta, mentre la ricostituzione dell’organo si rivela una mera e necessaria conseguenza delle dimissioni presentate dal soggetto stesso. Sicchè, le iniziative rappresentate in giudizio da -OMISSIS-– anche laddove esse potessero essere qualificate come misure dissociative, il che, come visto, non è – si riducono, in sostanza, alla denuncia penale sporta dalla società in relazione alle “false certificazioni” rese dall’ex presidente del collegio sindacale in occasione delle autocertificazioni periodiche, atteso che, come ulteriormente chiarito da -OMISSIS-nella memoria depositata il 14 maggio 2019 (pag. 5, punto c), la società non ha neanche avviato azione volta a ottenere il risarcimento del danno, ritenendo che “un danno attuale e concreto non era ancora stato subito”.
Con il terzo motivo l’appellante lamenta la mancata esclusione del RTI controinteressato a fronte dell’omessa presentazione di alcune necessarie dichiarazioni sul possesso dei requisiti soggettivi di ordine generale. Neanche tale motivo risulta fondato, per le assorbenti ragioni che non sono in realtà dovute le dichiarazioni mancanti invocate dalla B., ovvero la loro omissione è stata superata attraverso regolare procedura di soccorso istruttorio. Sotto il primo profilo, non è dovuta la dichiarazione sulla mancanza di cause d’esclusione ex art. 80 d. lgs. n. 50 del 2016 da parte della D. s.p.a. (e dei relativi rappresentanti) quale socio della mandataria D., trattandosi di socio unico persona giuridica, come tale non rimesso – secondo l’interpretazione che il Collegio predilige – al relativo regime di cui all’art. 80, comma 3, d. lgs. n. 50 del 2016 (cfr. Cons. Stato, V, 27 agosto 2014, n. 4732, relativa all’analoga previsione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c, d. lgs. n. 163 del 2006).
Lo stesso è a dirsi per l’assenza della dichiarazione del socio della società in accomandita semplice maggioritaria al 99% della mandante S.: l’art. 80, comma 3, d. lgs. n. 50 del 2016 prescrive infatti il possesso dei requisiti generali in capo al «socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci», socio che coincide nel caso in esame con la suddetta s.a.s., non già con il relativo socio, di cui peraltro l’appellante non deduce neppure la titolarità di poteri rappresentativi.
In relazione al socio maggioritario S. della consorziata designata da C. per la prestazione del servizio (..) l’appellante deduce l’illegittima ammissione a soccorso istruttorio della dichiarazione sulla sussistenza dei requisiti generali in capo ai soggetti apicali. L’assunto è tuttavia infondato, atteso che la mancanza delle dichiarazioni sui requisiti di cui all’art. 80 d. lgs. n. 50 del 2016 ben rientra fra le carenze soccorribili ex art. 83, comma 9, d. lgs. n. 50 del 2016, trattandosi d’irregolarità essenziale correlata al documento di gara unico europeo, non afferente al contenuto dell’offerta, e dunque ben passibile di sanatoria.
1) Nell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 50/2016 è indicato che: ”Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora:… c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”. E’ evidente, dal tenore letterale della stessa, che deve essere la stazione appaltante a dimostrare “con mezzi adeguati” la colpevolezza dell’o.e. per aver dato luogo a gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità/affidabilità.
2)La norma di cui all’art. 80, comma 1, del Codice fa riferimento alla sola “condanna” e non a mero “rinvio a giudizio”. (…) la stazione appaltante non ha qualificato il comportamento dell’operatore economico come falsa dichiarazione ma solo come carenza informativa né sussiste normativa – come rilevato dalla ricorrente – che obbliga il concorrente, ai fini della partecipazione a una gara, a dichiarare la sussistenza di “carichi pendenti”, per cui non poteva essere invocata (…) neanche la norma generale sui suoi poteri sanzionatori, di cui all’art. 213, comma 13, del Codice.
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