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Subappalto richiesto dalla consorziata esecutrice

Quesito: Premesso che abbiamo in corso un appalto contrattualizzato con un consorzio stabile, che ha nominato a sua volta una consorziata esecutrice dei lavori. In questa fase esecutiva hanno predisposto una richiesta di subappalto, allegando fra l’altro il contratto di subappalto fra consorziata e subappaltatore, è ammissibile che la consorziata esecutrice possa contrattualizzare a sua volta un subappalto al posto del Consorzio appaltatore?

Risposta aggiornata: Il subappalto costituisce tipico contratto derivato dal contratto principale, cosicché solo l’appaltatore, in quanto soggetto che, attraverso la stipulazione del contratto principale, ha assunto l’obbligo di eseguire le prestazioni dedotte nell’appalto, risulta univocamente legittimato ad affidare a terzi l’esecuzione di altra parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del medesimo contratto di appalto. Pertanto, il contratto di subappalto deve essere sottoscritto tra il consorzio (che ha sottoscritto il contratto di appalto) e il subappaltatore. La risposta al quesito è, dunque, negativa. (Parere MIT n. 2672/2024)

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    Consorzio stabile : requisiti delle singole consorziate, esecutrici e non, per la partecipazione alle procedure di gara e per la qualificazione, cumulo alla rinfusa e direttori tecnici alla luce del D.Lgs. 36/2023 : chiarimenti ANAC

    Con il recente Comunicato ANAC sono state fornite indicazioni interpretative in materia di dimostrazione dei requisiti di partecipazione e di qualificazione all’esito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2023, nonchè in ordine ai direttori tecnici.
    L’Autorità ha chiarito che i consorzi stabili possono avvalersi dei requisiti maturati dalle singole consorziate, esecutrici e non, al fine di partecipare alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture e di conseguire l’attestazione di qualificazione.
    ANAC ha inoltre ribadito la permanenza del divieto che impediva alla medesima impresa di partecipare a più di un consorzio stabile, indicandone le ragioni.
    In merito alla mancata riproposizione della deroga che consentiva ai direttori tecnici delle imprese qualificate di conservare l’incarico presso la medesima impresa pur non essendo in possesso dei requisiti previsti, è stato precisato che, a decorrere dal 1 luglio 2023, anche i direttori tecnici che ricoprivano l’incarico antecedentemente al decreto n. 34/2000 devono essere in possesso dei prescritti requisiti di idoneità professionale e che le nuove disposizioni si applicano ai contratti sottoscritti a decorrere dal 1 luglio 2023 per il rilascio di una nuova attestazione di qualificazione o per il suo rinnovo.


    Comunicato ANAC del 31 gennaio 2024

    Indicazioni interpretative in materia di dimostrazione dei requisiti di partecipazione e di qualificazione all’esito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2023. Consorzi stabili e requisiti del direttore tecnico.

    In seguito all’entrata in vigore del decreto legislativo 31/3/2023, n. 36, sono emersi alcuni dubbi interpretativi in materia di qualificazione degli operatori economici che necessitano di urgenti chiarimenti, al fine di garantire la corretta e uniforme applicazione della disciplina vigente da parte delle stazioni appaltanti e degli Organismi di Attestazione. Con il presente Comunicato si intendono affrontare le criticità che possono trovare agevole soluzione attraverso un intervento interpretativo dell’Autorità informando sin d’ora che altre problematiche, connotate da maggiore complessità, saranno oggetto di idonei approfondimenti nell’ambito della Cabina di regia di cui all’articolo 221, comma 1, del codice e in occasione del prossimo aggiornamento del Manuale sulla Qualificazione.

    1. Cumulo alla rinfusa nei Consorzi stabili
    La materia della qualificazione dei Consorzi stabili è stata oggetto, negli anni, di orientamenti oscillanti della giurisprudenza che il nuovo codice dei contratti pubblici ha tentato di comporre, anche accogliendo il suggerimento dell’Autorità contenuto nell’atto di segnalazione n. 2 del 20/2/2022. In particolare, con tale atto era stata segnalata l’opportunità di adottare una formulazione più chiara della norma che definisse l’esatto ambito applicativo del cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili, chiarendo l’applicabilità del succitato meccanismo, senza limitazioni, per i contratti di lavori, servizi e forniture. Tale auspicio è stato realizzato dall’articolo 67, comma 2, lettere a) e b) dove è indicato che, per i consorzi stabili, in caso di appalti di servizi e forniture, i requisiti di capacità tecnica e finanziaria sono cumulati in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate; in caso di appalti di lavori, detti requisiti sono posseduti e comprovati sulla base delle qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate. Il comma 3 del medesimo articolo, soltanto con riferimento alle autorizzazioni e agli altri titoli abilitativi, specifica che gli stessi sono posseduti dal consorziato esecutore in quanto condizioni necessarie per poter esercitare l’attività.
    La giurisprudenza più recente ha chiarito che è consentito ai consorzi stabili di far ricorso in modo generalizzato al cd. “cumulo alla rinfusa” ai fini dell’affidamento di servizi e forniture, e dunque di poter ben integrare i requisiti previsti dalla lex specialis mediante quelli posseduti dalle proprie consorziate, a prescindere dal fatto che le stesse siano state designate o meno in gara come esecutrici del contratto (Cons. Stato, sez. V, 29 /09/2023, n. 8592, ove viene precisato che “nella partecipazione alle gare d’appalto è il consorzio stabile (e non già ciascuna delle singole imprese consorziate) ad assumere la qualifica di concorrente e contraente e, per l’effetto, a dover dimostrare il possesso dei relativi requisiti partecipativi, anche mediante il cumulo dei requisiti delle imprese consorziate, a prescindere dal fatto che le stesse siano designate o meno in gara per l’esecuzione del contratto di appalto”).
    Inoltre, negli ultimi mesi, sembra essersi consolidato l’indirizzo giurisprudenziale che, con precipuo riferimento agli appalti di lavori (i cui principi sono tuttavia estensibili anche a quelli di forniture e servizi), ritiene sufficiente, ai fini partecipativi, il possesso dell’attestazione di qualificazione richiesta dalla lex specialis in capo al consorzio stabile, a prescindere dalla qualificazione della/e consorziata/e designata/e come esecutrice/i (Cons. Stato, Sez. V, 4/07/2023, n. 6533, Cons. Stato, Sez. V, 5/05/2023, n. 1761; Id., 09/10/2023, n. 8767).
    Sulla base di tali elementi, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36/2023, l’Autorità conferma la possibilità, per i consorzi stabili, di avvalersi dei requisiti maturati dalle singole consorziate, esecutrici e non, secondo il meccanismo del cumulo alla rinfusa, al fine di partecipare alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture e di conseguire l’attestazione di qualificazione, facendo presente che, con riferimento alle procedure regolate dal nuovo Codice, si uniformerà agli orientamenti del Consiglio di Stato sopra richiamati.

    2. Partecipazione a più di un Consorzio stabile
    Con l’entrata in vigore del nuovo codice, è sorto il dubbio in ordine alla permanenza del divieto di cui all’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 163/2006 (transitoriamente vigente sino al 30 luglio 2023), che impediva alla medesima impresa di partecipare a più di un consorzio stabile. Ciò, stante la mancata riproduzione di detta previsione nel nuovo codice e considerato che l’articolo 255 del decreto legislativo 36/2023 prevede l’ultravigenza del solo comma 7 dell’articolo 36, attinente alla qualificazione dei consorzi stabili.
    L’Autorità ritiene che il divieto in questione debba considerarsi permanente, in considerazione delle seguenti ragioni di carattere normativo e di merito.
    Sotto il primo profilo si evidenzia la volontà del legislatore di far salva, in via transitoria, la disciplina previgente (risalente addirittura al decreto legislativo n. 163/2006), attraverso le previsioni dell’articolo 225, comma 13, del codice. Nella stessa direzione, si richiama l’articolo 67, comma 8, del nuovo Codice, che definisce le modalità di qualificazione dei Consorzi Stabili, stabilendo che gli atti adottati dall’ANAC restano efficaci fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 100, comma 4, dello stesso Codice. Tra gli atti adottati dall’ANAC cui è attribuita ultravigenza, rientrano i Comunicati del Presidente dell’8/06/2016 “Questioni interpretative relative all’applicazione delle disposizioni del d.lgs. n. 50/2016 nel periodo transitorio” e del 31/05/2016 “Criticità rappresentate dalle SOA in conseguenza dell’entrata in vigore del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50”, in cui è ribadito il divieto di partecipazione a più consorzi stabili.
    Nel merito, si evidenzia che la partecipazione a un consorzio stabile presuppone l’intenzione delle imprese consorziate di operare stabilmente in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa. Appare quindi difficile concepire che tale vincolo (stabile, continuativo e afferente alla totalità delle risorse umane e strumentali dell’impresa), possa essere istituito in favore di più entità, senza che ciò ne pregiudichi l’effettività. Inoltre, una tale apertura avrebbe l’effetto di svilire proprio l’elemento della stabilità che contraddistingue questa tipologia di consorzi, finendo per assimilare gli stessi ad altre tipologie di aggregazioni caratterizzate, invece, dalla temporaneità del vincolo.
    Occorre considerare, altresì, che le risorse messe a disposizione del consorzio possono essere contestualmente utilizzate dalle imprese consorziate anche per partecipare alle gare in forma singola. Se a ciò si aggiungesse la possibilità, per le consorziate, di partecipare stabilmente a più di un consorzio, ne deriverebbe un aumento delle occasioni di contemporanea spendita dei medesimi requisiti di partecipazione e di qualificazione da parte di più soggetti, con grave pregiudizio per l’effettiva capacità esecutiva.
    La possibilità di spendita plurima dei requisiti rappresenta una preoccupazione per il legislatore: l’articolo 67, comma 7, del codice, prevede infatti che possano essere oggetto di avvalimento i soli requisiti maturati dal consorzio (in proprio). Tale previsione è volta appunto ad evitare che i requisiti che discendono dall’esecuzione di un contratto (ripartiti tra consorzio e consorziate in forza di apposita delibera consortile) possano essere successivamente prestati a terzi, sulla base di diversi contratti di avvalimento sottoscritti (in qualità di impresa ausiliaria) dal consorzio affidatario e dalle singole consorziate.
    Infine, si consideri che la disciplina definitiva della qualificazione degli operatori economici, ivi compresi i consorzi stabili, è demandata dal codice al Regolamento di cui all’articolo 100. Ciò posto, l’Autorità nei casi di dubbia interpretazione delle nuove disposizioni ritiene opportuno, laddove possibile, propendere per un’interpretazione conforme alla disciplina previgente. Considera preferibile, infatti, evitare interpretazioni innovative che potrebbero essere superate nel prossimo futuro, per evidenti esigenze di certezza del diritto e di stabilità normativa.

    3. Mancata riproposizione della deroga che consentiva ai direttori tecnici delle imprese qualificate di conservare l’incarico presso la medesima impresa pur non essendo in possesso dei requisiti previsti
    Il decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000 e il decreto del Presidente della Repubblica n. 207/2010 prevedevano una deroga in materia di dimostrazione dei requisiti professionali in favore dei direttori tecnici che, prima dell’entrata in vigore del Regolamento 34/2000, ricoprivano l’incarico per imprese iscritte all’Albo nazionale costruzioni. In particolare, era consentito a tali soggetti di mantenere l’incarico ricoperto anche in difetto dei requisiti di idoneità professionale più stringenti introdotti dagli stessi Regolamenti.
    L’articolo articolo 84, comma 12-bis, del decreto legislativo n. 50/2016, introdotto in sede di correttivo, aveva riproposto la medesima deroga, confermando la permanenza del previgente regime.
    Il decreto legislativo n. 36/2023 non prevede alcuna deroga in materia di dimostrazione dei requisiti del direttore tecnico. Pertanto, a decorrere dal 1 luglio 2023, anche i direttori tecnici che ricoprivano l’incarico antecedentemente all’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 34/2000 devono essere in possesso dei prescritti requisiti di idoneità professionale.
    Le nuove disposizioni si applicano ai contratti sottoscritti a decorrere dal 1 luglio 2023 per il rilascio di una nuova attestazione di qualificazione o per il suo rinnovo. La verifica triennale e le variazioni minime delle attestazioni in corso di validità dovranno essere svolte in applicazione delle disposizioni vigenti al momento della sottoscrizione del contratto per il rilascio dell’attestazione originaria.

    Consorzio stabile – Illecito professionale – Rilevanza (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 03.05.2022 n. 3453

    Va in proposito confermato il principio che afferma l’irrilevanza del precedente illecito professionale della consorziata (anche qualora esecutrice per conto del consorzio nell’ambito di altro affidamento) rispetto ai requisiti del consorzio stabile in sé (su cui cfr. Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2387); in termini generali, detto principio si pone peraltro in linea con quello per cui occorre che le imprese esecutrici siano esse stesse in possesso dei requisiti generali, non potendosi avvantaggiare dello “schermo di copertura” ritraibile dal consorzio (cfr. Cons. Stato, V, 9 ottobre 2020, n. 6008; 30 settembre 2020, n. 5742; 5 maggio 2020, n. 2849; 5 giugno 2018, n. 3384 e 3385; 26 aprile 2018, n. 2537).
    Il che implica in effetti che il pregiudizio a carico di una data consorziata (anche laddove maturato quale esecutrice di precedente affidamento a beneficio del consorzio) non rilevi di per sé ai fini dei requisiti partecipativi a una diversa gara in cui sia designata dal consorzio stabile una distinta consorziata esecutrice (Cons. Stato, n. 2387 del 2020, cit.).
    Ma ciò non vuol dire (anche) che il pregiudizio maturato (e risultante) a carico dello stesso consorzio stabile su un precedente affidamento non rilevi ai fini di una successiva procedura solo perché risulta ivi designata una diversa consorziata esecutrice.
    I requisiti generali vanno infatti accertati sì in capo alle consorziate esecutrici, ma anche sul consorzio in sé (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 4 maggio 2012, n. 8, relativa a un consorzio di produzione e lavoro, con principio ben riferibile anche ai consorzi stabili: “il possesso dei requisiti generali e morali […] deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate”; Cons. Stato, V, 25 marzo 2021, n. 2532).
    Per questo, la circostanza che il fatto della consorziata esecutrice in un pregresso affidamento non valga a comprovare la carenza dei requisiti nell’ambito di una gara con altra esecutrice designata non consente sic et simpliciter di obliterare o ritenere superato un pregiudizio che risulti a carico (anche) del consorzio stesso.
    Una siffatta valutazione attiene infatti, eventualmente, all’apprezzamento di merito circa l’affidabilità e integrità dell’operatore, a seconda del tipo di illecito pregresso e delle sue connotazioni materiali (cfr. Cons. Stato, n. 2532 del 2021, cit.), nonché del giudizio discrezionale rimesso alla stazione appaltante in caso di illeciti non comportanti l’automatica esclusione dell’impresa.
    Come correttamente dedotto dall’appellante, infatti, il concorrente in gara è il consorzio stabile, così come lo stesso consorzio è il titolare del contratto con l’amministrazione (cfr. Cons. Stato, V, 2 febbraio 2021, n. 964; cfr. peraltro anche, in termini generali, Cons. Stato, Ad. plen., 13 marzo 2021, n. 5, in ordine alla configurazione strutturale propria dei consorzi stabili – diversa da quella dei consorzi ordinari – caratterizzati da una “stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio”).
    Alla luce di ciò, se personalmente a carico del consorzio stabile risulta un pregiudizio, lo stesso va valutato e apprezzato dalla stazione appaltante a prescindere dal fatto che la consorziata esecutrice ivi coinvolta (ed eventualmente colpita, insieme al consorzio, dai provvedimenti pregiudizievoli dell’amministrazione) sia diversa da quella designata nella nuova procedura di gara.
    Tale ultima circostanza potrà essere infatti eventualmente valutata, insieme con tutti gli altri elementi, ai fini del merito dell’apprezzamento circa la (ritenuta) significatività del pregresso illecito; ma non può per converso ritenersi ex lege non riferibile al consorzio stabile un pregiudizio risultante in capo allo stesso sol perché altra era la consorziata esecutrice designata (e anch’essa sanzionata) nell’ambito dell’affidamento in cui l’illecito è maturato (cfr., in tale prospettiva, anche Cons. Stato, n. 964 del 2021, cit., che valorizza l’unità del consorzio stabile quale “operatore economico unitario” espressiva della sua autonomia soggettiva, ben rilevante – così come ai fini dell’estromissione dai diversi lotti di una stessa gara in caso di rilevata sussistenza di causa escludente in uno degli stessi – a fronte di pregiudizi riscontrabili in capo al consorzio stabile in sé).
    In tale contesto, sta dunque alla stazione appaltante apprezzare il pregresso illecito professionale risultante a carico del consorzio stabile per valutarne l’eventuale rilevanza, anche alla luce – tra gli altri elementi – della consistenza del fatto, e se del caso dei profili di imputabilità sostanziale (e in che misura) della condotta illecita allo stesso consorzio stabile ovvero alla consorziata esecutrice a suo tempo designata.

    Riferimenti normativi:

    art. 80 d.lgs. n. 50/2016

    Lavori – Qualificazione imprese raggruppate o consorziate – Calcolo aumento del quinto sull’ importo a base di gara – Orientamenti contrastanti

    TAR Palermo, 23.11.2021 n. 3228

    L’art. 61, comma 2, seconda parte, d.P.R. n. 207 del 2010 va interpretato nel senso che l’impresa raggruppata o consorziata deve essere qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dei singoli importi della categoria e non all’importo totale a base di gara, in quanto va letto in coerenza con la prima parte riferita alle imprese che partecipano in forma individuale.

    La ratio dell’art. 61, comma 2, seconda parte, d.P.R. n. 207 del 2010 è quella di garantire l’attuazione del principio euro-unitario di concorrenza e del corollario del favor partecipationis, i quali sono strettamente connessi a quelli costituzionali di buon andamento, imparzialità e libertà d’iniziativa economica privata, consentendo l’accesso alle gare d’appalto anche alle imprese, singole o associate, le quali hanno una qualificazione di poco inferiore a quella richiesta dai bandi.

    Ha ricordato la Sezione che in ordine all’interpretazione di tale disposizione si registra in giurisprudenza un contrasto, in quanto, secondo un primo orientamento, richiamato dalle ricorrenti ed espresso nella sentenza della III sezione del Consiglio di Stato n. 3040 del 13 aprile 2021, “L’inequivoco tenore letterale della disposizione regolamentare citata consente di ricavare le seguenti regole: – la qualificazione in una categoria abilita l’impresa singola a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto: dunque, ogni impresa può partecipare alle gare ed eseguirne i rispettivi lavori avuto riguardo alla propria qualificazione in una specifica categoria e nei limiti della classifica posseduta; – nel caso di imprese raggruppate o consorziate “la medesima disposizione” si applica con riferimento a ciascuna impresa raggruppata o consorziata: ciò significa che, anche nel caso di raggruppamento, ciascuna singola impresa è abilitata a partecipare ed eseguire i lavori in riferimento alla propria qualificazione in una categoria e nei limiti della classifica col beneficio dell’incremento del quinto, ma subordinatamente alla ulteriore condizione che essa sia qualificata per un importo pari ad almeno un quinto “dell’importo dei lavori a base di gara”. Non vi sono, nella disposizione citata, elementi testuali che possano legittimare una interpretazione diversa. Né se ne intravedono sul versante sistematico. La ratio della norma è quella di non esasperare gli effetti della qualificazione “virtuale” quando le imprese esecutrici siano una pluralità e il requisito di qualificazione risulti, di conseguenza, molto frazionato. Essa persegue tale fine attraverso il “blocco” della premialità nel caso di raggruppamenti il cui partecipante ha una qualificazione inferiore ad un quinto del monte lavori, così da disincentivare, rectius, da eliminare l’incentivo al frazionamento eccessivo. Si può discutere, come pure fa l’appellante, circa il carattere draconiano della misura, ma ciò non toglie che la norma sia chiara nel suo disposto e nella sua ratio. Né il collegio ritiene sussistano vizi da poterne giustificare la disapplicazione per contrasto con la normativa primaria, trattandosi, a ben vedere, non di una penalizzazione irrazionale o sproporzionata, ma di un temperamento in ordine all’applicazione di una norma di pari rango, di carattere premiale. Temperamento operato, com’anzi detto, per ragioni plausibili e con modalità misurate e attente al principio di proporzionalità”.

    Si contrappone un secondo orientamento, quello per il quale la previsione di cui all’art. 61, d.P.R. n. 207 del 2010 va interpretata nel senso che la condizione secondo cui l’impresa concorrente deve essere qualificata per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara deve essere riferita ai singoli importi della categoria prevalente e delle altre categorie scorporabili della gara (per tutte Tar Napoli, sez. I, 16 luglio 2020, n. 3158 con richiamo a Consiglio di Stato, sez. V, 28 giugno 2018, n. 3993).

    Tale interpretazione è stata fatta propria anche dall’ANAC che, nella delibera n. 45 del 22 gennaio 2020, ha affermato che deve tenersi conto della struttura lessicale del comma 2 dell’art. 61 e del rapporto tra le due parti che lo compongono, per cui la seconda parte declina, con riferimento alle singole imprese raggruppate, quanto disciplinato dalla prima, prevedendo che a ciascuna impresa raggruppata si applichi “la medesima disposizione” dettata per le imprese singole, ovvero “la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto”, che deve ritenersi riprodotta anche con riferimento a ciascuna impresa raggruppata; ne consegue che la qualificazione pari almeno ad un quinto dell’importo dei lavori (che deve essere posseduta per beneficiare dell’incremento del quinto) non può che essere riferita all’unica categoria di cui il comma fa espressa menzione, ovverosia la categoria di lavori per la quale occorre dimostrare di essere qualificati e per la quale si invoca l’estensione della portata abilitante dell’attestazione SOA.

    Ad avviso della Sezione convincente il secondo orientamento per le ragioni esposte nei precedenti citati e nella delibera dell’ANAC, alle quali vanno aggiunte le seguenti. Come noto, costituisce jus receptum il principio che l’art. 12 delle preleggi, laddove stabilisce che nell’applicare la legge non si può attribuire alla stessa altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore, non privilegia il criterio interpretativo letterale poiché evidenzia, con il riferimento “all’intenzione del legislatore”, un essenziale riferimento alla coerenza della norma e del sistema; conseguentemente, il dualismo, presente nell’art. 12, tra lettera (“significato proprio delle parole secondo la connessione di esse”) e spirito o ratio (“intenzione del legislatore”) va risolto con la svalutazione del primo criterio, rilevandosi inadeguata la stessa idea di interpretazione puramente letterale (ex plurimis Cons. Stato, sez. II, 11 ottobre 2021, n. 6766eIV, 30 giugno 2017, n. 3233).

    Così ricostruiti i principi in materia d’interpretazione delle norme, deve, in primo luogo, precisarsi che l’interpretazione accolta dal collegio non contrasta con il dato letterale, in quanto la seconda parte della norma va letta in coerenza con la prima, nella quale si fa riferimento all’importo della categoria nella quale il partecipante alla gara (sia essa impresa individuale o RTI) intende qualificarsi. Significativa, sotto tale profilo, è l’espressione utilizzata dal legislatore il quale, dopo avere statuito che “la qualificazione in una categoria abilita l’impresa a partecipare alle gare e ad eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto”, dispone che “la medesima disposizione” si applica “a ciascuna impresa raggruppata o consorziata”. La norma è, a ben vedere, strutturata in termini di unitarietà, cosicchè deve ritenersi che l’espressione contenuta nella seconda parte della stessa, ovverosia “per una classifica pari ad almeno un quinto dell’importo dei lavori a base di gara”, abbia lo stesso significato di quella di cui alla prima parte, ovverosia “nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto”. Deve, pertanto, concludersi nel senso che il dato testuale depone a favore della tesi secondo cui il quinto va calcolato sull’importo della categoria oggetto di qualificazione sia per i partecipanti singoli che per i consorzi e i raggruppamenti.

    fonte: sito della Giustizia Amministrativa

    Adunanza Plenaria su Consorzio stabile – Consorziata non designata – Natura – Equiparabile ad impresa ausiliaria nell’avvalimento – Perdita dei requisiti – Sostituzione (art. 45 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 18.03.2021 n. 5

    La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione.


    La questione era stata rimessa da Cga, ord., 29 dicembre 2020, n. 1211.

    Ha chiarito l’Alto consesso che il consorzio ordinario di cui agli artt. 2602 e ss. c.c., pur essendo un autonomo centro di rapporti giuridici, non comporta l’assorbimento delle aziende consorziate in un organismo unitario costituente un’impresa collettiva, né esercita autonomamente e direttamente attività imprenditoriale, ma si limita a disciplinare e coordinare, attraverso un’organizzazione comune, le azioni degli imprenditori riuniti (Cass. civ., sez. trib., 9 marzo 2020, n. 6569; id., sez. I, 27 gennaio 2014, n. 1636).

    Nel consorzio con attività esterna la struttura organizzativa provvede all’espletamento in comune di una o alcune funzioni (ad esempio, l’acquisto di beni strumentali o di materie prime, la distribuzione, la pubblicità, etc.), ma nemmeno in tale ipotesi il consorzio, nella sua disciplina civilistica, è dotato di una propria realtà aziendale. Ne discende che, ai fini della disciplina in materia di contratti pubblici, il consorzio ordinario è considerato un soggetto con identità plurisoggettiva, che opera in qualità di mandatario delle imprese della compagine. Esso prende necessariamente parte alla gara per tutte le consorziate e si qualifica attraverso di esse, in quanto le stesse, nell’ipotesi di aggiudicazione, eseguiranno il servizio, rimanendo esclusa la possibilità di partecipare solo per conto di alcune associate (Cons. St., sez. V, 6 ottobre 2015, n. 4652, il quale ha statuito l’illegittimità della partecipazione di un consorzio ordinario che, pur riunendo due società, aveva dichiarato di gareggiare per conto di una sola di esse).

    Non è così per i consorzi stabili. Questi, a mente dell’art. 45, comma 2, lett. c),  d.lgs. n. 50 del 2016, sono costituiti “tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro” che “abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.

    È in particolare il riferimento aggiuntivo e qualificante alla “comune struttura di impresa” che induce ad approdare verso lidi ermeneutici diversi ed opposti rispetto a quanto visto per i consorzi ordinari. I partecipanti in questo caso danno infatti vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto (Cons. St., sez. VI, 13 ottobre 2020, n. 6165).

    Proprio sulla base di questa impostazione, la Corte di Giustizia UE (C-376/08, 23 dicembre 2009) è giunta ad ammettere la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto e non abbia pertanto concordato la presentazione dell’offerta (Cons. St., sez. III, 4 febbraio 2019, n. 865).

    Tanto chiarito sul versante della natura giuridica del consorzio stabile, giova fare un ulteriore cenno esplicativo al cd. meccanismo di qualificazione alla “rinfusa” che ha segnatamente caratterizzato la vicenda in causa.

    Trattasi del portato dell’art. 31, comma 1, d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, vigente all’epoca dei fatti di causa, per il quale: “I consorzi di cui agli artt. 45, comma 2, lettera c) e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’Anac di cui all’art. 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.

    La disposizione ha avuto vigore sino al 2019. L’art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ha eliminato tale regola, ripristinando l’originaria e limitata perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”.

    Siffatto peculiare meccanismo (si ribadisce, esteso all’epoca dei fatti di causa anche ai requisiti di qualificazione, ma oggi limitato ad attrezzature, mezzi d’opera e organico medio annuo) ha radici nella natura del consorzio stabile e si giustifica in ragione: a) del patto consortile, comunque caratterizzato dalla causa mutualistica; b) del rapporto duraturo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate avente come fine “una comune struttura di impresa”.

    Quanto sopra, se è vero in via generale in relazione al cumulo di alcuni requisiti necessari alla partecipazione, necessita invece di un distinguo, ai diversi fini dei legami che si instaurano nell’ambito della gara, tra consorzio stabile e consorziate, a seconda se queste ultime siano o meno designate per l’esecuzione dei lavori.

    Solo le consorziate designate per l’esecuzione dei lavori partecipano alla gara e concordano l’offerta, assumendo una responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 47 comma 2, del codice dei contratti). Per le altre il consorzio si limita a mutuare, ex lege, i requisiti oggettivi, senza che da ciò discenda alcuna vincolo di responsabilità solidale per l’eventuale mancata o erronea esecuzione dell’appalto.

    Si è dinanzi, in quest’ultimo caso, ad un rapporto molto simile a quello dell’avvalimento (non a caso espressamente denominato tale dalla vecchia versione dell’art. 47 comma 2, ratione temporis applicabile), anche se, per certi versi, meno intenso: da una parte, infatti, il consorziato presta i requisiti senza partecipare all’offerta, similmente all’impresa avvalsa (senza bisogno di dichiarazioni, soccorrendo la “comune struttura di impresa” e il disposto di legge), dall’altra, pur facendo ciò, rimane esente da responsabilità (diversamente dall’impresa avvalsa).

    Una forma di avvalimento attenuata dall’assenza di responsabilità dunque.

    Questa constatazione, se intermediata attraverso l’elaborazione logica, è di per sé sufficiente a giustificare l’applicazione alla fattispecie in esame dell’art. 89 comma 3 del codice dei contratti.

    A mente della disposizione citata, infatti la stazione appaltante (in luogo di disporre l’esclusione in cui inesorabilmente incorrerebbe un concorrente nell’ambito di un raggruppamento o di un consorzio ordinario o stabile) impone all’operatore economico di “sostituire” i soggetti di cui si avvale “che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione”. Ergo, se è possibile, in via eccezionale, sostituire il soggetto legato da un rapporto di avvalimento, a fortiori dev’essere possibile sostituire il consorziato nei confronti del quale sussiste un vincolo che rispetto all’avvalimento è meno intenso.

    Del resto, che questa sia la soluzione per colmare la lacuna normativa esistente, ed evidenziata dall’ordinanza di rimessione, per il caso del consorziato non designato per l’esecuzione, trova piena conferma nell’ampia formulazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, il quale, nel disciplinare l’avvalimento, vi ricomprende tutti i casi in cui un operatore economico, per un determinato appalto, fa “affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, senza dare rilevanza qualificante alla responsabilità solidale dei soggetti avvalsi. Circostanza, quest’ultima, rimessa piuttosto dalla direttiva all’eventuale decisione discrezionale dell’amministrazione aggiudicatrice (l’amministrazione aggiudicatrice “può esigere” che l’operatore economico e i soggetti di cui sopra siano solidalmente responsabili dell’esecuzione del contratto, recita l’art. 63 cit.), anche se poi tradottasi in un precetto di legge in sede di recepimento nell’ordinamento italiano (art. 89, comma 5, codice dei contratti).

    Non v’è ragione, dunque, per riservare al consorzio che si avvale dei requisiti di un consorziato “non designato”, un trattamento diverso da quello riservato ad un qualunque partecipante, singolo o associato, che ricorre all’avvalimento. Nell’uno, come nell’altro caso, in virtù dell’art. 89 comma 3 del codice dei contratti, ove il requisito “prestato” venga meno, l’impresa avvalsa potrà, rectius, dovrà essere sostituita.

    In risposta alle preoccupazioni manifestate dal Collegio rimettente, e al fine di garantire chiarezza e certezza al quadro esegetico complessivo, può aggiungersi che la chiave interpretativa innanzi delineata non tocca la perdurante validità del principio di necessaria continuità nel possesso dei requisiti, affermato dall’Adunanza Plenaria con sentenza 8/2015, né il più generale principio di immodificabilità soggettiva del concorrente (salvi i casi previsti della legge nel caso di raggruppamento temporaneo di imprese).

    Con tale decisione l’Adunanza, ribadendo il portato della costante giurisprudenza antecedente, ha affermato il principio generale, secondo cui “il possesso dei requisiti di ammissione si impone a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica”; chiarendo che “per esigenze di trasparenza e di certezza del diritto, che non collidono col pur rilevante principio del favor partecipationis, la verifica del possesso, da parte del soggetto concorrente (ancor prima che aggiudicatario), dei requisiti di partecipazione alla gara deve ritenersi immanente all’intero procedimento di evidenza pubblica, a prescindere dalla indicazione, da parte del legislatore, di specifiche fasi espressamente dedicate alla verifica stessa, quali quelle di cui all’art. 11, comma 8, ed all’art. 48, d.lgs. n. 163 del 2006”.

    Trattasi di un principio del quale, a valle dell’Adunanza Plenaria citata, nessuno più dubita, e che merita piena adesione anche oggi, in questa sede.

    E’ pur vero che, nel caso allora deciso, l’Adunanza si spinse a precisare che sussiste “sul piano dell’accertamento dei requisiti di ordine generale e tecnico-professionali ed economici, una totale equiparazione tra gli operatori economici offerenti in via diretta e gli operatori economici in rapporto di avvalimento e dunque, in definitiva, fra i primi e l’imprenditore, che preferisca seguire la via del possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara”, con ciò lasciando chiaramente intendere che l’affermato principio di continuità dovesse valere anche per l’impresa avvalsa.

    Tuttavia detta ultima affermazione dev’essere letta nel quadro normativo, ratione temporis vigente, anche comunitario, che pacificamente escludeva la possibilità di una sostituzione dell’impresa rimasta priva di requisiti, a prescindere se essa fosse legata da un vincolo di associazione temporanea con l’aggiudicatario o da un più tenue rapporto di avvalimento (art. 44 della Dir. 31 marzo 2004, n. 2004/18/CE).

    Quel quadro normativo è mutato, e per il tramite del più volte citato art. 63 della direttiva 2014/24/UE, esso oggi pacificamente impone che il soggetto avvalso che nelle more del procedimento di gara o durante l’esecuzione del contratto perda i requisiti, venga sostituito.

    Dunque non v’è più motivo per discorrere, in relazione a tale peculiare fattispecie, di necessaria “continuità” nel possesso dei requisiti del concorrente che si avvale dell’apporto claudicante di terzi, a pena di esclusione.

    La sostituzione è appunto lo strumento nuovo e alternativo che, alla luce del principio di proporzionalità, consente quella continuità predicata dall’Adunanza Plenaria nel 2015, in tutti i casi in cui il concorrente si avvalga dell’ausilio di operatore terzi. Trattasi di un “istituto del tutto innovativo”, secondo la definizione datane dal Consiglio Stato (sez. III, n. 5359 del 2015) e dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (C-223/16 del 14 settembre 2017, Casertana costruzioni s.r.l.).

    Esso restituisce al soggetto avvalso la sua vera natura di soggetto che presta i requisiti al concorrente, senza partecipare alla compagine e all’offerta da questa formulata e risponde all’esigenza, stimata superiore, di evitare l’esclusione del concorrente, singolo o associato, per ragioni a lui non direttamente riconducibili o imputabili. Esigenza quest’ultima evidentemente strumentale a stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, può contare sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti o perda i requisiti prescritti, potrà procedere alla sua sostituzione senza il rischio di essere, solo per questa circostanza, estromesso automaticamente dalla procedura selettiva (Cons. Stato, sez. V, n. 69 del 2019; id. 2527 del 20181101 del 2018).

    Di tale mutato quadro ha dato di recente atto l’ordinanza 20 marzo 2020, n. 2005, con la quale la terza sezione del Consiglio di Stato ha adito in via pregiudiziale la Corte di Giustizia dell’Unione europea proprio in relazione al meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 89, co. 3, del d.lgs. n. 50/2016, sostenendone la necessaria estensione, a termini del diritto dell’unione, a tutte le fattispecie di esclusione, a prescindere dai motivi (attualmente l’art. 89 comma 3 e la giurisprudenza escludono pacificamente che la sostituzione possa avvenire nel caso di dichiarazioni mendaci.

    Consorzio – Sostituzione, in riduzione, di una (o più) consorziate – Non può comportare elusione della lex specialis – Requisiti di partecipazione – Continuità nel possesso (art. 45 , art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, Sez. V, 05.05.2020 n. 2849

    I consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422 (Costituzione di consorzi di cooperative per appalti di lavori pubblici) e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 (Provvedimenti per la cooperazione) erano ammessi alla partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici dall’art. 34, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (e sono ora ammessi dall’art. 45, lett. b) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50); per essi, come per tutti i consorzi, i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio nella sua interezza, mentre dei requisiti generali di partecipazione ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 è richiesto il possesso alle singole imprese consorziate indicate come esecutrici (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 ottobre 2015, n. 4703;V, 22 gennaio 2015, n. 244; V 17 maggio 2012, n. 2825; V, 15 giugno 2010, n. 3759; la ragione viene comunemente spiegata in questi termini: “Se in caso di consorzi tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti. Per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura”). (…)

    [L’appellante], tra la fase di prequalifica e la fase di gara, comunicava l’estromissione di una delle consorziate indicata come esecutrice dell’appalto in caso di aggiudicazione nell’allegato alla domanda di partecipazione per ragioni organizzative interne, la [consorziata]. La carenza dei requisiti generali di partecipazione – e, più esattamente, l’accertata sussistenza di “gravi violazioni tributarie” – in capo alla [consorziata] è una delle ragioni per le quali è stato disposto l’annullamento in autotutela delle precedenti aggiudicazioni.

    [L’appellante] oppone, in primo grado, ed ora in appello, la possibilità di sostituire sempre le consorziate indicate nell’esecuzione dell’appalto senza il limite del divieto di modifica della composizione del consorzio e che, comunque, nel caso di specie, si tratterebbe di una modifica “in riduzione”, che lascia inalterata la compagine che si troverà a contrarre con l’amministrazione.

    La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza ed ha trovato una sua precisa definizione nella sentenza dell’Adunanza plenaria 4 maggio 2012, n. 8, riferita proprio ad un caso in cui era stato escluso da una procedura di gara un consorzio tra società di produzione e lavoro per la carenza dei requisiti di partecipazione in capo ad una delle consorziate indicate per l’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione.

    L’Adunanza plenaria ha dettato i seguenti principi:

    a) è precluso al consorzio la sostituzione del soggetto indicato come esecutore dell’appalto; ammettere la sostituzione successiva della consorziata, in caso di esito negativo della verifica sul possesso dei requisiti generali, significherebbe eludere le finalità sottese alle prescrizioni di gara che – come nella vicenda oggetto dell’odierno giudizio – richiedono l’indicazione delle consorziate che eseguiranno il servizio e la loro dichiarazione sul possesso dei requisiti generali di partecipazione, e renderebbe, di fatto, vano il controllo preventivo ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, in capo all’impresa indicata nella domanda di partecipazione;

    b) è consentita la modifica “in riduzione”, vale a dire l’eliminazione, senza sostituzione, di una delle consorziate, con conseguente esecuzione dell’appalto integralmente dalle altre, a condizione che la modifica della compagine in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie del consorzio e non, invece, per eludere la legge di gara, e, in particolare, per evitare la sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo alla consorziata, che viene meno attraverso l’operazione riduttiva.

    Impone questa conclusione il rispetto del principio della par condicio chiaramente violato ove si consentisse ad uno dei concorrenti, sia pure nella particolare forma del consorzio, di ridurre la compagine con la quale si è presentato alla stazione appaltante per evitare di incorrere nella sanzione espulsiva, e, così, sanando ex post il difetto del requisito di partecipazione (Corte di Giustizia nella decisione 24 maggio 2016, C-396/14).

    Contrariamente a quanto pare sostenere l’appellante, la successiva giurisprudenza non si è discostata da tali regole ma ne ha fatto applicazione (sia per procedure sottoposte al vecchio codice dei contratti pubblici, sia con le disposizione, peraltro di tenore sostanzialmente identico, del nuovo codice dei contratti pubblici, cfr. Cons. Stato, sez. III, 5 marzo 2020, n. 1623; V, 26 aprile 2018, n. 2537; V, 17 luglio 2017, n. 3507); né si è posta in contrasto con essi la sentenza di questa Sezione, più volte citata dall’appellante, 2 settembre 2019, n. 6024.

    E’ vero, infatti, che nella sentenza in esame è affermato il principio per cui la sostituzione della consorziata esecutrice è sempre possibile, in ragione del rapporto organico tra consorziata e consorzio, ma si ribadisce pure che la modifica in riduzione è consentita alle condizioni “che quelle che restano a farne parte siano comunque titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione”, ma specialmente, “che ciò non avvenga al fine di eludere la legge di gara”. (…)

    Spetta, dunque, alla stazione appaltante, prima, e, in caso di contestazione, al giudice amministrativo, valutare se la sostituzione della consorziata indicata come esecutrice sia avvenuta per ragioni organizzative interne al consorzio ovvero nel tentativo di sottrarsi all’esclusione dalla procedura per carenza dei requisiti generali di partecipazione.

    Occorre, però, subito completare il discorso con una precisazione: la modifica “in riduzione” della compagine soggettiva di un operatore partecipante alla procedura in forma plurisoggettiva presuppone, pur sempre, il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di gara alla data di presentazione della domanda.

    Diversamente, l’esclusione dell’operatore è, comunque, dovuta per il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione per il quale essi devono essere mantenuti senza soluzione di continuità dalla data di presentazione della domanda a quella di aggiudicazione, e, per tutta la fase di esecuzione in caso di aggiudicazione del contratto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2020, n. 2397 e i precedenti ivi citati).

    Detto, altrimenti, il problema dell’accertamento della finalità elusiva dell’esclusione – se essa risponda ad effettive ragioni organizzative ovvero sia stata effettuata per evitare l’esclusione dalla procedura – può porsi nel caso in cui il soggetto estromesso, consorziata o impresa raggruppata, abbia perduto, medio tempore i requisiti di partecipazione, non certo qualora non li abbia mai avuti, perché, in tal caso, era preclusa sin dall’inizio la sua partecipazione alla procedura di gara, e la riduzione è vicenda successiva della compagine partecipante che risulta del tutto irrilevante per la stazione appaltante.

    Consorzio – Gravi illeciti professionali posti in essere da consorziate diverse da quelle indicate per l’esecuzione – Obbligo dichiarazione – Non sussiste (art. 45 , art. 48 , art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 14.04.2020 n. 2387

    3. Le norme dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, di riferimento della fattispecie sono pertanto quelle per cui le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico rispetto al quale si dimostri con mezzi adeguati che il medesimo “si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.
    Viene in rilevo anche la successiva lett. f)-bis dello stesso art. 80, secondo cui è escluso dalla gara “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
    Nel vigore delle predette disposizioni, la giurisprudenza ha ritenuto che l’individuazione delle condotte da qualificarsi ex lege “gravi illeciti professionali” fosse solo esemplificativa, potendo la stazione appaltante desumere la causa di esclusione da ogni altra vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (ex multis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; V, 25 gennaio 2019, n. 591; V, 3 gennaio 2019, n. 72; III, 27 dicembre 2018, n. 7231), se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità. Tale conclusione è rimasta valida anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, realizzata con il già citato art. 5 del d.-l. n. 135 del 2018, che ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c) la previsione di portata generale di cui sopra (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).
    In altri termini, si è rilevato che, poiché l’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, pone a carico dell’operatore economico concorrente nella gara pubblica obblighi informativi finalizzati a consentire che la stazione appaltante possa effettuare un’adeguata e ponderata valutazione sulla sua affidabilità e integrità, questo è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui gli è stata contestata una condotta illecita o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti; da cui l’approdo che la violazione degli obblighi informativi indi ben può integrare, a sua volta, il “grave illecito professionale” endoprocedurale, indicato nell’elencazione esemplificativa dell’art. 80, comma 5, lett. c), come omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, con conseguente possibilità della stazione appaltante di valutare omissioni e reticenze rilevanti ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142; III, 23 agosto 2018, n. 5040).

    4. Tanto chiarito, si osserva che l’art. 45, comma 2, lett. b) e c), del d.lgs. n. 50 del 2016, consente la partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici dei consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della l. 25 giugno 1909, n. 422, e dei consorzi stabili; entrambi detti consorzi, ai sensi dell’art. 47, comma 1, devono possedere e comprovare i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure stesse con le modalità previste dal codice, salvo che per quelli relativi alla disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo, che sono computati cumulativamente in capo al consorzio se posseduti dalle singole imprese consorziate; gli stessi, per il successivo art. 48, comma 7, sono tenuti a indicare, in sede di offerta, per quali consorziate concorrono, con divieto delle designate di partecipare, in qualsiasi altra forma, alla stessa gara. L’art. 48, comma 7-bis, consente infine ai consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e ai consorzi stabili, per le ragioni indicate ai successivi commi 17, 18 e 19 o per fatti o atti sopravvenuti (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo, etc.) di designare ai fini dell’esecuzione dei lavori o dei servizi un’impresa consorziata diversa da quella indicata in sede di gara, a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata.
    In questo quadro normativo, la principale questione da affrontare nella disamina dell’appello principale è se il Consorzio Integra, consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro costituito a norma della l. n. 422 del 1909, era tenuto a ricomprendere nella dichiarazione da rendere nell’appalto de quo ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, gli inadempimenti posti in essere nell’ambito di altri affidamenti pubblici da consorziate diverse da quelle indicate per l’esecuzione.
    Il primo giudice ha dato al quesito risposta negativa.
    La conclusione deve essere confermata.

    5. La sentenza appellata ha correttamente rilevato, nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 18 aprile 2006, n. 163, la comunanza dei principi regolanti la partecipazione alle gare pubbliche dei consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro e i consorzi stabili, e ha sottolineato come, in riferimento ai consorzi stabili, questa Sezione del Consiglio di Stato abbia posto in evidenza la differente posizione che assumono le consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto rispetto alle consorziate non indicate.
    In particolare, come rilevato nella decisione della Sezione 26 aprile 2018, n. 2537:
    – “ai sensi degli artt. 35-36 d.lgs. n. 163-2006 e 277 del regolamento di esecuzione (d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207) il consorzio si qualifica in base al cumulo dei requisiti delle consorziate e tale disciplina si giustifica in ragione del patto consortile che si instaura nell’ambito di un organizzazione stabile, caratterizzato da un rapporto durativo ed improntato a stretta collaborazione tra le consorziate e dalla comune causa mutualistica, nell’ambito del quale la consorziata che si limiti a conferire il proprio requisito all’ente cui appartiene non partecipa all’esecuzione dell’appalto, al quale rimane estranea, tant’è che non sussiste alcuna responsabilità di sorta verso la stazione appaltante”;
    – “uno statuto ben diverso è invece quello delle consorziate che, al contrario, siano state indicate per l’esecuzione dell’appalto, per le quali è prevista l’assunzione della responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante (art. 94, comma 1, del citato d.P.R. n. 207-2010), e nei confronti delle quali la giurisprudenza ha quindi ritenuto applicabili gli obblighi dichiarativi dell’art. 38 d.lgs. n. 163-2006 (come da ultimo ricordato da questa Sezione, nella sentenze 27 aprile 2015, n. 2157 e 9 aprile 2015, n. 1824)”;
    – “al consorzio stabile è nondimeno imputabile l’esecuzione delle prestazioni contrattuali dedotte nell’appalto, poiché è esso che stipula il contratto in nome proprio, sebbene per conto delle consorziate, con la conseguenza che ai fini della verifica dei requisiti di qualificazione, atti a comprovare la capacità tecnica e la solidità generale il consorzio può cumulare quelli posseduti dalle imprese consorziate e usufruirne in proprio (principio pacifico presso la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, da ultimo ribadita nelle sentenze della V Sezione, 22 gennaio 2015, n. 244, 19 dicembre 2012, n. 4969; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703)”;
    – “nondimeno, il possesso dei requisiti di ordine generale ex art. 38 cod. contratti pubblici deve comunque essere posseduto dalle imprese consorziate in un consorzio stabile, donde gli obblighi dichiarativi poc’anzi richiamati, al fine di impedire che queste si giovino della copertura dell’ente collettivo, eludendo i controlli demandati alle stazioni appaltanti (ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 4 maggio 2012, n. 8; V, 17 maggio 2012, n. 2582; VI, 13 ottobre 2015, n. 4703). In ragione di ciò si giustifica l’obbligo per il consorzio stabile ai sensi dell’art. 36, comma 5, del previgente codice dei contratti pubblici di ‘indicare in sede di offerta per quali consorziati il consorzio concorre’ – come anche per l’art. 37, comma 7, riguardante i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422”.
    In conclusione, “le consorziate indicate in un consorzio stabile debbono possedere individualmente i requisiti di partecipazione di ordine generale di cui all’art. 38 d.lgs. n. 163-2006, al fine di evitare che le stesse consorziate possano beneficiare dello schermo costituito dal consorzio per eludere […] la disposizione sostanziale enunciata dal citato art. 38” (Cons. Stato, V, n. 2537/2018).
    Quindi, per la giurisprudenza formatasi in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici, quanto ai consorzi stabili, vi è una stretta connessione tra l’obbligo di indicare le consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto e l’individuazione degli obblighi dichiarativi inerenti il possesso dei requisiti generali.
    Altrettanto è a dirsi per i consorzi ex lege n. 422 del 1909, come dà atto la decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 8 del 2012 nel rilevare, con specifico riguardo a tali consorzi, che: “mentre i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio (come previsto dall’art. 35 codice appalti), i requisiti generali di partecipazione alla procedura di affidamento previsti dall’art. 38 codice citato devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate; se, infatti, in caso di consorzi, tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti; per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura [Cons. St., sez. V, 15 giugno 2010, n. 3759; Id., sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765; Id., sez. V, 5 settembre 2005, n. 4477; Id., sez. V, 30 gennaio 2002, n. 507]”

    6. Più di recente, in specifica relazione ai consorzi di cui alla l. n. 422 del 1909, ancorchè nell’ambito di diversi contesti censori, questa Sezione del Consiglio di Stato con le decisioni 23 novembre 2018, n. 6632 e 28 agosto 2019, n. 5926, ha rilevato che:
    – i detti consorzi partecipano alla procedura di gara utilizzando requisiti loro propri, e, nell’ambito di questi, facendo valere i mezzi nella disponibilità delle cooperative che costituiscono articolazioni organiche del soggetto collettivo, e cioè i suoi interna corporis;
    – ciò significa che il rapporto organico che lega le cooperative consorziate, ivi compresa quella incaricata dell’esecuzione dei lavori, è tale che l’attività compiuta dalle consorziate è imputata unicamente al consorzio (in termini, Cons. Stato, Ad. plen., 20 maggio 2013, n. 14; V, 17 luglio 2017, n. 3505);
    – concorrente è quindi solo il consorzio, mentre non assumono tale veste le sue consorziate, nemmeno quella designata per l’esecuzione della commessa, con la conseguenza che quest’ultima all’occorrenza può sempre essere estromessa o sostituita senza che ciò si rifletta sul rapporto esterno tra consorzio concorrente e stazione appaltante (C.G.A.R.S., 2 gennaio 2012, n. 12; Cons. Stato, VI, 29 aprile 2003, n. 2183);
    – la circostanza che anche la consorziata indicata quale esecutrice debba dichiarare il possesso dei requisiti di partecipazione di ordine generale (oltre che speciale), non è idonea a giustificare una diversa conclusione, atteso che il detto possesso è richiesto al solo fine di evitare che soggetti non titolati possono eseguire la prestazione: sicchè la perdita dei requisiti in questione da parte della consorziata esecutrice comporta semplicemente l’onere di estrometterla o sostituirla con altra consorziata, ma non incide sul possesso dei requisiti di partecipazione del consorzio concorrente;
    – a differenza di quanto accade con un raggruppamento temporaneo di imprese, i consorzi in parola sono l’unica controparte del rapporto di appalto, sia nella fase di gara che in quella di esecuzione del contratto e, in relazione alle singole consorziate, operano come detto sulla base di un rapporto organico; e proprio tale autonoma soggettività giustifica anche la possibilità di designare una nuova cooperativa come esecutrice, ove per motivi sopravvenuti la prima designata non fosse in condizione di svolgere la prestazione.
    Si conferma pertanto che in relazione ai consorzi ex lege n. 422 del 1909 il possesso dei requisiti di partecipazione di ordine generale va rapportato alla consorziata indicata quale esecutrice.

    7. Nel contesto così delineato, bene ha fatto il primo giudice a rilevare, in assenza di qualificanti modifiche nella disciplina recata dal Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 quanto alla partecipazione dei consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della l. n. 422 del 1909 alle procedure pubbliche di affidamento, e segnatamente quanto alla differente posizione che assumono le consorziate designate per l’esecuzione dell’appalto rispetto alle altre consorziate, che la verifica sul possesso dei requisiti di ordine generale va perimetrata in riferimento esclusivo a queste ultime.

    8. Di contro, nessuna delle contrarie osservazioni dell’appellante principale risulta convincente.
    8.1. Il Consorzio -Omissis- isola e riconnette alcuni arresti della citata giurisprudenza amministrativa, ovvero che i consorzi di cui trattasi sono gli unici titolari del rapporto con la stazione appaltante e che tra gli stessi e le consorziate sussiste un rapporto organico, e afferma su tale base che gli inadempimenti posti in essere da queste ultime, non quali autonomi soggetti di diritto bensì nella qualità di consorziate indicate in altre procedure pubbliche, sono imputabili direttamente al Consorzio, che dovrebbe pertanto dichiararli ex art. 80 del d.lgs. n. 50/2016.
    La tesi non può essere condivisa.
    I consorzi in esame hanno soggettività giuridica distinta da quella dei soggetti giuridici che lo compongono (art. 4, l. n. 422 del 1909). Si tratta di un presupposto ben compreso dalla giurisprudenza (Cons. Stato, V, nn. 6632/2018 e 5926/2019, cit.).
    Sicchè il fatto che la stessa giurisprudenza abbia sottolineato la valenza di interna corporis (anzi, di una “sorta di interna corporis”, come specifica la decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 14 del 2013) delle consorziate non involve, e non potrebbe del resto involvere, stante la specifica disciplina dei consorzi in parola recata dalla l. n. 422 del 1909, nell’assorbimento della soggettività delle consorziate; questa resta pertanto intatta e produttiva di effetti giuridici e delle connesse responsabilità nei rapporti con i terzi, e non solo laddove esse agiscono in totale autonomia rispetto al consorzio: è infatti evidente che nel consentire la loro partecipazione alle gare il d.lgs. n. 50 del 2016, art. 45, comma 2, lett. b), non ha influito sulla configurazione strutturale di tali consorzi come risultante dalla l. n. 422 del 1909.
    Indi, l’affermazione che tra i consorzi di cui trattasi e le consorziate sussiste un rapporto organico è una definizione utile esclusivamente a tipizzare il peculiare modello organizzativo che trapela dalle modalità con cui il Codice dei contratti ha regolato la loro partecipazione alla gara, che li vede, per un verso, beneficiare dei requisiti delle consorziate, per altro verso, concorrere in un ben preciso assetto, che è quello risultante dalla indicazione di cui all’art. 48, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, ferme le modifiche in fase esecutiva nei casi previsti dall’art. 7-bis: tant’è che l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 13 del 2014 ha affermato che in funzione di tale rapporto organico “l’attività compiuta dai soggetti consorziati è imputata organicamente al Consorzio concorrente, come unico ed autonomo centro di imputazione e di riferimento di interessi”, specificando peraltro trattarsi di un rapporto che “consente, in definitiva, al Consorzio concorrente ed aggiudicatario di avvalersi delle prestazioni di un’impresa cooperativa in esso associata e specificamente designata in sede di gara” che “può eseguire i lavori pur essendo priva […] dei requisiti di qualificazione tecnica”, e ciò “si spiega con il favore del legislatore per l’incentivazione della mutualità, favorendo, grazie alla sommatoria dei requisiti posseduti della singole imprese, la partecipazione a procedure di gara di cooperative che, isolatamente considerate, non sono in possesso dei requisiti richiesti o, comunque, non appaiono munite di effettive chances competitive”.
    Anche sotto il profilo civilistico, “ai sensi dell’art. 2602 cod. civ., la stipulazione del contratto di consorzio non comporta l’assorbimento delle imprese contraenti in un organismo unitario, deputato allo svolgimento di un’attività rispetto alla quale quella delle singole imprese si ponga in rapporto di mezzo a fine, ma solo la costituzione di una organizzazione comune per la disciplina e per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività, avente quindi essa stessa carattere strumentale rispetto a quella delle imprese consorziate. In tal senso depone non solo la conservazione dell’autonomia delle imprese, rispetto alle quali il consorzio si pone come un distinto centro d’imputazione di rapporti giuridici, dotato di un fondo consortile che rimane sottratto all’aggressione dei creditori particolari dei consorziati (art. 2614), ma anche la presenza di organi consortili distinti da quelli delle singole imprese (art. 2603, comma 1, n. 4) e la configurazione del rapporto intercorrente tra queste ultime ed il consorzio come mandato (art. 2609), il quale postula l’alterità delle rispettive sfere giuridiche, indipendentemente dall’immediatezza dell’imputazione degli effetti degli atti compiuti dal mandatario” (Cass. civ., I, 27 gennaio 2014, n.1636).
    Va escluso, pertanto, che l’imputabilità ai consorzi ex lege n. 422 del 1909 dell’attività delle consorziate indicate in sede di gara e la valenza di “sorta di interna corporis” di queste ultime possano essere intese come aspetti del rapporto di immedesimazione organica evocato dalla tesi dell’appellante principale.
    8.2. Per le stesse ragioni di cui sopra è irrilevante nella questione qui in esame che l’art. 47 del d.lgs. n. 50 del 2016 preveda la responsabilità solidale del consorzio con la consorziata designata nei confronti della stazione appaltante per gli eventuali inadempimenti posti in essere da quest’ultima.
    Basti rilevare, anche al di là delle compiute difese sul punto sviluppate dall’Autorità portuale, che evidenzia il diverso piano su cui si pongono la responsabilità solidale nei confronti della committenza pubblica di cui trattasi, connessa alla natura del consorzio di cooperative e correlata alla garanzia della corretta esecuzione delle obbligazioni contrattuali, e la responsabilità per gli illeciti professionali commessi dalle consorziate in corso di esecuzione, di natura personale, che la predetta responsabilità solidale non cancella l’alterità giuridica del consorzio di cooperative, che resta, pur nel suo ruolo di supporto tecnico, economico e finanziario della consorziata designata per l’esecuzione dei lavori, nel cui interesse ha agito, un “soggetto giuridico a sé stante, distinto, dal punto di vista organizzativo e giuridico, dalle cooperative consorziate che ne fanno parte” (Cons. Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6634).
    La responsabilità solidale quindi altro non è che un riflesso del modo con cui il consorzio di cooperative partecipa alla gara, e conferma, piuttosto che contrastare, la conclusione che i centri di imputazione degli effetti giuridici della partecipazione seguita dall’aggiudicazione sono quelli implicati dal fatto che l’esecuzione dell’appalto avviene a opera di altro soggetto da questi espressamente indicato in sede di partecipazione e anche nel suo interesse, e che è dotato di una autonoma soggettività che è valorizzata, e non assorbita, dalla designazione: si tratta, quindi, di “una più incisiva tutela delle situazioni soggettive dell’Amministrazione” (Cass. civ., I, n. 1636/2014, cit.).
    8.3. L’appellante sostiene ancora che poiché il consorzio di cooperative nel partecipare alla gara beneficia anche dei requisiti delle consorziate non designate che hanno commesso errori professionali nell’ambito del rapporto organico instauratosi con la designazione, tali errori dovrebbero costituire oggetto di dichiarazione ex art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, anche tenuto conto del fatto che la norma non contiene alcuna distinzione al riguardo.
    La tesi va respinta.
    Senza discostarsi dal piano astratto sui cui si pone la censura, può rilevarsi che essa costituisce riproposizione, sotto altra veste, della impostazione generale dell’appello principale, che, adombrando che la perimetrazione dell’obbligo dichiarativo alle consorziate designate determini una indebita sottrazione dei consorzi ex lege n. 422 del 1909 agli obblighi dichiarativi, non tiene conto del fatto che la perimetrazione risponde pienamente all’esigenza della stazione appaltante, che è quella di effettuare il controllo di affidabilità sul soggetto cui è effettivamente commessa l’esecuzione dei lavori. Il rilievo si converte pertanto, come bene osservato dal primo giudice, nella prefigurazione di un obbligo dichiarativo dilatato cui non corrisponde alcuna concreta utilità per il soggetto controllante, oltre che in una elisione dello scopo mutualistico tipico dei consorzi, che tende alla messa in comune dei mezzi e non delle carenze dei suoi componenti.