Consiglio di Stato, sez. V, 14.04.2020 n. 2397
L’appellante assume che, ai fini della “gravità” della violazione, andava considerato il solo debito tributario portato dalle cartelle di pagamento; e che comunque, a tener conto delle somme dovute in ragione degli altri impositivi, la violazione non era “definitivamente accertata”, per mancata notificazione delle conseguenti cartelle di pagamento. La tesi non è condivisibile.
La causa di esclusione qui in rilievo è prevista dall’art. 80, comma 4, d.lgs. 12 aprile 2016, n. 50 in questi termini: “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all’importo di cui all’articolo 48 bis, commi 1 e 2 bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione”.
Ai fini dell’ultima parte della disposizione, la giurisprudenza ha identificato tipologie di atti amministrativi che, divenuti inoppugnabili perché non tempestivamente impugnati ovvero confermati all’esito di un giudizio, danno luogo ad una siffatta fattispecie di violazione tributaria definitivamente accertata. Così è ad esempio per gli avvisi di accertamento e gli atti di contestazione ex art. 16 (Procedimento di irrogazione delle sanzioni) d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) e, nel caso in cui costituiscano il primo atto di esercizio della pretesa impositiva, anche le cartelle di pagamento (cfr. Cons. Stato, V, 8 aprile 2019, n. 2279; V, 27 luglio 2018, n. 1970; Cass., SS.UU., 14 maggio 2010, n. 11722).
La circostanza che all’avviso di accertamento non impugnato non sia seguita una cartella di pagamento (e, prima ancora, che non vi sia stata iscrizione a ruolo delle somme dovute) non è d’impedimento a ritenere la violazione definitivamente accertata. Infatti la cartella di pagamento è il primo atto della fase di riscossione, che può essere contestata per vizi formali, ma senza che possa più discutersi dell’esistenza del debito tributario, che è iscritto a ruolo solo dopo la definitività degli stessi (cfr. Cons. Stato, V, 3 aprile 2018, n. 2049). Sicché – ai fini contrattuali per cui è causa – non ha rilevanza l’argomento dell’appellante di essere ancora per lui possibile impugnare la cartella esattoriale all’atto della notifica. Detto altrimenti e sempre con riguardo alla norma in esame, se la cartella di pagamento è mero strumento della riscossione che segue una notifica di un precedente avviso di accertamento (contenente una pregressa richiesta di pagamento di debito tributario), la definitività dell’accertamento decorre non già dalla notifica della cartella di pagamento, bensì da quella dell’avviso di accertamento (principio consolidato, cfr. Cons. Stato, V, 14 dicembre 2018, n. 7058; V, 12 febbraio 2018, n. 856).
Per le esposte considerazioni la sentenza di primo grado che ha considerato “definitivamente accertato” il debito tributario a carico della Società [appellante] per essere divenuto inoppugnabile l’avviso di accertamento (come pure l’atto di contestazione), senza attribuire rilevanza alla mancata notifica di una conseguente cartella di pagamento, merita conferma. La violazione contestata, d’altra parte, appare in effetti essere «grave».
Sono “gravi” le violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore a quello dell’art. 48-bis, commi 1 e 2-bis, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 a mente del quale: «[…] le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo»
Il rinvio dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 ai commi 1 e 1 –bis dell’art. 48-bis è solo al fine di determinare la soglia di tollerabilità della violazione tributaria. Pertanto, la circostanza che nell’art. 48 – bis il debito tributario – in presenza del quale il beneficiario del pagamento di una pubblica amministrazione è considerato inadempiente – sia riferito ad una “cartella di pagamento notificata”, non impone l’avvio della procedura di riscossione anche per disporre l’esclusione da una procedura di gara; come in precedenza chiarito il codice dei contratti pubblici ha autonomamente individuato gli atti impositivi dai quali può derivare una pretesa tributaria che, se definitivamente accertata, comporta l’esclusione dalla gara.
Per questo è irrilevante che le cartelle di pagamento notificate all’appellante ammontassero a poco più di duemila euro, dovendosi aver riguardo agli altri atti impositivi di cui la società era stata destinataria.
RISORSE CORRELATE
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- Regolarità contributiva: quando le violazioni gravi possono ritenersi definitivamente accertate?
- Art. 80, (Motivi di esclusione)