Consiglio di Stato, sez. V, 10.11.2022 n. 9879
4.1. In tema di disposizioni normative in materia di CAM, costituenti espressione del considerando 37 della direttiva 24/2014/UE, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (da ultimo, III, 14 ottobre 2022 n. 8773; ma vedasi anche V, 26 aprile 2022 n. 3197; 3 febbraio 2021 n. 972), ha chiarito che le relative prescrizioni non si risolvono in mere norme programmatiche, bensì costituiscono obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti, come si desume dall’art. 34 comma 3 del d.lgs. 50/2016 che sancisce che “L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”. La ratio dell’obbligatorietà dei CAM sta nell’esigenza di garantire che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma anche in quello di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde” (Cons. Stato, V, 5 agosto 2022 n. 6934).
4.2. L’obbligatorietà di detti criteri e le gravi conseguenze che se ne devono trarre nella sede giudiziale di valutazione di legittimità delle procedure pubbliche di affidamento che non ne tengano debito conto depongono nel senso, seguito dalla sentenza impugnata, di valutare la questione del loro recepimento nella legge di gara sotto il profilo sostanziale, piuttosto che sotto il profilo formale del loro richiamo.
Tanto anche in disparte l’orientamento, espresso in tema di CAM, secondo cui le prescrizioni ministeriali, quali disposizioni sovraordinate obbligatorie, nell’ipotesi di omesso richiamo, integrano ab externo la lex specialis (C.G.A.R.S., 19 aprile 2022 n. 495; Cons. Stato, III, 21 gennaio 2022 n. 397).
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