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Obblighi pubblicazione tabella art.1 comma 32 della legge n.190/2012

Come precisato da ANAC, dal 2024 enti e pubbliche amministrazioni non dovranno più compilare e pubblicare il file XML contenente il riepilogo dei contratti in essere nell’anno precedente, né inviare entro il 31 gennaio ad ANAC via PEC la dichiarazione di avvenuta pubblicazione del file nella propria sezione Amministrazione Trasparente.
Con il nuovo Codice dei contratti pubblici, che ha abrogato l’art.1 comma 32 della legge n.190/2012, e la digitalizzazione degli appalti e delle concessioni, pienamente attuata dall’1 gennaio scorso, viene meno l’obbligo di pubblicazione, sul sito della stazione appaltante, del file XML predisposto secondo le specifiche tecniche emesse da ANAC. Allo stesso modo viene meno l’obbligo di successiva comunicazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione dell’url a cui tale file è stato pubblicato.
Maggiori dettagli sulle modalità di pubblicazione, ai fini della trasparenza, dei dati e dei documenti relativi a bandi di gara e contratti sono disponibili nelle indicazioni allegate alla nota disponibile sul sito ANAC:

“Considerato che la BDNCP dal 1 gennaio 2024 assicura la pubblicazione dei dati individuati all’art. 28, co. 3, del nuovo codice, tra cui quelli già previsti dall’art. 1, co. 32, della legge 190/2012 pertanto abrogato dal nuovo codice, l’Autorità chiarisce che:

    • Non è più prevista, per alcuna procedura contrattuale, la predisposizione del file XML e l’invio ad ANAC della PEC, entro il 31 gennaio, con indicazione del luogo di pubblicazione di detto file; di conseguenza, perdono di efficacia le relative specifiche tecniche che disciplinavano le modalità di compilazione e pubblicazione del file XML e di invio ad ANAC della dichiarazione di adempimento.
    • Per i contratti conclusi entro il 2023: gli obblighi di pubblicazione dei dati in questione risultano adempiuti pubblicando nella sezione “Amministrazione trasparente” sottosezione “Bandi di gara e contratti” le informazioni di cui all’art. 4 della delibera 39/2016 in formato digitale standard aperto, secondo le modalità indicate dalla stessa delibera.
    • Per i contratti non conclusi entro il 2023: la trasparenza degli stessi dati già previsti dall’art. 1, co. 32 della l. 190/2012 e ora indicati nell’art. 28, co. 3 del nuovo codice, è assolta mediante comunicazione tempestiva degli stessi, cioè nell’immediatezza della loro produzione, alla BDNCP tramite SIMOG (cfr. Comunicato congiunto ANAC – MIT, delibera 582 del 13 dicembre 2023).

Le stazioni appaltanti pubblicano in “Amministrazione Trasparente”, sottosezione “Bandi di gara e contratti”, il link tramite il quale si accede alla sezione della BDNCP dove sono pubblicate, per ogni procedura di affidamento associata a un CIG, tutte le informazioni che le stazioni appaltanti hanno trasmesso attraverso SIMOG.

    • Per i contratti la cui procedura si avvia dal gennaio 2024: la trasparenza dei dati già previsti dall’art. 1, co. 32 della l. 190/2012, e ora indicati nell’art. 28 co. 3 del nuovo codice, è assolta mediante la trasmissione degli stessi dati alla BDNCP attraverso le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti inseriscono sul sito istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”, un collegamento ipertestuale che rinvia ai dati relativi all’intero ciclo di vita del contratto e che includono anche quelli indicati all’art. 28, co. 3 del nuovo codice.

In proposito si rinvia alle delibere ANAC 261 e 264 del 20 giugno 2023, e successivi aggiornamenti.

Si evidenzia che queste indicazioni sono sintetizzate al par. 5.1 della delibera 605 del 19 dicembre 2023 “Aggiornamento 2023 del PNA, nel comunicato congiunto ANAC-MIT pubblicato con delibera 582 del 13 dicembre 2023 e nelle delibere 261 e 264 del 2023 e successivi aggiornamenti“.

 

ANAC : indicazioni sul termine di 30 giorni per adempiere obblighi informativi e comunicativi

Tutti i soggetti obbligati a segnalare all’Anac eventi che attivano il potere sanzionatorio dell’Autorità devono farlo entro trenta giorni dal verificarsi dell’evento (ad esempio esclusione, revoca dell’aggiudicazione, diniego di autorizzazione al subappalto) utilizzando esclusivamente i Moduli disponibili sul sito istituzionale.

È la richiesta che arriva dall’Autorità anticorruzione in un  Comunicato del 22 dicembre 2022: “Indicazioni in relazione al termine di trasmissione delle segnalazioni che attivano il potere sanzionatorio dell’Autorità”

Dall’analisi delle periodiche attività di monitoraggio dell’ANAC sono emerse situazioni di grave ritardo nell’adempimento agli obblighi informativi – comunicativi. Una condotta che rischia di incidere negativamente sulle garanzie difensive degli operatori economici, che non possono essere esposti sine die alle potenziali conseguenze derivanti dall’esercizio del potere sanzionatorio. Il procedimento sanzionatorio è avviato infatti solo in seguito alla segnalazione da parte di stazioni appaltanti, Soa o chiunque sia a conoscenza di violazioni da parte della Soa.

Nel comunicato l’Autorità chiarisce che il termine di 30 giorni decorre dalla piena conoscenza dei fatti oggetto di segnalazione, ossia: dal loro definitivo accertamento, che di regola coincide con un provvedimento amministrativo; in assenza di provvedimento, dalla data di scadenza del termine – concesso al soggetto da segnalare all’Autorità – per l’adempimento o per la trasmissione di chiarimenti, memorie e controdeduzioni o dal momento, se precedente, in cui tali atti siano trasmessi.

In ogni caso, la pendenza di un ricorso giurisdizionale non esonera il soggetto obbligato dal rispetto del termine di 30 giorni. La violazione delle disposizioni comporterà l’attivazione del procedimento sanzionatorio nei confronti del soggetto responsabile dell’omissione o del ritardo.

fonte: sito ANAC

ANAC : ripristino termini e scadenze per obblighi di comunicazione

Terminato lo stato di emergenza Covid, Anac ha ripristinato le scadenze per gli obblighi di comunicazione dei dati sugli appalti pubblici e i termini dei procedimenti di competenza dell’Autorità. Questi erano stati sospesi o modificati in seguito ai provvedimenti presi dal governo per la pandemia. Con la delibera N. 271 del 7 giugno 2022, cessa quindi l’efficacia delle delibere approvate all’inizio dell’emergenza con cui erano stati allungati i termini per il perfezionamento dei Cig (codice identificativo di gara), per la trasmissione dei dati all’osservatorio contratti pubblici e per l’emissione del Cel (Certificato esecuzione lavori) da parte della stazione appaltante.

Torna, pertanto, a 90 giorni il termine entro cui la Stazione appaltante ha l’obbligo di perfezionare il Cig: durante lo stato di emergenza era stato portato a 150 giorni dall’acquisizione. I Cig non perfezionati entro tale termine sono automaticamente cancellati.

I termini fissati per la trasmissione dei dati all’Osservatorio dei contratti pubblici, che a causa dell’emergenza pandemica erano stati incrementati di 60 giorni, tornano quelli pre-Covid.

Le schede Dati Comuni e Aggiudicazione vanno comunicate entro 30 giorni dall’aggiudicazione definitiva o dall’avvenuto affidamento; le schede adesione ad accordo quadro/convenzione entro 30 giorni dall’avvenuta adesione; la scheda modifiche contrattuali entro 30 giorni dall’evento; le schede fase iniziale, Sal, conclusione, collaudo/regolare esecuzione, accordi bonari, sospensione, subappalto, istanza di recesso entro 60 giorni dall’evento.

Torna a 30 giorni il termine entro cui la stazione appaltante deve emettere il Cel.

Ristabiliti i termini originari per il precontenzioso
L’Autorità ripristina anche i tempi relativi alle procedure di precontenzioso che Anac è tenuta a chiudere entro 30 giorni dalla ricezione dell’istanza approvando un parere. Un termine che, durante lo stato d’emergenza, è stato possibile sospendere per un massimo di 30 giorni. Oggi si torna al regolamento originario: lo stop necessario ad acquisire documentazione integrativa o a effettuare un supplemento di istruttoria non può andare oltre 10 giorni dalla richiesta.

fonte: sito ANAC

Rinvio a giudizio per fatti inerenti ad altra gara d’appalto – Obbligo dichiarativo – Sussiste – Differenza tra falsa e carente dichiarazione – Conseguenze (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Pescara, 15.01.2020 n. 22

In particolare reputa il Collegio fondato il motivo della mancata esclusione per omessa dichiarazione di fatti integranti “grave errore professionale” circa il rinvio a giudizio per fatti inerenti ad altra gara d’appalto, dunque sia ai sensi della lettera c) che f-bis) dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016.
In punto di fatto è emerso da alcuni articoli della stampa locale il rinvio a giudizio risalente al 13 aprile 2017 dell’amministratore e legale rappresentante di -OMISSIS- per il reato di cui all’art. 319 c.p. (corruzione) a seguito di inchiesta in merito all’appalto (…), che ha peraltro visto coinvolto anche il Presidente del Consiglio di Amministrazione della predetta società, soggetti comunque entrambi tenuti a rendere in sede di gara le dichiarazioni ex art. 80 d.lgs. 50/2016.
Non essendo tali circostanze state indicate in sede di gara, lamenta la ricorrente principale la violazione del disposto di cui comma 5, lett. c) nonché della lett. f -bis dell’art. 80 d.lgs. 50/2016 non avendo l’impresa aggiudicataria adempiuto al proprio obbligo informativo, si da mettere in condizione la stazione appaltante di effettuare la valutazione sulla rilevanza ai fini della verifica della sussistenza delle ipotesi di “grave illecito professionale”, ed anzi avendo presentato dichiarazioni non veritiere e comunque fuorvianti ai fini della partecipazione alla gara.
Trattasi, secondo il Collegio, di vicenda processuale la quale seppur non giunta al momento dell’indizione della gara nemmeno a condanna non definitiva né caratterizzata dall’adozione di misure cautelari a carico del legale rappresentante, avrebbe ugualmente dovuto essere indicata nelle dichiarazioni rese dal legale rappresentante di -OMISSIS- in sede di gara.

Come noto, sussiste ampio dibattito giurisprudenziale sulla individuazione del concetto di “grave illecito professionale” di cui al comma 5, lett. c) dell’art. 80 d.lgs. 50/2016 e s.m. nonché sulla delimitazione del contenuto dell’obbligo dichiarativo a carico dei soggetti tenuti ad effettuare le dichiarazioni circa il possesso dei requisiti morali.
Secondo una tesi, l’onere dichiarativo relativo a vicende rilevanti ai sensi dell’art. 80 c. 5 lett. c) sussisterebbe solo laddove la vicenda abbia dato luogo a iscrizione nel casellario ANAC (ex multis Consiglio di Stato sez. III, 12 luglio 2018, n. 4266; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 8 febbraio 2019, n. 226).
La prevalente giurisprudenza afferma tuttavia che le informazioni dovute alla stazione appaltante comprendono ogni addebito subito in pregresse vicende professionali che possa rivelarsi utile all’amministrazione per valutare l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico e non solo, dunque, quelle informazioni che potrebbero dar luogo a provvedimenti espulsivi dalla procedura (Consiglio di Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142; id. sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532; id. sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592).
E’ dunque rimesso alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità, anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo, si da comprendere gli inadempimenti contrattuali “sub iudice” (Consiglio di Stato sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7231; id. sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299; id. sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70) a prescindere dalla definitività degli accertamenti giudiziali, e dunque, anche a fronte di una richiesta di rinvio a giudizio (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 16 maggio 2019, n. 1120) ferma restando tuttavia la necessità di una congrua motivazione da parte della stazione appaltante circa l’inaffidabilità.

Tale assunto è stato peraltro di recente confermato anche dal giudice comunitario, affermandosi che “l’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce (Corte di giustizia dell’Unione europea, sezione IV, 19 giugno 2019, C-41/18 a seguito del rinvio pregiudiziale disposto dal T.A.R. per la Campania, sez. IV, ordinanza 13 dicembre 2017 n. 5893). Secondo la Corte di Giustizia – in estrema sintesi – le cause di esclusione facoltative devono essere valutate secondo il principio di proporzionalità (art. 57, par. 4, della direttiva 2014/24/UE) ed il compito di valutare se un operatore economico debba essere escluso da una procedura di aggiudicazione di appalto appartiene alle amministrazioni aggiudicatrici e non a un giudice nazionale. Il richiamato art. 80 c. 5, lett c) non è idoneo a preservare l’effetto utile della previsione dell’art. 57, paragrafo 4, lettera c) o g), della direttiva n. 2014/24/UE poiché il potere discrezionale dell’amministrazione è paralizzato dalla proposizione di un ricorso contro la risoluzione di un precedente contratto d’appalto di cui l’offerente era firmatario “quand’anche il suo comportamento sia risultato tanto carente da giustificare tale risoluzione” (punto 38).
Tali episodi, peraltro “sub iudice” ma connotati da indubbia gravità, non sono stati portati all’attenzione della stazione appaltante in sede di gara.
Diversamente da quanto sostenuto dalla controinteressata, gli elementi rilevanti ai fini dell’operatività della citata norma possono essere desunti anche da fatti oggetto di un procedimento penale (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 30 gennaio 2018, n. 1092; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1367)
Si è, infatti, chiarito come “aderire alla prospettazione delle parti resistenti, che ritengono irrilevante il provvedimento interdittivo, poiché adottato dall’Autorità giudiziaria penale e non da una stazione appaltante in seno ad una contestazione civilistica, condurrebbe al paradosso di attribuire valenza espulsiva agli illeciti professionali che abbiano determinato sanzioni negoziali, escludendola, invece, per quelli che sfociano in provvedimenti di rilevanza penale (evidentemente ben più gravi), con evidente violazione dei principi di coerenza dell’ordinamento, proporzionalità e ragionevolezza (in tal senso v. Consiglio di Stato n. 4192/2017)” (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 19 aprile 2018, n. 593).
La mancanza di tipizzazione, da parte dell’ordinamento, delle fattispecie a tale fine rilevanti, non comporta che i concorrenti dispongano di un filtro valutativo circa gli episodi di “errore grave” da far emergere in gara, e quindi di una loro facoltà di scelta dei fatti da denunciare […] La gravità dell’evento, infatti, è ponderata dalla stazione appaltante, sicché l’operatore economico è tenuto a dichiarare lo stesso ed a rimettersi alla valutazione della stazione appaltante. Ne consegue che la mancata esternazione di un evento, anche se poi ritenuto non grave, comporta di norma, l’esclusione dalla gara specifica (cfr. Consiglio di Stato, n. 4051/2017). L’omissione di tale dichiarazione non consente, infatti, all’amministrazione di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa e fa assumere alla domanda di partecipazione, resa in sede di gara, la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all’art. 38 c. 2 bis del d.lgs. 163/06 (Consiglio di Stato, sez, V, 27 settembre 2017, n. 4527; id. n. 4227/2017; id. n. 3652/2017; id. sez. III n. 2167/2017) (Consiglio di Stato sez. III, 13 giugno 2018, n. 3628).
Ciò appare al Collegio coerente con il principio assolutamente pacifico, affermato anche in vigenza dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006, in merito alla valenza espulsiva della mancata dichiarazione in sede di gara di tutte le condanne penali riportate dal concorrente ivi comprese quelle pacificamente non attinenti alla moralità professionale e dunque irrilevanti ai fini del giudizio di ammissione, non operando la pur sostenuta teoria del falso “innocuo” ed essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità non potendo il concorrente sostituirsi ad essa (ex multis T.A.R. Lazio Roma sez. II, 6 marzo 2019, n. 3024; Consiglio di Stato, sez. III, n. 4019 del 2016; id., sez. IV, n. 834 del 2016; id., sez. V, n. 4219 del 2016; id., n. 3402 del 2016; id., n. 1641 del 2016; id. sez. III, 29 maggio 2017 n. 2548; id sez. V, 28 settembre 2015 n. 4511; id. sez. III, 15 gennaio 2014 n. 123; id. sez. V, 27 novembre 2018, n. 6726).
D’altronde, restringere il contenuto dell’obbligo dichiarativo circa l’esistenza di un grave errore professionale priverebbe la stazione appaltante della conoscenza di elementi idonei nel giudizio di verifica del possesso dei requisiti morali, trattandosi di elementi che in quanto rientranti nella sola disponibilità del dichiarante – diversamente dalle condanne e dai procedimenti penali riportate nel casellario giudiziale – rimarrebbero del tutto ignoti fatta salva l’ipotesi della segnalazione operata da parte di altri concorrenti. Verrebbe così meno il rispetto dei principi di lealtà ed affidabilità professionale che presiedono ai rapporti dei concorrenti con la stazione appaltante con compromissione del rapporto fiduciario che deve intercorrere con quest’ultima a prescindere dalla gravità dell’errore professionale o dalla definitività o meno dell’accertamento (ex multis in riferimento all’art. 80 del d.lgs. 50/2016 T.A.R. Piemonte sez. I, 20 dicembre 2018, n. 1359; Consiglio di Stato, sez. V, 27 luglio 2016, n. 3375; id. sez. V, 14 febbraio 2018, n. 956; T.A.R. Lombardia Brescia sez. II, 18 giugno 2018, n. 591).
Costituisce del resto un principio oramai del tutto pacifico che nelle procedure di evidenza pubblica, la completezza delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti generali, è, già di per sé, un valore da perseguire, laddove consente, anche in omaggio al principio di buon andamento dell’amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla gara; conseguentemente, una dichiarazione inaffidabile, perché – al di là dell’elemento soggettivo sottostante – incompleta, deve ritenersi, in quanto tale, lesiva degli interessi tutelati dall’ordinamento in materia di procedure ad evidenza pubblica, a prescindere dal fatto che l’impresa meriti sostanzialmente di partecipare alla gara (ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 21 gennaio 2019, n. 732; Consiglio di Stato, sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3765; id. sez. IV , 7 luglio 2016 , n. 3014; id. sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70).

Il motivo deve essere pertanto accolto, avendo il legale rappresentante di -OMISSIS- omesso di dichiarare tale vicenda penale “sub iudice” rendendo così una dichiarazione non veritiera o comunque gravemente incompleta, dal momento che da un punto di vista strutturale, anche l’omessa dichiarazione può concretare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera laddove la mancata dichiarazione, in virtù della consapevolezza dell’omissione da parte del soggetto tenuto a renderla, sia idonea ad indurre in errore la stazione appaltante circa il possesso, da parte del dichiarante medesimo, dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 comma 1 del medesimo decreto o, comunque, a precluderle una rappresentazione genuina e completa della realtà (Consiglio di Stato sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7271; T.A.R. Campania Napoli sez. VIII, 18 giugno 2018 n. 4015) sanzionata anche dall’art. 75 d.P.R. 445/2000 pacificamente applicabile in “subiecta materia” (ex multis Consiglio di Stato, sez. V , 15 marzo 2017, n. 1172) a prescindere da ogni valutazione circa la colpa del dichiarante, comportando “ipso iure” la decadenza dei benefici ottenuti con la dichiarazione id est l’ammissione alla gara. Anche poi a non voler ricomprendere nelle dichiarazioni non veritiere le omissioni (Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; id. sez. V, 30 dicembre 2019, n. 8906; id., 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387) la dichiarazione sarebbe comunque gravemente incompleta in violazione dell’esaminato principio di necessaria completezza della dichiarazione anche sulle irregolarità rilevanti in merito all’art. 80 c. 5 lett. c).
Va evidenziato che ai sensi del testo del d.lgs. 50/2016 vigente al momento dell’indizione della gara rilevavano comunque quale motivo di esclusione non solo le dichiarazioni non veritiere (comma 5 lett. c) e f-bis) bensì anche quelle “fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”.

Non ritiene il Collegio di poter condividere sul punto le peraltro ampie argomentazioni difensive depositate da Servizi Italia.
Se è vero che il rinvio a giudizio è stato concretamente conosciuto solamente dopo la presentazione dell’offerta, ovvero il 13 aprile 2017, è innegabile come ben prima il legale rappresentante fosse a conoscenza dell’indagine in corso e dunque dell’informativa di P.G., dei verbali di perquisizione, dei sequestri e degli interrogatori, come emerge dallo stesso decreto di rinvio a giudizio depositato in giudizio.

Quanto al periodo di commissione dei fatti oggetto del rinvio a giudizio risalenti al periodo 2007/2012 rileva, diversamente da quanto sostenuto da -OMISSIS- non già la data del fatto bensì quella dell’accertamento definitivo.
Posto che è invero dubbia la stessa delimitazione della rilevanza temporale, non contenendo l’art. 80 c. 5 lett. c) D.lgs. 50/2016 alcuna previsione (T.A.R. Lazio Roma sez. III Ter 23 luglio 2019, n. 9832) nella vigenza dell’art. 80, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, prima dell’entrata in vigore della modifica apportata dal d.lgs. n. 56 del 2017, il periodo di esclusione per grave illecito professionale consistito nelle significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, in applicazione diretta della direttiva 2014/24/UE, art. 57, § 7, aveva durata triennale dalla data del fatto, vale a dire dalla data di adozione della determinazione dirigenziale di risoluzione unilaterale (Consiglio di Stato sez. V, 6 maggio 2019, n. 2895).

Non ritiene dunque il Collegio necessaria sul punto la rimessione ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia richiesta in subordine da Servizi Italia.

Irrilevante è poi il richiamo operato dal modello allegato al disciplinare di gara alle Linee Guida ANAC che a giudizio della controinteressata avrebbe peraltro reso necessaria, a pena di inammissibilità, l’impugnazione della lex specialis oltre che delle stesse Linee Guida nel testo vigente alla data di pubblicazione del bando.
Se è vero che in tale testo non erano ricompresi nel concetto di “grave illecito professionale” i provvedimenti di rinvio a giudizio, va ribadito come le Linee Guida ANAC non vincolanti quali le n. 6 (Consiglio di Stato Adunanza Commissione Speciale parere n. 2296/2016, 3 novembre 2016; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 17 giugno 2019 n. 7836) assimilabili a circolari interpretative intersoggettive (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 3 luglio 2019 , n. 8678; T.A.R. Umbria ord. 31 maggio 2017, n. 426) non possono di per sè rivestire autonomo rilievo ai fini dell’esclusione dalla gara (ex multis T.A.R. Puglia Lecce sez. II, 28 marzo 2019, n. 519) potendo essere disapplicate dalla stazione appaltante ove in contrasto con disposizioni di rango normativo (T.A.R. Lazio Roma sez. II, 17 giugno 2019, n. 7836).
Per tanto era conseguentemente da escludersi anche l’obbligo di impugnazione tanto del bando quanto delle stesse Linee Guida, secondo i comuni principi in tema di lesività delle circolari interpretative.

Parimenti non meritevole di adesione è l’assunto della controinteressata secondo cui l’esclusione che la stazione appaltante avrebbe dovuto disporre nel caso di specie, avrebbe fonte soltanto pretoria non risultando indicata nel bando e comunque non prevista a livello normativo, richiamandosi ai principi indicati dalla Corte di Giustizia nell’ordinanza 10 novembre 2016 causa C 140/2016 in tema di omessa indicazione separata dei costi per la sicurezza aziendali.
Per quanto infatti l’art. 80 c. 5 lett. c) introduca una fattispecie di tipo aperto (ex plurimis Consiglio di Stato sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70; T.A.R. Lazio Roma sez. I, 31 gennaio 2018, n. 1119) essa consente l’individuazione delle condotte potenzialmente rilevanti e del contenuto dell’obbligo informativo, attribuendo alla stazione appaltante l’esclusivo compito di valutazione (C.G.U.E. sez. IV, 19 giugno 2019, C-41/2018) si che viene in rilievo nel caso di specie non già la rilevanza ai fini dell’affidabilità professionale della indagine in corso per corruzione ai fini dell’esclusione, rientrante nell’esclusiva attribuzione dell’Amministrazione, quanto la violazione dell’obbligo informativo.
La sopra richiamata decisione del giudice comunitario poi, oltre che riguardare una fattispecie diversa, è stata resa sulla base del previgente quadro normativo nazionale e comunitario (D.lgs. 163/2006 e direttiva 2004/18/CE)

Non ritiene pertanto il Collegio, anche in tal caso, la sussistenza di ragioni per disporre il richiesto (in subordine) rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE.

Ugualmente non meritevole di adesione è il lamentato contrasto con l’art. 6 C.E.D.U., qui inteso come principio di presunzione di innocenza, pertenendo alla stazione appaltante e non all’autorità giudiziaria la valutazione della sussistenza del grave illecito professionale (CGUE sez. IV, 19 giugno 2019, C-41/2018).
Ove anzi come pretenderebbe Servizi Italia dovesse attendersi l’accertamento definitivo, che solo supererebbe la presunzione di innocenza, verrebbe meno tutto l’impianto dell’art. 80 c. 5 lett. c) che in nessuna ipotesi subordina l’obbligo dichiarativo ed il potere di valutazione dell’Amministrazione a tale definitività (ex multis quanto al mancato completamento del giudizio penale Consiglio di Stato sez. V, 29 maggio 2019, n. 3604).

Il secondo motivo va dunque accolto, ai fini del necessario esame da parte della stazione appaltante, in contraddittorio, della posizione dell’aggiudicataria, alla luce della fattispecie sussumibile nel “grave illecito professionale” non dichiarata in sede di gara.
Trattandosi infatti di dichiarazione carente e non falsa – secondo la distinzione tracciata in subiecta materia dalla più recente giurisprudenza (così Consiglio di Stato sez. V 12 aprile 2019, n. 2407; id. V, 30 dicembre 2019, n. 8906; id., 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387) – non ricorre una fattispecie di esclusione di tipo automatico, bensì rimessa all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, che dovrà valutare il disvalore della condotta ai sensi del citato comma 5 lett. c) nell’ottica dell’affidabilità del concorrente (ancora Consiglio di Stato sez. V 12 aprile 2019, n. 2407; id. V, 30 dicembre 2019, n. 8906; id., 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387).
In relazione al descritto carattere discrezionale e non automatico della fattispecie escludente dovrà essere garantito il contraddittorio con l’operatore economico interessato, il quale deve essere edotto sugli specifici profili che sono considerati dirimenti dall’Amministrazione stessa ai fini dell’individuazione di un grave illecito professionale (ex multis T.A.R. Marche 7 gennaio 2020, n. 7; T.A.R. Lombardia Milano sez. I, 24 luglio 2019, n. 1737).

Annotazione “non interdittiva” nel Casellario informatico ANAC – Omessa indicazione nel DGUE – Irrilevanza – Illimitato obbligo dichiarativo o informativo in capo agli operatori economici – Non sussiste (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Napoli, 14.01.2020 n. 168

7. Ai fini di più completa comprensione delle questioni ritenute rilevanti per la decisione occorre chiarire che:
7a) non è in discussione, nel caso in esame, il principio, peraltro ribadito dal Consiglio proprio con riferimento alla vicenda (…) che ha riguardato la ricorrente, secondo cui non può assurgere a motivo di esclusione in termini di grave illecito professionale una irregolarità fiscale da tempo superata e, comunque, non avente più attuale rilevanza (Cons. Stato, 597/2019, cit.; in termini Sez. V, 27 settembre 2019, n. 6490; Sez. III, 2 aprile 2019, n. 2183);
7b) come ribadito dalla difesa della civica amministrazione nella memoria depositata il 6 dicembre 2019, quel che è stato ritenuto determinante ai fini dell’esclusione è la mancata dichiarazione, sia nella domanda di partecipazione che nell’apposito spazio riservato del DGUE, di essere stata la ricorrente destinataria di un’annotazione nel casellario informatico, il cui inserimento era stato disposto dall’Anac con la Delibera n. 1154 del 12.12.2018.
7c) riconosciuta allora l’irrilevanza, ai fini espulsivi, del fatto sotteso al procedimento avviato dall’Anac, il thema decidendum è costituito dalla considerazione degli effetti – in termini sanzionatori, come avvenuto nel caso di specie – della omessa dichiarazione in quanto tale circa l’annotazione nel casellario informatico, disposta dalla Delibera n. 1154.

7.1. – Occorre richiamare a riguardo la giurisprudenza secondo cui, anche alla luce dell’attuale testo dell’art. 80, comma 5, “i c.d. obblighi informativi, in particolare quelli di cui alla lettera c- bis) ed alla lettera f – bis), sono posti a carico dell’operatore economico per consentire alla stazione appaltante un’adeguata e ponderata valutazione sull’affidabilità e sull’integrità del medesimo (cfr. Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 827; V, 16 novembre 2018, n. 6461; V, 3 settembre 2018, n. 5142; V,17 luglio 2017, n. 3493;V, 5 luglio 2017, n. 3288)”(Cons. Stato, sez. V, sent. 5171 del 22.7.2019).
Come rilevato dal Collegio in sede cautelare, “sussiste in capo alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti, e che, pertanto, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, questi ultimi sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’amministrazione (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2019, n. 2430; 12 marzo 2019, n. 1649; id. 24 settembre 2018, n. 5500; T.A.R. Lazio, sez. I, sent. 4729/2019 richiamate anche nel verbale n. 4 del 12.9.2019 con cui la Commissione ha formulato proposta di esclusione)”.
Tuttavia, occorre, altresì, rilevare che l’orientamento che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (cfr. Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; id., V, 25 luglio 2018, n. 4532; id., V, 19 novembre 2018, n. 6530; id. III, 29 novembre 2018, n. 6787 ed altre), è stato oggetto di interpretazione evolutiva.
Sono, infatti, stati individuati limiti di operatività di un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, “dato che l’ampia interpretazione anzidetta, come osservato in un condivisibile recente arresto giurisprudenziale, “potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa”(così Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142)” (Cons Stato, n. 5171/2019, cit.).
La giurisprudenza più recente si è orientata nel ritenere che “la mancata ostensione di un pregresso illecito è rilevante – a fini espulsivi – non già in sé, bensì in funzione dell’apprezzamento della stazione appaltante, il quale va a sua volta eseguito in considerazione anzitutto della consistenza del fatto omesso”. (ex multis, Cons. Stato, sez. V, sent. 8480 del 13.12.2019; Cons. Stato, Sez. V, 15 aprile 2019, n. 2430; 12 marzo 2019, n. 1649; id. 24 settembre 2018, n. 5500; T.A.R. Lazio, sez. I, sent. 4729/2019, queste ultime richiamate anche nel verbale n. 4 del 12.9.2019 con cui la Commissione ha formulato proposta di esclusione).

7.2. – È allora necessario, nel caso in esame, esaminare quanto disposto dalla Delibera Anac n.1154 del 12/12/2018. Risulta dagli atti che l’oggetto della nota di trasmissione della Deliberazione in questione è il “procedimento sanzionatorio per l’iscrizione nel casellario informatico di annotazione interdittiva, ai sensi dell’art. 80, comma 12 d.lgs. 50/2016 e per l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 213, comma 13 del Codice”. La nota espressamente trasmette copia della delibera n. 1154 del 12.12.2018, con la quale è stata disposta, “oltre all’archiviazione del procedimento, l’annotazione non interdittiva nel casellario informatico degli operatori economici”.
L’Anac, dunque, archivia il procedimento sanzionatorio avviato ai sensi dell’art. 80, comma 12 d.lgs. 50/2016 e per l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 213, comma 13 del Codice, ed inserisce nel casellario informatico contratti pubblici una annotazione “non interdittiva”, riferita alle esclusioni dell’operatore economico da due gare aventi ad oggetto il servizio di refezione scolastica. Giova in proposito rimarcare che una delle due esclusioni è stata oggetto annullamento da parte del giudice in appello (Cons. Stato, sent. 597/2019 più volte menzionata), in data successiva alla delibera.
Ebbene, secondo la giurisprudenza che si è di recente sempre più consolidata, richiamata anche da parte ricorrente, “Eventuali esclusioni da precedenti procedure di gara, per quanto siano state accertate dal giudice amministrativo, assumono pertanto rilevanza solo se e fino a quando risultino iscritte nel Casellario, per gli effetti e con le modalità previste nell’art. 80, comma 12, del D.Lgs. n. 50 del 2016, qualora l’ANAC ritenga che emerga il dolo o la colpa grave dell’impresa interessata, in considerazione dell’importanza e della gravità dei fatti” (cfr. Cons. Stato Sez. V, 27/09/2019, n. 6490).

7.3. – È per questo che all’esito dell’approfondimento del merito del ricorso, e tenuto conto dell’evoluzione giurisprudenziale registratasi sulla questione degli oneri di dichiarazione degli operatori economici partecipanti ad una gara, il Collegio ritiene che assumono rilievo e siano idonei a fondare l’adozione di provvedimenti sanzionatori o espulsivi dalla procedura di gara, solo i casi di mancata dichiarazione di precedenti esclusioni da analoghe gare disposte per omessa o falsa attestazione circa l’iscrizione nel casellario informatico, ai sensi e per gli effetti dei cui ai commi 5 e 12 dell’art. 80 d.lgs. 50/2016.

7.4 – Per quanto sopra esposto e ricostruito, le doglianze della ricorrente meritano favorevole apprezzamento, in base alle seguenti dirimenti considerazioni:
7.I) il fatto che aveva portato alle precedenti esclusioni della ricorrente da gare analoghe non è stato ritenuto rilevante (in tal senso Cons. Stato sent. 597/2019 ”i) la produzione di false dichiarazioni relative alla regolarità fiscale si era prodotta nell’ambito di una precedente gara di appalto (e nell’ambito di tale gara aveva correttamente determinato l’esclusione dell’appellante); ii) l’appellante non era stata tuttavia iscritta in conseguenza di ciò nel casellario informativo dell’ANAC (ragione per cui non sussisteva nei suoi confronti la preclusione alla partecipazione di cui all’articolo 80, comma 12); iii) l’appellante aveva oltretutto rimosso nelle more lo stato di irregolarità fiscale, ragione per cui al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla successiva gara non sussisteva nei suoi confronti una preclusione in tal senso; iv) nei confronti dell’impresa non sussisteva l’onere di dichiarare la pregressa esclusione (i.e.: l’onere di rappresentare una circostanza che, quand’anche conosciuta dalla stazione appaltante, non avrebbe comunque potuto condurre all’esclusione dalla gara”);
7.II) la relativa omessa comunicazione non è stata ritenuta rilevante neanche ai fini sanzionatori dall’Anac, che ha archiviato il procedimento con la Delibera n. 1154; difettano, pertanto, senz’altro i presupposti dell’illecito in relazione alla corrispondente omissione, nella prospettiva della omessa o falsa dichiarazione, in quanto l’annotazione Anac non ha natura sanzionatoria, essendosi il relativo procedimento concluso, come visto, con un’archiviazione. L’annotazione in questione, dunque, è diversa dall’iscrizione dell’impresa nel casellario informatico tenuto dall’Osservatorio, disposta nei casi in cui ANAC eserciti il potere sanzionatorio di cui agli artt. 80, comma 12 e 213, comma 13, d. lgs. n. 50 del 2016;
7.III) la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato in termini generali che “in riferimento all’omessa dichiarazione dell’esclusione da una precedente gara d’appalto, per potersi ritenere integrata l’ipotesi di omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione (art. 80, comma 5, lett. c, d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione anteriore alle modifiche di cui al d.l. n. 135 del 2018) “è necessario che le informazioni di cui si lamenta la mancata segnalazione risultino, comunque, dal Casellario informatico dell’Anac, in quanto solo rispetto a tali notizie potrebbe porsi un onere dichiarativo ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento (…) (così Cons. Stato, V, n. 2063/18 e id., III, n. 4266/2018 cit.)” (Cons. Stato, V, n. 6576/2018, cit.; nello stesso senso, oltre ai precedenti richiamati dalla citata sentenza, cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5136; 4 luglio 2017, n. 3257 e 3258; contra, v. Cons. Stato, n. 5171/2019, cit., cui segue tuttavia Cons. Stato, V, 27 settembre 2019, n. 6490, che si uniforma al precedente orientamento)”(Cons. Stato sent. 8480/2019, cit); e ancora che “la preclusione alla partecipazione alle gare per effetto della produzione di false dichiarazioni o falsa documentazione resti confinata alle due ipotesi tipiche: a) dell’esclusione dalla medesima gara nel cui ambito tale produzione è avvenuta; b) dall’esclusione da ulteriori e successive gare (ma soltanto nel caso in cui sia intervenuta l’iscrizione dell’impresa nel casellario informatico tenuto dall’Osservatorio dell’ANAC, nelle ipotesi e con i limiti di cui all’art. 80, comma 5, lett. f- ter), e comma 12.
7.9.5. Resta, invece, preclusa alle stazioni appaltanti la possibilità di valutare autonomamente ai fini escludenti la condotta di un concorrente il quale abbia reso false e/o omissive dichiarazioni nell’ambito di una precedente gara e non sia stato iscritto nell’indicata casellario” (Cons. Stato, sez. V, sent. 6490/2019);
7.IV) in conformità a quanto in questa sede rilevato si è pronunciato, da ultimo, questo T.A.R. su analogo caso, relativo a procedura di gara aggiudicata alla ricorrente, in cui la controinteressata ha proposto ricorso lamentando la mancata esclusione della -OMISSIS- in considerazione della falsa dichiarazione riferita proprio alla medesima annotazione sul casellario informatico dell’ANAC di cui alla Delibera 1154/2018 (T.A.R. Napoli, sez. II sent. 5884 dell’11.12.2019 nella quale, dopo il richiamo alle sentenza n. 597/2019, in cui il “Giudice di appello – pur dando atto all’interno della Sezione V di diversi orientamenti culminati rispettivamente in decisioni nn. 5365 e 3592/2018 – ha riformato pronunce del TAR Campania (nn. 2495/2018, 1146/2018 e 902/2017) statuendo che una precedente esclusione per irregolarità fiscale priva di rilevanza attuale non può assurgere a motivo di esclusione in termini di grave illecito professionale, anche perché l’art.80, comma 4 D. Lgs. n.50/2016 riconosce efficacia escludente alla partecipazione alla gara solamente sino al momento in cui il concorrente non provveda alla regolarizzazione della propria posizione od ottenga la rateizzazione del debito tributario; ragionando in termini contrari, si determinerebbe una indefinita protrazione di efficacia “a strascico” delle violazioni relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse”; si è stabilito che “l’ANAC con deliberazione n.1154 del 12/12/2018 ha disposto nei confronti dell’odierna controinteressata l’archiviazione dei profili sanzionatori e chiarito che l’annotazione non costituisce motivo di automatica esclusione dalle gare”).