Consiglio di Stato, sez. V, 12.03.2019 n. 1649
1) L’art. 80, comma 10 del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che “Se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni, salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso è pari alla durata della pena principale e a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna”. Si tratta dunque di una disposizione che attiene la specifica sanzione dell’incapacità legale a contrarre con la pubblica amministrazione, questione però del tutto estranea alla vertenza in esame.
2) Deve confermarsi il consolidato principio (ex multis, Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 834; sez. V, 29 aprile 2016, n. 1641; V, 27 luglio 2016, n. 3402; III, 28 settembre 2016, n. 4019; V, 2 dicembre 2015, n. 5451) secondo cui nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate (sempreché per le stesse non sia già intervenuta una formale riabilitazione), anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell’art. 80, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, può giustificare senz’altro l’esclusione dalla gara, traducendosi in un impedimento per la stazione appaltante di valutarne la gravità. Non può infatti ammettersi che l’individuazione e la selezione delle condotte idonee ad incidere sulla moralità professionale sia rimessa alla valutazione dello stesso concorrente/dichiarante, in tal modo impedendo alla stazione appaltante di valutare la concreta incidenza della singola condanna sulla complessiva moralità professionale dell’interessato. Il principio in questione ha una valenza generale, trovando quindi applicazione anche nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara non abbia espressamente previsto l’obbligo per i concorrenti di dichiarare tutte le condanne penali eventualmente riportate (Cons. Stato, V, 10 agosto 2017, n. 3980).
3) Il richiamo per relationem operato dalla stazione appaltante alle argomentazioni del parere di precontenzioso Anac non presuppone infatti la vincolatività di quest’ultimo, bensì la condivisione delle stesse ai fini della motivazione del provvedimento. In breve, tramite il richiamo del contenuto del parere Anac la stazione appaltante ha motivato per relationem (quanto ai profili giuridici) il proprio provvedimento, anche in considerazione del fatto che la vicenda ivi considerata era sostanzialmente identica a quella sottoposta al suo esame; tale rinvio, del resto, può ben essere riferito a quanto esposto in un provvedimento di altra amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 29 marzo 2017, n. 1432). Né un tale modo di procedere può considerarsi per altro verso scorretto, nel caso di specie, essendo evincibili dal complesso degli atti del procedimento le ragioni giuridiche che supportano la decisione.
4) Neppure è condivisibile la censura relativa alla mancata indicazione, nel provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, delle ragioni di interesse pubblico poste a suo fondamento, in palese violazione della regola di cui all’art. 21-octies della l. n. 241 del 1990. Invero, una volta che la stazione appaltante ha dato atto (sia pure per relationem alle argomentazioni esposte in altro provvedimento amministrativo, come si è detto) delle ragioni per cui l’omessa comunicazione dei precedenti penali integra un grave illecito professionale, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, nessuna ulteriore motivazione poteva essere richiesta a supporto del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, dovendosi ritenere sussistente in re ipsa, alla luce di tali presupposti, l’interesse pubblico (espressione, del resto, di un principio generale di ordine pubblico economico) a che il contraente dell’amministrazione sia un soggetto affidabile.
5) Per quanto infine concerne la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di annullamento, va confermato il principio, dal quale non vi è evidente ragione per discostarsi, secondo cui l’esclusione da una gara, disposta in esito al riscontro negativo circa il possesso di un requisito di partecipazione, non postula la previa comunicazione di avvio del procedimento, attenendo ad un segmento necessario di un procedimento della cui pendenza l’interessato è già necessariamente a conoscenza (ex multis, Cons. Stato, III, 13 aprile 2016, n. 1471; III, 8 giugno 2016, n. 2450; VI, 21 dicembre 2010, n. 9324). Del resto, “Il contraddittorio previsto nel nuovo codice degli appalti, ai fini dell’accertamento della carenza sostanziale dei requisiti di ammissione alla gara, […] riguarda i soli casi in cui il concorrente si è dimostrato leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, rendendola edotta di tutti i suoi precedenti, anche se negativi, e ha fornito tutte le informazioni necessarie per dimostrare l’attuale insussistenza di rischi sulla sua inaffidabilità o mancata integrità nello svolgimento della sua attività professionale.
[…] Non è certo ammissibile consentire alle concorrenti di nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara, e poi, ove siano state scoperte, pretendere il rispetto del principio del contraddittorio da parte della stazione appaltante” (Cons. Stato, V, 11 aprile 2016, n. 1412; in termini anche Cons. Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192).6) Va ribadito che l’esclusione della concorrente dalla gara trova la propria causa non nella ritenuta rilevanza, ai fini dell’art. 80, comma 5, lettera c) del d.lgs. n. 50 del 2016, della condanna penale irrogata a carico dell’allora legale rappresentante della cooperativa, bensì nella mancata indicazione di detta condanna, costituente di per sé autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente. Anche alla luce dei rilievi che precedono, deve confermarsi il principio per cui qualsiasi condotta contra legem, ove collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere con il processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti sull’accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili (Consiglio di Stato, III, 29.11.2018 n. 6787; sez. V, 13.06.2018 n. 3628; V, 25 febbraio 2016, n. 761). In questi termini, sussiste in capo alla stazione appaltante un potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei requisiti di “integrità o affidabilità” dei concorrenti: costoro, al fine di rendere possibile il corretto esercizio di tale potere, sono tenuti a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’amministrazione (ex multis, Cons. Stato, V, 24 settembre 2018, n. 5500). Del resto si legge, nel precedente della Sezione relativo alla medesima vicenda oggetto della condanna di cui si tratta.
7) Non è corretta la pretesa delle appellanti di distinguere concettualmente l’impresa (in quanto tale, un’entità puramente giuridica) dai soggetti – di cui all’art. 80 comma 3 – per il tramite dei quali, in ragione delle loro funzioni di amministrazione e controllo, la medesima impresa concretamente opera sul mercato. La tesi delle appellanti, per contro, produrrebbe l’effetto aberrante di escludere la rilevanza di qualsiasi sentenza di condanna ai fini della valutazione di affidabilità sottesa al precetto dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, dal momento che nel vigente sistema normativo la responsabilità penale riguarda direttamente le sole persone fisiche e non anche le imprese, ritenendo invece il Collegio di dover confermare il generale principio (ex multis, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6016) secondo cui tra le condanne rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 3, del Codice dei Contratti, ai fini dell’esclusione dalla gara, vanno incluse non solo quelle specificamente elencate ai commi 1 e 2 della norma, ma anche quelle comunque incidenti, ai sensi del successivo comma 5, sull’affidabilità dell’impresa. Condanne che, per le ragioni sovra ricordate, non potranno che essere riferite agli esponenti dell’impresa per mezzo dei quali la stessa agisce sul mercato o comunque tenuti, in ragione dei propri poteri di controllo, ad assicurare che la relativa attività si svolga nel rispetto delle norme di diritto vigenti.
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