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Verifica dei requisiti ed invarianza soglia di anomalia in caso di inversione procedimentale (art. 80 , art. 133 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 31.10.2022 n. 9381

Non v’è valida ragione che possa indurre a derogare – per la sola procedura che si svolga con inversione procedimentale ex art. 133, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 – dalla regola per la quale è il provvedimento di aggiudicazione, e non la proposta di aggiudicazione, il momento a partire dal quale opera il principio di invarianza, per la natura solo endoprocedimentale della proposta, non preclusiva dell’esercizio dei poteri di riesame delle precedenti determinazioni assunte nel corso della procedura di gara.
In secondo luogo, non è corretto affermare che in procedura svolta con l’inversione procedimentale la decisione sull’ammissione del concorrente riguardi solo colui che sia stato proposto come aggiudicatario e non gli altri; vi osta il chiaro tenore dell’art. 80, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 per il quale “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui al comma 1, 2, 4 e 5”; per la sua portata generale è già stato ritenuto che tale disposizione stabilisca una regola valida anche in caso di procedura di gara che si svolga con l’inversione procedimentale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2022, n. 8336).
Infine, come ben rilevato dal giudice di primo grado, a volere seguire l’opposto ragionamento, si avrebbe una palese violazione dell’art. 133, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 nella parte in cui (terzo periodo) precisa che: “Se si avvalgono di tale possibilità [ossia dell’inversione procedimentale], le amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica dell’assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 136 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice”; evitare il ricalcolo della soglia di anomalia mantenendo in gara un concorrente per il quale è nota l’esistenza di una causa di esclusione significa pervenire all’aggiudicazione ad offerente che non ne avrebbe diritto se l’anomalia fosse correttamente calcolata.

Aggiudicazione secondo il criterio del minor prezzo ed interesse a proporre ricorso

TAR Genova, 17.01.2022 n. 40

Secondo una giurisprudenza consolidata, il requisito dell’interesse al ricorso trova fondamento nell’art. 100 cod. proc. amm., applicabile al processo amministrativo in forza del rinvio “esterno” di cui all’art. 39 cod. proc. amm., ed è caratterizzato dalla prospettazione di una lesione concreta e attuale della sfera giuridica della parte attrice e dall’effettiva utilità che potrebbe derivarle dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato (in questi termini si v., tra tutte, Cons. St., Ad. Plen., sentt. n. 4 del 2018 e, più di recente, n. 22 del 2021).
Nella specifica situazione in cui vengano contestati gli esiti di una gara da aggiudicarsi secondo il criterio del minor prezzo (art. 133, comma 8, D.lgs. n. 50/2016) – in cui la posizione in graduatoria delle offerte non dipende da una valutazione tecnico-discrezionale, ma dal mero riscontro automatico del prezzo indicato – la dimostrazione dell’interesse ad agire presuppone il superamento di una “prova di resistenza”, ossia esige che il ricorrente alleghi il ribasso offerto, in modo da dimostrare che, ove l’impugnativa fosse accolta, questi sarebbe non solo (ri)ammesso alla gara, ma ne risulterebbe aggiudicatario, conseguendo così il “bene della vita” cui si correla l’interesse legittimo pretensivo asseritamente leso dal provvedimento censurato (in questi termini, si v. Cons. St., sez. V, sent. n. 7000 del 2020, opportunamente citata dal resistente, nonché, tra la giurisprudenza dei giudici di primo grado, TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. n. 1939 del 2020).
In questo caso, il Consorzio non ha prospettato di aver offerto un ribasso maggiore di quello proposto dall’aggiudicataria, pertanto non ha dimostrato di poter trarre un’effettiva utilità dall’eventuale annullamento dell’esclusione.
A tale carenza non può supplire il giudice – per esempio, ordinando l’acquisizione della busta con l’offerta economica della ricorrente – in quanto è onere della parte attrice allegare e provare la sussistenza delle condizioni dell’azione, secondo il principio generale ricavabile dall’art. 2697 cod. civ..

Inversione procedimentale nella verifica dei requisiti – Applicazione transitoria ai settori ordinari (art. 133 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Bari, 15.12.2020 n. 1631

Vero è, altresì, che nella gara controversa si è stabilito un contingente definito di operatori da sottoporre a verifica (non oltre 10); ma, ad avviso del Collegio, tale previsione è, comunque, difforme dalla normativa di settore, che ha totalmente espunto l’estensione del controllo ad “altri partecipanti”, piuttosto concentrando la verifica sul destinatario della proposta di aggiudicazione.
Una scelta del legislatore, non sindacabile dal giudice amministrativo, di cui, peraltro, si è fatta ulteriore applicazione nel comma 6 ter dell’art. 36, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 55/2019, ove si prevede che “nelle procedure di affidamento effettuate nell’ambito dei mercati elettronici di cui al comma 6, la stazione appaltante verifica esclusivamente il possesso da parte dell’aggiudicatario dei requisiti economici e finanziari e tecnico professionali ferma restando la verifica del possesso dei requisiti generali effettuata dalla stazione appaltante qualora il soggetto aggiudicatario non rientri tra gli operatori economici verificati a campione ai sensi del comma 6-bis” (ma il comma 6 bis prevede il controllo a campione “ai fini dell’ammissione e della permanenza degli operatori economici nei mercati elettronici”, non già in vista dell’aggiudicazione di una specifica procedura).
Alla luce di quanto rilevato trova ragion d’essere l’applicazione fino al 31 dicembre 2021, anche ai settori ordinari, dell’art. 133, comma 8 del codice dei contratti (“nelle procedure aperte, gli enti aggiudicatori possono decidere che le offerte saranno esaminate prima della verifica dell’idoneità degli offerenti. Tale facoltà può essere esercitata se specificamente prevista nel bando di gara o nell’avviso con cui si indice la gara. Se si avvalgono di tale possibilità, le amministrazioni aggiudicatrici garantiscono che la verifica dell’assenza di motivi di esclusione e del rispetto dei criteri di selezione sia effettuata in maniera imparziale e trasparente, in modo che nessun appalto sia aggiudicato a un offerente che avrebbe dovuto essere escluso a norma dell’articolo 136 o che non soddisfa i criteri di selezione stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice”): una disposizione, anche questa, priva di riferimenti a verifiche nei confronti di concorrenti, ma, piuttosto, volta a garantire un’aggiudicazione legittima (tale dovendosi intendere il riferimento alla posizione del solo aggiudicatario).
L’estensione della verifica sul possesso dei requisiti di altri concorrenti – implausibile secondo la riformata normativa, eppure trasfusa nel punto 17.1 del disciplinare e, poi, applicata dalla commissione giudicatrice – ha condotto ad un’aggiudicazione illegittima, frutto di una regola di gara illegittima, posta sulla base di una malintesa vigenza della “facoltà prevista dall’art. 36 comma 5 del Codice”.

Inversione procedimentale nelle procedure negoziate sotto soglia (art. 36 , art. 133 d.lgs. n. 50/2016)

Corte Costituzionale, 06.03.2020 n. 39

4. Le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Toscana n. 46 del 2018 e dell’art. 2 della legge reg. Toscana n. 3 del 2019, che hanno, rispettivamente, introdotto e modificato l’art. 35-ter della legge reg. Toscana n. 38 del 2007, disciplinante la inversione procedimentale nelle procedure negoziate sotto soglia regolate dal criterio di aggiudicazione del minor prezzo, sono fondate sotto il profilo della violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

4.1.– È noto che le disposizioni del codice dei contratti pubblici (prima contenute nel decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» ed oggi nel d.lgs. n. 50 del 2016: sentenza n. 166 del 2019) regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia della tutela della concorrenza, e che le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011, n. 411 e n. 322 del 2008). Ciò vale anche per le disposizioni relative ai contratti sotto soglia (sentenze n. 263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n. 401 del 2007), poiché «[l]a distinzione tra contratti sotto soglia e sopra soglia non costituisce […] utile criterio ai fini dell’identificazione delle norme statali strumentali a garantire la tutela della concorrenza, in quanto tale finalità può sussistere in riferimento anche ai contratti riconducibili alla prima di dette categorie e la disciplina stabilita al riguardo dal legislatore statale mira ad assicurare, tra l’altro, “il rispetto dei principi generali di matrice comunitaria stabiliti nel Trattato e, in particolare, il principio di non discriminazione (in questo senso, da ultimo, nella materia in esame, Corte di giustizia 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06) (sentenza n. 160 del 2009)”» (sentenza n. 184 del 2011). È poi giurisprudenza costante di questa Corte che alla tutela della concorrenza deve essere ricondotta “l’intera disciplina delle procedure di gara pubblica (sentenze n. 46 e n. 28 del 2013, n. 339 del 2011 e n. 283 del 2009), in quanto quest’ultima costituisce uno strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza in modo uniforme sull’intero territorio nazionale (sentenze n. 339 del 2011, n. 1 del 2008 e n.401 del 2007)” (sentenza n. 28 del 2014; nello stesso senso, sentenza n. 259 del 2013), senza che rilevi chela procedura sia aperta o negoziata (sentenza n. 322 del 2008).

4.2.– Nel caso di specie sussiste la lamentata difformità dalla disciplina statale, sia nella versione originaria del nuovo codice dei contratti pubblici che in quella nel tempo parzialmente modificata con gli interventi recati dal decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici), convertito, con modificazioni, nella legge 14 giugno 2019, n. 55. L’art. 133, comma 8, del codice dei contratti pubblici, infatti, prevede la facoltà di inversione nell’esame della documentazione amministrativa e di quella relativa all’offerta solo nei settori speciali e per le procedure aperte (e a prescindere dal criterio di aggiudicazione prescelto). L’art. 1, lettera f), numero 4, del d.l. n. 32 del 2019, intervenendo sull’art. 36, comma 5, del codice dei contratti pubblici, aveva introdotto analoga facoltà per tutte le procedure sotto soglia (negoziate e non), ma in sede di conversione il legislatore – recependo le preoccupazioni espresse dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nel documento di analisi del citato decreto-legge – ha mutato rotta, eliminandola perle gare sotto soglia e contestualmente introducendola nei settori ordinari, e limitatamente alle procedure aperte (quale che sia il criterio di aggiudicazione), a tempo e in via sperimentale (mediante l’estensione a tali settori, sino al 31 dicembre 2020, dell’art. 133, comma 8, del codice dei contratti pubblici: così l’art. 1,comma 3, del d.l. n. 32 del 2019, nel testo risultante dalla legge di conversione).

4.3.– Non è corretta, dunque, la tesi della Regione Toscana, secondo cui il codice dei contratti pubblici, prevedendo espressamente l’inversione dell’esame per le procedure aperte, non per questo la escluderebbe per quelle negoziate. Il dato testuale, infatti, è chiaro nel riferire l’inversione esclusivamente alle prime e la stessa ricordata evoluzione normativa dimostra inequivocabilmente l’intenzione del legislatore statale di escluderla per le seconde. Né in senso contrario può valorizzarsi la sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, 2 settembre 2019, n. 6017, invocata dalla Regione resistente nella memoria depositata il 3 gennaio 2020, poiché essa, in realtà, riconosce espressamente l’esistenza di un principio di “sequenzialità” logica e giuridica nell’esame della documentazione amministrativa e di quella relativa all’offerta (nello stesso senso, Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 11 giugno 2013, n. 3228), limitandosi piuttosto ad affermare che la sua inversione (a differenza di quella dell’esame della busta tecnica e di quella economica) non sarebbe invalidante la procedura, ma darebbe luogo ad una mera irregolarità (affermazione, questa, peraltro contraddetta da altra giurisprudenza di primo e secondo grado, che dalla violazione di quel principio, posto a presidio dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa, fa discendere l’annullamento degli atti della procedura: TAR Toscana, sezione seconda, sentenza 29 ottobre 2018, n. 1391; TAR Sardegna, sentenza 14 maggio 2003, n. 605; Consiglio di Stato, sezione seconda, parere 30 aprile 2003, n. 1036; Consiglio di Stato,sezione quarta, sentenza 27 novembre 2000, n. 6306). Nemmeno giova alla tesi della Regione resistente l’altra sentenza invocata in memoria (Consiglio di Stato, sezione quinta, 2 settembre 2019, n. 6013), perché essa (anche a prescindere dal rilievo che non costituisce diritto vivente) non esclude l’esistenza del cennato principio di sequenzialità, ma si limita ad estendere l’ambito temporale della fase di valutazione dei requisiti di ammissione.

5. In conclusione, la scelta di consentire o meno l’inversione procedimentale implica un delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle,fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure,bilanciamento che non può che essere affidato al legislatore nazionale nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia, quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale.

Settori speciali – Cauzioni – Disciplina applicabile (art. 93 , art. 133 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Catania, 24.11.2017 n. 2740

Le disposizioni in materia di cauzioni dettate per i settori ordinari possono trovare applicazione nei settori speciali solo se la lex specialis espressamente le richiami. In altri termini è da condividere la considerazione che nei settori de quibus “alla luce del correlativo e consequenziale espandersi della potestà discrezionale delle stazioni appaltanti nell’individuazione della lex specialis in materia di garanzie fideiussorie, stante l’assenza di una disciplina normativa primaria espressa sulle garanzie di offerta e di esecuzione, deve dunque riconoscersi, in astratto, la possibilità che ogni singola gara sia autonomamente regolamentata anche in difformità dalle previsioni recate dall’art. 75, d.lg. n. 163 del 2006, essendo rimessa a ciascuna Amministrazione procedente la discrezionalità in ordine all’applicazione o meno della normativa sulle garanzie prevista per gli altri settori” (T.A.R. Roma,Lazio, sez. II, 05/03/2014 n. 2550). 
E tuttavia, “essendo rimessa alla lex specialis di ogni singolo appalto la predisposizione della normativa al riguardo, tale facoltà deve essere esercitata nel rispetto del nesso di necessità della deroga rispetto all’oggetto dell’appalto e del principio di proporzionalità, da coniugarsi con il perseguimento della tutela della concorrenza e del principio di massima partecipazione, dovendo la stazione appaltante stabilire le modalità di prestazione della cauzione e il relativo ammontare in modo coerente con la natura e l’oggetto dell’appalto, dovendo garantire ai partecipanti analoghe – rispetto a quelle dei settori classici – condizioni di accesso alla gara, laddove la stessa non abbia quel carattere di specificità che ne giustifica la deroga alla disciplina generale” (così sempre T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 05/03/2014 n. 2550).

Settori speciali – Composizione della Commissione – Incompatibilità del Presidente – Disciplina settori ordinari – Inapplicabilità (art. 77 , art. 133 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Brescia, 16.11.2017 n. 1360

Quanto alla legittimità della composizione della commissione, si richiama il precedente TAR Brescia, sez. II, 19 dicembre 2016, n. 1757, secondo cui la norma dell’art. 77 prima parte del D.Lgs. n. 50/2016 (che disciplina la composizione della Commissione di aggiudicazione) è destinata a valere solo a regime, ovvero dopo che sarà stato creato l’albo dei commissari cui essa allude. Sino a quel momento, ai sensi del comma 12, dello stesso art. 77, la commissione continua ad essere nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante.
Peraltro il legislatore del 2016 ha esplicitato come gli affidamenti dei settori speciali non siano assoggettati a tale disposizione, per quanto attiene alla competenza dei commissari. Il Collegio non ravvisa, dunque, ragione di discostarsi dal principio affermato dalla giurisprudenza, secondo cui tale requisito “deve essere inteso gradatamente ed in modo coerente con la poliedricità delle competenze di volta in volta richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare” e “compatibilmente con la struttura degli enti appaltanti, senza esigere, necessariamente, che l’esperienza professionale copra tutti gli aspetti oggetto della gara” (TAR Lombardia, Sez. IV Milano, 24/07/2015, n. 1828; in senso conforme: TAR Lombardia, Sez. II Brescia, 08/01/2011, n. 21; TAR Lazio, Sez. II Roma, 28/01/2016, n. 1242).

Per quanto attiene, infine, all’incompatibilità del Presidente della Commissione di gara, si deve, in primo luogo precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla stazione appaltante e quanto inteso, in sede di sommaria delibazione dell’incidente cautelare da questo Tribunale, la ricorrente non ha censurato una situazione di incompatibilità a causa della coincidenza tra RUP e componente della commissione di gara, ma, invece, la coincidenza tra Presidente della Commissione di gara e soggetto cui è attribuibile la paternità dell’elaborato progettuale posto a base della gara, tenuto conto, in particolare, che la relazione tecnica proviene proprio dalla “Direzione infrastrutture”, diretta dallo stesso (…) e cui deve essere attribuita la paternità dello stesso, in assenza di una diversa sottoscrizione degli atti tecnici.(…)
Ciò chiarito, ribadita la non applicazione dell’art. 77, sia ratione temporis, che in ragione della particolare natura dell’appalto, ricadente nella disciplina dei settori speciali, si ritiene che la designazione sia comunque avvenuta in modo conforme alla norma.
È pur vero, infatti, che l’art. 77 citato ha innovato, con riguardo alla composizione della commissione giudicatrice non solo con riferimento ai soggetti che possono farvi parte, ma anche con specifico riferimento alla figura del Presidente. Nel codice previgente (comma 4 dell’art. 84 del d. lgs. 163/2016) si affermava che “I commissari diversi dal Presidente non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta”. Oggi tale distinzione è scomparsa, con la conseguenza che deve essere esclusa dalla partecipazione alla commissione qualsiasi figura che abbia precedentemente svolto attività di preparazione degli atti di gara. Ma proprio il fatto che il legislatore abbia chiarito, al comma 13, come “Il presente articolo non si applica alle procedure di aggiudicazione di contratti di appalto o concessioni effettuate dagli enti aggiudicatori che non siano amministrazioni aggiudicatrici quando svolgono una delle attività previste dagli articoli da 115 a 121”, appare sufficiente a escludere che l’innovativa disciplina dovesse trovare applicazione nel caso di specie, ricadente in quella speciale ai sensi dell’art. 119 del d. lgs. 50/2016.

Settori speciali – Omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali – Soccorso istruttorio (art. 83 , art. 95 , art. 133 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Bari, 14.11.2017 n. 1161

In assenza di una specifica clausola del bando che espliciti l’onere dichiarativo e di dubbi in ordine all’applicabilità ad un appalto in settori speciali del disposto dell’art. 95, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è illegittima l’esclusione del concorrente che non ha indicato nell’offerta gli oneri di sicurezza, senza che sia stato attivato il soccorso istruttorio.

La questione dell’indicazione dei costi interni di sicurezza e dell’eventuale soccorso istruttorio in caso di mancata dichiarazione era stata dibattuta nella vigenza del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 per essere definita infine dalle decisioni dell’Adunanza plenaria 27 luglio 2016, n. 19 e n. 20.
Nel frattempo veniva emanato il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, che, all’articolo 95, comma 10, contiene un’apposita previsione (“Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a) (…)”). A tale novità normativa si sono riferite anche le citate pronunce dell’Adunanza plenaria, ai punti 37 e 39, le quali evidenziano che essa “ora risolve la questione” della mancanza di “una norma che, in maniera chiara ed univoca, prescrivesse espressamente la doverosità della dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza”.
Anche rispetto agli effetti della previsione di cui all’articolo 95, comma 10, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la giurisprudenza si è divisa tra chi ritiene che tale previsione espressa giustifichi l’automatica esclusione del concorrente il quale non abbia evidenziato la specifica voce di costo nell’offerta (T.A.R. Campania, Sez. III, 3 maggio 2017, n. 2358; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 25 febbraio 2017, n. 166; Consiglio di Stato, Sez. V, ord., 15 dicembre 2016, n. 5582; T.A.R. Molise, 9 dicembre 2016, n. 513; T.A.R. Campania, Salerno, 6 luglio 2016, n. 1604) e chi invece sostiene che, nell’ipotesi in cui gli atti di gara non contengano l’espressa menzione di tale obbligo e della sanzione espulsiva collegata alla sua inosservanza e in cui non siano adombrati dubbi sulla congruità dell’offerta, neppure l’articolo 95, comma 10, serva a superare i rilievi ripetutamente sollevati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea e ribaditi, da ultimo, nelle ordinanze della sezione sesta, 10 novembre 2016, C-140/16, C-697/15, C-162/16, che richiamano i principi espressi nella precedente sentenza della stessa sezione 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo (T.A.R. Campania, Sez. VIII, 3 ottobre 2017, n. 4611; T.A.R. Lazio, Sez. I-bis, 15 giugno 2017, n. 7042; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, sentenza 12 dicembre 2016, n. 3217, nonché la delibera dell’ANAC 11 gennaio 2017 n. 2). Tale divaricazione dei risultati ermeneutici ha indotto il T.A.R. Basilicata a rimettere nuovamente la questione alla Corte di giustizia con ordinanza n. 525 pubblicata il 25 luglio 2017.
Al proposito si deve ricordare che le menzionate ordinanze della Corte di giustizia hanno chiaramente delimitato l’ambito della compatibilità della legislazione nazionale con le direttive di settore. In particolare, nella ivi evocata sentenza Pippo Pizzo, è stato affermato, al punto 36, che l’obbligo di trasparenza, che costituisce il corollario della principio di parità di trattamento, “ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. Tale obbligo implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2014, Cartiera dell’Adda, C‑42/13, EU:C:2014:2345, punto 44 e giurisprudenza citata)”. Di conseguenza, “nell’ipotesi in cui, come nel procedimento principale, una condizione per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione, a pena di esclusione da quest’ultima, non sia espressamente prevista dai documenti dell’appalto e possa essere identificata solo con un’interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, l’amministrazione aggiudicatrice può accordare all’offerente escluso un termine sufficiente per regolarizzare la sua omissione”.
Sotto altro aspetto, si deve rammentare che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali (così come tutte le altre autorità interne) sono tenuti ad interpretarlo, per quanto possibile, alla luce del testo e dello scopo della direttiva trasposta, così da conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi, pertanto, all’art. 288, terzo comma, TFUE. Tale obbligo d’interpretazione conforme, che assicura la piena efficacia del diritto dell’Unione, riguarda l’insieme delle disposizioni del diritto nazionale, sia anteriori che posteriori alla direttiva di cui trattasi (sentenze 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing, e 23 aprile 2009, C-378/07 a C-380/07, Angelidaki).
In particolare, il collegio non può sottrarsi a tale principio (peraltro corrispondente al dettato dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione) il quale “esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima” (sentenza Angelidaki, cit., punto 200).
Quanto premesso già sarebbe sufficiente per dubitare che la mera introduzione all’articolo 95, comma 10, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (in assenza di una specifica clausola del bando che espliciti l’onere dichiarativo) possa rendere compatibile con il diritto dell’Unione l’automatica esclusione del concorrente, laddove, nell’offerta, manchi l’indicazione specifica degli oneri di sicurezza aziendali.
In realtà, nella fattispecie concreta, non è neppure chiara e inequivocabile la possibilità di applicare l’articolo 95, nelle parti d’interesse, direttamente alla gara in esame, ovvero senza l’intermediazione di un’interpretazione della norma nazionale che ne precisi la portata. Ciò sotto due distinti punti di vista.
Quanto al primo, si deve rimarcare che, mentre l’articolo 95 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 regola i criteri di aggiudicazione dell’appalto per i settori ordinari, a norma dell’articolo 118 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la procedura contestata in questa sede è soggetta alla disciplina dedicata ai settori speciali.
Nello specifico, l’articolo 95 trova applicazione nei settori speciali in forza del rinvio operato dal primo comma dell’articolo 133 (“Principi generali per la selezione dei partecipanti”), per il quale “Per la selezione dei partecipanti e delle offerte nelle procedure di scelta del contraente nei settori speciali si applicano, per quanto compatibili con le norme di cui alla presente sezione, le disposizioni di cui ai seguenti articoli: 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87, 88, 89, 90, 91, 92, 95, 96 e 97”. A tale norma si aggiunge poi il sesto comma dello stesso articolo 133 che prevede: “Gli enti aggiudicatori verificano la conformità delle offerte presentate dagli offerenti così selezionati alle norme e ai requisiti applicabili alle stesse e aggiudicano l’appalto secondo i criteri di cui agli articoli 95 e 97”.
È evidente perciò che il detto amplissimo rinvio non si presenta diretto ed immediato ma necessita di un’ulteriore verifica, come emerge dalle locuzioni “per quanto compatibili” (al primo comma dell’articolo 133) e “conformità delle offerte (…) alle norme e ai requisiti applicabili alle stesse” (al sesto comma).
Quanto al secondo punto di vista, sotto il quale non è chiara e inequivocabile la riferibilità dell’articolo 95 direttamente alla gara in esame, è opportuno considerare la relativa formulazione nel suo insieme.
Nell’ambito dell’articolato, solo il quarto e quinto comma sono dedicati espressamente al criterio di aggiudicazione del minor prezzo, mentre, per la maggioranza dei successivi, occorre verificare partitamente se si riferiscano solo agli appalti assegnabili in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ovvero comprendano anche quelle al massimo ribasso.
In particolare, non è chiaro se il comma 10, laddove menziona l’offerta attribuendole la qualità di “economica”, presupponga o meno che essa si accompagni ad un’offerta tecnica.
Di riflesso, non può neppure escludersi una lettura dell’invito alla gara controversa che spieghi l’assenza di qualsiasi accenno agli oneri di sicurezza interni come conseguenza di una ritenuta estraneità di questa procedura negoziata alla sfera di applicazione dell’articolo 95.
In conclusione, nel caso in esame, in cui ricorre una situazione di affidamento ingenerato, per molteplici ragioni già illustrate, dalla stazione appaltante, la carenza della quota di prezzo corrispondente agli oneri di sicurezza interni deve reputarsi non sostanziale, bensì solo formale, sicché il soccorso istruttorio diventa doveroso, come chiarito dalle decisioni dell’Adunanza plenaria nn. 19 e 20 del 2016. Né esso è precluso dal disposto dell’articolo 83, comma 9, del codice dei contratti pubblici poiché, per quanto sopra osservato, la lacuna nelle dichiarazioni del concorrente non si presenta essenziale, non introducendo un elemento di effettiva incertezza dell’offerta.

Servizi di natura tecnica ed intellettuale sotto soglia comunitaria – Offerta al minor prezzo ed offerta economicamente più vantaggiosa – Scelta del criterio (art. 95 , art. 144 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Reggio Calabria, 30.11.2016 n. 1186

La gara controversa, indetta dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 50/16, riguarda un appalto:
– di importo complessivo pari euro 58.522,10 oltre I.V.A., inferiore alla soglia comunitaria, ai sensi dell’art. 35 del Codice vigente;
– attratto all’ambito dei settori speciali, in quanto strumentale al servizio di trasporto di cui all’art. 118 del Codice, secondo i principi elaborati dalla più recente giurisprudenza con riferimento all’abrogato D. Lgs. n. 163/06; si è infatti condivisibilmente affermato, su fattispecie pressoché identica a quella qui in esame, che
“… l’attività svolta da ATAC Spa rientra nell’ambito dei cc.dd. settori speciali e, specificamente, in quello dei servizi di trasporto di cui all’art. 210 del d.lgs. n. 163 del 2006…
L’assoggettabilità dell’affidamento di un servizio alla disciplina dettata per i settori speciali, quindi, non può essere desunta sulla base di un criterio solo soggettivo, relativo al fatto che ad affidare l’appalto sia un ente operante nei settori speciali, ma deve tener conto anche di un parametro di tipo oggettivo, relativo alla riferibilità del servizio all’attività speciale.
L’oggetto dell’appalto di cui al lotto 1 è costituito dalle prestazioni sanitarie previste dal D.M. n. 88 del 1999 e dalle altre normative vigenti in materia di rapporto di lavoro. In particolare, le società concorrenti sono state invitate a presentare un’offerta relativamente alle prestazioni sanitarie inerenti le visite mediche di revisione del personale di movimento previste dal protocollo sanitario punto 9 del D.M. n. 88 del 1999 …
Il Collegio ritiene che l’aggiudicazione dell’appalto sia strumentale, ponendosi in rapporto di mezzo a fine, all’esercizio dell’attività istituzionale di trasporto svolto dell’Azienda, per cui rientra, sia pure indirettamente, tra gli scopi propri (core business) dello stesso.
L’aggiudicazione dell’appalto, quindi, è avvenuta per uno scopo omogeneo, e non diverso, rispetto all’esercizio dell’attività istituzionale, con conseguente inapplicabilità dell’art. 217 d.lgs. n. 163 del 2006 ed applicabilità della parte III del codice dei contratti pubblici (T.A.R. Lazio, Sez. II ter, 18 febbraio 2013, n. 1778);
– rientrante nell’Allegato IX al Codice, trattandosi di servizio sanitario (CPV 85147000 – 1);
– soggetto all’applicazione dei principi e dei divieti posti dall’art. 95 del Codice, in tema di scelta del criterio di selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in virtù dell’esplicito rinvio operato, per tutti gli appalti dei settori speciali, dall’art. 133, I comma, dello stesso Codice (applicabile anche ai servizi specifici di cui all’Allegato IX, per effetto della previsione dell’art. 114, I comma, il quale estende in via generale l’applicabilità della disciplina del Titolo VI – Capo I del Codice, ivi compreso l’art. 133 e le norme da quest’ultimo richiamate, anche ai servizi elencati nell’Allegato IX e menzionati nell’art. 140, I comma).
Ne consegue che la stazione appaltante ha illegittimamente optato per l’aggiudicazione al prezzo più basso, in violazione della regola desumibile dal combinato disposto dei commi III e IV dell’art. 95 del Codice.
Da un lato, il comma IV dell’art. 95 prevede le ipotesi tassative nelle quali è ancora consentito, secondo la discrezionale e motivata scelta della stazione appaltante, l’utilizzo del massimo ribasso: e tra queste verrebbe in rilievo, secondo la difesa di ATAM, la lett. b) per i servizi “con caratteristiche standardizzate”, ovvero la lett. c) per i servizi “caratterizzati da elevata ripetitività”.
Dall’altro, deve considerarsi che il comma III dell’art. 95 stabilisce, in termini imperativi ed in via di specialità, che “sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglio rapporto qualità/prezzo:
… b) i contratti relativi all’affidamento … degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo superiore a 40.000 euro”.
Il servizio di sorveglianza sanitaria è riconducibile alla categoria dei servizi di natura intellettuale.
La specialità ed inderogabilità del divieto sancito dal comma III dell’art. 95, per i servizi intellettuali di importo superiore a 40.000 euro, rende irrilevante stabilire se l’appalto per la sorveglianza sanitaria sia, nelle concrete modalità prefigurate dall’ATAM, standardizzato o ripetitivo.
Il Codice, infatti, non consente in alcun modo l’utilizzo del criterio del prezzo più basso per l’affidamento dei servizi di natura intellettuale, quand’anche questi presentino uno dei caratteri alternativamente indicati dal comma IV.
Per quanto detto, il bando di gara è illegittimo, nella parte in cui ha previsto l’aggiudicazione al massimo ribasso sull’importo a base d’asta, e va annullato.