Consiglio di Stato, sez. V, 20.02.2024 n. 1677
3. – Mentre può prescindersi dalla disamina del motivo riproposto in via subordinata al punto sub II, in quanto irrilevante rispetto al thema decidendum, occorre, invece, prendere in esame l’istanza, proposta in via ulteriormente gradata, di rinvio pregiudiziale alla Corte giust. U.E. sul seguente quesito : “se sia compatibile con il diritto euro-unitario e, in particolare con i principi di parità, non discriminazione e proporzionalità di cui all’art. 18 par. 1 della direttiva 2014/24/UE e con gli artt. 56 par. 3, 67 e 69 par. 3 della stessa direttiva, la normativa nazionale, anche come interpretata dalla giurisprudenza, che consente l’esclusione dalla procedura di gara, senza una previa compiuta valutazione sulla sostenibilità economica complessiva dell’offerta, dell’offerente che, chiamato dalla stazione appaltante a giustificare gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, ne abbia precisato l’ammontare, nonostante tale rettifica non abbia riguardato il prezzo offerto, né intaccato l’equilibrio economico finanziario dell’offerta economica presentata e non ne abbia alterato la sostanza”.
In altri termini, chiede l’appellante se sia compatibile con il diritto europeo la normativa nazionale sugli oneri aziendali della sicurezza che, ove dichiaratamente ammessi come incongrui dallo stesso offerente, comporti l’esclusione dall’offerta, seppure la stessa, per compensazioni interne, risulti non sottoposta a radicale modificazione nella composizione, per giunta senza alterazione dell’equilibrio economico.
Ritiene il Collegio che non vi sia spazio per il rinvio ai sensi dell’art. 267 del TFUE, in quanto, come già rilevato dal primo giudice, detto rimedio non può essere utilizzato per sollecitare il mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale. Costituisce, invero, indirizzo giurisprudenziale consolidato quello secondo cui il rinvio pregiudiziale non è un rimedio giuridico esperibile automaticamente su richiesta delle parti, dovendo il giudice (anche di ultima istanza) stabilirne la necessità e dunque delibare la questione al fine di impegnare la Corte di giustizia soltanto con questioni che siano effettivamente rilevanti e necessarie ai fini della decisione, non siano state sollevate in riferimento a fattispecie analoghe, non siano manifestamente infondate e non siano volte impropriamente a sollecitare un mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale da parte della Corte di giustizia in senso favorevole al richiedente (in termini Cons. Stato, V, 3 febbraio 2016, n. 404; Cass., SS.UU., ord. 10 settembre 2013, n. 20701; Cons. Stato, IV, 22 novembre 2013, n. 5542).
Rileva il Collegio, a questo riguardo, che l’appellante non ha svolte critiche alla statuizione di primo grado, limitandosi a riproporre la questione di interpretazione.
E peraltro non può omettersi di rilevare che su analoga questione sussistono già decisioni della Corte di giustizia, investita dal giudice nazionale (ed in particolare anche da questo Consiglio di Stato) del tema della mancata indicazione nell’offerta degli oneri di sicurezza aziendale. In particolare, in tempi recenti, l’Ad. plen. con ordinanza 24 gennaio 2019, n. 1 ha rimesso alla Corte di giustizia la questione della compatibilità con il diritto europeo di una disciplina nazionale comportante l’esclusione dalla gara del concorrente che non abbia indicato i costi della manodopera e gli oneri per la sicurezza dei lavoratori senza il beneficio del soccorso istruttorio. La Corte giust. U.E., seppure su un diverso procedimento, con ordinanza 2 maggio 2019, in causa C-309/18, ha ritenuto compatibile con le direttive europee in tema di appalti, nonché con i principi di parità di trattamento e trasparenza in esse contemplati, un assetto nel quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera (e, identicamente, degli oneri aziendali interni) comporta l’esclusione dell’impresa, senza possibilità di soccorso istruttorio. Ciò nell’assunto che i principi di parità di trattamento e di trasparenza «non possono ostare all’esclusione di un operatore economico dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a causa del mancato rispetto, da parte del medesimo, di un obbligo imposto espressamente, a pena di esclusione, dai documenti relativi alla stessa procedura o dalle disposizioni del diritto nazionale in vigore» (punto 22). Con riguardo, poi, al principio di proporzionalità, la sentenza in esame ha affermato che «una normativa nazionale riguardante le procedure d’appalto pubblico finalizzata a garantire la parità di trattamento degli offerenti non deve eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito […]. Nel caso di specie […] emerge che l’obbligo, a pena di esclusione, di indicare separatamente i costi della manodopera discende chiaramente dal combinato disposto dell’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e dell’articolo 83, comma 9, del medesimo» (punti 24 e 25).
Giova sottolineare che nel caso di specie vi è stata un’indicazione degli oneri in questione dichiaratamente errata e la incidenza della medesima è stata sottoposta al giudizio di anomalia, interrottosi per scelta dello stesso operatore economico.
Ritiene il Collegio che possa evincersi da tale precedente, analogo seppure non identico, una eadem ratio, tale per cui i principi di parità di trattamento e di trasparenza non ostano ad una normativa nazionale, come quella rilevante nella presente controversia, secondo cui la mancata indicazione del corretto importo dei costi della sicurezza aziendale, al pari dell’omessa integrale indicazione, comporta l’esclusione dell’offerente interessato, senza possibilità di ricorrere alla procedura del soccorso istruttorio, a prescindere dunque anche dall’incidenza di tale voce di costo sull’equilibrio complessivo dell’offerta. In tale contesto può ritenersi applicabile la teoria dell’atto chiaro come ragionevole eccezione all’obbligo di rinvio pregiudiziale, nella prospettiva di una seria, reale e non formalistica cooperazione tra giudici nazionali e Corte di giustizia ai fini della corretta e uniforme applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati europei.