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Garanzie fideiussorie e polizze assicurative : Schemi Tipo in Gazzetta Ufficiale

In Gazzetta Ufficiale n. 291 del 14 dicembre 2022 è pubblicato il Decreto 16 settembre 2022, n. 193 del Ministero dello sviluppo economico recante “Regolamento contenente gli schemi tipo per le garanzie fideiussorie e le polizze assicurative di cui agli articoli 24, 35, 93, 103 e 104 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni”.

Incameramento della garanzia provvisoria in caso di anomalia dell’ offerta (art. 93 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 30.06.2022 n. 5445

L’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che “la garanzia provvisoria copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”
La giurisprudenza prevalente ha ritenuto che l’incameramento delle somme a titolo di garanzia provvisoria rappresenta una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione; è dunque insensibile ad eventuali valutazioni finalizzate ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che abbia dato causa all’esclusione (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 6 aprile 2020, n. 2264; V, 24 giugno 2019, n. 4328). Ciò in quanto la funzione di tale garanzia è quella, per un verso, di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese in sede di gara e di garantire la serietà e affidabilità dell’offerta e, per altro verso, di precostituire una forma di tutela, a favore della stazione appaltante, per l’eventualità che, per fatto (anche successivo alla formulazione dell’offerta) comunque riferibile alla concorrente risultata aggiudicataria, non si addivenga alla stipula del contratto. L’escussione della garanzia costituisce dunque una garanzia oggettiva per il corretto adempimento degli obblighi assunti dagli operatori economici in relazione alla partecipazione ad una gara di appalto (Cons. Stato, V, 16 maggio 2018, n. 2896).
Tale indirizzo interpretativo è stato, da ultimo, confermato da Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2022, n. 7, che ha ritenuto evincibile un modello di responsabilità oggettiva, con conseguente esclusione di responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità.
Non può dunque condividersi, quanto meno sul piano (rilevante in questa sede) del nesso eziologico, l’assunto dell’appellante secondo cui la ritenuta anomalia dell’offerta non sarebbe riconducibile all’affidatario e non legittimerebbe pertanto l’escussione della garanzia (anche a prescindere dall’ipotesi interpretativa subordinata, contenuta nel provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, di ritenere che il provvedimento di autotutela consegua ad un’inammissibile modifica postuma dell’offerta, destinando a copertura dei costi del servizio di supporto specialistico parte delle risorse complessivamente previste per i servizi di presidio). Il modello di responsabilità oggettiva che assume rilievo in materia di escussione della garanzia provvisoria esclude la rilevanza dell’affidabilità soggettiva del concorrente, anche ad ammettere (secondo la prospettazione dell’appellante) che la stessa non rilevi in caso di anomalia dell’offerta.
Né a diversa soluzione induce, alla stregua dell’approfondimento proprio della trattazione in sede di merito, l’art. 10 del disciplinare di gara, che, nel secondo capoverso, richiama il contenuto dell’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, mentre nel terzo capoverso afferma che «sono fatti riconducibili all’affidatario, tra l’altro, la mancata prova del possesso dei requisiti generali e speciali; la mancata produzione della documentazione richiesta e necessaria per la stipula del contratto».
Tale ultima disposizione non ha portata esaustiva dei casi che legittimano l’escussione della garanzia provvisoria nella procedura di gara oggetto di controversia, come appare chiaro, anche sul piano dell’interpretazione letterale, dall’utilizzazione della locuzione avverbiale “tra l’altro”, indicativa di una portata meramente esemplificativa delle circostanze ivi indicate come “fatti riconducibili all’affidatario”.

D.L. “Semplificazioni fiscali” : modifiche al Codice contratti pubblici su garanzia provvisoria e segnalazione appalti ad Anagrafe tributaria

Sulla GURI 21 giugno 2022, n. 143 è stato pubblicato il Decreto Legge 21 giugno 2022, n. 73 recante “Misure urgenti in materia di semplificazioni fiscali e di rilascio del nulla osta al lavoro, Tesoreria dello Stato e ulteriori disposizioni finanziarie e sociali“.

Entrata in vigore del provvedimento: 22/06/2022

Di seguito le disposizioni rilevanti per appalti e contratti pubblici.

                                Art. 17 
           Semplificazione degli obblighi di segnalazione 
                        in materia di appalti 
 
  1. All'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica  29
settembre 1973, n. 605, il primo comma e' abrogato.

[Art. 20, comma 1, DPR n. 605/1973: "Le pubbliche amministrazioni 
e gli enti pubblici devono comunicare all'anagrafe tributaria 
gli estremi dei contratti di appalto, di somministrazione e di trasporto 
conclusi mediante scrittura privata e non registrati. Con decreto del 
Ministro delle finanze sono stabiliti il contenuto, i termini e le 
modalita' della comunicazione"].


                                
                                   Art. 29 
      Modalità di versamento in Tesoreria delle cauzioni a garanzia 
                 della partecipazione alle gare pubbliche 
 
  1. All'articolo 93 del decreto legislativo 18 gennaio 2016, n.  50,
il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. La cauzione e'  costituita
presso l'istituto incaricato del servizio di tesoreria  o  presso  le
aziende autorizzate, a titolo di pegno a favore  dell'amministrazione
aggiudicatrice, esclusivamente con bonifico o con altri  strumenti  e
canali di pagamento elettronici previsti dall'ordinamento vigente. Si
applica il comma 8 e, quanto allo svincolo, il comma 9.».

Decreto n. 36/2022 misure urgenti per attuazione PNRR : modifiche al Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016)

Pubblicato il D.L. 30.04.2022 n. 36 recante “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” (GURI n. 100 del 30.04.2022).
Di seguito le norme di interesse in materia di appalti e contratti pubblici in vigore dal 1 maggio 2022.

Art. 34
Rafforzamento del sistema
di certificazione della parita’ di genere

1. Al (( codice dei contratti pubblici, di cui al )) decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 93, comma 7, le parole «decreto legislativo n. 231/2001» sono sostituite dalle seguenti: «decreto legislativo n. 231 del 2001, o in possesso di certificazione della parità di genere di cui all’articolo 46-bis del (( codice delle pari opportunita’ tra uomo e donna, di cui al )) decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198,»;
b) all’articolo 95, comma 13, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «(( e l’adozione di )) politiche tese al raggiungimento della parita’ di genere comprovata dal possesso di certificazione della parita’ di genere di cui all’articolo 46-bis del (( codice di cui al )) decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198».

Art. 50
Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione in legge.

Adunanza Plenaria sull’ambito di operatività della garanzia provvisoria ex art. 93 d.lgs. n. 50/2016 : si riferisce al solo periodo compreso tra l’ aggiudicazione ed il contratto

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 26.04.2022 n. 7 

L’Adunanza Plenaria afferma il seguente principio di diritto: il comma 6 dell’art. 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016 – nel prevedere che la “garanzia provvisoria” a corredo dell’offerta “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario (…)” – delinea un sistema di garanzie che si riferisce al solo periodo compreso tra l’aggiudicazione ed il contratto e non anche al periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione.


DIRITTO

1.- La questione posta all’esame dell’Adunanza Plenaria attiene all’ambito di operatività della “garanzia provvisoria”, che correda l’offerta dei partecipanti alla procedura di gara, al fine di stabilire se essa copra soltanto i “fatti” che si verificano nel periodo compreso tra l’aggiudicazione e il contratto ovvero se si estenda anche a quelli che si verificano nel periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione.

2.- In via preliminare, occorre ricostruire il quadro normativo rilevante.

2.1.- La disciplina contenuta nel decreto legislativo 1° aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) è basata sulla distinzione tra: i) la fase procedimentale, finalizzata alla selezione del migliore offerente mediante l’adozione, all’esito del procedimento, del provvedimento di aggiudicazione; ii) la fase provvedimentale, che va dall’aggiudicazione alla stipulazione del contratto; iii) la fase costitutiva di stipulazione del contratto tra pubblica amministrazione e aggiudicatario; iv) la fase esecutiva di adempimento delle obbligazioni contrattuali.

La “proposta di aggiudicazione” si inserisce nella fase procedimentale (art. 32, comma 5). Il legislatore ha attribuito autonomia all’istituto in esame, recependo le indicazioni fornite dal parere del Consiglio di Stato 1° aprile 2016, n. 855, che aveva ritenuto necessario superare i dubbi interpretativi sorti con riguardo all’istituto, elaborato in sede giurisprudenziale, dell’“aggiudicazione provvisoria” che era un atto infraprocedimentale, considerato, però, suscettibile, in via facoltativa, di immediata impugnazione, con onere di impugnazione successiva anche dell’“aggiudicazione definitiva”.

2.2.- Il Codice ha previsto che la fase procedimentale e la fase esecutiva siano corredate da un sistema di “garanzie provvisorie” (che rilevano in questa sede) e “garanzie definitive”.

2.2.1.- Nella vigenza del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/Ce e 2004/18/Ce), l’art. 75, comma 1, disponeva che l’offerta fosse corredata da una garanzia, pari al due per cento, del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di “cauzione” o di “fideiussione” a scelta dell’offerente.

L’escussione di tale garanzia poteva avvenire secondo due differenti forme.

La prima forma era disciplinata dall’art. 48 di tale decreto che, a sua volta, contemplava due diverse fattispecie.

La prima fattispecie prevedeva che le stazioni appaltanti, prima di procedere all’apertura delle buste, dovessero richiedere ad un numero di offerenti non inferiore al dieci per cento delle offerte presentate, scelti con sorteggio pubblico, di provare, entro dieci giorni dalla richiesta, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa (cd. requisiti speciali), eventualmente richiesti (cd. controllo a campione). Nel caso in cui tale prova non fosse stata fornita ovvero non fosse risultata conforme alle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell’offerta, le stazioni appaltanti dovevano procedere – oltre all’esclusione dalla gara e alla segnalazione all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici (le cui funzioni sono oggi assegnate all’Autorità nazionale anticorruzione), che avrebbe disposto la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento – alla «escussione della relativa cauzione provvisoria» (art. 48, comma 1).

L’altra fattispecie riguardava la richiesta indirizzata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicatario e al concorrente che seguiva in graduatoria, qualora gli stessi non fossero stati ricompresi fra i concorrenti sorteggiati (art. 48, comma 2).

La seconda forma era quella prevista dallo stesso art. 75, il quale, al comma 6, disponeva che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo».

2.2.2.- Nella vigenza del decreto legislativo n. 50 del 2016 è stata mantenuta, con modifiche, soltanto quest’ultima forma di garanzia.

L’art. 93, comma 1, prevede, infatti, che «l’offerta è corredata da una garanzia fideiussoria, denominata “garanzia provvisoria” pari al due per cento del prezzo base indicato nel bando o nell’invito, sotto forma di cauzione o di fideiussione, a scelta dell’offerente». In particolare: i) la “cauzione” «può essere costituita, a scelta dell’offerente, in contanti, con bonifico, in assegni circolari o in titoli del debito pubblico garantiti dallo Stato al corso del giorno del deposito, presso una sezione di tesoreria provinciale o presso le aziende autorizzate, a titolo di pegno a favore dell’amministrazione aggiudicatrice»; ii) la “fideiussione” «a scelta dell’appaltatore può essere rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività o rilasciata dagli intermediari finanziari», che abbiano anch’essi determinati requisiti specificamente indicati.

Il sesto comma dell’art. 93 stabiliva che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, per fatto dell’affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo».

L’art. 59, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56, ha modificato tale ultimo comma, disponendo che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto».

La possibilità di escussione della “garanzia provvisoria” per il concorrente è prevista soltanto nel caso di dichiarazioni false rese dall’operatore economico nell’ambito della procedura di avvalimento (art. 89, comma 1).

2.2.3.- La “garanzia definitiva” deve essere rilasciata dall’appaltatore al momento della sottoscrizione del contratto, nella forma della “cauzione” o della “fideiussione”, a garanzia, in particolare, «dell’adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall’eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse» (art. 103, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016; cfr. anche art. 113 d.lgs. n. 163 del 2006).

3.- In via preliminare, occorre stabilire, altresì, quali siano la natura e la funzione della “garanzia provvisoria”.

3.1.- Nella vigenza del Codice del 2006, l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa distingueva la “garanzia provvisoria” escussa nei confronti dei concorrenti di cui all’art. 48, comma 1, e la “garanzia provvisoria” escussa nei confronti dell’aggiudicatario di cui all’art. 75, comma 1 (Cons. Stato, Ad. plen., 4 ottobre 2005, n. 8; Cons. Stato, Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34; Cons. Stato, sez. V, ord. 26 aprile 2021, n. 3299).

Alla prima tipologia di garanzia si assegnava natura sanzionatoria, con funzione punitiva, in quanto l’amministrazione poteva escutere la garanzia, incamerando la somma predeterminata, nei confronti di tutti gli offerenti sorteggiati che non fossero in possesso dei requisiti di partecipazione, con conseguenze economiche sovra-compensative. Ne conseguiva la necessità – in conformità con le regole convenzionali (art. 7 Cedu) – di assicurare il rispetto del principio di legalità e dei suoi corollari della prevedibilità, accessibilità e limiti di applicabilità delle norme nel tempo.

Alla seconda tipologia di garanzia si assegnava natura non sanzionatoria, qualificando la “cauzione” quale garanzia avente una valenza analoga a quella della caparra confirmatoria e la “fideiussione” quale contratto di garanzia personale, con funzione di evidenziare «la serietà ed affidabilità dell’offerta» (Cons. Stato, Ad. plen., n. 34 del 2014, cit.), nonché con funzione compensativa dei danni subiti dalla stazione appaltante.

3.2.- Nella vigenza del Codice del 2016, l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa, essendo stata eliminata la prima forma di garanzia, ha attribuito alla “garanzia provvisoria” natura esclusivamente non sanzionatoria (Cons. Stato, sez. IV, ord. n. -OMISSIS-, cit.).

3.3.- L’Adunanza Plenaria ritiene che entrambi gli istituti in esame hanno natura non sanzionatoria, con differente qualificazione giuridica a seconda che venga in rilievo la “cauzione” o la “fideiussione”.

La “cauzione” è una obbligazione di garanzia di fonte legale imposta ai fini della partecipazione alla gara, che deve essere eseguita dallo stesso debitore. Nella fase fisiologica, la “cauzione” assolve alla funzione di evidenziare la serietà e l’affidabilità dell’offerta, con obbligo dell’amministrazione di restituire la prestazione al momento della sottoscrizione del contratto. Nella fase patologica, la “cauzione” ha natura di rimedio di autotutela, con funzione compensativa, potendo l’amministrazione incamerare il bene consegnato a titolo di liquidazione forfettaria dei danni relativi alla fase procedimentale. In questa prospettiva, non è conferente il richiamo alla caparra confirmatoria di cui all’art. 1385 cod. civ., in quanto la stessa, nella configurazione del codice civile, presuppone la stipulazione di un contratto – che, nella specie, manca – con l’inserimento della clausola che consente, in caso di inadempimento, di recedere dal contratto stesso trattenendo la caparra (cfr. Cass. civ., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 553).

La “fideiussione”, che rileva in questa sede, è una obbligazione di garanzia di fonte legale imposta ai fini della partecipazione alla gara, che sorge a seguito della stipulazione di un contratto tra un terzo garante e il creditore che si può perfezionare anche mediante la sola proposta del primo non rifiutata secondo il meccanismo dell’art. 1333 cod. civ.

Tale forma di garanzia si caratterizza in modo peculiare rispetto al contratto di fideiussione disciplinato dal codice civile (artt. 1936-1957 cod. civ.).

L’art. 1936 cod. civ. prevede che «è fideiussore colui che, obbligandosi personalmente, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui». Le regole civilistiche rilevanti in questa sede sono le seguenti: i) il fideiussore è obbligato in solido con il debitore principale al pagamento del debito, con la possibilità che le parti convengano che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore (art. 1944, commi 1 e 2, cod. civ.); ii) il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità (art. 1945 cod. civ.); iii) il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate (art. 1956, comma 1, cod. civ.).

L’art. 93, comma 4, del Codice dei contratti pubblici deroga alle disposizioni sopra riportate, disponendo che deve essere prevista la rinuncia: i) al beneficio della preventiva escussione del debitore principale; ii) al rapporto di accessorietà, dovendo operare questa forma di garanzia a semplice richiesta; iii) all’eccezione che consente di fare valere la garanzia anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale.

Tale peculiare disciplina e, in particolare, la deroga al rapporto di accessorietà comporta che il tipo contrattuale deve essere identificato nel contratto autonomo di garanzia (Cass. civ., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947).

Nella fase fisiologica, la “fideiussione” assolve alla sola funzione di consentire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, con obbligo dell’amministrazione di svincolare tale garanzia al momento della sottoscrizione del contratto. Nella fase patologica, la “fideiussione” consente all’amministrazione di azionare il rimedio di adempimento dell’obbligo di pagamento della somma predeterminata dalla legge con funzione compensativa dei danni relativi alla fase procedimentale.

L’operatività di entrambe le forme di garanzia presuppone un “fatto” del debitore principale che viola le regole di gara che comporta – a seguito dell’eliminazione del riferimento al dolo e alla colpa grave da parte del citato decreto legislativo n. 56 del 2017 – la configurazione di un modello di responsabilità oggettiva, con conseguente esclusione di responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità.

4.- La questione specifica rimessa all’esame dell’Adunanza Plenaria – da risolvere alla luce delle premesse generali sin qui svolte – riguarda l’individuazione dei “soggetti” nei cui confronti può essere escussa la “garanzia provvisoria”.

Nell’ordinanza di rimessione si afferma che, pur non sussistendo precedenti specifici del Consiglio di Stato, potrebbero sorgere «contrasti giurisprudenziali» e che sia, pertanto, necessario assicurare certezza «nell’interesse non solo degli operatori di settore ma del diritto oggettivo nel suo complesso».

L’orientamento espresso nell’ordinanza di rimessione è nel senso che i “soggetti” siano non solo l’“aggiudicatario”, ma anche il destinatario di una “proposta di aggiudicazione” per le seguenti ragioni.

In primo luogo, si osserva che occorre valorizzare una interpretazione di «carattere logico-sistematico e teleologico», che fa emergere «plasticamente l’assoluta identità (…) tra la situazione dell’aggiudicatario e quella in cui versa il soggetto “proposto per l’aggiudicazione” che, tuttavia, si sia visto rifiutare la formale aggiudicazione, con contestuale esclusione dalla procedura, poiché, all’esito dei controlli operati dalla stazione appaltante proprio in vista della stipulazione del contratto, sia emersa l’assenza, non importa se originaria o sopravvenuta, dei necessari requisiti di legge».

In secondo luogo, si afferma come risulterebbe «contraddittorio e diseconomico obbligare la stazione appaltante a procedere all’aggiudicazione nei confronti del “proposto” e, subito dopo, ad esercitare l’annullamento in autotutela di tale provvedimento per carenza, in capo all’affidatario, di un imprescindibile requisito soggettivo».

5.- L’Adunanza Plenaria ritiene che deve essere seguito un orientamento diverso da quello proposto dalla Quarta Sezione con l’ordinanza di rimessione, per ragioni che si fondano sui criteri di interpretazione della legge.

5.1.- L’art. 12 delle preleggi dispone che «nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore» (primo inciso). Si tratta dei criteri letterale e teleologico (cd. ratio legis), a cui deve aggiungersi, tra gli altri, il criterio sistematico, il quale impone di avere riguardo anche alle altre norme rilevanti inserite nel contesto di regolazione complessiva della materia.

Il citato art. 12 prevede, inoltre, che «se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato» (secondo inciso). Si tratta dell’interpretazione analogica, che opera in presenza di una lacuna normativa.

In applicazione dei riportati criteri, si perviene ai seguenti esiti.

5.2.- Sul piano dell’interpretazione letterale, il comma 6 dell’art. 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016 è chiaro nello stabilire che «la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario (…)». Il riferimento sia all’aggiudicazione, quale provvedimento finale della procedura amministrativa, sia al «fatto riconducibile all’affidatario» e non anche al concorrente destinatario della “proposta di aggiudicazione” rende palese il significato delle parole utilizzate dal legislatore nel senso di delimitare l’operatività della garanzia al momento successivo all’aggiudicazione (in questo senso anche Cons. Stato, sez. IV, 15 dicembre 2021, n. 8367, che ha esaminato una questione analoga a quella in esame, con decisione, però, assunta successivamente alla camera di consiglio con cui è stata disposta la remissione all’Adunanza Plenaria). Il comma 9 dello stesso art. 93 prevede, inoltre, che «la stazione appaltante, nell’atto con cui comunica l’aggiudicazione ai non aggiudicatari, provvede contestualmente, nei loro confronti, allo svincolo della garanzia» prestata a corredo dell’offerta.

Il significato letterale della norma è confermato anche dal contenuto degli atti della procedura di gara. Il disciplinare dispone, infatti, che «l’eventuale esclusione dalla gara prima dell’aggiudicazione, al di fuori dei casi di cui all’art. 89, comma 1, non comporterà l’escussione della garanzia provvisoria».

5.3.- Sul piano dell’interpretazione teleologica, il legislatore ha inteso ridurre l’ambito di operatività del sistema delle garanzie nella fase procedimentale, come risulta dall’analisi della successione delle leggi nel tempo.

In particolare, il Codice del 2016 non ha confermato il sistema previgente disciplinato dall’art. 48 del Codice del 2006, che prevedeva la possibilità, ricorrendo i presupposti indicati, di escutere la garanzia, con funzione sanzionatoria, anche nei confronti dei partecipanti alla procedura. Ne consegue che l’estensione del perimetro della “garanzia provvisoria” si porrebbe in contrasto con la ratio legis.

L’esposta diversità di regime ha indotto il Consiglio di Stato, con la citata ordinanza n. 3299 del 2021, a rimettere alla Corte Costituzionale la questione relativa all’applicazione retroattiva della nuova disciplina della “garanzia provvisoria” (applicata al solo aggiudicatario con funzione compensativa) perché più favorevole rispetto alla precedente disciplina (applicata anche al concorrente con funzione punitiva).

5.4.- Sul piano dell’interpretazione sistematica, in primo luogo, dall’analisi del contesto in cui la norma è inserita e, in particolare, dalla lettura coordinata di alcune disposizioni del Codice risulta chiara la distinzione tra la fase procedimentale relativa alla “proposta di aggiudicazione” e la fase provvedimentale relativa all’“aggiudicazione”.

Con riguardo alla “proposta di aggiudicazione” formulata dalla commissione di gara, il Codice – che, come già esposto, ha inteso attribuirle natura autonoma – disciplina il rapporto tra essa e l’aggiudicazione. Il destinatario della proposta è ancora un concorrente, ancorché individualizzato. In questa fase si inseriscono i seguenti adempimenti: i) la stazione appaltante, prima dell’aggiudicazione dell’appalto, «richiede all’offerente cui ha deciso di aggiudicare l’appalto (…) di presentare documenti complementari aggiornati», nel rispetto di determinate modalità, per dimostrare la sussistenza dei requisiti generali e speciali di partecipazione alla gara (art. 85, comma 5); ii) la “proposta di aggiudicazione” «è soggetta ad approvazione dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti, decorrenti dal ricevimento della proposta di aggiudicazione da parte dell’organo competente» (art. 33, comma 1); iii) la stazione appaltante, dopo la suddetta approvazione, «provvede all’aggiudicazione» (art. 32, comma 5). Nella prospettiva della tutela, la “proposta di aggiudicazione”, essendo atto endoprocedimentale, non è suscettibile di autonoma impugnazione.

Con riguardo all’aggiudicazione, il Codice disciplina il rapporto tra essa e il contratto. L’art. 32, comma 6, stabilisce che «l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta», in quanto occorre la stipula del contratto e l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile per sessanta giorni. Nella prospettiva della tutela, l’aggiudicazione è il provvedimento finale di conclusione del procedimento di scelta del contraente che, in quanto tale, ha rilevanza esterna e può essere oggetto sia di impugnazione in sede giurisdizionale sia di autotutela amministrativa.

In secondo luogo, la valutazione sistematica anche delle regole civilistiche impone di evitare che il terzo – che ha stipulato un contratto autonomo di garanzia collegato al rapporto principale tra amministrazione e partecipante alla procedura di gara – debba eseguire prestazioni per violazioni non chiaramente definite dalle regole di diritto pubblico.

5.5.- Sul piano dell’interpretazione analogica, la diversità della disciplina e delle situazioni regolate relativa alle due fasi, risultante dall’applicazione degli esposti criteri interpretativi, impedisce di estendere alla fase procedimentale le “garanzie provvisorie” della fase provvedimentale per i motivi di seguito indicati.

Nel caso di mancata stipulazione del contratto a seguito di una “aggiudicazione”, le ragioni, come esposto, possono dipendere sia dalla successiva verifica della mancanza dei requisiti di partecipazione sia, soprattutto, dalla condotta dell’aggiudicatario che, per una sua scelta, decide di non stipulare il contratto. In queste ipotesi la stazione appaltante deve annullare d’ufficio il provvedimento di aggiudicazione e rinnovare il procedimento con regressione alla fase della “proposta di aggiudicazione”. In tale contesto i possibili pregiudizi economici determinati dalla condotta dell’aggiudicatario sono coperti dalla “garanzia provvisoria” che consente all’amministrazione di azionare il rimedio di adempimento della prestazione dovuta con la finalità di compensare in via fortettaria i danni subiti dall’amministrazione per violazione delle regole procedimentali nonché dell’obbligo di concludere il contratto.

Nel caso di “mancata aggiudicazione” a seguito di una “proposta di aggiudicazione”, i motivi di tale determinazione possono dipendere, oltre che da ragioni relative all’offerta, dalla verifica negativa preventiva del possesso dei requisiti di partecipazione del concorrente individuato. In queste ipotesi, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza di rimessione, l’amministrazione non è costretta a procedere all’aggiudicazione e poi ad esercitare il potere di annullamento in autotutela, potendosi limitare a non adottare l’atto di aggiudicazione e ad individuare il secondo classificato nei cui confronti indirizzare la nuova “proposta di aggiudicazione”. In tale contesto i pregiudizi economici, se esistenti, hanno portata differente rispetto a quelli che si possono verificare nella fase provvedimentale, con possibilità per l’amministrazione, ricorrendone i presupposti, di fare valere l’eventuale responsabilità precontrattuale del concorrente ai sensi degli artt. 1337-1338 cod. civ. Rimane fermo, altresì, il potere dell’Autorità nazionale anticorruzione di applicare sanzioni amministrative pecuniarie qualora si accertino specifiche condotte contrarie alle regole della gara da parte degli operatori economici (art. 213, comma 13, d.lgs. n. 50 del 2016).

6.- Alla luce di quanto sin qui esposto, l’Adunanza Plenaria afferma il seguente principio di diritto: il comma 6 dell’art. 93 del decreto legislativo n. 50 del 2016 – nel prevedere che la “garanzia provvisoria” a corredo dell’offerta «copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario (…)» – delinea un sistema di garanzie che si riferisce al solo periodo compreso tra l’aggiudicazione ed il contratto e non anche al periodo compreso tra la “proposta di aggiudicazione” e l’aggiudicazione.

7.- In applicazione di tale principio, la questione rimessa all’esame della Plenaria con la sentenza non definitiva n. -OMISSIS- della Quarta Sezione deve essere decisa, in riforma parziale della sentenza n. 1581 del 2021 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sezione Quarta, con l’accoglimento del motivo di appello relativo all’escussione della “garanzia provvisoria” ed il conseguente annullamento del provvedimento 18 febbraio 2020, n. -OMISSIS-del Comune di Monza.

Funzione della cauzione provvisoria ed escussione tardiva da parte della Stazione Appaltante

Consiglio di Stato, sez. III, 25.01.2022 n. 513

La funzione della cauzione provvisoria, giova qui ricordarlo, è infatti quella di garantire la serietà dell’offerta, senza che però l’impresa si impegni a pagare la relativa somma direttamente nei confronti della stazione appaltante (è anzi prevista dall’art. 93, comma 4, dal d. lgs. n. 50 del 2016 la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale), ma una volta prestata doverosamente e regolarmente la garanzia, da parte dell’offerente, la tardiva escussione di questa, ad opera della stazione appaltante, esclude che questi resti obbligato in proprio, non operando la solidarietà tra fideiussore e debitore principale di modo che questi resti comunque obbligato per un debito proprio corrispondente all’importo della cauzione (così la già citata sentenza di Cons. St., sez. V, 16 marzo 2018, n. 1695).
Anche di recente, nell’ordinanza n. 26 del 4 gennaio 2022, la IV Sezione di questo Consiglio di Stato, nel sottoporre all’Adunanza plenaria alcune questioni inerenti proprio all’applicazione di detto istituto, ha ribadito, quanto all’escussione della cauzione provvisoria di cui all’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, che:
a) si applica automaticamente al verificarsi, per quanto qui di interesse, di qualunque “fatto” riconducibile alla sfera giuridica dell’affidatario che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, locuzione volutamente ampia al cui interno ben può sussumersi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge;
b) è priva di carattere sanzionatorio, con ogni relativa conseguenza in ordine all’irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovra-statuale – in primis della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla relativa Corte – circa i caratteri del “diritto punitivo”, locuzione che, come noto, in sede sovranazionale si protende oltre i confini ascritti in sede nazionale al diritto penale.
[…]
Al riguardo, infatti, si deve ribadire, in consonanza con l’orientamento assunto da questo Consiglio, che il tardivo esercizio del diritto di escutere la garanzia priva la stazione appaltante del diritto di rivolgersi all’impresa aggiudicataria inadempiente per chiedere l’escussione della garanzia, dato che l’impresa non si è obbligata in proprio a pagare l’importo della cauzione, ma ha solo garantito con la prestazione della garanzia fideiussoria la serietà della propria offerta, salvo il diritto della stazione appaltante, che qui non viene in discussione, di chiedere secondo le ordinarie norme civilistiche il risarcimento del danno per la mancata stipula del contratto addebitabile al fatto dell’impresa aggiudicataria stessa.

Escussione della cauzione provvisoria in presenza della sola proposta di aggiudicazione : rimessione all’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato, sez. IV, 04.01.2022 n. 26 (non definitiva)

QUESITO DI DIRITTO
Il Collegio rimette all’Adunanza plenaria il seguente quesito di diritto: “se l’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 possa (recte, debba) trovare applicazione non solo nei confronti del soggetto cui sia già stata definitivamente aggiudicata la gara, ma anche nei confronti del soggetto che la commissione giudicatrice, dopo le valutazioni di spettanza, abbia proposto per l’aggiudicazione”.

DEFERIMENTO ALL’ ADUNANZA PLENARIA
35. Quanto al merito della questione, il Collegio premette che il vigente testo dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017, ha il seguente tenore: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”.
35.1. In precedenza, l’articolo recitava come segue: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, per fatto dell’affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”.
36. Risalta subito l’espunzione, nel vigente testo, di ogni riferimento all’elemento soggettivo dell’affidatario, viceversa contemplato nella precedente versione.
36.1. L’attuale formulazione dell’articolo, infatti, si limita ad individuare, quale presupposto dell’escussione, la sussistenza di un “fatto riconducibile all’affidatario”, ovvero “l’adozione di informazione antimafia interdittiva”.
36.2. La prima locuzione (“fatto riconducibile all’affidatario”) esprime un collegamento meramente eziologico fra un “fatto” dell’aggiudicatario e la “mancata sottoscrizione del contratto”, richiamando dunque una concezione meramente oggettiva dei presupposti per l’applicazione dell’escussione, cui è estranea ogni valutazione circa la colpevolezza di tale “fatto”.
36.3. Peraltro, la scelta dell’espressione “fatto”, anziché dell’espressione “atto”, rafforza vieppiù questa conclusione, posto che, nel linguaggio tecnico-giuridico, il “fatto” rimanda ad un mero accadimento materiale (dunque anche ad un’azione umana, ma vista esclusivamente nel suo portato materiale e nella sua natura oggettiva), senza alcuna rilevanza circa il sotteso assetto volontaristico del soggetto, proprio, invece, dello “atto” in senso stretto.
36.4. Tale esegesi trova ulteriore, indiretta conferma nell’individuazione, come ulteriore fattispecie che attiva l’escussione, dell’adozione di informativa antimafia interdittiva.
36.5. Tale provvedimento compete alla Pubblica Autorità (cui è, dunque, estraneo qualsiasi intervento dell’interessato) a seguito della discrezionale valutazione di elementi sintomatici di permeabilità mafiosa, ed è emesso senza che sia necessario alcuno scrutinio circa la colpevolezza del soggetto in ordine a tale situazione permeabilità, che ben può essere anche semplicemente subita o tollerata.
36.6. L’assoluta irrilevanza dell’elemento soggettivo in tale seconda ipotesi depone, quindi, per un’analoga conclusione circa l’altra fattispecie, in omaggio anche ad un criterio di necessaria coerenza interna della disposizione di legge, che deve sempre guidare l’interprete nel trarne la corrispondente norma.
37. In definitiva, ad avviso del Collegio la disposizione in parola prescinde da un addebito di colpevolezza in capo all’interessato e pertanto:
– si applica automaticamente al verificarsi, per quanto qui di interesse, di qualunque “fatto” riconducibile alla sfera giuridica dell’affidatario che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, locuzione volutamente ampia al cui interno ben può sussumersi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge;
– è priva di carattere sanzionatorio, con ogni relativa conseguenza in ordine all’irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovra-statuale – in primis della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla relativa Corte – circa i caratteri del “diritto punitivo”, locuzione che, come noto, in sede sovra-nazionale si protende oltre i confini ascritti in sede nazionale al diritto penale.
38. Il Collegio rileva, per completezza, che alcune recenti decisioni sono di segno opposto.
38.1. Si fa riferimento, in particolare, all’ordinanza della V sezione n. 3299 del 26 aprile 2021, ove si ritiene “di dover confermare la natura anche sanzionatoria dell’istituto dell’escussione della garanzia provvisoria, per come disciplinato dal d.lgs. n. 163 del 2006”, anche in coerenza con “la decisione dell’Adunanza plenaria 4 ottobre 2005, n. 8” e “la successiva decisione 10 dicembre 2014, n. 34 dell’Adunanza plenaria”, nonché secondo altri arresti (“Cons. Stato, V, 27 giugno 2017, n. 3701; V, 19 aprile 2017, n. 1818; IV, 19 novembre 2015, n. 5280; IV, 9 giugno 2015, n. 2829; V, 10 settembre 2012, n. 4778”, “Cons. Stato, V, 10 aprile 2018, n. 2181”, “ ).
38.2. In tale ordinanza si sostiene, in sostanza, che “l’escussione della cauzione provvisoria assumerebbe anche la funzione di una sanzione amministrativa, seppure non in senso proprio”, posto che “non può essere considerata una misura meramente ripristinatoria dello status quo ante, né ha natura risarcitoria (o anche solo indennitaria), né mira semplicemente alla prevenzione di nuove irregolarità da parte dell’operatore economico”.
38.3. Analoghe conclusioni sono, inoltre, raggiunte dalla sentenza di questa sezione n. 3255 del 22 aprile 2021, § 9.1, sia pure senza una specifica motivazione.
39. Il Collegio osserva, tuttavia, che la natura sanzionatoria del provvedimento di escussione della cauzione non è unanimemente sostenuta nella giurisprudenza amministrativa.
39.1. In senso (almeno) parzialmente contrario si richiama la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 34 del 2014, riferita al previgente d.lgs. n. 163 del 2006, in cui, con riferimento alla questione della “legittimità della clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici”, si legge che:
– “la cauzione provvisoria assolve la funzione di garanzia del mantenimento dell’offerta in un duplice senso, giacché, per un verso, essa presidia la serietà dell’offerta e il mantenimento di questa da parte di tutti partecipanti alla gara fino al momento dell’aggiudicazione; per altro verso, essa garantisce la stipula del contratto da parte della offerente che risulti, all’esito della procedura, aggiudicataria”;
– pertanto, “in questo senso l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 8 del 2005, ha affermato che la cauzione provvisoria, oltre ad indennizzare la stazione appaltante dall’eventuale mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario (funzione indennitaria), svolge (può svolgere) altresì una funzione sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei concorrenti”;
– l’istituto della cauzione provvisoria, tuttavia, “si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica”, ne presidia “l’obbligo di diligenza” e, “ferma restando la generale distinzione fra l’istituto della clausola penale (1383 c.c.) avente funzione di liquidazione anticipata del danno da inadempimento e della caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) avente la funzione di dimostrare la serietà dell’intento di stipulare il contratto sin dal momento delle trattative o del perfezionamento dello stesso”, va ricondotto alla caparra confirmatoria, “sia perché è finalizzata a confermare la serietà di un impegno da assumere in futuro, sia perché tale qualificazione risulta la più coerente con l’esigenza, rilevante contabilmente, di non vulnerare l’amministrazione costringendola a pretendere il maggior danno”;
– l’istituto in esame consiste, dunque, in “una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri contrattuali espressamente accettati”;
– non assumono rilievo, pertanto, né il principio di tassatività né quello di legalità, giacché quest’ultimo riguarda le “sanzioni in senso proprio” e non già “le misure di indole patrimoniale liberamente contenute negli atti di indizione, accettate dai concorrenti, non irragionevoli né illogiche, rispondenti all’autonomia patrimoniale delle parti, non contrarie a norme imperative e anzi agganciate alla ratio rinvenibile nelle disposizioni del codice”, mentre il primo è “riferibile alle sole cause di esclusione dalla gara e non già ad altre misure di tipo patrimoniale contenute in clausole degli atti di indizione e riferibili a doveri di correttezza contrattuale”.
39.2. Si vedano, in proposito, anche:
– Cons. Stato, sez. V, del 27 luglio 2017, n. 3701, secondo cui “l’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale […]. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara”;
– Cons. Stato, sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5501, secondo cui “l’escussione della cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 48 del decreto legislativo n. 163 del 2006 rappresenta una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di doveri o regole contrattuali espressamente accertate”; come tale, essa è “applicabile a prescindere dalla scusabilità dell’errore, sicché il detto incameramento della cauzione provvisoria previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione”;
– Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5, secondo cui “l’incameramento della cauzione provvisoria previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione”.
39.3. Del resto, aggiunge il Collegio, anche in dottrina si dubita della natura sanzionatoria dell’istituto (che, peraltro, imporrebbe di riconoscerne la prescrittibilità quinquennale – cfr. art. 28 l. n. 689 del 1981).
39.4. Non può non evidenziarsi, inoltre, che:
– è revocabile in dubbio che la funzione sanzionatoria di una misura, tanto più se indiretta, ne attesti ex se la natura giuridica propriamente sanzionatoria;
– un istituto o ha natura sanzionatoria o non la ha, non contemplandosi casi di istituti con natura sanzionatoria “seppure non in senso proprio”, alla luce del principio di tassatività e legalità espressamente posto a fondamento del diritto amministrativo sanzionatorio (cfr. art. 1 l. n. 689 del 1981; art. 3 d.lgs. n. 472 del 1997).
40. In conclusione sul punto, ad avviso del Collegio l’escussione della garanzia è legittimamente disposta dalla stazione appaltante in ogni caso in cui la stipulazione del contratto non sia possibile a motivo di un “fatto” afferente alla sfera giuridica dell’aggiudicatario, quale ben può essere la mancanza o la perdita sopravvenuta dei requisiti cui la legge subordina la partecipazione ad una gara, senza che sia necessaria alcuna ulteriore indagine.
41. Resta, a questo punto, il distinto profilo della possibilità di equiparare, ai fini de quibus, l’aggiudicatario propriamente detto ed il soggetto a cui favore è stata semplicemente proposta l’aggiudicazione.
42. Il profilo, su cui non constano precedenti di questo Consiglio, può dar luogo a contrasti giurisprudenziali e, pertanto, il Collegio, pur conscio dell’importanza del principio della sollecita definizione dei giudizi, tanto più se in tema di procedure di selezione del contraente, ritiene prudenzialmente di deferirlo all’Adunanza plenaria, in ossequio alla funzione nomofilattica che questo Consiglio è tenuto a svolgere, nell’interesse non solo degli operatori del settore, ma del diritto oggettivo nel suo complesso.
43. In proposito, effettivamente, come sostiene l’appellante, la disposizione vigente fa riferimento esclusivamente all’aggiudicatario, laddove stabilisce che “la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione”.
43.1. Ove ci si limitasse alla mera lettera della legge, la censura svolta da De Vizia sarebbe, pertanto, da accogliere.
44. Il Collegio ritiene, tuttavia, che non possa omettersi un’esegesi di carattere logico-sistematico e teleologico della disposizione, invero necessaria al fine di collocarne ed inquadrarne armonicamente il portato normativo entro il più ampio ambito regolatorio recato dal d.lgs. n. 50 del 2016, costituente un corpus unitario (tanto da recare, in rubrica, la definizione di “codice”) volto a disciplinare l’intera materia dell’affidamento dei contratti pubblici (cfr. l’art. 1 d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui “il presente codice disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione”).
44.1. In siffatta prospettiva, doverosamente attenta al dato sistematico ed alla proiezione finalistica, emerge plasticamente l’assoluta identità, ai fini de quibus, tra la situazione dell’aggiudicatario e quella in cui versa il soggetto “proposto per l’aggiudicazione” che, tuttavia, si sia visto rifiutare la formale aggiudicazione, con contestuale esclusione dalla procedura, poiché, all’esito dei controlli operati dalla stazione appaltante proprio in vista della stipulazione del contratto, sia emersa l’assenza, non importa se originaria o sopravvenuta, dei necessari requisiti di legge.
44.2. In un caso siffatto, invero, la mancata stipulazione del contratto consegue in via diretta, immediata ed esclusiva ad un “fatto” del soggetto già proposto per l’aggiudicazione (dunque già individuato come vincitore della selezione), risultato privo di uno dei requisiti necessari per la stessa partecipazione alla gara.
44.3. Del resto, nella specie la stazione appaltante non ha contestato la proposta di aggiudicazione formulata dal seggio di gara per profili afferenti all’attribuzione dei punteggi, ma, al contrario, implicitamente ammettendone la correttezza, ha proceduto alla verifica della posizione del proposto, escludendolo per profili afferenti (non, appunto, alla ritualità della valutazione operata dalla commissione giudicatrice, ma) al possesso dei necessari requisiti.
44.4. Un’interpretazione siffatta, lungi dal violare la disposizione, ne trae di contro – ad avviso del Collegio – la norma più consona alla sottesa ratio, tesa a concentrare, a differenza che nel passato (cfr. art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006), i controlli amministrativi sul solo soggetto risultato vincitore della selezione, al fine di alleviare l’onere gravante sulla stazione appaltante e concentrarne le energie sul controllo del solo operatore con cui, all’esito della gara, deve essere stipulato il contratto, di converso limitando a carico di quest’ultimo il rischio dell’eventuale escussione della garanzia.
44.5. La disposizione in parola, del resto, ove menziona “la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione”, richiama quella fase situata dopo l’esito della procedura e prima della sottoscrizione negoziale, ossia proprio la fase in cui si svolgono i controlli sul soggetto proposto per l’aggiudicazione, una volta operato, da parte della commissione giudicatrice, il confronto concorrenziale in cui si sostanzia il senso ed il proprium della gara pubblica.
44.6. L’esegesi proposta, dunque, non determina alcuna violazione della disposizione – la cui natura non sanzionatoria, peraltro, non impone alcun rigido perimetro all’interprete – ma, al contrario, ne trae, ad avviso del Collegio, la norma più coerente con la più ampia cornice regolatoria recata dal corpus codicistico in cui la disposizione è contenuta: risulterebbe, invero, contraddittorio e diseconomico obbligare la stazione appaltante a procedere all’aggiudicazione nei confronti del “proposto” e, subito dopo, ad esercitare l’annullamento in autotutela di tale provvedimento per carenza, in capo all’affidatario, di un imprescindibile requisito soggettivo.

Garanzia provvisoria – Escussione – Limite – Opera nei soli confronti dell’ aggiudicatario (art. 93 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. IV, 15.12.2021 n. 8367

Viene in primo luogo in rilievo l’art. 93, comma 6, del cit. d.lgs. n. 50 del 2016, come sostituito dal d. lgs. n. 56 del 2017, secondo cui la garanzia provvisoria “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 […]”.
Deve convenirsi con l’appellante che la norma è chiara nel circoscrivere la possibilità, per la stazione appaltante, di escutere detta garanzia nei soli confronti dell’aggiudicatario.
In tal senso si è recentemente espressa la V^ Sezione di questo Consiglio di Stato (ordinanza n. 3299 del 26 aprile 2021; cfr. anche le ordinanze delle stessa Sezione in data 20 ottobre 2021, nn. 7046, 7047 e 7048, 7049), la quale nell’ambito di una controversia avente ad oggetto l’escussione da parte della stazione appaltante di cauzioni provvisorie nei confronti di un concorrente non aggiudicatario escluso da una gara bandita nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle previsioni dell’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, in combinato disposto con l’art. 216 del medesimo decreto legislativo, per contrasto con gli artt. 3 e 117 della Costituzione.
La V^ Sezione – partendo dall’assunto che la misura sanzionatoria amministrativa prevista dall’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 abbia natura punitiva e soggiaccia pertanto alle garanzie che la Costituzione ed il diritto internazionale assicurano alla materia, ivi compresa la garanzia della retroattività della “lex mitior” – ha ravvisato un profilo di contrasto con i richiamati parametri costituzionali “delle disposizioni che precludono l’applicabilità, al caso di specie, della più favorevole disciplina sanzionatoria sopravvenuta – la quale prevede l’escussione della cauzione provvisoria solo a valle dell’aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti dell’aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica – in quanto già in vigore al momento dell’adozione, da parte di Consip s.p.a., del provvedimento di escussione della garanzia provvisoria”.
Nei sensi testé delineati è anche la giurisprudenza di primo grado (TAR Lazio, sez. II, sentenza n. 900 del 23 gennaio 2019; id., 2838/2019; TAR Piemonte, sez. I, n. 271 del 2020).
Né in senso contrario può invocarsi la previsione in materia di avvalimento, contenuta nell’art. 89, comma 3, terzo periodo (“Nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l’applicazione dell’articolo 80, comma 12, nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia”), trattandosi di una disposizione di carattere speciale, la quale attesta, semmai, l’inesistenza di una analoga previsione di carattere generale.

SUL PUNTO, IN SENSO OPPOSTO, VEDASI:

Garanzia provvisoria – Escussione – Anche nei confronti del concorrente non aggiudicatario – Legittimità – Presupposti – Non rileva l’imputabilità dell’esclusione dalla gara (art. 93 d.lgs. n. 50/2016)

Danno da ” minore qualità ” della seconda classificata a seguito dello scorrimento della graduatoria

Consiglio di Stato, sez. V, 27.10.2021 n. 7217

6.1. La sentenza di questo Consiglio di Stato, III, 31 agosto 2016, n. 3755, relativa ad una fattispecie di illecito rifiuto dell’aggiudicatario a stipulare il contratto con l’amministrazione appaltante, ha riconosciuto in favore di quest’ultima il risarcimento del danno pari ai maggiori esborsi di denaro conseguenti all’aggiudicazione disposta per “scorrimento” in favore del concorrente secondo classificato.
Il caso concreto è analogo al presente, non costituendo differenza significativa, ai fini dell’individuazione delle voci di danno risarcibili, la circostanza di fatto – su cui insiste l’appellante – che nel caso oggetto della citata decisione il bando di gara non avesse previsto il versamento di una garanzia provvisoria per la partecipazione alla procedura.
6.1.1. Siffatta previsione farebbe la differenza se si ritenesse che, in presenza di garanzia provvisoria obbligatoria, prestata dall’aggiudicatario in fase di gara e suscettibile di escussione, oggi, ai sensi dell’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, non fosse possibile per la stazione appaltante agire per il risarcimento del danno effettivo e di maggior importo.
In proposito la sentenza di primo grado condivide il principio (già richiamato dalla sentenza n. 3755/2016) che la stazione appaltante può agire per ottenere il risarcimento del danno effettivo per il caso di mancato stipula del contratto imputabile all’aggiudicatario, quando esso ecceda l’importo della cauzione provvisoria.
Per questa parte la sentenza non è stata specificamente appellata.
Peraltro, il detto principio è stato già affermato in giurisprudenza da Cass. S.U. 4 febbraio 2009, n. 2634 (la quale, nel vigore dell’art. 30 della legge n. 109 del 1994 – ha configurato la cauzione provvisoria o la garanzia fideiussoria in sua sostituzione, non come clausola penale, bensì come caparra confirmatoria, che consente al beneficiario non solo di incamerare immediatamente le somme oggetto della cauzione, ma anche di agire per il risarcimento del maggior danno), nonché da Cons. Stato, IV, 22 dicembre 2014, n. 6302, sia pure con affermazione incidentale.
6.1.2. L’appellante critica piuttosto le voci di danno riconosciute dal primo giudice e i relativi criteri di liquidazione.
Allo scopo richiama i numerosi precedenti giurisprudenziali anche di questo Consiglio di Stato, tra cui la sentenza 28 gennaio 2019, n. 697, che riguardano pretese risarcitorie avanzate nei confronti della pubblica amministrazione per responsabilità precontrattuale della stazione appaltante per la mancata stipulazione del contratto di appalto.
Orbene, il Collegio condivide l’affermazione ripetuta dalla giurisprudenza amministrativa (anche nella sentenza n. 697/19, citata dall’appellante, nonché in altre precedenti e successive, tra cui, da ultimo Cons. Stato, V, n. 5274/21) che, in tale fattispecie, i danni sono limitati al solo interesse c.d. negativo, ravvisabile, nel caso delle procedure ad evidenza pubblica, nelle spese inutilmente sopportate per parteciparvi e nella perdita di occasioni di guadagno alternative.
6.1.3. Tuttavia si ritiene che, nel caso in cui non si addivenga alla stipulazione del contratto per fatto colpevole dell’aggiudicatario, la responsabilità di quest’ultimo non si fonda sulla lesione del diritto di autodeterminarsi liberamente nell’attività negoziale, che la detta giurisprudenza pone a fondamento della responsabilità precontrattuale della p.a. e che tipicamente fa capo al soggetto privato.
E’ evidente che tale posizione giuridica soggettiva non è predicabile nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice, atteso che questa, in quanto tenuta, nella scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica non gode della medesima “libertà di autodeterminazione” del privato, se non, come già affermato in giurisprudenza “nel senso della tutela dell’affidamento riposto nel buon esito delle procedure, scongiurando fattori di indebito procrastinamento della definizione delle stesse e conseguentemente dell’interesse pubblico sotteso all’attivazione della procedura concorsuale” (così testualmente Cons. Stato, II, 31 dicembre 2020, n. 8546).
In definitiva, la responsabilità del privato aggiudicatario per la mancata stipulazione del contratto a lui imputabile non trova la sua fonte diretta nella violazione dei canoni generali della correttezza e della buona fede nelle trattative precontrattuali: nel caso in cui sia il comportamento colpevole del privato aggiudicatario a compromettere il buon esito della procedura, non è possibile adoperare “a parti rovesciate” le stesse categorie concettuali e giuridiche elaborate dalla giurisprudenza in tema di responsabilità della pubblica amministrazione verso il privato.
Piuttosto va tenuto presente che è la stessa legge a sancire che l’aggiudicatario “decaduto” debba rispondere per la “mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione” dovuta ad ogni fatto a lui riconducibile (art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016) ed a prevedere (all’art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016) che l’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile fino al termine a disposizione della stazione appaltante per addivenire alla stipula (nel caso di specie rispettato, secondo quanto accertato con sentenza passata in giudicato)
Il privato offerente, pertanto, una volta intervenuta l’aggiudicazione è obbligato alla stipulazione del contratto.
Si tratta di un’obbligazione, che trova la sua ratio nella tutela dell’interesse pubblico alla sollecita definizione della procedura di affidamento e la sua fonte, non nel contratto (non ancora stipulato), bensì nel fatto di essere aggiudicatario all’esito di una pubblica gara. Si tratta di un fatto che, ai sensi dell’art. 1173 cod. civ., si pone come “idoneo a produrre” la relativa obbligazione di stipulare il contratto.
In sintesi, l’amministrazione – come bene osserva la Toscana Aeroporti negli scritti difensivi – gode di una tutela “rafforzata” rispetto a quella di cui gode il privato aggiudicatario nei suoi confronti, nella stessa fase che precede la stipulazione del contratto.
E’ peraltro il caso di sottolineare che la peculiare disciplina normativa rende inapplicabile alla fattispecie lo strumento civilistico dell’art. 2932 cod. civ., poiché la formazione e la stipulazione dei contratti pubblici sono per legge soggette a requisiti procedimentali e formali che ne rendono impraticabile la costituzione per sentenza.
Conseguentemente, quando l’obbligazione ex lege del privato di addivenire alla stipulazione del contratto rimanga inadempiuta per fatto dell’aggiudicatario, questi è soggetto all’escussione della garanzia prestata per la partecipazione alla gara e, se l’inadempimento sia a lui imputabile anche a titolo di colpa, è tenuto al risarcimento del danno in misura pari all’eccedenza rispetto alla già prestata cauzione (arg. ex art. 1218 c.c.).
Di qui la risarcibilità della lesione non solo del c.d. interesse negativo, ma anche dell’interesse c.d. positivo dell’amministrazione correlato alla già intervenuta individuazione del futuro contraente.
Restano con ciò superati i rilievi critici dell’appellante, mentre la motivazione della sentenza va integrata come sopra.
6.1.4. Il danno risarcibile è quindi pari –come riconosciuto in sentenza – al pregiudizio sofferto dall’amministrazione, stazione appaltante, per il maggior prezzo di aggiudicazione, a seguito di nuova gara (cui si aggiunge il rimborso delle spese di indizione di tale nuova gara) ovvero a seguito dello “scorrimento” della graduatoria.
Poiché quest’ultimo comporta l’aggiudicazione al concorrente che segue l’aggiudicatario “decaduto” alle condizioni dallo stesso proposte, il danno risarcibile è commisurabile non solo ai maggiori esborsi di denaro cui è esposta la stazione appaltante, ma, sussistendone le condizioni, al pregiudizio per l’eventuale inferiore qualità della prestazione.
6.2. Nel caso di specie, il danno corrispondente al maggior prezzo di aggiudicazione è stato quantificato nell’importo, in sé non contestato, di € 51.300,00, pari alla differenza delle offerte economiche.
Va disattesa la pretesa della società -Omissis- di eliminazione o riduzione della quantificazione del danno in applicazione dell’art. 1227, comma 2, cod. civ., invocata anche in appello.
Ribadita la portata eccezionale dell’art. 140 del d.lgs. n. 163 del 2006 (non applicabile quindi alla fattispecie oggetto del presente contenzioso), la scelta della stazione appaltante di fare scorrere la graduatoria, invece di indire una nuova gara non è censurabile sotto nessuno dei profili addotti dall’appellante, atteso che:
-non sussisteva alcun obbligo in tal senso, trattandosi di scelta discrezionale rimessa alla stazione appaltante, sulla cui legittimità si è tra l’altro pronunciata, con efficacia di giudicato esterno, la sentenza del T.a.r. Toscana n. 1119/2015, avente ad oggetto anche il provvedimento di aggiudicazione in favore di -Omissis-;
-dal punto di vista dell’entità del risarcimento, l’appellante non ha fornito la prova, nemmeno indiziaria, che la scelta di indire una nuova gara sarebbe stata meno onerosa per la stazione appaltante; all’opposto, tale scelta (oltre ad esporre l’amministrazione all’eventuale ricorso della -Omissis-, che aveva formulato un’offerta peggiore di quella della -Omissis-, ma comunque rispondente alle richieste della lex specialis) avrebbe certamente comportato i maggiori oneri procedimentali connessi all’indizione della nuova gara ed i maggior esborsi dovuti alla proroga del servizio da parte del precedente gestore od al rifiuto di questi di gestire in proroga.
In definitiva, non è addebitabile alla stazione appaltante alcun comportamento rilevante ai sensi dell’art. 1227, comma 2, cod. civ.
6.3. Resta da dire della voce di danno “da minore qualità” dell’offerta della seconda aggiudicataria, che il primo giudice ha accolto nell’an, pur riducendo considerevolmente il quantum richiesto dalla stazione appaltante e pervenendo quindi a liquidare la somma di € 20.520,00, a fronte di quella richiesta di € 106.947,00.
Trattandosi di danno di difficile, se non impossibile, liquidazione nel suo preciso ammontare, s’impone la valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ.. La tipologia di danno comporta che vada eseguita una comparazione qualitativa tra le due offerte in competizione.
Il metodo seguito dal primo giudice è stato quello di maggiorare il danno emergente già liquidato di una percentuale corrispondente a quella della differenza del punteggio attribuito alle due offerte tecniche (28 punti per la società -Omissis- contro i 16,6 punti della società -Omissis-).
Si tratta di un metodo che non è stato specificamente contestato dall’appellante, la quale, con l’atto di appello, si è limitata a censurare il risultato come “abnorme e sproporzionato”. La censura presenta evidenti profili di inammissibilità, per violazione del canone di specificità di cui all’art. 101, comma 1, cod. proc. amm.
Peraltro, nel merito, non si riscontrano l’irragionevolezza e la sproporzione lamentate in appello sol che si consideri che, come osserva la difesa di -Omissis-, la differenza di punteggio tra le due offerte è dipesa dalla migliore valutazione ottenuta da -Omissis- per tutti e tre i criteri relativi all’offerta tecnica. In particolare, l’offerta dell’aggiudicataria, poi decaduta, è stata giudicata più apprezzabile sia per le “proposte migliorative” (primo criterio), che per le “caratteristiche tecniche dei mezzi messi a disposizione per l’appalto” (secondo criterio) e per la “maggiore esperienza determinata attraverso la quantità di contratti gestiti nel triennio precedente al bando” (terzo criterio). Orbene, pur nell’inevitabile opinabilità della liquidazione equitativa c.d. pura, si tratta di prestazioni integrative o di elementi qualitativi significativi di cui la -Omissis- è stata privata a causa della “decadenza” della -Omissis-.
6.4. Va perciò confermata la sentenza di primo grado anche in punto di quantificazione dei danni risarcibili.

Garanzia provvisoria – Bid bond – Alternativa – Ammissibilità (art. 93 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 03.08.2021 n. 5709

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il bid bond è una garanzia bancaria a “prima domanda”, costituente un contratto da cui deriva un impegno autonomo a garanzia della serietà dell’offerta, con il quale la stessa banca emittente si impegna nei confronti della stazione appaltante in caso di inadempimento della ditta concorrente (in termini Cons. Stato, V, 28 giugno 2019, n. 4463; V, 12 giugno 2017, n. 2851). Si tratta di una figura che presenta tutte le caratteristiche del contratto autonomo di garanzia (quali individuate dalla giurisprudenza civile : cfr. Cass., SS.UU., 18 febbraio 2010, n. 394) e che corrisponde alle caratteristiche ed ai criteri individuati nella pubblicazione n. 758 del 2010 della Camera di Commercio Internazionale di Parigi “Uniform Rules for Demand Guarantees” (URDG), tale da renderlo forma di garanzia alternativa al deposito cauzionale ammessa quanto meno quale alla stregua di uso negoziale. Inoltre il bid bond comprende in sé anche l’impegno a prestare la garanzia a copertura della cauzione definitiva in caso di aggiudicazione del contratto, implicando la garanzia complessiva del “buon fine dell’operazione sottostante”, cioè l’aggiudicazione e l’esecuzione del contratto (Cons. Stato, V, 17 giugno 2017, n. 2851).
Appare dunque evidente l’inapplicabilità dell’art. 93, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto il bid bond è differente, per le caratteristiche sue proprie, dalla fideiussione.
Il bid bond, come già osservato, è conforme ai criteri delle URDG del 2010, secondo quanto emerge dalla stessa lettura del testo, ed eventualmente può essere assimilato al deposito cauzionale presso l’istituto bancario, inquadrabile nell’ambito della previsione di cui all’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016.

Alla Corte Costituzionale l’ambito temporale di applicazione dell’escussione della cauzione provvisoria

Consiglio di Stato, sez. V, 26.04.2021 n. 3299 ord.

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 93, comma 6, che disciplina la cauzione provvisoria prestata dagli operatori economici che partecipino ad una gara, nel combinato disposto con l’art. 216, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per contrasto con gli artt. 3 e 117, comma primo, (quest’ultimo in relazione all’art. 49, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) Cost., che precludono l’applicabilità della più favorevole disciplina sanzionatoria sopravvenuta – introdotta dal nuovo Codice dei contratti, rispetto alla disciplina previgente del Codice approvato con d.lgs. n. 163 del 2016 – che prevede l’escussione della cauzione provvisoria solo a valle dell’aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti dell’aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica – in quanto già in vigore al momento dell’adozione del provvedimento di escussione della garanzia provvisoria.

L’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 circoscrive la possibilità, per la stazione appaltante, di escutere la garanzia nei soli confronti dell’aggiudicatario (recte, “affidatario”), nei casi specifici ivi contemplati. L’escussione della garanzia provvisoria ha carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare.
Ai sensi dell’art. 216 del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016 le disposizioni contemplate nel Codice si applicano “alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”. Manca, invece, una disposizione espressa che, in particolare, estenda l’applicazione della disciplina di cui al comma 6 dell’art. 93 cit. anche alle procedure di gara i cui bandi o avvisi siano stati sì pubblicati in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, ma relativamente alle quali l’amministrazione si sia determinata ad escutere la cauzione prestata da uno dei partecipanti alla gara non aggiudicatario in un momento successivo all’entrata in vigore dello stesso.
Ha ancora ricordato la Sezione che come ancora di recente evidenziato da Corte Cost. 21 marzo 2019, n. 63, il principio della retroattività della lex mitior in “materia penale” è fondato tanto sull’art. 3 Cost., quanto sull’art. 117, primo comma, Cost., eventuali deroghe a tale principio dovendo superare un vaglio positivo di ragionevolezza in relazione alla necessità di tutelare controinteressi di rango costituzionale.
Il principio in questione deve ritenersi applicabile anche alle sanzioni di carattere amministrativo che abbiano natura “punitiva”.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze n. 236 del 2011, n. 215 del 2008 e n. 393 del 2006), la regola della retroattività della lex mitior in materia penale non è riconducibile alla sfera di tutela dell’art. 25, secondo comma, Cost., che sancisce piuttosto il principio – apparentemente antinomico – secondo cui “[n]essuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
Tale principio deve, invero, essere interpretato nel senso di vietare l’applicazione retroattiva delle sole leggi penali che stabiliscano nuove incriminazioni, ovvero che aggravino il trattamento sanzionatorio già previsto per un reato, non ostando così a una possibile applicazione retroattiva di leggi che, all’opposto, aboliscano precedenti incriminazioni ovvero attenuino il trattamento sanzionatorio già previsto per un reato. Cionondimeno, la regola dell’applicazione retroattiva della lex mitior in materia penale – sancita, a livello di legislazione ordinaria, dall’art. 2, secondo, terzo e quarto comma, del Codice penale – non è sprovvista di fondamento costituzionale: fondamento che la costante giurisprudenza della Corte ravvisa anzitutto nel principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., “che impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della norma che ha disposto l’abolitio criminis o la modifica mitigatrice” (sentenza n. 394 del 2006). Ciò in quanto, in via generale, “[n]on sarebbe ragionevole punire (o continuare a punire più gravemente) una persona per un fatto che, secondo la legge posteriore, chiunque altro può impunemente commettere (o per il quale è prevista una pena più lieve)” (sentenza n. 236 del 2011).
La riconduzione della retroattività della lex mitior in materia penale all’alveo dell’art. 3 Cost. anziché a quello dell’art. 25, secondo comma, Cost., segna però anche il limite della garanzia costituzionale della quale la regola in parola costituisce espressione. Mentre, infatti, l’irretroattività in peius della legge penale costituisce un valore assoluto e inderogabile, la regola della retroattività in mitius della delle disposizioni sanzionatorie “è suscettibile di limitazioni e deroghe legittime sul piano costituzionale, ove sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli” (sentenza n. 236 del 2011).
Il criterio di valutazione della legittimità di eventuali deroghe legislative alla retroattività della lex mitior in materia sanzionatoria, alla stregua dell’art. 3 Cost., è stato in particolare analizzato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 393 del 2006, ove si osserva, tra l’altro, che “la retroattività in mitius della legge penale è ormai affermata non solo, a livello di legislazione ordinaria, dall’art. 2 cod. pen., ma trova ampi riconoscimenti nel diritto internazionale e nel diritto dell’Unione europea. La retroattività della lex mitior in materia penale è in particolare enunciata tanto dall’art. 15, comma 1, terzo periodo, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, concluso a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881; quanto dall’art. 49, paragrafo 1, terzo periodo, CDFUE”.
Ne consegue che il valore tutelato dal principio in parola “può essere sacrificato da una legge ordinaria solo in favore di interessi di analogo rilievo”, con la conseguenza che lo scrutinio di costituzionalità ex art. 3 Cost., sulla scelta di derogare alla retroattività di una norma più favorevole deve superare un vaglio positivo di ragionevolezza, non essendo a tal fine sufficiente che la norma derogatoria non sia manifestamente irragionevole (sentenza n. 393 del 2006).
Ha ancora affermato la Sezione che l’escussione della garanzia in parola non può essere considerata una misura meramente ripristinatoria dello status quo ante, né ha natura risarcitoria (o anche solo indennitaria), né mira semplicemente alla prevenzione di nuove irregolarità da parte dell’operatore economico. Si tratta, piuttosto, di una sanzione dall’elevata carica afflittiva che, in assenza di una specifica finalità indennitaria (propria della sola ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario) o risarcitoria, “si spiega soltanto in chiave di punizione dell’autore dell’illecito in questione, in funzione di una finalità di deterrenza, o prevenzione generale negativa, che è certamente comune anche alle pene in senso stretto” (Corte cost., n. 63 del 2019).
In ragione dei rilievi che precedono dovrebbe quindi concludere per l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che precludono l’applicabilità della più favorevole disciplina sanzionatoria sopravvenuta – la quale prevede l’escussione della cauzione provvisoria solo a valle dell’aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti dell’aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica – se già in vigore al momento dell’adozione del provvedimento di escussione della garanzia provvisoria.

(fonte: sito della Giustizia Amministrativa)

Garanzia provvisoria – Escussione – Anche nei confronti del concorrente non aggiudicatario – Legittimità – Presupposti – Non rileva l’imputabilità dell’esclusione dalla gara (art. 93 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Ancona, 02.03.2021 n. 177

6.1. E’ certamente vero che negli ultimi tempi si sta formando un orientamento giurisprudenziale – al momento minoritario – secondo il quale l’art. 93, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016 e s.m.i. si applica solo al concorrente individuato quale aggiudicatario, il che discenderebbe sia dalla diversa formulazione della norma rispetto a quella recata dal previgente art. 75, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006, sia dal fatto che l’attuale Codice dei Contratti pubblici, a differenza di quello del 2006 (art. 48), non prevede più la verifica a campione circa il possesso da parte dei concorrenti dei requisiti di ammissione alla gara.

6.2. Premesso che questo secondo presupposto trova effettivamente conferma nel D.Lgs. n. 50/2016, quanto al primo profilo si deve rilevare che la formulazione dell’art. 75, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 (il quale recitava “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”) è del tutto simile a quella dell’art. 93, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016 (il quale prevede che “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”). Non può infatti essere attribuita soverchia rilevanza all’inciso “…dopo l’aggiudicazione…”, visto che in assenza di aggiudicazione non si potrebbe porre il problema della mancata stipula del contratto.

6.3. E, peraltro, il D.Lgs. n. 50/2016 contiene una norma – specificamente dettata per l’avvalimento, ma che obbedisce alla stessa ratio su cui fonda l’orientamento giurisprudenziale compendiato nella sentenza n. 34 del 2014 dell’Adunanza Plenaria – la quale prevede l’escussione della cauzione provvisoria a danno anche dei concorrenti non risultati aggiudicatari: si tratta, come è noto, dell’art. 89, comma 1, terzultimo periodo (secondo cui “Nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l’applicazione dell’articolo 80, comma 12, nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia”).

6.4. E’ vero che la sciatteria redazionale che attualmente connota, salvo rare eccezioni, la produzione normativa non consente di escludere a priori la presenza all’interno di un corpus normativo unitario di norme extravagantes, ma nella specie la norma dettata per l’avvalimento non può essere qualificata tale, visto che essa, come detto, corrisponde ad un orientamento giurisprudenziale assolutamente consolidato sino a pochissimi anni fa (e confermato anche da recentissime sentenze – ex multis, TAR Lazio, 11 febbraio 2021 n. 1740).

6.5. Il Tribunale, pur prendendo atto dell’orientamento minoritario di cui si dà ampio conto in ricorso, ritiene di dover aderire a quello che aveva trovato compiuta espressione nella più volte citata sentenza n. 34 del 2014 dell’Adunanza Plenaria (alla cui esaustiva motivazione si rimanda per ragioni di brevità), aggiungendo che:

– a ben vedere, non si può sostenere che l’orientamento minoritario fatto proprio da alcuni TT.AA.RR. abbia trovato espressa conferma in secondo grado. In effetti, la sentenza del Consiglio di Stato n. 1603/2020 richiamata in ricorso non può assolutamente essere letta nel senso patrocinato da -Omissis-, visto che in quel caso la decisione della stazione appaltante di escutere la cauzione provvisoria non è stata ritenuta illegittima in quanto assunta a danno di un concorrente non risultato aggiudicatario, bensì perché in esecuzione della sentenza n. 1603/2020 la stazione appaltante era chiamata a rivalutare la posizione del concorrente (in parte qua la sentenza n. 1603 recita testualmente “Va invece accolto il motivo di censura indirizzato nei confronti del provvedimento di incameramento della cauzione provvisoria, in quanto, nella tratteggiata fase di rivalutazione che consegue all’accoglimento del terzo motivo incidentale…”), il quale è stato dunque “riammesso in gara” dal Consiglio di Stato e, per tale motivo, non poteva al momento subire la “sanzione accessoria” che consegue all’esclusione;

– a identica conclusione deve pervenirsi con riguardo alla successiva sentenza n. 6620/2020, richiamata da -Omissis- nella memoria difensiva del 23 gennaio 2021, in quanto in quel caso il Consiglio di Stato era chiamato a dirimere una controversia fra la stazione appaltante e l’aggiudicatario (ed in particolare a stabilire se la mancata stipula del contratto fosse stata dovuta a “fatto” addebitabile a quest’ultimo). Ne consegue che in questo caso il richiamo alla formulazione dell’art. 93, comma 6, era del tutto neutro rispetto alla questione qui controversa. E neanche la sentenza del Consiglio di Stato n. 8546/2020, richiamata dalla società ricorrente nelle note di udienza conclusionali, è utilmente invocabile, visto che anch’essa riguarda una controversia fra stazione appaltante e aggiudicatario.

6.6. In ragione di quanto precede, e poiché l’escussione della cauzione costituisce un atto vincolato, non rileva l’erroneità del rilievo svolto dal RUP nel provvedimento impugnato circa il fatto che -Omissis- sarebbe stata virtualmente aggiudicataria (sia pure per un breve attimo) della presente gara. L’assunto, come correttamente evidenziato da -Omissis-, è certamente infondato dal punto di vista giuridico, ma ciò non rileva ai fini della presente decisione, anche perché, a ben guardare, lo stesso RUP ha indicato anzitutto nella definitiva esclusione dalla gara di -Omissis- il presupposto che giustifica l’incameramento della cauzione (tale circostanza è infatti riportata in grassetto sottolineato).

[…]

8. Il terzo e il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, visto che in parte qua la ricorrente introduce argomenti di natura civilistica fra loro collegati.

8.1. Partendo dalla qualificazione normativa della cauzione provvisoria, si osserva quanto segue.

8.1.1. Nell’economia della sentenza n. 34 del 2014 dell’Adunanza Plenaria l’inciso relativo all’assimilazione della cauzione provvisoria alla caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) ha una rilevanza del tutto secondaria, visto che l’Adunanza era chiamata a pronunciarsi su un quesito specifico che prescindeva dalla natura giuridica dell’istituto che viene in rilievo nel presente giudizio.

Ad ogni buon conto, l’assimilazione, oltre ad essere inutile, non appare giuridicamente corretta, visto che la caparra confirmatoria presuppone la consegna anticipata da parte di uno dei contraenti all’altro contraente di una “porzione” della prestazione contrattuale (tanto è vero che, laddove l’esecuzione del contratto non faccia registrare eventi patologici, la caparra viene restituita oppure, ed è il caso più frequente, imputata alla prestazione). Nulla di tutto questo è osservabile con riguardo alla cauzione provvisoria, visto che essa non può in alcun modo essere intesa come un “anticipo” della prestazione che sarà dovuta dal contraente privato.

8.1.2. Né, nei rapporti fra i privati, sussistono le medesime ulteriori e specifiche esigenze che l’Adunanza Plenaria ha valorizzato nella sentenza n. 34 del 2014 (ossia la necessità di “…responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese, di garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta, nonché di escludere da subito i soggetti privi delle richieste qualità volute dal bando…”). Nei rapporti fra privati, infatti, la fase delle trattative precontrattuali trova compiuta disciplina nell’art. 1337 c.c., il quale non impone affatto la prestazione di cauzioni a garanzia della serietà dell’impegno a contrarre, essendo ciò rimesso alla libera volontà dei potenziali contraenti.

E’ invece vero che, al pari di ciò che accade sia nel caso della clausola penale che della caparra confirmatoria, la cauzione provvisoria ha la funzione di liquidare ex ante il danno subito dalla parte fedele (ossia, nel caso delle gare ad evidenza pubblica, dalla stazione appaltante) per effetto del comportamento omissivo, negligente, etc., del concorrente escluso, ma questo non implica la necessità di ricondurre la cauzione provvisoria ad un istituto civilistico in qualche modo assimilabile.

8.1.3. Il diritto amministrativo, infatti, ad onta di quanto sembra emergere dalla continua opera di “tentata civilizzazione” in atto da alcuni lustri (si pensi, al riguardo, ai continui rimaneggiamenti dei pertinenti articoli della L. n. 241/1990), continua a possedere delle peculiarità che corrispondono ai principi generali sanciti dall’art. 97 Cost. E, in questo senso, è sufficiente rimarcare che, come già accennato, le stazioni appaltanti sono obbligate, salvo eventuali deroghe previste dalla legge, a pretendere la costituzione della cauzione provvisoria da parte di coloro che intendono partecipare alle procedure ad evidenza pubblica, e questo perché la garanzia della regolarità e della celerità di tali procedure è un valore la cui tutela non è rimessa alla libera scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, ma è imposta a monte dal legislatore.

La cauzione provvisoria, dunque, è un istituto specifico del diritto pubblico, che denota certamente analogie con alcuni istituti privatistici ma che obbedisce a logiche sue proprie e che va ricostruito ed applicato in base alle norme pubblicistiche che lo disciplinano.

8.1.4. E, in questo senso, per giurisprudenza assolutamente granitica la decisione circa l’escussione della cauzione nei casi previsti dalla legge non richiede il previo accertamento della “colpa” in capo al concorrente che è incorso nell’esclusione (in tal senso, ex plurimis, Cons. Stato, n. 2531/2016 e TAR Lazio, n. 1740/2021, già citata), mentre tale accertamento è previsto solo nei riguardi dell’aggiudicatario che non stipula il contratto (art. 93, comma 6: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario…”. Per la verità anche il comma 6 prevede una fattispecie di “responsabilità oggettiva”, nel caso di mancata stipula dovuta “…all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”).

Ma in questo non è ravvisabile alcuna disparità di trattamento, visto che:

– le ragioni che possono portare alla mancata stipula del contratto sono molteplici e non tutte afferenti alla sfera di disponibilità dell’aggiudicatario (si pensi al caso, statisticamente più frequente, del ritardo nella predisposizione del contratto dovuto in parte a lungaggini burocratiche e in parte a inerzia dell’aggiudicatario). Ne consegue che, ai fini dell’escussione della cauzione, è necessario accertare l’imputabilità della mancata stipula;

– i casi di esclusione dalla gara che sono sanzionati anche con l’escussione della cauzione attengono invece a fatti e circostanze che sono nella piena disponibilità del concorrente (si tratta, infatti, di dichiarazioni omesse, false o ingannevoli relative al possesso dei requisiti di moralità, tecnici e finanziari previsti dal bando quali requisiti di ammissione), di talché la conferma (per inoppugnabilità dell’atto di esclusione o per decisione del giudice), dell’esclusione implica ex se l’imputabilità della condotta che ha determinato il provvedimento espulsivo.

Nella specie, dunque, l’escussione della cauzione non richiedeva alcun accertamento circa la imputabilità dell’esclusione alla società ricorrente.

[…]

 

Garanzia provvisoria: inammissibili cauzioni atipiche o alternative ( bid bond , performance bond ) e rilasciate da soggetti non abilitati o non autorizzati


Le contestazioni riguardano: la mancata conformità della garanzia provvisoria e dell’impegno a prestare quella definitiva ai requisiti prescritti dal disciplinare di gara e dalla legge; la sottoscrizione delle predette garanzie da parte di -Omissis-, che non risulta autorizzata né da Banca d’Italia, né dall’IVASS all’esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria e assicurativa sul territorio italiano.
A tali contestazioni, le controparti replicano che, trattandosi di un appalto di rilevanza europea, era consentito ai partecipanti alla gara di ricorrere al deposito garanzie atipiche, alternative alla fideiussione, nello specifico di cauzioni sotto forma di bid bond e di performance bond e, pertanto, non era richiesto il rispetto dello schema legale di rilascio delle garanzie fideiussorie. […]
In primo luogo, deve osservarsi che l’
art. 93, comma 3 del Codice dei contratti stabilisce che la garanzia fideiussoria in favore di una stazione appaltante “a scelta dell’appaltatore può essere rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività o rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta nell’albo previsto dall’articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e che abbiano i requisiti minimi di solvibilità richiesti dalla vigente normativa bancaria assicurativa”.
Più in generale, si osserva che ai sensi del Testo Unico Bancario, d.lgs. 385/1993, l’attività di concessione di finanziamento, ivi compreso il rilascio di garanzie nei confronti del pubblico, è riservata esclusivamente a banche autorizzate/abilitate ad operare in Italia e intermediari finanziari, autorizzati dalla Banca d’Italia e iscritti in un apposito albo previsto dall’art. 106 del TUB (cfr. il relativo titolo V); ai sensi del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), le garanzie, sotto forma di polizza fideiussoria, possono essere rilasciate anche da soggetti abilitati/autorizzati ad operare in Italia. Le richiamate fonti normative rispondono a finalità di tutela dell’ordine pubblico e sono volte a dare attuazione al precetto costituzionale di cui all’art. 47, secondo cui tra i compiti dello Stato vi è quello di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito.
Ne consegue che la stazione appaltante, non avrebbe dovuto accettare, a titolo di garanzia provvisoria, un bid bond proveniente da un soggetto non legittimato a rilasciare garanzie sulla base delle disposizioni regolanti l’ordinamento giuridico interno. Per le medesime considerazioni, il soggetto non legittimato non poteva neppure validamente impegnarsi al rilascio della garanzia definitiva, che non poteva essere costituita da un intermediario non abilitato a operare in Italia.
Appurato che l’offerta presentata non era corredata né da una garanzia provvisoria legittima né da una valida dichiarazione di impegno alla costituzione della garanzia definitiva, deve essere valutato se tali mancanze potevano essere oggetto di soccorso istruttorio.
Secondo una parte della giurisprudenza il rimedio del soccorso istruttorio non può essere adoperato qualora non è stato validamente presentato l’impegno di cui all’art. 93, co. 8, del d.lgs. n. 50/2016 al rilascio della garanzia definitiva, la cui esigenza è quella di tutelare la corretta esecuzione del contratto. Pacificamente, in simili ipotesi non si è al cospetto di un elemento della domanda relativo a un requisito in tesi posseduto e tuttavia non tempestivamente dimostrato, bensì di una manifestazione di volontà che, una volta decorso il termine di presentazione dell’istanza di partecipazione, si rivela definitivamente tardiva (Cons. Stato, 5 febbraio 2018, sez, V, n. 721; Tar Napoli, sez. VII, 30 settembre 2019, n. 4641). (in tal senso TAR Roma, 26.01.2021 n. 1023 rifornata in appello da Consiglio di Stato, sez. V, 03.08.2021 n. 5709).

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    Garanzia provvisoria mancante : soccorso istruttorio inapplicabile (art. 83 , art. 93 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 26.01.2021 n. 804

    La giurisprudenza di questa Sezione ha più volte affermato che ai sensi dell’art. 83, comma 9 del codice dei contratti pubblici, possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio le “carenze di qualsiasi elemento formale della domanda”, con esclusione di quelli “afferenti all’offerta”.
    La “garanzia provvisoria” – destinata a coprire la “mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione” per fatto non imputabile alla stazione appaltante (cfr. art. 93, comma 6 d. lgs. n. 50 cit.) – non costituisce un elemento formale, ma, in quanto posta a “corredo” dell’offerta (cfr. art. 93, comma 1), deve ritenersi “afferente” alla stessa – e non alla documentazione relativa alla dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione – essendo come tale sottratta – per il principio che impedisce, a salvaguardia della par condicio, la modifica delle proposte negoziali da parte dei concorrenti – alla possibilità di soccorso istruttorio.
    Nel caso di specie, peraltro, il soccorso è stato bensì ammesso, ma sul mero presupposto che fosse stata omessa, per mero errore e/o dimenticanza, la relativa documentazione: laddove il riscontro della avvenuta regolarizzazione postuma ha correttamente imposto l’estromissione dalla gara (Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 2019, n. 6013; V, 22 ottobre 2018, n. 6005; V, 26 luglio 2016, n. 3372).
    Tale interpretazione è pacificamente desumibile dal predetto art. 83 comma del codice dei contratti pubblici, il quale recita: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa.”
    Come si deve rilevare il legislatore fa menzione dell’attivazione della la procedura di soccorso istruttorio per le “carenze di qualsiasi elemento formale della domanda” per ovviare alle mancanze o alle irregolarità di questa, la stazione appaltante assegnerà al concorrente un termine non superiore a dieci giorni per integrare la domanda.
    La ragione di tale interpretazione risiede nel tenore letterale dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, per cui la finalità sottesa alla procedura di soccorso istruttorio è quella di consentire l’integrazione della documentazione già prodotta in gara dai concorrenti, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale. Tanto considerato, si esclude che la predetta procedura possa avere anche la funzione di consentire all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte: diversamente, infatti, si violerebbero i principi di immodificabilità e segretezza dell’offerta, imparzialità e par condicio delle imprese concorrenti (Cons. Stato, III, 26 giugno 2020 n. 4103; vedi anche id., V, 9 marzo 2020 n. 1671).

    Escussione della cauzione provvisoria – Motivazione – Obbligo – Non è sufficiente il richiamo al provvedimento di esclusione (art. 93 d.lgs. n. 50/2016)

    Consiglio di Stato, sez. V, 06.07.2020 n. 4315

    Il provvedimento di escussione della cauzione provvisoria effettivamente non reca alcun riferimento alla predetta previsione del patto di integrità e tale carenza è determinante per considerarlo illegittimo. La motivazione non può infatti essere ricavata aliunde e cioè mediante il presupposto, ma comunque distinto provvedimento di esclusione dalla gara. Rispetto a quest’ultimo l’escussione della cauzione provvisoria è infatti autonomo nella parte relativa alle condizioni per incamerare la garanzia prestata dal concorrente escluso. Pertanto il medesimo provvedimento di escussione della cauzione avrebbe dovuto enunciare i presupposti di fatto e di diritto su cui si fondava, in conformità al paradigma generale enunciato dall’art. 3 della legge generale sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241.
    Nel ritenere che l’art. 10, comma 1, del patto di integrità fosse stato posto a fondamento dell’escussione della garanzia provvisoria la sentenza appellata è dunque incorsa nel divieto di integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato.
    Peraltro non sarebbe stato in sé sufficiente nemmeno il generico richiamo al patto di integrità contenuto nel provvedimento di esclusione, a tenore del quale “Si procederà quindi all’escussione della polizza ed alla segnalazione all’ANAC in conformità a quanto prescritto all’art. 80 comma 12 del D.Lgs. 50/2016 e 93 del D.lgs. 50/2016 smi e dal patto d’integrità del Comune”.
    Esso avrebbe infatti dovuto menzionare la specifica norma regolante la procedura di gara, di legge o speciale, violata dal concorrente e le ragioni della sua applicabilità al caso di specie, in conformità all’obbligo di motivazione previsto dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990 poc’anzi richiamato.