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Appalto con alta intensità di manodopera ma avente caratteristiche standardizzate: offerta economicamente più vantaggiosa o minor prezzo? Rimessione alla Corte di Giustizia UE

Consiglio di Stato, sez. V, 05.12.2023 n. 10530 ord.

9. – Parte appellante critica le conclusioni cui è giunto il TAR, sostenendo che, in relazione alle previste operazioni meramente materiali e di movimentazione di colli – operazioni che, per loro natura, sono ripetitive e standardizzate – non potrebbe apprezzarsi alcuna effettiva necessità di far luogo all’acquisizione di offerte tecniche differenziate, con inutile aggravio della procedura di gara e in violazione del principio costituzionale di buon andamento della pubblica amministrazione.
Nel caso di specie, peraltro – come fa notare l’appellante –, il ribasso in sede di offerta doveva avvenire non su un prezzo base comprensivo dei costi della manodopera, quanto piuttosto, esclusivamente, sull’aggio; quest’ultimo da calcolarsi, tuttavia, già al netto dei costi della manodopera. L’art. 17 del disciplinare di gara, al penultimo capoverso, stabiliva invero quanto segue: “Infatti, pur prevedendo l’aggiudicazione al minor prezzo, tenuto conto che lo sconto percentuale richiesto avverrà solo sull’aggio, rimarranno invariati i costi per la manodopera in quanto le retribuzioni dei lavoratori impiegati sono corrisposte in base al contratto collettivo di categoria. Pertanto, sono fatte salve le finalità di cui all’art. 50 D.Lgs. 50/2016 volte sostanzialmente a garantire i livelli occupazionali e a tutelare i lavoratori attraverso l’applicazione dei CCNL”.
Il ribasso, quindi, poteva avvenire solo sull’utile potenziale di impresa, con invarianza dei costi per la manodopera: ciò che lasciava, dunque, intatte le garanzie connesse alle necessarie tutele dei lavoratori impiegati nell’appalto. In tal modo, osserva l’appellante, si assicurava protezione sia per le esigenze della pubblica amministrazione appaltante, sia per le condizioni economiche e di sicurezza del lavoro.
9.1. – In chiave di diritto dell’Unione, la parte appellante richiama il disposto dell’art. 67, paragrafo 2, ultimo capoverso, della direttiva 2014/24/UE, a norma del quale “Gli Stati membri possono prevedere che le amministrazioni aggiudicatrici non possano usare solo il prezzo o il costo come unico criterio di aggiudicazione o limitarne l’uso a determinate categorie di amministrazioni aggiudicatrici o a determinati tipi di appalto”. Tale previsione andrebbe letta conformemente al principio di proporzionalità, che è un principio generale del diritto dell’Unione, secondo il quale le norme stabilite dagli Stati membri, nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni della direttiva 2014/24/UE, non dovrebbero andare oltre quanto necessario per raggiungere gli scopi perseguiti da quest’ultima.
Rilevante sarebbe, altresì, l’obiettivo di favorire la migliore qualità delle prestazioni, alla luce di quanto afferma il Considerando n. 92 della direttiva medesima, in base al quale “Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a scegliere criteri di aggiudicazione che consentano loro di ottenere lavori, forniture e servizi di alta qualità che rispondano al meglio alle loro necessità”. In ordine alla praticabilità del criterio del prezzo più basso, pur a fronte della preferenza per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’appellante richiama anche la risoluzione del 25 ottobre 2011, sulla modernizzazione degli appalti pubblici (2011/2048(INI)), prodromica all’approvazione delle direttive del 2014, con la quale il Parlamento europeo, pur ritenendo che “il criterio del prezzo più basso non debba più essere il criterio determinante per l’aggiudicazione di appalti e che sia necessario sostituirlo in via generale con quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa in termini di benefici economici, sociali e ambientali, tenendo conto dei costi dell’intero ciclo di vita dei beni, servizi o lavori di cui trattasi”, sottolineava, comunque, “che una simile soluzione non esclude il criterio del prezzo più basso quale criterio decisivo in caso di beni o servizi altamente standardizzati”.
Il legislatore italiano avrebbe, pertanto, esercitato la facoltà prevista dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE, stabilendo il divieto di utilizzare il criterio del prezzo più basso per la specifica tipologia dei servizi ad alta intensità di manodopera (art. 95, comma 4, lettera b, del d.lgs. n. 50 del 2016), ma ciò anche nell’ipotesi in cui l’appalto presenti, al contempo, caratteristiche standardizzate, laddove cioè non rilevano gli aspetti qualitativi delle prestazioni. Imporre, in quest’ultimo caso, il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo eccederebbe manifestamente quanto necessario per conseguire gli obiettivi, prima ricordati, perseguiti dalla direttiva e si porrebbe, pertanto, in contrasto con il principio di proporzionalità.
10. – Il Collegio è dell’avviso che la questione pregiudiziale, così proposta da parte appellante, debba essere sottoposta all’esame della Corte di giustizia UE, vieppiù in considerazione delle vesti di giudice di ultima istanza che questo Giudice ricopre, ai sensi dell’art. 267 TFUE.
Ribadito che è pacifica, tra le parti, la natura dell’appalto de quo, avente ad oggetto un servizio ad alta intensità di manodopera, ma al contempo con caratteristiche standardizzate (in relazione alle prestazioni richieste alla forza lavoro, che si connotano per la ripetitività dell’opus), la censura dell’appellante che si appunta sulla violazione del principio di proporzionalità assume particolare pregnanza alla luce delle previsioni della legge di gara che, nella specie, stabilivano come criterio di aggiudicazione quello del maggior ribasso, da calcolarsi esclusivamente sull’aggio, con salvezza dei costi per la manodopera.
A ciò deve aggiungersi che, nella presente fattispecie, il rispetto delle condizioni economiche e di sicurezza del lavoro è già stato accertato sia dalla stazione appaltante, in sede di subprocedimento di verifica dell’anomalia delle offerte, sia dal Giudice nazionale, che ha respinto i motivi, introdotti dal ricorrente in primo grado, con i quali era stata revocata in dubbio la legittimità dell’offerta dell’aggiudicataria proprio in relazione alla violazione dei minimi salariali.
La pedissequa applicazione delle norme interne, che (grazie a quanto consentito dall’art. 67 della direttiva 2014/24/UE) hanno introdotto il divieto del criterio del massimo ribasso per fattispecie corrispondenti a quella de qua, dovrebbe pertanto condurre all’annullamento della gara, per mancata previsione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, oggetto di indiscusso favor nelle fonti del diritto UE richiamate dalla parte appellante.
Nel caso di specie, i vantaggi tipici, collegati alla tutela dei lavoratori, che normalmente derivano dall’impiego di tale criterio di aggiudicazione, sono stati ugualmente raggiunti, pur a fronte della contestata previsione, nella legge di gara, del diverso criterio del massimo ribasso, come declinato secondo le condizioni poc’anzi riepilogate. Il ribasso applicato al solo aggio, con salvezza dei costi della manodopera, vieppiù di fronte all’accertamento, in sede amministrativa e giurisdizionale, che non si è avuta alcuna violazione delle tutele che devono assistere le prestazioni di lavoro, conduce dunque a ritenere sproporzionato l’obbligo della previsione del criterio di aggiudicazione del miglior rapporto qualità/prezzo, non venendo in considerazione possibili aspetti di miglioramento tecnico che avrebbero potuto, in tesi, caratterizzare le offerte aventi ad oggetto prestazioni standardizzate.
Ne consegue che la preferenza del diritto UE per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa pare non sposarsi, nella fattispecie de qua, con le ragioni che dovrebbero sostenerlo e che, quindi, l’imposizione di quel criterio appare misura palesemente eccessiva, sproporzionata ed ingiustificata.

V – LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE RIMESSA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA.
11. – In considerazione di quanto sopra esposto, stante la rilevanza – ai fini della decisione dell’ultima censura residua, sollevata nell’odierna controversia – della questione di compatibilità della predetta normativa interna con le indicate disposizioni euro-unitarie, il Collegio chiede alla Corte di giustizia UE di pronunciarsi sulla seguente questione pregiudiziale:
“se i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché il principio euro-unitario di proporzionalità e l’art. 67, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE ostino all’applicazione di una normativa nazionale in materia di appalti pubblici, quale quella italiana contenuta nell’art. 95, commi 3, lettera a), e 4, lettera b), del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, nonché nell’art. 50, comma 1, del medesimo decreto legislativo, come anche derivante dal principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza 21 maggio 2019, n. 8, secondo la quale, in caso di appalti aventi ad oggetto servizi con caratteristiche standardizzate ed al contempo ad alta intensità di manodopera, è vietata all’amministrazione aggiudicatrice la previsione, quale criterio di aggiudicazione, di quello del minor prezzo, anche nell’ipotesi in cui la legge di gara abbia cura di prevedere il ribasso sul solo aggio o utile potenziale di impresa, con salvezza dei costi per la manodopera”.
12. – La segreteria della Sezione curerà la trasmissione della presente ordinanza alla cancelleria della Corte di giustizia dell’Unione europea. In aggiunta alla presente ordinanza la segreteria trasmetterà alla Cancelleria della CGUE anche la seguente documentazione: a) l’intero fascicolo di causa del primo e del secondo grado del giudizio, ivi compresa la sentenza non definitiva n. 10496 del 2023 pronunciata, da questa Sezione, nel presente giudizio; b) il testo integrale degli artt. 36, 50 e 95 del d.lgs. n. 50 del 2016; c) il testo integrale della sentenza dell’Adunanza plenaria 21 maggio 2019, n. 8.

Offerta economica : formula matematica basata sul prezzo anziché sul ribasso percentuale

Consiglio di Stato, sez. III, 30.10.2023 n. 9318

11. Con un terzo motivo di appello la società appellante ripropone la domanda di annullamento dell’intera procedura per illegittimità della formula di attribuzione del punteggio economico inversamente proporzionale basata sul prezzo anziché sul ribasso percentuale [la lex specialis di gara stabiliva che il punteggio relativo all’offerta economica sarebbe stato attribuito mediante una formula inversamente proporzionale basata sul prezzo anziché sul ribasso percentuale: “PEx = PEmax*(Pm/Po) dove: PEx = punti da attribuire all’offerta presa in considerazione; Po = Prezzo offerto dal singolo concorrente; PEmax = Punteggio economico massimo assegnabile; Pmin = Prezzo più basso offerto in gara”; tale formula non solo non consentirebbe l’attribuzione dell’intero range (da 0 a 30) dei punti messi in palio ma di fatto sterilizzerebbe le differenze tra i ribassi offerti con conseguente appiattimento dei punteggi economici]. Parte appellante richiama, a sostegno della censura, precedenti giurisprudenziali che si sarebbero espressi in tal senso (Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2020, n. 2356), pur ammettendo l’esistenza di giurisprudenza di segno diverso.
11.1. In merito il Collegio condivide la giurisprudenza prevalente (Cons. Stato, sez. III, 14 dicembre 2021, n. 8353; Id., 8 ottobre 2021, n. 6735; da ultimo, sez. V, 3 ottobre 2023, n. 8641) che ammette il ricorso a tali formule matematiche, finalizzate a ridurre il peso marginale della parte economica ai fini dell’aggiudicazione (Cons. Stato, sez. V, 26 novembre 2020, n. 7436; Id., 23 dicembre 2019, n. 8688, 23 novembre 2018, n. 6639), ma a condizione che sia comunque consentita una differenziazione significativa del punteggio delle offerte che hanno un prezzo via via più alto. La prevalente e condivisa giurisprudenza formatasi sul punto ritiene dunque che formule matematiche del tipo di quella adoperata nella procedura per cui è causa non siano manifestamente abnormi e/o irragionevoli perché, sebbene non consentano eccessive differenziazioni tra le singole offerte (pure a fronte di ribassi apprezzabilmente diversi), garantiscono comunque – come è nel caso di specie – un apprezzabile collegamento proporzionale tra l’entità del ribasso e al conseguente attribuzione del punteggio. Ed invero nel caso in esame non risulta che la censurata formula matematica abbia impedito la diversificazione proporzionale, in termini non irrilevanti, del punteggio delle altre offerte che hanno proposto un prezzo via via più alto.

Scelta del criterio più idoneo per aggiudicazione appalti pubblici

Consiglio di Stato, sez. III, 06.10.2023 n. 8706

Giova premettere che la scelta del criterio più idoneo per l’aggiudicazione di un appalto costituisce espressione tipica della discrezionalità amministrativa e, impingendo nel merito dell’azione della pubblica amministrazione, è sottratta al sindacato del giudice amministrativo, salvo che, in relazione alla natura e all’oggetto del contratto, non sia manifestamente illogica o basata su travisamento di fatti (Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2009, n. 7259).
Le stazioni appaltanti, in sostanza, scelgono tra i due criteri quello più adeguato in relazione alle caratteristiche dell’oggetto del contratto, in quanto la specificazione del tipo di prestazione richiesta e delle sue caratteristiche peculiari consente di determinare correttamente ed efficacemente il criterio più idoneo all’individuazione della migliore offerta.
Il criterio del prezzo più basso, in cui assume rilievo la sola componente prezzo, può presentarsi adeguato quando l’oggetto del contratto abbia connotati di ordinarietà e sia caratterizzato da elevata standardizzazione in relazione alla diffusa presenza sul mercato di operatori in grado di offrire in condizioni analoghe il prodotto richiesto.
Ne deriva che potrà essere adeguato al perseguimento delle esigenze dell’Amministrazione il criterio del minor prezzo quando l’oggetto del contratto non sia caratterizzato da un particolare valore tecnologico o si svolga secondo procedure largamente standardizzate. In questo caso, qualora la stazione appaltante sia in grado di predeterminare in modo sufficientemente preciso l’oggetto del contratto, potrà non avere interesse a valorizzare gli aspetti qualitativi dell’offerta, in quanto l’esecuzione del contratto secondo i mezzi, le modalità ed i tempi previsti nella documentazione di gara è già di per sè in grado di soddisfare nel modo migliore possibile l’esigenza dell’Amministrazione.
L’elemento quantitativo del prezzo rimane, quindi, l’unico criterio di aggiudicazione.
Al contrario, la scelta del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa verrà in considerazione quando le caratteristiche oggettive dell’appalto inducano a ritenere rilevanti, ai fini dell’aggiudicazione, uno o più aspetti qualitativi. In questo caso l’Amministrazione potrà ritenere che l’offerta più vantaggiosa per la specifica esigenza sia quella che presenta il miglior rapporto qualità/prezzo; la stazione appaltante dovrà valutare se uno o più degli aspetti qualitativi dell’offerta concorrano, insieme al prezzo, all’individuazione della soluzione più idonea a soddisfare l’interesse sotteso all’indizione della gara. Solo in questo caso, infatti, corrisponde all’interesse pubblico l’utilizzo del sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Applicando tali principi alla gara in esame, appare legittima, perché non illogica, la scelta del criterio del prezzo più basso.

Affidamento diretto – Confronto tra offerte non limitato al prezzo più basso – Mix tra economicità e pregio tecnico

TAR Firenze, 31.01.2023 n. 98

L’accoglimento dell’azione di annullamento della determinazione di aggiudicazione importa poi anche la declaratoria del contratto tra la Stazione appaltante e l’aggiudicataria perfezionatosi, per scambio di corrispondenza commerciale, in data 1° settembre 2022.
Al contrario, non possono trovare accoglimento la domanda di tutela in forma specifica mediante aggiudicazione del contratto e la domanda risarcitoria per equivalente.
Ambedue le domande presuppongono, infatti, che la ricorrente risulti titolare del bene della vita costituito dall’aggiudicazione della procedura e le difese delle due parti in causa si sono polarizzate (soprattutto ai fini del terzo motivo di ricorso) sulla problematica relativa al valore economico dell’offerta della ricorrente ed alla possibilità di considerarla, in qualche modo, “in seconda posizione” ai fini dell’aggiudicazione della procedura.
L’esame degli atti di indizione della “ricerca di mercato preliminare ufficiosa” indetta dall’Amministrazione comunale (…) e tutta la documentazione relativa alla procedura non evidenziano però per nulla la fissazione del criterio dell’offerta più bassa come criterio di aggiudicazione della procedura; la sussistenza di un tale autovincolo non può poi neanche essere desunta, a posteriori, dall’atto di aggiudicazione che anzi evidenzia come l’affidamento alla controinteressata sia stata determinato da un mix tra la valutazione dell’economicità dell’offerta ed il “confronto tecnico economico” tra le offerte (qualcosa di simile al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa).
Ed in effetti, l’intera discussione originata dal terzo motivo di ricorso, evidenzia come la convenienza dell’offerta della ricorrente dipenda anche da valutazioni in ordine alle prestazioni realmente oggetto di servizio e alle diverse componenti dell’offerta stessa e le stesse argomentazioni articolate dalla ricorrente in ordine al miglior contenuto tecnico della propria offerta (in virtù della presenza dei requisiti fissati dall’AgID) evidenziano assai plasticamente come il confronto concorrenziale tra le offerte non si possa restringere al solo elemento economico.
In definitiva, risulta pertanto evidente come la ricorrente non possa essere automaticamente considerata titolare del bene della vita costituito dall’aggiudicazione e come tale circostanza non possa che discendere dalla rinnovazione del procedimento di valutazione delle offerte nella logica ampiamente discrezionale che è propria degli affidamenti diretti.

Servizi di natura intellettuale ma standardizzati e ripetitivi : criterio del minor prezzo

Consiglio di Stato, sez. V, 24.02.2023 n. 782

9. Passando all’esame delle critiche illustrate con l’atto di impugnazione, con il primo motivo si censura la sentenza impugnata con riferimento ai capi rubricati con i numeri da 8) a 18), atteso che l’ANSA ha contestato l’adozione del criterio di aggiudicazione del minor prezzo, anziché dell’offerta economicamente più vantaggiosa. L’appellante deduce che, nella specie, si tratterebbe di ‘servizi di natura intellettuale’ non standardizzati, da aggiudicarsi ‘esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del minor rapporto qualità/ prezzo’, ai sensi dell’art. 95, comma 3, lett. b) del d.lgs. n. 50 del 2016. […]

9.1. Le critiche sono infondate.
9.1.1. […] Il Collegio rileva, come precisato dal giudice di prima istanza, che la gara in questione è una procedura sottosoglia comunitaria, sicchè trova applicazione l’art. 36, comma 9 bis, del Codice dei contratti, secondo cui, fatto salvo quanto previsto all’art. 95, comma 3, le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione dei contratti di cui al presente articolo sulla base del criterio del minor prezzo, ovvero sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
L’art. 36, comma 9 bis, d.lgs. 50 del 2016, relativo ai contratti sotto soglia, e l’art. 1 d.l. 76/2020 prevedono un regime speciale che rimette alla stazione appaltante la libera scelta tra i criteri di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e del prezzo più basso, fatta eccezione, come si è detto, per le sole ipotesi di obbligatorietà del primo criterio ex art. 95, comma 3, d.lgs. 50 del 2016. Ne consegue che non trova applicazione l’obbligo, ricavabile dall’art. 95, commi 4 e 5 d.lgs. n. 50 cit. di una motivazione specifica della scelta, sicchè non può essere condiviso quanto eccepito dall’appellante, anche con memoria, in ordine al fatto che il mero richiamo alle ‘caratteristiche standardizzate’, o semplicemente alla fonte normativa, non sarebbe sufficiente a giustificare l’applicazione del criterio del prezzo più basso.
9.1.2. Anche se l’appalto in esame è stato indetto nel 2021, giova rammentare i principi giurisprudenziali precisati dalla giurisprudenza di questo Consiglio.
Secondo l’Adunanza plenaria, sentenza 21 maggio 2019, n. 8, “dall’analisi dell’art. 95 del codice dei contratti pubblici si ricava che nell’ambito della generale facoltà discrezionale nella scelta del criterio di aggiudicazione, a sua volta insita nell’esigenza di rimettere all’amministrazione la definizione delle modalità con cui soddisfare nel miglior modo l’interesse pubblico sotteso al contratto da affidare, le stazioni appaltanti sono nondimeno vincolate alla preferenza accordata dalla legge a criteri di selezione che abbiano riguardato non solo all’elemento prezzo, ma anche ad aspetti di carattere qualitativo delle offerte”. La preferenza per il criterio di scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa diviene obbligatoria per gli appalti di servizi enunciati al 3°comma dell’art. 95; resta tale, invece, per i servizi di cui al 4° comma- tra i quali si collocano proprio i ‘servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera di cui al comma 3, lett. a”.
In sostanza, secondo l’Adunanza Plenaria, per i servizi standardizzati è consentito scegliere se procedere all’aggiudicazione con l’uno o l’altro criterio. Se i servizi non sono standardizzati la preferenza va al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La decisione dell’Adunanza Plenaria è intervenuta sull’assetto normativo previgente all’integrazione apportata alla lettera b) del comma 4 dello stesso art. 95 cit., operata dal d.l. n. 38 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, ed ha avuto ad oggetto in una fattispecie concreta in cui il bando era stato pubblicato ampiamente prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 38 del 2019. Nondimeno, secondo i recenti arresti della giurisprudenza (Cons. Stato, sez. V, 23 dicembre 2020, n. 8285), alla modifica legislativa deve attribuirsi valenza ricognitiva, meramente esplicativa di un principio normativo già immanente nella disciplina degli appalti pubblici.
9.1.3. Rilevante, dunque, è stabilire quando si è in presenza di un servizio standardizzato.
Secondo l’indirizzo recentemente sostenuto da questa Sezione, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, va qualificato servizio standardizzato “un servizio che, per sua natura ovvero per la prestazione richiesta dalla stazione appaltante all’affidatario negli atti di gara, non possa essere espletato che in unica modalità; in questo caso, in effetti, l’utilizzo del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso è giustificata dall’impossibilità di una reale comparazione tra la qualità delle offerte in sede di giudizio”(Cons. Stato, sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1063; Cons. Stato sez. V, 18 febbraio 2018, n. 1099; Cons. Stato, sez. III, 13 agosto 2018, n. 1609). E’ stato ritenuto legittimo, pertanto, il ricorso al criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b) del Codice dei contratti pubblici, in deroga alla generale preferenza accordata al criterio di aggiudicazione costituito dall’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento di forniture e di servizi che sono, per loro natura, strettamente vincolati a precisi e inderogabili standard tecnici o contrattuali ovvero caratterizzati da elevata ripetitività e per i quali non vi sia quindi alcuna reale necessità di far luogo all’acquisizione di offerte differenziate (Cons. Stato, sez. III, 2 maggio 2017, n. 2014).
Nella specie, l’attività richiesta all’aggiudicatario consiste nell’esecuzione di una prestazione di natura intellettuale, ma avente ad oggetto l’esecuzione di attività ripetitive che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, diverse, caso per caso, per ciascun utente del servizio, contemplando, nella sostanza, l’esecuzione di meri compiti standardizzati.
Secondo la definizione fornita dai dizionari, invero, il termine ‘standard’ viene attribuito ad un comportamento reso uguale ad un modello, privo di originalità.
L’oggetto dell’appalto consiste nella realizzazione di un notiziario generale a copertura nazionale, internazionale e locale, che correttamente -OMISSIS-, con nota del 13.7.2021, ha definito “un servizio standard che, in quanto tale, è già disponibile nonché fornito a innumerevoli editori e broadcast nazionale e alle maggiori aziende e istituzioni italiane”.
Né può essere predicato che la prestazione ‘intellettuale’ per sua natura non può essere standardizzata, atteso che quando un servizio di natura intellettuale si caratterizza, come quello di specie, nell’esecuzione di attività dello stesso tenore, senza che si provveda alla elaborazione di soluzioni personalizzate, tale prestazione va ritenuta espressione di uno ‘standard’. Tale aspetto è confermato dalla stessa Stazione appaltante la quale ha condiviso le giustificazioni rese da -OMISSIS- con la lettera datata 13.7.2021 sopra richiamata.
Nello stesso tempo, gli atti di gara palesano che il servizio da affidare ha ad oggetto prestazioni intellettuali standardizzate e sostanzialmente routinarie. Si tratta, in buona sostanza, dell’esecuzione di attività semplici di informazione, ripetitive, che non richiedono l’elaborazione di soluzioni ad hoc, diverse caso per caso, e per loro natura devono essere rese, nello stesso modo, per ciascun utente del servizio. L’attività oggetto dell’appalto consiste nella fornitura contemporanea di lanci di notizie dell’ente, nella pubblicazione di comunicati prodotti dall’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale connessi all’attività dell’ente stesso, nonché di eventuali approfondimenti tematici rispetto ad attività consiliari.
Il Collegio, pertanto, condivide l’approdo argomentativo sostenuto dal Tribunale adito, secondo cui il fatto che la prestazione oggetto dell’affidamento avesse natura intellettuale non osterebbe al ricorso del criterio del prezzo più basso, trattandosi di un appalto sottosoglia (art. 36 cit) e non rientrando nei casi di cui all’art. 95, comma 3, del Codice, poiché tale norma trova applicazione solo ai contratti ad alta intensità di manodopera, esclusi i servizi di tipo intellettuale. Il giudice di primo grado ha, inoltre, correttamente precisato che la Stazione appaltante ha condivisibilmente richiamato l’articolo 95, comma 4, del Codice, laddove prevede la possibilità di ricorrere al criterio del minor presso in caso di “…servizi e le forniture con le caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera di cui al comma 3, lettera a)”, tra i quali non rientrano i servizi oggetto dell’appalto in esame.
In base all’art. 95 cit., il fatto che si tratti di un servizio con caratteristiche standardizzate non è un elemento che di per sé consente l’affidamento al prezzo più basso, poiché questa possibilità è esclusa laddove si tratti di un servizio ad ‘alta intensità di manodopera’, secondo il parametro disposto dall’art. 50, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, ossia i servizi nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto. Tuttavia, come precisato dal giudice di primo grado, questa disposizione non trova applicazione per i servizi aventi natura intellettuale, come chiaramente emerge dal tenore letterale della norma che recita: “Per gli affidamenti di contratti di concessione appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità di manodopera, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti inseriscono, nel rispetto dei principi dell’Unione europea, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. I servizi ad alta intensità di manodopera sono quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto”.

[…]

12. Il secondo ed il terzo mezzo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto logicamente connessi.
La Stazione appaltante ha correttamente proceduto alla verifica dell’anomalia dell’offerta, sulla base dell’assorbente rilievo che le prestazioni oggetto dell’appalto, avendo natura standardizzata, non richiedevano necessariamente la dimostrazione della congruità dell’offerta alla luce di presunti costi aggiuntivi in termini di personale di lavoro. Il servizio oggetto dell’appalto, in ragione di ciò, non necessitava di una particolare implementazione di risorse umane oltre a quelle già presenti in redazione, o di strumenti ed attrezzature per la sua realizzazione. Stante la natura ripetitiva del servizio, è apparsa, condivisibilmente, ragionevole la giustificazione offerta dalla -OMISSIS- s.p.a., con riferimento al giudizio di congruità dell’offerta, laddove la stessa precisa che si è in presenza di costi indiretti, ossia di costi relativi al personale di supporto all’esecuzione dell’appalto o a servizi esterni, da tenere distinto dai ‘costi diretti’ della commessa comprensivi di tutti i dipendenti impiegati per l’esecuzione della stessa.
A tale riguardo va rammentato che, il giudizio di verifica dell’anomalia dell’offerta è un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta, che è espressione di un tipico potere tecnico – discrezionale riservato alla pubblica amministrazione insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che nelle ipotesi di manifesta e macroscopica erroneità e irragionevolezza (Cons. Stato, sez. V, 29 novembre 2021, n. 7951), nella specie non sussistente. Stante la natura standardizzata del servizio, come sopra ampiamente argomentato, appare ragionevole la valutazione di congruità resa dall’Amministrazione, proprio alla luce delle giustificazioni di -OMISSIS- in cui si chiarisce che ‘non è richiesto un maggior dispiego di risorse umane oltre a quelle già presenti in staff (redazione/inviati) o di strumenti e attrezzature per la sua realizzazione’.
Nè può essere predicato l’assunto sostenuto da parte appellante con il secondo mezzo, ossia che il giudizio di congruità sarebbe stato desunto da elementi esterni all’offerta, quale la presenza di clienti che già usufruiscono del medesimo servizio, atteso che tale argomento è stato utilizzato dall’aggiudicatario a sostegno dell’asserita ripetitività della prestazione e del fatto che il complessivo oggetto dell’appalto veniva eseguito da personale già pagato perché impiegato nell’esecuzione di altre commesse.
Quanto alle critiche sulla indicazione dei costi di manodopera, per l’intera durata dell’appalto, che si assume inadeguata ad assicurare la corretta esecuzione delle prestazioni, va rilevato che l’errore di fondo si annida nel ragionamento dell’appellante, e risiede nel convincimento della natura non standardizzata del servizio.
Al contrario, partendo dal presupposto che le prestazioni intellettuali oggetto dell’appalto si riducono a mere attività ripetitive, che non richiedono l’elaborazione di soluzioni personalizzate, è agevole desumere la coerenza delle giustificazioni rese da -OMISSIS-, con riferimento al fatto che il medesimo personale applicato all’appalto risulta già regolarmente retribuito dalla società, in quanto operante anche su altri appalti, sicchè il costo del personale incide in minima parte sulla commessa. I chiarimenti resi da -OMISSIS- sono, pertanto, sufficienti ad escludere l’anomalia dell’offerta in relazione al costo del lavoro. Va rammentato, inoltre, che la giurisprudenza, con indirizzo condiviso, ritiene che i costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle (ministeriali) svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche e analisi aziendali, sicchè laddove si riesca, in relazione alla peculiarità della fattispecie, a giustificare la sostenibilità di costi inferiori, le suddette tabelle fungono da esclusivo parametro di riferimento da cui è possibile discostarsi in sede di giustificazioni dell’anomalia (Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 2017, n. 501; Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609).

Offerta economica – Discordanza tra importo complessivo e ribasso percentuale – Inammissibilità

TAR Roma, 12.07.2022 n. 9531

7. La ricorrente invoca poi l’applicazione dell’art. 119, comma 2, ultimo periodo, del d.P.R. n. 207/2010 il quale disporrebbe espressamente che “in caso di discordanza prevale il ribasso percentuale indicato in lettere”. Va però rilevato che la norma in argomento è stata integralmente abrogata ad opera dell’art. 217, comma 1, lett. u), n. 2), del d.lgs. n. 50/2016, sicché la rilevata discordanza tra l’importo complessivo offerto e il ribasso percentuale indicato, rende l’offerta della ricorrente effettivamente indeterminata e indeterminabile perché il contrasto tra i dati dell’offerta non è superabile mediante il ricorso ad un criterio che consenta di accordare prevalenza all’una o all’altra indicazione.
Né è possibile ricondurre la fattispecie in esame ad una ipotesi di evidente errore materiale, perché ciò presupporrebbe la perfetta congruenza dei dati da emendare, mentre invece – come sopra rilevato – la somma dei prezzi indicati dalla ricorrente nella lista delle lavorazioni e forniture previste per l’esecuzione dei lavori reca l’importo complessivo di euro 632.429,45, dunque diverso e perfino superiore (di euro 20.000,00) rispetto all’offerta economica indicata in numeri e lettere.
Sul punto il Consiglio di Stato ha più volte ribadito che “l’errore materiale direttamente emendabile dall’amministrazione è soltanto quello che può essere percepito o rilevato ictu oculi dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque” (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113; id., Sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978).
Deve allora ritenersi che la Stazione Appaltante abbia agito correttamente, non essendo di fatto ricostruibile ed individuabile con certezza l’effettiva volontà dell’offerente.

8. Quanto alla doglianza dedotta con il secondo motivo di ricorso, con la quale la ricorrente lamenta il mancato ricorso al soccorso istruttorio c.d. procedimentale al fine di superare la predetta discordanza, va rilevato che, per costante giurisprudenza, lo stesso è ammissibile solo ove abbia ad oggetto l’acquisizione di chiarimenti che non assumano carattere integrativo dell’offerta, ma che siano finalizzati unicamente a consentirne l’esatta interpretazione e a ricercare l’effettiva volontà del concorrente (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. III, 9 febbraio 2020, n. 1225; cfr. Cons. Stato, Sez. V, n.680/2020). Nel caso di specie, al contrario, il soccorso procedimentale avrebbe violato i dedotti limiti di ammissibilità, posto che il chiarimento utile a dirimere il dubbio avrebbe costituito una modifica dell’offerta economica presentata, poiché sarebbe stato necessario apportare dati correttivi o manipolativi per fare quadrare la ricostruzione aritmetica postulata dalla ricorrente la quale, come detto, è fondata su dati non congruenti stante il rilevato margine di differenza di € 20.000, con ogni conseguenza in ordine all’attendibilità del calcolo prospettato.

Aggiudicazione secondo il criterio del minor prezzo ed interesse a proporre ricorso

TAR Genova, 17.01.2022 n. 40

Secondo una giurisprudenza consolidata, il requisito dell’interesse al ricorso trova fondamento nell’art. 100 cod. proc. amm., applicabile al processo amministrativo in forza del rinvio “esterno” di cui all’art. 39 cod. proc. amm., ed è caratterizzato dalla prospettazione di una lesione concreta e attuale della sfera giuridica della parte attrice e dall’effettiva utilità che potrebbe derivarle dall’eventuale annullamento dell’atto impugnato (in questi termini si v., tra tutte, Cons. St., Ad. Plen., sentt. n. 4 del 2018 e, più di recente, n. 22 del 2021).
Nella specifica situazione in cui vengano contestati gli esiti di una gara da aggiudicarsi secondo il criterio del minor prezzo (art. 133, comma 8, D.lgs. n. 50/2016) – in cui la posizione in graduatoria delle offerte non dipende da una valutazione tecnico-discrezionale, ma dal mero riscontro automatico del prezzo indicato – la dimostrazione dell’interesse ad agire presuppone il superamento di una “prova di resistenza”, ossia esige che il ricorrente alleghi il ribasso offerto, in modo da dimostrare che, ove l’impugnativa fosse accolta, questi sarebbe non solo (ri)ammesso alla gara, ma ne risulterebbe aggiudicatario, conseguendo così il “bene della vita” cui si correla l’interesse legittimo pretensivo asseritamente leso dal provvedimento censurato (in questi termini, si v. Cons. St., sez. V, sent. n. 7000 del 2020, opportunamente citata dal resistente, nonché, tra la giurisprudenza dei giudici di primo grado, TAR Lazio, Roma, sez. II, sent. n. 1939 del 2020).
In questo caso, il Consorzio non ha prospettato di aver offerto un ribasso maggiore di quello proposto dall’aggiudicataria, pertanto non ha dimostrato di poter trarre un’effettiva utilità dall’eventuale annullamento dell’esclusione.
A tale carenza non può supplire il giudice – per esempio, ordinando l’acquisizione della busta con l’offerta economica della ricorrente – in quanto è onere della parte attrice allegare e provare la sussistenza delle condizioni dell’azione, secondo il principio generale ricavabile dall’art. 2697 cod. civ..

Procedura negoziata senza bando ai sensi del Decreto Semplificazioni – Regime speciale – Libera scelta per la Stazione Appaltante tra offerta economicamente più vantaggiosa e prezzo più basso – Motivazione – Non occore

TAR Catanzaro, 23.12.2021 n. 2347

Nel criterio del prezzo più basso le soluzioni tecniche dei contendenti non assurgono a elemento di selezione del miglior proponente, ma ciò non significa che sia del tutto obliterata l’esigenza di vagliare il pregio tecnico delle offerte: semplicemente questo vaglio, che nell’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è funzionale anche all’attribuzione dei punteggi, nel criterio del prezzo più basso diviene il discrimen di ammissibilità o esclusione delle offerte che rispettivamente presentino o non presentino gli standard minimi richiesti dalla lex specialis. Pertanto, non vi è alcuna contraddittorietà tra il ricorso al criterio del prezzo più basso e la verifica preliminare di ammissibilità tecnica dei prodotti effettuata dalla stazione appaltante.
Né può riscontrarsi il lamentato difetto di motivazione. Al di là della considerazione per cui la procedura in esame si caratterizza per la richiesta di prodotti strettamente vincolati a precisi standard tecnici (che è ipotesi tipica di aggiudicabilità dell’appalto con il criterio del prezzo più basso ex art. 95, comma 4, d.lgs. 50/2016), vale evidenziare che la gara per cui è causa si colloca al di sotto delle soglie di rilevanza euro unitaria e, per espresso richiamo contenuto nella determina a contrarre n. 263/2021, è stata indetta ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. b), d.l. 76/2020.
Ebbene sia l’art. 36, comma 9 bis, d.lgs. 50/2016 (relativo ai contratti sotto soglia) sia l’art. 1 d.l. 76/2020 (relativo alle procedure per l’incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale da Covid-19 in relazione all’aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia) prevedono un regime speciale che rimette alla stazione appaltante la libera scelta tra i criteri di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa e del prezzo più basso, fatta eccezione per le sole ipotesi – non confacenti il caso in esame – di obbligatorietà del primo criterio ex art. 95, comma 3, d.lgs. 50/2016.
Poiché, diversamente che per le gare sopra soglia, il criterio del prezzo più basso non è eccezionale, non trova applicazione l’obbligo, ricavabile dall’art. 95, commi 4 e 5, d.lgs. 50/2016, di motivazione specifica della scelta di ricorrere ad esso (in termini congruenti, cfr. T.A.R. Torino, Sez. II, 6 aprile 2021, n. 366).

Servizi di manutenzione periodica – Manodopera o contenuto tecnologico non rilevanti – Caratteristiche standardizzate – Minor prezzo – Legittimità (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Milano, 06.12.2021 n. 2718

Il motivo va respinto atteso che, in base a quanto previsto nel comma 4 lett. b) dell’art. 95 cit., per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate, o le cui condizioni sono definite dal mercato, può essere utilizzato il criterio del minor prezzo, fatta eccezione per i servizi ad alta intensità di manodopera, nel cui ambito non rientra quello oggetto del presente giudizio.
A fronte di un appalto avente ad oggetto interventi di manutenzione e revisione periodica di mezzi, in cui gli elementi della manodopera e dell’aspetto tecnologico si pongano quali voci inferiori, essendo l’elemento prevalente e determinante rappresentato dal costo dei pezzi di ricambio, aventi caratteristiche fisse e standard, con prezzi conosciuti e fissati da tariffari di mercato, come ha luogo nel caso di specie, è legittima la scelta del criterio del prezzo più basso (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 6.3.2018, n. 2528).
Parimenti, anche le Linee Guida di Anac consentono il ricorso al criterio del prezzo più basso per l’affidamento di servizi caratterizzati da elevata ripetitività, destinati a soddisfare esigenze generiche e ricorrenti, connesse alla normale operatività delle stazioni appaltanti, nel cui ambito, possono essere ricompresi anche quelli oggetto del presente giudizio, come desumibile dalla lettura del Capitolato Speciale, che descrive in poche righe le prestazioni che ne formano oggetto.

Decreto Semplificazioni : l’ affidamento diretto non richiede utilizzo di criteri di aggiudicazione ( neppure per i servizi di ingegneria ed architettura )

Parere MIT n. 757 del 15.10.2020

QUESITO
A seguito dell’entrata in vigore della conversione in legge del c.d. Decreto Semplificazioni, quali sono precisamente i limiti di importo e le corrette procedure per l’affidamento dei servizi in oggetto ? Fino ad euro 75.000 + IVA affidamento diretto, da euro 75.000+ IVA ad euro 100.000 + IVA procedura negoziata con 5 OE e criterio del prezzo più basso mentre sopra gli euro 100.000 + IVA e fino alla soglia comunitaria procedura negoziata con 5 O E ma con criterio O EPV ?

RISPOSTA
Preliminarmente, preme precisare che la Legge 11 settembre 2020, n. 120 all’art. 1 deroga espressamente sia all’art. 36 comma 2 che all’art. 157, comma 2 del Codice degli appalti che disciplina gli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria. In relazione a tali affidamenti, pertanto, secondo la novella:
a) fino a 75.000 euro si procederà mediante affidamento diretto;
b) fino a 214.000 euro per le amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali e fino a 139.000 euro per le amministrazioni aggiudicatrici centrali si procederà mediante procedura negoziata previa consultazione di almeno 5 operatori ove esistenti (infatti, l’art. 1, comma 2, lett., b della legge n. 120/2020 prescrive tale procedura per l’affidamento di servizi e forniture, ivi compresi i servizi di ingegneria e architettura e l’attività di progettazione, di importo pari o superiore a 75.000 euro e “fino alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016”).
Quanto al criterio da utilizzare per i servizi in argomento, le SA utilizzeranno il criterio di aggiudicazione dell’OEPV basato sul miglior rapporto qualità/prezzo per gli affidamenti di importi pari o superiori a 75.000,00 euro, ravvisandosi, al di sotto del predetto limite di valore, un’ipotesi di affidamento diretto, per il quale non vengono in considerazione criteri di aggiudicazione.
Per importi al di sotto della predetta soglia, le SA potranno invece nell’ambito della determina a contrarre, o atto equivalente, evidenziare le ragioni – qualitative ed economiche – poste a fondamento dell’individuazione dell’affidatario diretto.
Quanto agli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria al di sopra dei 75.000 euro, dovrà essere utilizzato il criterio dell’OEPV basato sul miglior rapporto qualità/prezzo in quanto, l’art. 1 comma 3 della legge 120/2020 fa espressamente salvo quanto disposto dall’art. 95, comma 3 del Codice. Si ricorda che la richiamata norma, tra le ipotesi in cui è obbligatorio l’utilizzo del criterio dell’OEPV basato sul miglior rapporto qualità/ prezzo, annovera espressamente i servizi di architettura e ingegneria.

Gara con il criterio del minor prezzo – Presupposti (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 19.11.2020 n. 7182 

Il legittimo ricorso al criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b), del Codice dei contratti pubblici, in deroga alla generale preferenza accordata al criterio di aggiudicazione costituito dall’offerta economicamente più vantaggiosa, si giustifica in relazione all’affidamento di forniture o di servizi che siano, per loro natura, strettamente vincolati a precisi e inderogabili standard tecnici o contrattuali ovvero caratterizzati da elevata ripetitività e per i quali non vi sia quindi alcuna reale necessità di far luogo all’acquisizione di offerte differenziate  (Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2020, n. 444; id., sez. III, 13 marzo 2018, n. 1609; id. 2 maggio 2017, n. 2014).

Le Linee guida Anac n. 2, approvate nel 2016 e aggiornate nel 2018, chiariscono che: i “servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato” sono quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante oppure che rispondono a determinate norme nazionali, europee o internazionali; “i servizi e le forniture caratterizzati da elevata ripetitività soddisfano esigenze generiche e ricorrenti, connesse alla normale operatività delle stazioni appaltanti, richiedendo approvvigionamenti frequenti al fine di assicurare la continuità della prestazione”; i benefici del confronto concorrenziale basato sul miglior rapporto qualità e prezzo in tali casi “sono nulli o ridotti”; tale ipotesi si rinviene anche laddove la stazione appaltante vanti “una lunga esperienza nell’acquisto di servizi o forniture a causa della ripetitività degli stessi”.
​​​​​​​Infine, sempre per le linee guida Anac n. 2, l’adeguata motivazione del ricorso al criterio richiesta dall’art. 95, comma 5, del Codice dei contratti pubblici è finalizzata a evidenziare il ricorrere degli elementi alla base della scelta dello stesso e altresì a dimostrare “che attraverso il ricorso al minor prezzo non sia stato avvantaggiato un particolare fornitore, poiché ad esempio si sono considerate come standardizzate le caratteristiche del prodotto offerto dal singolo fornitore e non dall’insieme delle imprese presenti sul mercato”. 

fonte: sito della Giustizia Amministrativa

Servizi e forniture con caratteristiche standardizzate – Natura – Individuazione – Criterio del minor prezzo (art. 95 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 20.01.2020 n. 444

5. Con il quinto motivo l’appellante torna a contestare la legittimità del prescelto criterio di aggiudicazione della gara, il minor prezzo, e la formula correttiva relativa al costo del trasporto applicata al criterio stesso.
Il primo giudice, in relazione alle puntuali censure svolte al riguardo, ha rilevato che: “Non sussiste poi la violazione dell’articolo 95 del d.lgs. n. 50 del 2016 [ante Decreto Sblocca Cantieri (D.Lgs. n. 32/2019 conv. con L. n. 55/2019), ndr.], atteso che nel disciplinare di gara, come chiarito dall’Amministrazione resistente, è specificato che la standardizzazione deriva dalla circostanza che si tratta di servizi che devono rispettare la normativa vigente e ciò è appunto riferibile anche agli impianti di trattamento. Del resto, anche il rispetto dell’ambiente non implica necessariamente la previsione del metodo di aggiudicazione dell’offerta più vantaggiosa, quanto invece appunto il rispetto della normativa vigente cui le prestazioni devono necessariamente conformarsi (…).
5.1. Tali argomentazioni resistono alle critiche mosse dall’appellante. In particolare:
il legittimo ricorso al criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 4, lett. b) del Codice dei contratti pubblici, in deroga alla generale preferenza accordata al criterio di aggiudicazione costituito dall’offerta economicamente più vantaggiosa, si giustifica, tra altro, per l’affidamento di forniture o di servizi che siano, per loro natura, strettamente vincolati a precisi e inderogabili standard tecnici o contrattuali ovvero caratterizzati da elevata ripetitività e per i quali non vi sia quindi alcuna reale necessità di far luogo all’acquisizione di offerte differenziate (Cons. Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1609; 2 maggio 2017, n. 2014).
A loro volta, le Linee guida Anac n. 2, approvate nel 2016 e aggiornate nel 2018, chiariscono che “i servizi e forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato” menzionati dal Codice sono quei servizi o forniture che, anche con riferimento alla prassi produttiva sviluppatasi nel mercato di riferimento, non sono modificabili su richiesta della stazione appaltante oppure che rispondono a determinate norme nazionali, europee o internazionali. (…)

– neanche il previsto correttivo relativo al costo del trasporto dimostra ex se l’inadeguatezza del criterio. Una volta, infatti, che il prescelto criterio di aggiudicazione si sia rivelato corrispondente a una delle fattispecie normative per cui esso è previsto, nulla osta alla possibilità di apportarvi un correttivo che risponda all’esigenza di considerare, al suo interno, varianti che, laddove non regolate, potrebbero pregiudicare la funzione cui esso è destinato.

Gara telematica – MEPA – Offerta economica nella busta della documentazione amministrativa – Esclusione – Circostanza che si trattasse di gara da aggiudicare con il criterio del minor prezzo – Irrilevanza (art. 58 , art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Cagliari, 03.07.2019 n. 604

Il Collegio evidenzia, nel merito, che parte ricorrente è stata (doverosamente) esclusa dalla gara in quanto, per proprio errore, ha inserito l’offerta economica (percentuale di ribasso) nella busta amministrativa. Rendendo in tal modo edotta la Commissione e le parti presenti di un dato che doveva, in quella prima fase, rimanere obbligatoriamente segreto.
Solo nella seconda fase, dopo l’ammissione di tutti i concorrenti in regola con la documentazione, avrebbero dovuto essere aperte le relative offerte economiche.
La circostanza che , con l’applicazione del solo criterio del “ribasso”, non vi sarebbe esplicazione di alcuna discrezionalità nella decisione finale (il che renderebbe irrilevante la conoscenza “anticipata” di un dato oggettivo), non è argomentazione convincente in quanto non è ammissibile “confondere” elementi attinenti alle due fasi, anche perché, potenzialmente, potrebbero sussistere riflessi sulle decisioni di ammissioni/esclusioni da parte della Commissione.
Ed, in ogni caso, la posizione di parità fra concorrenti è stata oggettivamente turbata da un elemento estraneo, con violazione dei basilari principi che la legislazione impone in materia di gare pubbliche.

Operatore economico non partecipante alla gara – Legittimazione al ricorso – Ipotesi del prezzo a base d’asta simbolico o irrisorio (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Reggio Calabria, 16.07.2018 n. 418

Il TAR si è occupato della legittimazione a ricorrere in capo all’operatore economico che non abbia presentato la domanda di partecipazione alla gara per sostanziale antieconomicità del prezzo posto a base d’asta (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)
A tal proposito, il Collegio reputa che, alla stregua dell’attuale orientamento espresso dalla giurisprudenza sul tema, avallato di recente dalla sentenza n. 4/18 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sussista in capo alla società ricorrente quella posizione soggettiva qualificata e differenziata che la legittima alla proposizione del ricorso.
Vero è che la regola generale rimane quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnare l’esito della medesima (cfr. sent. A.P. n. 4/11), essendo soltanto a quest’ultimo riconoscibile una posizione differenziata rispetto alla moltitudine degli operatori economici potenzialmente interessati all’affidamento della commessa.
Vero anche che i bandi di gara e di concorso, al pari delle lettere di invito, vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato.
Purtuttavia, già con sentenza dell’Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014 n. 9, la giurisprudenza amministrativa aveva convenuto di poter enucleare alcune eccezioni a queste due regole generali, individuando taluni casi in cui il bando di gara deve essere immediatamente impugnato, nonché ulteriori e peculiari fattispecie in cui a tale impugnazione immediata deve ritenersi legittimato anche colui che non ha proposto la domanda di partecipazione.
In particolare, il tema della legittimazione al ricorso (o del titolo all’impugnazione) è stato declinato nel senso che tale legittimazione “deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione” e che “chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l’annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione – per lui res inter alios acta – venga nuovamente bandita”.
E’ stato però sottolineato che a tale regola generale può derogarsi, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e, cioè, quando: i) si contesti in radice l’indizione della gara; ii) all’opposto, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; iii) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti.
Per quanto qui rileva, nella categoria delle “clausole immediatamente escludenti” la giurisprudenza, da ultimo consolidatasi con la sentenza dell’Adunanza Plenaria 26 aprile 2018 n. 4 (§ 16.5), ha annoverato: a) le ipotesi di regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Cons. Stato, A.P., n. 3 del 2001; ovvero b) le disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero c) che prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (Cons. St., sez. V, 24 febbraio 2003, n. 980); ovvero ancora d) le condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, sez. V, 21 novembre 2011, n. 6135; Cons.Stato sez. III, 23 gennaio 2015, n. 293).
Le rimanenti clausole, in quanto non immediatamente lesive, devono essere impugnate insieme con l’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale ed identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva (Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, n. 5282) e postulano la preventiva partecipazione alla gara (v. § 16.5.1.).
In buona sostanza, il massimo organo della giustizia amministrativa, dopo aver esplorato una traiettoria esegetica non priva di oscillazioni, è riapprodato al principio fondamentale enunciato dall’Adunanza Plenaria n.4/11, secondo cui è legittimato ad impugnare gli atti della procedura di una gara solo chi vi ha partecipato, salvo, giustappunto, le predette eccezioni che elevano ad interesse meritevole di tutela la situazione soggettiva dell’operatore economico che, essendosi astenuto dal presentare l’offerta, sarebbe altrimenti portatore di in interesse di mero fatto a che la competizione venga nuovamente bandita (cfr. Cons. Stato, Sez. III, Sent. n.5113/2016). (…)
Il Collegio non reputa inutile richiamare la distinzione – valorizzata anche dalla giurisprudenza meno recente (Cass. Civ. Sez. II 28 agosto 1993 n.9144) – tra vendita a prezzo vile e vendita a prezzo irrisorio o simbolico. L’esistenza di un divario, anche considerevole, tra il valore di mercato del bene venduto e il prezzo pattuito non è di per sé incompatibile con la causa del contratto di compravendita. La giurisprudenza di legittimità ha infatti avuto modo di precisare che nell’ipotesi in cui risulta concordato un prezzo obiettivamente non serio o perché privo di valore reale e perciò meramente apparente o simbolico o perché programmaticamente destinato nella comune intenzione delle parti a non essere pagato il contratto è nullo per mancanza di un elemento essenziale; viceversa, nell’ipotesi in cui sia pattuito un prezzo di gran lunga inferiore all’effettivo valore di mercato del bene compravenduto o fornito, la conseguenza non sarà l’invalidità del contratto per difetto di causa ma una diversa qualificazione giuridica della fattispecie negoziale, che potrà essere ascritta a seconda dei casi a diverse categorie negoziali (es. donazioni indirette o negozi misti a donazione; cfr. Cass. Civ. Sez. I 04.11.2015 n.22567 citata dalla società ricorrente).
Sulla scorta di queste considerazioni, il Collegio ritiene che il prezzo posto dalla Stazione appaltante a base d’asta, se e nella misura in cui venga dimostrata la sua eccentricità al ribasso rispetto ai prezzi di mercato e quindi la sua natura “simbolica”, esoneri l’operatore economico di turno dal poter o dover proporre la domanda di partecipazione alla gara, presentando un’offerta economica destinata ad essere ineludibilmente esclusa perché caratterizzata da un prezzo superiore all’importo determinato dall’Amministrazione.

Criterio del massimo ribasso: quando dev’essere fornita la motivazione sul suo utilizzo? E’ immediatamente impugnabile?

In relazione alla scelta della metodologia di aggiudicazione del prezzo più basso va precisato che dev’essere offerta motivazione con carattere di “esaustiva concludenza argomentativa” già nella lex specialis di gara, e non può essere ostesa successivamente od a fronte di specifica richiesta avanzata alla Stazione Appaltante da un concorrenteIn proposito, le Linee Guida n. 2 di ANAC, di cui alla Delibera 21 settembre 2016 n. 1005, stabiliscono che “Poiché si tratta di una deroga al principio generale dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le stazioni appaltanti che intendono procedere all’aggiudicazione utilizzando il criterio del minor prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 5, devono dare adeguata motivazione della scelta effettuata ed esplicitare nel bando il criterio utilizzato per la selezione della migliore offerta (si pensi all’utilizzo di criteri di efficacia nel caso di approccio costo/efficacia anche con riferimento al costo del ciclo di vita). Nella motivazione le stazioni appaltanti, oltre ad argomentare sul ricorrere degli elementi alla base della deroga, devono dimostrare che attraverso il ricorso al minor prezzo non sia stato avvantaggiato un particolare fornitore, poiché ad esempio si sono considerate come standardizzate le caratteristiche del prodotto offerto dal singolo fornitore e non dall’insieme delle imprese presenti sul mercato”.

Relativamente all’ammissibilità dell’immediata impugnazione avverso il bando che contenga tale criterio,  in attesa della pronuncia dell’Adunanza Plenaria sul punto, le chiavi ermeneutiche sarebbero rinvenibili nelle considerazioni espresse da Consiglio di Stato, sez. III, 2 maggio 2017 n. 2014, secondo cui: 
– nel dare atto che, “la Plenaria n. 1/2003 è perentoria con specifico riguardo ai criteri di aggiudicazione, affermando che: “Non può essere condiviso quell’indirizzo interpretativo che è volto ad estendere l’onere di impugnazione alle prescrizioni del bando che condizionano, anche indirettamente, la formulazione dell’offerta economica tra le quali anche quelle riguardanti il metodo di gara e la valutazione dell’anomalia. Anche con riferimento a tali clausole, infatti, l’effetto lesivo per la situazione del partecipante al procedimento concorsuale si verifica con l’esito negativo della procedura concorsuale o con la dichiarazione di anomalia dell’offerta. L’effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l’astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l’interessato: devono pertanto ritenersi impugnabili unitamente all’atto applicativo, le clausole riguardanti i criteri di aggiudicazione, anche se gli stessi sono idonei ad influire sulla determinazione dell’impresa relativa alla predisposizione della proposta economica o tecnica, ed in genere sulla formulazione dell’offerta, i criteri di valutazione delle prove concorsuali, i criteri di determinazione delle soglie di anomalie dell’offerta, nonché le clausole che precisano l’esclusione automatica dell’offerta anomala”;
– ha tuttavia rilevato che “la conclusione cui giunge l’Adunanza Plenaria è evidentemente influenzata dalla qualificazione dell’interesse sostanziale di base della cui tutela trattasi, quale interesse all’aggiudicazione”, in quanto la “condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara “può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale con riferimento al medesimo obiettivo; dall’altra non appare configurabile un interesse autonomo alla legittimità delle regole e delle operazioni di gara, distinto dalla pretesa all’aggiudicazione o alla stipula del contratto”.
– ma ha ritenuto di valorizzare – ed è questo elemento di dirimente rilievo ai fini della delibazione della questione all’esame – la “teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e della sua conseguente tutela”, che, “in quanto diritto vivente necessita di interpretazione evolutiva idonea a conservarne la coerenza rispetto alle profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazione e prospettive”.
Nel dare atto dell’introduzione dell’onere di impugnazione dell’altrui ammissione alla procedura di gara (ex art. 120 c.p.a., così come modificato dall’art. 204, comma 1, lett. b del nuovo Codice Appalti, la sentenza in rassegna ha rilevato che:
– “a fronte di un sistema che in precedenza precludeva l’impugnazione delle ammissioni, sull’implicito e pacifico presupposto che concorrente avesse in interesse concreto ed attuale a contestare l’ammissione altrui solo all’esito della procedura selettiva”
– è, ora, “previsto l’onere di impugnazione immediata, con ciò dando evidentemente sostanza e tutela ad un interesse al corretto svolgimento della gara, scisso ed autonomo, sebbene strumentale, rispetto a quello all’aggiudicazione”.
Se, sulla base del percorso logico come sopra riportato, la valorizzazione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio con riferimento alla scelta della metodologia di aggiudicazione assume attualizzata e maggiormente pregnante valenza rispetto al più “tradizionale” orientamento che ne differiva la tutelabilità al momento dell’emersione di un pregiudizio rappresentato dall’esito infausto (per la ricorrente) della procedura di gara, la citata sentenza 2014/2017 ha – ancora una volta, con peculiare rilevanza rispetto alla controversia sottoposta all’esame di questo Collegio – posto in luce che:
– a fronte della “creazione di una vera e propria gerarchia fra i due tipici metodi di aggiudicazione di un appalto, ovvero l’offerta economicamente più vantaggiosa e il massimo ribasso”, per come introdotta dall’art. 95 del D.Lgs. 50/2016 (laddove nell’art. 83 del precedente D.Lgs. 163/2006 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno per l’altro), sì che “i criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta”, ma “garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, imponendo l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione
– tali “elementi … profilano una nozione di “bene della vita” meritevole di protezione, più ampia di quella tradizionalmente riferita all’aggiudicazione, che sebbene non coincidente con il generale interesse alla mera legittimità dell’azione amministrativa, è nondimeno comprensiva del “diritto” dell’operatore economico a competere secondo i criteri predefiniti dal legislatore, nonché a formulare un’offerta che possa validamente rappresentare la qualità delle soluzioni elaborate, e coerentemente aspirare ad essere giudicata in relazione anche a tali aspetti, oltre che sulla limitativa e limitante (se isolatamente considerata) prospettiva dello “sconto”.
Può, quindi, senz’altro convenirsi che
– la presenza di “elementi fisiologicamente disciplinati dal bando o dagli altri atti di avvio della procedura, che assumono rilievo sia nell’ottica del corretto esercizio del potere di regolazione della gara, sia in quella dell’interesse del singolo operatore economico ad illustrare ed a far apprezzare il prodotto e la qualità della propria organizzazione e dei propri servizi, così assicurando, nella logica propria dell’interesse legittimo … la protezione di un bene della vita che è quello della competizione secondo il miglior rapporto qualità prezzo; un bene, cioè, diverso, e dotato di autonoma rilevanza rispetto all’interesse finale all’aggiudicazione”
conduce ad affermare la sussistenza di un vero e proprio “onere dell’immediata impugnazione dell’illegittima adozione del criterio del massimo ribasso”, a fronte della sussistenza di tutti i rilevanti presupposti, quali integrati dalla “posizione giuridica legittimante avente a base, quale interesse sostanziale, la competizione secondo meritocratiche opzioni di qualità oltre che di prezzo”, dalla “lesione attuale e concreta, generata dalla previsione del massimo ribasso in difetto dei presupposti di legge”, nonché dall’interesse “a ricorrere in relazione all’utilità concretamente ritraibile da una pronuncia demolitoria che costringa la stazione appaltante all’adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ritenuto dalle norme del nuovo codice quale criterio “ordinario” e generale.
Una diversa soluzione – più aderente alla lettera che alla ratio dell’Adunanza Plenaria del 2003 – finirebbe “per svilire e depotenziare” – come ulteriormente soggiunto dalla pronunzia di che trattasi – “le due architravi del nuovo impianto normativo:
a) da un lato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – assunto da legislatore ad elemento di rilancio di una discrezionalità “sana e vigilata” da porre a disposizione di amministrazioni qualificate sì da renderle capaci di selezionare le offerte con razionalità ed attenzione ai profili qualitativi – sarebbe destinato a rimanere privo di garanzie di effettività, posto che, la sua correzione si avrebbe solo all’esito della procedura concorsuale e della sua appendice giurisdizionale, in presenza di un operatore (quello offerente il massimo ribasso) in capo al quale si sono tra l’altro già ingenerate aspettative;
b) dall’altro sarebbe irragionevolmente derogata la logica bifasica (ammissioni/esclusioni prima fase; aggiudicazione seconda fase) che ha caratterizzato il nuovo approccio processuale in tema di tutela, poiché è evidente che l’illegittimità del bando, sub specie del criterio di aggiudicazione, è un prius logico giuridico rispetto alle ammissioni, condizionandole e rendendole illegittime in via derivata”, con il risultato che “l’intento di affrancare il contenzioso sull’aggiudicazione da tutte le questioni sollevabili in via incidentale dal controinteressato (e fra queste anche quelle relative all’illegittimità del bando, strumentali all’utilitas della riedizione della gara) che ha ispirato la formulazione delle nuove norme processuali, risulterebbe tradito proprio in relazione ad aspetti basilari della prima fase” (così TAR Brescia, 18.12.2017 n.  1449).

Altra giurisprudenza ha recentemente affermato che l’impugnazione del criterio con cui si svolgerà la gara non può che essere posticipata al momento dell’aggiudicazione, momento in cui si attualizza la potenziale lesione, non condividendo quell’impostazione che, in tali casi, richiede l’immediata impugnazione del bando di gara (TAR Salerno, 03.01.2018 n. 8; cfr. Cons. St., sez. III, ord., 7 novembre 2017, n. 5138 che ha rimesso la relativa questione all’adunanza plenaria). 

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