L’istituto del soccorso istruttorio / procedimentale deve essere interpretato conformemente al cd. principio del risultato, oggi codificato nell’art. 1 del d.lgs. 36/2023 ma, come ricordato dal Consiglio di Stato in una recente decisione, costituente principio già immanente dell’ordinamento (Con. Stato, sez. IV, 20 aprile 2023, n. 4014). Il perseguimento del risultato, infatti, deve orientare quale criterio-guida l’azione amministrativa nella selezione del concorrente che risulti il più idoneo all’esecuzione delle prestazioni oggetto dell’affidamento avendo presentato la migliore offerta. Da ciò deriva che l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, impedisca all’operatore economico che abbia presentato la migliore offerta di aggiudicarsi la commessa, è illegittimo anche sotto il profilo della violazione del cd. principio del risultato. È quindi chiaro che il ricorso al soccorso istruttorio / procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto. Dal fatto che il ricorso al soccorso istruttorio / procedimentale non costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante, ma un vero e proprio onere procedimentale ogniqualvolta esso sia strumentale a sanare irregolarità e/o omissioni afferenti alla documentazione presentata dagli operatori economici che potrebbero impedire di selezionare il miglior concorrente quale esecutore dell’appalto, deriva che la possibilità della sanatoria di meri errori materiali attraverso detto istituto di soccorso istruttorio/procedimentale deve essere concessa indistintamente a tutti gli operatori economici.
Pertanto, l’operato della stazione appaltante la quale, attraverso erronee valutazioni, da un lato permette ad un operatore economico (-OMISSIS-) che sia incorso in errori materiali e/o omissioni meramente formali di sanare detti errori, mentre non concede la stessa possibilità ad un altro operatore economico (-OMISSIS-), è illegittimo anche per la violazione della parità di trattamento e della par condicio tra i due concorrenti di gara.
Ai fini dell’esatta comprensione della doglianza, che appare in ogni caso infondata, occorre evidenziare quanto segue.
Il criterio di aggiudicazione della presente gara è quello del prezzo più basso (cfr. il disciplinare di gara, doc. 2 della ricorrente e doc. 1 del resistente, pag. 7).
L’art. 5 del disciplinare elenca una serie di documenti da presentare a pena di esclusione ed altri invece meramente opzionali; fra questi ultimi sono espressamente indicati i “Giustificativi per la congruità delle offerte” (cfr. ancora i citati documenti n. 2 e n. 1, pag. 4).
La ragione del carattere non obbligatorio di tali documenti è comprensibile alla luce dell’art. 5.8 del disciplinare (cfr. pag. 7 di quest’ultimo), che prevede la verifica di congruità dell’offerta economica soltanto nel caso di offerte ammesse pari o superiori a cinque.
Lo stesso art. 5.8 richiede la fornitura dei giustificativi dell’offerta già in sede di gara per ragioni di speditezza procedimentale (la norma del disciplinare parla di “economicità e tempestività della procedura” oltre che di necessaria “celerità” della medesima), pur specificando che la documentazione “non verrà valutata in sede di apertura delle offerte economiche” ma sarà oggetto di esame soltanto in caso di verifica di eventuale anomalia dell’offerta.
La presentazione dei giustificativi unitamente all’offerta è però meramente facoltativa, tanto è vero che sempre il citato art. 5.8 stabilisce che se la documentazione non fosse caricata a sistema, la stazione appaltante chiederà spiegazioni nel rispetto dell’art. 97 comma 5 del codice.
In conclusione, la verifica di congruità dell’offerta è meramente eventuale, sicché l’esame della documentazione giustificativa della congruità è anch’essa eventuale, il che spiega perché tali documenti non devono essere depositati a pena di esclusione al momento della partecipazione alla procedura.
Orbene, la società -OMISSIS- ha comunque prodotto tali documenti giustificativi della congruità del prezzo offerto e fra essi ve ne è uno che la società esponente reputa falso. […]
Sul punto occorre premettere – la circostanza è peraltro pacifica in fatto – che nella presente procedura negoziata l’Amministrazione non ha effettuato alcuna verifica di congruità o di anomalia delle offerte (l’omessa verifica è peraltro oggetto di contestazione con i motivi n. 4 e n. 5 di ricorso, che saranno in seguito esaminati).
In mancanza di tale verifica, il -OMISSIS-non ha esaminato il documento reputato falso, al pari del resto di tutti i documenti di -OMISSIS- giustificativi della congruità della sua offerta.
In altri termini tali documenti non hanno influito in alcun modo sulla decisione di affidamento del contratto, che è stata effettuata tenendo in considerazione soltanto il prezzo più basso proposto dall’attuale controinteressata (cfr. il doc. 7 della ricorrente ed il doc. 6 del resistente). Laddove un documento, peraltro meramente facoltativo, non ha inciso in nessun modo sulla determinazione finale di affidamento della stazione appaltante, l’ipotetica falsità del medesimo non può certo determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione. A ciò si aggiunga che, non avendo l’Amministrazione effettuato alcun esame del citato documento magari in contraddittorio con -OMISSIS-, non può neppure essere affermata con assoluta certezza la falsità dello stesso, ad onta di quanto sostenuto nel gravame e nei successi scritti difensivi della società istante. Tali conclusioni sono state fatte proprie, seppure in sede cautelare, dal Consiglio di Stato nella sua ordinanza n. -OMISSIS-, dove è chiaramente affermato che nell’offerta dell’aggiudicataria non si ravvisa “alcuna falsità idonea ad incidere sulla valutazione dell’offerta effettuata dalla stazione appaltante”. Pare inoltre al Collegio che quanto sopra esposto sia rispettoso dei principi fondamentali della contrattualistica pubblica previsti dal vigente D.Lgs. n. 36/2023, ancorché la gara di cui è causa sia regolata dal D.Lgs. n. 50/2016; in particolare si tratta dei principi del risultato e della fiducia di cui agli articoli 1 e 2 del nuovo codice dei contratti pubblici.
[…]
L’art. 5.8 del disciplinare di gara vieta l’esclusione automatica delle offerte anomale qualora il numero delle offerte ammesse è inferiore a cinque.
Lo stesso articolo prevede la verifica di congruità obbligatoria sempre in caso di offerte ammesse pari o superiori a cinque e tale condizione, come già più volte ricordato, non si è realizzata nella presente procedura negoziata.
Nel caso di specie non si ravvisa quindi alcun obbligo di effettuare la verifica di anomalia; tuttavia l’esponente sostiene che la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere ad una verifica facoltativa – prevista in via generale dall’art. 97 comma 6 ultimo periodo del codice – in presenza di elementi specifici di anomalia.
Sul punto è necessario evidenziare che, secondo un pacifico indirizzo giurisprudenziale condiviso dalla Sezione, la scelta di procedere ad una verifica facoltativa di anomalia costituisce manifestazione di discrezionalità dell’Amministrazione, censurabile davanti al giudice amministrativo soltanto in caso di evidenti errori o di palese illogicità (cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, Sezione VII, sentenza n. 9280/2022 e TAR Lombardia, Milano, Sezione IV, sentenza n. 650/2018).
Dalla lettura dei documenti versati in giudizio non si desume l’esistenza di elementi specifici tali da rendere palesemente erronea la decisione del -OMISSIS-di non procedere ad una verifica facoltativa di anomalia.
Infatti, il ribasso offerto dell’aggiudicataria è del 26,60%, a fronte del ribasso del 23,01% della ricorrente (si veda ancora il doc. 7 di quest’ultima e pag. 3 del ricorso) e non si tratta certo di una differenza tale da far sorgere un ragionevole dubbio sulla congruità del prezzo proposto dall’affidataria.
Inoltre, il ribasso offerto da -OMISSIS- appare in linea con quelli delle precedenti procedure di aggiudicazione per gli anni 2019, 2020 e 2021, per le quali gli sconti dell’impresa vincitrice sono stati rispettivamente del 23,72%, del 25,11% e del 26,61% (cfr. i documenti dal n. 2 al n. 4 del resistente) e non sono emersi problemi in sede di esecuzione del contratto.
Neppure potrebbe sostenersi, come vorrebbe l’esponente, che l’Amministrazione avrebbe dovuto effettuare comunque la verifica essendo stati presentati i giustificativi di congruità dell’offerta.
Il deposito di questi ultimi, come già ricordato al punto 1.1 della presente narrativa, obbedisce soltanto ad esigenze di speditezza dell’azione amministrativa ma non può interpretarsi come un obbligo di procedere alla verifica in ogni caso; si tratterebbe, infatti, di una soluzione in contrasto con le note esigenze di efficienza, di efficacia e di tempestività della condotta dell’Amministrazione in materia di contratti pubblici (si veda ancora il fondamentale principio del “risultato” di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023).
In conclusione, devono rigettarsi anche i motivi n. 4 e n. 5 e quindi l’intero ricorso in epigrafe in ogni sua domanda.
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