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Malfunzionamento Piattaforma Approvvigionamento Digitale : applicazione principio del risultato e della conservazione degli atti della procedura (art. 1 d.lgs. 36/2023)

TAR Roma, 19.07.2024 n. 14747

In proposito va ricordato che per giurisprudenza consolidata in materia di gare telematiche, anche ove non sia possibile stabilire con certezza se vi sia stato un errore da parte del singolo operatore economico, ovvero se la trasmissione dell’offerta sia stata impedita da un vizio del sistema informatico imputabile alla stazione appaltante, le conseguenze degli esiti anormali del sistema non possono comunque andare a detrimento dei partecipanti, stante la natura meramente strumentale del mezzo informatico (Consiglio di Stato, sezione III, 28 dicembre 2020, n. 8348, Consiglio di Stato, sezione III, 07 gennaio 2020, n. 86 e Consiglio di Stato, sezione V, 20 novembre 2019, n. 7922), nonché i principi di par condicio e di favor partecipationis. Dalla natura meramente strumentale dell’informatica applicata all’attività della Pubblica Amministrazione discende, infatti, il corollario dell’onere per quest’ultima di doversi accollare il rischio dei malfunzionamenti e degli esiti anomali dei sistemi informatici di cui la stessa si avvale, essendo evidente che l’agevolazione che deriva alla P.A. stessa, sul fronte organizzativo interno, dalla gestione digitale dei flussi documentali, deve essere controbilanciata dalla capacità di rimediare alle occasionali possibili disfunzioni che possano verificarsi, in particolare attraverso lo strumento procedimentale del soccorso istruttorio (TAR Lecce, 10.06.2019 n. 977; TAR Milano, I, 9.1.2019, n. 40).
A maggior ragione nel caso di specie, in cui il malfunzionamento del sistema è stato obiettivamente riscontrato dalla stazione appaltante e tra l’altro segnalato dalla stessa ricorrente; la prima, rilevata l’inattendibilità della scheda di offerta economica generata dal sistema non idonea e non attendibile ai fini dell’attribuzione del punteggio economico, si è dunque correttamente fatta carico dell’inconveniente tecnico senza far gravare lo stesso sullo svolgimento della gara e dunque sulle due imprese partecipanti. […]
E’ dunque del tutto ragionevole che la stazione appaltante, nel caso che occupa, a fronte del ridetto malfunzionamento del sistema, abbia ritenuto “con ragionevole certezza” che i documenti “scheda di offerta economica predisposta dalla stazione appaltante” rappresentassero correttamente l’intento negoziale dei singoli offerenti, prendendoli dunque a riferimento, venuto meno il criterio di cui all’art. 8.9 del Capitolato d’oneri, per la valutazione delle offerte economiche.
In tal senso, il Collegio ritiene poi di dover rimarcare che – come eccepito dall’Amministrazione resistente – l’operato della stazione appaltante è perfettamente in linea col principio del risultato previsto dall’art. 1 del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 36/2023.
Nel contesto della procedura di causa viene, infatti, in evidenza il principio cristallizzato all’art. 1 del Codice dei contratti pubblici, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, principio al quale il nuovo Codice dei contratti pubblici approvato con il d.lgs. n. 36/2023 attribuisce una valenza determinante nel guidare l’interprete nella lettura e nell’applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara.
Come è stato evidenziato di recente dal Consiglio di Stato (sez. V, sentenza n. 3738/2024) “L’art. 1 è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri. Si tratta di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è:
a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto;
b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto”.
Il principio del risultato costituisce, pertanto, “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento” (cfr. TAR Napoli, 06.05.2024 n. 2959).
E ancora (così Tar Campania, sez. V, sentenza n. 2959/2024), “L’art. 1 del nuovo Codice degli appalti pubblici, in particolare, tratta il principio del risultato, rivolto essenzialmente agli enti committenti (stazioni appaltanti e enti concedenti) e riguarda l’iter complessivo del contratto, cioè sia la fase di affidamento che quella di esecuzione. Nello specifico il principio del risultato è inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, affinché l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
La massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo costituiscono, dunque, le due declinazioni principali del principio in parola, cui sono funzionali gli altri elementi indicati nei successivi commi: la concorrenza tra gli operatori economici, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, e la trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nell’applicazione delle disposizioni del Codice”.
Sulla base di detto principio, come rilevato dalla giurisprudenza amministrativa, nell’analisi dei casi concreti va quindi privilegiata l’esigenza di garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica (con il riconoscimento del prioritario interesse al pronto raggiungimento delle finalità dell’appalto), essendo destinati a recedere quei formalismi ai quali non corrisponda una concreta ed effettiva esigenza di tutela del privato (cfr. Tar Campania, sez. I, sentenza n. 377/2024).
Il comma 4 dell’art. 1 del Codice prevede poi che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”, traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare. “La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica” (Tar Campania, sentenza n. 2959/2024, cit.).
Il principio del risultato è, inoltre, inestricabilmente avvinto all’ulteriore principio della fiducia di cui all’art. 2 del medesimo Codice dei contratti pubblici, il quale “amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile” (così ancora il Consiglio di Stato nella sentenza n. 3738/2024, nonché Tar Calabria, sez. III, sentenza n. 3738/2023).
Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2, specie commi 1 e 2, del Codice (“1. L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici. 2. Il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato”), in particolare “afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile” (Tar Campania, sentenza n. 2959/2024, cit.).
Tanto premesso e venendo alla vicenda di causa, appare evidente che il chiarimento reso dalla stazione appaltante nel verbale del 24 aprile 2024 ed il conseguente operato nell’attribuzione dei punteggi economici delle due offerenti si colloca, secondo questo Collegio, nel solco delle citate innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa. Nel delucidare la “regola del caso concreto”, come richiesto dai richiamati principi, la stazione appaltante ha difatti optato per un’interpretazione ed una applicazione delle regole di gara ispirata al principio del risultato e della conservazione degli atti della procedura, ritenendo ben essendo desumibile in maniera univoca la volontà negoziale delle offerenti, quale risultante dal modello economico predisposto dalla stazione appaltante debitamente compilato da ciascuna delle due imprese.

Gara telematica tra “rigidità” della Piattaforma telematica e principio del risultato

Consiglio di Stato, sez. VII, 01.07.2024 n. 5789

7.5. Non è superfluo osservare che, sebbene la procedura per cui è causa sia stata indetta nella vigenza del decreto legislativo n. 50/2016, l’operato della stazione appaltante non appare in linea col principio del risultato, ora codificato nell’art. 1 del decreto legislativo 1° aprile 2023, n. 36 “Nuovo codice dei contratti pubblici” (si tratta di un principio la cui valenza ricognitiva di canoni generali consente di predicarne l’applicabilità anche alle procedure indette nella vigenza del ‘Codice 50’).
Tale articolo, collocato in apertura della disciplina del nuovo codice, dispone che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
Il principio del risultato, secondo la declinazione datane dal legislatore:
– costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità ed è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea;
– costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.
Si tratta di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse, da perseguire attraverso il rispetto della concorrenza della trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del codice.
Il principio della fiducia di cui al successivo art. 2 del nuovo codice dei contratti pubblici (anch’esso applicabile alla vicenda in esame per le ragioni già esposte) amplia, poi, i poteri valutativi e la discrezionalità della pubblica amministrazione in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.
Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924).
Osserva il Collegio che l’eccessiva “rigidità” della piattaforma informatica approntata per la presentazione delle offerte, unita all’eccessivo “formalismo” con cui la stazione appaltante ha gestito la gara, arrestata sul nascere, abbiano nella sostanza frustrato i riportati principi che, val bene ricordarlo, sebbene codificati soltanto con il decreto legislativo n. 36 del 2023, non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, rappresentano comunque principi già immanenti dell’ordinamento.

7.6. La riforma della sentenza impugnata impone lo scrutinio del motivo, non esaminato dal Tar, con cui si censura l’unico argomento speso dall’amministrazione per disporre l’esclusione dell’appellante.
Si tratta dell’affermazione della stazione appaltante, avallata dal Tar, secondo cui generando il file WeTransfer l’appellante avrebbe violato il principio di segretezza delle offerte, non risulta condivisibile.
7.6.1. In punto di fatto non può non rilevarsi la contraddittorietà intrinseca alla relazione del RUP laddove, da una parte si ritiene sia stato violato il principio di segretezza e, dall’altro, si afferma testualmente che «Alla ricezione del link wetransfer, il sottoscritto Responsabile del Procedimento ha provveduto allo scaricamento delle cartelle trasmesse sul proprio computer e alla protezione delle stesse mediante l’inserimento di una password»: dunque è lo stesso RUP a confermare che la segretezza dell’offerta tecnica era tecnicamente salvaguardabile ed è stata comunque garantita.
7.6.2. Inoltre, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale di questo Consiglio, laddove la procedura di gara sia caratterizzata da una netta separazione tra la fase di valutazione dell’offerta tecnica e quella dell’offerta economica, come nella specie, il principio di segretezza comporta che, fino a quando non sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, non è consentito al seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza sull’apprezzamento dei primi (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 marzo 2022, n. 1785).
Il principio di segretezza comporta che, fino a quando non si sia conclusa la valutazione degli elementi tecnici, è interdetta al seggio di gara la conoscenza di quelli economici, per evitare ogni possibile influenza sull’apprezzamento dei primi.
7.6.3. È stato affermato che «il divieto di commistione tra offerta economica e offerta tecnica costituisce espressione del principio di segretezza dell’offerta economica, ed è posto a garanzia dell’attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’articolo 97 della Costituzione, sub specie della trasparenza e della par condicio tra i concorrenti. Ciò in quanto la conoscenza di elementi economici dell’offerta da parte della commissione aggiudicatrice può essere di per sé potenzialmente idonea a determinare un condizionamento, anche in astratto, da parte dell’organo deputato alla valutazione dell’offerta, alterandone la serenità ed imparzialità valutativa; di conseguenza nessun elemento economico deve essere reso noto alla commissione stessa prima che questa abbia reso le proprie valutazioni sull’offerta tecnica (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2019, n. 612; Id., sez. III, 26 febbraio 2019, n. 1335).
Nondimeno, proprio alla luce della ratio che lo ispira, il principio non va inteso in senso assoluto: per consolidato intendimento, infatti, tale divieto di commistione (pur rilevando anche solo sotto il profilo potenziale) non deve essere inteso in senso meramente formalistico, ben potendo nell’offerta tecnica essere inclusi singoli elementi economici, resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché si tratti di elementi economici che non fanno parte dell’offerta economica, quali i prezzi a base di gara, i mezzi di listini ufficiali, i costi o prezzi di mercato, ovvero siano elementi isolati e del tutto marginali dell’offerta economica, che non consentano cioè in alcun modo di ricostruire la complessiva offerta economica ovvero consistano nell’assunzione di costi di prestazioni diverse da quelle apprezzate nell’offerta economica, anche se comunque da rendere a terzi in base al capitolato e remunerate dalla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 giugno 2018, n. 3609).
Ne discende che il divieto di commistione va apprezzato in concreto e non in astratto, nel contesto di un esercizio proporzionato e ragionevole della discrezionalità tecnica e con riguardo alla concludenza degli elementi economici esposti o desumibili dall’offerta tecnica, che debbono essere effettivamente tali da consentire di ricostruire in via anticipata l’offerta economica nella sua interezza ovvero, quanto meno, in aspetti economicamente significativi, idonei a consentire potenzialmente al seggio di gara di apprezzare prima del tempo la consistenza e la convenienza di tale offerta (cfr. Cons. Stato, sez. III, 12 luglio 2018, n. 4284)» (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2020, n. 2732).
Il principio della segretezza dell’offerta, dunque, postula essenzialmente che l’offerta economica non debba essere conosciuta in alcun modo nella fase di valutazione dell’offerta tecnica e che l’eventuale commistione tra offerta tecnica e offerta economica va interpretata in modo non formalistico: solo laddove travalichi i limiti indicati dalla citata giurisprudenza, la rilevata commistione può comportare la violazione delle esigenze di segretezza delle offerte (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 2024, n. 5125 che richiama id. 11 giugno 2018, n. 3609).
7.6.4. Nel caso di specie tale commistione, peraltro neanche prospettata nel provvedimento di esclusione, non può ritenersi posta in essere soltanto sulla base della diversa modalità con cui è stata trasmessa parte dell’offerta tecnica stante l’impossibilità di caricarla sulla piattaforma telematica.
Il principio di segretezza delle offerte sarebbe stato violato se la stazione appaltante avesse riscontrato, all’interno dell’offerta tecnica, elementi tali da consentire di risalire all’offerta economica: criticità questa che, da una parte, nel caso di specie non è stata in alcun modo rilevata e, dall’altra, si sarebbe potuta in astratto verificare anche se il progetto definitivo fosse stato caricato sulla piattaforma telematica.
7.7. Dunque il provvedimento di esclusione impugnato si fonda su un presupposto, quello della violazione della segretezza delle offerte, allo stato indimostrato e giuridicamente insussistente, risultando così viziato per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione.

Principio del risultato può essere utilizzato dal Giudice quale criterio interpretativo per risolvere il contrasto tra il “dato formale” e il “dato sostanziale” (art. 1 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. VI, 04.06.2024 n. 4996

16. Come chiarito da questo Consiglio di Stato (sez. III, 15.11.2023 n. 9812 e 26.03.2024 n. 286), anche se il “principio del risultato” è stato reso solo di recente esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023, tale principio era già “immanente” al sistema della c.d. amministrazione di risultato (ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023). Di conseguenza, il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal d.lgs. n. 36/2023 (Cons. Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924). L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura ad evidenza pubblica, trattandosi, come ha autorevolmente insegnato la predetta giurisprudenza “di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire (…) e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale (…).” Detto principio, nel caso che occupa la sezione, è l’esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata. La prevalenza per gli aspetti sostanziali, rispetto a quelli puramente formali, nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica, è stata riconosciuta in più occasioni dalla giurisprudenza, anche prima del d.lgs. n. 36/2023. Per il Giudice Amministrativo il principio del risultato rappresenta il criterio interpretativo a cui ricorrere per risolvere i casi di contrasto tra il “dato formale” del pedissequo rispetto del bando e il “dato sostanziale” della idoneità delle partecipazioni dell’operatore economico (e dunque dell’interesse sostanziale dell’amministrazione alla spedita realizzazione del bene pubblico, che nel caso di specie risulta essere la transizione digitale, anche se la lex specialis non ha disciplinato tutti gli aspetti possibili sulla localizzazione degli impianti, ma è chiaro che l’obiettivo principale è lo spegnimento delle frequenze e la loro liberazione). Il principio del risultato non deve tuttavia essere posto in chiave antagonista rispetto al principio di legalità. Al contrario, come chiarito dalla terza Sezione (Cons. Stato, sez. III, 26.03.2024 n. 2866), “il valore del risultato «concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”.

Criteri Ambientali Minimi – Carattere “mandatory” – Principio di risultato “statico” e “normativamente rilevante” – Effettività della tutela ambientale e degli interessi di natura superindividuale (art. 1 , art. 57 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. III, 27.05.2024 n. 4701

6.4. La questione in merito alla quale le parti appellate hanno sollecitato un intervento chiarificatore di questo giudice concerne l’individuazione della soglia (minima) normativa di esigibilità della previsione dei criteri ambientali minimi all’interno della legge dia gara.
Il Collegio, nel farsi carico dello scrutinio di tali difese, ritiene anzitutto che tale questione abbia carattere alquanto serio, determinando un antagonismo fra l’esigenza di semplificazione della lex specialis (e della gara stessa) per un verso, e la non meno rilevante esigenza di effettività dell’operatività dei criteri ambientali minimi nella fase di esecuzione del contratto.
La soluzione di tale dialettica va individuata tenendo conto anzitutto del dato testuale: l’art. 34, comma 1, del d. lgs. n. 50 del 2016 prescrive espressamente “l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi adottati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (….) ”.
Si tratta di un dato non formale, ma piuttosto sostanziale, dal momento che le prescrizioni in questione mirano a conformare l’esecuzione della prestazione contrattuale (come meglio si preciserà in seguito).
È appena il caso di osservare come identica disciplina sia contenuta, nonostante solo apparenti difformità testuali, nell’art. 57, secondo comma, del d. lgs. n. 36 del 2023, che si pone in relazione di continuità con il carattere c.d. mandatory dei criteri ambientali minimi: anche in considerazione del rilievo (non solo meramente esegetico) che tale processo di successione di norme è stato segnato, medio tempore, dalla riforma del parametro costituzionale rappresentato dagli artt. 9 e 41 della Costituzione (e fermo restando, comunque, che la parte della previsione del citato art. 57 avente ad oggetto la graduazione, ove possibile, dei criteri sulla base del valore del contratto non è rivolta alle stazioni appaltanti, ma all’attività di predisposizione dei decreti ministeriali).
Date le superiori premesse, nel caso di specie tre dirimenti elementi, in particolare, impediscono di accedere alla tesi delle parti appellate che hanno allegato, anche graficamente, la conformità all’indicato parametro normativo dell’indicata legge di gara.
[…]
6.7. Alla luce delle osservazioni che precede va conclusivamente esaminato il profilo – cui si è già in parte accennato – relativo alla possibilità di eterointegrazione della legge di gara, anche per effetto del rinvio in essa contenuto ai decreti ministeriali.
La citata sentenza n. 8773/2022 ha precisato che “La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è pacifica nel rinvenire la ratio dell’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi nell’esigenza di garantire “che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde” (così, da ultimo, la sentenza n. 6934/2022). La previsione in parola, e l’istituto da essa disciplinato, contribuiscono dunque a connotare l’evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, come affermato in dottrina, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare””.
L’applicazione di tali princìpi alla fattispecie dedotta importa l’accoglimento del relativo profilo di censura.
Ne deriva che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, il ricorso alla eterointegrazione della legge di gara ad opera dei decreti che disciplinano gli specifici criteri ambientali non è sufficiente a far ritenere rispettato l’art. 34 del d. lgs. n. 50 del 2016.
Sempre la sentenza 8773/2022 ha chiarito che “non possono ritenersi rispettate tali previsioni allegando il generico rinvio della legge di gara alle disposizioni vigenti, ovvero opponendo in memoria – in un’ottica di risultato – che l’aggiudicataria avesse comunque “offerto in gara prodotti biologici e possiede certificazioni idonee a minimizzare l’impatto ambientale nella fase esecutiva della commessa””.
Il Collegio anche sul punto – essendo, peraltro, la richiamata ricostruzione coerente ad una complessiva logica normativa non frazionabile per segmenti – aderisce al richiamato orientamento, dal momento che la fattispecie oggetto del presente giudizio non presenta – come già rilevato – differenze sostanziali rispetto a quella oggetto della sentenza da ultimo indicata, posto che in un caso i criteri ambientali minimi sono stati indicati in maniera generica, mentre nel caso in esame sono stati indicati con specifico riferimento ai relativi decreti ministeriali, ma senza che a tali riferimenti abbia fatto seguito un’effettiva declinazione nella documentazione di gara, come prescritto dal citato art. 34, primo comma.
Ne consegue che non sussistono i presupposti per la rimessione della questione all’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, posto che l’opposta opzione esegetica fatta propria dal primo giudice si richiama ad una giurisprudenza del giudice di primo grado isolata e comunque superata dal più recente orientamento di questo Consiglio di Stato, non sussistendo peraltro le condizioni di cui all’art. 99, comma 3, cod. proc. amm.
Va conclusivamente osservato sul punto che la tesi della eterointegrazione, che ha consentito al primo giudice di ritenere legittima la legge di gara, per un verso contraddice – come accennato – la tesi delle parti appellate circa la completezza della relativa documentazione; per altro verso – stante la genericità sul punto di disciplinare e capitolato, e la conseguente necessità di integrarne ab extrinseco la disciplina – ha l’effetto di spostare nella fase di esecuzione del contratto ogni questione relativa alla conformità della prestazione ai criteri ambientali: così contraddicendo la logica del risultato (della quale ci si occuperà ulteriormente ai successivi punti 8. e seguenti) , che mira piuttosto ad una sollecita definizione, in termini di certezza e stabilità del rapporto negoziale, dei reciproci diritti ed obblighi (posto che lo stesso art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 36 del 2023 – ponendosi in linea di coerenza e continuità con risalenti ed autorevoli indicazioni teoriche – costruisce la nozione di risultato in un’ottica di unitarietà strutturale e funzionale fra aggiudicazione ed esecuzione).
[…]
8. Alla luce delle considerazioni fin qui svolte in merito ai contrapposti argomenti delle parti sulla legge di gara e sul contenuto del relativo parametro normativo, devono essere esaminate le critiche rivolte dall’appellante alla parte della sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso facendo riferimento al principio del risultato (oltre a quanto già osservato in argomento al precedente punto 6.7.).
Il T.A.R. ha utilizzato tale argomento, declinato come “esigenza di garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica (con il riconoscimento del prioritario interesse al pronto raggiungimento delle finalità dell’appalto), essendo destinati a recedere quei formalismi ai quali non corrisponda una concreta ed effettiva esigenza di tutela del privato”, ritenendo che, poiché “in ragione della formulazione specifica degli atti di gara, l’operatore economico non potesse dirsi inconsapevole delle modalità attraverso cui formulare la propria offerta”, nel caso di specie andrebbe privilegiata l’esigenza di un sollecito affidamento e svolgimento del servizio.
8.1. Tale impostazione, che considera l’interesse della stazione appaltante e del singolo operatore alla presentazione dell’offerta e all’effettuazione della gara, trascura in realtà di considerare che il risultato avuto di mira dalla legge in questo caso non è “l’effettivo e tempestivo” svolgimento del servizio (a qualsiasi condizione), ma lo svolgimento del servizio finalizzato all’attuazione delle politiche ambientali alle quali risultano funzionali i criteri ambientali minimi.
La nozione, nel caso di specie, deve appuntarsi sul soddisfacimento dell’interesse pubblico primario portato dalle norme che si assumono violate.
Diversamente, si legittimerebbe una divaricazione fra la politica ambientale predicata dalla norma primaria regolante l’esercizio del potere in questione, e quella effettivamente praticata mediante la disciplina dei concreti obblighi negoziali.
8.2. È nota del resto, in tal senso, la qualificazione funzionale dei contratti pubblici operata in relazione all’evoluzione normativa della causa degli stessi: dalla concezione c.d. unipolare (limitata elle esigenze contabilistiche); a quella bipolare (che alla prima ha affiancato il perseguimento dell’interesse proconcorrenziale e alla libera circolazione); a quella, infine, multipolare, mediante la quale l’arricchimento funzionale della disciplina assegna al contratto anche il ruolo di strumento di politiche sociali ed ambientali (soprattutto per effetto del considerando 2 della Direttiva 2014/24/UE).
Questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare in proposito che “Nell’attuale quadro normativo, soprattutto per effetto delle direttive di seconda e terza generazione, il contratto di appalto non è, infatti, soltanto un mezzo che consente all’amministrazione di procurarsi beni o di erogare servizi alla collettività, ma – per utilizzare categorie civilistiche – uno “strumento a plurimo impiego” funzionale all’attuazione di politiche pubbliche ulteriori rispetto all’oggetto negoziale immediato: in altre parole, uno strumento – plurifunzionale – di politiche economiche e sociali, con conseguenti ricadute sulla causa del provvedimento di scelta del contraente” (Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 11322/2023; in argomento, da ultimo, e con ampia motivazione, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 807 del 2024, in materia di clausole sociali).
Il che, a ben vedere, si pone in chiave di coerenza evolutiva rispetto all’originaria funzione, posto che si amplia l’area dell’interesse pubblico primario: che è sempre quello alla scelta del migliore offerente, ma non più tale solo sul piano dell’affidabilità e dell’economicità, bensì anche sul terreno della capacità di concorrere a concretamente tutelare gli ulteriori interessi pubblici nel frattempo normativamente assegnati alla cura dell’amministrazione (con la conseguenza di trasformare il contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica, sociale ed ambientale: in tal senso già la citata sentenza n. 8773/2022).
Come chiarito dalla Sezione nella citata sentenza n. 11322/2023, la nozione di risultato “anche alla luce del significato ad essa attribuito dal sopravvenuto d. lgs. n. 36 del 2023, (…) non ha riguardo unicamente alla rapidità e alla economicità, ma anche alla qualità della prestazione”; (…) Se si considera tale, fondamentale quadro, la “migliore offerta” è dunque quella che presenta le migliori condizioni economiche ma solo a parità di requisiti qualitativi richiesti”.
Non trova dunque giuridico fondamento la tesi per cui la positivizzazione in materia contrattuale del principio del risultato avrebbe sancito il primato logico dell’approvvigionamento: non foss’altro perché tale principio è strettamente correlato a (e condizionato da) quello della fiducia, e dunque si differenza dalla logica del risultato “statico” di cui all’art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 per rivolgersi invece alla effettività della tutela degli interessi di natura superindividuale la cui cura è affidata all’amministrazione, fra i quali quello della tutela ambientale assume un ruolo decisamente primario alla luce sia della richiamata Direttiva 2014/24/UE, che del riformato art. 9 della Costituzione.
8.3. Così individuato il “risultato” normativamente rilevante (anche, dunque, quale parametro di legittimità dell’azione amministrativa), l’argomento di censura in esame risulta fondato in relazione a quanto già affermato dalla sentenza di questa Sezione n. 2866/2024, che ha chiarito sul punto – anch’essa in una prospettiva indotta dalla portata esegetica del principio del risultato in quanto già immanente al sistema, e dunque correttamente valutabile, come ha fatto il primo giudice, anche in fattispecie non ancora soggette alla specifica previsione di cui all’art. 1, comma 4, del d. lgs. n. 36 del 2023 – che “L’importanza del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili” (in senso analogo, successivamente, anche la sentenza della IV Sezione di questo Consiglio di Stato, n. 3985/2024).
Nella specifica materia dei criteri ambientali minimi già la più volte richiamata sentenza n. 8773/2022 aveva affermato che il mero richiamo ai criteri ambientali da parte della legge di gara “non equivale a prospettare la conformità del risultato della gara allo scopo voluto dai parametri normativi”.
8.4. La memoria conclusionale -OMISSIS- ha in proposito affermato che “La codificazione del principio è precipuamente volta a privilegiare l’aspetto sostanziale su quello meramente formale, come spiega la Relazione illustrativa al d.lgs. n. 36/2023, in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.
Orbene, alla luce di quanto si è già osservato, è proprio la valorizzazione del profilo sostanziale a deporre nel senso della fondatezza del gravame: nella duplice prospettiva della necessità – per potersi predicare la legittimità della legge di gara – di un riscontro di effettività della cura degli interessi ambientali in sede di disciplina degli obblighi negoziali (in ciò consistendo il risultato avuto di mira dalla norma in questione); e della insufficienza del dato disciplinare meramente formale consistente nel generico richiamo ai criteri in questioni.
A ciò si aggiunga quanto si è già osservato rispetto alla contrarietà al principio del risultato di una legge di gara che genericamente richiami una disciplina non declinata nelle specifiche tecniche, in vista di una successiva integrazione tale da incrementare il tasso di complicazione e di incertezza del contenuto degli obblighi negoziali.

Autotutela amministrativa , principio del risultato ed onere di motivazione

TAR Catania, 27.05.2024 n. 1962

– deve accogliersi l’eccezione di difetto di legittimazione e d’interesse a ricorrere della parte ricorrente – che non ha partecipato alla procedura in esame né tantomeno ha prospettato un interesse specifico alla riedizione della procedura – la cui istanza rivolta nei confronti dell’amministrazione al fine di ottenerne un intervento in autotutela è da considerarsi una mera denuncia, con funzione sollecitatoria, inidonea a far sorgere un rapporto giuridico qualificato con l’amministrazione in grado di trasformare un generico interesse diffuso alla regolarità delle procedure di evidenza pubblica, in una posizione giuridica differenziata (Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1674);a

– il ricorso è altresì inammissibile poiché l’interposto diniego di autotutela da parte della P.A. si configura come atto meramente confermativo, giacché l’amministrazione si è limitata a ribadire l’assenza dei presupposti per procedere ad un riesame della vicenda, che non è suscettibile di autonoma impugnazione (Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2023, n. 3485);

– in ogni caso, anche ove si volesse qualificare l’atto gravato come conferma e non come meramente confermativo, deve evidenziarsi come ai sensi dell’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023, applicabile alla fattispecie in esame, l’esercizio del potere discrezionale – che connota l’esercizio di poteri amministrativi di secondo grado – debba prioritariamente tenere conto del principio del risultato (Cons. Stato, sez. V, 27 febbraio 2024, n. 1924), sicché deve presumersi l’implicita esistenza di una preferenza ordinamentale per le scelte l’amministrazione che – come nel caso che ci occupa – siano funzionali al raggiungimento degli obiettivi di cui al citato art. 1 del d.lgs. n. 36/2023, dovendosi invece, predicare un onere motivazionale rafforzato nel caso di opzioni che possano frustare tali esigenze (cfr. T.a.r. per la Sicilia, Catania, sez. I, 6 marzo 2024, n. 900).

Gara deserta con una sola offerta se non diversamente previsto dalla lex specialis

TAR Napoli, 22.05.2024, n. 3258

Tale nuovo assetto, incentrato sul principio del risultato incide profondamente sulle coordinate dell’interprete che nell’optare per diverse soluzioni interpretative è chiamato a scegliere quella più funzionale agli obiettivi fondamentali dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione, nondimeno tale principio, proprio per la sua generalissima portata, non abroga le norme previgenti che, sia pure dettate in contesti normativi diversi, contengono puntuali prescrizioni.

È questo il caso della previsione di cui all’art. 69 del R.D. n. 827/1924 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e la contabilità generale dello Stato) a mente del quale “l’asta deve rimanere aperta un’ora per la presentazione delle offerte ed è dichiarata deserta ove non ne siano presentate almeno due, a meno che l’avviso d’asta non preveda espressamente che si procederà all’aggiudicazione anche nel caso di presentazione di una sola offerta”.

Tale norma, che è stata dettata per consentire alle stazioni appaltanti la selezione del migliore contraente sul presupposto che un effettivo confronto concorrenziale delle offerte sia possibile soltanto in presenza di una pluralità di partecipanti alla gara (cfr. delibera ANAC n. 89/2022, TAR Campania n. 4371/2019), deve ritenersi tutt’ora in vigore e non abrogata, non mostrando un’incompatibilità diretta con le norme nemmeno del nuovo codice, come invece affermato da parte ricorrente.

Anzi la disposizione in parola, sia pure datata, risulta pienamente in linea con il nuovo contesto normativo, guardando alla pluralità di offerte come fattore strumentale alla massimizzazione dell’interesse pubblico mediante la selezione dell’offerta che garantisca il miglior rapporto tra qualità e prezzo, come prescritto dal nuovo codice con il principio del risultato.

La stessa previsione della possibilità delle stazioni appaltanti di procedere ugualmente all’affidamento anche in presenza di un’unica offerta qualora sia stata inserita un’apposita nella lex specialis, ben si armonizza con il rafforzamento della discrezionalità delle stazioni appaltanti voluto dal nuovo codice frutto della ritrovata fiducia nelle scelte dell’Amministrazione, assurta anch’essa a principio fondamentale della nuova evidenza pubblica.

Sotto questo profilo, quindi, deve ritenersi corretta la scelta dell’Amministrazione di non procedere all’esame dell’offerta proposta dalla ricorrente, atteso che la regola posta dal citato art. 69 del R.d. n. 827/1924 opera a monte, precludendo lo scrutinio dell’unica offerta pervenuta in assenza di una previsione della lex specialis che lo consenta, in tal modo spostando la discrezionalità della stazione appaltante a monte al momento dell’elaborazione delle regole di gara sotto forma di autovincolo.

Selezione degli operatori economici da invitare mediante sorteggio e principio di risultato

TAR Palermo, 15.05.2024 n. 1634

Deve premettersi che, come si evince dal provvedimento impugnato, il Comune ha deciso di annullare la procedura anche in ragione dell’utilizzo del sorteggio da parte della CUC, al fine di individuare i dieci operatori economici da invitare.
Al riguardo, deve preliminarmente essere richiamata la nuova disciplina contenuta nel d. lgs. n. 36/2023, con particolare riferimento al divieto di utilizzazione, in generale, del sorteggio per individuare le ditte da invitare alle procedure negoziate.
Vanno in particolare, richiamati:
– l’art. 50, co. 2, secondo cui “Gli elenchi e le indagini di mercato sono gestiti con le modalità previste nell’allegato II.1. Per la selezione degli operatori da invitare alle procedure negoziate, le stazioni appaltanti non possono utilizzare il sorteggio o altro metodo di estrazione casuale dei nominativi, se non in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate, nei casi in cui non risulti praticabile nessun altro metodo di selezione degli operatori. Le stazioni appaltanti pubblicano sul proprio sito istituzionale i nominativi degli operatori consultati nell’ambito delle procedure di cui al comma 1”;
– l’art. 1 dell’Allegato II.1, a tenore del quale “1. Gli operatori economici da invitare alle procedure negoziate per l’affidamento di contratti di lavori di importo pari o superiore a 150.000 e di contratti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 140.000 euro e inferiore alle soglie di rilevanza europea di cui all’articolo 14 del codice sono individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto del criterio di rotazione degli affidamenti di cui all’articolo 49 del codice.
2. La procedura prende avvio con la determina a contrarre ovvero con atto equivalente secondo l’ordinamento della singola stazione appaltante che contiene l’indicazione dell’interesse pubblico che si intende soddisfare, le caratteristiche delle opere, dei beni o dei servizi oggetto dell’appalto, l’importo massimo stimato dell’affidamento e la relativa copertura contabile, la procedura che si intende seguire con una sintetica indicazione delle ragioni della scelta, i criteri per l’individuazione degli operatori da invitare alla procedura negoziata a seguito dell’indagine di mercato o della consultazione degli elenchi, i criteri per la selezione degli operatori economici e delle offerte nonché le principali condizioni contrattuali.
3. Le stazioni appaltanti possono dotarsi, nel rispetto del proprio ordinamento, di un regolamento in cui sono disciplinate:
a) le modalità di conduzione delle indagini di mercato, eventualmente distinte per fasce di importo, anche in considerazione della necessità di applicare il principio di rotazione degli affidamenti;
b) le modalità di costituzione e revisione dell’elenco degli operatori economici, distinti per categoria e fascia di importo;
c) i criteri di scelta dei soggetti da invitare a presentare offerta a seguito di indagine di mercato o attingendo dall’elenco degli operatori economici propri o da quelli presenti nel mercato elettronico delle pubbliche amministrazioni o in altri strumenti similari gestiti dalle centrali di committenza di riferimento”;
– l’art. 2, co. 3, dello stesso Allegato II.1, secondo cui “Il sorteggio o altri metodi di estrazione casuale dei nominativi sono consentiti solo in casi eccezionali in cui il ricorso ai criteri di cui al terzo periodo è impossibile o comporta per la stazione appaltante oneri assolutamente incompatibili con il celere svolgimento della procedura; tali circostanze devono essere esplicitate nella determina a contrarre (o in atto equivalente) e nell’avviso di avvio dell’indagine di mercato”;
– l’art. 3, co. 4, dello stesso Allegato, il quale dispone che “Il sorteggio o altri metodi di estrazione casuale dei nominativi sono consentiti solo in casi eccezionali in cui il ricorso ai criteri di cui al primo periodo è impossibile o comporta per la stazione appaltante oneri assolutamente incompatibili con il celere svolgimento della procedura. I criteri di selezione degli operatori da invitare alla procedura negoziata sono indicati nella determina a contrarre o in altro atto equivalente”.
Come si evince da tale complesso di disposizioni, le stazioni appaltanti:
– al fine di selezionare gli operatori da invitare alle procedure negoziate non possono di regola utilizzare il sorteggio, in quanto il limitato ricorso a tale metodo – costituente uno dei criteri della legge delega (cfr. art. 1, co. 2, lett. e), l. n. 78/2022) – è, in effetti ormai ritenuto dalla norma un metodo di carattere eccezionale, utilizzabile solo “in presenza di situazioni particolari e specificamente motivate, nei casi in cui non risulti praticabile nessun altro metodo di selezione degli operatori”;
– conseguentemente, le predette devono prevedere già nella determinazione a contrarre specifici criteri oggettivi, coerenti con l’oggetto e la finalità dell’affidamento e con i principi di concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza (v. anche la relazione al nuovo Codice);
– tale metodo di scelta degli operatori da invitare alla procedura negoziata può essere sostituito dal sorteggio – o da altri metodi di estrazione casuale dei nominativi – solo in casi eccezionali in cui il ricorso ai criteri è impossibile o comporta per la stazione appaltante oneri assolutamente incompatibili con il celere svolgimento della procedura.
Ciò premesso sulla nuova disciplina e sulla obiettiva utilizzazione del sorteggio da parte della CUC al fine di individuare gli operatori economici da invitare alla procedura negoziata, non può convenirsi con la difesa del Comune nella parte in cui sostiene che la determinazione a contrarre avrebbe indicato i criteri per la individuazione degli operatori economici da selezionare, in quanto dalla determinazione a contrarre non si evince alcuno specifico criterio; né, risulta che la stazione appaltante si sia dotata di un apposito regolamento, come previsto dal su riportato comma 3 dell’art. 1 dell’allegato II.1.
Pertanto, in tale obiettiva situazione di urgenza – come si evince dalla determinazione a contrarre e, segnatamente, dalla motivazione sul ricorso alla procedura negoziata, e dall’urgenza di realizzare l’intervento di carattere emergenziale – dal provvedimento di autotutela non risulta alcuna motivazione in ordine alla concreta incidenza sull’interesse pubblico che abbia avuto l’utilizzo del sorteggio per individuare i dieci operatori economici da invitare in una vasta platea di ditte (86 ditte), peraltro a fronte della insussistenza di una disciplina specifica per l’individuazione di un elenco di operatori economici.
Pertanto, tenuto conto di quanto finora rilevato, ad avviso del Collegio la determinazione di annullamento in autotutela si pone anche in contrasto con il principio del risultato di cui all’art. 1 del d. lgs. n. 36/2023, il quale ai sensi del successivo art. 4 costituisce criterio di interpretazione e applicazione delle altre disposizioni del nuovo Codice.

Esclusione automatica ed interpretazione metodo A dell’ Allegato II.2 : vanno escluse tutte le offerte di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza

TAR Torino, 15.05.2024 n. 514

Ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. 36/2023 «Nel caso di aggiudicazione, con il criterio del prezzo più basso, di contratti di appalto di lavori o servizi di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea che non presentano un interesse transfrontaliero certo, le stazioni appaltanti, in deroga a quanto previsto dall’articolo 110, prevedono negli atti di gara l’esclusione automatica delle offerte che risultano anomale, qualora il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque. Il primo periodo non si applica agli affidamenti di cui all’articolo 50, comma 1, lettere a) e b). In ogni caso le stazioni appaltanti possono valutare la congruità di ogni altra offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa», con la precisazione, di cui al successivo comma 2, a mente del quale «Nei casi di cui al comma 1, primo periodo, le stazioni appaltanti indicano negli atti di gara il metodo per l’individuazione delle offerte anomale, scelto fra quelli descritti nell’allegato II. 2, ovvero lo selezionano in sede di valutazione delle offerte tramite sorteggio tra i metodi compatibili dell’allegato II. 2».
Con la disposizione de qua il legislatore del codice ha previsto, in omaggio alla giurisprudenza nazionale e euro-unitaria sul punto, un’espressa deroga al procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, disciplinato dal successivo art. 110, purché: l’appalto abbia a oggetto lavori e servizi, l’aggiudicazione avvenga con il criterio del prezzo più basso, il numero delle offerte ammesse sia pari o superiore a cinque, l’importo della commessa sia inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria e non vi sia un interesse transfrontaliero certo.
In caso di sussistenza di tutti i requisiti de quibus la stazione appaltante è, quindi, tenuta a inserire nella lex specialis di gara l’espressa previsione che, qualora le offerte siano pari o superiori a cinque, si procederà all’esclusione automatica delle proposte anomale e, qualora non opti per il sorteggio, il metodo prescelto per il calcolo della soglia di anomalia, che dovrà essere individuato tra i tre previsti dall’allegato II. 2 del codice.
Come del resto evidenziato nella relazione illustrativa dello schema definitivo del Codice dei contratti pubblici, redatto dal Consiglio di Stato il 7 dicembre 2022, «la ratio della previsione poggia su una duplice considerazione. In primo luogo, l’adeguato bilanciamento del rischio di offerte anormalmente basse e di una sana dinamica competitiva tra operatori economici non può essere soddisfatto da un unico meccanismo in quanto l’equilibrio ricercato dalla stazione appaltante dipenderà dalle caratteristiche specifiche del contratto e anche del tessuto produttivo degli operatori economici a cui la stazione appaltante si rivolge. In secondo luogo, il sistema, in ultimo delineato nel decreto legislativo n. 50/2016, si prestava, nel tempo, a una possibilità di predeterminazione, da parte degli offerenti, dei parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia; tale fenomeno dipendeva dal fatto che l’algoritmo per il calcolo della soglia (e anche i precedenti in passato applicati) risultava ancorato a una funzione della distribuzione degli sconti offerti o, in altri termini, era un valore determinato, in via endogena, sulla base del valore di quegli sconti. Talune delle imprese offerenti, quindi, avrebbero potuto essere indotte a tentare di manipolare la soglia, coordinandosi nella fase di presentazione delle offerte; altre imprese partecipanti avrebbero potuto provare a “scommettere” sulla determinazione della soglia di anomalia. In entrambi i casi, si sarebbe potuto determinare l’esito svantaggioso per la stazione appaltante (e per la collettività dei contribuenti) della presentazione di offerte potenzialmente svincolate dai costi sottostanti».
Ciò posto, il Collegio non può esimersi dal rilevare che la formulazione letterale del metodo A può generare difficoltà interpretative a causa di un difetto di coordinamento tra i vari periodi: da un lato, infatti, esso prevede che «la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore a una soglia di anomalia» mentre, al successivo punto 3, afferma contraddittoriamente che «Tutti gli sconti superiori alla soglia di anomalia sono automaticamente esclusi. Tra le offerte non escluse, la stazione appaltante individua come vincitrice quella con lo sconto maggiore»; antinomia che, a parere del Collegio, deve essere risolta attribuendo rilevanza escludente a tutte le offerte di importo pari o superiore alla soglia di rilevanza.
Come del resto evidenziato dal Consiglio di Stato nella menzionata relazione illustrativa del 7 dicembre 2022, il criterio de quo replica esattamente quello previgente il quale «permette alle stazioni appaltanti di ricorrere ad un metodo da loro già ampiamente utilizzato e, quindi, riduce le complessità di adeguarsi nell’immediato a sistemi potenzialmente più efficaci, ma anche più complessi quali quelli dei due metodi presentati di seguito come Metodo B e Metodo C».
Il Consiglio di Stato, inoltre, nell’esplicare la concreta applicazione del metodo A, ha espressamente evidenziato che sono rilevanti, ai fini dell’esclusione, tutte le offerte pari o superiori alla soglia di anomalia: a pagina 85 della relazione si legge, infatti, dopo l’esemplificazione di alcuni calcoli per individuare la soglia di anomalia, che devono essere «escluse le imprese con offerte pari o superiori alla soglia di anomalia, cioè le imprese L, M, N, O, P».
Né è possibile sostenere che una simile interpretazione sia irragionevole perché foriera di disparità di trattamento in quanto il fatto che il metodo A sia l’unico ad attribuire rilevanza alle offerte pari alla soglia di anomalia si pone perfettamente in linea la volontà del legislatore, così come evidenziata dal Consiglio di Stato: come precedentemente accennato, infatti, con l’allegato II. 2 si è voluto prevedere differenti metodologie di individuazione della soglia di anomalia (alternative ma non necessariamente sovrapponibili) sia per assicurare alla stazione appaltante la possibilità di individuare il criterio che meglio si adatti all’affidamento oggetto della gara sia per evitare che il risultato delle operazioni di calcolo possa essere previsto, e quindi neutralizzato, dagli operatori economici.
A ciò si aggiunga che, poiché il criterio individuato è noto agli operatori economici sin dal momento dell’indizione della procedura di affidamento o, al più tardi, prima dell’avvio delle operazioni di valutazione delle offerte (qualora il metodo venga individuato per sorteggio), esso verrà applicato indiscriminatamente a tutti i concorrenti, evitando così alla radice ogni possibile discriminazione tra di essi.
Del resto, tali considerazioni sono state recentemente affermante anche con la sentenza n. 409 del 26 aprile 2024 in cui questa Sezione ha evidenziato che le offerte economiche pari alla soglia di anomalia esprimono «di per sé la medesima anomalia così come calcolata e ciò alla luce di una piana interpretazione sistematica, per cui devono essere considerate di per sé anomale».
Conclusione, questa, che si pone in linea con il disposto dell’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 36/23 il quale, nel descrivere il principio del risultato, afferma espressamente che: «La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti».
Con il principio de quo il legislatore ha, quindi, sancito che la concorrenza non deve essere vista come un fine ma come il mezzo attraverso il quale viene tutelato l’interesse pubblico ad un affidamento efficace, tempestivo ed efficientemente eseguito; obiettivo, questo, che può essere raggiunto solo selezionando a monte gli operatori che dimostrino «diligenza e professionalità, quali “sintomi” di una affidabilità che su di essi dovrà esser riposta al momento in cui, una volta aggiudicatari, eseguiranno il servizio oggetto di affidamento» (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. III, 12 dicembre 2023, n. 3738).
Si evidenzia, infine, che la tesi in esame è stata avvalorata sia dalla risposta al quesito n. 2250 del 24 agosto 2023 del Ministero delle Infrastrutture e trasporti sia dalla delibera ANAC n. 536 del 21 novembre 2023 i quali, seppur privi di efficacia vincolante nel caso di specie, sono del pari idonei a suffragare la ragionevolezza della decisione dell’amministrazione procedente.

Principio del risultato e principio della fiducia nell’ interpretazione ed applicazione delle regole di gara : è rilevante la finalità del contratto

TAR Napoli, 06.05.2024 n. 2959

Infine, il Collegio non può esimersi dal richiamare, in tale contesto, il particolare ruolo che il nuovo Codice dei contratti pubblici attribuisce ai due principi che guidano l’interprete nella lettura e nell’applicazione del nuovo impianto normativo di settore e della disciplina di gara, ovverosia il principio del risultato e il correlato principio della fiducia.
Il primo, previsto dall’art. 1 del predetto D.lgs. n. 36 del 2023, costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento.
Il nuovo principio-guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del D.lgs. n. 36 del 2023, porta invece a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Tale “fiducia”, tuttavia, non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che, in ossequio ad un’interpretazione formalistica delle disposizioni di gara, tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, per contro, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata. La disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e, dunque, investe anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.
L’art. 1 del nuovo Codice degli appalti pubblici, in particolare, tratta il principio del risultato, rivolto essenzialmente agli enti committenti (stazioni appaltanti e enti concedenti) e riguarda l’iter complessivo del contratto, cioè sia la fase di affidamento che quella di esecuzione. Nello specifico il principio del risultato è inteso come l’interesse pubblico primario del Codice stesso, affinché l’affidamento del contratto e la sua esecuzione avvengano con la massima tempestività ed il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
La massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo costituiscono, dunque, le due declinazioni principali del principio in parola, cui sono funzionali gli altri elementi indicati nei successivi commi: la concorrenza tra gli operatori economici, funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidamento e nell’esecuzione dei contratti, e la trasparenza, funzionale alla massima semplicità e celerità nell’applicazione delle disposizioni del Codice.
A ben vedere, sin qui il principio in parola non sembra aver introdotto novità particolarmente dirompenti: l’esigenza che la gara e la successiva esecuzione del contratto avvengano nel più breve tempo possibile, che la concorrenza abbia come finalità la scelta del miglior contraente e che vada premiata la migliore offerta sia sotto il profilo economico che qualitativo, sono regole e principi già tradizionalmente acquisiti.
Decisamente più innovativo è il comma 4.
Quest’ultimo, da un lato prevede, prevede che “Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto.”, traducendosi nel dovere degli enti committenti di ispirare le loro scelte discrezionali più al raggiungimento del risultato sostanziale che a una lettura meramente formale della norma da applicare; dall’altro valorizza il raggiungimento del risultato come elemento di valutazione del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, sia ai fini della valutazione delle loro responsabilità – di cui al successivo principio della fiducia – sia ai fini dell’attribuzione degli incentivi previsti dalla contrattazione collettiva. La declinazione del principio del risultato contenuta nel comma 4 appare quindi destinata ad avere un maggiore impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale, di cui assume un profilo dirimente la sua destinazione teleologica.
Orbene, il chiarimento reso dalla stazione appaltante si è posto pienamente in linea con le innovative coordinate normative cui deve ispirarsi l’azione amministrativa in quanto, nel delucidare la “regola del caso concreto”, come richiesto dal richiamato principio, ha optato per un’interpretazione delle regole di gara ispirata all’implicito principio dell’equivalenza funzionale fra i prodotti, in tal modo assicurandosi il conseguimento del “miglior risultato” possibile all’esito di un realizzato contesto partecipativo ispirato all’attuazione della massima concorrenzialità nel segmento di mercato interessato, altrimenti preclusa dall’interpretazione formalistica ed escludente delle prescrizioni tecniche invocata dalla ricorrente.
Conclusivamente, la stazione appaltante, seguendo la regola del “risultato” nei termini sopra declinati, ha optato per un’interpretazione delle disposizioni di gara teleologicamente orientata ad attuare la ratio sottesa alla programmata operazione amministrativa/negoziale complessivamente intesa, vale a dire assicurarsi il prodotto farmaceutico, munito delle capacità terapeutiche ritenute imprescindibili, al miglior costo di mercato, obliterando così la portata impeditiva di tale primario scopo (costituente, secondo una terminologia privatistica, la “causa in concreto” perseguita dallo stipulando contratto) delle prescrizioni meramente formali inerenti al dosaggio ed al confezionamento del farmaco, così riconoscendo, al tempo stesso, l’estraneità di queste ultime rispetto al conseguimento del risultato perseguito.

IL PRINCIPIO DEL RISULTATO NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI, DALL’ ENTRATA IN VIGORE DEL D.LGS. N. 36/2023 AD OGGI: L’ EVOLUZIONE INTERPRETATIVA NELLE SENTENZE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO

 

 

 

 

 

 

 

Sommario: 1. Principio “immanente” del sistema – 2. Chiarimenti sulla nozione di “risultato” – 3. Spinta al superamento di “vuoti formalismi” – 4. Nuovo criterio interpretativo del “soccorso istruttorio” – 5. Parametro di legittimità delle scelte della Stazione Appaltante.

Il focus propone una rassegna ragionata delle principali sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato (con link alla versione integrale) in materia di “principio del risultato”, a partire dall’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 36/2023). Dalla ricerca emerge come, anche nei casi di procedure di gara indette sulla base della precedente normativa, il Giudice Amministrativo si avvale del “principio del risultato” quale criterio orientativo prioritario per valutare l’esercizio del potere discrezionale da parte della Stazione Appaltante e risolvere il singolo caso concreto. Il percorso giurisprudenziale rappresenta, quindi, un utilissimo strumento sull’applicazione in concreto dell’art. 1 del d.lgs. 36/2023.

 

1. Principio “immanente” del sistema.

Il Giudice Amministrativo si è avvalso del principio del risultato come supporto interpretativo idoneo a risolvere controversie relative anche a gare regolate dal d.lgs. n. 50/2016.

Come chiarito, infatti, dal Consiglio di Stato, sez. III, 15.11.2023 n. 9812 e sez. III, 26.03.2024 n. 286, anche se il principio in commento è stato reso solo di recente esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023, tale principio era già “immanente” al sistema della c.d. amministrazione di risultato (che la dottrina ha ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del d. lgs. n. 36 del 2023).

Di conseguenza, il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure di appalto non rette dal d.lgs. n. 36/2023 (TAR Napoli, 15.01.2024 n. 377).

È stato così possibile valutare l’operato della Stazione Appaltante perfettamente in linea con il principio del risultato, nonostante la procedura in esame fosse stata indetta nella vigenza del d.lgs. 50/2016 (Consiglio di Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924 e TAR Roma, 12.03.2024 n. 5004).

Analogamente TAR Milano, 28.09.2023, n. 2171 ha ritenuto che, anche nel previgente Codice, l’eventuale falsità di un documento meramente facoltativo non potesse determinare l’illegittimità dell’aggiudicazione, non essendo ipotizzabile un onere a carico della Committenza pubblica di verificare, sempre ed in ogni caso, anche tutta la documentazione facoltativa trasmessa dall’operatore economico, a tutela delle esigenze di speditezza dell’azione amministrativa e nel rispetto del “principio del risultato”.

 

2. Chiarimenti sulla nozione di “risultato”.

Nella motivazione della giurisprudenza in materia è frequente il richiamo all’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023, definito in più occasioni quale principio ispiratore della nuova disciplina dei contratti pubblici, sovraordinato a tutti gli altri.

È interessante riportare gli estratti di alcune decisioni in cui il Giudice Amministrativo aggiunge, al semplice riferimento normativo, proprie considerazioni su come interpretare tale principio e raggiungere in concreto il “miglior risultato possibile”, rivolgendosi sia alle Stazioni Appaltanti che agli operatori economici.

Così, ad esempio, TAR Catania, 12.12.2023 n. 3738, per cui il principio del risultato «costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale” ed è legato da un nesso inscindibile con la “concorrenza”, la quale opera in funzione del primo rendendosi funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. L’amministrazione, pertanto, deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura di affidamento. Il miglior risultato possibile, che sia anche il più “virtuoso”, viene raggiunto anche selezionando operatori che dimostrino, fin dalle prime fasi della gara, diligenza e professionalità, quali “sintomi” di una affidabilità che su di essi dovrà esser riposta al momento in cui, una volta aggiudicatari, eseguiranno il servizio oggetto di affidamento».

Secondo Consiglio di Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924, si tratta: «di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è:

a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto;

b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto».

Detto principio, per TAR Napoli, 15.01.2024 n. 377 «può essere declinato in termini che pongano l’accento sull’esigenza di privilegiare l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica, prendendo in considerazione i fattori sostanziali dell’attività amministrativa, escludendo che la stessa sia vanificata, in tutti quei casi in cui non si rinvengano obiettive ragioni che ostino al suo espletamento».

In ogni caso, come chiarito da Consiglio di Stato, sez. III, 15.11.2023 n. 9812, «La tutela della concorrenza e del mercato non deve trasmodare in un pregiudizio per la causa finale e per l’oggetto diretto e principale della tutela approntata dalla disciplina di settore, costituiti “dall’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, come recita l’attuale art. 1 del nuovo codice di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, in quanto “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti”».

 

3. Spinta al superamento di “vuoti formalismi”.

La prevalenza per gli aspetti sostanziali, rispetto a quelli puramente formali, nell’ambito delle procedure di gara, è stata riconosciuta in più occasioni dalla giurisprudenza, anche prima del d.lgs. n. 36/2023.

Tuttavia, la codificazione del principio del risultato sembra aver spinto il Giudice Amministrativo a superare in maniera ancora più netta i casi di “vuoti formalismi”, al fine di tutelare l’interesse della Stazione Appaltante ad ottenere prestazioni orientate a garantire il miglior “risultato”.

Anche laddove l’Amministrazione sia titolare di un potere discrezionale, come ad esempio nelle valutazioni circa la permanenza dell’integrità e dell’affidabilità morale del concorrente, il principio del risultato costituisce, quindi, “criterio prioritario” per il Committente.

In sostanza, gli inutili formalismi non devono impedire alla Stazione Appaltante il conseguimento del risultato utile perseguito.

Sul punto, nella sentenza TAR Trento, 15.11.2023 n. 181, il Collegio ha ritenuto conforme al principio del risultato il provvedimento di aggiudicazione impugnato, essendo risultata l’offerta dell’aggiudicataria tecnicamente ed economicamente più conveniente di quella della ricorrente.

Per il Giudice Amministrativo il principio del risultato rappresenta quindi il criterio interpretativo a cui ricorrere per risolvere i casi di contrasto tra il “dato formale” del pedissequo rispetto del disciplinare di gara e il “dato sostanziale” della idoneità dei prodotti offerti dall’operatore economico (e dunque dell’interesse sostanziale dell’amministrazione alla spedita acquisizione dei beni richiesti e della conclusione in termini efficienti ed efficaci della complessa procedura selettiva).

Come chiarito nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 15.11.2023 n. 9812, la procedura e la forma sono un mezzo, non il fine della disciplina sui contratti pubblici. Ciò non significa, naturalmente, che la tutela della concorrenza e del mercato possa essere trascurata o non debba essere adeguatamente perseguita. Il “formalismo” delle procedure di gara, infatti, si impone e prevale ogni qual volta sia in discussione la possibilità di partecipazione delle imprese ad armi pari alla gara in questione.

Tuttavia, nei casi in cui non viene in rilievo alcun profilo di limitazione all’ammissione degli operatori economici interessati alla gara, ma si discute esclusivamente sull’attribuzione di punteggi aggiuntivi per la qualità dei prodotti offerti, occorre preferire una lettura non formalistica degli atti e della procedura di gara, avendo prioritario riguardo alla correttezza sostanziale del modo di procedere della stazione committente.

Il risultato formalisticamente “corretto” non sempre e necessariamente si identifica con il risultato sostanzialmente “giusto”, ovvero con il conseguimento del risultato utile per la collettività e per l’amministrazione, in termini di massima tempestività e di migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo del prodotto acquistato.

In questi casi, occorre quindi preferire una lettura non formalistica degli atti e della procedura di gara, avendo come obiettivo prioritario la correttezza sostanziale del modo di procedere della stazione committente.

In merito, per il TAR Catania, 12.12.2023 n. 3738 «ogni Stazione Appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile.» È stato quindi ritenuto dal Collegio che rientra nella discrezionalità dell’amministrazione individuare le qualifiche professionali ritenute più adeguate allo svolgimento de servizio, «in un’ottica protesa al miglior risultato possibile per il soddisfacimento dell’interesse pubblico perseguito dall’affidamento».

Ciò nonostante, come chiarito dal Consiglio di Stato, sez. III, 29.12.2023 n. 11322, non in tutti i casi i requisiti richiesti dalla lex specialis possono imputarsi ad un “mero rigido e cavilloso formalismo”. A volte, infatti, simili previsioni, lungi dal ridursi ad un vuoto formalismo, sono invece poste a presidio della sostanziale corrispondenza di quanto offerto a quanto domandato, dal momento che un accertamento meno rigoroso esporrebbe le amministrazioni, e soprattutto la platea dei fruitori del servizio, al rischio di una prestazione priva delle caratteristiche richieste. La nozione di “risultato” non deve guardare, infatti, unicamente alla rapidità e alla economicità, ma anche alla qualità della prestazione.

Anche per il TAR Napoli, 15.01.2024 n. 377, «nell’analisi dei casi concreti va considerata l’esigenza di garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica (con il riconoscimento del prioritario interesse al pronto raggiungimento delle finalità dell’appalto), essendo destinati a recedere quei formalismi ai quali non corrisponda una concreta ed effettiva esigenza di tutela del privato» e della collettività.

In pratica, secondo il TAR Napoli, 25.03.2024, n. 1910, la prospettiva sostanziale, che deve presiedere alla fissazione delle regole di gara, deve uniformarsi al rispetto del principio del risultato, «valevole come criterio orientativo per garantire il conseguimento dell’obiettivo dell’azione pubblica, facendo recedere tutti quei formalismi che non corrispondono a illegittimità che concretamente non garantiscano il corretto espletamento dell’appalto».

Il principio del risultato non deve tuttavia essere posto in chiave antagonista rispetto al principio di legalità. Al contrario, come chiarito dal Consiglio di Stato, sez. III, 26.03.2024 n. 2866, il valore del risultato «concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili».

 

4. Nuovo criterio interpretativo del “soccorso istruttorio”.

Nella sentenza TAR Roma, 11.12.2023 n. 18735 l’istituto del soccorso istruttorio è stato applicato in conformità al principio del risultato, ritenendo, ad esempio, legittimo per la Stazione Appaltante «basarsi – al fine di rilevare eventuali ambiguità o incertezze non soltanto della documentazione amministrativa ma anche dell’offerta tecnica – sull’intero corpus di documenti trasmessi dall’operatore economico (id est documentazione amministrativa, offerta tecnica, offerta economica), fermo restando l’obbligo di rispettare i surrichiamati vincoli riguardanti il rapporto tra fase di valutazione dell’offerta tecnica e fase di valutazione dell’offerta economica».

Anche il Consiglio di Stato, sez. V, 12.02.2024 n. 1372, interpreta le regole del soccorso istruttorio, come disciplinato dal nuovo art. 101, comma 1, d.lgs. n. 36/2023, in conformità al principio del risultato. Tuttavia, in questo caso, il G.A. ricorda come non sempre sia possibile ricorrere a tale istituto, atteso che «nell’ambito del settore dell’evidenza pubblica, i principi del favor partecipationis e del risultato non possono mai confliggere con il principio della par condicio fra i concorrenti».

 

5. Parametro di legittimità delle scelte della Stazione Appaltante.

Meritevole di segnalazione il primo giudizio, in cui, in accoglimento del ricorso, il Giudice Amministrativo ha disposto l’annullamento del provvedimento adottato dalla Stazione Appaltante, in quanto ritenuto illegittimo per violazione o comunque errata applicazione dei principi del risultato e della fiducia, di cui agli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 36/2023 (TAR Reggio Calabria, 12.02.2024 n. 122).

Nella fattispecie, dopo aver ricordato che, ai sensi dell’art. 48 dello stesso d.lgs. n. 36/2023, anche gli affidamenti sotto soglia si svolgono «nel rispetto dei principi di cui al Libro I, Parti I e II», il TAR ritiene che l’Amministrazione non avrebbe legittimamente potuto pretermettere l’unica offerta proposta dalla ricorrente solo perché quest’ultima aveva richiesto – come era suo diritto – il pagamento del corrispettivo di lavori commissionati, in passato, dalla stessa amministrazione, senza che questa ne avesse mai contestato il corretto svolgimento. Tale decisione della Stazione Appaltante si configura, in realtà, come un’inaccettabile “sanzione” espulsiva.

Per tali ragioni, è stato ritenuto che la contestata pretermissione della società Ricorrente dall’indagine di mercato violasse « dunque pesantemente i “principi generali” di cui al Libro I, parte I del Codice, comunque applicabili anche nella fattispecie in esame, tra cui quelli di reciproca buona fede e tutela dell’affidamento (art. 5), del favor partecipationis e di par condicio tra i partecipanti (art. 10) nonché gli stessi principi della fiducia e del risultato, declinati nel principio di un’azione amministrativa trasparente e corretta, di cui agli artt. 1 e 2 del predetto Codice, a torto invocati a sostegno dell’agere pubblico.».

Principio del risultato applicato alla valutazione dell’ offerta (art. 1 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. III, 26.03.2024 n. 2866

Sul punto il Collegio non può non rimarcare il decisivo riferimento contenuto nella legge di gara all’obiettivo del “risultato”.
Pur essendo la fornitura in questione non ancora soggetta, ratione temporis, alla disciplina di cui al d. lgs. 36/2023, l’utilizzo da parte della legge di gara del parametro del risultato esplicita e conferma, nello specifico procedimento per cui è causa, il carattere immanente al sistema della c.d. amministrazione di risultato (che la dottrina ha ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del citato d. lgs. n. 36 del 2023 con specifico riferimento alla disciplina dei contratti pubblici).
Il profilo causale del singolo provvedimento va così analizzato alla luce del collegamento che lo avvince alla complessa vicenda amministrativa, nell’ottica del risultato della stessa: tanto che autorevole dottrina ha in proposito proposto l’introduzione di “una nuova nozione, che può essere denominata operazione amministrativa, ad indicare l’insieme delle attività necessarie per conseguire un determinato risultato concreto”.
L’importanza del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”.
L’applicazione al caso di specie dei richiamati princìpi implica che l’“operazione amministrativa” avuta di mira dalla stazione appaltante, desunta dalla chiara indicazione in tal senso fornita dalla legge di gara, aveva riguardo al fatto che “Il risultato atteso è la fornitura in opera perfettamente funzionante delle apparecchiature”.
Non soddisfa certamente tale requisito la fornitura di apparecchiature che, come accennato, a fronte dell’apparente minor costo di acquisto implicano il necessario svolgimento di attività materiali e giuridiche aggiuntive: le quali, oltre ai costi relativi ai corrispettivi per l’acquisto degli ulteriori materiali necessari al funzionamento, comportano altresì dei costi relativi ai tempi e all’impiego delle risorse umane necessarie per il compimento delle relative procedure.

Verifica di anomalia ai sensi del nuovo art. 110 d.lgs. 36/2023 e principio di risultato : spiegazioni ulteriori rispetto ai giustificativi costituiscono eccezione alla regola

TAR Genova, 28.02.2024 n. 165

6.1) L’invocato art. 110, comma 2, del D.lgs. n. 36/2023, a differenza del Codice del 2006, per esigenze di celerità delle procedure di affidamento, ha concentrato le interlocuzioni con l’offerente nella fase della richiesta di giustificazioni e della presentazione delle stesse nel termine perentorio non superiore a 15 giorni, non prevedendo interlocuzioni ulteriori.
E’ vero che tale norma non vieta ogni confronto sui profili ritenuti critici, ma quest’ultimo, in mancanza di una previsione espressa, si pone come eccezione alla regola generale e soggiace al rispetto dei principi di autoresponsabilità, efficienza (art. 1, L. n. 241/90), risultato (art. 1 D.lgs n. 36/2023), “par condicio competitorum”, di soccorso istruttorio e procedimentale di cui all’art. 101 del D.lgs n. 36/2023, nonché alla disciplina speciale prevista per gli appalti finanziati con i fondi del PNRR.
26.2) Inoltre il caso di specie è caratterizzato dall’omessa allegazione dei documenti giustificativi dell’offerta anomala relativa alla parte essenziale delle giustificazioni costituita dall’Analisi dei prezzi, correttamente richiesta dal RUP per la verifica di congruità dell’offerta caratterizzata dal notevole ribasso proposto del 43,74 %.
In tale situazione l’applicazione dei suddetti principi porta a ritenere legittima l’impugnata esclusione dell’offerta per le seguenti plurime ragioni.
i) In primo luogo il supplemento interlocutorio per supplire alla mancata produzione documentale confligge con il principio di autoresponsabilità dell’operatore economico.
La giurisprudenza ha precisato, infatti, che “Le imprese partecipanti alle selezioni per gli affidamenti di appalti pubblici sono chiamate all’osservanza stringente del principio di autoresponsabilità che impone un grado di professionalità e di diligenza superiore rispetto alla media che non riguarda solo l’esecuzione del contratto, ma anche le fasi prodromiche e genetiche” talché “i concorrenti non possono pretendere di scaricare sull’amministrazione problemi che essi stessi potrebbero risolvere utilizzando la diligenza esigibile da un operatore qualificato, qual è l’impresa che partecipa ad una gara pubblica. Ne consegue che nessun onere di accertamento dell’esistenza del requisito, al di là di quello dichiarato in sede di gara, esistesse in capo alla stazione appaltante” (T.A.R. Emilia Romagna – Bologna 707/2023; T.A.R. Lombardia- Milano 2598/2021; TAR Piemonte, n. 616/2022).
In base a tale principio l’omessa trasmissione di una parte fondamentale dei documenti giustificativi – specie in relazione al notevole ribasso offerto – costituisce una violazione così rilevante dei principi di autoresponsabilità e diligenza (la quale, per gli operatori economici, è superiore a quella richiesta al quisque de populo), da non poter essere colmata mediante supplementi istruttori o interlocutori che, come detto, costituiscono uno strumento eccezionale perché determinano la rimessione in termini di uno o più concorrenti nel subprocedimento di verifica dell’anomalia, a fronte di altri candidati che hanno depositato giustificazioni chiare e complete nel rispetto del termine perentorio previsto dall’art. 110 del nuovo Codice.
ii) Nella fattispecie, trattandosi di appalto finanziato con fondi del PNRR, l’ipotizzato supplemento partecipativo contrasta anche con i principi di massima celerità della conclusione delle singole fasi della procedura, in ragione dei meccanismi che prevedono la perdita dei finanziamenti assegnati in caso di ritardi rispetto ai termini prefissati.
iii) La SA non avrebbe potuto neppure attivare il soccorso “istruttorio” previsto dall’art. 101, commi 1 e 2 perché tale strumento non è utilizzabile per supplire ad elementi mancanti relativi alle offerte tecniche ed economica e, secondo la recente giurisprudenza, neppure per sopperire ad omissioni dovute alla violazione (avvenuta, come si è detto, nel caso di specie) del principio di autoresponsabilità e di diligenza dei partecipanti, atteso che “Per quanto possa ampliarsi la portata applicativa del potere generale di soccorso istruttorio, … occorre pur sempre individuare dei limiti al suo esercizio, i quali sono segnati dai principi generali di autoresponsabilità” (T.A.R. Valle d’Aosta n. 25/2023; T.A.R. Lombardia-Milano n. 1795/2023).
iv) Infine non sarebbe stato praticabile neppure lo strumento (facoltativo) del soccorso “procedimentale” di cui all’art. 101, comma 3, del D.lgs n. 36/2023 che consente alla SA di chiedere spiegazioni anche in merito alle offerte tecnica ed economica, sempre che tali chiarimenti non modifichino l’offerta.
In particolare detti chiarimenti sono ammessi quando le giustificazioni, sebbene complete, lascino un margine di dubbio, mentre nel caso di specie le giustificazioni sono caratterizzate da una ampia e decisiva carenza documentale, non colmabile da parte di alcun chiarimento.
In tale situazione il soccorso procedimentale sarebbe stato inutile perché la ricorrente non ha fornito dati poco chiari, ma ha omesso di fornire intere categorie di dati e giustificazioni, sicché eventuali chiarimenti richiedibili con tale strumento istruttorio non avrebbero potuto supplire a tali omesse produzioni di dati e di documenti.

Gara telematica e Piattaforma digitale : diligenza minima richiesta all’ Operatore Economico alla luce del principio di risultato e della fiducia (art. 1 , art. 2 d.lgs. 36/2023)

Consiglio di Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924

16. Un primo punto è da chiarire. La procedura per cui è causa è una semplicissima R.D.O. (richiesta di offerta) sulla piattaforma www.acquistinrete.it – sezione Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (M.E.P.A.). Una procedura rutinaria per qualunque operatore economico dotato di una diligenza minima (non certo “aggravata” come definita dal primo Giudice).
16.1. La procedura, come noto, è sostanzialmente guidata (e semplicissima) e genera le schermate che agevolano la compilazione dei campi. È altrettanto noto, e non può sfuggire a qualunque operatore minimamente avveduto, che la procedura consente di interloquire con la stazione appaltante alla quale possono essere richiesti chiarimenti (nell’ambito della piattaforma) con un servizio di messaggistica.
16.2. È un dato incontestabile che -OMISSIS- sia uscita dalla piattaforma per chiedere chiarimenti alla stazione appaltante per il tramite di una pec. Va peraltro osservato, e anche questa è una circostanza nota a qualunque operatore avveduto, che un conto è utilizzare la piattaforma deputata al governo della procedura, un conto è inviare una pec che transita per il protocollo generale dell’ente in prossimità del termine di scadenza per la presentazione delle offerte. La scansione temporale per presentare le richieste di chiarimenti all’interno della piattaforma non è casuale per due motivi:
a) la stazione appaltante deve poter vagliare le richieste in tempo utile;
b) la piattaforma è, di norma, sorvegliata dal responsabile della fase di affidamento incaricato di rispondere ai chiarimenti.
16.3. Anche queste sono circostanze note a ogni operatore minimamente diligente.
16.4. In ogni caso, la stazione appaltante, comportandosi lealmente, ha prorogato il termine ultimo per la presentazione delle offerte.
16.5. Quel che è accaduto, molto semplicemente, è che -OMISSIS- non ha utilizzato correttamente la piattaforma, neppure avvalendosi dei mezzi che la medesima piattaforma mette a disposizione degli operatori economici. La conseguenza è che per un errore del tutto evidente, -OMISSIS- ha inserito nel campo relativo all’offerta tecnica dati relativi all’offerta economica, da un lato violando in modo flagrante l’art. 5 del disciplinare di gara, dall’altro, tenendo un contegno ben differente rispetto a quello dell’altro operatore partecipante alla procedura che ha diligentemente utilizzato gli strumenti messi a disposizione dalla piattaforma telematica.
16.6. Una minima conoscenza della piattaforma consente di comprendere che:
a) non esiste alcuna manomissione della piattaforma, neppure gestita dalla stazione appaltante;
b) non esiste alcun equivoco nella gara per cui è causa, che poteva essere agevolmente portata a termine semplicemente seguendo la procedura;
c) l’appellante, più che dolersi della gara, si duole del funzionamento della piattaforma, le cui funzionalità non sono state utilizzate correttamente dalla stessa appellante.
In definitiva, -OMISSIS- si deve dolere della propria mancanza di cautele minime. Nell’ambito delle gare pubbliche, è necessario adempiere, con scrupolo e diligenza, a quanto previsto dal bando e dalle norme tecniche. La disciplina di gara è posta a garanzia di tutti i partecipanti e il suo erroneo utilizzo rimane a rischio del partecipante nell’ambito della propria autoresponsabilità. La gestione telematica della gara offre il vantaggio di una maggiore sicurezza nella conservazione dell’integrità delle offerte in quanto permette automaticamente l’apertura delle buste in esito alla conclusione della fase precedente e garantisce l’immodificabilità delle stesse, nonché la tracciabilità di ogni operazione compiuta. Questo non significa che i partecipanti possano violare la procedura e addurre a giustificazione cause che non coinvolgono in alcun modo la stazione appaltante.

 

Approfondimento su: PIATTAFORMA PROCEDURE DI GARA TELEMATICHE – NEGOZIAZIONE – ALBO FORNITORI

 

17. Un punto è ancora da chiarire. Il primo Giudice ha respinto il ricorso avverso l’esclusione di -OMISSIS- e dichiarato improcedibile il ricorso nella parte in cui era diretto a contestare l’aggiudicazione in favore della controinteressata. Il ricorso è invece integralmente infondato.
17.1. Le argomentazioni spese dal TAR sostengono ampiamente il rigetto integrale del ricorso posto che, non essendo rilevabile alcun vizio negli atti della stazione appaltante, è conseguente la legittimità dell’esclusione di -OMISSIS-, la legittimità dell’ammissione di -OMISSIS- (che non ha violato in alcun modo la lex specialis di gara) e, nel suo complesso, la legittimità dell’intera procedura che non necessitava di alcuna riedizione.
17.2. Non è superfluo osservare, nonostante la procedura sia stata indetta nella vigenza del d.lgs. 50/2016, che l’operato della stazione appaltante è perfettamente in linea col principio del risultato previsto dall’art. 1 del d.lgs. 36/2023.
17.3. Questa Sezione ha già utilizzato disposizioni del d.lgs. 36/2023 come supporto interpretativo idoneo a risolvere controversie inerenti il d.lgs. 50/2016 (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665).
17.4. L’art. 1 è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri. Si tratta di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è:
a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto;
b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto.
17.5. Il richiamo operato dall’appellante al principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici (pagina 7 della memoria depositata il 10 ottobre 2023), più che avallare le tesi della medesima appellante, le confuta. L’affermazione secondo cui “il legislatore ha inteso valorizzare il comportamento legittimo, trasparente e corretto dell’amministrazione e degli operatori economici, che si presume tale, e che non si fonda più sul “sospetto” è del tutto corretta. L’appellante, però, da tale corretta premessa non trae altrettanto corrette conclusioni. Il principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo. Regole che l’appellante, all’evidenza, non ha rispettato.
18. Per tutto quanto sopra detto, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto, e di conseguenza rigettato il ricorso di primo grado con la diversa motivazione sopra esplicitata.

Costi della manodopera nuovo Codice appalti : ammesso soltanto il ribasso “indiretto” mediante indicazione di una cifra separata che l’ operatore economico dovrà giustificare in sede di verifica dell’ anomalia (art. 41 d.lgs. 36/2023)

TAR Reggio Calabria, 08.02.2024 n. 119

9. L’apprezzamento della fondatezza di siffatta censura passa dalla preliminare ricognizione della disciplina normativa di cui al novellato Codice Appalti, D.Lgs. n. 36/2023, in tema di esposizione, in sede di partecipazione alle commesse pubbliche, dei cd. costi della manodopera, chiarendo fin da subito come siffatta disciplina sia stata pienamente recepita dall’odierna Stazione Appaltante in sede di predisposizione degli atti gara, il cui contenuto era per ciò stesso vincolante nei confronti di ciascun concorrente.
10. Soccorre a tale proposito, la disposizione di cui all’art. 41 comma 14 citato D.lgs., secondo cui: «Nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale».
La disposizione normativa sopra trascritta contiene il riferimento a due concetti distinti e, come si vedrà, non sono sovrapponibili ovvero “l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera, e l’”importo assoggettato al ribasso” dal quale, invece, “i costi della manodopera”, devono essere scorporati.
Tale previsione normativa vieta, quindi, che i costi della manodopera, pur rientrando nel più generale “importo posto a base di asta”, siano inclusi nel cd. importo assoggettato al ribasso ovvero nell’importo sul quale dovrà essere applicato il ribasso percentuale offerto dal concorrente e ciò all’evidente fine di non sottostimare le retribuzioni da erogare ai lavoratori “applicati” nell’esecuzione delle commesse pubbliche.
Questo, tuttavia, non esclude che, per come espressamente previsto dal Legislatore in coerenza con l’orientamento giurisprudenziale formatosi sotto la vigenza della precedente normativa in tema di appalti, ciascun concorrente possa, in via separata rispetto “all’importo assoggettato al ribasso” (ovvero quello sul quale applicare la percentuale di ribasso percentuale), esporre una cifra, a titolo di costi della manodopera, inferiore rispetto a quella che la stazione appaltante ha previsto ex ante nell’ambito del più ampio importo posto a base di gara.
Ciò, tuttavia, potrà avvenire a condizione che tale, per così dire, “indiretto” ribasso dei costi della manodopera risulti coerente con una “più efficiente organizzazione aziendale” che l’operatore dovrà dimostrare in sede di verifica dell’anomalia, doverosamente promossa dalla stazione appaltante (Consiglio di Stato sez. V, 09/06/2023, n. 5665; T.A.R. Sicilia, Palermo sez. II, 19/12/2023, n. 3779; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 07/11/2023, n. 6128).
[…]
13. Né è possibile ritenere che siffatta volontà fosse inequivocabilmente “ricostruibile” dalla Commissione, per avere l’aggiudicataria fatto seguire all’esposizione della cifra in parola l’indicazione secondo cui: “Come previsto del Disciplinare di Gara per cui per LAVORI (soggetti a ribasso d’asta) € 8.799.450,40, inclusa la manodopera (non soggetta a ribasso d’asta) di € 1.011.221,98 + per PROGETTAZIONE ESECUTIVA E COORDINAMENTO SICUREZZA N FASE DI PROGETTAZIONE (soggetti a ribasso d’asta) € 284.967,82”.
Ed invero, siffatta “specificazione”, in quanto parzialmente riproduttiva della previsione generale di cui all’art. 3.2 del disciplinare, attesa la mancata indicazione dell’ulteriore importo relativo agli oneri di sicurezza aziendale (€ 310.225,09), avrebbe semmai dovuto indurre la Commissione a valutare l’estrema incertezza dell’offerta economica dell’aggiudicataria. Tale incertezza risulta, invero, figlia non già di un mero errore materiale, facilmente riconoscibile ed emendabile, in applicazione dei principi del risultato e della fiducia, oggi codificati agli artt. 1 e 2 D.lgs. n. 36/2023, bensì della predisposizione di una offerta in termini confusi ed indecisi la quale, per ciò stesso, non avrebbe potuto essere oggetto di alcuna attività esegetica, pena l’indebita sostituzione dell’amministrazione nella volontà dell’offerente, con conseguente violazione del principio della par condicio competitorum.
Quanto sopra trova riscontro in quel consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo cui “L’errore materiale rilevante si caratterizza, infatti, per la sua percepibilità (o riconoscibilità) da parte dell’interprete dell’atto di cui si postula che sia affetto dal vizio negoziale, dovendo sussistere elementi univoci per ricondurlo ad un vizio di trascrizione o di compilazione inequivocabilmente e immediatamente rilevabile come tale, attraverso un’analisi che deve concernere il solo documento recante l’errore e non anche elementi ad esso esterni o collaterali.

[…]

Se, viceversa, l’esegesi ricostruttiva della volontà negoziale si estende ad una considerazione sistematica degli elementi contenutistici dei diversi atti di gara, essa trascende in una ricostruzione di tipo logico – deduttivo che non pare più coerente con i canoni della immediata evidenza e del mero errore materiale emendabile» (così Cons. Stato, sez. V, 15/09/2022, n. 8008; 5.04.2022, n. 2529 e giurisprudenza ivi richiamata).

Principio della fiducia aumenta la discrezionalità della Stazione Appaltante ma non esclude sindacabilità Giudice Amministrativo (art. 1 , art. 2 d.lgs. 36/2023)

TAR Catania, 07.02.2024 n. 478

Ritenuto, pertanto, che sussistano i presupposti per sottoporre la decisione di non ricorrere al giudizio di anomalia al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, il Collegio rileva che la scelta compiuta dall’Amministrazione resistente risulti inficiata da irragionevolezza e illogicità manifesta, risultando altresì sintomatica – atteso, come detto, il rilevante interesse pubblico perseguito con l’affidamento in oggetto – di un uso della discrezionalità tecnica distorto e contrario al principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., determinando, pertanto, l’intervento caducatorio dell’Autorità giurisdizionale.
Tale impostazione, del resto, risulta altresì coerente con la ratio che pervade il nuovo impianto codicistico adottato in materia di contratti pubblici con il suddetto d.lgs. n. 36/2023, il quale erge, tra i suoi capisaldi, il c.d. principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 con il preciso fine di valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni oggetto di gara. Tale principio-guida amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile e delimita – con maggior forza rispetto al passato – il perimetro della discrezionalità amministrativa sottoposta al vaglio dell’Autorità giurisdizionale. Il Giudice, tuttavia, a fronte di scelte discrezionali dell’amministrazione che presentino, come nel caso di specie, macroscopici vizi di illegittimità, non può veder arretrare l’area del suo scrutinio, specie ove riconosca che la “fiducia” accordata alla scelta operata da una stazione appaltante tradisca l’interesse pubblico sotteso ad una gara. Ogni stazione appaltante ha invero la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, senza tuttavia tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento.
Proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” cui deve tendere l’appalto, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36/2023, il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”. Il risultato che l’amministrazione deve perseguire, invero, deve essere “virtuoso”, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttività.
Se è vero che, nell’impostazione del nuovo Codice dei contratti pubblici l’amministrazione è chiamata a compiere la scelta più “virtuosa”, assicurando il “miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, non può ritenersi che tale “miglior rapporto” sia stato raggiunto nella gara in oggetto, ove la stazione appaltante, addivenendo alla propria decisione di aggiudicare l’appalto in favore delle due società controinteressate sulla base di una valutazione che appare largamente basarsi sul maggior ribasso praticato dalla stessa, ha disatteso, irragionevolmente, ogni potenziale verifica in ordine ai presidi di qualità ed efficienza del servizio che quest’ultima è chiamata a svolgere, finendo per tradire la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico cui essa deve tendere.
Nel caso di specie, l’ampliamento dei poteri valutativi in capo alla Stazione appaltante non può implicare, ad avviso del Collegio, che la stessa possa compiere scelte manifestamente illogiche o irragionevoli, ove quest’ultime, come si ritiene sia accaduto nella gara in oggetto, determino il rischio di non ottenere il miglior risultato possibile, e, quindi, di ledere l’interesse pubblico sotteso all’indizione di una procedura di affidamento.
Disponendo, lo si ribadisce, di quegli “elementi specifici” – come previsto dall’art. 54 del d.lgs. n. 36/2023 – che le consentissero di appurare la congruità di un’offerta, data l’indizione della medesima gara nel 2020 e la presenza di specifiche stime delle singole voci di costo ad essa correlate, l’Amministrazione, nell’esercizio della sua discrezionalità ampliata dai principi della fiducia e del risultato, avrebbe dovuto disporre il giudizio di anomalia nei confronti della parte controinteressata, nell’ottica di assicurarsi di compiere la scelta più funzionale al soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alla procedura di gara.