Perimetro degli oneri dichiarativi in capo ai concorrenti in gara : contestazioni, penali e risoluzione contrattuale pregressa

Nella sua prima formulazione, l’art. 80, comma 5, lett. c) stabiliva che: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6, qualora: (…):c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”; la lett. f – bis) prevedeva: “l’operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.
Con la modifica legislativa del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135 le diverse condotte, già unitariamente previste dalla lett. c) del comma 5, sono state distinte e meglio specificate nelle lettere da c) a c – ter); inalterato è rimasta la previsione di cui alla lett. f – bis).
Precisato che è onere degli operatori economici portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione, così da consentire loro un’adeguata e ponderata valutazione sulla affidabilità ed integrità, a prescindere dalla fondatezza, gravità e pertinenza di detti episodi (principio definitivamente sancito dall’Adunanza plenaria 28 agosto 2020, n. 16), la giurisprudenza si è impegnata a definire gli esatti limiti di operatività di un siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, dato che l’ampia interpretazione in precedenza ricordata “potrebbe rilevarsi eccessivamente onerosa per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142, richiamata da Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6615; V14 aprile 2020, n. 2389; V, 22 luglio 2019, n. 5171; cfr. inoltre Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2020, n. 4314).
In questa ottica, per evitare di gravare eccessivamente il concorrente, va ritenuta vicenda non (ancora) rilevante, e come tale non rientrante negli obblighi dichiarativi a suo carico, la comunicazione di avvio di un procedimento di risoluzione di un contratto di appalto stipulato con altra stazione appaltante, sia pure qualora abbia ad oggetto il medesimo servizio per il quale si concorre (Cons. St., 24.11.2021 n. 7887).
La comunicazione di avvio di un procedimento di risoluzione, per quanto circostanziata con l’indicazione degli inadempimenti contestati, non contiene (né potrebbe per sua stessa natura contenere) alcun giudizio definitivo sull’imputabilità dei fatti al concorrente, chè a dir questo la stazione appaltante potrà giungere solo all’esito del procedimento dopo aver acquisito anche le ragioni (e le difese) dell’impresa; al fine di evitare che i due procedimenti – quello finalizzato alla risoluzione del contratto e quello all’ammissione del concorrente ad altra procedura di gara – si condizionino indebitamente l’uno con l’altro, è opportuno che il giudizio sull’affidabilità e sulla integrità del concorrente segua la conclusione del procedimento di risoluzione e si confronti con la valutazione di responsabilità dell’impresa ivi contenuta.
Non dissimile è la conclusione relativamente agli atti di contestazione di “plurimi inadempimenti sottoposti all’applicazione di sanzioni”.
In definitiva, vale qui ripetere quanto la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare affrontando la questione dell’obbligo di dichiarare le penali eventualmente applicate da altre stazioni appaltanti (così Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 2020, n. 5967; III, 24 settembre 2020, n. 5564): contestazioni della committenza sulla condotta esecutiva dell’impresa sono evenienze fisiologiche nella conduzione di un contratto di appalto, specialmente se ha ad oggetto servizi e se di lunga durata, onde fino a quando alle contestazioni non seguono atti sanzionatori come (penali di significativo importo ovvero) provvedimenti di risoluzione contrattuale, non può dirsi già in prospettazione commesso un “grave illecito professionale” meritevole di essere conosciuto da altra stazione appaltante per fondarvi un giudizio di sua inaffidabilità presunta nell’esecuzione del futuro appalto.

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