TAR Napoli, 30.06.2017 n. 3518
In base al Codice dei contratti la condanna comminata per uno dei reati incidenti sulla moralità professionale dei concorrenti non costituisce motivo di esclusione dalla gara quando, tra l’altro, il reato è stato dichiarato estinto o è intervenuta la riabilitazione (cfr. art. 80, comma 3, d.lgs. 50/2016).
Per vero, il nuovo codice non riproduce la previsione dell’art. 38 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che, ai fini degli obblighi dichiarativi dei reati incidenti sulla moralità professionale, precisava che «il concorrente non è tenuto ad indicare nella dichiarazione le condanne per reati depenalizzati ovvero dichiarati estinti dopo la condanna stessa, né le condanne revocate, né quelle per le quali è intervenuta la riabilitazione» (art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163/2006); ma vero è anche che esso non contiene neppure un’espressa imposizione di una dichiarazione generalizzata estesa a questi ultimi.
Al contrario, nel disciplinare l’uso del documento di gara unico europeo specificando che lo stesso consiste «in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l’operatore economico soddisfa le seguenti condizioni: a) non si trova in una delle situazioni di cui all’articolo 80; b) soddisfa i criteri di selezione etc.» (art. 85 d.lgs. n. 50/2016), il codice degli appalti finisce, sia pur indirettamente, per chiarire che gli obblighi dichiarativi restano circoscritti alle sole condizioni che incidono sulla moralità professionale delle imprese partecipanti.
Ciò avvalora la conclusione che, tuttora, non occorra dichiarare in sede di gara le situazioni che, per espressa previsione legislativa, più non rilevano ai fini dell’affidabilità e dell’integrità morale del concorrente.
Anche sotto il vigore della nuova disciplina degli appalti, dunque, va tenuto fermo il principio, affermato sotto l’impero della legge previgente, secondo il quale l’obbligo del partecipante di dichiarare le condanne penali «non ricomprende le condanne per reati estinti o depenalizzati […] in ragione dell’effetto privativo che l’abrogatio criminis (ovvero il provvedimento giudiziale dichiarativo della estinzione del reato) opera sul potere della stazione appaltante di apprezzare la incidenza, ai fini partecipativi, delle sentenze di condanna cui si riferiscono quei fatti di reato (Cons. Stato sez. VI , 3.9.2013, n. 4392)» (cfr. C.d.S., sez. V, 25 febbraio 2016, n. 761).
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Corte di Giustizia Europea: sommatoria delle capacità tecniche e/o professionali, possibilità di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, integrazione dell’offerta ed esclusione per violazione grave e false dichiarazioni
Corte Giustizia Unione Europea, 04.05.2017 (C-387/14)
1) L’articolo 51 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, letto in combinato disposto con l’articolo 2 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che osta a che un operatore economico, dopo la scadenza del termine stabilito per il deposito delle candidature a un appalto pubblico, comunichi all’amministrazione aggiudicatrice, per provare che soddisfa le condizioni per la partecipazione a una procedura di appalto pubblico, documenti non contenuti nella sua offerta iniziale, come un contratto eseguito da un soggetto terzo e l’impegno di quest’ultimo di mettere a disposizione di detto operatore determinate capacità e risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto di cui trattasi.
2) L’articolo 44 della direttiva 2004/18, letto in combinato disposto con l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva e con il principio di parità di trattamento degli operatori economici sancito all’articolo 2 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che non consente a un operatore economico di far affidamento sulle capacità di un altro soggetto, ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 3, della suddetta direttiva, sommando le conoscenze e l’esperienza di due soggetti che, singolarmente, non possiedono le capacità richieste per l’esecuzione di un determinato appalto, qualora l’amministrazione aggiudicatrice ritenga che l’appalto di cui trattasi sia indivisibile e che siffatta esclusione della possibilità di far valere le esperienze di più operatori economici sia connessa e proporzionata all’oggetto dell’appalto di cui trattasi, il quale deve pertanto essere eseguito da un unico operatore.
3) L’articolo 44 della direttiva 2004/18, letto in combinato disposto con l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva e con il principio di parità di trattamento degli operatori economici sancito all’articolo 2 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che non consente a un operatore economico, che partecipi singolarmente a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, di fare affidamento sull’esperienza di un raggruppamento di imprese, di cui abbia fatto parte nell’ambito di un altro appalto pubblico, qualora non abbia effettivamente e concretamente partecipato all’esecuzione di quest’ultimo.
4) L’articolo 45, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2004/18, che consente l’esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a un appalto pubblico segnatamente se si è reso «gravemente colpevole» di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste dall’amministrazione aggiudicatrice, deve essere interpretato nel senso che può essere applicato allorché l’operatore di cui trattasi si sia reso responsabile di una negligenza di una certa gravità, ossia una negligenza che può avere un’incidenza determinante sulle decisioni di esclusione, di selezione o di aggiudicazione di un appalto pubblico, e ciò a prescindere dalla constatazione di un comportamento doloso da parte di tale operatore.
5) L’articolo 44 della direttiva 2004/18, letto in combinato disposto con l’articolo 48, paragrafo 2, lettera a), di tale direttiva e con il principio di parità di trattamento degli operatori economici sancito all’articolo 2 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che consente a un operatore economico di fare affidamento su un’esperienza facendo valere contemporaneamente due o più contratti come un unico appalto, a meno che l’amministrazione aggiudicatrice abbia escluso siffatta possibilità in virtù di criteri connessi e proporzionati all’oggetto e alle finalità dell’appalto pubblico di cui trattasi.
Provvedimento interdittivo atipico – Requisiti morali – Incidenza – Esclusione (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
TAR Reggio Calabria, 26.06.2017 n. 619
L’art. 80, comma 5, lettera c) del D.Lgs n°50/2016, richiede, da parte della Stazione appaltante la dimostrazione “….con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità..” e specifica quali fatti debbano considerarsi gravi illeciti indicando, in particolare, “ le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o concessione che ne hanno causato la risoluzione 5 anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni ; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione….”.
La circostanza che nei confronti della concorrente fosse stato emesso un provvedimento interdittivo – sia pure nella forma cosiddetta “atipica”- ha legittimato la amministrazione a ritenere che in capo alla impresa non sussistessero i requisiti morali che devono ricorrere per gli operatori economici che intendano in qualsiasi modo conseguire vantaggi dalla pubblica amministrazione.
Esclusione dalla gara in presenza di gravi illeciti professionali – Disciplina nuovo Codice dei contratti – Interpretazione ed applicazione (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
L’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016, recante il codice dei contratti pubblici, consente alle stazioni appaltanti di escludere i concorrenti da una procedura di affidamento di contratti pubblici in presenza di «gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità», con la precisazione che in tali ipotesi rientrano, tra l’altro, «significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata». La citata disposizione codicistica, innovando rispetto al previgente assetto normativo, prevede che l’esclusione del concorrente è condizionata al fatto che la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.
Il dato assiologico che emerge appare incentrarsi sulla circostanza che, per effetto degli indicati fattori o di ulteriori elementi valutativi, emerga a carico dell’operatore economico un quadro tale da rendere dubbia la sua affidabilità.
La ratio della norma de qua risiede dunque nell’esigenza di verificare l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che andrà a contrarre con la p.a. per evitare, a tutela del buon andamento dell’azione amministrativa, che quest’ultima entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale.
Il conferimento alle stazioni appaltanti di un diaframma di discrezionalità in sede applicativa – il quale attiene non alla individuazione delle fattispecie espulsive, che senz’altro compete al legislatore, in materia di requisiti generali, secondo una elencazione da considerare tassativa, bensì alla riconduzione della fattispecie concreta a quella astratta, siccome descritta genericamente mediante l’uso di concetti giuridici indeterminati -affiora, pur in mancanza di una formulazione della norma di segno univoco come quella contenuta nel previgente Codice Appalti (laddove si discorreva di “motivata valutazione”), da quanto statuito a proposito della consacrata necessità di dare “dimostrazione con mezzi adeguati” della sussistenza della fattispecie espulsiva, nonché dall’uso di locuzione generiche (“dubbia”, “gravi”) e dalla omessa precisa elencazione di ipotesi escludenti, che il legislatore infatti si limita ad individuare a fini meramente esemplificativi.
Gravi illeciti professionali – Esclusione per significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto che ne hanno causato la risoluzione anticipata – Presupposti (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
Consiglio di Stato, sez. V, 27.04.2017 n. 1955
L’art. 80, comma 5, lett. c), consente alle stazioni appaltanti di escludere i concorrenti da una procedura di affidamento di contratti pubblici in presenza di «gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità», con la precisazione che in tali ipotesi rientrano, tra l’altro, «significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata», le quali siano alternativamente non siano contestate in giudizio dall’appaltatore privato o – per venire al caso che interessa nel presente giudizio – sia stata «confermata all’esito di un giudizio».
Non è dunque possibile allorquando difetta quest’ultimo presupposto, perché il giudizio civile è stato definito in una fase incidentale, di natura cautelare, contro l’atto di risoluzione adottato dalla stazione appaltante, mentre rimane tuttora impregiudicato il merito.
Non è per contro fondata l’interpretazione contraria secondo cui la disposizione in esame del nuovo codice dei contratti pubblici sarebbe riproduttiva dell’art. 38, comma 1, lett. f), del codice ora abrogato (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) e dunque consentirebbe alle stazioni appaltanti di valutare discrezionalmente ed in modo autonomo la risoluzione disposta da altra stazione appaltante.
Più precisamente, può essere condivisa nella parte in cui rileva che l’elencazione dei gravi illeciti professionali contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. c), non è tassativa, ma esemplificativa, come si evince dalla formula di apertura del periodo («Tra questi rientrano…») recante l’elenco dei casi rientranti in questa nozione. In tal senso si è del resto espresso il Consiglio di Stato, nel parere del 3 novembre 2016, n. 2286, numero affare 1888 del 2016 (reso sulle linee guida dell’ANAC recenti l’indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto d’appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’articolo 80, comma 5, lett. c), del codice; in particolare al par. 6).
Ma la stessa interpretazione non può essere seguita nelle conseguenze finali che pretende di trarre, a fronte dell’ipotesi contemplata nell’elenco esemplificativo in questione, così espressa: «le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni». Sulla base dell’interpretazione letterale della norma (ex art. 12 delle preleggi) si richiede quindi che al provvedimento di risoluzione sia stata prestata acquiescenza o che lo stesso sia stato confermato in sede giurisdizionale. E questa conferma non può che essere data da una pronuncia di rigetto nel merito della relativa impugnazione divenuta inoppugnabile, come si evince dalla locuzione (ancorché atecnica) «all’esito di un giudizio». A questo medesimo riguardo è invece da ritenersi evidentemente insufficiente la definizione di un incidente di natura cautelare, con decisione avente funzione interinale e strumentale rispetto a quella di merito.
Omessa o falsa dichiarazione sul possesso dei requisiti – Self cleaning – Inapplicabilità – Valutazione delle misure adottate – Impossibilità – Ragioni (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
TAR Venezia, 16.02.2017 n. 171
1) In questo contesto la dichiarazione della ditta S. da un lato non appare veritiera e d’altro lato risulta comunque incompleta perché non fornisce un quadro esauriente della sua situazione in relazione agli accertamenti di cui all’art. 80. Infatti la predetta Sentenza del Tribunale di Pescara contempla dei reati di una certa gravità ma soprattutto costituisce un mezzo indiretto e tuttavia adeguato, come richiesto dall’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. 50/2016, di prova di gravi illeciti professionali. Conseguentemente il processo decisionale della Stazione Appaltante non ha potuto svolgersi in maniera esauriente in quanto la predetta omessa e/o incompleta dichiarazione di un precedente penale da parte di S. ha di fatto impedito all’amministrazione di compiere e conseguentemente esprimere ogni necessaria considerazione sull’affidabilità della ditta e, in effetti, la cognizione di comportamenti fraudolenti nei confronti di numerose Aziende Sanitarie non consente di fare affidamento su tale ditta. Per quanto esposto la ditta S. viene esclusa dalla procedura.”
Ciò premesso appaiono al Collegio inconferenti le argomentazioni spese da Steris a proposito della risalenza nel tempo dei fatti sanzionati con la suddetta sentenza, in quanto appare ictu oculi evidente che la decisione di escludere S. non è legata alla mera esistenza del precedente penale del Tribunale di Pescara, ma al fatto che lo stesso avrebbe dovuto essere dichiarato al fine di consentire all’Azienda Sanitaria di verificare la gravità dei fatti e valutare in maniera consapevole l’ammissione della concorrente, avendo un quadro completo e trasparente della situazione. Infatti, il citato art. 80 comma 5 richiede che ciascuna gara sia preceduta dalla verifica dell’affidabilità e dell’integrità delle partecipanti e attribuisce tale compito alle sole Stazioni Appaltanti e non certo alle concorrenti stesse. La ricorrente ha omesso di dichiarare l’esistenza di una sentenza penale emessa nei suoi confronti, sebbene la stessa non solo fosse assai recente, in quanto depositata il 30 novembre 2015, ma, soprattutto riportasse una condanna per truffa continuata ai danni dello Stato e sanzionasse, oltre all’amministratore unico e ai dirigenti apicali, anche la stessa società con l’applicazione della sanzione interdittiva del divieto di contrarre per un anno con la pubblica amministrazione.
E’ fuori dubbio che tale informazione avrebbe dovuto essere valutata dalla stazione appaltante, soprattutto perché riguardava proprio l’attività professionale svolta dalla società e aveva ad oggetto condotte tenute nel corso dell’esecuzione di contratti conclusi con altre aziende ospedaliere per l’espletamento del servizio di sterilizzazione.Lo stesso discorso vale anche per le invocate misure di self cleaning. Infatti non vi è dubbio che, anche in relazione alle clausole di esclusione di cui alla lettera c), comma 5, dell’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016, vige la regola secondo la quale la gravità dell’evento è ponderata dalla stazione appaltante, sicché l’operatore economico è tenuto a dichiarare situazioni ed eventi potenzialmente rilevanti ai fini del possesso dei requisiti di ordine generale di partecipazione alle procedure concorsuali ed a rimettersi alla valutazione della stazione, non essendo configurabile in capo all’impresa partecipante ad una gara alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare e sussistendo, al contrario, l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione in modo da permettere alla Stazione appaltante di espletare con piena cognizione di causa le valutazioni di sua competenza.
L’aver taciuto le circostanze in questione ha dunque impedito, da un lato, una valutazione completa (falsando la percezione delle condizioni reali della ricorrente) sull’affidabilità e l’integrità morale del candidato e, d’altro lato, è stata sintomatica di una condotta non trasparente e collaborativa della ricorrente.
In sintesi quindi pare al Collegio indubbio che, contravvenendo alle disposizioni di legge, S. ha quantomeno sostituito la propria valutazione soggettiva sulla rilevanza del precedente penale a quella della Stazione Appaltante, alla quale ha evidentemente impedito anche di valutare la rilevanza e significatività delle misure di self cleaning.
Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene che la condotta di S. sia quindi perfettamente riconducibile alla previsione contenuta nell’art. 80 comma 5 lett. c D.lgs. 50/2016.
Infatti, come esemplarmente chiarito dal Consiglio di Stato con la sentenza della V Sezione n. 122/2016 “Deve, infatti, essere rilevato che le stazioni appaltanti dispongono di una sfera di discrezionalità nel valutare quanto eventuali precedenti professionali negativi incidano sull’affidabilità di chi aspira a essere affidataria di suoi contratti.E’ agevole affermare, di conseguenza, che tale discrezionalità può essere esercitata solo se l’Amministrazione dispone di tutti gli elementi che consentono di formare compiutamente una volontà.
Deve poi essere ulteriormente rilevato come tale valutazione sia di stretta spettanza della stazione appaltante, per cui non è ammissibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione.
La concorrente che adotti tale comportamento viola palesemente, ad avviso del Collegio, il principio di leale collaborazione con l’Amministrazione.”
Ciò premesso la valutazione dell’Autorità di gara è scevra da vizi di manifesta illogicità o irrazionalità, per cui si sottrae al sindacato del giudice. Nessun contraddittorio doveva poi essere instaurato su circostanze che la ricorrente non ha mai volontariamente palesato.2) Il Collegio ricorda che il ricorso risulta proposto ai sensi del comma 2 bis dell’art. 120 del cpa ai sensi del quale ” Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E’ altresì inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività.”
Risulta pertanto evidente, ad avviso del Collegio, la quantomeno parziale inammissibilità del ricorso introduttivo proprio ai sensi della norma sopraricordata che esplicitamente la commina per le impugnazioni degli atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.
Conflitto di interesse – Si riferisce al personale in senso lato – Rinvio al d.P.R 16.04.2013 n. 62 – Deve intendersi ampliativo ed esemplificativo e non limitativo – Conseguenze (art. 42 , art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
ai sensi dell’articolo 42 comma 2 del codice dei contratti pubblici, “Si ha conflitto di interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della Stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, 62.”;
il riferimento alle ipotesi previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, costituisce un rinvio ampliativo ed esemplificativo e non limitativo, come si evince dall’uso della locuzione “in particolare”;
che l’articolo 42 cit. si riferisce al personale ma in senso lato, cioè non solo a soggetti titolari di un contratto di lavoro dipendente con gli enti coinvolti, ma anche, a maggior ragione, a coloro i quali, rivestendo una influente posizione sociale o di gestione amministrativa, hanno giocoforza un maggior “interesse finanziario, economico o altro interesse personale”;
che, nel caso di specie, a tacer d’altro, un membro su tre del consiglio di amministrazione (nella persona di D.) è comune sia al Broker che ha curato la predisposizione degli atti di gara sia ad una società agente della candidata vincitrice (il cui amministratore delegato, peraltro, è stato delegato dalla C. a rappresentarla nelle fasi pubbliche di gara, come si evince dai verbali n. 1 del 9 giugno 2016 e n. 2 del 14 giugno 2016);
che l’obbligo di astensione, come noto, da un punto di vista del diritto amministrativo, è posto a tutela di un pericolo astratto e presunto che non richiede la dimostrazione, volta per volta, del vantaggio conseguito con l’omessa astensione;
che tale conflitto d’interessi ha pertanto resa illegittima la partecipazione della controinteressata C., con conseguente obbligo di esclusione della medesima ai sensi dell’articolo 80 comma 5 lett. d) del codice dei contratti pubblici;
Cause di esclusione – Grave errore professionale – Fatti penalmente rilevanti – Potere di valutazione della Stazione Appaltante – Condizioni
Consiglio di Stato, sez. VI, 02.01.2017 n. 1
L’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 163 del 2006, vigente ratione temporis, indica le seguenti cause di esclusione: i) esistenza di una sentenza di condanna passata in giudizio in relazione a taluni reati specificamente indicati (lettera c); ii) commissione di un errore grave nell’esercizio dell’attività professionale «accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante (lettera f).
Tale ultima previsione assegna un ampio potere di valutazione alla stazione appaltante di verificare se l’operatore economico ha violato «doveri professionali nell’esecuzione delle obbligazioni rivenienti da precedente rapporti contrattuali» in modo da escludere «l’affidabilità tecnico-professionale del potenziale aggiudicatario» (Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2014, n. 6541).
Il Collegio rileva che tali elementi possono anche essere desunti dall’amministrazione, come ritenuto dal primo giudice, da fatti penalmente rilevanti oggetto di appositi procedimenti. Ma a tale fine è necessario che l’amministrazione individui con precisione quali siano le condotte esecutive rilevanti che hanno integrato gli estremi del grave errore professionale e determinato la interruzione del rapporto fiduciario.In definitiva, nel caso in cui la stazione appaltante desume da procedimenti penali l’esistenza di fatti idonei ad integrare gli estremi del grave errore professionale ha l’onere di una puntuale descrizione di tali fatti e della loro incidenza causale sul rapporto fiduciario al fine di evitare che si realizzi una automatica sovrapposizione di una fattispecie dotata di una sua autonomia (art. 38, comma 2, lettera c) con altra fattispecie dotata anch’essa di proprie caratteristiche identificative (art. 38, comma 2, lettera g), in violazione del principio di tassatività della cause di esclusione.
Motivi di esclusione – Gravi illeciti professionali – Differenze con la pregressa disciplina – Discrezionalità della Stazione appaltante, limiti – Automaticità, esclusione – Sanzione Agcm, inidoneità – Meccanismo del “self cleaning” applicabilità (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
Giova premettere che la vicenda di causa, come traspare dalle stesse articolazioni difensive contenute in ricorso, è senz’altro attratta alla disciplina di cui al nuovo Codice dei Contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), trattandosi di procedura ristretta indetta con deliberazione del 25.1.2016 con bando di prequalificazione pubblicato (sulla G.U.U.E. del 3.5.2016 e sulla G.U.R.I. n. 51 del 6.5.2016) successivamente al discrimine temporale stabilito dalla disposizione transitoria di cui all’art. 216 (“Fatto salvo quanto previsto nel presente articolo ovvero nelle singole disposizioni di cui al presente codice, lo stesso si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data (19.4.2016, nde) della sua entrata in vigore nonchè, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”).
Occorre quindi verificare se la fattispecie applicata, a prescindere dal mancato richiamo testuale della norma ad opera della SA, sia effettivamente riconducibile al ventaglio di ipotesi espulsive quivi contemplato, segnatamente, dal comma 5, lett. c), che così statuisce: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni…c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si e’ reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrita’ o affidabilita’. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”. La questione agitata in ricorso involge il tema, dal rilevante spessore ermeneutico, dei requisiti morali di partecipazione ad una gara d’appalto, che, pur caratterizzato da una disciplina normativa che detta ipotesi tassative (T.A.R. Latina Lazio, sez. I, 23 dicembre 2013, n. 1058) non è del tutto scevra, come meglio si dirà, da profili di discrezionalità ascrivibili alle stazioni appaltanti. L’esclusione per difetto dei requisiti morali viene disposta ove ci si trovi in presenza di determinate situazioni tassativamente indicate, che proprio in virtù della loro gravità e rilevanza comportano l’obbligatoria ed immediata esclusione. La ratio della norma di cui all’art. 80 risiede appunto nell’esigenza di verificare l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che andrà a contrarre con la p.a. per evitare, a tutela del buon andamento dell’azione amministrativa, che quest’ultima entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale. L’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 ripropone il contenuto dell’art. 38 del d.lgs. n. 163/2016, apportando però significative modifiche al testo originario anche per quanto attiene al più specifico ambito dei comportamenti incidenti sulla moralità professionale delle imprese concorrenti, in quanto l’art. 38 presentava la seguente diversa formulazione: “…secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”. La diversità del tratto testuale della norma oggi vigente, come dianzi riprodotto, non è tale da escludere una precisa linea di continuità tra le due previsioni, atteso che persiste in capo alla Stazione appaltante un coefficiente di discrezionalità (cosiddetta monobasica), il cui esercizio comporta la esatta riconduzione della fattispecie astratta contemplata dalla norma (grave illecito professionale) a quella concretamente palesatasi nella singola gara. Il quadro normativo che connota l’ampia tematica dei requisiti di ordine generale è storicamente caratterizzato da profili di discrezionalità delle stazioni appaltanti, ancorché collocati nella fase nevralgica delle ammissioni/esclusioni dalla gara, che affondano le loro radici nella stessa disciplina comunitaria, anch’essa incline a configurare, sia pure entro certi limiti, diaframmi di discrezionalità in capo alle amministrazioni giudicatrici, segnatamente nelle ipotesi di cosiddetta esclusione discrezionale dalla gara. Il conferimento alle stazioni appaltanti di un diaframma di discrezionalità in sede applicativa affiora, pur in mancanza di una formulazione della norma di segno univoco come quella contenuta nel previgente Codice Appalti (laddove si discorreva di “motivata valutazione”), da quanto statuito a proposito della consacrata necessità di dare “dimostrazione con mezzi adeguati” della sussistenza della fattispecie espulsiva, nonché dall’uso di locuzione generiche (“dubbia”, “gravi”) e dalla omessa precisa elencazione di ipotesi escludenti, che il legislatore infatti si limita ad individuare a fini meramente esemplificativi. Va tuttavia ribadito che spiragli di discrezionalità in favore delle stazioni appaltanti attengono non alla individuazione delle fattispecie espulsive – che senz’altro compete al legislatore, in materia di requisiti generali, secondo una elencazione da considerare tassativa – bensì alla riconduzione della fattispecie concreta a quella astratta, siccome descritta genericamente mediante l’uso di concetti giuridici indeterminati (peculiarità compendiata nel suddetto sintagma, di conio dottrinale, della discrezionalità monobasica).
Fatta questa necessaria premessa al fine di lumeggiare il peculiare contesto normativo nel quale si colloca la vicenda in esame, va esaminato il primo motivo di ricorso, nel quale parte ricorrente articola le proprie deduzioni secondo una triplice linea argomentativa: la insussistenza di alcuna delle ipotesi contemplate dal ridetto art. 80; la pretesa irrilevanza della sanzione irrogata dall’AGCM perché non contenuta in una decisione definitiva, stante la appellabilità della sentenza del Tar Lazio (n. 10303/2016) che l’ha confermata (peraltro solo nell’an); il mancato espletamento della discrezionalità riservata alla Stazione appaltante, avendo questa attribuito alla sanzione una efficacia espulsiva automatica.
Osserva il Collegio, in primo luogo, che la sanzione irrogata dall’AGCM non può essere astrattamente ricondotta alla norma di cui all’art. 80 laddove discorre di “altre sanzioni” tra le conseguenze che possono derivare dalla violazione dei doveri professionali e segnatamente dalle “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”. Come precisato nel parere (n. 2286/2016 in data 3 novembre 2016) reso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato (in relazione alle redigende Linee guida ANAC “indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice”) “possono essere considerate come “altre sanzioni”, l’incameramento delle garanzie di esecuzione o l’applicazione di penali, fermo che la sola applicazione di una clausola penale non è di per sé sintomo di grave illecito professionale, specie nel caso di applicazione di penali in misura modesta”. Lo stesso Massimo Consesso di GA, nel medesimo parere reso sulla proposta di linee guida dell’ANAC dal Consiglio di Stato in sede consultiva nella nuova disciplina, ha evidenziato che la previsione di cui all’art. 80 ha una portata molto più ampia, in quanto, da un lato, non si opera alcuna distinzione tra precedenti rapporti contrattuali con la medesima o con diversa stazione appaltante, e, dall’altro lato, non si fa riferimento solo alla negligenza o errore professionale, ma, più in generale, all’illecito professionale, che abbraccia molteplici fattispecie, anche diverse dall’errore o negligenza, e include condotte che intervengono non solo in fase di esecuzione contrattuale, come si riteneva nella disciplina previgente, ma anche in fase di gara (le false informazioni, l’omissione di informazioni, il tentativo di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante). In tale ventaglio di ipotesi non possono tuttavia rientrare, a parere del Collegio, anche i comportamenti anti-concorrenziali, in quanto di per sé estranei al novero delle fattispecie ritenute rilevanti dal legislatore, in attuazione peraltro di una precisa scelta, se si pensi che non sono state riprodotte, nell’àmbito del vigente ordinamento nazionale, le ipotesi di cui alla lett. d) della direttiva 2014/24, relativa agli accordi intesi a falsare la concorrenza. La norma non si presta ad una interpretazione estensiva o analogica, in quanto risulterebbe in contrasto con le esigenze di favor partecipationis che ispirano l’ordinamento in subiecta materia. Ritiene il Collegio che l’ampia e generica dicitura della norma non consente di includere nello spettro applicativo della stessa anche il provvedimento sanzionatorio posto a base dell’avversata determinazione, avendo il legislatore ricollegato le “altre sanzioni” a comportamenti inadempienti che alcuna attinenza hanno con quelli lesivi della concorrenza. L’irrogazione di una sanzione da parte dell’Authorithy Antitrust non può quindi consolidare alcuna fattispecie escludente di conio normativo e pertanto si configura la lamentata violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione.
Va altresì rilevata la fondatezza di quanto ulteriormente dedotto a proposito della obliterazione del diaframma discrezionale, il cui esercizio, che si riflette sul piano redazionale provocando un appesantimento dell’onere motivazionale, si impone alle stazioni appaltanti; esso invero fa da contraltare alla possibile rilevanza anche di decisioni non ancora definitive. Viene quindi conclusivamente in evidenza, sul piano patologico, che la Stazione appaltante ha fondato la determinazione espulsiva sulla mera irrogazione della sanzione e sulla esecutività della pronuncia del giudice amministrativo che ne ha verificato la legittimità, senza operare alcuna valutazione circa la effettiva incidenza del comportamento sanzionato sulla moralità professionale e precisamente per aver determinato “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione”. L’atto impugnato risulta quindi illegittimo in quanto non è dato comprendere, alla luce del tenore motivazionale dell’atto, come la condotta dell’operatore economico sanzionata dall’Antitrust abbia esattamente inciso sulla moralità professionale nei termini stabiliti dalla norma di riferimento del Codice degli appalti.
Per giunta, come ulteriormente articolato in ricorso, palesandosi così anche sotto tal profilo la fondatezza del gravame, il disegno normativo che è dato cogliere dalla lettura dell’art. 80 del nuovo plesso normativo sembra escludere, in termini tendenziali, ogni forma di automatismo escludente derivante dalla perpetrazione delle condotte in grado di incidere sulla moralità professionale, contemplando, in maniera innovativa rispetto al codice previgente, un meccanismo per così dire riabilitativo (cosiddetto self cleaning), in base al quale “Un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a 18 mesi ovvero abbia riconosciuto l’attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, e’ ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”. Tale disposizione, richiamando le ipotesi di cui al comma 5, comprende anche la fattispecie in esame, con la conseguenza che l’esclusione può essere disposta soltanto dopo che sia stata data all’operatore economico la possibilità di dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione. La illegittimità dell’atto impugnato si palesa quindi anche sotto tale distinto e concorrente profilo.
Motivi di esclusione – Gravi illeciti professionali – Risoluzione anticipata da precedente contratto – Novità ripetto alla disciplina previgente – Impugnazione della risoluzione in sede civile – Esclusione – Illegittimità (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
Nel merito, è necessario, innanzitutto, rammentare – in punto di fatto – che l’impugnato provvedimento di esclusione si basa sulla seguente motivazione:”La società T. s.r.l. viene esclusa a seguito di valutazione dei requisiti di idoneità professionale e, nello specifico, ai sensi dell’art. 80, comma 5 lett. c), del D. Lgs. 50/2016, il quale recita: le Stazioni Appaltanti escludono dalla partecipazione alla proecdura di appalto l’operatore economico …… omissis…… qualora: …. omissis …. lett. c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto d’appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata a seguito di un giudizio…..omissis, tutto ciò così come anche previsto nella lettera di invito al paragrafo.
Ciò premesso, il Tribunale ritiene sufficiente osservare, sinteticamente, – in diritto – che appare condivisibile, in primo luogo, la prospettata censura formulata dalla Società ricorrente incentrata sulla violazione e falsa applicazione, da parte della Stazione Unica Appaltante intimata, dell’art. 80, quinto comma lett. c), del Decreto Legislativo 18 Aprile 2016 n. 50, considerato – da un lato – che quest’ultima norma consente alla stazione appaltante di escludere dalla partecipazione alla procedura di appalto l’operatore economico allorquando dimostri con mezzi adeguati che lo stesso si è reso colpevole di gravi illeciti professionali (tali da rendere dubbia la sua affidabilità), tra i quali rientrano (per esplicita previsione normativa) le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, purchè non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio; e – dall’altro – che, nel caso di specie, risulta invece “per tabulas” che la T. S.r.l. ha giurisdizionalmente contestato dinanzi al Tribunale Civile – Sezione Imprese di L’Aquila la risoluzione contrattuale disposta in suo danno dal Comune di Montesilvano (con determinazione dirigenziale n° 215 del 2016), richiamata nella motivazione del provvedimento di esclusione impugnato, e che tale giudizio civile è tutt’ora pendente (essendo solo stata rigettata l’istanza cautelare incidentalmente avanzata dalla Società attrice), sicchè – nella fattispecie concreta de qua – non si è in presenza di una risoluzione anticipata del precedente contratto di appalto confermata – con sentenza – all’esito di un giudizio.
Infatti, è agevole rilevare che la predetta innovativa norma introdotta dal Codice degli appalti del 2016 (in vigore dal 19 Aprile 2016) – interpretata alla stregua dei consueti ortodossi canoni ermeneutici –, a differenza della previgente similare disciplina dettata dall’art. 38 primo comma lett. f) del Decreto Legislativo 12 Aprile 2006 n. 163 e ss.mm., rende irrilevante – ai fini della esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara indette dalla P.A. – la risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto o di concessione ancora “sub judice” (pur in presenza di una pronuncia cautelare negativa da parte dell’adito Tribunale Civile).
Il Collegio è dell’avviso meditato che vada disattesa la tesi interpretativa sostenuta dalla difesa della Società controinteressata secondo cui le espressioni letterali adoperate dal legislatore nell’art. 80 quinto comma lett. c) del Decreto Legislativo 18 Aprile 2016 n. 50 possono portare al risultato pratico (esplicitamente precluso, invece, dalla stessa norma) di consentire alla stazione appaltante di escludere dalla gara anche l’operatore economico nei cui confronti sia stata disposta dalla P.A. una risoluzione contrattuale anticipata, in ragione di ravvisate significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione, contestata in sede giurisdizionale e non confermata – con sentenza (ancorchè non definitiva) – all’esito del relativo giudizio, ovvero contestata in un giudizio non ancora concluso (nemmeno in primo grado), ma nel quale l’istanza cautelare del privato sia stata non accolta dal giudice.
Né si ravvisa l’allegato contrasto dell’art. 80 quinto comma lett. c) del Decreto Legislativo 18 Aprile 2016 n. 50 – così inteso – con l’art. 57 punto 4 della Direttiva 2014/24/UE (recepito dal legislatore italiano con tale norma) che, peraltro, non avendo carattere puntualmente completo e dettagliato, non è “self executing”.
Linee Guida ANAC n. 6: “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80 , comma 5, lett. c) del Codice”
Con Deliberazione n. 1293 del 16 novembre 2016 l’ANAC ha adottato le Linee Guida n. 5, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”
Sulla bozza iniziale delle Linea Guida si era espresso il Consiglio di Stato, comm. spec., 03.11.2016 n. 2286.
Si allega la Relazione AIR (.pdf) (Analisi di Impatto della Regolamentazione) recante contesto normativo, motivazioni, obiettivi e fasi del procedimento di adozione delle Linee guida.
Motivi di esclusione – Gravi illeciti professionali – Risoluzione di un precedente contratto – Mezzi di prova adeguati (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
TAR Catanzaro, 19.12.2016 n. 2522
L’esclusione è motivata con riferimento alle contestazioni che hanno comportato la risoluzione di precedente analogo rapporto contrattuale ai sensi dell’art. 80, comma 5, let. c) del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il ricorso deve trovare accoglimento.
La citata disposizione prevede che l’esclusione del concorrente è condizionata al fatto che la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione. Nel caso di specie, anche in seguito alla richiesta istruttoria formulata in corso di causa e della produzione documentale da parte della resistente, emerge che non si riscontrino adeguati elementi per ritenere che l’amministrazione abbia dimostrato con mezzi adeguati che l’operatore si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Gli inadempimenti allegati e relativi a precedente rapporto contrattuale risultano, infatti, essere stati tutti contestati da parte ricorrente e ciò in modo espresso (nel senso della diretta impugnazione delle note adottate dalla Prefettura) o in forma non espressa (le contestazioni di cui alla nota n. 91546 del 5.2.2016 risultano essere oggetto del procedimento civile pendente, cfr. ricorso per riassunzione allegato da parte ricorrente alla memoria del 12.12.2015). Ne discende che l’allegato inadempimento difetta della prova dei caratteri della definitività e della gravità dell’inadempimento. Parte resistente non ha, pertanto, provato con mezzi adeguati che l’operatore si è reso colpevole di gravi illeciti professionali.
La modificazione nel testo normativo rispetto alla precedente formulazione (art. 38, let. f., d.lgs. n. 163/06) implica che l’accertamento in ordine alla esistenza della violazione debba essere effettuato sulla base delle indicazioni contenute nella medesima disposizione ovvero, anche, secondo altre e differenti modalità analiticamente descritte da parte della stazione appaltante. Nel caso di specie, posta la sussistenza di un’analitica contestazione giudiziale dei vari inadempimenti allegati e la mancanza di un’adeguata descrizione di fatti estranei e differenti rispetto a quelli oggetto di contestazione giudiziale, deve ritenersi non integrata l’ipotesi descritta nella fattispecie in esame con il conseguente accoglimento del ricorso.
Si precisa che, ugualmente, la citata disposizione fa riferimento e pertanto richiede la condanna al risarcimento del danno ovvero la condanna ad altre sanzioni che devono analiticamente essere motivate nell’ambito del procedimento applicativo della relativa sanzione. Come precisato nel parere reso dalla commissione speciale del Consiglio di Stato (Linee guida ANAC “indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice”) “possono essere considerate come “altre sanzioni”, l’incameramento delle garanzie di esecuzione o l’applicazione di penali, fermo che la sola applicazione di una clausola penale non è di per sé sintomo di grave illecito professionale, specie nel caso di applicazione di penali in misura modesta”. Nel caso di specie, viste le contestazioni giudiziali e l’entità delle penali non contestate, non appaiono adeguatamente provati i presupposti applicativi della citata disposizione.
Collegamento sostanziale – Indizi rilevanti – Valutazione unitaria e globale – Presunzioni gravi, precise e concordanti – Intrecci familiari – Strategia nei ribassi – Modalità e tempistiche di presentazione dell’offerta (art. 38 d.lgs. n. 163/2006 – art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
Consiglio di Stato, sez. V, 16.12.2016 n. 5324
Le medesime parti non riescono tuttavia ad infirmare il giudizio ragionevolmente espresso dal Tribunale amministrativo sulla base del complesso degli indizi rilevanti ai fini della possibile esistenza di un collegamento sostanziale, e dunque attraverso una valutazione unitaria e globale, conforme all’art. 2729 cod. civ. (secondo cui le presunzioni sono idonee a ritenere provato il fatto da accertare quando risultano «gravi, precise e concordanti»).
4. A questo riguardo rivestono una valenza indiziaria “forte” ai sensi della disposizione codicistica ora citata innanzitutto la situazione di intreccio familiare tra la V. odierna appellante principale, risultata poi aggiudicataria, e la D. e il ribasso da ciascuna di esse presentato.
Questi ultimi si attestano rispettivamente al 30,951 e al 31,067 per cento della base d’asta.
Ora, è pur vero che – come si sostiene negli appelli – delle quaranta offerenti nella procedura di gara in contestazione trentasette hanno presentato ribassi comprese tra il minimo di 30,176 e il massimo di 31,280 per cento, e in questa forbice si collocano anche le due offerte in questione; e che, inoltre, tra i due ribassi se ne interpongono altri cinque.
Ma è del pari vero che, come sottolineato da questa Sezione in un altro caso di collegamento sostanziale, l’esito della selezione delle offerte non è nella disponibilità delle imprese collegate ma dipende da variabili dalle medesime indipendenti e date dal numero dei partecipanti alla procedura e dall’entità dei ribassi (sentenza 1° agosto 2015, n. 3772). Ciò che invece rileva ai fini dell’ipotesi disciplinata dalla più volte richiamata lettera m-quater) è che i ribassi denotino una strategia comune ai fini della determinazione della soglia di anomalia e conseguente aggiudicazione della gara, e cioè un unicità di centro decisionale prevista dalla richiamata disposizione di legge, e non siano invece tali da smentire l’ipotesi del previo concerto delle due offerte, a causa della notevole divergenza dei ribassi in essi contenute (cfr. la sentenze di questa Sezione dell’11 luglio 2016, n. 3057, citata dalla C., e 24 novembre 2016, n. 4959). Evenienza, quest’ultima, che certamente non può ritenersi verificata nel caso di specie.
5. Con riguardo invece ai legami familiari, non è contestato dalle appellanti, né contestabile, che gli amministratori della V. e della D. sono coniugi e che un altro soggetto è titolare di quote in entrambe le società, aventi sede nel medesimo Comune (Andria).
Il fatto poi che queste ultime siano di minoranza e più in generale che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ritiene non sufficiente l’esistenza di legami familiari tra le società non induce ad una conclusione diversa da quella cui è giunto il Tribunale amministrativo.
Con riguardo a quest’ultimo profilo le appellanti ancora una volta si collocano nella prospettiva di una critica atomistica al ragionamento probatorio del giudice di primo grado.
Peraltro, in relazione all’entità della partecipazione è sufficiente evidenziare che anche una quota di minoranza è espressiva di un unitario interesse di ordine patrimoniale legato all’acquisizione della commessa da parte di un’unica persona socia di due diverse società. Inoltre, la descritta unitarietà di interesse è nel caso di specie vieppiù rafforzata dal rapporto di coniugio dei due amministratori di queste ultime.
6. Agli elementi indiziari finora esaminati possono esserne aggiunti due di chiara valenza sintomatica della situazione di collegamento sostanziale, che la C. ha puntualmente enucleato nella propria impugnativa.
Si tratta del contestuale versamento del contributo di partecipazione alla gara, documentato dalle rispettive ricevute di versamento e dal contestuale invio delle offerte alla stazione appaltante, comprovato dai timbri di ricezione di quest’ultima e dai numeri immediatamente progressivi ivi apposti da quest’ultima (timbri apposti alle ore 10.50 del 28 settembre 2015, con numeri progressivi 7319 e 7320).
In particolare, l’effettuazione del sopralluogo nello stesso giorno da parte dei coniugi legali rappresentanti della V. e della D. (21 settembre 2015) non smentisce in alcun modo l’ipotesi di unicità del centro decisionale, sebbene lo stesso giorno anche siano stati effettuati altri sopralluoghi di altre concorrenti, ivi compresa la C. (…)
9. Identiche considerazioni devono essere svolte con riguardo alle certificazioni “PassOE” rilasciate alle due società nello stesso giorno (19 settembre 2015) tramite l’applicazione “Avcpass” dell’ANAC, sebbene con un intervallo temporale di circa cinquanta minuti.
Collegamento tra imprese – Offerte presentate per lotti diversi – Causa di esclusione – Non è applicabile
Considerato che la disposizione di cui all’art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. n. 50/2016 (come già l’omologa previsione di cui all’art. 38, comma 1, lett. m – quater del d.lgs. n. 163/2006), non trova applicazione nell’ipotesi in cui le offerte presentate dalle imprese si riferiscano a lotti diversi; ciò in quanto un bando di gara pubblica, suddiviso in lotti, costituisce un atto ad oggetto plurimo e determina l’indizione non di un’unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un’autonoma procedura si conclude con un’aggiudicazione (cfr., ex plurimis TAR Napoli, sez. I, sentenza n. 5572 del 2.12.2015, Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 3241 del 26.6.2015; TAR Lazio, sez. II^ ter, sentenza n. 6048 del 5.5.2015);
Rilevato che, nel caso di specie, l’autonomia dei singoli lotti emerge – così come fatto rilevare da parte ricorrente – tra l’altro:
– dall’attribuzione ai singoli lotti di specifici CIG;
– dall’individuazione di uno specifico importo a base di gara per ciascuno dei 4 lotti (par. 1.2 del disciplinare di gara);
– dalla possibilità, per ciascun concorrente, di concorrere per tutti e 4 i lotti, sebbene la stazione appaltante, quale misura pro concorrenziale, abbia previsto che questi “potrà risultare aggiudicatario di un solo lotto” (par. 2.3);
– dalla previsione della stipulazione di distinti contratti per ciascun lotto (part. 10.5);
– dalla richiesta di pagamento del contributo in favore dell’ANAC per ogni singolo lotto al quale si partecipa (par. 12);
– dalla prescrizione relativa alla presentazione di dichiarazioni sostitutive, relative ai requisiti di ordine generale, per ogni lotto (par. 16.2);
Ritenuto, altresì, che il reciproco condizionamento tra le aggiudicazioni dei vari lotti (nel senso del divieto di aggiudicazione di più di un lotto alla medesima impresa) non comporta il venir meno dell’autonomia di ciascuna procedura selettiva, volta all’affidamento del singolo lotto, in quanto detta prescrizione del disciplinare incide solo ex post, successivamente all’apertura delle offerte, e quindi dopo la redazione delle distinte graduatorie;
Ritenuto che, in considerazione di quanto precede, l’amministrazione abbia fatto malgoverno delle disposizioni di cui all’art. 80, comma 5, lett. m) e comma 6, del d.lgs. n. 50/2016, restandone comunque impregiudicate, all’esito della competizione, le ulteriori valutazioni in ordine all’applicazione della clausola pro concorrenziale, in considerazione del rapporto di controllo esistente tra le società;