Cons. Stato, sez. VI, 26.05.2015 n. 2662
(sentenza integrale)“Una volta appurato che nella lex specialis mancava una previsione espulsiva esplicita, ha ritenuto, secondo parametri sostanzialistici, che l’esclusione andasse disposta soltanto se gli amministratori per i quali risulta omessa la dichiarazione avevano pregiudizi penali: prova, nella specie, mancante.
Detto altrimenti, in questa del tutto peculiare situazione si è ritenuto in modo condivisibile che l’omissione della dichiarazione de qua non potesse giustificare una sanzione di esclusione, non prevista nella lex specialis, non avendo detta omissione in alcun modo inciso sui requisiti della concorrente essendo gli amministratori delle mandanti pienamente in regola con gli obblighi posti dalla normativa (conf. Cons. Stato, Ad. plen. , n. 23 del 2013, pronuncia che, sebbene riguardante fattispecie peculiare e non coincidente con quella odierna, esprime un principio che appare estensibile a questa controversia: ove l’onere di rendere la dichiarazione ex art. 38 non sia contemplato a pena di esclusione dalla lex specialis, l’esclusione può essere disposta non già per l’omissione di siffatta dichiarazione ma soltanto laddove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione; conf. altresì Cons. Stato, Ad. plen. n. 21 del 2012 e, sulla scia di queste due ultime decisioni, su fattispecie per certi versi simili a quella odierna, Cons. Stato, sez. VI, nn. 4907/2014 e 5890/2014; cfr. , più di recente, Cons. Stato, Ad. plen. n. 16 del 2014 per una impostazione, e in una prospettiva, “sostanzialistica” del problema e per un’attenuazione dell’obbligo di rendere la dichiarazione ex art. 38 da parte di tutte le persone abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari. Peraltro, se è vero che l’orientamento “sostanzialistico” in tema di dichiarazioni ex art. 38, recepito dal Legislatore con l’art. 39, comma 1, del d. l. n. 90 del 2014, conv. con mod. dalla l. n. 114 del 2014, disposizione richiamata da Siemens, non trova applicazione, ratione temporis, al giudizio odierno, va rimarcato che Cons. Stato, Ad. plen. n. 16/2014 ha rilevato al riguardo che “l’art. 39 del d. l. n. 90/2014 il quale, per le sole procedure bandite dopo la sua entrata in vigore, inserisce un comma 2 bis al citato art. 38 introducendo una sanzione pecuniaria per la mancanza, l’incompletezza e ogni altra regolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive, “obbliga(ndo) la stazione appaltante … ad assegnare al concorrente un termine non superiore a dieci giorni per la produzione o l’integrazione delle dichiarazioni carenti …(e imponendo) l’esclusione nel solo caso di inosservanza di tale ultimo adempimento”, “risulta finalizzato proprio a superare le incertezze interpretative e applicative del combinato disposto degli artt.38 e 46 d.lgs. cit., mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio (che diventa doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive) e la configurazione dell’esclusione dalla procedura come sanzione unicamente legittimata dall’omessa produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni carenti entro il termine assegnato dalla stazione appaltante (e non più da carenze originarie)”. La disposizione stessa, “ancorchè non applicabile direttamente alla presente controversia (come chiarito dall’art.39, comma 3) offre, quale indice ermeneutico, l’argomento della chiara volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell’ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni), di imporre un’istruttoria veloce, ma preordinata ad acquisire la completezza delle dichiarazioni (prima della valutazione dell’ammissibilità della domanda), e di autorizzare la sanzione espulsiva quale conseguenza della sola inosservanza, da parte dell’impresa concorrente, all’obbligo di integrazione documentale (entro il termine perentorio accordato, a tal fine, dalla stazione appaltante). Si tratta, quindi, di un’innovazione legislativa che, per quanto inapplicabile alla presente controversia, indica la volontà univoca del legislatore di valorizzare il potere di soccorso istruttorio al duplice fine di evitare esclusioni formalistiche e di consentire le più complete ed esaustive acquisizioni istruttorie”. (…)
Appare tuttavia pertinente, e va condiviso, il richiamo della società appellata al fatto che, ove anche S. non avesse avuto titolo al dimezzamento, nondimeno la sua offerta non avrebbe potuto essere esclusa, in quanto la giurisprudenza più recente (Cons. Stato, sez. III, n. 493 del 2012), valorizzando la diversa formulazione letterale dell’art. 75, comma 6, in relazione al comma 8, “rendendo(si) evidente l’intento di ritenere sanabile o regolarizzabile la mancata prestazione della cauzioneprovvisoria…”, ha consentito, appunto, la “sanabilità” della cauzione provvisoria.
L’art. 75 del codice dei contratti pubblici va inteso nel senso che la P.A. non può disporre l’esclusione del concorrente che abbia presentato la cauzione di importo inferiore a quello richiesto. In applicazione della regola di cui al citato art. 46, comma 1, del d. lgs. n. 163/2006, deve consentirsi la regolarizzazione degli atti, tempestivamente depositati, ovvero l’integrazione della cauzione insufficiente (Cons. Stato, sez. III, n.493/2012 cit.).”www.giustizia-amministrativa.it
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