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Procedura di affidamento – Integrale annullamento – Automatico travolgimento o caducazione del contratto stipulato con illegittimo aggiudicatario

Consiglio di Stato, sez. V, 17.01.2023 n. 589

Ai sensi dell’art. 122 del codice del processo amministrativo, il giudice può stabilire «se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza» quando accerti, tra le altre condizioni, che il ricorrente abbia la possibilità «di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati» e se «il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara» (in termini si veda di recente Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio 2022, n. 703). In altri termini, il potere del giudice amministrativo di dichiarare (quale conseguenza dell’illegittima aggiudicazione) se il contratto è inefficace e da quale momento decorra tale effetto paralizzante opera solo se il giudice accerti che il ricorrente ha la possibilità di aggiudicarsi la gara e di subentrare nel contratto.
Nel caso in cui l’annullamento giurisdizionale travolga l’intera procedura di affidamento del contratto, oltre al provvedimento di aggiudicazione, comportando conseguentemente l’obbligo per l’amministrazione soccombente di rinnovare l’intera procedura non vi è alcuna possibilità che il ricorrente si aggiudichi il contratto e quindi, secondo la norma codicistica, non occorre né dichiarare l’inefficacia del contratto né tantomeno disporre il subentro. L’integrale annullamento della procedura di affidamento comporta l’automatico travolgimento o caducazione anche del contratto stipulato con l’illegittimo aggiudicatario.

Subentro al concorrente originario ai fini della partecipazione alla gara – Ammissibilità – Presupposti – Principi eurounitari (art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. VI, 06.12.2021 n. 8079

4.2.4 Alla luce delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza unionale, sembra che il principio di identità giuridica e sostanziale del concorrente non sia assoluto, potendo subire attenuazioni ove ciò, da un lato, sia funzionale a garantire un’adeguata concorrenza, dall’altro, non comporti una violazione del principio di parità di trattamento e assicuri il possesso dei requisiti prescritti dalla lex specialis in capo all’operatore economico subentrante.
Ai fini di una tale deroga, occorre, altresì, che sussista un collegamento qualificato tra il candidato iniziale e l’operatore economico subentrante: nei casi richiamati dalla giurisprudenza unionale si è infatti assistito sì ad una modifica dell’identità giuridica e/o sostanziale del candidato, ma a fronte di situazioni in cui l’operatore subentrante: a) aveva già preso parte alla procedura quale componente del RTI prima del suo scioglimento (subentro dell’operatore economico al RTI di cui faceva parte prima del relativo scioglimento); ovvero, b) pure avendo incorporato altro candidato, aveva proseguito in proprio la procedura di affidamento.
4.2.5 Le indicazioni ritraibili dalla giurisprudenza unionale consentono di ritenere ammissibile il subentro dell’affittuario dell’azienda nella posizione dell’affittante anche ai fini della partecipazione ad una pubblica gara, assistendosi in siffatte ipotesi ad un’attenuazione del principio di identità del concorrente giustificata dal principio di continuità dell’azienda in capo all’affittuario.
A fronte di un affitto di azienda, pur assistendosi ad una modifica dell’identità giuridica, non viene meno l’identità sostanziale del concorrente, proseguendo in capo all’affittuario la capacità economica e tecnica del candidato iniziale espressa dall’azienda trasferita, rilevante ai fini della qualificazione del concorrente.
Tale operazione negoziale, assicurando comunque un collegamento qualificato tra candidato iniziale e candidato subentrante, dato dalla continuità sostanziale del concorrente (già valorizzata dalla giurisprudenza di questo Consiglio ai fini dell’accertamento dei requisiti di qualificazione, alla stregua di quanto supra osservato), permette di derogare parzialmente al principio di immodificabilità soggettiva del partecipante ad una pubblica gara, ove ciò:
– sia funzionale a garantire un’adeguata concorrenza, implicante altresì la libertà negoziale dell’operatore economico, suscettibile di esprimersi pure nel compimento di atti di affitto dell’azienda ai fini del soddisfacimento di esigenze organizzative (sulla valorizzazione della libertà contrattuale e della libera iniziativa economica delle imprese, che si traduce nella possibilità di procedere alle riorganizzazioni aziendali, anche attraverso l’affitto di azienda, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 3 agosto 2015, n. 3819);
– assicuri la conservazione in capo all’affittuario dei requisiti di capacità economica e tecnica posseduti dall’affittante ed espressi dall’azienda trasferita; il che, di regola, deve ammettersi in presenza di contratti di affitto aventi ad oggetto l’intera azienda o, comunque, il ramo di azienda destinato all’esecuzione dell’appalto pubblico sulla cui base il candidato originario si era qualificato;
– non determini una violazione del principio di parità di trattamento degli altri concorrenti, non consentendo il subentro di un operatore privo dei requisiti di partecipazione alla gara (si pensi ai requisiti di ordine generale), né comportando un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza; il che sarebbe ravvisabile se l’operazione negoziale minacciasse l’esistenza di una concorrenza libera e non falsata nell’ambito del mercato interno ovvero attribuisse all’offerente subentrante vantaggi ingiustificati rispetto agli altri concorrenti.
4.2.6 Tali conclusioni non sembrano in contrasto con i principi affermati dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio in materia di modifiche della composizione dei raggruppamenti temporanei di imprese.
In particolare, con sentenza n. 9 del 2021, l’Adunanza Plenaria ha rilevato come “l’art. 48, commi 17, 18 e 19-ter, del d. lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione attuale, consente la sostituzione, nella fase di gara, del mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese, che abbia presentato domanda di concordato in bianco o con riserva a norma dell’art. 161, comma 6, l. fall, e non sia stata utilmente autorizzato dal tribunale fallimentare a partecipare a tale gara, solo se tale sostituzione possa realizzarsi attraverso la mera estromissione del mandante, senza quindi che sia consentita l’aggiunta di un soggetto esterno al raggruppamento; l’evento che conduce alla sostituzione interna, ammessa nei limiti anzidetti, deve essere portato dal raggruppamento a conoscenza della stazione appaltante, laddove questa non ne abbia già avuto o acquisito notizia, per consentirle, secondo un principio di c.d. sostituibilità procedimentalizzata a tutela della trasparenza e della concorrenza, di assegnare al raggruppamento un congruo termine per la riorganizzazione del proprio assetto interno tale da poter riprendere correttamente, e rapidamente, la propria partecipazione alla gara” (cfr. anche Consiglio di Stato, Ad. Plen, 27 maggio 2021, n. 10).
[…]
4.3.5 Alla luce di tali considerazioni, emerge che l’attenuazione del principio di immodificabilità soggettiva del partecipante ad una pubblica gara, in presenza di vicende riorganizzative aziendali che assicurino la continuità sostanziale del concorrente, è il risultato di un indirizzo giurisprudenziale formatosi nel corso degli anni, funzionale a garantire la libertà di iniziativa economica e la libertà contrattuale degli operatori economici, insuscettibili di essere limitate in ragione della partecipazione alle pubbliche gare.
La disciplina dettata dall’art. 51 D. Lgs. n. 163/06 ha consentito, dunque, di chiarire l’applicazione, anche alla fase pubblicistica dell’affidamento, di principi già insisti nel sistema normativo, nazionale e unionale.
Ne deriva che i risultati già raggiunti dalla giurisprudenza di questo Consiglio non sembrano poter essere revocati in dubbio in ragione della mancata riproduzione della disciplina dettata dall’art. 51 D. Lgs. n. 163/06 nell’ambito del nuovo codice dei contratti pubblici, recato dal D. Lgs. n. 50/16: si è in presenza, come osservato, di elaborazioni esegetiche fondate su principi generali, affermati in via giurisprudenziale anche prima dell’emanazione del D. Lgs. n. 163/06, applicabili anche in assenza di un loro espresso riconoscimento normativo.
4.3.6 Parimenti, non risulta dirimente in senso contrario la presenza nell’ambito del rinnovato assetto normativo di una disciplina delle vicende soggettive degli operatori economici riferita alla sola fase di esecuzione del contratto (art. 106, comma 1, lett. d.2, D. Lgs. n. 50/16).
Una tale circostanza, difatti, è spiegabile in ragione dell’assenza di un’espressa disciplina recata nella direttiva europea n. 24 del 2014 recepita con il D. Lgs. n. 50/16, essendosi, dunque, il legislatore nazionale in parte qua limitato a recepire la disciplina unionale, senza operare alcun riferimento espresso alle vicende soggettive interessanti i candidati, gli offerenti e aggiudicatari; il che non implica, per ciò solo, la negazione dell’ammissibilità di analoghe vicende soggettive durante la fase di gara.
In ogni caso, la disciplina recata dall’art. 106, comma 1, lett. d.2, D. Lgs. n. 50/16, esprimendo un principio generale di continuità economica, volto a permettere il subentro dell’operatore che prosegue lo svolgimento dell’attività di impresa avvalendosi della medesima azienda (o, comunque, del ramo di azienda destinato all’espletamento della pubblica commessa), al pari di quanto precisato da questo Consiglio in relazione all’art. 35 della Legge n. 109/94 – che analogamente recava una disciplina riferita alla sola fase esecutiva –, lungi dal manifestare una difforma volontà legislativa, sembra potere essere applicata analogicamente anche alla fase dell’affidamento.
4.4 In ultimo, l’indirizzo accolto con la presente sentenza risulta coerente, altresì, con la posizione assunta in materia dall’Autorità Nazionale Anticorruzione che, pure richiamando la recente giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. III, 18 settembre 2019, n. 6216 e Tar Sicilia Palermo, 13 dicembre 2019, n. 2881), ha evidenziato come dall’art. 106 D. Lgs. n. 50/16 “possa essere desunto un generale principio di derogabilità al principio dell’immodificabilità soggettiva (per il RTI, art. 48, comma 9) estensibile anche alla fase dell’aggiudicazione dell’appalto” (delibera n. 81 del 15 gennaio 2020).
4.5 Alla stregua delle considerazioni svolte, il Collegio ritiene che, anche sotto la vigenza del D. Lgs. n. 50/16, non possa escludersi, a fronte di vicende soggettive interessanti il candidato, l’offerente o l’aggiudicatario, motivate da effettive esigenze riorganizzative aziendali, il subentro nella posizione del concorrente originario, ai fini della partecipazione alla pubblica gara, dell’operatore economico che, acquisendo l’azienda sulla cui base il concorrente originario si era qualificato alla procedura, sostanzialmente prosegue l’esercizio dell’attività di impresa avvalendosi dei medesimi beni materiali e immateriali componenti l’azienda trasferita.
In tali ipotesi, non assistendosi ad alcun mutamento dell’identità sostanziale del ricorrente, ma continuando in capo all’operatore subentrante il possesso della capacità economica e tecnica espressa dall’azienda destinata all’esecuzione della commessa in affidamento, si realizza un collegamento qualificato tra l’operatore subentrante e il concorrente originario idoneo a giustificare l’attenuazione del principio di immodificabilità soggettiva del partecipante alla pubblica gara.
A tali fini, occorre, tuttavia, che l’operazione negoziale in concreto compiuta non determini la violazione del principio di parità di trattamento dei concorrenti (alla stregua di quanto pure precisato dalla giurisprudenza unionale), né sottenda uno scopo elusivo della disciplina imperativa regolante l’affidamento dei pubblici contratti.
Difatti, l’attenuazione del principio di immodificabilità soggettiva trova la propria giustificazione nelle esigenze di riorganizzazione aziendale, che devono potere essere perseguire, anche in pendenza della gara, nella piena esplicazione della libertà di iniziativa economica e della libertà contrattuale delle imprese: una tale attenuazione, invece, non potrebbe legittimare pratiche elusive, volte a celare la perdita di un requisito di partecipazione o comunque ad impedire le verifiche amministrative o i controlli giurisdizionali da svolgere sulla posizione dei concorrenti ai fini della loro partecipazione procedura di affidamento.
In siffatte ipotesi, non soltanto si configurerebbe un atto nullo, perché compiuto in frode alla legge ex art. 1344 c.c. – come tale improduttivo di effetti giuridici e, dunque, inidoneo a giustificare il subentro del nuovo operatore economico in sede di gara -, ma emergerebbe, in via generale, anche una violazione del principio di parità di trattamento dei concorrenti, in quanto la fattispecie contrattuale sarebbe tesa ad evitare l’applicazione di una conseguenza espulsiva che in analoghe circostanze si sarebbe prodotta per tutti gli altri concorrenti.
Del resto, la circostanza per cui le modifiche soggettive del concorrente debbano essere determinate da reali esigenze di riorganizzazione aziendale e non siano finalizzate ad eludere la disciplina imperativa regolante la partecipazione ad una pubblica gara è valorizzata espressamente dal dato positivo, proprio in relazione ai Raggruppamenti temporanei d’impresa, prevedendosi il divieto di recesso dell’impresa raggruppata ove finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara (art. 48, comma 19, D. Lgs. n. 50/16).

Sentenza che annulla l’aggiudicazione e dichiara inefficace il contratto con possibilità di subentro : non è costitutiva di vincolo contrattuale 

Consiglio di Stato, sez. V, 03.05.2021 n. 3458

La sentenza che annulla l’aggiudicazione e dichiara inefficace il contratto ai sensi dell’art. 122 Cod. proc. amm., anche quando, a seguito di apposita domanda della parte ricorrente, accerta la “possibilità di subentrare nel contratto”, non è mai costitutiva del vincolo contrattuale, né potrebbe esserlo.
L’unica ipotesi conosciuta dall’ordinamento di sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso è quella contemplata dall’art. 2932 cod. civ., la quale presuppone l’esistenza dell’obbligazione della parte convenuta in giudizio a concludere un contratto.
Le disposizioni del Codice dei contratti pubblici sulle fasi delle procedure di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione escludono che questa, anche quando sia addivenuta all’individuazione dell’aggiudicatario, sia obbligata a concludere il contratto con quest’ultimo.

Ai sensi dell’art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 (e dell’art. 11, comma 9, del d.lgs. n. 163 del 2006, applicabile ratione temporis), divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, la stazione appaltante si trova nell’alternativa tra addivenire alla stipulazione ovvero esercitare i poteri di autotutela “nei casi consentiti dalle norme vigenti”, vale a dire, sussistendone i presupposti, annullare ovvero revocare il provvedimento di aggiudicazione. Infatti “l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta”, come espressamente precisa l’art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 (e già precisava l’art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006) appunto a significare che il provvedimento di aggiudicazione non è idoneo a far insorgere il rapporto obbligatorio tra le parti, né ad attribuire al privato aggiudicatario una posizione di diritto soggettivo, cui corrisponda un’obbligazione di concludere il contratto da adempiersi da parte della pubblica amministrazione (cfr. Cass. S.U., 11 gennaio 2011, n. 391). Di qui l’impossibilità per l’aggiudicatario di esperire l’azione costitutiva ex art. 2932 cod. civ.

Giova precisare – in risposta alle argomentazioni svolte dall’appellante nella memoria di replica – che l’impossibilità di esperire l’azione costitutiva ex art. 2932 cod. civ. è conseguenza più dell’assetto dato dal legislatore alla formazione del contratto ad evidenza pubblica (la cui stipulazione, ad un tempo conclude la fase pubblicistica di un percorso bifasico e dà luogo alla seconda fase che prosegue lungo i binari del rapporto di diritto privato), che di limiti propri della giurisdizione del giudice amministrativo. Non vi è dubbio infatti che la tecnica di tutela di cui all’art. 2932 cod. civ. sia praticabile dinanzi al giudice amministrativo, come riconosciuto sia dalla Corte di Cassazione (in diversi precedenti, tra cui Cass. S.U. 9 marzo 2015, n. 4683, richiamata dall’appellante), che univocamente dalla stessa giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 28/2012, nonché, di recente, tra le altre, Cons. Stato, IV, 14 giugno 2018, n. 3672 e id., 29 novembre 2018, n. 6793). Essa peraltro presuppone che si tratti di materia rientrante nell’ambito della giurisdizione esclusiva, laddove, venendo in rilievo una posizione di diritto soggettivo cui si contrappone l’obbligo inadempiuto della conclusione del contratto, non potrebbe che essere assicurata la stessa tutela riconosciuta dinanzi al giudice ordinario (tanto è vero che anche il precedente richiamato dall’appellante, di cui a Cass. S.U. n. 4683/15, attiene all’atto d’obbligo del privato per il trasferimento di aree alla p.a. nell’ambito di un accordo di urbanizzazione rientrante nella giurisdizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lett. a, n. 2 Cod. proc.amm., su cui cfr. anche Cass. S.U. ord. 17 marzo 2017, n. 6962 e id., 30 maggio 2018, n. 13701).

Tuttavia la fattispecie oggetto della presente decisione è connotata dai seguenti caratteri propri:
– la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si estende fino “alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative” (art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, Cod. proc. amm.); la stipulazione del contratto con il ricorrente vittorioso vi è quindi estranea; essa è consequenziale alla dichiarazione di inefficacia del precedente contratto (tanto che la presuppone ex art. 124, comma 1, Cod. proc. amm.), ma è distinta ed ulteriore, tanto è vero che tutte le questioni attinenti al contenuto ed all’esecuzione del contratto rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario;
– comunque, la tutela ex art. 2932 cod. civ. non potrebbe essere esperita nemmeno dinanzi a quest’ultimo per la semplice ragione che, come già detto, nell’ordinamento non è configurabile un diritto soggettivo dell’aggiudicatario cui corrisponde un’obbligazione della pubblica amministrazione di stipulare il contratto.

Piuttosto, l’aggiudicazione, in quanto provvedimento conclusivo della fase pubblicistica della procedura di scelta del contraente, attribuisce a quest’ultimo la posizione di interesse legittimo pretensivo alla stipulazione del contratto. A fronte di tale posizione l’amministrazione ha di certo l’obbligo di provvedere (cfr. Cons. Stato, V, 17 marzo 2021, n. 2275, dove si è chiarito che, se l’aggiudicatario non intende sciogliersi dal vincolo, l’amministrazione deve stipulare il contratto o emettere comunque un provvedimento conclusivo del procedimento), ma, come detto, è “fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti” (art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016).

Pertanto il giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva, decidendo sulla domanda del ricorrente di conseguire l’aggiudicazione e di subentrare nel contratto, ai sensi degli artt. 122 e 124 Cod. proc. amm., non fa che accertare la posizione soggettiva qualificata del ricorrente, la quale, come correttamente esposto nella sentenza qui appellata, “non può che coincidere con la posizione di interesse legittimo alla stipulazione del contratto che normalmente consegue all’aggiudicazione della gara”; con la precisazione che, essendo l’efficacia dell’aggiudicazione subordinata alla verifica del possesso dei requisiti ex art. 32, comma 7, Cod. proc. amm., e spettando tale verifica alla stazione appaltante, si tratta di una posizione di interesse legittimo pretensivo a sua volta condizionata per legge (senza necessità che ciò sia statuito con la sentenza che ha annullato la precedente aggiudicazione) all’esito positivo della verifica del possesso dei requisiti in capo al ricorrente vittorioso.

In conclusione, la pronuncia giudiziale di declaratoria di inefficacia del contratto ex art. 122 Cod. proc. amm. certamente priva di effetti il contratto stipulato a seguito di aggiudicazione ritenuta illegittima, ma non ha efficacia costitutiva del contratto con il ricorrente vittorioso.
A siffatta conclusione non ostano le previsioni della c.d. direttiva ricorsi (Direttiva 66/2007/CE), richiamate dall’appellante nella memoria di replica, considerato che l’effettività della tutela è comunque assicurata dai rimedi esperibili contro i provvedimenti in autotutela adottati dalla pubblica amministrazione in luogo della stipulazione del contratto.

4.4.1. Perfettamente in linea con tale ricostruzione del quadro normativo di riferimento è la sentenza di questa Sezione, n. 3636/2018, favorevole alla DB Costruzioni, con la quale, annullata l’aggiudicazione della gara in favore della controinteressata C.S.E., si è “accolta la domanda dell’originaria ricorrente di subentro nel contratto stipulato (nelle more del presente giudizio d’appello) tra il Comune di San Giuliano di Puglia e la medesima controinteressata, previa dichiarazione di inefficacia dello stesso” e si è precisato di non ravvisare “alcuna circostanza ostativa ai sensi dell’art. 122 cod. proc. amm., tenuto in particolare conto che, come risulta dagli atti di causa, al momento della presente decisione la C.S.E. ha eseguito la sola progettazione”.
La statuizione con efficacia di giudicato è letteralmente e logicamente limitata alla dichiarazione di inefficacia del contratto (già stipulato) ed a quella “di accoglimento della domanda di subentro” nel contratto (da stipulare).
Come si è avuto modo di chiarire in giurisprudenza, siffatto “subentro” non va inteso in senso strettamente lessicale come successione nel contratto in essere con l’originaria aggiudicataria (tanto è vero che questo va dichiarato inefficace e perciò resta definitivamente caducato, con la decorrenza che il giudice fissa ex art. 122 Cod. proc. amm.); piuttosto esso sta ad indicare la situazione alternativa al rinnovo della gara (tanto è vero che presuppone l’accertamento che “il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara” ex art. 122 Cod. proc.amm.). Si tratta cioè di situazione che consente di consolidare la procedura di gara, prevedendo a favore del nuovo aggiudicatario “la possibilità di subentrare nel contratto”, in modo da sostituirsi all’originario vincitore della gara nella posizione di parte contraente con la stazione appaltante per l’esecuzione della prestazione indicata nell’offerta (cfr. Cons. Stato, V, 26 gennaio 2021, n. 786 e i precedenti ivi indicati). A tale scopo è però necessaria la stipulazione di un nuovo contratto, che si sostituisca a quello con la precedente aggiudicataria, caducato a seguito della dichiarazione di inefficacia.

Cessione d’azienda – Trasferimento dei requisiti (anche del fatturato) – Idoneità – Subentro (art. 83 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Bolzano, 18.11.2019 n. 279

Con un unico, articolato, motivo la società ricorrente lamenta la falsa applicazione dell’art. 83 del Codice degli appalti (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nella parte in cui consente alla stazioni appaltanti di imporre, a pena di esclusione, l’esibizione di un fatturato minimo annuo, sotto diversi profili.
Viene in primo luogo contestato che il Consiglio di Stato, con la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 10/2012, abbia posto le basi per sostenere la tesi secondo cui, in caso di successione integrale di un’impresa a un’altra, non possa essere fatto valere, quale requisito di partecipazione, il fatturato maturato dall’azienda dante causa, sul presupposto che esso non rientrerebbe tra i beni trasferiti con l’azienda (art. 2555 c.c.). La ricorrente assume che l’Adunanza Plenaria avrebbe in realtà affermato il principio della continuità dell’attività imprenditoriale, alla luce del quale i medesimi requisiti personali si trasferirebbero in capo al cessionario sia in caso di successione a titolo universale tra le imprese interessate al trasferimento d’impresa, sia anche in caso di cessione o affitto di semplice ramo d’azienda, salvo che non si provi una diversa pattuizione. Ne consegue che l’indicazione contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 22 maggio 2015, n. 2568 (cui fa riferimento il provvedimento di conferma dell’esclusione) si baserebbe su un’interpretazione erronea del citato precedente dell’Adunanza Plenaria.
L’orientamento espresso nella sentenza n. 2568/2015, peraltro, sarebbe stato superato dalla successiva giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato. In particolare, secondo la Sez. III del Consiglio di Stato (30 giugno 2016, n. 2952), la tesi secondo cui il fatturato specifico maturato prima della stipulazione del contratto d’affitto d’azienda, attenendo a un profilo soggettivo dell’attività d’impresa, esulerebbe dal compendio dei beni trasferiti con l’accordo negoziale, non poteva essere condivisa, sia perché non si fonderebbe su alcun dato positivo, sia perché risulterebbe smentita in concreto dal contratto oggetto di controversia. La nuova linea interpretativa sarebbe poi stata ribadita e sviluppata dalla successiva giurisprudenza amministrativa.
La società ricorrente rileva che, in definitiva, ciò che conterebbe sarebbe il requisito della continuità dell’attività d’impresa, requisito esistente nel caso di specie (…)
Ebbene, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, proprio nella citata decisione n. 10 del 2012, ha precisato che le cessioni di azienda o di ramo di azienda, al pari delle fusioni o delle incorporazioni di società, sono suscettibili di comportare la continuità tra la precedente e la nuova gestione imprenditoriale: anche in tali casi, infatti si ha un “passaggio all’avente causa dell’intero complesso dei rapporti attivi e passivi nei quali l’azienda stessa o il suo ramo si sostanzia (tanto da farsi riferimento in giurisprudenza al concetto di trasferimento di universitas…). Il che rende la vicenda ben suscettibile di comportare pur essa la continuità tra precedente e nuova gestione imprenditoriale”.
Osserva il Collegio che, secondo il più recente e condiviso indirizzo giurisprudenziale, la cessione di azienda, al pari dell’affitto d’azienda, mette il cessionario / affittuario nella condizione di potersi giovare dei requisiti e delle referenze in relazione al compendio aziendale: “…appare piuttosto condivisibile l’orientamento della giurisprudenza maggioritaria, che si è espressa nel senso che ‘l’affitto d’azienda, alla stessa stregua della cessione, mette l’affittuario / cessionario, per ciò stesso, in condizione di potersi giovare dei requisiti e delle referenze in relazione al compendio aziendale’ (così Cons. Stato, Sez. V, 3 agosto 2015, n. 3819), che ‘l’atto di cessione di azienda abilita la società subentrante, previa verifica dei contenuti effettivamente traslativi del contratto di cessione, ad utilizzare i requisiti maturati dalla cedente’ (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 maggio 2014, n. 2306) e che ‘sono certamente riconducibili al patrimonio di una società o di un imprenditore cessionari prima della partecipazione alla gara di un ramo d’azienda i requisiti posseduti dal soggetto cedente, giacché essi devono considerarsi compresi nella cessione in quanto strettamente connessi all’attività propria del ramo ceduto’ (così Cons. Stato, Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6550)” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 17 marzo 2017, n. 1212; nello stesso senso anche Sez. III, 12 dicembre 2018, n. 7022).
Il precedente orientamento della giurisprudenza, richiamato dalla stazione appaltante nell’impugnato provvedimento di conferma dell’esclusione della ricorrente dalla gara, secondo cui la cessione comporterebbe il trasferimento degli elementi oggettivi che compongono l’azienda stessa, non invece delle caratteristiche soggettive dell’imprenditore (così Consiglio di Stato, Sez. V, 22 maggio 2015, n. 2568), non è condivisibile, “potendosi invocare diversi precedenti di diverso segno come la sentenza del Consiglio di Stato 2952/2016, in forza dei quali la cessione o l’affitto dell’azienda (o di parte di essa) avvenuta prima della gara (n.d.r. come nel caso di specie)…può legittimare la parte cessionaria a fare valere come acquisiti elementi, anche immateriali, afferenti all’azienda ceduta…”. Ciò perché la cessione, al pari dell’affitto di ramo d’azienda e di altre figure contrattuali similari è “idonea in astratto a determinare il trasferimento (anche) del requisito del fatturato in capo all’avente causa, salvo verificare il reale contenuto del contratto in concreto e valutarne gli effetti” (cfr. C.G.A. per la Regione Siciliana, 29 maggio 2018, n. 314).

Modifiche soggettive dell’operatore economico concorrente in fase di aggiudicazione – Subentro in un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) – Ammissibilità (art. 48 , art. 106 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 18.09.2019 n. 6216

La possibilità di subentro risultava disciplinata dall’art. 51 del d.lgs. 163/2006, che, – pur in presenza di un divieto di modificazione della composizione dei raggruppamenti temporanei rispetto a quello risultante dall’offerta, affermato dall’art. 37, comma 9, ed oggi riproposto dall’art. 48, comma 9, del d.lgs. 50/2016 – con riferimento alle “vicende soggettive dell’offerente e dell’aggiudicatario” prevedeva che l’affittuario di un’azienda o di un ramo d’azienda subentrato ad un concorrente potesse essere ammesso alla gara, all’aggiudicazione ed alla stipulazione del contratto, previo accertamento dei requisiti previsti dalla normativa e dalla legge di gara.
La disposizione non è stata riprodotta nel nuovo codice dei contratti, che, all’art. 106, contempla espressamente soltanto la modifica del contraente.
Ciononostante, il principio da essa affermato, dell’ammissibilità di modifiche soggettive dei concorrenti anche nella fase di aggiudicazione dell’appalto, può ritenersi tuttora applicabile.
In tal senso, la delibera dell’ANAC n. 244 del 8 marzo 2017, che sottolinea la perdurante esigenza di salvaguardare la libertà contrattuale delle imprese, le quali devono poter procedere alle riorganizzazioni aziendali reputate opportune senza che possa essere loro di pregiudizio lo svolgimento delle gare alle quali hanno partecipato (cfr., al riguardo, Cons. Stato, V, n. 1370/2013, n. 3819/2015).
Più di recente, nello stesso senso, è stato sottolineato che la tesi opposta finisce con “l’ingiustamente “ingessare”, senza alcuna valida ragione giustificativa la naturale vocazione imprenditoriale dei soggetti partecipanti alle gare pubbliche, per tal guisa ponendosi in contrasto con il principio di tassatività delle cause di esclusione che sono soltanto quelle espressamente previste dall’art. 80 del nuovo Codice dei Contratti. Appare altresì evidente che la partecipazione di un soggetto ad una procedura di evidenza pubblica non può costituire, a pena di violazione della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), o del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), motivo per condizionare, ostacolare o, addirittura, sopprimere l’essenza dell’attività imprenditoriale, quando ciò non trovi giustificazione nella necessità di tutelare interessi superiori” (così, TAR Napoli, III, n. 7206/2018).

Esecuzione del contratto – Subentro impresa esecutrice – Autorizzazione – Revoca – Giurisdizione

TAR Napoli,  14.02.2019 n. 847 

La domanda di annullamento della revoca dell’autorizzazione al subentro dell’esecutrice di lavori rientra nell’ambito della giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, secondo quanto disposto dal comma 1 dell’art. 7 c.p.a., costituendo la revoca espressione di un potere amministrativo autoritativo, frutto di una valutazione tipicamente amministrativa.

Ugualmente rientra nell’ambito della giurisdizione amministrativa la relativa domanda risarcitoria.

Non sussiste, invece, la giurisdizione amministrativa con riguardo alla richiesta di risarcimento del danno formulata nei confronti dei convenuti funzionari comunali sussistendo la giurisdizione del giudice ordinario, in base a quanto affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nel loro ruolo di giudice dei conflitti di giurisdizione ex art. 111, ultimo comma, Cost., a partire dall’ordinanza n. 13659 del 2006, secondo cui “ai fini della risoluzione del problema processuale non rileva stabilire se il F. abbia agito quale organo dell’Università, ovvero, a causa del perseguimento di finalità private, si sia verificata la cd. “frattura” del rapporto organico. Nell’uno, come nell’altro caso, l’azione risarcitoria è proposta nei confronti del funzionario in proprio, e, quindi, nei confronti di un soggetto privato, distinto dall’amministrazione, con la quale, al più, può risultare solidalmente obbligato (art. 28 Cost.). La questione di giurisdizione, infatti, dalla quale esulano le altre sopra accennate, va risolta esclusivamente sulla base dell’art. 103 Cost., che non consente di ritenere che il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una pubblica amministrazione, o soggetti ad essa equiparati”. Tale lettura è stata di recente confermata anche dall’ordinanza n. 19677 del 2016, con cui le SS. UU. della Corte di Cassazione, nel richiamare l’ordinanza del 2006 e quelle n. 5914 del 2008, n.11932 del 2010 e n. 5408 del 2014, hanno ribadito che “presupposto della giurisdizione amministrativa secondo la Carta costituzionale è, …omissis…, che la tutela giurisdizionale coinvolgente le situazioni giuridiche nella giurisdizione di legittimità ed in quella esclusiva debba avere luogo con la partecipazione in posizione attiva o passiva della pubblica amministrazione o del soggetto che, pur non facendo parte dell’apparato organizzatorio di essa, eserciti le attribuzioni dell’Amministrazione, così ponendosi come pubblica amministrazione in senso oggettivo”, e hanno rilevato che “il profilo della giurisdizione amministrativa in questi termini trova conferma nel codice del processo amministrativo, atteso che, …omissis… , l’art. 7, comma 1, nell’individuare la giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie, di diritti soggettivi, riferisce tali controversie a ‘l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo’ e le dice riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni…omissis… Tale precisazione evidenzia in modo indubitabile che la controversia riguarda quelle forme di esercizio del potere in quanto poste in essere dall’Amministrazione, il che non lascia dubbi sul fatto che soggettivamente la controversia esige che una delle parti sia la pubblica amministrazione e l’altra il soggetto che faccia la questione sull’interesse legittimo o sul diritto soggettivo. Il dubbio sulla possibilità che la controversia possa riguardare la lesione di interessi legittimi o di diritti soggettivi fra tale soggetto e colui che agisca per l’Amministrazione con nesso di rappresentanza organica è, pertanto, chiaramente fugato. Lo è ancora di più quando si legge il comma 2 dello stesso articolo, là dove esso proclama che per pubbliche amministrazioni, ai fini del presente codice, si intendono anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo: è nuovamente palese che ci si riferisce al profilo oggettivo della pubblica amministrazione o di chi ad essa è equiparato” (TAR Venezia, 28.08.2018 n. 871).

Subentro del secondo classificato nel contratto d’appalto: presupposti, modalità e termini

Consiglio di Stato, sez. V, 30.11.2015 n. 5404
(sentenza integrale)

“Prima di scendere all’esame del merito della controversia, conviene riportare sinteticamente i principi elaborati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato in parte qua (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 4831 del 2012; Sez. VI, n. 2260 del 2011; Sez. VI, n. 20 del 2010, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 114, co. 3, c.p.a.), secondo cui:
a) se l’aggiudicazione è annullata e il ricorrente ha titolo a subentrare nel contratto perché questo è ad uno stadio di esecuzione tale da consentire la sostituzione dell’appaltatore, la soddisfazione in forma specifica della pretesa si ha mediante caducazione del contratto in corso e stipula di un nuovo contratto con l’avente diritto;
b) a mente dell’art. 122 c.p.a. il subentro nel contratto và inteso in senso atecnico, ovvero non come successione nel medesimo rapporto contrattuale intercorso con l’originario aggiudicatario – che anzi viene meno all’esito del giudicato amministrativo, bensì come necessità di stipulare un nuovo contratto che consenta di completare le prestazioni residue;
c) per ineludibili esigenze di rispetto della par condicio, il subentrante non può conseguire un beneficio maggiore rispetto a quello che avrebbe avuto se fosse risultato aggiudicatario ab initio sicché la sostituzione deve avvenire secondo le condizioni della gara originaria e l’offerta fatta dal subentrante in quella originaria gara;
d) ancorché possa essere trascorso del tempo dalla gara originaria, le oscillazioni dei prezzi non sono rilevanti in sé ma solo attraverso gli speciali meccanismi previsti dalla legge che presuppongono la stipula del nuovo contratto, sicché il subentrante non può pretendere un generico e complessivo aggiornamento del prezzo di gara in applicazione degli istituti del prezzo chiuso e della revisione dei prezzi;
e) la norma sancita dall’art. 140 del codice dei contratti pubblici, alla stregua di una esegesi orientata al rispetto delle regole europee: disvela la sua natura eccezionale; è soggetta a regole di stretta interpretazione; può trovare applicazione solo quando sia possibile stipulare con l’imprenditore che ha presentato la seconda migliore offerta un contratto avente lo stesso contenuto di quello concluso con l’aggiudicatario originale e poi risolto; presuppone, a differenza dell’art. 122, c.p.a., l’iniziativa (facoltativa) della stazione appaltante”.

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