2.1. Nell’articolare il secondo motivo di censura, la ricorrente lamenta anche la tempestività della consentita integrazione, rilevando che l’eventuale integrazione della cauzione possa ammettersi in quanto la cauzione stessa, nel suo esatto ammontare, risulti avere data certa antecedente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte.
Tale impostazione, a parer della ricorrente, sarebbe l’unica che garantirebbe una soluzione capace di garantire un esatto punto di equilibrio tra il principio della par condicio e quello del favor partecipationis, evitando che la sostanziale riapertura del termine perentorio di partecipazione, peraltro a beneficio di un singolo concorrente, possa comportare un’intollerabile disparità di trattamento.
Ritiene, tuttavia, il Collegio che l’invalidità o irregolarità della cauzione provvisoria deve essere tenuta distinta della mancanza assoluta della stessa. Quest’ultima ipotesi è senza dubbio più grave e, solo rispetto ad essa, il documento di cui è chiesta l’integrazione mediante soccorso istruttorio deve avere data anteriore alla scadenza del termine di partecipazione. Coerentemente, anche il Consiglio di Stato, in suo recente pronunciamento, ha distinto ‘‘la fattispecie della mancata costituzione della garanzia provvisoria da quella della sua invalidità o irregolarità, atteso che la prima ipotesi è espressione ex se della scarsa serietà dell’offerta (così come la prestazione di garanzia con documenti materialmente falsi, cui è riferito il precedente di questa Sezione, V, 23 marzo 2018, n. 1846, che non ha ammesso il soccorso istruttorio), mentre tale non può reputarsi la costituzione della garanzia quando l’art. 93, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 risulti apparentemente rispettato’’ (Consiglio di Stato V Sezione 16 gennaio 2020 n. 399).
Sembra, peraltro, confermare tale impostazione ermeneutica, l’art. 101, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 36 del 2023, che, nel delineare il soccorso istruttorio integrativo-completivo, prevede solo per la mancata presentazione della garanzia provvisoria, ma non per l’inesattezza della stessa, la possibilità di integrazione mediante documenti aventi data certa anteriore al termine fissato per la presentazione delle offerte. Ne consegue che in relazione al caso di specie, in cui la garanzia provvisoria è stata presentata, ma era di importo inesatto, opera il soccorso istruttorio sanante, ora previsto dalla lettera b) dell’art. 101 sopra richiamato, che non richiede la necessità che la regolarizzazione avvenga entro il termine fissato per la presentazione delle offerte. Ne consegue, dunque, che anche dal d.lgs. n. 36 del 2023 si desume che la cauzione provvisoria di importo inesatto può essere regolarizzata attraverso il potere di soccorso istruttorio, anche oltre il termine previsto per la presentazione delle offerte.
L’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che “la garanzia provvisoria copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”
La giurisprudenza prevalente ha ritenuto che l’incameramento delle somme a titolo di garanzia provvisoria rappresenta una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione; è dunque insensibile ad eventuali valutazioni finalizzate ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che abbia dato causa all’esclusione (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 6 aprile 2020, n. 2264; V, 24 giugno 2019, n. 4328). Ciò in quanto la funzione di tale garanzia è quella, per un verso, di responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese in sede di gara e di garantire la serietà e affidabilità dell’offerta e, per altro verso, di precostituire una forma di tutela, a favore della stazione appaltante, per l’eventualità che, per fatto (anche successivo alla formulazione dell’offerta) comunque riferibile alla concorrente risultata aggiudicataria, non si addivenga alla stipula del contratto. L’escussione della garanzia costituisce dunque una garanzia oggettiva per il corretto adempimento degli obblighi assunti dagli operatori economici in relazione alla partecipazione ad una gara di appalto (Cons. Stato, V, 16 maggio 2018, n. 2896).
Tale indirizzo interpretativo è stato, da ultimo, confermato da Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2022, n. 7, che ha ritenuto evincibile un modello di responsabilità oggettiva, con conseguente esclusione di responsabilità nei soli casi di dimostrata assenza di un rapporto di causalità. Non può dunque condividersi, quanto meno sul piano (rilevante in questa sede) del nesso eziologico, l’assunto dell’appellante secondo cui la ritenuta anomalia dell’offerta non sarebbe riconducibile all’affidatario e non legittimerebbe pertanto l’escussione della garanzia (anche a prescindere dall’ipotesi interpretativa subordinata, contenuta nel provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, di ritenere che il provvedimento di autotutela consegua ad un’inammissibile modifica postuma dell’offerta, destinando a copertura dei costi del servizio di supporto specialistico parte delle risorse complessivamente previste per i servizi di presidio). Il modello di responsabilità oggettiva che assume rilievo in materia di escussione della garanzia provvisoria esclude la rilevanza dell’affidabilità soggettiva del concorrente, anche ad ammettere (secondo la prospettazione dell’appellante) che la stessa non rilevi in caso di anomalia dell’offerta.
Né a diversa soluzione induce, alla stregua dell’approfondimento proprio della trattazione in sede di merito, l’art. 10 del disciplinare di gara, che, nel secondo capoverso, richiama il contenuto dell’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, mentre nel terzo capoverso afferma che «sono fatti riconducibili all’affidatario, tra l’altro, la mancata prova del possesso dei requisiti generali e speciali; la mancata produzione della documentazione richiesta e necessaria per la stipula del contratto».
Tale ultima disposizione non ha portata esaustiva dei casi che legittimano l’escussione della garanzia provvisoria nella procedura di gara oggetto di controversia, come appare chiaro, anche sul piano dell’interpretazione letterale, dall’utilizzazione della locuzione avverbiale “tra l’altro”, indicativa di una portata meramente esemplificativa delle circostanze ivi indicate come “fatti riconducibili all’affidatario”.
La funzione della cauzione provvisoria, giova qui ricordarlo, è infatti quella di garantire la serietà dell’offerta, senza che però l’impresa si impegni a pagare la relativa somma direttamente nei confronti della stazione appaltante (è anzi prevista dall’art. 93, comma 4, dal d. lgs. n. 50 del 2016 la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale), ma una volta prestata doverosamente e regolarmente la garanzia, da parte dell’offerente, la tardiva escussione di questa, ad opera della stazione appaltante, esclude che questi resti obbligato in proprio, non operando la solidarietà tra fideiussore e debitore principale di modo che questi resti comunque obbligato per un debito proprio corrispondente all’importo della cauzione (così la già citata sentenza di Cons. St., sez. V, 16 marzo 2018, n. 1695).
Anche di recente, nell’ordinanza n. 26 del 4 gennaio 2022, la IV Sezione di questo Consiglio di Stato, nel sottoporre all’Adunanza plenaria alcune questioni inerenti proprio all’applicazione di detto istituto, ha ribadito, quanto all’escussione della cauzione provvisoria di cui all’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, che:
a) si applica automaticamente al verificarsi, per quanto qui di interesse, di qualunque “fatto” riconducibile alla sfera giuridica dell’affidatario che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, locuzione volutamente ampia al cui interno ben può sussumersi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge;
b) è priva di carattere sanzionatorio, con ogni relativa conseguenza in ordine all’irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovra-statuale – in primis della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla relativa Corte – circa i caratteri del “diritto punitivo”, locuzione che, come noto, in sede sovranazionale si protende oltre i confini ascritti in sede nazionale al diritto penale.
[…]
Al riguardo, infatti, si deve ribadire, in consonanza con l’orientamento assunto da questo Consiglio, che il tardivo esercizio del diritto di escutere la garanzia priva la stazione appaltante del diritto di rivolgersi all’impresa aggiudicataria inadempiente per chiedere l’escussione della garanzia, dato che l’impresa non si è obbligata in proprio a pagare l’importo della cauzione, ma ha solo garantito con la prestazione della garanzia fideiussoria la serietà della propria offerta, salvo il diritto della stazione appaltante, che qui non viene in discussione, di chiedere secondo le ordinarie norme civilistiche il risarcimento del danno per la mancata stipula del contratto addebitabile al fatto dell’impresa aggiudicataria stessa.
QUESITO DI DIRITTO
Il Collegio rimette all’Adunanza plenaria il seguente quesito di diritto: “se l’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016 possa (recte, debba) trovare applicazione non solo nei confronti del soggetto cui sia già stata definitivamente aggiudicata la gara, ma anche nei confronti del soggetto che la commissione giudicatrice, dopo le valutazioni di spettanza, abbia proposto per l’aggiudicazione”.
DEFERIMENTO ALL’ ADUNANZA PLENARIA
35. Quanto al merito della questione, il Collegio premette che il vigente testo dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50 del 2016, come modificato dal d.lgs. n. 56 del 2017, ha il seguente tenore: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159; la garanzia è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto”.
35.1. In precedenza, l’articolo recitava come segue: “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione, per fatto dell’affidatario riconducibile ad una condotta connotata da dolo o colpa grave, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo”.
36. Risalta subito l’espunzione, nel vigente testo, di ogni riferimento all’elemento soggettivo dell’affidatario, viceversa contemplato nella precedente versione.
36.1. L’attuale formulazione dell’articolo, infatti, si limita ad individuare, quale presupposto dell’escussione, la sussistenza di un “fatto riconducibile all’affidatario”, ovvero “l’adozione di informazione antimafia interdittiva”.
36.2. La prima locuzione (“fatto riconducibile all’affidatario”) esprime un collegamento meramente eziologico fra un “fatto” dell’aggiudicatario e la “mancata sottoscrizione del contratto”, richiamando dunque una concezione meramente oggettiva dei presupposti per l’applicazione dell’escussione, cui è estranea ogni valutazione circa la colpevolezza di tale “fatto”.
36.3. Peraltro, la scelta dell’espressione “fatto”, anziché dell’espressione “atto”, rafforza vieppiù questa conclusione, posto che, nel linguaggio tecnico-giuridico, il “fatto” rimanda ad un mero accadimento materiale (dunque anche ad un’azione umana, ma vista esclusivamente nel suo portato materiale e nella sua natura oggettiva), senza alcuna rilevanza circa il sotteso assetto volontaristico del soggetto, proprio, invece, dello “atto” in senso stretto.
36.4. Tale esegesi trova ulteriore, indiretta conferma nell’individuazione, come ulteriore fattispecie che attiva l’escussione, dell’adozione di informativa antimafia interdittiva.
36.5. Tale provvedimento compete alla Pubblica Autorità (cui è, dunque, estraneo qualsiasi intervento dell’interessato) a seguito della discrezionale valutazione di elementi sintomatici di permeabilità mafiosa, ed è emesso senza che sia necessario alcuno scrutinio circa la colpevolezza del soggetto in ordine a tale situazione permeabilità, che ben può essere anche semplicemente subita o tollerata.
36.6. L’assoluta irrilevanza dell’elemento soggettivo in tale seconda ipotesi depone, quindi, per un’analoga conclusione circa l’altra fattispecie, in omaggio anche ad un criterio di necessaria coerenza interna della disposizione di legge, che deve sempre guidare l’interprete nel trarne la corrispondente norma.
37. In definitiva, ad avviso del Collegio la disposizione in parola prescinde da un addebito di colpevolezza in capo all’interessato e pertanto:
– si applica automaticamente al verificarsi, per quanto qui di interesse, di qualunque “fatto” riconducibile alla sfera giuridica dell’affidatario che abbia reso impossibile la stipulazione del contratto, locuzione volutamente ampia al cui interno ben può sussumersi il difetto, originario o sopravvenuto in corso di procedura, dei necessari requisiti di partecipazione stabiliti dalla legge;
– è priva di carattere sanzionatorio, con ogni relativa conseguenza in ordine all’irrilevanza dei principi di diritto di provenienza sovra-statuale – in primis della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, come interpretata dalla relativa Corte – circa i caratteri del “diritto punitivo”, locuzione che, come noto, in sede sovra-nazionale si protende oltre i confini ascritti in sede nazionale al diritto penale.
38. Il Collegio rileva, per completezza, che alcune recenti decisioni sono di segno opposto.
38.1. Si fa riferimento, in particolare, all’ordinanza della V sezione n. 3299 del 26 aprile 2021, ove si ritiene “di dover confermare la natura anche sanzionatoria dell’istituto dell’escussione della garanzia provvisoria, per come disciplinato dal d.lgs. n. 163 del 2006”, anche in coerenza con “la decisione dell’Adunanza plenaria 4 ottobre 2005, n. 8” e “la successiva decisione 10 dicembre 2014, n. 34 dell’Adunanza plenaria”, nonché secondo altri arresti (“Cons. Stato, V, 27 giugno 2017, n. 3701; V, 19 aprile 2017, n. 1818; IV, 19 novembre 2015, n. 5280; IV, 9 giugno 2015, n. 2829; V, 10 settembre 2012, n. 4778”, “Cons. Stato, V, 10 aprile 2018, n. 2181”, “ ).
38.2. In tale ordinanza si sostiene, in sostanza, che “l’escussione della cauzione provvisoria assumerebbe anche la funzione di una sanzione amministrativa, seppure non in senso proprio”, posto che “non può essere considerata una misura meramente ripristinatoria dello status quo ante, né ha natura risarcitoria (o anche solo indennitaria), né mira semplicemente alla prevenzione di nuove irregolarità da parte dell’operatore economico”.
38.3. Analoghe conclusioni sono, inoltre, raggiunte dalla sentenza di questa sezione n. 3255 del 22 aprile 2021, § 9.1, sia pure senza una specifica motivazione.
39. Il Collegio osserva, tuttavia, che la natura sanzionatoria del provvedimento di escussione della cauzione non è unanimemente sostenuta nella giurisprudenza amministrativa.
39.1. In senso (almeno) parzialmente contrario si richiama la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 34 del 2014, riferita al previgente d.lgs. n. 163 del 2006, in cui, con riferimento alla questione della “legittimità della clausola, contenuta in atti di indizione di procedure di affidamento di appalti pubblici, che preveda l’escussione della cauzione provvisoria anche nei confronti di imprese non risultate aggiudicatarie, ma solo concorrenti, in caso di riscontrata assenza del possesso dei requisiti di carattere generale di cui all’art. 38 del codice dei contratti pubblici”, si legge che:
– “la cauzione provvisoria assolve la funzione di garanzia del mantenimento dell’offerta in un duplice senso, giacché, per un verso, essa presidia la serietà dell’offerta e il mantenimento di questa da parte di tutti partecipanti alla gara fino al momento dell’aggiudicazione; per altro verso, essa garantisce la stipula del contratto da parte della offerente che risulti, all’esito della procedura, aggiudicataria”;
– pertanto, “in questo senso l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella decisione n. 8 del 2005, ha affermato che la cauzione provvisoria, oltre ad indennizzare la stazione appaltante dall’eventuale mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’aggiudicatario (funzione indennitaria), svolge (può svolgere) altresì una funzione sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei concorrenti”;
– l’istituto della cauzione provvisoria, tuttavia, “si profila come garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica”, ne presidia “l’obbligo di diligenza” e, “ferma restando la generale distinzione fra l’istituto della clausola penale (1383 c.c.) avente funzione di liquidazione anticipata del danno da inadempimento e della caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) avente la funzione di dimostrare la serietà dell’intento di stipulare il contratto sin dal momento delle trattative o del perfezionamento dello stesso”, va ricondotto alla caparra confirmatoria, “sia perché è finalizzata a confermare la serietà di un impegno da assumere in futuro, sia perché tale qualificazione risulta la più coerente con l’esigenza, rilevante contabilmente, di non vulnerare l’amministrazione costringendola a pretendere il maggior danno”;
– l’istituto in esame consiste, dunque, in “una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri contrattuali espressamente accettati”;
– non assumono rilievo, pertanto, né il principio di tassatività né quello di legalità, giacché quest’ultimo riguarda le “sanzioni in senso proprio” e non già “le misure di indole patrimoniale liberamente contenute negli atti di indizione, accettate dai concorrenti, non irragionevoli né illogiche, rispondenti all’autonomia patrimoniale delle parti, non contrarie a norme imperative e anzi agganciate alla ratio rinvenibile nelle disposizioni del codice”, mentre il primo è “riferibile alle sole cause di esclusione dalla gara e non già ad altre misure di tipo patrimoniale contenute in clausole degli atti di indizione e riferibili a doveri di correttezza contrattuale”.
39.2. Si vedano, in proposito, anche:
– Cons. Stato, sez. V, del 27 luglio 2017, n. 3701, secondo cui “l’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale […]. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara”;
– Cons. Stato, sez. IV, 28 dicembre 2016, n. 5501, secondo cui “l’escussione della cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 48 del decreto legislativo n. 163 del 2006 rappresenta una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di doveri o regole contrattuali espressamente accertate”; come tale, essa è “applicabile a prescindere dalla scusabilità dell’errore, sicché il detto incameramento della cauzione provvisoria previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione”;
– Cons. Stato, Ad. plen., 29 febbraio 2016, n. 5, secondo cui “l’incameramento della cauzione provvisoria previsto dall’art. 48 del Codice dei contratti pubblici, costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti. Tale misura, quindi, risulta insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che ha dato causa all’esclusione”.
39.3. Del resto, aggiunge il Collegio, anche in dottrina si dubita della natura sanzionatoria dell’istituto (che, peraltro, imporrebbe di riconoscerne la prescrittibilità quinquennale – cfr. art. 28 l. n. 689 del 1981).
39.4. Non può non evidenziarsi, inoltre, che:
– è revocabile in dubbio che la funzione sanzionatoria di una misura, tanto più se indiretta, ne attesti ex se la natura giuridica propriamente sanzionatoria;
– un istituto o ha natura sanzionatoria o non la ha, non contemplandosi casi di istituti con natura sanzionatoria “seppure non in senso proprio”, alla luce del principio di tassatività e legalità espressamente posto a fondamento del diritto amministrativo sanzionatorio (cfr. art. 1 l. n. 689 del 1981; art. 3 d.lgs. n. 472 del 1997).
40. In conclusione sul punto, ad avviso del Collegio l’escussione della garanzia è legittimamente disposta dalla stazione appaltante in ogni caso in cui la stipulazione del contratto non sia possibile a motivo di un “fatto” afferente alla sfera giuridica dell’aggiudicatario, quale ben può essere la mancanza o la perdita sopravvenuta dei requisiti cui la legge subordina la partecipazione ad una gara, senza che sia necessaria alcuna ulteriore indagine.
41. Resta, a questo punto, il distinto profilo della possibilità di equiparare, ai fini de quibus, l’aggiudicatario propriamente detto ed il soggetto a cui favore è stata semplicemente proposta l’aggiudicazione.
42. Il profilo, su cui non constano precedenti di questo Consiglio, può dar luogo a contrasti giurisprudenziali e, pertanto, il Collegio, pur conscio dell’importanza del principio della sollecita definizione dei giudizi, tanto più se in tema di procedure di selezione del contraente, ritiene prudenzialmente di deferirlo all’Adunanza plenaria, in ossequio alla funzione nomofilattica che questo Consiglio è tenuto a svolgere, nell’interesse non solo degli operatori del settore, ma del diritto oggettivo nel suo complesso.
43. In proposito, effettivamente, come sostiene l’appellante, la disposizione vigente fa riferimento esclusivamente all’aggiudicatario, laddove stabilisce che “la garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione”.
43.1. Ove ci si limitasse alla mera lettera della legge, la censura svolta da De Vizia sarebbe, pertanto, da accogliere.
44. Il Collegio ritiene, tuttavia, che non possa omettersi un’esegesi di carattere logico-sistematico e teleologico della disposizione, invero necessaria al fine di collocarne ed inquadrarne armonicamente il portato normativo entro il più ampio ambito regolatorio recato dal d.lgs. n. 50 del 2016, costituente un corpus unitario (tanto da recare, in rubrica, la definizione di “codice”) volto a disciplinare l’intera materia dell’affidamento dei contratti pubblici (cfr. l’art. 1 d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui “il presente codice disciplina i contratti di appalto e di concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori e opere, nonché i concorsi pubblici di progettazione”).
44.1. In siffatta prospettiva, doverosamente attenta al dato sistematico ed alla proiezione finalistica, emerge plasticamente l’assoluta identità, ai fini de quibus, tra la situazione dell’aggiudicatario e quella in cui versa il soggetto “proposto per l’aggiudicazione” che, tuttavia, si sia visto rifiutare la formale aggiudicazione, con contestuale esclusione dalla procedura, poiché, all’esito dei controlli operati dalla stazione appaltante proprio in vista della stipulazione del contratto, sia emersa l’assenza, non importa se originaria o sopravvenuta, dei necessari requisiti di legge.
44.2. In un caso siffatto, invero, la mancata stipulazione del contratto consegue in via diretta, immediata ed esclusiva ad un “fatto” del soggetto già proposto per l’aggiudicazione (dunque già individuato come vincitore della selezione), risultato privo di uno dei requisiti necessari per la stessa partecipazione alla gara.
44.3. Del resto, nella specie la stazione appaltante non ha contestato la proposta di aggiudicazione formulata dal seggio di gara per profili afferenti all’attribuzione dei punteggi, ma, al contrario, implicitamente ammettendone la correttezza, ha proceduto alla verifica della posizione del proposto, escludendolo per profili afferenti (non, appunto, alla ritualità della valutazione operata dalla commissione giudicatrice, ma) al possesso dei necessari requisiti.
44.4. Un’interpretazione siffatta, lungi dal violare la disposizione, ne trae di contro – ad avviso del Collegio – la norma più consona alla sottesa ratio, tesa a concentrare, a differenza che nel passato (cfr. art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006), i controlli amministrativi sul solo soggetto risultato vincitore della selezione, al fine di alleviare l’onere gravante sulla stazione appaltante e concentrarne le energie sul controllo del solo operatore con cui, all’esito della gara, deve essere stipulato il contratto, di converso limitando a carico di quest’ultimo il rischio dell’eventuale escussione della garanzia.
44.5. La disposizione in parola, del resto, ove menziona “la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione”, richiama quella fase situata dopo l’esito della procedura e prima della sottoscrizione negoziale, ossia proprio la fase in cui si svolgono i controlli sul soggetto proposto per l’aggiudicazione, una volta operato, da parte della commissione giudicatrice, il confronto concorrenziale in cui si sostanzia il senso ed il proprium della gara pubblica.
44.6. L’esegesi proposta, dunque, non determina alcuna violazione della disposizione – la cui natura non sanzionatoria, peraltro, non impone alcun rigido perimetro all’interprete – ma, al contrario, ne trae, ad avviso del Collegio, la norma più coerente con la più ampia cornice regolatoria recata dal corpus codicistico in cui la disposizione è contenuta: risulterebbe, invero, contraddittorio e diseconomico obbligare la stazione appaltante a procedere all’aggiudicazione nei confronti del “proposto” e, subito dopo, ad esercitare l’annullamento in autotutela di tale provvedimento per carenza, in capo all’affidatario, di un imprescindibile requisito soggettivo.
Viene in primo luogo in rilievo l’art. 93, comma 6, del cit. d.lgs. n. 50 del 2016, come sostituito dal d. lgs. n. 56 del 2017, secondo cui la garanzia provvisoria “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 […]”. Deve convenirsi con l’appellante che la norma è chiara nel circoscrivere la possibilità, per la stazione appaltante, di escutere detta garanzia nei soli confronti dell’aggiudicatario.
In tal senso si è recentemente espressa la V^ Sezione di questo Consiglio di Stato (ordinanza n. 3299 del 26 aprile 2021; cfr. anche le ordinanze delle stessa Sezione in data 20 ottobre 2021, nn. 7046, 7047 e 7048, 7049), la quale nell’ambito di una controversia avente ad oggetto l’escussione da parte della stazione appaltante di cauzioni provvisorie nei confronti di un concorrente non aggiudicatario escluso da una gara bandita nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle previsioni dell’art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, in combinato disposto con l’art. 216 del medesimo decreto legislativo, per contrasto con gli artt. 3 e 117 della Costituzione.
La V^ Sezione – partendo dall’assunto che la misura sanzionatoria amministrativa prevista dall’art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 abbia natura punitiva e soggiaccia pertanto alle garanzie che la Costituzione ed il diritto internazionale assicurano alla materia, ivi compresa la garanzia della retroattività della “lex mitior” – ha ravvisato un profilo di contrasto con i richiamati parametri costituzionali “delle disposizioni che precludono l’applicabilità, al caso di specie, della più favorevole disciplina sanzionatoria sopravvenuta – la quale prevede l’escussione della cauzione provvisoria solo a valle dell’aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti dell’aggiudicatario di una procedura ad evidenza pubblica – in quanto già in vigore al momento dell’adozione, da parte di Consip s.p.a., del provvedimento di escussione della garanzia provvisoria”.
Nei sensi testé delineati è anche la giurisprudenza di primo grado (TAR Lazio, sez. II, sentenza n. 900 del 23 gennaio 2019; id., 2838/2019; TAR Piemonte, sez. I, n. 271 del 2020).
Né in senso contrario può invocarsi la previsione in materia di avvalimento, contenuta nell’art. 89, comma 3, terzo periodo (“Nel caso di dichiarazioni mendaci, ferma restando l’applicazione dell’articolo 80, comma 12, nei confronti dei sottoscrittori, la stazione appaltante esclude il concorrente e escute la garanzia”), trattandosi di una disposizione di carattere speciale, la quale attesta, semmai, l’inesistenza di una analoga previsione di carattere generale.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il bid bond è una garanzia bancaria a “prima domanda”, costituente un contratto da cui deriva un impegno autonomo a garanzia della serietà dell’offerta, con il quale la stessa banca emittente si impegna nei confronti della stazione appaltante in caso di inadempimento della ditta concorrente (in termini Cons. Stato, V, 28 giugno 2019, n. 4463; V, 12 giugno 2017, n. 2851). Si tratta di una figura che presenta tutte le caratteristiche del contratto autonomo di garanzia (quali individuate dalla giurisprudenza civile : cfr. Cass., SS.UU., 18 febbraio 2010, n. 394) e che corrisponde alle caratteristiche ed ai criteri individuati nella pubblicazione n. 758 del 2010 della Camera di Commercio Internazionale di Parigi “Uniform Rules for Demand Guarantees” (URDG), tale da renderlo forma di garanzia alternativa al deposito cauzionale ammessa quanto meno quale alla stregua di uso negoziale. Inoltre il bid bond comprende in sé anche l’impegno a prestare la garanzia a copertura della cauzione definitiva in caso di aggiudicazione del contratto, implicando la garanzia complessiva del “buon fine dell’operazione sottostante”, cioè l’aggiudicazione e l’esecuzione del contratto (Cons. Stato, V, 17 giugno 2017, n. 2851). Appare dunque evidente l’inapplicabilità dell’art. 93, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto il bid bond è differente, per le caratteristiche sue proprie, dalla fideiussione.
Il bid bond, come già osservato, è conforme ai criteri delle URDG del 2010, secondo quanto emerge dalla stessa lettura del testo, ed eventualmente può essere assimilato al deposito cauzionale presso l’istituto bancario, inquadrabile nell’ambito della previsione di cui all’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Le contestazioni riguardano: la mancata conformità della garanzia provvisoria e dell’impegno a prestare quella definitiva ai requisiti prescritti dal disciplinare di gara e dalla legge; la sottoscrizione delle predette garanzie da parte di -Omissis-, che non risulta autorizzata né da Banca d’Italia, né dall’IVASS all’esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria e assicurativa sul territorio italiano.
A tali contestazioni, le controparti replicano che, trattandosi di un appalto di rilevanza europea, era consentito ai partecipanti alla gara di ricorrere al deposito garanzie atipiche, alternative alla fideiussione, nello specifico di cauzioni sotto forma di bid bond e di performance bond e, pertanto, non era richiesto il rispetto dello schema legale di rilascio delle garanzie fideiussorie. […]
In primo luogo, deve osservarsi che l’art. 93, comma 3 del Codice dei contratti stabilisce che la garanzia fideiussoria in favore di una stazione appaltante “a scelta dell’appaltatore può essere rilasciata da imprese bancarie o assicurative che rispondano ai requisiti di solvibilità previsti dalle leggi che ne disciplinano le rispettive attività o rilasciata dagli intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione iscritta nell’albo previsto dall’articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e che abbiano i requisiti minimi di solvibilità richiesti dalla vigente normativa bancaria assicurativa”. Più in generale, si osserva che ai sensi del Testo Unico Bancario, d.lgs. 385/1993, l’attività di concessione di finanziamento, ivi compreso il rilascio di garanzie nei confronti del pubblico, è riservata esclusivamente a banche autorizzate/abilitate ad operare in Italia e intermediari finanziari, autorizzati dalla Banca d’Italia e iscritti in un apposito albo previsto dall’art. 106 del TUB (cfr. il relativo titolo V); ai sensi del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private), le garanzie, sotto forma di polizza fideiussoria, possono essere rilasciate anche da soggetti abilitati/autorizzati ad operare in Italia. Le richiamate fonti normative rispondono a finalità di tutela dell’ordine pubblico e sono volte a dare attuazione al precetto costituzionale di cui all’art. 47, secondo cui tra i compiti dello Stato vi è quello di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito. Ne consegue che la stazione appaltante, non avrebbe dovuto accettare, a titolo di garanzia provvisoria, un bid bond proveniente da un soggetto non legittimato a rilasciare garanzie sulla base delle disposizioni regolanti l’ordinamento giuridico interno. Per le medesime considerazioni, il soggetto non legittimato non poteva neppure validamente impegnarsi al rilascio della garanzia definitiva, che non poteva essere costituita da un intermediario non abilitato a operare in Italia. Appurato che l’offerta presentata non era corredata né da una garanzia provvisoria legittima né da una valida dichiarazione di impegno alla costituzione della garanzia definitiva, deve essere valutato se tali mancanze potevano essere oggetto di soccorso istruttorio. Secondo una parte della giurisprudenza il rimedio del soccorso istruttorio non può essere adoperato qualora non è stato validamente presentato l’impegno di cui all’art. 93, co. 8, del d.lgs. n. 50/2016 al rilascio della garanzia definitiva, la cui esigenza è quella di tutelare la corretta esecuzione del contratto. Pacificamente, in simili ipotesi non si è al cospetto di un elemento della domanda relativo a un requisito in tesi posseduto e tuttavia non tempestivamente dimostrato, bensì di una manifestazione di volontà che, una volta decorso il termine di presentazione dell’istanza di partecipazione, si rivela definitivamente tardiva (Cons. Stato, 5 febbraio 2018, sez, V, n. 721; Tar Napoli, sez. VII, 30 settembre 2019, n. 4641). (in tal senso TAR Roma, 26.01.2021 n. 1023 rifornata in appello da Consiglio di Stato, sez. V, 03.08.2021 n. 5709).
Il provvedimento di escussione della cauzione provvisoria effettivamente non reca alcun riferimento alla predetta previsione del patto di integrità e tale carenza è determinante per considerarlo illegittimo. La motivazione non può infatti essere ricavata aliunde e cioè mediante il presupposto, ma comunque distinto provvedimento di esclusione dalla gara. Rispetto a quest’ultimo l’escussione della cauzione provvisoria è infatti autonomo nella parte relativa alle condizioni per incamerare la garanzia prestata dal concorrente escluso. Pertanto il medesimo provvedimento di escussione della cauzione avrebbe dovuto enunciare i presupposti di fatto e di diritto su cui si fondava, in conformità al paradigma generale enunciato dall’art. 3 della legge generale sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241. Nel ritenere che l’art. 10, comma 1, del patto di integrità fosse stato posto a fondamento dell’escussione della garanzia provvisoria la sentenza appellata è dunque incorsa nel divieto di integrazione postuma della motivazione del provvedimento impugnato. Peraltro non sarebbe stato in sé sufficiente nemmeno il generico richiamo al patto di integrità contenuto nel provvedimento di esclusione, a tenore del quale “Si procederà quindi all’escussione della polizza ed alla segnalazione all’ANAC in conformità a quanto prescritto all’art. 80 comma 12 del D.Lgs. 50/2016 e 93 del D.lgs. 50/2016 smi e dal patto d’integrità del Comune”. Esso avrebbe infatti dovuto menzionare la specifica norma regolante la procedura di gara, di legge o speciale, violata dal concorrente e le ragioni della sua applicabilità al caso di specie, in conformità all’obbligo di motivazione previsto dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990 poc’anzi richiamato.
Come già ha avuto modo di precisare questa Sezione (TAR Lazio – Roma n. 2838/19; TAR Lazio – Roma n. 900/19; nello stesso senso anche TAR Puglia – Lecce n. 775/19), l’art. 93 comma 6 d.lgs. n. 50/16, nella versione applicabile ratione temporis ovvero dopo le modifiche introdotte dal d. lgs. n. 56/17 (…), stabilisce che la garanzia provvisoria “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”. La garanzia opera anche nel caso di mancanza dei requisiti di ordine generale e speciale, dichiarati in sede di partecipazione alla gara, in quanto tale carenza integra, senza dubbio, la nozione di “fatto riconducibile all’affidatario” che preclude la sottoscrizione del contratto. Proprio la disposizione in esame, però, colloca l’escussione della garanzia provvisoria nella fase successiva all’aggiudicazione e prima della stipula del contratto. In quest’ottica l’art. 93 comma 6 d.lgs. n. 50/16 deve essere letto in combinato disposto con gli artt. 36 comma 6 e 85 comma 5 e, soprattutto, 32 d. lgs. n. 50/16 che prevedono come obbligatoria la verifica dei requisiti del solo aggiudicatario. Pertanto, nella sequenza procedimentale prefigurata dall’art. 32 commi 5 e seguenti d.lgs. n. 50/16 l’aggiudicazione, dopo la sua adozione, richiede l’espletamento di un’ulteriore fase avente ad oggetto la verifica dei requisiti e condizionante l’efficacia dell’aggiudicazione stessa e la conseguente decorrenza del termine per la stipula del contratto. E’, pertanto, in questa fase che, secondo il disposto dell’art. 93 comma 6 d.lgs. n. 50/16, opera la garanzia provvisoria la quale, nella previsione legislativa, sanziona le ipotesi in cui, anche per la mancanza dei requisiti dichiarati in sede di partecipazione e negativamente verificati, non sia possibile, “dopo l’aggiudicazione” (inciso espressamente previsto dall’art. 93 d.lgs. n. 50/16 e mancante nel previgente art. 75 d.lgs. n. 163/06), pervenire alla sottoscrizione del contratto. Ne consegue che l’art. 93 comma 6 d.lgs. n. 50/16 non si applica alle ipotesi, quale quella in esame, in cui non è ancora intervenuta l’aggiudicazione ma solo la proposta di aggiudicazione che è un atto diverso avente natura meramente endoprocedimentale e, come tale, non impugnabile autonomamente (a differenza dell’aggiudicazione); alla medesima conclusione deve pervenirsi in riferimento ai casi in cui la stazione appaltante procede discrezionalmente, nel corso della gara, alla verifica dei requisiti di uno o più concorrenti. La disciplina in esame differisce da quella del codice abrogato ove il legislatore all’art. 48 d.lgs. n. 163/06 prevedeva come obbligatoria la verifica a campione dei concorrenti, prima dell’apertura delle buste delle offerte, e, successivamente, dell’aggiudicatario e del secondo classificato. Nel sistema previgente alla pluralità di adempimenti, in tema di verifica dei requisiti, posti a carico della stazione appaltante, faceva riscontro la possibilità (che trovava un supporto normativo anche nell’art. 48 comma 1 d.lgs. n. 163/06) della stessa di escutere la cauzione provvisoria anche prima dell’aggiudicazione. La disciplina del d.lgs. n. 50/16, attualmente vigente, non prevede più l’obbligo del controllo a campione e del secondo classificato ed, in questa materia, ha ridotto gli adempimenti delle stazioni appaltanti che sono attualmente obbligate a verificare i requisiti del solo aggiudicatario; in quest’ottica di semplificazione di adempimenti, allora, l’escussione della garanzia provvisoria è circoscritta alla sola ipotesi di negativa verifica dei requisiti dichiarati dall’aggiudicatario mentre nei casi di c.d. “verifica facoltativa” sono applicabili, ricorrendone i presupposti, solo le altre sanzioni previste dall’art. 80 d.lgs. n. 50/16 (esclusione dalla gara, segnalazione all’Anac ai fini dell’inserimento nel casellario informatico, denuncia all’autorità giudiziaria nei casi di reato ecc.). In senso favorevole alla tesi di parte ricorrente deve, poi, essere anche valorizzato il tenore letterale del disciplinare di gara che richiama espressamente l’art. 93 d.lgs. n. 50/16 al fine di individuare l’ambito di operatività della cauzione provvisoria prevedendo all’art. 7.3a l’obbligo di produrre la “documentazione comprovante la costituzione di una cauzione/garanzia provvisoria a corredo dell’offerta ai sensi dell’art. 93 del d.lgs. n. 50/2016, avente validità non inferiore a 180 (centottanta) giorni decorrenti dal termine ultimo per la presentazione delle offerte e di importo pari a Euro 49.335.55” e che “la cauzione provvisoria copre, e viene escussa per, la mancata stipula del contratto dopo l’aggiudicazione per fatto del concorrente ai sensi dell’articolo 93, comma 6, d. lgs. n. 50/2016”; nello stesso senso l’art. 10 del disciplinare stabilisce che, nel caso di esito negativo delle verifiche effettuate dopo l’aggiudicazione, “nei confronti dell’aggiudicatario dichiarato decaduto, -Omissis- potrà rivalersi in ogni caso sulla cauzione provvisoria prestata a garanzia dell’offerta, che verrà escussa”. Anche la lex specialis, pertanto, colloca l’escussione della cauzione provvisoria nella fase successiva all’aggiudicazione in coerenza a quanto previsto dall’art. 93 comma 6 d.lgs. n. 50/16.
In primo luogo, in ordine logico, occorre stabilire se – in linea generale – la mancata presentazione della cauzione provvisoria, a corredo dell’offerta, rilevi quale causa di esclusione dalla procedura di gara.
Secondo la ricorrente, la mancanza di una espressa previsione testuale, nell’art. 93del codice dei contratti, diretta a sanzionare con l’esclusione la violazione della prescrizione che impone di corredare l’offerta con la garanzia provvisoria, impedirebbe alla stazione appaltante – per effetto del principio di tassatività delle cause di esclusione (art. 83, comma 8, ultimi due periodi, del codice dei contratti pubblici: «I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle») – di adottare il provvedimento di esclusione dalla gara.
Tuttavia, si tratta di una ricostruzione interpretativa non condivisibile, soprattutto alla luce dell’orientamento da tempo espresso sul punto dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (con riguardo alla originaria introduzione nell’ordinamento del principio di tassatività delle cause di esclusione, dovuta all’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, disposizione rimasta sostanzialmente immutata nel testo di cui all’art. 83 citato), secondo cui fra le cause di esclusione previste dalla disciplina sui procedimenti di affidamento di contratti pubblici rientrano non solo le ipotesi di violazione di prescrizioni imposte dal codice dei contratti pubblici, dal regolamento di esecuzione o da altre leggi, le quali prevedano espressamente – quale conseguenza della violazione – l’esclusione dalla gara, ma anche quelle norme che impongano adempimenti doverosi o introducano, comunque, norme di divieto, pur senza prevedere espressamente l’esclusione (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen. 7 giugno 2012, n. 21; 16 ottobre 2013, n. 23; 25 febbraio 2014, n. 9).
Seguendo l’indirizzo della Plenaria, l’adempimento imposto dall’art. 93, comma 1, del codice dei contratti pubblici deve ritenersi compreso nell’ambito delle prescrizioni il cui rispetto è presidiato dalla conseguenza dell’esclusione dalla gara, in primo luogo, per le espressioni letterali contenute nella disposizione; e ciò soprattutto dopo la modifica al comma 1 dell’art. 93 cit. operata dall’art. 59 del d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che, prevedendo la facoltà della stazione appaltante di non richiedere la garanzia provvisoria solo nelle procedure di cui all’art. 36, comma 2, lettera a), del codice, dimostra – argomentando a contrario – che il richiedere la cauzione provvisoria costituisce per l’amministrazione (e, di riflesso, per i partecipanti alla gara) un adempimento doveroso in tutte le altre procedure di affidamento. Inoltre, la prescrizione svolge una funzione essenziale anche sul piano dell’interesse dell’amministrazione procedente a concludere celermente la gara, prevedendo uno strumento attraverso il quale sollecitare l’aggiudicatario a stipulare il contratto e nel contempo assicurare la liquidazione anticipata del danno per il caso di mancata stipula. Peraltro, l’omessa allegazione della cauzione provvisoria non preclude il soccorso istruttorio di cui all’art. 83, comma 9, del codice dei contratti pubblici.
La ricorrente ha peraltro sostenuto che il disciplinare di gara (al punto 3.2.3.), prevedeva che la «mancata presentazione della cauzione provvisoria […] potrà essere sanata previo pagamento alla stazione appaltante della sanzione pecuniaria di cui al punto 6.0 paragrafo 35 della presente lettera di invito», con la conseguenza che il soccorso istruttorio poteva essere attivato anche nel caso di garanzia provvisoria rilasciata e presentata dopo il termine perentorio per la presentazione della domanda di partecipazione.
Tale tesi non è condivisibile.
Sebbene effettivamente la citata disposizione del disciplinare di gara risulti mal formulata (come è stato sostanzialmente ammesso dalla stessa Amministrazione con la nota n. 11.000 del 24 maggio 2019, in atti), per aver fatto riferimento all’istituto del soccorso istruttorio a pagamento, non più previsto nell’ordinamento, tuttavia la stessa Amministrazione ha chiarito, in sede di soccorso istruttorio, che non era possibile far ricorso, nella fattispecie, a eventuali sanzioni pecuniarie (note n. 9646 dell’8 maggio 2019 e n. 10738 del 20 maggio 2019) e che la mancata presentazione della cauzione provvisoria (che doveva essere allegata alla domanda di partecipazione alla procedura) poteva essere regolarizzata con il soccorso istruttorio ma la cauzione doveva comunque avere, facendo applicazione dei principi che regolano la materia, una data non successiva a quella di scadenza delle domande di partecipazione alla procedura. Inoltre, la successiva esclusione della [ricorrente] è stata disposta non con riferimento alla omessa presentazione della cauzione, ma per aver depositato una polizza fideiussoria (quale cauzione provvisoria a corredo dell’offerta) emessa il 15 maggio 2019, ossia in data successiva a quella di scadenza del termine per le offerte fissata dal bando di gara per il 6 maggio 2019. Decisione del tutto corretta.
Va osservato, al riguardo, che la giurisprudenza amministrativa, già nel vigore della disciplina previgente, era giunta alla conclusione che la mancata allegazione all’offerta della cauzione provvisoria, non fosse causa di esclusione automatica dalla gara. In queste ipotesi, la stazione appaltante è tenuta ad avviare il soccorso istruttorio, invitando il concorrente ad integrare la documentazione mancante (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 luglio 2019, n. 5138;sez. III, 23 novembre 2017, n. 5467; sez. III, 27 ottobre 2016, n. 4528, che aggiunge la precisazione per la quale il principio esposto trova applicazione a prescindere dagli stati soggettivi del concorrente relativi all’imputabilità o meno dell’omissione o della irregolarità; nonché, in precedenza, Consiglio di Stato, sez. III, 11 agosto 2015, n. 3918; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 687). Non vi sono ragioni per discostarsi da tale orientamento anche nell’interpretare le disposizioni del nuovo codice dei contratti pubblici.
Ne consegue che il soccorso istruttorio previsto dall’art. 83, comma 9, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, deve essere attivato dalla stazione appaltante anche nei casi di invalidità o irregolarità della cauzione provvisoria, considerato che si tratta di ipotesi che debbono essere ricondotte nell’ambito delle “carenze di elementi formali della domanda” ovvero della “mancanza, incompletezza” o “irregolarità essenziale” della documentazione allegata alla domanda di partecipazione (e, dunque, non dell’offerta economica o tecnica). Il soccorso istruttorio, però, va a buon fine – e l’operatore può restare in gara – solo se la cauzione provvisoria presentata in sanatoria è stata emessa in data anteriore al termine per la presentazione delle domande di partecipazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 2 settembre 2019, n. 6013; 22 ottobre 2018, n. 6005; 26 luglio 2016, n. 3372); sarebbe, infatti, violata la par condicio tra i concorrenti, qualora fosse consentita la presentazione di una cauzione provvisoria formata successivamente alla scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione, e, nel termine del soccorso istruttorio. L’offerente, in questi casi, si gioverebbe, infatti, di un termine più lungo per acquisire la documentazione necessaria alla partecipazione alla gara.
Dal tenore letterale dell’art. 93 d.lgs. n. 50/2016 – secondo cui la cauzione “copre la mancata sottoscrizione del contratto dopo l’aggiudicazione dovuta ad ogni fatto riconducibile all’affidatario o all’adozione di informazione antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del d.lgs. n. 159/2011 – opera anche nel caso di mancanza dei requisiti di ordine generale e speciale, dichiarati in sede di partecipazione alla gara, in quanto tale carenza integra, senza dubbio, la nozione di “fatto riconducibile all’affidatario” che preclude la sottoscrizione del contratto. Proprio la disposizione in esame, però, colloca l’escussione della garanzia provvisoria nella fase successiva all’aggiudicazione e prima della stipulazione del contratto. In quest’ottica l’art. 93, comma 6, citato, dev’essere letto in combinato disposto con gli artt. 36, comma 6, 85 comma 5 e, soprattutto, 32, comma 7, d.lgs. n. 50/2016 che prevedono come obbligatoria la verifica dei requisiti del solo aggiudicatario. Questo è il motivo per cui l’articolo da ultimo citato condiziona l’efficacia dell’aggiudicazione, già intervenuta, al positivo riscontro dei requisiti. E’, pertanto, in questa fase che, secondo il disposto dell’art. 93, comma 6, d.lgs. n. 50/2016, opera la garanzia provvisoria la quale, nella previsione legislativa, sanziona le ipotesi in cui, anche per la mancanza dei requisiti dichiarati e negativamente verificati, non sia possibile, “dopo l’aggiudicazione” (inciso espressamente previsto dall’art. 93 d.lgs. n. 50/2016 e mancante nel previgente art. 75 d.lgs. n. 163/2006), pervenire alla sottoscrizione del contratto. Ne consegue che l’escussione della garanzia provvisoria è ammissibile solo in riferimento alla figura dell’aggiudicatario dovendo essere esclusa nelle ipotesi in cui la verifica negativa dei requisiti riguarda un mero concorrente ovvero in quelle ipotesi in cui la stazione appaltante procede discrezionalmente, nel corso della gara, alla verifica dei requisiti di uno o più concorrenti (in tal senso, TAR Roma 23.01.2019 n. 900 e 04.03.2019 n. 2838).
L’art. 83, comma 9 del d.lgs. 50/2016 autorizza l’espletamento della procedura di soccorso istruttorio per sanare “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda”, ma non contempla l’ipotesi di integrazione delle offerte o degli elementi a corredo delle stesse, come lo è la cauzione provvisoria. A conferma della relazione esistente tra soccorso istruttorio e forma della domanda, l’ultimo periodo della medesima disposizione qualifica come irregolarità essenziali non sanabili le “carenze della documentazione” che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa. Per contro, la cauzione provvisoria non costituisce elemento formale della domanda ma essa correda e completa l’offerta, stante il chiaro disposto dell’art. 93 d.lgs. 50/2016 che al comma 1, stabilisce: “l’offerta e’ corredata da una garanzia fideiussoria, denominata “garanzia provvisoria”. (…) È quindi evidente che l’integrazione a mezzo di soccorso istruttorio sarebbe potuta avvenire solo prima dell’esame definitivo delle offerte e solo su irregolarità formali attinenti la cauzione provvisoria e il documento comprovante la stessa, ma certamente non consentendosi la produzione successiva e a gara aggiudicata di una nuova cauzione provvisoria una volta appurato da parte della stazione appaltante (…) che la precedente cauzione integrava un’ipotesi di irregolarità “ essenziale”.
Sotto la vigenza della precedente disposizione e in relazione alle gare assoggettate al Codice del 2006, la giurisprudenza amministrativa, accanto a casi nei quali ha consentito la sanatoria delle irregolarità concernenti la cauzione provvisoria purchè prestata nei termini previsti dal bando di gara (Consiglio di Stato, sez. V, 15.10.2015 n. 4764), ha altresì ammesso il soccorso istruttorio sia nei casi di mancata presentazione della cauzione provvisoria sia in quelli di presentazione di una cauzione provvisoria invalida (vedi, con riguardo a una gara del 2015, Consiglio di Stato, sez. V, 23.03.2018 n. 1846), e ha persino consentito all’aggiudicataria la sostituzione della garanzia (caso analogo a quello oggetto del presente giudizio) laddove fosse stata rilevata l’esistenza di una obiettiva situazione di incertezza al tempo della presentazione dell’offerta, accertandosi solo in un momento successivo all’aggiudicazione, e per effetto di un comunicato interpretativo dell’ANAC, l’inidoneità dell’intermediario prescelto a rilasciare garanzie nei confronti del pubblico (Consiglio di Stato, sez. V, 29.01.2018 n. 591) (in argomento, anche in relazione al rapporto tra soccorso istruttorio e principio di tassatività della cause di esclusione di cui all’art. 46 comma 1 bis d.lgs. 163/2016 vedi Consiglio di Stato, sez. III, 13.11.2017 n. 5226; T.A.R. Liguria, 24.07.2017 n. 668). In concreto, i casi di soccorso istruttorio postumo, consistenti nell’attivazione, da parte della stazione appaltante, del soccorso istruttorio rispetto ai requisiti di partecipazione anche in un momento successivo all’aggiudicazione in favore della medesima impresa, sono sempre collegati a situazioni di carenza documentale, sanabile in base ai principi del Codice Appalti previgente, e comunque conformi all’allora vigente art. 46 co. I ter (vedi Consiglio di Stato, sez. V, 14.07.2017 n. 3645, in un caso nel quale il soccorso istruttorio veniva attivato “per ottenere l’integrazione dell’omessa dichiarazione relativa ai procuratori in fase di prequalifica e in sede di offerta”, dichiarazione che non vi era stata in ragione dell’incertezza sui soggetti che potessero renderla, alla luce di un dibattito giurisprudenziale esistente all’epoca circa la riconducibilità dei procuratori speciali (o ad negotia) alla categoria degli “amministratori muniti dei poteri di rappresentanza”). In particolare, può evincersi a contrario dalla giurisprudenza emessa vigente il precedente Codice dei contratti pubblici, che il soccorso istruttorio cd. processuale era sì istituto la cui applicazione da parte delle stazioni appaltanti era auspicabile e incentivata (e questo, per Consiglio di Stato, sez. III, 02.03.2017 n. 976, avrebbe evitato effetti eccessivamente gravosi, irragionevoli e sproporzionati sia per la P.A. che per l’impresa: quest’ultima sarebbe privata della possibilità di stipulare il contratto, pur disponendo, in via sostanziale, dei necessari requisiti, col rischio, per la stazione appaltante, di dover risarcire l’impresa aggiudicataria, privata del contratto e della possibilità di ricorrere al soccorso istruttorio) ma sempre in casi di acclarata carenza documentale e comunque quando era certa l’esistenza del requisito sostanziale sanabile mediante la produzione postuma del documento. In questi casi, la giurisprudenza ha escluso espressamente un vulnus alla par condicio tra i concorrenti, in quanto vi sarebbe una “sostanziale disapplicazione della disciplina introdotta dal legislatore, al fine di evitare le esclusioni dalle gare di appalto per ragioni meramente formali, quando sussiste in concreto, e fin dal momento del rilascio della dichiarazione irregolare, il requisito soggettivo richiesto in sede di gara” (così Cons. St. 976/2017, cit.)
Orbene, fermo restando quanto già precisato in ordine alle differenze tra il soccorso istruttorio precedente e quello disciplinato dal comma 9 dell’art. 83 del nuovo Codice dei contratti, il caso oggetto del presente giudizio non avrebbe potuto essere oggetto di soccorso istruttorio processuale neppure sotto la vigenza del d.lgs. 163 del 2006, in quanto la cauzione provvisoria rilasciata da un operatore non abilitato equivale a cauzione provvisoria mancante e, come tale, non può in alcun modo essere sanata alla stregua di una mera irregolarità documentale, trattandosi di una precisa carenza degli elementi a corredo dell’offerta, prevista a pena di esclusione dalla lex specialis. Ritenere che il soccorso istruttorio postumo si risolva nella produzione di un documento nuovo, oltretutto formatosi dopo che questa Sezione aveva chiaramente enunciato che la precedente cauzione provvisoria era inutilizzabile (e questo nonostante le parti resistenti avessero tentato in giudizio di difenderne la validità) tradisce non solo il dettato normativo e lo spirito dell’istituto, ma incorre nel marchiano errore di considerarlo alla stregua di una irregolarità documentale, intesa come vizio di forma di un documento già esistente anche se non prodotto e comunque riferibile a una situazione anch’essa esistente e attestabile ex post, assimilabile alla produzione di un documento formato ex novo che in realtà è solo il simulacro formale di un elemento sostanziale dell’offerta che la parte non possedeva al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte stesse. In sintesi, non può utilizzarsi il soccorso istruttorio, sia contestuale che postumo, per consentire la produzione tardiva di un requisito sostanziale (o richiesto a corredo/garanzia dell’offerta) inesistente al momento di deposito dell’offerta presso la stazione appaltante (vedi Consiglio di Stato, sez. V, 27.12.2017 n. 6078; Id., sez. V, 11.12.2017 n. 5826). Un significativo ausilio interpretativo all’istituto nella sua nuova versione successiva all’aggiornamento delle Direttive europee è dato dalla sentenza della Corte giustizia UE, sez. VIII, 28.02.2018 n. 523, la quale, nell’evidenziare che il soccorso istruttorio di cui all’art. 51 della direttiva 2004/18 si limita a prevedere la semplice possibilità, per l’amministrazione aggiudicatrice, di invitare coloro che presentano un’offerta nell’ambito di una procedura di gara d’appalto a integrare o a chiarire la documentazione da fornire in sede di valutazione delle condizioni di ricevibilità della loro offerta, che dimostri la loro capacità economica e finanziaria e le loro conoscenze o capacità professionali e tecniche, e nel precisare che la Direttiva non specifica le modalità o le condizioni in base alle quali una siffatta regolarizzazione può avvenire, al pt. 48 sancisce che “quando si avvalgono della facoltà prevista all’art. 51 della direttiva 2004/18, gli Stati membri devono fare in modo di non compromettere la realizzazione degli obiettivi perseguiti da tale direttiva e di non pregiudicare né l’effetto utile delle sue disposizioni né le altre disposizioni e gli altri principi pertinenti del diritto dell’Unione, in particolare i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, di trasparenza e di proporzionalità”. “Il meccanismo del soccorso istruttorio infatti non può essere interpretato nel senso di consentire all’Amministrazione aggiudicatrice di ammettere qualsiasi rettifica a omissioni che, secondo le espresse disposizioni della legge di gara, devono portare all’esclusione dell’offerente, dovendo l’Amministrazione aggiudicatrice osservare rigorosamente i criteri da essa stessa fissati (v. in tal senso: CGUE 6 novembre 2014, in C-42/13, Cartiera dell’Adda; Id., 10 novembre 2016, in C-199/15 Ciclat, C-199/15; Id., 10 ottobre 2013, in C-336/12, Manova; Id., 11 maggio 2017, in C-131/16, Archus e Gama), né può agevolare un solo concorrente il quale presenta così una nuova offerta (CGUE 29 marzo 2012, SAG ELV Slovensko e a., C-599/10, pt. 40; id., 11 maggio 2017, C-131/16, Archus e Gama, punto 31).” Inoltre, rileva la Corte, “conformemente al principio di proporzionalità, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione e cui l’aggiudicazione di appalti conclusi negli Stati membri deve conformarsi, come risulta sia dal considerando 9 della direttiva 2004/17 sia dal considerando 2 della direttiva 2004/18, le misure adottate dagli Stati membri non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo (v., in tal senso, sentenze del 16 dicembre 2008, Michaniki, C-213/07, pt. 48 e 61; id., 19 maggio 2009, C-538/07, Assitur, pt. 21 e 23; id., 23 dicembre 2009, C-376/08, Serrantonie Consorzio stabile edili, pt. 33, nonché 22 ottobre 2015, Impresa Edilux e SICEF, C-425/14, punto 29)”. Nello specifico, in linea con la nuova tipologia di soccorso istruttorio regolamentata dal Codice del 2016, il campo applicativo dell’istituto ai vizi della cauzione provvisoria si è molto ristretto e circoscritto ai vizi formali quali, ad esempio, l’allegazione del foglio recante l’autentica notarile della sottoscrizione della cauzione provvisoria presentata da un concorrente (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 27.07.2017 n. 3990). Che non sia possibile procedere al soccorso istruttorio in casi analoghi a quello oggetto del presente giudizio, ossia per il caso di cauzione prestata da intermediari non iscritti o cancellati dall’albo di cui all’art. 106 TUB, lo confermano anche ulteriori interventi giurisprudenziali (Consiglio di Stato, sez. IV, 05.05.2016 n. 1803).
Per completezza, trattandosi di argomento assai attuale e controverso, il Collegio evidenzia che l’incertezza giurisprudenziale sulla obbligatorietà della costituzione della cauzione provvisoria sin dal momento della presentazione dell’offerta (e, di conseguenza, sulla sanzione applicabile in caso di omissione) è legata al fatto che il Codice dei contratti (anche nella precedente formulazione) non stabilisce una sanzione specifica in ordine all’omissione di tale adempimento, limitandosi a affermare che “l’offerta è corredata da una garanzia fideiussoria, denominata garanzia provvisoria” (art. 93, comma 1 d.lgs. 50/2016; art. 75 d.lgs. 163 del 2016). Sul punto, diverse pronunce dei giudici amministrativi sono favorevoli a ritenere che la cauzione provvisoria non assume la configurazione di un requisito di ammissione alla gara, che deve essere già posseduto entro il termine di presentazione delle offerte, ma costituisce una garanzia di serietà dell’offerta e di liquidazione preventiva e forfettaria del danno, in caso di mancata sottoscrizione del contratto di appalto imputabile al concorrente a titolo di dolo o colpa e/o di esclusione dalla gara per l’assenza dei requisiti di ammissione (Consiglio di Stato, sez. IV, 06.04.2016 n. 1377 che conferma Tar Lazio Sez. III ter, 10 giugno 2015 n. 8143; Tar Basilicata 27.07.2017 n. 531); di conseguenza non possono essere esclusi dalla gara gli offerenti che hanno stipulato la cauzione provvisoria dopo la presentazione dell’offerta e/o dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte, quando il periodo di 180 giorni della sua efficacia retroagisce dalla data di presentazione dell’offerta,. Per contro, la giurisprudenza maggioritaria (Corte cost., ord., 13 luglio 2011, n. 211; Consiglio di Stato, sez. V, 24.11.2011 n. 6239; id., sez. V, 09.11.2010 n. 7963; id., sez. V, 05.08.2011 n. 4712; id., sez. V, 12.06.2009, n. 3746; id., sez. V, 08.09.2008, n. 4267; id., sez. V, 09.12.2002 n. 6768) nonché le Autorità di settore (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, determinazione n. 1 del 2010), così come richiamati e condivisi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella decisione n. 34 del 10 dicembre 2014, ritengono che la cauzione costituisca parte integrante dell’offerta e non mero elemento di corredo della stessa; sicché essa si pone come strumento di garanzia della serietà ed affidabilità dell’offerta che vincola le imprese partecipanti ad una gara pubblica all’osservanza dell’impegno assunto a rispettarne le regole, responsabilizzandole, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti; l’escussione della cauzione provvisoria si profila quindi come garanzia del rispetto dell’ampio patto di integrità cui si vincola chi partecipa ad una gara pubblica. Discende da ciò (vedi Determinazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione n. 1 dell’8 gennaio 2015 e successivo Comunicato del Presidente del 1° luglio 2015) che, pur ritenendosi sanabili (dopo l’entrata in vigore del combinato disposto dell’art. 38, comma 2-bis e 46, comma 1-ter del d.lgs. 163 del 2016) le ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità riferita alla cauzione provvisoria, ciò è escluso qualora quest’ultima non sia stata già costituita alla data di presentazione dell’offerta e non rispetti la previsione di cui all’art. 75, comma 5 del Codice, vale a dire decorra da tale data, pena l’alterazione della parità di trattamento tra i concorrenti. Sotto la vigenza dell’art. 93 si segnalano, in senso conforme, Consiglio di Stato, sez. V, del 10.04.2018 n. 2181, TAR Roma, 18.01.2017 n. 878, TAR Sardegna, sez. I, 21 aprile 2017, n. 275 (che esclude anche il soccorso istruttorio, posto, infatti, che, “ai sensi dell’art. 83, Nuovo Codice degli Appalti, il soccorso istruttorio è previsto solo per le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda, tale non potendosi qualificare l’impegno del fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria”, per cui rispetto a tale impegno, “è posto, in capo alle ditte partecipanti alle gare per l’aggiudicazione dei contratti pubblici, un preciso obbligo, a pena di esclusione”).
Il Collegio aderisce a quest’ultimo orientamento, in quanto più aderente al testo del Codice dei contratti, più conforme alla funzione dell’istituto e più coerente rispetto alla nuova disciplina dettata in tema di soccorso istruttorio, non dovendosi più giustificare, sotto un profilo sistematico, il previgente art. 75 con gli artt. 38 comma 2-bis e 46 co. 1 ter del d.lgs. 163/2016; infatti, attualmente, la disciplina del soccorso istruttorio di cui all’art. 83 co. 9 d.lgs. 50/2016 non giustifica, come già detto, regolarizzazioni postume che non abbiano carattere meramente formale, sì che in caso di omessa prestazione della cauzione provvisoria o di allegazione di una cauzione invalida nessun rimedio postumo è esercitabile, e l’esclusione dell’impresa inadempiente dalla gara è l’unica soluzione possibile per la stazione appaltante.
Proponiamo di seguito l’estratto di tre ultimissime ed interessanti pronunce che hanno interpretato ed applicato in materia estensiva la disciplina del soccorso istruttorio (art. 83, d.lgs. n. 50/2016).
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1) Soccorso istruttorio – Carenze della domanda – Comprende non solo la documentazione amministrativa ma tutto il complesso dei requisiti occorrenti per la partecipazione alla gara – Estensione all’ipotesi di omessa indicazione tout court TAR Napoli, 16.07.2018 n. 4711 Con il termine “domanda” deve intendersi non solo la documentazione amministrativa costituiva dall’istanza di partecipazione e dalle dichiarazioni sostitutive di atto notorio e di certificazione presentate dal concorrente, ma tutto il complesso dei requisiti occorrenti per la partecipazione alla procedura di gara; invero, solo così intesa, può avere senso l’espressione “elemento formale della domanda”, contrapposto a quello “sostanziale”, riferibile alla concreta esistenza e disponibilità dei requisiti dichiarati e rappresentati. Va aggiunto che nella nozione di carenza di elemento formale va compresa anche l’ipotesi di omessa indicazione tout court, sia perché la norma stessa del Codice si riferisce ad ipotesi di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi (escludendo quelli riferibili all’offerta), sia perché la sanatoria consente che siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie; è appena il caso di aggiungere che, in fattispecie come quella in esame, la rappresentazione dell’elemento è di tipo binario, ossia di possesso o meno, anche alla luce della struttura sintetica dei modelli utilizzabili, per cui incompletezza ed omissione della dichiarazione finiscono per sovrapporsi.
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2) Soccorso istruttorio – Ratio – Esclusione limitata ai soli casi di carenze gravi e sostanziali dei requisiti di partecipazione. TAR L’Aquila, 12.07.2018 n. 294 Nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, in particolare, il soccorso istruttorio è lo strumento che consente di rimediare a eventuali omissioni, incompletezze e/o irregolarità di informazioni e documenti utili ai fini della partecipazione alla gara mediante l’integrazione, in caso di omissione od incompletezza della documentazione, o la regolarizzazione di documenti già presentati ma affetti da irregolarità o errori materiali. La ratio dell’istituto è evidentemente quella di limitare le ipotesi di esclusione degli operatori economici dalle procedure di gara ai soli casi di carenze gravi e sostanziali dei requisiti di partecipazione alla gara, conseguentemente ampliando la possibilità di concorrere all’aggiudicazione del contratto pubblico, in ossequio al principio del favor partecipationis.
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3) Soccorso istruttorio – Finalità – Attuazione dell’art. 97 della Costituzione – Emanazione di un giusto provvedimento – Contemperamento degli interessi pubblici e privati. Consiglio di Stato, sez. III, 12.07.2018 n. 4286 In un contesto segnato dalla necessità, non già di sopperire ad una totale omissione, quanto piuttosto di favorire un’integrazione documentale onde regolarizzare meri errori materiali così da evitare esclusioni dalle procedure di gara in virtù di meri formalismi non collegati a violazioni di carattere sostanziale, ben poteva ritenersi predicabile il c.d. soccorso istruttorio che, nelle forme ordinarie, riferite cioè ai casi in cui occorra completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati, costituisce precipitato tecnico di un istituto di carattere generale finalizzato, in attuazione dell’art. 97 della Costituzione, all’emanazione di un giusto provvedimento, idoneo a contemperare nel miglior modo possibile tutti gli interessi, pubblici e privati, in gioco e che trova la sua formale espressione più generale nel disposto dell’art. 6, comma 1, lett. b), della L. 241/1990. (…) È, quindi, onere della stazione appaltante valutare e contemperare gli interessi della P.A. alla perfetta e regolare esecuzione dell’appalto, con quelli del privato relativi alla partecipazione dei concorrenti alle gare, in condizioni di parità, ed alla corretta verifica della documentazione rilevante per la dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti. E ciò, peraltro, non contraddice né l’esigenza di una celere definizione del procedimento in vista della stipula del contratto – come fatto palese dall’immediatezza dell’attività integrativa posta in essere dalla parte – né la violazione del principio della par condicio (fattispecie relativa al Codice degli appalti di cui al d.lgs. n. 163/2006).
1. – Secondo un precedente del TAR Lazio “La presenza del legale rappresentante dell’impresa alla seduta di gara nella quale la commissione ha deliberato l’esclusione della stessa non rende irricevibile per tardività il ricorso proposto contro l’esclusione qualora sia stato tempestivamente impugnato il successivo provvedimento di esclusione adottato dal dirigente competente che abbia sostituito la precedente esclusione disposta dalla commissione di gara, pur conservandone identico il contenuto dispositivo; invero, trattandosi di provvedimento di un distinto organo, costituisce non un atto meramente confermativo ma un atto di conferma in senso proprio in quanto frutto di un nuovo ed autonomo apprezzamento dei fatti operato da tale organo” (T.a.r. Lazio, Latina, sez. I, 20/11/2014, n. 978).
2. – L’art. 93 del d.lgs. n. 50/2016 stabilisce, al comma 1, che “l’offerta è corredata da una garanzia fideiussoria, denominata garanzia provvisoria” e che, “in caso di partecipazione alla gara di un raggruppamento temporaneo di imprese, la garanzia fideiussoria deve riguardare tutte le imprese del raggruppamento medesimo”. Sempre il citato art. 93, al comma 8, prevede che “l’offerta è altresì corredata, a pena di esclusione, dall’impegno di un fideiussore, anche diverso da quello che ha rilasciato la garanzia provvisoria, a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, di cui agli articoli 103 e 105, qualora l’offerente risultasse affidatario”. Dalle norme di cui alla richiamata disposizione normativa si desume innanzi tutto che rispetto all’impegno del fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, è posto, in capo alle ditte partecipanti alle gare per l’aggiudicazione dei contratti pubblici, un preciso obbligo, a pena di esclusione” (…). Trattandosi di elemento richiesto a pena di esclusione non è possibile attivare il soccorso istruttorio. Infatti l’art. 83 del nuovo Codice degli Appalti lo prevede solo per “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda”, tale non potendosi qualificare quella in esame, proprio per quanto sopra evidenziato” (T.a.r. Lazio, Sezione prima ter, 18 gennaio 2017, n. 878). Né può essere richiamata quella giurisprudenza del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, Sez. III, 2 marzo 2017, n. 975) che ritiene attivabile il c.d. “soccorso istruttorio processuale” allorquando l’Amministrazione ha ritenuto che il requisito non fosse richiesto in sede di gara.
La partecipazione alla gara in mancanza dei necessari requisiti costituisce elemento che denota di per sé un contegno colposo, sub specie di violazione dei principi di diligenza professionale ed autoresponsabilità connessi alla partecipazione ad una procedura di affidamento di contratti pubblici, pacificamente configurabile rispetto a fatti, stati e situazioni riferibili allo stesso operatore economico. A rafforzare questo sforzo di diligenza sovviene appunto l’istituto della cauzione, il cui incameramento una volta accertata la mancanza dei requisiti in questione consiste proprio nel responsabilizzare i partecipanti a procedure di affidamento in ordine alle dichiarazioni rese e nel garantire la serietà e l’affidabilità dell’offerta (cfr. in questi termini Cons. Stato, Ad. plen. 10 dicembre 2014, n. 34; da ultimo: V, 31 agosto 2016, nn. 3746 e 3751).
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