Grave negligenza, malafede o errore grave: dev’essere riferibile alla fase di esecuzione del contratto e non anche alla fase delle trattative (Art. 38)

lui232Consiglio di Stato, sez. V, 21.07.2015 n. 3595
(sentenza integrale)

“Scendendo all’esame del merito del gravame, il Collegio – nel rispetto dell’ordine di esame dei vizi–motivi individuato dalla sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio n. 5 del 2015 – ritiene fondato ed assorbente il compendio delle censure sostanziali imperniate sulla violazione dell’art. 38, co. 1, lettera f), del codice dei contratti pubblici, alla cui stregua sono esclusi dalle procedure di gara i soggetti che «f) secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante».
11.1. Secondo la giurisprudenza uniforme di questo Consiglio (cfr., ex plurimis e da ultimo, Cons. St., Sez. V, 18 giugno 2015, n. 3107; Sez. V, 15 giugno 2015, n. 2928; Sez. V, 23 marzo 2015, n. 1567; Sez. V; 3 dicembre 2014, n. 5973, cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 120, co. 10, c.p.a.), e l’orientamento dell’A.n.a.c. (cfr. parere n. 130 del 6 giugno 2014), la causa di esclusione in questione ha origine con riferimento alla fase di esecuzione delle prestazioni negoziali, dal momento che l’amministrazione, da vicende pregresse che hanno testimoniato un deficit di diligenza o di professionalità in capo al concorrente, desume il venir meno ab imis di quell’elemento fiduciario che deve connotare il successivo rapporto negoziale.
Pertanto, stante il principio di tassatività che permea la disciplina delle cause di esclusione, l’ambito applicativo della norma in questione non può essere dilatato sino ad accogliere un’interpretazione che comprenda anche fattispecie nelle quali il comportamento scorretto del concorrente si sia manifestato, come nella fattispecie, in fase di trattative.
Sotto questo profilo occorre rimarcare come il richiamo da parte del primo giudice, a sostegno dell’opposta tesi, del precedente di questo Consiglio, Sez. V, 28 dicembre 2011, n. 6951, non possa essere considerato pertinente: invero, anche questa sentenza confina l’operatività della causa di esclusione de qua all’ambito dell’esecuzione contrattuale, precisando che la stessa si estende anche alle criticità relative a prestazioni non espressamente dedotte in contratto ma che, derivando dal rispetto dei principi generali di lealtà contrattuale, rimangono pur sempre nell’ambito dell’esecuzione del programma obbligatorio fatto proprio dalle parti in sede di stipulazione.
Tale pronuncia, infatti, così motiva: «Considera al riguardo la Sezione che l’art. 38, comma 1), lettera f), del d.lgs. n. 163/2006 è finalizzato a reprimere ogni condotta atta a minare la legittima aspettativa della stazione appaltante non solo ad una esecuzione a regola d’arte dei lavori affidati al privato, ma anche alla esecuzione delle prestazioni dedotte nel contratto secondo il canone della buona fede in senso oggettivo. Ne consegue che la regola della lealtà contrattuale nella fase di esecuzione delle prestazioni implica, non solo il rispetto del canone della esecuzione a regola d’arte della prestazione dedotta in contratto, ma anche l’assunzione di un contegno ispirato a correttezza e probità contrattuale»”.

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