Negligenza o malafede del subappaltatore – Gravità della condotta – Accertamento – Fatti penalmente rilevanti e non contestati al termine delle indagini preliminari – Insufficienza – Necessità di attendere l’esito del procedimento penale – Sussiste – Revoca dell’autorizzazione al subappalto – Omessa comunicazione di avvio del procedimento – Illegittimità (Artt. 38, 118)

admin-seaTAR Torino, 16.10.2015 n. 1474
(sentenza integrale)

“Invertendo l’ordine di prospettazione, ha carattere assorbente ed è fondato il secondo ordine di censure, con cui la società ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990.
L’Azienda, infatti, non ha consentito di controdedurre agli addebiti emersi nel procedimento penale in ordine allo smaltimento non autorizzato di rifiuti pericolosi da cantiere nei cassoni di raccolta presenti all’interno dell’area ospedaliera, né ha giustificato il mancato esercizio del contraddittorio con ragioni d’indifferibilità ed urgenza.
D’altronde, che vi fosse un’insopprimibile urgenza di provvedere senza preavviso sembra da escludere: per ammissione della stessa difesa dell’Amministrazione, infatti, il subappalto sarebbe giunto a naturale scadenza appena un mese dopo la revoca (il 20 marzo 2015).
Avendo presente che, in via di principio, le prime risultanze delle indagini preliminari non consentono di attribuire con certezza all’impresa subappaltatrice una condotta di “grave negligenza o malafede”, ai sensi dell’art. 38, primo comma – lett. f), del Codice dei contratti pubblici, l’Amministrazione avrebbe dovuto porre la ricorrente nelle condizioni di giustificare i fatti accaduti o, quanto meno, di dimostrarne la non gravità ai fini della perdita del requisito soggettivo di capacità.
Proprio con riguardo alla causa di esclusione prevista dalla lett. f) del primo comma dell’art. 38, è stato condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza che l’intrinseca natura discrezionale della valutazione rimessa alla stazione appaltante rende “viepiù censurabile l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per l’applicazione dell’art. 21-octies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990” (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. I, 4 aprile 2012 n. 659).
Ad avviso del Collegio, il vizio del contraddittorio non può essere degradato come inidoneo all’annullamento degli atti impugnati, in applicazione dell’art 21-octies, secondo comma, della legge sul procedimento. Infatti, al cospetto di una decisione della stazione appaltante ampiamente discrezionale, avente ad oggetto l’incidenza degli episodi pregressi di negligenza sull’affidabilità dell’impresa, non incombe sulla parte ricorrente l’onere di fornire la prova circa la rilevanza del momento partecipativo, essendo invece vero il contrario. Sul punto, l’Amministrazione resistente non ha fornito in modo convincente la prova, seppur in chiave prognostica, della inutilità a priori dell’apporto partecipativo delle società subappaltatrici destinatarie della misura di autotutela.
Con specifico riguardo alla fattispecie di esclusione disciplinata dall’art. 38, primo comma – lett. f), del Codice dei contratti pubblici, è ben possibile che l’instaurazione del contraddittorio con i soggetti interessati permetta di raggiungere una differente valutazione delle condotte di inadempimento contrattuale. Ad esempio, le imprese subappaltatrici avrebbero potuto rendere giustificazioni in ordine all’effettivo riparto di responsabilità tra tutti i soggetti presenti nel cantiere, ai rapporti concretamente intercorsi con l’appaltatrice S. s.r.l., all’individuazione del soggetto che ha ordinato o consentito lo smaltimento illecito delle lane di roccia e dei materiali isolanti nei cassoni di raccolta, e così via.
Come affermato da autorevole dottrina, l’indefettibilità del contraddittorio discende, anche nell’ambito degli appalti pubblici, dall’art. 47, par. 2, della Carta dei diritti dell’Unione Europea, per effetto del quale il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio è stato elevato a principio comunitario, quale parte integrante del “diritto ad una buona amministrazione” ed in perfetta corrispondenza con le garanzie discendenti dall’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Con il conseguente necessario adeguamento, innanzitutto in via di interpretazione conforme, delle norme di diritto interno ed in particolare degli artt. 21-octies e 21-nonies della legge n. 241 del 1990, nelle fattispecie in cui l’Amministrazione procedente non abbia rispettato gli obblighi partecipativi.
La Corte europea, infatti, ha affermato che il necessario svolgimento di un procedimento in contraddittorio presuppone non soltanto la facoltà per l’interessato di accedere al fascicolo, ma anche il dovere per l’autorità procedente di dare comunicazione d’ufficio all’interessato degli elementi fattuali e giuridici rilevanti per consentirgli un contraddittorio effettivo, tale da poter influire sull’esito della decisione: in tal senso, non è consentita la violazione delle regole poste a garanzia dei soggetti coinvolti nel procedimento, anche se, in ipotesi, tale violazione non abbia influito in concreto sull’esito della decisione amministrativa (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 25 luglio 2000, Mattoccia; Id., sent. 5 ottobre 2000, APEH Uldozotteinek Szovetsege).
Né può dubitarsi, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte, circa l’attinenza dei procedimenti di affidamento degli appalti pubblici ai “diritti e doveri di carattere civile” richiamati dall’art. 6, par. 1, della Convenzione (cfr., tra molte: Corte europea dei diritti dell’uomo, sent. 10 luglio 1998, Tinnelly & Sons Ltd; Id., sent. 21 settembre 2006, Arac; Id., sent. 11 dicembre 2008, Velted-98 AD; da ultimo TAR Piemonte, sez. II, 10 luglio 2015 n. 1212, in relazione a diversa causa di esclusione disciplinata dall’art. 38 del Codice dei contratti pubblici) (…)
Il Collegio è consapevole del principio processuale affermato dalla giurisprudenza in tema di assorbimento, quando il provvedimento impugnato sia annullato per violazione dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento (si veda Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 2015 n. 5). Nella specie, tuttavia, il sindacato sul controverso presupposto della revoca del subappalto non può spingersi fino alla compiuta ricostruzione dei fatti penalmente rilevanti ed all’attribuzione delle responsabilità contrattuali per l’illecito smaltimento dei rifiuti pericolosi di cantiere, evento che risulterebbe in sé già provato da filmati della polizia giudiziaria e che non viene contestato dalle parti del presente giudizio. Pur escludendosi ogni nesso di pregiudizialità necessaria, è innegabile che soltanto all’esito del processo penale potrà essere attribuita con sufficiente attendibilità la responsabilità per i fatti in questione, anche agli effetti di quanto disposto dalla richiamata previsione dell’art. 38 del Codice. Resta fermo, allo stato degli atti e per l’effetto conformativo della presente pronuncia di annullamento, che l’Azienda Ospedaliera non potrà emendare il vizio in via amministrativa riavviando il procedimento di revoca dell’autorizzazione al subappalto. Ciò perché neppure dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari e dagli allegati depositati in giudizio (doc. 21 e 22 della difesa dell’Azienda) può inferirsi con chiarezza la gravità delle condotte addebitate alla società ricorrente”.

www.giustizia-amministrativa.it