Consiglio di Stato, sez. V, 21.01.2020 n. 478
Va in primo luogo evidenziato (ex multis, Cons. Stato, V, 13 luglio 2017, n. 3444) che l’esclusione dalla gara d’appalto prevista dall’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (applicabile ratione temporis alla gara in contestazione) [oggi art. 80, d.lgs. n. 50/2016, ndr] si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali della pubblica amministrazione fin dal momento genetico; con la conseguenza che, ai fini dell’esclusione di un concorrente, è sufficiente una motivata valutazione dell’amministrazione in ordine alla “grave negligenza o malafede” del concorrente, che abbia fatto ragionevolmente venir meno la fiducia nell’impresa.
Si tratta di un potere discrezionale, soggetto al controllo ed al sindacato giurisdizionale nei consueti limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.
Perciò il giudice amministrativo, posta la ragionevole opzione legislativa di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di ritenuta inaffidabilità dell’impresa, deve prendere atto, nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto, della scelta di rimettere alla stazione appaltante l’individuazione del punto di rottura dell’affidamento nel pregresso o futuro contraente: onde il relativo il sindacato, propriamente incentrato sulla motivazione del rifiuto, va rigorosamente mantenuto sul piano della verifica estrinseca della non pretestuosità della operata valutazione degli elementi di fatto, senza attingere, per ritenere concretato il vizio di eccesso di potere, la logica intrinseca di vera e propria condivisibilità della valutazione.
Alla luce di ciò, nel caso di fatti oggetto di verifica in sede penale ed oggetto di una pronuncia di condanna (…), è necessario e sufficiente che l’amministrazione dia adeguato conto: a) di aver effettuato una autonoma valutazione delle idonee fonti di prova; b) di aver considerato le emergenti circostanze di fatto sotto il profilo della loro pertinenza e rilevanza in ordine all’all’apprezzamento di integrità morale e affidabilità professionale del concorrente.
Ai detti oneri motivazionali, come condivisibilmente accertato dal primo giudice, non si è sottratta, nel caso di specie, la stazione appaltante.
Va inoltre puntualizzato, sempre in via preliminare, che [la disposizione in questione] (…) è stata adottata in attuazione dell’art. 45, par. 2, lett. d), della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, secondo cui “può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico […] d) che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”.
Deve quindi ritenersi (Cons. Stato, V, 20 novembre 2015, n. 5299) che “in via generale la normativa comunitaria consenta di qualificare come ostativo qualsiasi episodio di errore che caratterizzi la storia professionale degli aspiranti concorrenti, purché sia abbastanza grave da metterne in dubbio l’affidabilità. La norma nazionale vigente riproduce quella comunitaria e di conseguenza rende rilevanti tutti gli errori professionali commessi”.
La giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, V, 17 settembre 2018, n. 5424; IV, 11 luglio 2016, n. 3070; Corte di Giustizia UE, X, 18 dicembre 2014, n. 470) ne ha esteso l’applicazione ad ogni comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore economico, senza limitarsi alle sole violazioni delle norme di deontologia, in senso stretto, della professione cui esso appartiene, di talché il concetto normativo di “errore professionale”, così come contemplato nella norma, deve ritenersi esteso ad un’ampia gamma di ipotesi, comunque riconducibili alla negligenza, alla malafede o all’incapacità di assolvere alle prestazioni contrattuali.
In particolare, la Corte europea di giustizia ha precisato (parr. 34 e 35) che “l’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18 consente di escludere qualunque operatore “che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”.
Al riguardo, la Corte ha già dichiarato che la nozione di “errore nell’esercizio dell’attività professionale”, ai sensi di quest’ultima disposizione, comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore di cui trattasi e non soltanto le violazioni delle norme di deontologia in senso stretto della professione cui appartiene tale operatore (v., in tal senso, sentenza Forposta e ABC Direct Contact, EU:C:2012:801, punto 27)”.
L’art. 45, par. 2 lett. d) della direttiva 2004/18/CE, nella versione in italiano, prevede che “Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico: […] d) che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”.
Al fine di meglio identificare l’oggettivo contenuto dell’espressione “errore grave” riportata nel testo italiano della predetta direttiva UE, è comunque bene confrontarla con le corrispondenti espressioni utilizzate in altre, tra le principali, lingue ufficiali dell’Unione europea del medesimo testo, in quanto tutte espressione di un medesimo concetto e proiezione delle uniche intenzioni che vi presiedono (del resto, uno Stato membro dell’UE non è costretto dalla versione della sua sola lingua ufficiale, perché vi è un solo diritto UE e non tanti diritti UE quante le lingue ufficiali: diversamente, si attribuirebbe al servizio traduzioni europeo un’inesistente e vincolante funzione di interpretazione autentica lingua per lingua, e con il rischio di una potenziale frammentazione paese per paese del pur eurounitario diritto).
Così, va rilevato che nel testo inglese si parla di “grave professional misconduct”, in quello francese di “faute grave”, in quello tedesco di “schwere Verfehlung” ed in quello spagnolo di “falta grave”.
Non si fa quindi riferimento né ad un’ipotesi di ignoranza o falsa rappresentazione della realtà, né ad un’ipotesi di “fallo” o “sbaglio” (come il termine errore – evidentemente frutto di un’improprietà lessicale del servizio di traduzione – lascerebbe intendere), bensì ad un concetto, più chiaro nelle dette espressioni non italiane, che potrebbe essere indicato come “grave mancanza” o “grave cattiva condotta” nello svolgimento dell’attività professionale. Il che poi può assumere varie qualificazioni giuridiche di dettaglio: quel che conta però per la scelta del contraente di un nuovo contratto è la pregressa presenza di omissioni, mancanze o scorrettezze nell’adempimento dei doveri nascenti dagli impegni nella propria attività economica, tali che possono adeguatamente portare a qualificare l’operatore come non affidabile per ulteriori contratti pubblici. Il che conforta i rilievi precedentemente esposti.Circa poi, in particolare, la riconducibilità dell’illecito concorrenziale alla fattispecie di “grave errore professionale” come sopra individuata, vale preliminarmente osservare che:
a) la formulazione dell’art. 38, comma 1 lett. f) del d. lgs. n. 163 del 2006 concreta il recepimento, in parte qua, della causa di esclusione (facoltativa) di cui all’art. 45, § 2, lett. d) della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al “Coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi”, che legittima l’esclusione “dalla partecipazione all’appalto” di ogni operatore economico “che nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”;
b) rispetto alla lettera della normativa comunitaria, il tratto testuale della norma di recepimento appare più articolato e comprensivo, nella parte in cui: b1) puntualizza il dato, implicito nella generica regola di matrice eurocomune, che il “grave errore professionale” possa essere riferito anche alla “grave negligenza” delle prestazioni affidate dalla stessa stazione appaltante; b2) integra la dimensione del disvalore delle condotte del concorrente, potenzialmente idonee a sorreggere il motivato apprezzamento di inaffidabilità, con il riferimento alla “mala fede” (da riferire, secondo il comune e consolidato intendimento, non soltanto, in senso soggettivo, ai comportamenti propriamente sorretti da atteggiamento doloso, ma anche, in senso oggettivo, alle condotte complessivamente contrastanti con il canone generale di correttezza nella vita di relazione, qualificato dalla particolare dimensione di moralità e di professionalità che si impone a carico dei soggetti che aspirino, in prospettiva concorrenziale, all’aggiudicazione di commesse pubbliche);
c) mentre il criterio della colpa (intesa nel senso tecnico e non etico, che impone al debitore l’esecuzione delle prestazione dovuta in termini di esattezza adempitiva e di conformità agli standard delle leges artis) appare ontologicamente riferibile solo alla fase attuativa di pregresse vicende negoziali (legittimandosi, con ciò, la sola valorizzazione sintomatica dei gravi errori esecutivi nella gestione di precedenti contratti con lo stesso o con altro committente pubblico), il richiamo alla correttezza ed alla buona fede prospetta l’estensione dell’apprezzamento di moralità (professionale) ed integrità al complesso delle condotte che sintomaticamente precedono e accompagnano l’accesso concorrenziale al mercato (a nulla ostando, sul piano testuale, il riferimento, nei termini formalmente retrospettivi fatti palesi dall’uso del participio passato, alle “prestazioni affidate”: che andrà, per contro, più comprensivamente acquisito, fatta tara di una spiegabile vischiosità testuale, come genericamente operante per l’affidamento delle prestazioni, sia de praeterito che ex intervallo);
d) a favore dell’interpretazione estensiva milita l’ulteriore rilievo per cui è lo stesso, articolato tratto testuale della disposizione ad impedire, quasi si trattasse di endiadi, l’assimilazione tra le ipotesi di grave negligenza e malafede di cui al primo periodo a quelle di errore grave di cui al periodo seguente: di là dalla solo parziale sovrapponibilità, non avrebbe avuto senso ripetere lo stesso concetto se non in riferimento ad altra situazione fattuale; inoltre soltanto per le prime è previsto il limite della “esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che gestisce la gara”, a fronte della più ampia previsione che considera rilevante l’errore grave nell’esercizio della “attività professionale” dell’impresa senza alcuna limitazione (in tali sensi, da ultimo, Cons. Stato, V, 11 dicembre 2017, n. 5818);
e) siffatta conclusione appare avvalorata non semplicemente da considerazioni di ordine funzionale o teleologico (per sé sole inidonee, in un contesto normativo che impone una interpretazione rigorosa), ma dal rilievo che – a fronte del dato che la stazione appaltante possa dimostrare “con ogni mezzo di prova” la sussistenza di una grave negligenza o di una significativa scorrettezza professionale – anche “una decisione di tipo giurisdizionale, pur non ancora definitiva, può, a seconda dell’oggetto di tale decisione, fornire all’amministrazione aggiudicatrice un mezzo di prova idoneo” (così, in un caso paradigmatico di omessa informazione alla stazione appaltante di illeciti penali non definitivamente accertati commessi da un ex amministratore, Corte Giust. n. 178 del 2017);
f) per giunta, di là dalla specifica ed autonoma causa di esclusione correlata alla falsità delle dichiarazioni rese in sede di gara (…), il fatto di non informare l’amministrazione in ordine a circostanze generalmente inerenti i “criteri di selezione qualitativa” può “anch’esso costituire un elemento che consente, in forza di tale disposizione, di escludere un offerente dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico”: facendosi, con ciò, palese che la “mala fede” possa essere, comprensivamente, valorizzata – già nel contesto normativo scolpito nel regime del previgente Codice) – con riguardo a tutte quelle condotte che, anche in fase di gara, appaiono ispirate, di là dall’accertamento della rilevanza penale del sotteso atteggiamento doloso, al tentativo di influenzare, in una prospettiva propriamente anticoncorrenziale, il processo decisionale della stazione appaltante (posto che – in buona sostanza – anche siffatte condotte, in quanto illecite, sono in grado di attestare la non meritevolezza del concorrente sotto il profilo della carenza dei requisiti morali);
g) allora, al (pur diffuso) intendimento restrittivo della clausola di esclusione in esame osta “l’obiettivo di tale normativa, che mira a tutelare l’integrità della procedura di appalto pubblico, la situazione di un’impresa offerente il cui amministratore abbia commesso un reato che incide sulla moralità professionale di tale impresa o un grave errore professionale” (cfr. Corte Giust. n. 178 del 2017, p.to 51), che – avuto riguardo al principio di parità di trattamento, che sostanzia l’effettività della non inquinata partecipazione concorrenziale – “non può essere ritenuta equiparabile a quella di un’impresa offerente il cui amministratore non si sia reso colpevole di una siffatta condotta” (e ciò – come importa ribadire – nel contesto di un complessivo e motivato apprezzamento dell’illecito professionale, cui non osta che le condotte di reato non siano state accertate con sentenza, ancorché non passata in giudicato);
h) sotto il concorrente profilo della “proporzionalità” dell’esclusione, la contestualità della condotta illecita rispetto alla dinamica evidenziale deve ritenersi sintomatica di un disvalore accentuato del comportamento del concorrente (arguendo dalla sentenza citata, che al p.to 54 impone, semmai, il severo vaglio sintomatico di condotte significativamente risalenti nel tempo).Quanto sopra trova ulteriore conferma, da ultimo, con Corte giustizia UE 4 giugno 2019 (causa 425/18), la quale ha chiarito che “la decisione di un’autorità nazionale garante della concorrenza, che stabilisca che un operatore ha violato le norme in materia di concorrenza, può senz’altro costituire indizio dell’esistenza di un errore grave commesso da tale operatore. Di conseguenza, la commissione di un’infrazione alle norme in materia di concorrenza, in particolare quando tale infrazione è stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione rientrante nell’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d), della direttiva 2004/18 (sentenza del 18 dicembre 2014, Generali-Providencia Biztosft 6, C-470/13, EU:C:2014:2469, punto 35)”.
Neppure è fondato, sotto altro profilo, il rilievo secondo cui -OMISSIS- s.p.a. non avrebbe adeguatamente motivato l’apprezzamento della vicenda emergente dagli accertamenti operati in sede penale, solo genericamente (ed acriticamente) richiamati. Va infatti confermato il principio (ex multis, Cons. Stato, V, 17 settembre 2018, n. 5424, relativamente peraltro alla vicenda de qua) per cui non è dato pretendere dalla stazione appaltante un autonomo ed approfondito accertamento, per il quale difetterebbero oltretutto le necessarie competenze e strumenti di accertamento, delle circostanze emerse in sede penale, in ordine alle quali è piuttosto necessario ma anche sufficiente: a) l’indicazione dell’idoneità della fonte (che, nella specie, è rappresentata dalla autorità giudiziaria); b) la verifica di pertinenza dei fatti come emersi ai fini della loro attitudine a riflettere la negligenza o la mala fede del concorrente; c) il controllo della loro rilevanza, anche quanto a consistenza e gravità; d) la trasfusione delle ridette valutazioni in congrua ed esplicativa motivazione.
RISORSE CORRELATE
- Negligenza o malafede - Accertamento della responsabilità del concorrente ai fini dell'esclusione - Non occorre (art. 80 d.lgs. n. 50/2016)
- Grave negligenza, malafede, errore grave - Finalità - Accertamento - Non occorre che sia in modo irrefragabile (Art. 38 d.lgs. n. 163/2006)
- Errore grave nell’esercizio dell'attività professionale - Pregresse risoluzioni contrattuali relative ad appalti affidati da altre Stazioni appaltanti - Rilevanza - Obbligo di dichiarazione - Sussiste (Art. 38)
- Errore grave - Pregressa risoluzione contrattuale - Valutazione - Competenza - Omessa dichiarazione - Conseguenze (Art. 38)
- 1) Contrasto tra documentazione e dichiarazione prodotte in gara, soluzione - 2) Falsa dichiarazione resa in altra procedura, esclusione, presupposti - 3) Grave negligenza o malafede o errore grave, valutazione, onere di motivazione, sindacabilità (Art. 38)
- Grave negligenza, malafede o errore grave: dev'essere riferibile alla fase di esecuzione del contratto e non anche alla fase delle trattative (Art. 38)
- Grave negligenza, malafede o errore grave: quando sussiste la causa di esclusione?
- Art. 80, (Motivi di esclusione)