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Commissione giudicatrice – Valutazione collegiale finale – Verbalizzazione giudizi dei singoli Commissari – Non occorre

Consiglio di Stato, sez. III, 13.12.2023 n. 10738

Dalla verbalizzazione non si evince che l’assegnazione di un unico coefficiente, in quanto unanime, abbia condizionato (illegittimamente) l’espressione del giudizio dei singoli commissari.
Il punto 34. della richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria ha chiarito che il principio di trasparenza, portato dall’art. 76 della Direttiva 2014/24/UE, nonché dagli artt. 28 e 30 del d.lgs. n. 50 del 2016, “impone che il sistema del ‘confronto a coppie’ sia rispettato nei propri essenziali passaggi, ove si consideri che esso, applicato per l’attribuzione del punteggio relativo agli elementi qualitativi, è particolarmente adatto alle gare con la presenza di numerose offerte, in quanto, come rilevano le Linee guida, riduce la necessità di attribuire più punteggi discrezionali e le relative motivazioni (v., supra, 25.6.). 34.1. D’altra parte la responsabilizzazione dei commissari, nell’espressione di un giudizio individuale e non meramente ripetitivo, muove nel senso, auspicato dalla legge delega al Governo in materia di contratti pubblici (L. n. 78 del 2022), di un rafforzamento della specializzazione professionale dei commissari all’interno di ciascuna amministrazione (art. 1, comma 2, lett. m)”.
Il successivo punto 36 contiene un riferimento al “diritto dei contratti pubblici”: “nel diritto dei contratti pubblici, i commissari di gara cui è demandato il compito di esprimere una preferenza o un coefficiente numerico, quando procedono alla valutazione degli elementi qualitativi dell’offerta tecnica, possono confrontarsi tra loro in ordine a tali elementi prima di attribuire individualmente il punteggio alle offerte, purché tale confronto non si presti ad una surrettizia introduzione del principio di collegialità, con la formulazione di punteggi precostituiti ex ante, laddove tali valutazioni debbano essere, alla luce del vigente quadro regolatorio, anzitutto di natura esclusivamente individuale”.
Quest’ultimo passaggio argomentativo non legittima tuttavia la pretesa in tal senso avanzata dall’appellante principale in merito alla deduzione relativa all’attribuzione dei punteggi nella fattispecie in esame.
Va infatti considerato che la medesima sentenza dell’Adunanza Plenaria, in sede di formulazione del princìpi di diritto, al punto c) ha affermato che “le valutazioni espresse dai singoli commissari, nella forma del coefficiente numerico non comparativo, possano ritenersi assorbite nella decisione collegiale finale, in assenza di una disposizione che ne imponga l’autonoma verbalizzazione, mentre per il confronto a coppie la manifestazione della preferenza è e deve essere anzitutto in una prima fase individuale, nel senso sopra precisato, e in quanto tale individualmente espressa e risultante dalla verbalizzazione”.
Tale conclusione esplicita molto chiaramente la differenza fra la disciplina del confronto a coppie e le fattispecie non sussumibili in tale schema: nel senso che solo nel primo caso è necessariamente richiesta la presenza di una prima fase relativa all’espressione dei giudizi individuali, ritualmente verbalizzati.
Al di fuori da tale fattispecie la previsione dell’espressione di un unico giudizio finale, pur conseguente alla sintesi delle valutazioni individuali, non limita o vincola, tanto meno illegittimamente, l’espressione del giudizio da parte del singolo commissario.

Verbale unico di gara – Ammissibilità – Contenuti minimi necessari – Commissione giudicatrice può verbalizzare successivamente tutte le operazioni svolte in più sedute – Condizioni

TAR Trento, 07.10.2022 n. 166

Il verbale unico di valutazione delle offerte tecniche relative a tutti i lotti è illegittimo e nullo perché privo di elementi essenziali, quale è la data, e in quanto il dettaglio dei punteggi attribuiti per ciascun criterio di valutazione è illustrato in un allegato al verbale che non è firmato dai commissari.
Sotto diverso ed ulteriore profilo si deve evidenziare l’illegittimità dell’operato della commissione perché dal complesso della verbalizzazione si evince che le attività valutative si sono svolte in più sedute riservate, delle quali peraltro non è stata fatta alcuna verbalizzazione.
A ben vedere i verbali neppure descrivono, ancorché sinteticamente, le operazioni svolte dalla commissione.
Secondo la giurisprudenza, nell’ipotesi di mancanza di norme contrarie, anche della lex specialis, che prescrivano la verbalizzazione distinta di ogni singola riunione, la commissione di gara può far risultare in unico verbale tutte le operazioni poste in essere, ancorché svoltesi in più giornate, dando conto di tale distinzione.
La verbalizzazione successiva è ammessa purché sopraggiunga in un arco temporale ragionevolmente breve e tale da evitare che vi possano essere errori od omissioni nella ricostruzione dei fatti e dell’iter valutativo posto in essere dalla commissione di gara.
Più in dettaglio, è stato al riguardo affermato che: “In mancanza di specifiche indicazioni della normativa di settore e della disciplina di gara, deve escludersi la strettissima necessità di redigere contestuali e distinti verbali per ciascuna seduta della Commissione di gara a pena dell’illegittimità dell’intera procedura. Tuttavia, per elementari ragioni di trasparenza, è necessario comunque che la verbalizzazione delle operazioni compiute, ancorché relativa a più giornate, contenga una corretta e documentate rappresentazione delle singole operazioni svolte nelle singole adunanze. La verbalizzazione, poi, può anche essere non contestuale, ma deve seguire un termine ragionevolmente breve e comunque tale da scongiurare gli effetti negativi della naturale tendenza alla dispersione degli elementi informativi (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 giugno 2011, n. 3902). La necessità di un processo verbale delle operazioni della Commissione sta nella duplice esigenza: – di dare conto sinteticamente, ma compiutamente, di tutte le attività espletate e di tutte le operazioni svolte in ciascuna riunione; – di indicare specificamente tutti coloro che avevano partecipato alle singole sedute svoltesi. Ma quando le adunanze della Commissione sono molteplici è necessario che, in conformità con i principi applicabili per gli atti collegiali, le verbalizzazioni di ciascuna seduta, di norma, avvengano partitamente per le varie adunanze, nella successiva seduta per la quale il collegio sia stato riconvocato fatto salvo che, in caso di motivate esigenze connesse con gli impegni dei componenti della Commissione, entro un comunque termine ragionevole. Ciò a garanzia del fatto che i primi giudizi non siano successivamente artatamente modificati in relazione all’evolversi dell’attività di valutazione delle offerte stesse.
Nel caso in questione la Commissione, nell’ultimo verbale, del tutto illegittimamente si è limitata a dare solo l’indicazione delle date delle precedenti riunioni e null’altro. Deve dunque escludersi che possa essere legittima un’unica verbalizzazione di ben dieci sedute avvenute in un arco temporale di un semestre, nel corso delle quali si sono evidentemente svolte molteplici, e non meglio precisate, operazioni. Anche sotto il profilo dell’eccesso di potere per violazione dei principi di imparzialità e trasparenza, tale elemento contribuisce a radicare ulteriormente la convinzione dell’insanabile illegittimità dell’intero procedimento” (Cons. Stato, Sez. III, 22.10.2018, n. 6035).
Nel caso di specie è stata redatta una verbalizzazione unica priva di data, nella quale non vengono nemmeno indicate quante sono state le sedute riservate, in quale data esse si sono svolte e chi era presente.
Il processo verbale (documento che fa prova fino a querela di falso) deve invece contenere una sintesi dettagliata delle attività svolte dall’organo (commissione di gara) e gli estremi necessari ad individuare l’imputazione della volontà decidente, compresa la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha compilato (ovvero, la sottoscrizione da parte di tutti i membri).
Nel caso di specie tutto ciò difetta.
Si aggiunge che non è in alcun modo verificabile, tra le altre cose, se le attività valutative sono state svolte dalla commissione di gara nel suo plenum e, quindi, nel rispetto del principio del collegio perfetto.
Manca pertanto la garanzia che sia stato rispettato il principio del collegio perfetto, ed è apertamente violato il principio di trasparenza. Neppure sussiste la garanzia che le attività valutative siano state svolte prima dell’aggiudicazione.
Dal verbale redatto per il lotto specifico si evince che le attività di valutazione dell’offerta tecnica sono state avviate il 16.06.2022 e terminate “congelate” (sic) il 23.06.2022.
Nel verbale viene peraltro fatto riferimento al solo segretario verbalizzante e non all’intera commissione.
Nel verbale di valutazione delle offerte tecniche, privo di data, viene indicato che “la Commissione giudicatrice ha effettuato la valutazione delle offerte tecniche in una serie di sedute riservate”, ma non vi è alcun cenno su tempistiche e modalità dell’attività valutativa di volta in volta svolta e di dove, come e quando la commissione si sia riunita di tempo in tempo per svolgere collegialmente le valutazioni di competenza, né di che attività valutative siano state svolte in ogni seduta.
Da quanto precede deriva, con evidenza, l’illegittimità delle operazioni di gara svolte dalla commissione.

Verbalizzazione postuma, o in unico verbale, delle operazioni di gara – Possibilità (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. IV, 08.04.2021 n. 2822

Con il quarto e ultimo motivo, l’appellante deduce che alcune sedute di gara non sarebbero state verbalizzate e ciò avrebbe inficiato l’intero procedimento di gara.
Il motivo è infondato.
In primo luogo, come rilevato più sopra in relazione al primo motivo, la censura è meramente ipotetica poiché l’appellante non indica in che termini la mancata immediata verbalizzazione – a cui è seguita comunque la c.d. verbalizzazione postuma – abbia inficiato le intere operazioni della commissione di gara.
In secondo luogo – per giurisprudenza costante (ex plurimis Cons. Stato, Sez. IV, n. 5253 del 2014) e in mancanza di norme contrarie, anche della lex specialis, che prescrivano la verbalizzazione distinta di ogni singola riunione – la commissione di gara può far risultare in unico verbale tutte le operazioni poste in essere, ancorché svoltesi in più giornate, dando conto di tale distinzione. La verbalizzazione successiva è ammessa purché sopraggiunga in un arco temporale ragionevolmente breve e tale da evitare che vi possano essere errori od omissioni nella ricostruzione dei fatti e dell’iter valutativo posto in essere dalla commissione di gara.

[rif. art. 77 d.lgs. n. 50/2016]

1) Lex specialis – Autovincolo per la Stazione Appaltante; 2) Verbalizzazione postuma delle operazioni di gara – Inammissibilità (art. 71 , art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. III, 30.09.2020 n. 5746

Di contro, ritiene il Collegio che siano fondate le censure che involgono l’attività e la metodica seguita dalla commissione esaminatrice nella valutazione qualitativa delle offerte tecniche segnatamente quanto allo svolgimento della prova sul campo. 

[…]

Pur tuttavia, dello svolgimento di tale adempimento – vieppiù con le modalità prescritte dal disciplinare – non vi è traccia negli atti di gara.

Solo ex post, a seguito del contenzioso nel frattempo incardinato dinanzi al giudice di prime cure, l’organo di valutazione, con una relazione esplicativa del 29.8.2019, avrebbe chiarito che con riferimento alla prova su campo non vi sarebbe alcun verbale in quanto le prove sarebbero state svolte in autonomia in sala operatoria dalla commissione di gara riunita.

Tanto premesso, e come rilevato concordemente dalle parti, il verbale n. 11 del 29.8.2019, predisposto in chiave di replica alle contestazioni mosse, non appartiene alla sequenza degli atti di gara in quanto posto in essere da un organo, la Commissione giudicatrice, pacificamente ‘venuto meno’ con l’approvazione dell’aggiudicazione definitiva.

Il suddetto atto non ha, dunque, alcuna valenza integrativa, modificativa e correttiva dei verbali confezionati nel corso della procedura di gara (cfr. Cons. St., sez. III, 24 settembre 2018, n.5495); ma costituisce, comunque, una traccia ricostruttiva di quanto avvenuto risultando versato in atti da [amministrazione] nel giudizio di primo grado e da essa richiamato nella memoria depositata in giudizio.

[…]

Orbene, va qui ribadita, come rilevato più volte dalla Sezione (cfr. da ultimo cfr. Cons. St., sez. III, 6 novembre 2019, n. 7595), la pacifica vigenza del principio per il quale quando l’Amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale decide di autovincolarsi, stabilendo le regole poste a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà, la stessa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che: a) è impedita la successiva disapplicazione; b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni (Cons. St., sez. V, 17 luglio 2017, n. 3502). L’autovincolo, com’è noto, costituisce un limite al successivo esercizio della discrezionalità, che l’amministrazione pone a se medesima in forza di una determinazione frutto dello stesso potere che si appresta ad esercitare, e che si traduce nell’individuazione anticipata di criteri e modalità, in guisa da evitare che la complessità e rilevanza degli interessi possa, in fase decisionale, complice l’ampia e impregiudicata discrezionalità, favorire in executivis l’utilizzo di criteri decisionali non imparziali. La garanzia dell’autovincolo, nelle procedure concorsuali, è fondamentalmente finalizzata alla par condicio: conoscere in via anticipata i criteri valutativi e decisionali della commissione valutatrice, in un contesto in cui le regole di partecipazione sono chiare e predefinite, mette in condizione i concorrenti di competere lealmente su quei criteri, con relativa prevedibilità degli esiti.

Né il Collegio ritiene di superare l’altro principio, che del primo costituisce corollario, per il quale la lex specialis deve essere interpretata in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in ragione sia dei principi dell’affidamento che di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima (Cons. St., sez. IV, 19 febbraio 2019, n. 1148).

Deve, dunque, registrarsi come, in violazione del disciplinare, l’organo di valutazione abbia ritenuto di procedere con modalità diverse e cioè escludendo la presenza dello specialist e limitando la prova sul campo a parte della campionatura.

Al contempo, tale diversa opzione dei lavori, a cagione della già rilevata assenza di una compiuta verbalizzazione, è rimasta priva di una plausibile giustificazione che ne consentisse di apprezzare in termini obiettivi le ragioni.

E ciò assume vieppiù rilievo se si tiene conto del fatto che le prescrizioni capitolari qui disattese erano state evidentemente imposte dalla centralità e dalla delicatezza che la lex specialis assegnava a detta prova, come fatto palese dal rilievo ad essa riservato nel processo di determinazione dei punteggi per la qualità dell’offerta di guisa che, nell’impianto di gara, la presenza dello specialist appariva funzionale ad assicurare il necessario supporto affinché tale prova sul campo venisse correttamente ed accuratamente svolta; nella stessa direzione deponeva l’ampiezza del campione richiesto che la commissione avrebbe dovuto “provare”, con esplicita previsione della possibilità di integrare tali produzione ma non di escluderne una parte dal relativo vaglio.

Le divisate irregolarità nell’incedere dell’organo di valutazione afferiscono, inoltre, ad una fase che, nonostante la sua rilevanza e centralità, è rimasta inspiegabilmente del tutto priva di una compiuta verbalizzazione anche in relazione agli aspetti essenziali delle operazioni svolte.

Com’è noto, la verbalizzazione delle attività espletate da un organo amministrativo costituisce un atto necessario, in quanto reca la descrizione degli accadimenti constatati e consente la verifica della regolarità delle operazioni svolte. Ovviamente, non tutte le operazioni compiute ed i fatti accertati devono essere necessariamente documentati nel verbale, ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevolezza, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione è preposta. L’importanza di tale attività certificativa è rimarcata dal regime di fidefacienza che presidia la valenza dimostrativa dell’atto in questione (Cons. St., sez. V, 24 ottobre 2019, n. 7270). La puntuale cura di tali adempimenti deve ritenersi vieppiù esigibile nella materia qui in rilievo essendo la disciplina di settore incentrata sugli indeclinabili principi di trasparenza e par condicio che, tra gli altri, si affiancano al canone generale di buon andamento che regge ogni azione amministrativa.

E’ pur vero che secondo la giurisprudenza di settore il verbale di una procedura amministrativa – a differenza di quanto avviene, ad esempio, per l’atto pubblico notarile- non richiede in linea di principio di essere redatto a pena di invalidità con forme e menzioni particolari; di conseguenza chi contesta la legittimità degli atti della procedura stessa non può limitarsi a dedurre in proposito solo la mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che una qualche irregolarità abbia avuto luogo con pregiudizio nei suoi confronti. In assenza di tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono (cfr. Cons. St., sez. III, 17 agosto 2020, n. 5055; sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2704; Cons. St., sez. VI, 2 febbraio 2018 n.677, Cons. St., sez. V, 19 agosto 2015, n. 3948; sez. III, 3 agosto 2015, n. 3803; sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1099).

[rif. art. 71 , art. 77 d.lgs. n. 50/2016]

 

Commissione giudicatrice – Valutazione delle offerte – Mancata corrispondenza tra verbale ed attività effettivamente svolta (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

TAR Napoli, 09.09.2019 n. 4464

Non è comunque condivisibile la tesi svolta dalla ricorrente per cui sarebbe possibile desumere la non corrispondenza sostanziale tra quanto verbalizzato e l’effettiva attività svolta dalla commissione dalla circostanza che due delle tre schede triangolari recano una data (…) non coincidente con una delle sedute della commissione e la terza scheda non reca alcuna data.
(…) la Commissione ha provveduto collegialmente allo svolgimento delle ulteriori operazioni necessarie per la assegnazione finale dei punteggi complessivi, sicché i rilievi di parte ricorrente appaiono di per sé inidonei a disvelare, sotto un profilo sostanziale, il vizio lamentato di insufficiente verbalizzazione e immotivata attribuzione dei punteggi ai concorrenti, dequotando a mera irregolarità.
Sul punto gioverà richiamare condivisa giurisprudenza per cui “ (…) il verbale di una procedura amministrativa – a differenza di quanto avviene, ad esempio, per l’atto pubblico notarile – non richiede in linea di principio di essere redatto a pena di invalidità con forme e menzioni particolari; di conseguenza, come affermato da Consiglio di Stato, sez. VI, 2 febbraio 2018 n. 677, chi contesta la legittimità degli atti della procedura stessa non può limitarsi a dedurre in proposito solo la mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che una qualche irregolarità abbia avuto luogo con pregiudizio nei suoi confronti, il che nel caso presente non è stato prospettato” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2704). Nel caso di specie, la ricorrente non ha allegato alcuna circostanza idonea a far ravvisare un pregiudizio sostanziale (…) e non lamentandosi, peraltro, condizionamenti o alterazioni di sorta nei giudizi espressi in connessione alle predette modalità di svolgimento delle operazioni valutative.

Voti dei singoli Commissari – Indicazione nel verbale di gara – Obbligo – Non sussiste (art. 77 d.lgs. n. 50/2016)

Consiglio di Stato, sez. V, 21.05.2018 n. 3033

Allorquando nè lex specialis, né i criteri di massima per l’attribuzione dei punteggi stabiliscono che debbano essere esternati e verbalizzati i giudizi emessi da ciascun singolo Commissario, trova correttamente applicazione la massima giurisprudenziale secondo cui nelle “gare pubbliche non sussiste l’obbligo della specifica indicazione dei punteggi attribuiti dai singoli commissari, trattandosi di formalità interna relativa ai lavori della Commissione esaminatrice, i cui giudizi, ai fini della verbalizzazione e della pubblicità esterna, sono sufficientemente documentati con la sola attribuzione del voto complessivo finale” (Cons. Stato, Sez. V, 14/2/2018, n. 952; Sez. III, 8/9/2015, n. 4209; Sez. IV, 16/2/2012, n. 810).

La mancata verbalizzazione delle modalità di conservazione dei plichi comporta l’automatica illegittimità dell’intera procedura di gara?

La mancata verbalizzazione delle modalità di conservazione dei plichi comporta l’automatica illegittimità dell’intera procedura di gara? Per quanto riguarda la verbalizzazione delle procedure di gara pubbliche, la recente giurisprudenza amministrativa ritiene che la mancata e pedissequa indicazione in ciascun verbale delle operazioni finalizzate alla custodia dei plichi contenenti l’offerta non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura concorsuale, in tal modo implicitamente collegando all’insufficienza della verbalizzazione il pregiudizio alla segretezza ed all’integrità delle offerte; ciò anche in ossequio al principio di conservazione dei valori giuridici (in tal senso –ex multis -: Cons. Stato, V, 17 giugno 2015, n. 3065). Pertanto, non è il dato in sé della mancata verbalizzazione a poter determinare l’annullamento della procedura di gara, quanto – piuttosto – l’eventuale concreta dimostrazione di circostanze effettivamente probanti in ordine alla negligente conservazione della documentazione da cui sia derivato (o potesse derivare) un’alterazione del contenuto (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 05.05.2016 n. 1817).

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    1) Carenza di requisiti tecnici dell’offerta essenziali, soccorso istruttorio, inapplicabilità; 2) Requisito di solidità economica e finanziaria, referenze bancarie, genericità, soccorso istruttorio, applicabilità

    Consiglio di Stato, sez. III, 20.01.2016 n. 193
    (testo integrale)

    1. – Al riguardo, si deve preliminarmente ricordare che, come questa Sezione ha più volte, anche di recente, affermato, l’accertata carenza di requisiti tecnici dell’offerta, ritenuti essenziali dalla stazione appaltante, può legittimamente determinare l’esclusione dalla gara dell’impresa che ha presentato l’offerta priva dei necessari requisiti (Consiglio di Stato Sezione III, n. 5477 del 3 dicembre 2015; n. 3275 del 1 luglio 2015).
    Nelle indicate decisioni si è anche chiarito che tale conclusione non si pone in contrasto con la disposizione dettata dall’art. 46, comma 1 bis, del Codice dei contratti, introdotta dall’art. 4 comma 2 del d.l. 13 maggio 2011 n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011 n. 106, che prevede che i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione, oltre quelle indicate nello stesso comma 1 bis e riguardanti il mancato adempimento alle prescrizioni previste dal codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte.
    Lo scopo della disposizione dettata dall’art. 46, comma 1 bis, del Codice dei contratti è, infatti, principalmente quello di evitare la possibile esclusione da una gara non a causa della mancanza dei requisiti (soggettivi o oggettivi) di partecipazione ma a causa del mancato rispetto di adempimenti solo documentali o formali o privi, comunque, di una base normativa espressa, mentre l’esclusione da una gara è ben possibile a causa dell’accertata mancanza dei requisiti necessari dell’offerta che erano stati richiesti per la partecipazione alla gara.

    2. – L’art. 41, del codice dei contratti consente la prova del requisito di solidità economica e finanziaria dell’impresa partecipante ad una gara pubblica anche attraverso la presentazione dei bilanci di impresa (comma 2) o, nel caso di giustificati motivi, di altra idonea documentazione (comma 3) e tale disposizione, anche se non richiamata espressamente nel bando, è stata ritenuta correttamente applicabile nella fattispecie.
    In ogni caso, contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, l’eventuale genericità delle referenze bancarie non avrebbe potuto condurre all’esclusione dalla gara ma semmai il ricorso al soccorso istruttorio, ai sensi dell’art. 46 comma 1 del Codice dei contratti, che è stato ritenuto applicabile sia ai documenti formati dal concorrente, sia nei confronti di quelli precostituiti provenienti da soggetti diversi (Consiglio di Stato Sez. III, n. 5704 del 17 dicembre 2015).